LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI NAPOLI 
                             Sezione 32 
 
    riunita con l'intervento dei signori: 
    Notari Alfredo, Presidente e relatore; 
    Gallo Sergio, giudice; 
    Ucci Pasquale, giudice, 
    ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sull'appello  n.  10907/2015
depositato il 5 novembre 2015, avverso la sentenza n. 6079/2015  Sez.
12 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli; 
    Contro: Ag. Entrate Direzione provinciale I di Napoli; 
    Contro: Comune di Napoli - Piazza Municipio - 80100 Napoli; 
    Contro: Errico Amedeo - via Po, 20  -  80126  Napoli;  difeso  da
Albinio D'Antonio, via Di Pozzuoli n. 88A - 80078 Pozzuoli; 
    proposto dall'appellante: Agente di riscossione Napoli  Equitalia
Sud S.p.a., difeso da Sartorio  D'Analista  Massimo,  corso  Vittorio
Emanuele 416 piano 1 - 80135 Napoli; 
    terzi chiamati in causa: Presidente  della  Camera  dei  deputati
Palazzo Montecitorio - 00186 Roma. 
    Atti impugnati: 
    fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Irpef - Altro; 
    fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Iva - Altro; 
    fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Irap; 
    fermo amministrativo n. 07180201400041689000 Tarsu/Tia. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Con l'impugnata  sentenza  la  C.T.P.  di  Napoli  accoglieva  il
ricorso proposto da Errico  Amedeo  avverso  il  preavviso  di  fermo
amministrativo come da epigrafe relativo all'auto Mazda 3 tg. DG824GY
di sua proprieta', preavviso speditogli dalla  s.p.a.  Equitalia  Sud
per conto dell'Agenzia delle  entrate  di  Napoli  e  del  Comune  di
Napoli. relativamente a dieci cartelle di pagamento per  TARSU,  IVA,
IRPEF, IRAP ed altro dal 2005  al  2011,  il  tutto  per  un  importo
complessivo di € 61.022,72. 
    Il ricorrente aveva  dedotto  l'omessa  notifica  delle  cartelle
richiamate in esso preavviso e la  decadenza  dal  diritto  a  quelle
esazioni tributarie, nonche' la necessita' di usare la detta auto per
accompagnare il figlio minore portatore di grave handicap. 
    L'Agenzia delle  entrate  di  Napoli  ed  il  comune  di  Napoli,
instauratosi il contraddittorio, si  erano  costituiti  deducendo  la
loro estraneita' alla lite, in  quanto  la  notifica  delle  cartelle
riguardava esclusivamente la s.p.a. Equitalia  Sud,  e  quest'ultima,
costituitasi anch'essa, aveva contestato in fatto ed in diritto  ogni
avversa deduzione. 
    La  C.T.P.  di  Napoli,  previamente  ritenuto   impugnabile   il
preavviso  di  fermo,  lo  annullava  rilevando  la   mancata   prova
documentale della notifica delle cartelle sottesevi,  pur  rigettando
la domanda di annullamento delle medesime e quella di declaratoria di
decadenza. 
    Avverso tale  sentenza  proponeva  appello  la  s.p.a.  Equitalia
Sud,producendo documentazione  relativa  alla  notifica  delle  dette
cartelle e comunque sostenendo l'erroneita' della decisione  adottata
per  divisate  inammissibilita'  ed  infondatezza  della  domanda  di
annullamento del preavviso di fermo, nonche' comunque per difetto  di
prova circa la dedotta necessita' del  contribuente  di  accompagnare
con quell'auto il figlio minore portatore di handicap. 
    Radicatasi la lite nel presente procedimento di secondo grado, si
costituiva  solo,  l'Errico  resistendo  all'appello   per   asserita
tardivita' dell'avversa produzione documentale e  formulando  gravame
incidentale in ordine al mancato annullamento di  tutte  le  cartelle
nonche' in ordine al rigetto della deduzione di decadenza, tanto  poi
ribadendo in note difensive prodotte in data 1° aprile 2016. 
    Indi questo  collegio  ha  adottato  la  deliberazione,  come  da
dispositivo e motivi qui contenuti, all'udienza odierna, svoltasi con
le formalita' di cui all'art.  34  decreto  legislativo  n.  546/1992
nella ricorrenza di ogni requisito previsto dalla detta norma. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    S'impone   ai   fini   del   decidere   -   previamente   ammessa
l'impugnabilita' del preavviso di fermo (cfr. Cass. S.U. n. 11087/10)
-  la  delibazione  di  questa   C.T.R.   circa   la   questione   di
costituzionalita', da sollevarsi d'ufficio,  in  ordine  al  disposto
dell'art. 58, comma 2 del decreto legislativo n. 546/92, sia  in  se'
che  in  relazione  al  comma  1  della   stessa   norma,   questione
strettamente funzionale alla decisione della causa, in cui appunto si
controverte della legittimita'  della  produzione  in  appello  della
prova  documentale  della  notifica  delle  cartelle  prodromiche  al
preavviso  di  fermo  in  oggetto,  pur  se  tale  prova  era   nella
disponibilita'  della  parte  producente,  nella  specie  la   s.p.a.
Equitalia Sud, gia' in primo gado. 
    Il cit. art. 58 invero  -  dopo  aver  prescritto,  al  comma  1,
pedissequamente al disposto dell'art. 345 codice di procedura civile,
che non possono essere prodotti nuovi  mezzi  di  prova  in  appello,
salvo che non siano  ritenuti  indispensabili  o  che  la  parte  non
dimostri di non aver potuto proporli o produrli in  primo  grado  per
causa  ad  essa  non  imputabile  -  al  comma  2  sembra  far  salva
indiscriminatamente la possibilita' di produzione in secondo grado di
nuovi documenti. 
    Ora, va subito ricordato  che  a  riguardo  si  e'  ravvisata  la
specialita' di tale ultima disposizione  normativa  -  peculiare  del
rito tributario in cui non puo' trovare propriamente  ingresso  quasi
nessuno mezzo di prova ai sensi dell'art. 7  decreto  legislativo  n.
546/92 - rispetto a quella generale di cui al cit. art. 345 codice di
procedura  civile  (cfr.,  ex  multis,  Cassazione  n.  6914/11;   n.
10234/12; n. 3661/15) e che  se  n'e'  costantemente  registrata  una
ferrea, e perfino burocratica, interpretazione letterale, donde viene
avallata la legittimita'  della  produzione  di  nuovi  documenti  in
appello pur quando essi siano, stati  gia',  come  nella  specie,  in
possesso della parte che per sua mera inerzia non li  abbia  fino  ad
allora prodotti. 
    Per l'effetto la disposizione di legge in esame  faculterebbe,  a
quanto gia' cennato,  una  libera  ed  incondizionata  producibilita'
documentale cui non sarebbe d'ostacolo l'omessa o tardiva  produzione
di quegli stessi documenti in primo grado,  e  cio'  in  aderenza  ad
univoco orientamento della Suprema Corte (cfr., ex multis, Cassazione
n. 18907/11; n. 20109/12; n. 665/14; n. 21909/15). 
    Anzi al piu'  la  giurisprudenza  di  legittimita'  si  e'  fatta
scrupolo di affermare che dovrebbe applicarsi anche in secondo  grado
il limite posto  dall'art.  32  decreto  legislativo  n.  546/92  per
effetto del richiamo operato  dall'art.  61  decreto  legislativo  n.
546/92, di guisa che la produzione  di  nuovi  documenti  in  appello
dovrebbe  rispettare  il  termine  di  venti  giorni   liberi   prima
dell'udienza, oltre ad osservare le formalita'  di  cui  al  comma  1
dell'art. 24 di esso decreto legislativo n. 546/92  (cfr.  Cassazione
n. 20109/12 e n. 3661/15 gia' cit.). 
    Pertanto, per restare nello specifico, secondo l'insegnamento dei
Supremi Giudici,  la  prova  della  notifica  al  contribuente  delle
cartelle prodromiche al preavviso di fermo in  oggetto  ben  potrebbe
essere acquisita  nel  presente  grado,  pur  non  avendo  la  s.p.a.
Equitalia Sud  provato  la  sussistenza  di  caso  fortuito  o  forza
maggiore impeditivi di tale produzione in primo grado. 
    In altri termini  la  perenzione  cristallizzatasi  davanti  alla
C.T.P. per mancata produzione  di  tali  documenti  o  per  ipotetica
mancata produzione dei medesimi nel termine previsto dall'art. 32 del
decreto legislativo n.  546/92  -  termine  di  natura  indubbiamente
perentoria proprio perche' prescritto come tempo utile ed  ultimativo
per  il  compimento  di  atti  del  processo,  nell'evidente   logica
pubblicistica dell'ordinato suo svolgimento, donde  trae  appunto  la
propria ragion d'essere la comminatoria della decadenza  (cfr.  anche
Cassazione n. 655/14 che, nel ravvisare la perentorieta' in discorso,
pur in assenza di  espressa  previsione  legislativa,  giustifica  la
decadenza con riferimento al rispetto del diritto  di  difesa  e  del
principio del contraddittorio) - resterebbe sempre  sanabile  davanti
alla C.T.R., o, nella  peggiore  delle  ipotesi,  lo  resterebbe  nel
rispetto del termine dei venti giorni ex art. 32 cit. anteriori  alla
prima udienza in appello. 
    E per di piu' tale sanatoria opererebbe, come gia' detto, in modo
del tutto incondizionato, e cioe'  neppure  vincolato  ad  un  previo
giudizio  di  eventuale  indispensabilita'   di   quell'acquisizione,
parallelamente a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 58 in discorso
(comma 1  implicante,  a  tacer  d'altro,  una  delicata  valutazione
giudiziale  che,  districandosi  fra  veri  e   propri   equilibrismi
interpretativi, dovrebbe evitare di tradursi in  interventi  adiutori
del giudice in violazione del diritto di difesa dell'altra parte). Su
tali premesse, a parere  di  questa  C.T.R.,  non  potendo  ritenersi
consentita una lettura cosi'  largheggiante  dell'art.  58,  comma  2
decreto legislativo n. 546/92, non si  potrebbe  sfuggire  da  questa
alternativa: o ritenere costituzionalmente illegittima,  senza  mezzi
termini,  la  disposizione  in  esame,  o  limitarla   fortemente   e
significativamente in sede interpretativa. 
    A tal ultimo riguardo per documenti  nuovi  potrebbero  piuttosto
intendersi - ed invero proprio in ossequio  alla  cennata  logica  di
specialita'  ascrivibile  alla  nota  inibizione  di  esperire  prove
testimoniali ex art. 7, comma 4 decreto legislativo n. 546/92 cit.  -
documenti ulteriori rispetto a quelli gia' acquisiti, come  nel  caso
in cui sussista la necessita' di integrarli o anche di  produrli  per
la prima volta in relazione alla  sopravvenvienza  di  argomentazioni
fattuali o giuridiche esposte nella  sentenza  impugnata  oppure  nel
gravame (a seconda che si consideri la  posizione  dell'appellante  o
dell'appellato), o ancora, al piu', in ogni altro caso in cui non  si
sia gia' perento il diritto della parte di versarli in processo. 
    Ma - senza peraltro nascondersi che forse quanto appena delineato
sarebbe gia' scritto nel sistema,  di  guisa  che  una  tale  lettura
restrittiva  e,  ad  avviso  di  questa  C.T.R.,   costituzionalmente
orientata  finirebbe   col   rendere   del   tutto   pleonastica   la
specificazione contenuta in esso art. 58 comma 2 - dovrebbe  comunque
evitarsi  radicalmente  che  tale  disposto   normativo   possa   mai
consentire di produrre in  appello  documenti  producibili  in  primo
grado e nondimeno, senza cogenti ragioni giustificative, non prodotti
affatto oppure  non  prodotti  tempestivamente  nel  termine  di  cui
all'art. 32 cit., e quindi documenti la cui produzione si sia perenta
in primo grado. 
    E', a ben guardare, lo stesso concetto di perenzione ad indicare,
nel  lessico  comune  prima   ancora   che   in   quello   giuridico,
l'impossibilita' di reviviscenza: si perime cio' che si perde e  cio'
che si perde piu' non risorge. 
    Sarebbe invero singolare che il  sistema  processuale  tributario
vietasse in primo grado l'acquisizione di documenti  oltre  i  limiti
temporali fissati dall'art. 32 decreto legislativo n. 546/92 per  poi
consentire in appello, ai sensi dell'art. 58, comma  2  dello  stesso
decreto legislativo, la loro producibilita' libera e piena. 
    Ne' meno libera e meno piena essa sarebbe anche a voler  recepire
il citato pensiero giurisprudenziale (Cass. n. 20109/12 e n. 3661/15)
per il quale dovrebbe rispettarsi anche in grado d'appello il  limite
di cui all'art. 32 cit., e cio' in quanto resterebbe  pur  sempre  il
problema di consentire la reviviscenza di  una  facolta'  processuale
perenta. 
    E cio' non sarebbe soltanto antinomico rispetto  alla  dimensione
logico-giuridica del perimersi decadenziale nei sensi sopra  cennati,
ma finirebbe, ancor peggio, col vanificare quel rispetto del  diritto
di difesa e del principio  del  contraddittorio  di  cui,  come  gia'
detto, si fa opportunamente carico  la  giurisprudenza,  ravvisandovi
appunto la ratio stessa della decadenza (cfr.  Cassazione  n.  655/14
cit. ed anche n. 3661/15 cit.). 
    Invero una  produzione  documentale  nuova  in  appello,  pur  se
possibile in primo grado e non avvenuta per mera inerzia della  parte
interessata,  potrebbe  essere  voluta  ad  arte  per   impedire   al
controsoggetto processuale la  proposizione  di  motivi  aggiunti  in
primo grado e quindi il pieno esercizio  del  diritto  di  difesa  di
quegli. 
    Ne' varrebbe opporre che una tale  facolta'  sarebbe  pur  sempre
salva all'esito della produzione in appello,  dal  momento  che,  per
com'e' evidente, la controparte del producente avrebbe, pur sempre  e
per sempre, perso - senza  quindi  possibilita'  di  reviviscenze  di
sorta - un grado di giudizio utile alla sua difesa. 
    Utile alla difesa e percio' necessario ed anzi, ex art. 24 Cost.,
ineludibile. 
    Come si vede, quel tale rispetto del  diritto  di  difesa  e  del
principio del contraddittorio, rispetto pur valorizzato dalla  citata
giurisprudenza,  verrebbe   gravemente   meno,   con   il   risultato
antigiuridico di conculcare o limitare il  diritto  di  difesa  della
parte non negligente ed invece favorire proprio la  parte  negligente
che, avendo omesso di produrre in primo grado  cio'  che  ben  poteva
produrre, verrebbe in tal modo ad  essere  premiata  anziche'  essere
sanzionata. 
    O meglio verrebbe ad essere premiata dopo essere stata sanzionata
solo in maniera effimera e precaria in primo grado e percio', in  fin
dei conti e per dirla tutta, solo per  finta,  cosi'  come  solo  per
finta il diritto di produrre documenti si sarebbe estinto davanti  al
primo giudice per poi risorgere davanti al secondo. 
    E - si ripete - non vi resta  implicata  la  sola  preoccupazione
logica e  sistematica  di  postulare  la  possibilita'  di  una  tale
resurrezione, ma ben piuttosto quella di veder minata  in  radice  la
certezza delle  situazioni  giuridiche  di  cui  consta  il  rapporto
processuale. 
    Infatti la decadenza del diritto di una parte  non  potrebbe  mai
radicare  l'effetto  estintivo  che  le  e'  proprio  con   correlate
conseguenze nel patrimonio giuridico  della  parte  contrapposta:  il
diritto acquisito da quest'ultima di giovarsene, come di consueto, in
via definitiva ed irreversibile piu' non sussisterebbe,  dal  momento
che essa parte contrapposta resterebbe condannata  ad  uno  stato  di
dubbio e precarieta' sull'esistenza  di  quel  suo  diritto  derivato
dall'avversa caducazione, diritto che percio' potrebbe definirsi tale
solo per intanto o, per cosi' dire, allo stato degli atti. 
    Parallelamente la decadenza non avra' sancito, secondo la  regola
ordinaria, la morte, peraltro  di  tipo  abortivo,  del  diritto  non
esercitato, ma solo una sorta di sua morte presunta, con  l'intuibile
precarieta' che ne deriva. 
    Tanto varrebbe dunque  liberalizzare  fin  da  subito,  in  primo
grado, la facolta' di produrre documenti senza  limiti  di  sorta.  E
cio'  anche  e  soprattutto  al  fine  di  evitare   la   contorsione
logico-giuridica di scompensare gli spazi decisori fra i due gradi di
giudizio, restringendo il primo in attesa di  ampliare  eventualmente
il secondo. Verrebbe cosi' a crearsi un sistema ibrido in cui sarebbe
possibile ed  anzi  in  qualche  modo  precostituita  una  cognizione
iniziale piu' ridotta rispetto a quella del gravame. 
    Ed invero l'estensione del giudizio d'appello risulterebbe in tal
modo, in un abnorme ribaltamento dei tradizionali schemi processuali,
non piu' dimensionato  minoritariamente  sul  devolutum  (nella  piu'
corretta  accezione  che  trascende  i  meri  aspetti  difensivi   ed
argomentativi  e  coinvolge  anche  i  mezzi  di  prova  acquisti   e
richiamati a supporto delle  deduzioni  censorie),  bensi'  passibile
delle piu' impreviste ed impensabili dilatazioni innescate dai  nuovi
documenti,  fino  a  snaturare  la  stessa  concezione  del  giudizio
d'appello come revisio prioris instantiae. 
    Pertanto quantomeno s'imporrebbe, ad avviso di chi  giudica,  una
lettura restrittiva del comma 2 dell'art. 58 decreto  legislativo  n.
546/92 - salvo a ritenerlo addirittura incostituzionale - rispetto  a
quella  abilitante  una  produzione  documentale   senza   limiti   e
condizioni in grado d'appello (o finanche con l'uguale limite di  cui
all'art. 32 decreto legislativo n. 546/92 applicato ex art. 61  dello
stesso decreto  legislativo),  onde  evitare  l'effetto  perverso  di
annullare le decadenze gia'  verificatesi  in  primo  grado  e  cosi'
sovvertire  ogni  garanzia  di  contraddittorio  ed   ogni   certezza
correlata a quest'ultimo, nonche', prima ancora, la stessa dimensione
strutturale e funzionale del processo che non consente regressioni di
sorta nel suo coessenziale divenire. 
    Stavolta   dunque,   a   voler   seguire   il   citato   pensiero
giurisprudenziale della Suprema  Corte  dal  quale  si  dissente,  la
sanzione della decadenza resterebbe annullata,  con  singolare  esito
premiale  dell'inerzia  sottesa  alla  perenzione   caducativa   gia'
realizzatasi e quindi con incidenza  su  effetti  gia'  definiti  nel
rapporto processuale fra le parti, non gia' jussu judicis come  nella
detta ipotesi della divisata indispensabilita' del documento  di  cui
al comma 1 dell'art. 58 in discorso,  bensi'  addirittura,  sempre  e
comunque, ope legis. 
    A tacer d'altro, poi, si dovrebbe anche ritenere che il  comma  l
dell'art. 58 decreto legislativo n. 546/92 resti sempre abrogato  dal
suo comma 2, atteso che non sussiste un netto discrimine  concettuale
fra la categoria giuridica dei mezzi di prova e quella dei documenti,
rientrando questi ultimi propriamente nel  novero  dei  primi,  quali
mezzi di prova costituiti diversi da  quelli  costituendi  e  percio'
come species dello stesso genus (cfr. Cassazione S.U. n. 8203/05), il
tutto non senza ribadire ancora che nel processo tributario  i  mezzi
di prova sono appunto essenzialmente i documenti, attese le  minimali
indicazioni dell'art. 7 decreto legislativo n. 546/92 circa gli altri
mezzi  istruttori  consentiti  e  dovendosi  altresi'  ricordare  che
neppure la c.t.u. puo' considerarsi tecnicamente un  mezzo  di  prova
(cfr., ex multis, Cassazione n. 132/96; n.  4720/96;  n.  996/99;  n.
14979/00; n. 5422/02; 9060/03; 3004/04; n. 13401/05; n. 9522/06 S.U.;
n. 23087/06; n. 24620/07; n. 1850/09 S.U.; n. 9461/10; n. 3130/11; n.
8989/11; n. 2251/13). 
    Il che renderebbe, per altro verso, alquanto pletorico il dettato
di esso comma 1, per cui il riferimento letterale dei  due  commi  in
discorso rispettivamente  ai  mezzi  di  prova  ed  ai  documenti  si
risolverebbe, in definitiva, in una dualita' solo apparente. 
    Non si ravvisa quindi manifesta infondatezza della  questione  di
costituzionalita'  qui   posta   d'ufficio   con   riferimento   alla
contrarieta' della normativa di che trattasi rispetto agli articoli 3
e  24  Cost.,  essendo  innegabile  il  dato  della   disparita'   di
trattamento delle parti, con intollerabile sbilanciamento,  a  favore
di quella  facultata  a  produrre  per  la  prima  volta  in  appello
documenti gia' in suo possesso nel grado anteriore ed in danno  della
controparte, costretta comunque a vedere limitata  e  compromessa  la
sua difesa per effetto  dell'indubbia  sottrazione  di  un  grado  di
giudizio alla sua posizione processuale. 
    Da  quanto  appena  detto  discende  altresi',  quasi  a  mo'  di
corollario, la non manifesta infondatezza della stessa  questione  di
costituzionalita' rispetto all'art. 117, primo  comma  Cost.  e,  per
esso, rispetto ai vincoli derivanti, a  tacer  d'altro,  dall'art.  6
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, che sancisce il diritto ad un processo equo. 
    A cio' si aggiungano le esposte notazioni, di  immediata  valenza
logica prima che giuridica, riferite  alla  reviviscenza  di  diritti
perenti  o  caducati  ed  ai  connessi  guasti   giuridici   che   si
verificherebbero in capo alla controparte della  producente  i  nuovi
documenti e, piu' in generale, nel sistema  nonche',  per  quanto  di
ragione, in ordine alla stessa  dimensione  concettuale  di  processo
come divenire non regressivo ed a quella di processo di secondo grado
con devoluzione non maggiore  rispetto  al  primo  grado,  non  senza
infine considerare tutte le anomalie e le incongruenze interpretative
radicate dalla congiunta lettura dei due commi dell'art. 58 nei sensi
detti. 
    Per  tutto  quanto  precede,  la  tematica   della   legittimita'
costituzionale del complessivo disposto di tale norma, ad  avviso  di
questa C.T.R., merita di essere approfondita, quantomeno alla stregua
degli argomenti qui addotti ex officio judicis, nella parte in cui si
prevede che la produzione di nuovi documenti in  appello  sia  sempre
ammessa (ancorche' nei termini ex  art.  32  decreto  legislativo  n.
546/92 per il disposto dell'art. 61 decreto legislativo  n.  546/92),
anche per i documenti gia' in possesso della parte in primo grado  da
essa non prodotti affatto o non prodotti tempestivamente, e quindi ad
onta dell'effetto decadenziale definitivo ed insanabile  verificatosi
sulla facolta' di produrli in  appello,  salvo  conclamate  evenienze
fortuite o di forza maggiore. 
    Ai sensi dell'art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953,  n.  87
il presente giudizio sospeso fino alla definizione dell'incidente  di
costituzionalita', mentre ai sensi dell'art. 23, comma 4 della  legge
11 marzo 1953, n. 87 la  presente  ordinanza  sara'  notificata  alle
parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'
comunicata ai presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei deputati.