Ricorso della Regione Toscana (P. IVA 01386030488),  in  persona
del presidente pro  tempore  della  giunta  regionale,  dott.  Enrico
Rossi, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 75 del
6 febbraio 2017, rappresentato e difeso, come da mandato in calce  al
presente atto, dall'Avv. Lucia Bora (C.F.  n.  BROLCU57M59B157V  pec:
lucia.bora@postacert.toscana.it)   dell'Avvocatura   regionale,    ed
elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio   dell'Avv.   Marcello
Cecchetti, (C.F. CCCMCL65E02H501Q) in Roma, Piazza  Barberini  n.  12
(fax 06.4871847; PEC: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma
42, lettera a) della legge 11 dicembre 2016, n. 232,  per  violazione
degli articoli 117 e 119 Cost. 
    In data 21 dicembre 2016  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 297, S.O. n. 57, la legge n. 232 dell'11  dicembre  2016
recante «Bilancio di previsione dello Stato  per  l'anno  finanziario
2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019». 
    In particolare, l'art. 1, comma 42, lettera a) prevede: 
        «All'articolo 1 della legge 28 dicembre  2015,  n.  208  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
    a) al comma 26, le parole:  "per  l'anno  2016"  sono  sostituite
dalle seguenti: "per gli anni 2016 e 2017"». 
    Il comma 26 dell'art.  1  della  legge  208/2015,  a  sua  volta,
disponeva: 
        «Al fine di contenere il livello complessivo della  pressione
tributaria,  in  coerenza  con  gli  equilibri  generali  di  finanza
pubblica, per  l'  anno  2016  e'  sospesa  l'efficacia  delle  leggi
regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in  cui
prevedono aumenti dei tributi e  delle  addizionali  attribuiti  alle
regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai  livelli
di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Sono fatte  salve,
per il settore sanitario, le disposizioni di cui  all'art.  1,  comma
174 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'art. 2, commi 79, 80,
83 e 86 della legge 23 dicembre 2009 n. 191, nonche' la  possibilita'
di effettuare manovre fiscali  incrementative  ai  fini  dell'accesso
alle anticipazioni di liquidita' di cui  agli  articoli  2  e  3  del
decreto-legge 8 aprile 2013 n.  35,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e  successivi  rifinanziamenti.  La
sospensione di cui al primo periodo non si  applica  alla  tassa  sui
rifiuti (TARI) di cui all'art. 1, comma 639, della legge 27  dicembre
2013, n. 147, ne' per gli enti locali che deliberano il  predissesto,
ai sensi  dell'art.  243-bis  del  testo  unico  di  cui  al  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o il  dissesto,  ai  sensi  degli
articoli 246 e seguenti del medesimo testo unico di  cui  al  decreto
legislativo n. 267 del 2000. 
    In sostanza, dunque, la norma contenuta nell'art.  1,  comma  42,
lettera a) determina per l'anno 2017 una ulteriore sospensione  degli
aumenti dei tributi e delle addizionali  attribuiti  alle  regioni  e
agli enti locali con  legge  dello  Stato,  rispetto  ai  livelli  di
aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. 
    Gia' nel 2016 la suddetta misura  era  stata  introdotta,  ma  la
Regione  Toscana   non   l'aveva   contestata,   nello   spirito   di
collaborazione   istituzionale   e   confidando   nell'eccezionalita'
circoscritta della misura stessa. Ora la medesima  viene  riproposta,
in un contesto di finanziamento del fabbisogno regionale  decisamente
peggiorato, anche rispetto al 2016. 
    L'impugnata disposizione e' lesiva delle competenze regionali per
i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera  a)
per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost. 
    Non si  ignora  che  il  blocco  provvisorio  dell'aumento  delle
addizionali  e  dei  tributi  propri  delle  regioni,  in  precedenti
occasioni, e' stato ritenuto ammissibile dalla  Corte  costituzionale
(sentenze n. 381/2004,  n.  284/2009,  n.  298/2009).  Tuttavia  tali
precedenti sono stati motivati con particolari  valutazioni  che  non
sono  piu'  riproponibili  nell'attuale  mutato  quadro  fattuale   e
giuridico. 
    La sentenza n. 381/2004 ha ritenuto ammissibile detta sospensione
perche'  temporanea  e  provvisoria  «in  attesa  di  un  complessivo
ridisegno  dell'autonomia  tributaria  delle  regioni,   nel   quadro
dell'attuazione del nuovo art. 119 Cost.»; similmente la sentenza  n.
284/2009, a fondamento della pronuncia di legittimita' costituzionale
della sospensione degli aumenti tributari regionali, richiama la fase
transitoria «fino all'attuazione  del  federalismo  fiscale»;  infine
nella sentenza n. 298/2009 la legittimita' della misura  e'  motivata
con  il  fatto  che  non  era  stata  dedotta  ne'   dimostrata   una
insufficienza dei mezzi finanziari di cui la regione potesse disporre
per l'adempimento dei propri compiti. 
    La  situazione  attuale  e'  diversa  da  quella  a  base   delle
richiamate pronunce per diversi motivi. 
    1.a) Prima di tutto e' noto che per  l'attuazione  dell'art.  119
Cost. e' stata emanata la legge 5 maggio 2009 n. 42 (legge delega sul
c.d. federalismo fiscale). 
    L'art. 7, della citata legge n. 42 del  2009,  definisce  i  vari
tipi di «tributi delle regioni», ricomprendendo: 
    1) i «tributi propri derivati», cioe'  istituiti  e  regolati  da
leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni; 
    2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; 
    3) i «tributi propri» istituiti dalle regioni con proprie  leggi,
in relazione ai presupposti  non  gia'  assoggettati  ad  imposizione
erariale. 
    Per le prime due categorie, le leggi regionali possono modificare
le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e
secondo criteri fissati dalla legislazione  statale  e  nel  rispetto
della normativa comunitaria; analogamente per le addizionali  possono
essere introdotte variazioni percentuali delle aliquote e  detrazioni
nei limiti posti dalla  legge  statale;  sui  tributi  propri  vi  e'
autonomia regionale. 
    I principi e criteri  direttivi  di  cui  alla  legge  delega  n.
42/2009 sono stati attuati, per quanto  qui  interessa,  dal  decreto
legislativo n. 68 del 2011, che, all'art. 8, in materia di «Ulteriori
tributi regionali», prevede che: 
        «Ferma restando la facolta' per le regioni di sopprimerli,  a
decorrere dal 1° gennaio 2013, sono  trasformati  in  tributi  propri
regionali la tassa per  l'abilitazione  all'esercizio  professionale,
l'imposta regionale sulle concessioni statali dei  beni  del  demanio
marittimo,  l'imposta  regionale  sulle   concessioni   statali   per
l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa
per l'occupazione di spazi ed  aree  pubbliche  regionali,  le  tasse
sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni  sonore  degli
aeromobili» (1) 
    Al successivo comma 2 del  medesimo  articolo,  si  prevede  che:
«Fermi restando i limiti massimi  di  manovrabilita'  previsti  dalla
legislazione   statale,   le   regioni    disciplinano    la    tassa
automobilistica regionale». 
    Il comma 3 stabilisce poi  che  sono  riservati  alle  regioni  a
statuto ordinario  gli  altri  tributi  ad  esse  riconosciuti  dalla
legislazione  vigente,  che  costituiscono  tributi  propri  derivati
(comma 3). 
    Inoltre, spettano alle  regioni  a  statuto  ordinario  le  altre
compartecipazioni al gettito  di  tributi  erariali,  secondo  quanto
previsto dalla legislazione vigente (comma 5). 
    Il  richiamato  art.  8   presuppone,   pertanto,   una   duplice
trasformazione di alcuni tributi statali: taluni di questi  diventano
tributi  propri  regionali,  di  talche'  ciascuna  regione  potrebbe
sopprimerli; altri, invece, quelli riconosciuti  alle  regioni  dalla
legislazione vigente, vengono trasformati in tributi propri derivati,
senza includere la clausola che consente alle regioni di sopprimere i
tributi stessi. 
    In merito codesta ecc.ma Corte costituzionale nella  sentenza  n.
288 del 2012 ha rilevato: «L'art. 8 del decreto legislativo 6  maggio
2011, n. 68 (disposizioni in  materia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore   sanitario),   che
costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009,  dopo  aver
disposto, al comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di  tributi
statali in tributi propri  regionali  (a  decorrere  dal  1°  gennaio
2013), al comma  2  precisa  «fermi  restando  i  limiti  di  massima
manovrabilita',  previsti  dalla  legislazione  statale,  le  regioni
disciplinano la tassa automobilistica regionale»; per poi aggiungere,
al comma 3, che alle regioni a statuto ordinario spettano  gli  altri
tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data  di
entrata in vigore del decreto  stesso,  aggiungendo  che  i  predetti
tributi costituiscono tributi propri derivati». 
    La ricorrente non ignora che la disciplina  della  maggior  parte
dei tributi regionali, in particolare i tributi propri derivati e  le
addizionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, sono
stati ritenuti da numerose pronunce di codesta  Corte  costituzionale
rientranti nella materia  «ordinamento  tributario  dello  Stato»  di
competenza legislativa esclusiva statale (art.  117,  secondo  comma,
Cost.), a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle regioni. 
    Cio', tuttavia, non elimina la denunciata illegittimita'. 
    In primo luogo, infatti, la norma impugnata si applica  anche  ai
tributi regionali di  cui  all'art.  8  del  decreto  legislativo  n.
68/2011 ed e' certo che, oggi, spetti  ai  legislatori  regionali  la
competenza legislativa in relazione ai tributi propri c.d autonomi (o
in senso stretto) cioe' a quelle forme di  prelievo  istituite  dalla
legge regionale o in relazione alle quali sono  state,  alla  stessa,
ceduti  tutti  gli  ambiti  di  disciplina  da  parte  dello   Stato,
originario titolare. 
    Tali tributi possono essere  interamente  disciplinati,  e  anche
soppressi, dalle regioni e sono assoggettati unicamente  al  rispetto
dei principi di coordinamento. Del resto,  la  Corte  costituzionale,
gia' prima del c.d. federalismo fiscale, con la sentenza n.  102/2008
ha riconosciuto alle  regioni  una  «potesta'  legislativa  esclusiva
nella   materia   tributaria   non   espressamente   riservata   alla
legislazione dello Stato e sempre che l'esercizio  di  tale  facolta'
non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera  circolazione
delle persone e delle cose tra le Regioni (art. 117, quarto  comma  e
120, primo comma, Cost.». 
    Pertanto, con riferimento ai tributi  propri  in  senso  stretto,
come sopra  identificati,  la  normativa  nazionale  impugnata  nello
stabilire la sospensione del possibile aumento tributario,  contrasta
con l'autonomia finanziaria riconosciuta dall'art.  119  Cost.,  come
attuato dal decreto legislativo n.  68/2011,  volta  a  garantire  il
reperimento delle risorse  necessarie  per  il  corretto  svolgimento
delle funzioni costituzionalmente garantire dall'art.  117,  terzo  e
quarto comma Cost. 
    In secondo luogo,  poi,  la  denunciata  illegittimita'  sussiste
anche con riferimento agli altri tributi  regionali  (tributi  propri
derivati e addizionali) in quanto,  in  base  all'art.  119,  secondo
comma Cost., la compartecipazione al gettito dei tributi erariali  e'
una forma essenziale  per  garantire  per  l'integrale  finanziamento
delle funzioni stabilito dal medesimo art. 119 quarto comma Cost.  ed
eliminando la (gia'  marginale)  possibilita'  di  aumento  di  detti
tributi si priva l'Amministrazione regionale di una fonte di entrata,
senza al contempo  prevedere  alcuna  compensazione  per  le  regioni
stesse. 
    Quindi l'attuazione del federalismo fiscale e'  un  elemento  che
differenzia la situazione attuale rispetto a quella esistente  quando
sono state pronunciate le richiamate sentenze costituzionali. 
    1.b) Un altro elemento di diversita' e' che all'epoca (2008/2009)
vigevano le regole del  patto  di  stabilita'  interno,  per  cui  le
regioni avevano un tetto di spesa da dover rispettare; ora invece  la
legge n. 243/2012 ha introdotto il pareggio  contabile  di  bilancio,
cioe' l'equilibrio di bilancio che ricorre quando nella fase  sia  di
previsione che di rendiconto si registra: a) un saldo non negativo in
termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali  e  le  spese
finali; b) un saldo non negativo,  in  termini  di  competenza  e  di
cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le  quote
di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti. 
    La  violazione  del   pareggio   di   bilancio   comporta   gravi
conseguenze, come  il  divieto  di  indebitamento  per  la  spesa  di
investimento, nonche' sanzioni per gli amministratori  e  funzionari;
con  la  norma  impugnata,  per  effetto  della   sospensione   della
possibilita' di aumentare i tributi e le addizionali attribuiti  alle
regioni rispetto ai livelli di aliquote  o  tariffe  applicabili  per
l'anno 2015, la Regione ben puo' trovarsi esposta  all'impossibilita'
di pareggiare il proprio bilancio. Ne' a questo puo' rispondersi  che
il rischio potra'  essere  evitato  con  la  riduzione  delle  spese,
perche' le misure di razionalizzazione e riduzione delle  spese  gia'
adottate dalla Toscana impediscono di  poter  incidere  ulteriormente
sulle spese, salvo andare ad intaccare i  servizi  essenziali  per  i
cittadini. 
    1.c) A conferma di quanto esposto al precedente punto, si  rileva
che, in aggiunta alla  riduzione  del  fondo  sanitario,  la  manovra
finanziaria approvata dallo Stato con la legge  n.  232/2016  per  il
2017 ha disposto un taglio alle risorse  finanziarie  spettanti  alle
regioni a statuto ordinario per l'importo 2.691,8  milioni  di  euro,
sia in termini di saldo netto  da  finanziare  che  di  indebitamento
netto. A livello di bilancio regionale  della  Toscana,  tale  misura
determina una riduzione delle risorse finanziarie  e  della  conciata
capacita' di spesa di 210 milioni di curo, che riguarda la componente
extra sanitaria del bilancio. 
    Se si considera che -  al  netto  del  fondo  sanitario  (le  cui
risorse sono vincolate  per  destinazione  e  sono  commisurate  alla
definizione dei livelli essenziali di  assistenza)  e  delle  risorse
relative  al  fondo  nazionale  trasporti  (anch'esse  vincolate   al
co-finanziamento del trasporto pubblico locale su gomma e su ferro) -
i trasferimenti erariali spettanti alle regioni per il 2017 ammontano
a circa 1.755 milioni di euro, ne deriva che il taglio disposto dalla
legge di bilancio 2017 a carico delle regioni supera di oltre 900 mln
euro (2691-1755=  936)  l'importo  dei  trasferimenti  che  lo  Stato
assegna alle stesse regioni. 
    In sostanza si delinea un modello di finanza  derivata  invertito
in cui le regioni si trovano nella  condizione  di  dover  trasferire
quote di proprie risorse a favore del bilancio dello Stato. 
    Si tratta, oltre tutto, di misure non una tantum, ma di riduzioni
«a decorrere» e, quindi, aventi il carattere di tagli strutturali. 
    Le risorse regionali  libere  sono  ormai  appena  sufficienti  a
garantire la  copertura  finanziaria  delle  spese  di  funzionamento
(personale ed oneri finanziari a servizio del debito) e  delle  spese
rigide di carattere obbligatorio (trasporto pubblico locale su  gomma
e su ferro, quote di cofinanziamento  regionale  alla  programmazione
comunitaria,  manutenzione  ordinaria  agli  immobili  di  proprieta'
regionale,  contributi  di  funzionamento   agli   enti   e   agenzie
regionali). 
    Viceversa  le  risorse  di   natura   corrente   destinabili   al
finanziamento delle politiche attive si  sono  ridotte  drasticamente
negli ultimi anni. 
    Il prospetto che segue da' evidenza della riduzione delle risorse
che ha caratterizzato le  politiche  di  carattere  discrezionale  di
natura corrente nell'ultimo triennio  2015-2017  e  cio'  in  ragione
delle manovre finanziarie dello Stato che, di anno in anno,  si  sono
stratificate riducendo progressivamente le risorse erariali a  favore
delle regioni. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Le entrate proprie di natura corrente sono appena sufficienti  ad
assicurare il finanziamento della  spesa  di  funzionamento  e  della
spesa «rigida» non comprimibile derivante per lo piu'  dal  trasporto
pubblico locale.  La  quota  delle  risorse  proprie  destinabili  al
finanziamento delle politiche discrezionali nell'ambito del  sociale,
dell'istruzione, della  formazione  e  del  lavoro  non  consente  di
garantire uno standard adeguato di servizi  nei  suddetti  ambiti  di
attivita'. 
    In tale contesto il riconoscimento della pur  limitata  autonomia
tributaria  e,  specificatamente,  la  possibilita'  di  aumentare  i
tributi  e  le  addizionali  attribuiti  alle  regioni  diventa   una
condizione essenziale per consentire, almeno in parte, lo svolgimento
delle funzioni di competenza regionale. 
    1.d)  Ulteriore  elemento  che   diversifica   profondamente   la
situazione  attuale  da  quella  che   ha   portato   a   suo   tempo
all'emanazione delle sentenze citate al punto 1.a), e' che la Regione
Toscana  ha  proceduto  al  riordino  istituzionale  delle   funzioni
conseguente  all'applicazione  della  legge  Del  Rio   n.   56/2014,
subentrando nella titolarita' delle funzioni in precedenza  assegnate
alle province (L.R. n. 22/2015 recante  il  riordino  delle  funzioni
provinciali e l'attuazione della legge  7  aprile  2014  n.  56).  Lo
svolgimento di tali attivita' richiede risorse finanziarie aggiuntive
che non ha accompagnato  la  ridefinizione  delle  competenze  tra  i
livelli di Governo assegnatari delle suddette funzioni. 
    Sul punto la Corte costituzionale, con sentenza n. 205 del  2016,
ha stabilito che il comma 418 della legge n. 190/2014, che  individua
il «taglio» delle risorse delle province e delle Citta' metropolitane
per gli anni 2015, 2016  e  2017  (rispettivamente  uno,  due  e  tre
miliardi di euro), deve  essere  interpretato  nel  senso  che  dette
risorse vanno riversate alle regioni e ai  comuni  destinatari  delle
funzioni trasferite dalle province- citta' metropolitane per  effetto
del riordino previsto dalla legge Delrio; nella sentenza e' affermato
(punto 6.2 del Considerato in diritto): 
    «Piu' precisamente,  dunque,  disponendo  il  comma  418  che  le
risorse affluiscano «ad apposito capitolo  di  entrata  del  bilancio
dello Stato», si deve ritenere - e in questi termini la  disposizione
va correttamente interpretata - che tale allocazione  sia  destinata,
per quel che riguarda le risorse degli enti di area vasta connesse al
riordino  delle  funzioni   non   fondamentali   a   una   successiva
riassegnazione agli  enti  subentranti  nell'esercizio  delle  stesse
funzioni non fondamentali (art. 1, comma 97, lettera b), della  legge
n. 56 del 2014). 
    La previsione del  versamento  al  bilancio  statale  di  risorse
frutto della riduzione della spesa da parte degli enti di area  vasta
va dunque  inquadrata  nel  percorso  della  complessiva  riforma  in
itinere. E, cosi' intesa, essa si risolve in uno specifico  passaggio
della vicenda straordinaria di trasferimento delle risorse  da  detti
enti ai nuovi soggetti ad essi subentranti nelle funzioni riallocate,
vicenda la cui gestione deve  necessariamente  essere  affidata  allo
Stato (sentenze n. 159 del 2016 e n. 50 del 2015). 
    I commi 418, 419 e 451, dunque, non violano  l'art.  119,  primo,
secondo e terzo comma, Cost. nei termini lamentati  dalla  ricorrente
perche' le disposizioni in essi contenute vanno intese nel senso  che
il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale
(cosi' come l'eventuale recupero delle somme a valere sui tributi  di
cui al comma 419) e' specificamente destinato al finanziamento  delle
funzioni provinciali non fondamentali e che tale misura si  inserisce
sistematicamente nel  contesto  del  processo  di  riordino  di  tali
funzioni  e  del  passaggio  delle   relative   risorse   agli   enti
subentranti.». 
    Vi e' dunque un vincolo di destinazione delle risorse dallo Stato
tagliate alle province, nei confronti degli  enti  subentranti  nella
titolarita' delle funzioni stesse (nel caso, della Regione Toscana). 
    Sebbene il problema sia stato posto a livello nazionale, la legge
di bilancio (ne' altri atti statali) non prevede alcun  trasferimento
alla Regione Toscana delle risorse tagliate  alle  province  che,  in
Toscana,  non  esercitano  piu'  funzioni  divenute   di   competenza
regionale. Tale cifra ammonta  per  la  Regione  ricorrente  ad  euro
75.870.908,52 per il 2015 e ad euro 98.988.043,96  per  il  2016  (il
2017 non  e'  ancora  quantificato),  come  si  ricava  dal  seguente
prospetto, i cui dati ufficiali sono tratti dal  sito  del  Ministero
dell'interno - Dipartimento della finanza locale 
 
=====================================================================
|                    |                    |                   |Anno |
|        Ente        |      Anno 2015     |     Anno 2016     |2017 |
+====================+====================+===================+=====+
|Arezzo              |        6.457.649,76|       6.385.856,39|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Firenze             |       21.830.174,05|       9.039.740,42|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Grosseto            |        7.211.853,23|      12.925.129,90|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Livorno             |        7.043.883,31|       9.385.058,80|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Lucca               |        7.790.412,91|      11.523.636,70|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Massa-Carrara       |        2.691.725,95|       6.221.521,38|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Pisa                |        3.623.447,62|      15.221.230,74|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Pistoia             |        8.756.973,01|      11.123.433,34|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Prato               |        6.939.390,52|       7.151.547,56|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Siena               |        3.525.398,20|      10.010.888,73|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
|Totali              |       75.870.908,56|      98.988.043,96|     |
+--------------------+--------------------+-------------------+-----+
 
            Tutti i motivi esposti rendono evidente  che  la  Regione
Toscana si trova oggi in una grave insufficienza di mezzi  finanziari
che mette a rischio reale il corretto esercizio delle funzioni di cui
all'art. 117, terzo e quarto comma Cost. 
    1.e) Ne'  puo'  obiettarsi  che  la  misura  in  oggetto  sarebbe
transitoria. Con la tecnica utilizzata dal legislatore, si proroga di
anno in anno il blocco imposto alla possibilita' di disporre  aumenti
fiscali,  in  assenza  di  un   quadro   di   riferimento   certo   e
programmabile. Il termine inizialmente posto puo'  rendere  la  norma
accettabile anche se  lesiva  (infatti  lo  scorso  anno  la  Regione
Toscana non ha impugnato l'analoga disposizione contenuta nella legge
n. 208/2015), ma tale limitazione temporale viene vanificata  con  la
tecnica delle proroghe. E' noto che  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, fin dalla sentenza n. 193/2012, ha chiarito che  sono
illegittime, per violazione dell'art. 119  Cost.  misure  restrittive
dell'autonomia finanziaria ove non sia indicato un termine finale  di
operativita' delle misure stesse: e' evidente che risulta  del  tutto
elusiva di questa giurisprudenza la tecnica  normativa  adottata  dal
legislatore statale e consistente nel fissare un  termine  al  blocco
dell'aumento fiscale estendendolo poi di anno in anno con  successive
leggi; in tal modo si rende tamquam non esset quel  limite  temporale
che costituisce la condizione di legittimita' dell'intervento statale
di coordinamento della finanza pubblica. 
    Per i rilevati motivi,  la  disposizione  impugnata,  andando  ad
eliminare una  possibile  fonte  di  entrata  per  la  regione,  lede
l'autonomia   finanziaria   stabilita   dall'art.   119   Cost.    e,
correlativamente, il corretto esercizio delle  funzioni  affidate  ai
sensi dell'art. 117 terzo e quarto comma Cost. 

(1) Rispettivamente disciplinate dall'art. 190 del regio  decreto  31
    agosto 1933, n. 1592, dall'art. 121 del  decreto  del  Presidente
    della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dagli articoli 1, 5 e  6
    del  decreto-legge  5  ottobre  1993,  n.  400,  convertito,  con
    modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494,  dall'art.  2
    della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli 5  e  3  della
    legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli da  90  a  95  della
    legge 21 novembre 2000, n. 342.