IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         Sezione Seconda Bis 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di registro  generale  2127  del  2015,  integrato  da  motivi
aggiunti, proposto da: 
      Donatella Casini, in proprio e nella qualita'  di  l.r.p.t.  di
Farmacie di Ferentino S.r.l. rappresentata e  difesa  dagli  avvocati
Paolo Tesauro, Stefano Vinti, Giovanna De Santis e Filippo  D'Angelo,
con domicilio eletto presso lo  studio  dell'avv.  Stefano  Vinti  in
Roma, via Emilia n. 88; 
      Contro Comune  di  Ferentino,  in  persona  del  sindaco  p.t.,
rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano  Ciulli,  con  domicilio
eletto presso lo studio legale Grez & Associati S.r.l. in Roma, corso
Vittorio Emanuele II n. 18; 
    Per l'annullamento della delibera del Consiglio  comunale  n.  44
del  19  dicembre  2014  avente  ad  oggetto:  societa'   partecipata
«Farmacie di Ferentino S.r.l.» ripiano perdita di esercizio 2013  con
ricostruzione del capitale minimo legale ed alienazione  della  quota
del 51% di capitale di proprieta' comunale; 
    Nonche', in seguito alla proposizione di motivi  aggiunti:  della
delibera della Giunta comunale n. 119 del 3 novembre 2016; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ferentino; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  15  febbraio  2017  il
dott.  Antonio  Andolfi  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, Cod. proc. amm.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    Con ricorso notificato al Comune di Ferentino il 3 febbraio 2015,
la ricorrente impugna la deliberazione del consiglio comunale  numero
44 del 19 dicembre 2014, affissa all'albo  pretorio  comunale  il  20
dicembre 2014, avente ad oggetto la societa' partecipata «Farmacie di
Ferentino» societa' a responsabilita' limitata. 
    Con  il  provvedimento  impugnato,  il   comune   resistente   ha
individuato,  quale  modello  di  gestione  ottimale  delle  farmacie
comunali, l'affidamento in concessione, ai  sensi  dell'art.  30  del
decreto legislativo numero 163 del 2006. Di conseguenza ha  stabilito
la  cessione  della  partecipazione   detenuta   dall'amministrazione
comunale nell'ambito della societa' «Farmacie di Ferentino», mediante
una  procedura  ad  evidenza   pubblica   a   doppio   oggetto,   per
l'individuazione del soggetto privato cui trasferire  la  titolarita'
della quota di partecipazione,  pari  al  51%,  attualmente  detenuta
nella societa' mista, con il contestuale affidamento  in  concessione
della  farmacia  comunale  per  la  durata  di  5  anni,  tacitamente
rinnovabili per altri 5. 
    Espone la ricorrente che il Comune  di  Ferentino,  con  delibera
consiliare del 5 agosto 2004, aveva approvato la costituzione di  una
societa' partecipata  per  la  gestione  del  servizio  farmaceutico,
stabilendo la cessione di una quota di  essa  a  un  farmacista  gia'
impiegato presso la farmacia comunale. 
    La delibera era stata adottata in applicazione dell'art. 9  della
legge numero 475 del 1968, come modificato dall'art. 10  della  legge
numero 362 del 1991, che consente la gestione delle farmacie comunali
a mezzo di  societa'  di  capitali  costituite  tra  il  Comune  e  i
farmacisti  che,  al  momento  della  costituzione  della   societa',
prestino servizio presso tali farmacie. All'atto  della  costituzione
della societa', cessa il rapporto di lavoro dipendente tra il  Comune
e gli anzidetti farmacisti. 
    Quindi, in attuazione della suddetta delibera,  il  comune  aveva
costituito una societa'  a  responsabilita'  limitata,  conferendo  a
capitale attivita' e beni e aveva ceduto, il 4 marzo 2005, il 49% del
capitale  sociale   alla   dottoressa   Donatella   Casini,   attuale
ricorrente, nella qualita' di farmacista dipendente. 
    La societa' risultava, di conseguenza, partecipata per il 51% dal
Comune di Ferentino  e  per  il  49%  dalla  dottoressa  Casini  che,
conformemente alle previsioni di legge,  rinunciava  al  rapporto  di
lavoro dipendente con l'amministrazione comunale versando  una  somma
pari a circa EUR  700.000  per  l'acquisizione  della  partecipazione
sociale. 
    Le gravi difficolta' economiche in cui era  incorsa  la  gestione
della farmacia, prossima allo  stato  di  insolvenza,  inducevano  la
dottoressa Casini a rinunciare  a  una  parte  del  proprio  credito,
dell'importo  di €  306.425,  al  fine   di   azzerare   la   perdita
finanziaria, senza modificare le  quote  di  partecipazione  sociale.
L'amministrazione comunale, ignorando la  proposta  dell'interessata,
con  la  deliberazione  consiliare  impugnata  decideva,  invece,  di
dismettere la propria partecipazione societaria, ai  sensi  dell'art.
1, comma 568-bis, B, della legge numero 147 del 2013. 
    Con  il  primo  motivo  di  impugnazione,  la  ricorrente  deduce
violazione dell'art. 9, comma 1, della legge numero 475  del  1968  e
dell'art. 1, commi 568-bis e 568-ter della legge numero 147 del 2013,
oltre  che  violazione  del  principio  di   tutela   del   legittimo
affidamento  per  eccesso  di  potere  per  illogicita',  errore  sui
presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione,  sviamento  dal
fine. 
    Ad avviso della ricorrente, l'art. 9, comma 1, della legge numero
475 del  1968  consentirebbe  la  gestione  delle  farmacie  comunali
esclusivamente nelle seguenti modalita', da intendersi tassative:  in
economia; a mezzo di  azienda  speciale;  a  mezzo  di  consorzi  tra
comuni; a mezzo di societa' di capitali costituite tra il Comune e  i
farmacisti  che,  al  momento  della  costituzione  della   societa',
prestino  servizio  presso  farmacie  di  cui  il  Comune  abbia   la
titolarita'. 
    Il modello della concessione a terzi, previo espletamento di  una
gara pubblica, non sarebbe riconducibile a nessuna di tali  legittime
modalita' di esercizio. 
    La giurisprudenza  confermerebbe  la  tesi  della  illegittimita'
della separazione  tra  titolarita'  della  gestione  delle  farmacie
comunali e esercizio delle stesse  in  concessione;  al  riguardo  la
ricorrente richiama la sentenza del TAR Piemonte numero 767 del 2013. 
    Inoltre, il Comune non avrebbe motivato le ragioni dell'abbandono
del modello gestionale legittimamente seguito, neppure  motivando  la
mancata considerazione della proposta formulata dalla interessata  di
finanziare la  perdita  in  cui  versa  la  gestione  della  farmacia
comunale mediante il conferimento di una somma di  denaro  pari  a  €
306.425. 
    Con il 2° motivo, la ricorrente deduce violazione, sotto  diverso
profilo, dell'art. 9, comma 1, della legge  numero  475  del  1968  e
dell'art. 1, commi 568-bis e 568-ter della legge numero 147 del 2013;
violazione degli articoli 35 e 41 della Costituzione e violazione del
principio di tutela del legittimo affidamento oltre  che  eccesso  di
potere sotto svariati profili. 
    L'indizione di una gara a doppio oggetto per l'alienazione  della
quota  societaria  e  la   contestuale   concessione   del   servizio
farmaceutico comunale alla societa'  Farmacie  di  Ferentino  per  la
durata di 5  anni  sarebbe  illegittima,  per  sottrazione  al  socio
privato del diritto di gestire il servizio farmaceutico  comunale  in
conformita' allo statuto della societa'. 
    L'autorizzazione  all'apertura  di  una  farmacia  non   dovrebbe
prevedere  alcun  limite  temporale  all'esercizio   della   relativa
attivita' ed infatti lo  statuto  della  societa'  a  responsabilita'
limitata «Farmacie di Ferentino», regolato  dalle  norme  del  Codice
civile, prevede che la durata della societa' sia fissata fino  al  31
dicembre 2104. Di conseguenza, l'art. 1, comma  568-bis  della  legge
numero 147 del 2013,  che  prevede  l'assegnazione  del  servizio  in
concessione per la durata  di  5  anni,  sarebbe  inapplicabile  alle
societa' miste costituite per la gestione del servizio farmaceutico. 
    La norma sarebbe stata dettata per fattispecie del tutto diverse,
in relazione  a  servizi  destinati  ad  essere  svolti  in  un  arco
temporale limitato. Ad avviso della ricorrente,  il  Comune,  qualora
avesse voluto dismettere la partecipazione detenuta  nella  societa',
avrebbe  dovuto  indire  una  gara  al  solo  fine   dell'alienazione
definitiva della propria quota, consentendo al socio di minoranza  di
esercitare  il  diritto  di  prelazione   e   continuare,   a   tempo
indeterminato, la gestione della farmacia. 
    Il fatto che la ricorrente sia divenuta  socia  dell'impresa  che
gestisce la farmacia comunale  rinunciando  al  proprio  rapporto  di
lavoro dipendente e mediante il conferimento di una  somma  di  circa
EUR 700.000 dimostrerebbe che la delibera comunale  impugnata  e'  in
contrasto con i principi costituzionali di  tutela  del  lavoro,  del
risparmio, degli investimenti e  della  libera  iniziativa  economica
oltre che della proprieta' privata. Risulterebbe  evidente,  infatti,
la gravissima perdita  economica  derivante  alla  interessata  dalla
deliberata concessione della gestione del servizio  farmaceutico  per
un periodo limitato a soli 5 anni, sproporzionato rispetto al  valore
della partecipazione a carico del socio privato. 
    Il Comune di Ferentino si costituisce in giudizio  per  resistere
al ricorso ed eccepisce la grave situazione di crisi finanziaria, con
continue perdite di esercizio, registrata nei bilanci  societari  dal
2009 al 2013; pertanto, con la delibera impugnata numero  44  del  19
dicembre 2014, si decideva di dare  applicazione  all'art.  1,  comma
568-bis, della legge 27 dicembre 2013  numero  147;  in  particolare,
veniva disposta l'alienazione della quota di partecipazione  detenuta
dall'ente  territoriale  nella  societa'  previa  approvazione  della
copertura della perdita relativa al bilancio d'esercizio  2013  della
societa' a responsabilita' limitata «Farmacie di Ferentino», pari  ad
€ 306.425, mediante azzeramento del capitale sociale e attraverso  il
versamento di € 306.425 da suddividere in quota  parte  tra  i  soci;
veniva approvata, altresi', la ricostituzione  del  capitale  sociale
minimo dell'importo di € 10.000, veniva riconosciuta la  legittimita'
del debito fuori bilancio  connesso  all'azione  di  copertura  della
perdita  della  societa'  e  veniva  individuato,  quale  modello  di
gestione  ottimale  delle   farmacie   comunali,   l'affidamento   in
concessione  del  servizio,  ai  sensi  dell'art.  30   del   decreto
legislativo  numero  163  del  2006,  a  favore  della   societa'   a
responsabilita' limitata «Farmacie di  Ferentino»,  con  la  cessione
della partecipazione detenuta  dal  Comune  a  soggetti  privati;  la
durata della concessione,  conformemente  a  quanto  stabilito  dalla
legge, e' prevista per 5 anni, tacitamente rinnovabili per  ulteriori
5, salvo l'accertamento da parte dell'ente di  contrarie  ragioni  di
pubblica utilita'; al socio privato, in riferimento alla  dismissione
da parte  del  Comune  della  propria  quota  di  partecipazione,  e'
riconosciuto il diritto di prelazione,  come  stabilito  dalla  legge
nonche' dall'art. 9 dello statuto societario,  diritto  che  consiste
nella facolta' di acquisire la partecipazione dell'ente alle medesime
condizioni offerte da colui che sara' risultato il miglior  offerente
nell'ambito della procedura ad evidenza pubblica a doppio oggetto. Le
differenti previsioni sull'esercizio del  diritto  di  prelazione  da
parte  del  socio  privato,  contenute  nell'art.  9  dello   statuto
societario, venivano dichiarate inapplicabili in quanto incompatibili
con i principi dell'evidenza pubblica. 
    Successivamente, il Comune curava la redazione di una perizia  di
stima  asseverata  per  determinare  il   valore   della   quota   di
partecipazione da esso detenuta al fine dell'indizione della  gara  a
doppio oggetto. Emergeva un valore negativo di patrimonio  societario
netto rettificato pari ad € -936.514, per cui il Comune  valutava  in
euro 10.000 il valore della quota  di  partecipazione  societaria  da
dismettere, determinando in € 75.500 il canone annuo di  concessione.
Il Comune acquisiva anche il  parere  favorevole  alla  procedura  di
alienazione espresso dalla Sezione regionale di controllo della Corte
dei conti. 
    Pertanto, con deliberazione della giunta comunale numero 119  del
3 novembre 2016, veniva  deliberato  di  procedere  alla  alienazione
della quota di partecipazione  detenuta  dal  Comune  nella  societa'
«Farmacie di Ferentino», pari al 51%  del  capitale  con  contestuale
concessione  del  servizio  delle  farmacie  comunali  alla  medesima
societa' per  la  durata  di  5  anni,  tacitamente  rinnovabile  per
ulteriori  5  anni,  incaricando  il  dirigente  dell'area   comunale
economico  finanziaria  del  compimento  di  tutti  gli   adempimenti
necessari. 
    Il Comune, quindi, eccepisce l'infondatezza di tutte  le  censure
mosse al provvedimento impugnato che sarebbe conforme alle previsioni
di legge e adottato in esito  a  una  approfondita  istruttoria,  nel
legittimo esercizio della discrezionalita' amministrativa.  Anche  il
Comune richiama giurisprudenza amministrativa a conforto  della  tesi
difensiva (Consiglio di Stato, sentenza numero 5587 del 2014). 
    La deliberazione numero 119 del 2016 e' impugnata con ricorso per
motivi aggiunti dalla ricorrente, per illegittimita'  derivata  dagli
stessi vizi che invaliderebbero la precedente deliberazione numero 44
del 2014, impugnata con il ricorso introduttivo. 
    Il Comune di Ferentino  si  costituisce  anche  in  relazione  ai
motivi aggiunti, richiamando l'orientamento  giurisprudenziale,  gia'
espresso dal Consiglio di Stato con sentenza numero 5587 del  2014  e
condiviso dall'Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici  con  la
deliberazione numero 15 del 23 aprile 2014 per il quale l'affidamento
in  concessione  a  terzi  della  gestione  delle  farmacie  comunali
attraverso procedure di evidenza pubblica costituirebbe la  modalita'
ordinaria  per  la  scelta  di  un  soggetto  diverso  dalla   stessa
amministrazione che intenda svolgere il servizio pubblico. 
    La legittimita' della procedura  sarebbe  confermata  anche  alla
luce della recente entrata in vigore del testo unico  in  materia  di
societa' a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo  19
agosto 2016, numero 175  che,  all'art.  20,  comma  6,  conferma  la
disposizione sulla dismissione delle partecipazioni societarie. 
    All'udienza pubblica del 15 febbraio 2017 il ricorso e'  trattato
e posto in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    Con  il  provvedimento  impugnato,  il   Comune   resistente   ha
individuato,  quale  modello  di  gestione  ottimale  delle  farmacie
comunali, l'affidamento in concessione, ai  sensi  dell'art.  30  del
decreto legislativo numero 163 del 2006, stabilendo, di  conseguenza,
la  cessione  della  partecipazione   detenuta   dall'amministrazione
comunale nell'ambito della societa' «Farmacie di Ferentino»,  attuale
gestore della farmacia comunale. 
    Detta societa' era stata costituita ai sensi  dell'art.  9  della
legge numero 475 del 1968, come modificato dall'art. 10  della  legge
numero 362 del 1991, che consente la gestione delle farmacie comunali
a mezzo di  societa'  di  capitali  costituite  tra  il  Comune  e  i
farmacisti  che,  al  momento  della  costituzione  della   societa',
prestino servizio presso  tali  farmacie,  i  quali,  all'atto  della
costituzione  della  societa',  cessano  dal   rapporto   di   lavoro
dipendente con il Comune. 
    In applicazione di tale norma era stata, quindi,  costituita  una
societa' a responsabilita' limitata,  conferendo  al  capitale  della
stessa attivita' e beni, con cessione del 49%  del  capitale  sociale
alla dottoressa Donatella Casini, attuale ricorrente, nella  qualita'
di farmacista dipendente, con contestuale cessazione dal rapporto  di
lavoro dipendente a tempo indeterminato quale farmacista. 
    La societa' risultava, di conseguenza, partecipata per il 51% dal
Comune di Ferentino e per il 49% dalla dottoressa  Casini  la  quale,
oltre a  rinunciare,  conformemente  alle  previsioni  di  legge,  al
rapporto di lavoro, versava una somma pari  a  circa  €  700.000  per
l'acquisizione della partecipazione sociale. 
    In  ragione  delle  difficolta'  economiche  caratterizzanti   la
gestione della farmacia, il Comune di Ferentino ha,  dunque,  con  la
gravata  delibera,  deciso  di  avviare  una  procedura  ad  evidenza
pubblica a doppio oggetto, per l'individuazione del soggetto  privato
cui trasferire la titolarita' della quota di partecipazione, pari  al
51%, attualmente detenuta nella societa' mista,  con  il  contestuale
affidamento in concessione della farmacia comunale per la durata di 5
anni, tacitamente rinnovabili per altri 5. 
    L'art. 30 del codice dei  contratti  pubblici,  oramai  abrogato,
disciplinava la concessione di servizi pubblici,  oggi  regolata  dal
decreto legislativo n. 50 del 2016. 
    La particolare modalita'  di  passaggio  dalla  gestione  diretta
della  farmacia,  mediante  societa'  mista  pubblico-privata,   alla
concessione di  servizio  pubblico  con  contestuale  privatizzazione
della societa' mista, e'  prevista  dalla  legge  n.  147  del  2013,
all'art. 1, comma 568-bis, comma inserito dall'art. 2, comma 1, lett.
a-bis), del decreto-legge  6  marzo  2014,  n.  16,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68 e in  vigore  dal  20
giugno 2015. 
    La  legge  cosi'  dispone,  al  comma  568-bis:   «Le   pubbliche
amministrazioni locali indicate nell'elenco di cui all'art. 1,  comma
3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive  modificazioni,
e le societa'  da  esse  controllate  direttamente  o  indirettamente
possono procedere: 
      a)  allo  scioglimento  della  societa',  consorzio  o  azienda
speciale controllata direttamente o indirettamente; 
      b)  all'alienazione,  a  condizione  che  questa  avvenga   con
procedura a evidenza pubblica deliberata non oltre dodici mesi ovvero
sia  in  corso  alla  data  di  entrata  in  vigore  della   presente
disposizione, delle partecipazioni detenute alla data di  entrata  in
vigore della presente disposizione e  alla  contestuale  assegnazione
del servizio per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014. In caso
di societa' mista, al socio privato detentore di una quota di  almeno
il 30 per cento  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione deve essere riconosciuto il diritto  di  prelazione.  Ai
fini  delle  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta  regionale  sulle
attivita' produttive, le plusvalenze non concorrono  alla  formazione
del reddito e del valore della produzione  netta  e  le  minusvalenze
sono deducibili nell'esercizio in cui sono realizzate e  nei  quattro
successivi.» 
    Con il primo motivo, la ricorrente deduce la inapplicabilita' del
modello della concessione a terzi, ai sensi dell'art. 30 del  decreto
legislativo  n.  163  del  2006,  per  la   gestione   del   servizio
farmaceutico comunale. Ad avviso della ricorrente,  la  legge  numero
475 del 1968, all'art. 9, comma 1, consentirebbe  la  gestione  delle
farmacie  comunali  esclusivamente  nelle  modalita',  da  intendersi
tassative, ivi indicate, e cioe' in  economia,  a  mezzo  di  azienda
speciale, mediante consorzi tra Comuni oppure con la costituzione  di
societa' di capitali miste tra il  Comune  e  i  farmacisti  gia'  in
servizio presso le farmacie di cui il Comune  abbia  la  titolarita',
non  potendo,  asseritamente,  procedersi  alla  separazione  tra  la
titolarita'  e  la  gestione  del  servizio  farmaceutico   comunale,
obiettivo invece espressamente perseguito con la gravata delibera. 
    Il motivo e' infondato. 
    L'indirizzo  giurisprudenziale  richiamato  dalla  ricorrente   a
sostegno della sua tesi,  espresso  dal  TAR  Piemonte  con  sentenza
numero 767 del 2013, e' stato superato  dal  prevalente  orientamento
della giurisprudenza che ha ritenuto non tassative  le  modalita'  di
gestione delle farmacie comunali indicate  dall'art.  9  della  legge
numero 475 del 1968. 
    Il Consiglio di Stato, in particolare,  con  la  sentenza  numero
5587 del 2014, ha ritenuto che non possa oramai piu'  essere  escluso
l'affidamento in concessione a terzi della  gestione  delle  farmacie
comunali, attraverso procedure di evidenza pubblica. 
    A tale conclusione si e' giunti in esito all'esame della generale
estensione del modello delle societa'  partecipate  nel  settore  dei
servizi pubblici locali e in base alla considerazione  che  i  comuni
possono non solo decidere di non svolgere la funzione di  farmacista,
ma anche optare per lo  svolgimento  di  una  modalita'  di  gestione
diversa rispetto a quelle originariamente previste dall'art. 9  della
legge  475  del  1968.  Tali  modalita'  diverse  si  caratterizzano,
appunto, per la scissione tra la titolarita' della farmacia e la  sua
gestione per cui, qualora un Comune ritenga di non  dover  utilizzare
per la gestione di  una  farmacia  comunale  i  sistemi  di  gestione
diretta disciplinati all'art. 9 della legge numero 475 del 1968, puo'
utilizzare  certamente  modalita'  diverse  di  gestione  anche   non
dirette, purche' l'esercizio  della  farmacia  avvenga  nel  rispetto
delle regole e dei vincoli imposti a tutela dell'interesse pubblico. 
    Condivisibilmente, dunque, la giurisprudenza  prevalente  ritiene
che l'affidamento in concessione a terzi, attraverso gare ad evidenza
pubblica, costituisca la modalita' ordinaria  per  la  scelta  di  un
soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un
servizio pubblico. 
    L'affidamento in concessione a terzi del servizio farmaceutico e'
stato ritenuto, inoltre, coerente con i principi comunitari per  cui,
quando un soggetto pubblico non provvede in proprio alla gestione  di
un servizio pubblico, e' tenuto comunque a rispettare le disposizioni
e  i  principi  contenuti  nel  Trattato  dell'Unione  europea  e  in
particolare  i  principi  di  non  discriminazione,  di  parita'   di
trattamento e di trasparenza, con il conseguente obbligo  di  attuare
procedure concorsuali che assicurino, nel caso di ricorso al mercato,
affidamenti nel rispetto del canone di imparzialita'. 
    Tale  orientamento  risulta  oramai  consolidato,  essendo  stato
confermato dalla piu' recente giurisprudenza  anche  di  primo  grado
(TAR Veneto, sezione I, 20 marzo 2014, n. 358; Tar Piemonte,  sezione
II, 29 gennaio 2016, numero 134; TAR Brescia, sezione  II,  1°  marzo
2016, numero 309) e a esso il Collegio ritiene giusto allinearsi. 
    Nella fattispecie, inoltre, la scelta  del  Comune  di  procedere
alla  dismissione  della  propria   partecipazione   nella   societa'
farmaceutica e alla  contestuale  concessione  del  servizio  risulta
ampiamente motivata, con riferimento alla gestione in  perdita  della
farmacia  comunale,  oltre  che  adottata  in  esito  a  un'ampia   e
approfondita istruttoria condotta mediante l'acquisizione  di  pareri
redatti da esperti e societa' specializzate nel settore. 
    Con il 2° motivo, la  ricorrente  deduce  la  illegittimita'  del
provvedimento impugnato per violazione del principio  di  tutela  del
legittimo affidamento e dei principi costituzionali applicabili  alla
fattispecie. 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  la  gara  a  doppio  oggetto  per
l'alienazione della quota societaria e la contestuale concessione del
servizio farmaceutico, con diritto di prelazione a favore  del  socio
privato, sarebbe in contrasto con i principi costituzionali di tutela
del  lavoro,  del  risparmio,  degli  investimenti  e  della   libera
iniziativa economica, cagionando  un  gravissimo  danno  patrimoniale
alla ricorrente  che,  avendo  costituito  la  societa'  mediante  il
conferimento di un capitale pari a circa € 700.000 nella  prospettiva
di poter gestire il servizio a tempo indeterminato, e comunque per la
durata  della  societa'  fissata  fino  al  2104,  vedrebbe  il   suo
investimento pregiudicato dalla durata  estremamente  limitata  della
concessione, fissata in soli 5 anni,  eventualmente  prorogabili  per
altri 5. 
    A  giudizio  del   Collegio,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale della norma applicabile alla fattispecie e'  rilevante
e non manifestamente infondata. 
    La rilevanza  della  questione  discende  dalla  necessita',  per
risolvere la controversia, di interpretare l'art. 1,  comma  568-bis,
della legge numero 147  del  2013  che  consente  all'amministrazione
comunale la dismissione della quota societaria mediante procedura  ad
evidenza pubblica con la contestuale concessione del servizio, per un
tempo limitato,  alla  societa'  destinata  ad  essere  completamente
privatizzata. 
    Il  provvedimento  impugnato  e'   strettamente   conforme   alla
disposizione legislativa richiamata, che consente il ricorso  a  tale
modello di affidamento del servizio, per cui il giudizio su  di  esso
dipende   necessariamente   dalla   valutazione    di    legittimita'
costituzionale della norma recata dalla legge. 
    Al riguardo, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 568-bis, della legge  numero  147  del  2013,  per
contrasto con l'art. 41 della Costituzione che riconosce la  liberta'
dell'iniziativa economica privata e con l'art. 47 della  Costituzione
per cui la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio  in  tutte  le
sue forme. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale  derivano  dalle  seguenti
considerazioni. 
    La norma applicata dall'Amministrazione e' indubbiamente ispirata
alla  condivisibile  finalita'   del   perseguimento   dell'interesse
pubblico, con la massima intensita' possibile. 
    Essa consente alle  pubbliche  amministrazioni  di  uscire  dalle
societa' controllate, ossia di  liberarsi  dalle  partecipazioni  non
strategiche,  cedendo  le  quote  possedute  mediante  procedure   ad
evidenza pubblica  negli  intervalli  temporali  previsti  dai  commi
568-bis e 569 dell'art. 1 legge n. 147 del 2013. 
    Sulla materia e' successivamente intervenuto l'art. 1 della legge
23 dicembre 2014, n. 190 (legge stabilita' 2015), che ha ribadito  la
perdurante operativita' delle  norme  che  consentono  l'eliminazione
delle societa' e delle partecipazioni societarie  non  indispensabili
al perseguimento delle finalita' istituzionali, anche mediante  messa
in liquidazione o cessione, al fine di  assicurare  il  coordinamento
della  finanza  pubblica,  il  contenimento  della  spesa,  il   buon
andamento dell'azione amministrativa e la tutela della concorrenza  e
del mercato. 
    Il problema che si pone  all'interprete  della  norma  e'  se  il
Legislatore, nel prefigurare le suddette modalita'  di  perseguimento
dell'interesse  pubblico,  non  abbia  irragionevolmente  compromesso
l'affidamento e l'interesse del privato che,  prima  dell'entrata  in
vigore  della  norma,  abbia  aderito  al  progetto  di  partenariato
pubblico-privato per la gestione del servizio pubblico. 
    Nella fattispecie, si tratta di una farmacista,  gia'  dipendente
comunale, che ha rinunciato al rapporto di  lavoro  con  la  pubblica
amministrazione e ha sostenuto un considerevole sacrificio  economico
per costituire la societa' mista con l'amministrazione  comunale  per
la gestione del servizio farmaceutico. 
    Piu' in generale, puo' trattarsi di qualsiasi socio  privato  che
abbia aderito  alla  proposta  di  gestione  mista  pubblico-privata,
avanzata dalla pubblica amministrazione in una prospettiva  di  ampio
respiro  e  lungo  periodo,  tale  da  giustificare   un   importante
investimento finanziario. 
    La posizione del socio privato, che ha operato importanti  scelte
- quale quella, nel caso in esame, di rinunciare ad  un  rapporto  di
pubblico impiego e di versare una ingente somma di denaro,  maturando
un affidamento su un assetto di interessi destinato a valere  per  un
lungo  periodo  -  appare  invero  ingiustamente  sacrificata   dalla
previsione legislativa che consente di porre nel nulla  l'affidamento
riposto dal socio privato nella durata del rapporto sociale. 
    Una norma, quale il citato comma 568-bis, che pur riconoscendo al
socio privato il diritto di prelazione sulla quota di  partecipazione
societaria dismessa dall'amministrazione pubblica e  pur  trasferendo
alla  societa'  risultante  dalla  procedura  di  privatizzazione  la
gestione del servizio in  modalita'  concessoria,  limita  la  durata
della concessione a soli 5 anni, eventualmente prorogabili per  altri
5 ricorrendone i presupposti di pubblico interesse,  sembra  incidere
in modo irragionevole sul legittimo affidamento  nella  certezza  dei
rapporti e  nella  sicurezza  giuridica  che  costituisce  l'elemento
fondamentale dello Stato di diritto e la cornice indispensabile entro
la quale  puo'  essere  esercitata  l'iniziativa  economica  privata.
Inoltre, non tenendo conto della consistenza del sacrificio economico
sostenuto dal socio privato, la legge sembra venir  meno  anche  alla
finalita' di tutela del risparmio, in tutte  le  sue  forme,  imposta
dalla  Carta  costituzionale,  intervenendo  d'autorita',  in   senso
riduttivo,  sul  valore  dell'investimento  sostenuto   dal   privato
confidando sulla affidabilita' del  patto  sociale  sottoscritto  con
l'amministrazione comunale. 
    Il principio di diritto costituzionale della cui  lesione  dubita
il Collegio appare, d'altra parte, recepito dal recente  Testo  Unico
in materia di societa' a partecipazione pubblica, decreto legislativo
19  agosto  2016,  numero  175  che,  all'art.  17,  comma   3,   nel
disciplinare le societa'  a  partecipazione  mista  pubblico-privata,
stabilisce che la durata della partecipazione privata nella  societa'
non possa essere  superiore  alla  durata  della  concessione,  cosi'
riconoscendo, implicitamente, che al privato non puo' essere  imposto
un impegno nella societa' partecipata per un periodo  piu'  lungo  di
quello per il quale a tale societa' viene concesso l'esercizio di  un
servizio pubblico. 
    La legge della cui costituzionalita' si  dubita,  invece,  sembra
ignorare  tale  fondamentale  correlazione,  intervenendo  in   senso
restrittivo e riduttivo sul  periodo  di  svolgimento  del  servizio,
limitato a 5 anni, eventualmente prorogabile, senza tener  conto  del
fatto che, in casi come quello oggetto della controversia, era  stata
stabilita una durata della societa' mista quasi secolare,  inducendo,
di conseguenza, il socio privato a  commisurare  il  proprio  impegno
economico  e  lavorativo  ad  una  prospettiva   di   lungo   periodo
inopinatamente venuta meno. 
    Lo  scrutinio  di  illegittimita'  costituzionale  della   norma,
secondo questo giudice remittente, deve essere dunque effettuato  con
riferimento ai  richiamati  articoli  della  Costituzione,  sotto  il
profilo della possibilita' per  il  legislatore  di  introdurre  -  a
fronte di una posizione del privato consolidatasi per effetto di  una
precisa norma primaria, che ha comportato  anche  a  carico  di  tale
soggetto  un  esborso  non  irrilevante  di  somme  di  denaro  e  la
cessazione di un rapporto di impiego pubblico (ai sensi  dell'art.  9
della legge n. 475 del 1968) - la possibilita' per  l'Amministrazione
di recedere dal rapporto di affidamento della gestione della farmacia
comunale  previamente  attuato  attraverso  la  costituzione  di  una
societa'  con  un  socio  privato,  pregiudicando  la  posizione   di
quest'ultimo attraverso la  previsione  di  una  concessione  per  la
durata di soli cinque anni, prorogabili per una  volta,  riconoscendo
al privato unicamente la possibilita' di  esercitare  il  diritto  di
prelazione al  prezzo  del  migliore  offerente  nella  procedura  ad
evidenza pubblica a doppio oggetto, con conseguente necessita' di  un
ulteriore esborso economico a fronte  di  una  ridotta  durata  della
concessione. 
    Il  profilo  di  irragionevolezza  della  norma,  laddove  va  ad
incidere anche su societa' costituite  ai  sensi  dell'art.  9  della
legge  n.  475  del  1968,  va  valutato  anche  in  relazione   alla
possibilita' alternativa, non prevista dal Legislatore, di consentire
- al fine di  assicurare  comunque  il  coordinamento  della  finanza
pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento  dell'azione
amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato - la  sola
dismissione delle  quote  societarie  comunali,  senza  incidere  sul
rapporto  gia'  in  essere,  operando  una  mera  successione   nella
titolarita' di tali quote  secondo  procedure  ad  evidenza  pubblica
mantenendo inalterato il precedente assetto, in luogo  della  gara  a
doppio oggetto con previsione di una durata della concessione di soli
cinque anni e il riconoscimento al  socio  privato  unicamente  della
possibilita'  di  esercitare  il  diritto  di  prelazione,  cosi   da
pregiudicarne la posizione di socio in una societa',  precedentemente
costituita ai sensi del citato art. 9 della legge n.  475  del  1968,
svuotando di contenuto l'oggetto della  societa'  stessa,  costituito
dalla gestione della farmacia comunale, destinata in origine  ad  una
durata maggiore tale da  giustificare  l'investimento  economico  del
socio privato e la rinuncia  dello  stesso  alla  titolarita'  di  un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 
    Al  riguardo,  non  ignora  il  Collegio  che  il  principio   di
irretroattivita' della legge, sancito dall'art. 11 delle disposizioni
preliminari  al  codice  civile,  ha   ricevuto   «copertura»   dalla
Costituzione solo con riferimento alle leggi penali. 
    Tuttavia, la stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale  ha
insegnato come la (pur possibile) retroattivita' (ovvero applicazione
ex novo di una normativa sopravvenuta  a  situazioni  preesistenti  e
diversamente regolate) incontri un limite nei principi di eguaglianza
e di ragionevolezza, stigmatizzandosi norme di legge che incidono  in
modo irragionevole  sul  legittimo  affidamento  nella  certezza  dei
rapporti giuridici, che costituisce elemento fondamentale dello Stato
di diritto (Corte Cost., 11 giugno 2010 n. 209). 
    Al riguardo, occorre ricordare come la Consulta (sentenza n.  124
del 2010) abbia statuito che  un  intervento  legislativo  diretto  a
regolare situazioni pregresse e' legittimo a condizione  che  vengano
rispettati i canoni costituzionali di  ragionevolezza  e  i  principi
generali di tutela del legittimo  affidamento  e  di  certezza  delle
situazioni  giuridiche  laddove  vi  sia  una  situazione   giuridica
consolidata in capo al richiedente, come avviene nella fattispecie in
esame. 
    A cio' occorre aggiungere, nel caso di  specie,  che  l'incidenza
sulla  posizione  del  socio  privato  interviene  sacrificando   una
posizione per il conseguimento della quale lo  stesso  ha  esercitato
una facolta' a titolo oneroso, senza che la nuova disciplina  preveda
una  qualche  norma  transitoria   o   derogatoria   per   situazioni
specifiche, quale quella in esame, o un  qualche  indennizzo  per  il
sacrificio successivamente imposto attraverso il ricorso  al  modello
della concessione ai sensi dell'art. 30 del  decreto  legislativo  n.
163 del 2006 mediante gara a doppio oggetto. 
    Deve,  inoltre,  considerarsi  che   la   norma   sospettata   di
illegittimita' costituzionale  consente  la  modifica  unilaterale  -
attraverso   la   dismissione   delle   quote   societarie   detenute
dall'Amministrazione Comunale  e  l'affidamento  in  concessione  del
servizio  farmaceutico  alla  societa'  derivante  dalla  conseguente
modifica soggettiva nella  titolarita'  delle  quote  -  dell'oggetto
sociale della societa' precedentemente costituita ai sensi  dell'art.
9 della legge n. 475  del  1968  ponendo  il  socio  privato  in  una
posatone di mera soggezione rispetto a tale scelta,  laddove  sarebbe
piu'  rispondente  ai   principi   di   correttezza   e   di   tutela
dell'affidamento nell'assetto di interessi attuato in applicazione di
una  norma  primaria   consentire   alle   Amministrazioni   comunali
unicamente lo scioglimento  della  societa'  controllata  -  facolta'
prevista dalla lettera a) del comma 568-bis della legge  n.  147  del
2013 - con ogni conseguenza ai fini della liquidazione delle quote  a
ciascuno spettanti,  ovvero  la  mera  alienazione  delle  quote  con
procedura ad evidenza pubblica  lasciando  inalterato  il  precedente
assetto di interessi,  cosi'  attuando  una  mera  successione  nella
titolarita' delle  quote  societarie  in  quanto  compatibile  con  i
principi eurocomunitari. 
    Per tutte le ragioni  esposte,  questo  Tribunale  amministrativo
regionale, accertata l'infondatezza del primo motivo di impugnazione,
ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 568-bis,  della  legge
numero 147 del 2013, per violazione degli  articoli  41  e  47  della
Costituzione. 
    La rimessione degli atti alla Corte  Costituzionale  comporta  la
sospensione del processo in corso.