Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  Generale  dello   Stato,   c.f.   80224030587,   fax
06/96514000 e  PEC  roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui
uffici  ex  lege  domicilia  in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12,
manifestando la volonta' di ricevere le  comunicazioni  all'indirizzo
PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Nei confronti della Regione Abruzzo, in  persona  del  Presidente
della  Giunta  Regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale della legge Regionale Abruzzo n. 16 del
7 marzo 2017, recante  «Rendiconto  generale  per  l'esercizio  2013.
Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota  illustrativa
preliminare», pubblicata nel B.U.R. n. 35 del 20  marzo  2017  e,  in
particolare degli articoli 1, commi 1 e 2, 8, 9, 10, 11 e 12,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri in data 19 maggio 2017. 
    Con la legge regionale n.  16  del  20  marzo  2017  indicata  in
epigrafe, che consta di diciotto  articoli,  la  Regione  Abruzzo  ha
emanato  le  disposizioni  in  tema  di   Rendiconto   generale   per
l'esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio  e
nota illustrativa preliminare. 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la  Regione  Abruzzo  abbia  ecceduto  dalla  propria  competenza  in
violazione  della  normativa  costituzionale,  come  si  confida   di
dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 1, commi 1 e 2, della legge Regione Abruzzo n.  16/2017
viola gli articoli 81, in particolare, il comma 4, e  117,  comma  3,
della Costituzione, in riferimento all'art. 29, comma 1, del  decreto
legislativo 28 marzo 2000, n. 76 e all'art. 39, comma 1, della  legge
Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3. 
    L'art. 1 della legge regionale n. 16/2017 citata  prevede,  primo
comma, che «il rendiconto generale per l'esercizio  finanziario  2013
e' approvato con le risultante negli  articoli  che  seguono»  e,  al
secondo comma,  che  «sono  approvate  le  previsioni  definitive  di
competenza come indicate nel conto di bilancio allegato alla presente
legge». 
    In base al successivo art. 19, comma 1,  la  legge  regionale  n.
16/2017 citata  e'  entrata  in  vigore  il  21  marzo  2017,  giorno
successivo a quello della sua  pubblicazione  nel  BURAT  (Bollettino
Ufficiale della Regione Abruzzo in versione telematica). 
    Va rilevato, pertanto, che la legge regionale n.  16/2017  citata
e' stata approvata in  forma  legislativa  oltre  i  termini  imposti
dall'art. 39, comma 1, della legge 25 marzo 2002, n. 3, contenente l'
«Ordinamento contabile della Regione Abruzzo».  Tale  norma  prevede,
infatti, al primo comma, che «Il rendiconto generale  e'  predisposto
dalla Giunta, ed e' approvato dal Consiglio  entro  il  30  giugno  e
comprende il conto del bilancio e il conto generale del patrimonio  e
dimostra i risultati della gestione». 
    D'altronde, tale tassativa previsione temporale e'  coerente  con
quanto dispone l'art. 29, comma 1, del decreto legislativo  28  marzo
2000,  n.  76,  che  detta  «Principi   fondamentali   e   norme   di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilita' delle regioni,
in attuazione dell'articolo 1, comma 4, della legge 25  giugno  1999,
n. 208». 
    L'art. 29, comma 1, citato prevede, infatti, che  «il  rendiconto
generale della regione e' approvato con legge regionale entro  il  30
giugno dell'anno successivo all'esercizio cui questo si riferisce». 
    Il predetto comma si applica alla fattispecie in  esame,  poiche'
e' stato abrogato dalla lettera c) del comma 1, dell'art. 77, decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, aggiunto dall'art.  1,  comma  1,
lettera aa), decreto  legislativo  10  agosto  2014,  n.  126,  ma  a
decorrere dal 1° gennaio 2015. 
    Come si evince dalla giurisprudenza  costituzionale  in  materia,
indipendentemente  dalla  loro  autoqualificazione  come   norme   di
principio e di coordinamento, guardando al loro contenuto  diretto  a
fissare  il  perseguimento  degli  «obiettivi  di  convergenza  e  di
stabilita'»  derivanti   dall'appartenenza   dell'Italia   all'Unione
europea e «in coerenza con  i  vincoli  che  ne  derivano  in  ambito
nazionale» (art. 1, legge n. 76/2000 citata), deve concludersi che si
tratta, appunto, di disposizioni dirette  a  incidere  sulla  finanza
regionale. 
    Va  ricordato,  quindi,  che  «il  coordinamento  della   finanza
pubblica,  cui  fa  riferimento  l'art.  117,  comma   terzo,   della
Costituzione, e', piu' che una materia, una funzione che,  a  livello
nazionale, e quanto alla finanza pubblica nel suo  complesso,  spetta
allo Stato». (sentenza n. 414/2004). 
    E',  pertanto,  sussistente  con  riferimento  al  parametro   di
costituzionalita' invocato e rappresentato dagli articoli  81,  comma
4, e 117, comma 3, il contrasto indiretto, cioe', con le citate norme
interposte, di cui all'art. 39 della legge regionale n. 3/2002 citata
e all'art. 29, comma 1, del decreto legislativo n. 76/2000, che  sono
idonee a specificare nel caso concreto  l'operativita'  dei  principi
fondamentali richiamati. 
    2. Gli articoli 8, 9, 10, 11 e 12 della legge Regione Abruzzo  n.
16/2017 violano gli articoli 81, in particolare, il comma 4,  e  117,
commi 2, lett. e), e 3, della Costituzione. 
    Va,  preliminarmente,  rilevato   che,   con   la   delibera   n.
39/2016/PARI, la Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo  per
l'Abruzzo, ha parificato il rendiconto 2013 dell'Abruzzo  con  talune
eccezioni,  tra  cui  i  capitoli  concernenti   economie   vincolate
riprogrammate per finalita' diverse da quelle inizialmente previste e
la mancata neutralizzazione dell'anticipazione di liquidita' ricevuta
ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge n. 35 del 2013. 
    Inoltre, su  tali  argomenti,  la  predetta  Corte  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale  avverso:  gli  articoli  7,
commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n.  2  del  2013  -
legge finanziaria regionale 2013; gli articoli 1, 4, 11 e  15,  comma
3, della legge della Regione Abruzzo  n.  3  del  2013  (Bilancio  di
previsione per l'esercizio finanziario 2013  -  Bilancio  pluriennale
2013/2015); l'art. 16 della legge della  Regione  Abruzzo  16  luglio
2013, n. 20. 
    Conseguentemente  ha  sospeso  il  giudizio  per  le   voci   non
parificate, interessate dalle suddette disposizioni. 
    La Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 89/2017,
depositata  il  27  aprile  2017,  ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale delle predette norme censurate. 
    In estrema sintesi, la sentenza ha rilevato  una  violazione  del
principio di equilibrio del  bilancio  con  riferimento  ad  economie
vincolate riprogrammate per obiettivi diversi da quelli  inizialmente
previsti, finanziate da avanzo non accertato in  via  definitiva  con
l'approvazione del rendiconto relativo all'esercizio precedente. Tale
«riprogrammazione» ha determinato un incremento indebito della spesa,
attraverso l'iscrizione illegittima dell'avanzo di amministrazione ed
in assenza di un autentico vincolo di destinazione. 
    Per quel che rileva in  particolare  in  questa  sede,  la  Corte
costituzionale non ha accolto le difese svolte dalla Regione Abruzzo,
tra le quali l'argomento secondo cui la sopravvenuta legge  regionale
n. 16 del 2017 (Rendiconto 2013), impugnata con il presente  ricorso,
avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l'accertamento
di un congruo avanzo di amministrazione (punto 4. del Considerato  in
diritto); poiche' - ha statuito la Corte costituzionale - la predetta
legge regionale «produce norme e  meccanismi  contabili  elusivi  dei
medesimi precetti in questa sede invocati». 
    Tale risultato di  amministrazione,  infatti,  secondo  la  Corte
costituzionale, non risulta affidabile, poiche' «ritenuto parziale  e
non attendibile»  dalla  Corte  dei  Conti  -  Sezione  regionale  di
controllo per l'Abruzzo, che non  ha  parificato  ingenti  poste  dei
residui attivi e passivi, rilevando considerevoli criticita'  sia  in
merito alla loro sussistenza ed al loro mantenimento in bilancio  sia
riguardo alle ricadute dell'operazione di riaccertamento dei  residui
compiuta dalla Regione, in termini di certezza  delle  risultanze  di
bilancio. 
    Detto avanzo viene ottenuto attraverso un'  operazione  contabile
non  corretta,  in  quanto  indipendentemente  dalla   procedura   di
riaccertamento  straordinario  dei  residui  prevista   dal   decreto
legislativo n. 118 del 2011 (che non e' qui in discussione)  sussiste
comunque l'obbligo indefettibile per  ciascun  ente  territoriale  di
effettuare annualmente, ed in ogni caso prima  della  predisposizione
del rendiconto, l'esatta ricognizione dei residui attivi e passivi. 
    La  ricognizione  annuale  dei  residui  attivi  e   passivi   e'
operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente di
individuare formalmente: crediti  di  dubbia  e  difficile  esazione;
crediti  inesigibili  ed   insussistenti   (per   l'avvenuta   legale
estinzione o per indebito o erroneo accertamento del credito); debiti
prescritti; somme da portare in economia ed, in ogni caso,  tutte  le
componenti degli esercizi decorsi che influiscono  sul  risultato  di
amministrazione. 
    E' evidente che senza una verifica di  tal  genere  non  si  puo'
procedere all'approvazione del rendiconto  ancorche'  tale  procedura
sia rafforzata, come nel caso delle Regioni, dall'adozione di un atto
legislativo. In definitiva, la legge sopravvenuta, oltre a non  avere
un legame diretto con le norme impugnate, non  assicura  chiarezza  e
stabilita' ai conti regionali, peggiorando  la  situazione  dell'ente
territoriale, anche per l'assenza  di  punti  di  riferimento  sicuri
quali la continuita' con le risultanze degli esercizi pregressi e  l'
esatta  contabilizzazione  dei  crediti  e  dei  debiti  allo   stato
esistenti (punto 6.4. del Considerato in diritto). 
    La legge regionale n. 16/2017  citata,  all'art.  8  determina  i
residui attivi a chiusura dell'esercizio 2013; all'art. 9 determina i
residui passivi a chiusura dell'esercizio 2013; all'art. 10 il  saldo
finanziario positivo al 31 dicembre 2013; all'art. 11, approvando  la
tabella «Residui perenti ed economie vincolate 2013»,  riconosce  gli
importi delle «economie  riprogrammate»,  oggetto  di  rilievo  della
Corte dei Conti, e, all'art. 12, rileva un  disavanzo  effettivo  che
include l'importo dell'anticipazione di liquidita', sebbene  non  sia
rappresentato nel conto finanziario. 
    Come rilevato nella citata  sentenza  n.  89/2017  (punto  8  del
Considerato in diritto), «la regolarizzazione della tenuta dei  conti
non  consiste  nel  mero  rispetto  della  sequenza  temporale  degli
adempimenti  legislativi  ed  amministrativi  afferenti  al  bilancio
preventivo e consuntivo. Il nucleo della  sana  gestione  finanziaria
consiste,  al  contrario,   nella   corretta   determinazione   della
situazione economico-finanziaria da cui prende  le  mosse  e  a  cui,
successivamente, approda la gestione finanziaria». 
    Tale determinazione,  sottolinea  la  Corte  costituzionale,  "e'
strettamente correlata al principio  di  continuita'  degli  esercizi
finanziari, per effetto del quale ogni  determinazione  infedele  del
risultato di amministrazione si riverbera a  cascata  sugli  esercizi
successivi. Ne risulta cosi' coinvolto in modo durevole  l'equilibrio
del  bilancio:  quest'ultimo,  considerato  nella   sua   prospettiva
dinamica, la quale «consiste nella continua ricerca di un armonico  e
simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e  spese  necessarie
per il perseguimento delle finalita' pubbliche» (sentenza n. 266  del
2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del 2013), esige che la base
di  tale  ricerca  sia  salda  e  non  condizionata  da   perturbanti
potenzialita' di indeterminazione." 
    Sono «proprio la costanza e la continuita' di tale  ricerca»  che
«ne spiegano l'operativita' nell'arco di piu' esercizi finanziari; al
contrario, prendere  le  mosse  da  infedeli  rappresentazioni  delle
risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto "domino"  nei
sopravvenienti   esercizi,   pregiudicando   irrimediabilmente   ogni
operazione di  risanamento  come  quella  rivendicata  dalla  Regione
Abruzzo attraverso le norme censurate e la  legge  sopravvenuta»  [n.
16/2017 citata n.d.t.]. 
    «In questa prospettiva sia le disposizioni  di  legge  denunciate
dalla magistratura rimettente, sia la richiamata legge  reg.  Abruzzo
n. 16 del 2017 pregiudicano  ulteriormente  l'equilibrio  finanziario
della Regione  Abruzzo,  gia'  storicamente  inciso  dalle  pregresse
gestioni e dalle disposizioni di legge regionale che  ne  erano  alla
base». 
    Nella citata sentenza n. 89/2017 si pone in luce,  poi,  che  «le
norme  censurate  ripetono  e  aggravano  fenomeni  distorsivi  della
finanza regionale gia' oggetto di  sindacato  negativo  da  parte  di
questa Corte (infedelta' del risultato  d'amministrazione  e  mancato
accertamento dei residui; sforamento dei limiti di  spesa  attraverso
l'iscrizione di fittizie  partite  di  entrata  quali  l'  avanzo  di
amministrazione presunto: sentenze n. 192  del  2012  e  n.  250  del
2013), mentre la sopravvenuta legge reg.  Abruzzo  n.  16  del  2017,
oltre a non tenere in alcun conto la parifica  parziale  della  Corte
dei conti  effettuata  con  delibera  n.  39/2016/PARI,  finisce  per
alterare in modo ancor piu' grave le disfunzioni  accertate  per  gli
anni precedenti». (punto 8.1. del Considerato in diritto). 
    Nella  sentenza  si  rileva,  infine,   come   «l'operazione   di
risanamento dei conti auspicata dalla Regione non  puo'  che  passare
dall'adeguamento ai principi espressi da questa Corte. 
    Cio'  soprattutto  attraverso  un  corretto  riaccertamento   dei
residui attivi  e  passivi  che  possa  consentire  una  credibile  e
congruente   determinazione    del    risultato    d'amministrazione,
eventualmente usufruendo - ove risulti un deficit  non  riassorbibile
in un  solo  anno  -  delle  opportunita'  di  copertura  dilazionata
consentite dalla  legislazione  statale  agli  enti  territoriali  in
particolare situazione di disagio  (in  ordine  a  tali  disposizioni
legislative, sentenze n. 6 del 2017 e n. 107 del 2016)». 
    «E' evidente che, senza tali verifiche, ogni  procedimento  volto
ad  assicurare  chiarezza  e  stabilita'  ai  conti  regionali  ed  a
recuperare fondi vincolati, incamerati e  non  spesi  negli  esercizi
precedenti, rischia di fallire, se non di  peggiorare  la  situazione
dell'ente territoriale per l'assenza di punti di riferimento  sicuri,
in ordine alle risorse disponibili ed  allo  stato  dei  programmi  e
degli interventi a suo tempo intrapresi». (punto 8.2. del Considerato
in diritto). 
    Gli articoli 8, 9, 10, 11 e 12  citati  si  pongono,  quindi,  in
contrasto con gli articoli 81 nella sua interezza, e, in  particolare
con il comma 4, 117, comma 3, con riguardo ai  principi  fondamentali
di coordinamento della finanza pubblica e 117, comma 2, lett. e),  in
materia di sistema contabile dello Stato, con  le  fonti  interposte,
rappresentate dai principi di coordinamento  della  finanza  pubblica
emanati dal legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili
limitazioni  ai  saldi  dei  bilanci  regionali  (in  tal  senso,  in
particolare, le sentenze n. 70/12 e n. 115/12). 
    Va, infine, rilevato come tutte le richiamate disposizioni  della
legge  regionale  n.  42/16  debbano   ritenersi   costituzionalmente
illegittime  proprio  sulla  base  delle  considerazioni  svolte  nel
secondo motivo di ricorso. 
    Si tratta, infatti, di un provvedimento  normativo  che  nel  suo
complesso e nella sua interezza non  solo  pregiudica  «ulteriormente
l'equilibrio finanziario della Regione  Abruzzo»,  ma  finisce  anche
«per alterare in modo ancor piu' grave le disfunzioni  accertate  per
gli  anni  precedenti»,  in  violazione  dei   richiamati   parametri
costituzionali di cui agli articoli 81, in particolare il  cometa  4,
117, commi 2, lett. e), 3. 
    L'illegittimita'  costituzionale  del  Rendiconto  2013   deriva,
quindi, dalla sua non conformita' ai  «principi  fondamentali»  supra
illustrati anche in materia di armonizzazione dei  bilanci  pubblici,
applicabile alla fattispecie ratione temporis.