IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CHIETI Il Giudice esecuzioni mobiliari nella persona del G.O.T. dott.ssa Sofia Nanni, a scioglimento della riserva che precede; Ritenuta la propria competenza; Visti gli atti contenuti nel fascicolo e le richieste avanzate dalle parti, in particolar modo la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa del debitore, osserva quanto segue. L'oggetto della procedura riguarda un pignoramento presso terzi (presso il datore di lavoro) da parte della Banca Coopcredito sc. Arl per un credito vantato di Euro 3.879,66 per rimborso compensi professionali oltre iva e cpa in forza della sentenza n. 61/13 emessa dal Tribunale di Chieti e nella quale il sig. Landolino Lorenzo, quale titolare della ditta individuale «Big Moda» corrente in Chieti, veniva condannato alla rifusione delle spese di giudizio sostenute da parte attorea e liquidate in Euro 295,12 per spese ed Euro 2.500,00 per compenso professionale oltre iva e cpa come per legge. La difesa del debitore Avv. Gaetano Mimola ha proposto opposizione al pignoramento dello stipendio mensile di euro 538,00 netti percepito dal suo assistito, lavoratore dipendente, sollevando questione di legittimita' costituzionale in relazione agli articoli 3 e 36 Costituzione dell'art. 545 commi 3 e 4 c.p.c. (crediti impignorabili) laddove non prevede l'impignorabilita' assoluta di quella parte della retribuzione necessaria a garantire al lavoratore i mezzi indispensabili alle sue primarie esigenze di vita ed in relazione al diverso trattamento accordato al pensionato, il quale pur non prestando piu' attivita' lavorativa, riceve una tutela maggiore rispetto ad un lavoratore attivo. Nello specifico viene lamentato che l'art. 545 codice di procedura civile non prevede un limite minimo impignorabile necessario a garantire al lavoratore una retribuzione «in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' e alla propria famiglia un'esistenza libera e dignitosa» ed idonea a fornirgli «i mezzi adeguati alle sue esigenze di vita». Cio' crea dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'art. 545 codice di procedura civile in relazione all'art 36 Costituzione nella parte in cui non prevede l'impignorabilita' assoluta della retribuzione al di sotto del minimo vitale, creandosi cosi' un grave pregiudizio a quei lavoratori che hanno gia' una bassa retribuzione appena sufficiente a soddisfare le esigenze primarie di vita, da ritenersi prevalenti rispetto all'interesse meramente economico dei creditori. E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 545 codice di procedura civile anche in relazione al diverso e ingiustificato trattamento riservato al pignoramento di somme tenute a titolo di pensioni e/o indennita' delle pensioni. La Corte costituzionale con sentenza n. 506 del 4 dicembre 2002 affermava la pignorabilita' solo di quella parte della pensione che non sia necessaria a garantire al pensionato mezzi adeguati alle sue esigenze di vita. Con decreto-legge 27 giugno 2015 n. 83 veniva sancito il limite della pignorabilita' nella misura corrispondente massima mensile dell'assegno sociale aumentato della meta'. La parte eccedente tale ammontare e' pignorabile. Quindi l'importo non pignorabile e' pari ad euro 672,00 circa. Tale trattamento e' riserva o solo al pensione o e non anche al lavoratore dipendente. Tale differenza di trattamento non ha ragione di esistere ancor piu' se si considera la natura di retribuzione differita riconosciuta alle pensioni ordinane dalla Corte costituzionale. E' evidente violazione dell'art. 3 Costituzione comma 1 con riferimento al diverso trattamento che riguarda il pensionato, quale riceve una tutela maggiore, rispetto ad un lavoratore, non garantito nel limite di vitale sopravvivenza. La difesa del debitore pone l'attenzione e solleva questione di legittimita' costituzione e anche sulla disparita' di trattamento giuridico che si viene a determinare tra il pignoramento della retribuzione effettuato alla fonte presso il datare di lavoro e quello effettuato sulle stesse somme confluite anteriormente a pignoramento su conto corrente. Senza un ragionevole motivo viene violato il principio di uguaglianza sancito dall'art 3 Costituzione. La difesa del creditore Avv. Michelangelo Roberta ha invece rilevato che la presunta disparita' di trattamento rispetto allo stipendio mensile del lavoratore si' traduce nell'applicazione del principio di ragionevolezza in quanto si rende necessario contemperare interessi opposti: quelli del creditore, a cui dev'essere saldato il debito, e quelli del pensionato a cui devi essere garantito il minimo vitale. La pensione e' connotata, a parere della difesa del creditore, al principio di solidarieta' e pertanto per la stessa e' disposto un trattamento privilegiato non estensibile alle retribuzioni lavorative. Allo scrivente appaiono meritevoli di accoglimento le motivazioni poste a fondamento delle sollevate questioni di incostituzionalita' dell'art. 545 commi 3 e 4 in relazione agli articoli 3 e 36 Cost, proprio in forza anche della sentenza della Corte costituzionale n. 111/1981, di fronte a situazioni obiettivamente omogenee si ha una disciplina giuridica differenziata, determinando discriminazioni arbitrarie ed ingiustificate».