IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 8540 del 2016, proposto dai signori: 
    Pasquale Mancuso, Satta Maurizio, Celotto Ferdinando, Del Giudice
Alessandro,  Peragine   Giovanni,   Palladino   Saverio,   Colasuonno
Francesco, Giuliani  Michele,  Rella  Giuseppe,  Sciacovelli  Nicola,
Liantonio Vito, Tetro Rocco,  Parrulli  Giovanni,  Tetro  Nicola,  De
Paola  Giacomo,  Stallone  Giuseppe,   Lauciello   Giuseppe,   Savino
Domenico, Regina Giuseppe,  Miracolo  Carmine,  Orgera  Pio  Giorgio,
Ambrosini David, Giordani Aldo,  Badalone  Vittorio,  Tarsi  Roberto,
Balestrieri Ferdinando, Sorrentino  Giuseppe,  Sorbo  Luca,  Molfetta
Vincenzo, rappresentati e difesi dagli avvocati  Francesco  Foggia  e
Luca Strazzullo e domiciliati ex lege (art. 25, comma 1, lettera  «a»
cod. proc. amm.) presso la Segreteria della III sezione del  TAR  del
Lazio in Roma, via Flaminia, 189; 
    Contro Ministero della difesa, Ministero della salute, Presidenza
del Consiglio dei ministri, Ministero per la pubblica amministrazione
e la semplificazione, Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi
per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso  la  medesima
domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Sul ricorso numero di registro generale 8541 del  2016,  proposto
dai signori: 
        Franco Minucci,  Barbato  Nino,  Roccella  Antonio,  Facciuto
Antonio,  Facciuto  Michele,  Depaola  Francesco,  Stallone  Michele,
Legrottaglie Angelo Antonio, Falcicchio  Vito,  Falcicchio  Domenico,
Sinisi Angelantonio,  Consalvi  Augusto,  Vitiello  Brunello,  Cianci
Potito, Setth  Massimiliano,  Del  Giudice  Antonio,  Troisi  Sergio,
Corsano Luciano, Gregori Antonio, Iadevaia Angelo, De Luca Francesco,
Improta Ciro, Luongo Federico,  Fabiani  Marco,  Lucarelli  Giuseppe,
rappresentati e difesi dagli avvocati  Luca  Strazzullo  e  Francesco
Foggia e domiciliati ex lege presso la Segreteria della  III  sezione
del Tar del Lazio in Roma, via Flaminia, 189; 
    Contro Ministero della difesa, Ministero della salute,  Ministero
per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Presidenza  del
Consiglio dei ministri, Ente Strumentale alla Croce  Rossa  Italiana,
in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per
legge dall'Avvocatura Generale  Dello  Stato  e  presso  la  medesima
domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Per l'annullamento: 
quanto al ricorso n. 8540 del 2016: 
    del decreto emesso in data  25  marzo  2016,  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana - Serie generale - n. 155 del 5 luglio 2016
recante «Criteri e  modalita'  di  equiparazione  fra  i  livelli  di
inquadramento del personale gia' appartenente  al  Corpo  militare  e
quelli previsti dal contratto collettivo relativo al personale civile
con contratto a tempo determinato della Associazione  Italiana  della
Croce Rossa», nonche' di ogni atto presupposto, connesso o collegato,
fra  cui  i  provvedimenti  individuali  di   congedo,   non   meglio
conosciuti; 
quanto al ricorso n. 8541 del 2016: 
    del medesimo decreto emesso  in  data  25  marzo  2016,  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 155  del  5
luglio 2016, nonche' di ogni atto presupposto, connesso o  collegato,
fra  cui  i  provvedimenti  individuali  di   congedo,   non   meglio
conosciuti; 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle  Amministrazioni
intimate; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2017  il  dott.
Achille Sinatra e uditi per  la  parte  ricorrente  gli  avvocati  F.
Foggia e L.  Strazzullo,  nonche'  per  l'Amministrazione  resistente
l'avvocato dello Stato P. De Nuntis solo nella chiamata preliminare; 
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: 
 
                                Fatto 
 
    Con due successivi  ricorsi  (nn.  8540/16  e  8541/16,  entrambi
notificati il 21 luglio 2016) numerosi appartenenti al Corpo Militare
della Croce Rossa Italiana (C.R.I.) hanno impugnato  il  decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri  (adottato  su  proposta  del
Ministro della salute, di concerto con  i  Ministri  dell'economia  e
delle finanze, della difesa, nonche'  per  la  semplificazione  e  la
pubblica amministrazione) in data 25  marzo  2016,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repbblica italiana - Serie generale - n. 155
del 5 luglio 2016, recante «Criteri e modalita' di equiparazione  fra
livelli di inquadramento del personale, gia'  appartenente  al  corpo
militare e quelli  previsti  dal  contratto  collettivo  relativo  al
personale civile con contratto a tempo determinato della Croce  Rossa
Italiana», con fissazione della data di collocamento in  congedo  del
personale in questione, ai sensi dell'art. 5, comma  5,  del  decreto
legislativo   28   settembre   2012,   n.    178    (Riorganizzazione
dell'Associazione italiana della Croce  Rossa  -  C.R.I.  -  a  norma
dell'art. 2 della legge 4 novembre 2010, n.  183);  parimenti,  erano
resi oggetto di impugnativa «ogni atto  presupposto  ...  o  comunque
collegato», ivi compresi i pareri del Ministero  dell'economia  (nota
n. 7124 del 21 settembre 2015), del Ministero della difesa  (nota  n.
36224 del 23 settembre 2015) e della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica (note nn.  54978  del
30 settembre 2015; note DICA 13536 del 23 giugno 2016 e 11614 del  31
maggio 2016),  oltre  ai  conseguenti  provvedimenti  individuali  di
congedo, di estremi ancora non conosciuti. 
    Quanto  sopra,  nel  contesto  di  una  disposta   trasformazione
organizzativa dell'Ente, con liquidazione  del  soggetto  pubblico  e
istituzione  di  un'Associazione  privata,  destinata  a   conservare
dell'originario Corpo  militare  solo  un  nucleo  di  volontari  non
retribuiti. 
    In entrambe le impugnative (anche se non con identico ordine)  si
prospettano le seguenti argomentazioni difensive: 
        1) Violazione o falsa applicazione dell'art. 12  della  legge
28 ottobre 1986, n. 730; eccesso di potere  per  contrasto  fra  atti
interni ed esterni; illogicita' manifesta, tenuto conto delle ragioni
(eventi  calamitosi  degli  anni  '80),  che   avevano   indotto   il
legislatore ad istituire un ruolo speciale di personale  militare  ad
esaurimento, che non potrebbe venire meno per la mera  trasformazione
dell'ente pubblico in associazione di diritto privato,  tenuto  conto
del fatto che l'art. 1, comma 4, del citato  decreto  legislativo  n.
178 del 2012 indica fra  le  attivita'  dell'associazione  quella  di
«continuare a svolgere, in tempo di pace e in  conformita'  a  quanto
previsto dalle  vigenti  convenzioni  e  risoluzioni  internazionali,
servizi di assistenza sociale e di soccorso sanitario  in  favore  di
popolazioni,  anche  straniere,  in  occasioni  di  calamita'  e   di
situazioni di emergenza, di rilievo locale,  regionale,  nazionale  e
internazionale». Permanendo, infatti,  le  ragioni  di  servizio  che
avevano condotto all'istituzione del  ruolo  ad  esaurimento  di  cui
trattasi, non si sarebbe potuta disporre la  cessazione  dall'impiego
militare del personale ricorrente; 
        2) Violazione del codice di ordinamento militare; eccesso  di
potere per contrasto fra atti esterni, in quanto l'art. 5,  comma  5,
del decreto legislativo n. 178 del 2012 - disponendo il  collocamento
in congedo ex lege dell'intero personale militare - introdurrebbe per
quest'ultimo una tipologia di cessazione  dal  servizio  estranea  ad
ogni ipotesi tipica prevista dal predetto codice,  senza  abrogazione
dello stesso e senza deroga formale; 
        3) Violazione degli articoli 3, 4 e  97  della  Costituzione;
violazione dell'art. 31 del decreto  legislativo  n.  165  del  2001;
violazione del principio di ragionevolezza,  eccesso  di  potere  per
carenza assoluta di motivazione; sviamento, in quanto  la  cessazione
dell'ente pubblico non economico Croce Rossa Italiana e l'istituzione
dell'omonimo ente  morale  di  diritto  privato  non  avrebbe  dovuto
comportare cessazione dal servizio del  personale  militare,  potendo
quest'ultimo passare ad altre strutture dello  Stato  ad  ordinamento
militare, ovvero permanere nel ruolo militare  ad  esaurimento  della
stessa C.R.I., di cui all'art. 5, comma 3 del decreto legislativo  n.
178/2012. Quanto sopra, in conformita' a quanto avvenuto in occasione
della smilitarizzazione di altri Corpi,  come  quelli  della  Polizia
Penitenziaria  e  della  Guardie  di  pubblica  Sicurezza,   al   cui
personale, che non intendesse transitare nel ruolo civile, era  stata
consentita la permanenza in ruoli ad esaurimento  degli  ufficiali  e
dei sottufficiali (leggi 15 dicembre 1990, n. 395, art. 25 e legge 1°
aprile 1981, n. 121, art. 36).  Nel  caso  di  specie,  al  personale
interessato non e' accordata alcuna possibilita'  di  completare  nel
ruolo di provenienza la maturazione del proprio servizio  attivo,  in
vista  del  raggiungimento  dell'eta'  pensionabile,  potendo   detto
personale soltanto optare per un servizio volontario e  gratuito  (in
violazione del diritto alla  conservazione  del  proprio  trattamento
economico), ovvero accettare il passaggio nell'ambito  del  personale
civile,  con  attribuzione  dei   relativi   livelli   funzionali   e
retributivi, con successivo  transito  presso  altre  amministrazioni
pubbliche. 
    In rapporto alla situazione in precedenza descritta i  ricorrenti
eccepiscono   in   via   prioritaria   l'incostituzionalita'    delle
disposizioni normative in esame sotto i seguenti profili: 
        A) Contrasto degli articoli 1 e 5, commi 3, 5 e 6 del decreto
legislativo n. 178 del 2012 con gli articoli 76 e 77, comma  1  della
Costituzione, in quanto la  decisione  del  Governo  di  privatizzare
l'ente pubblico in questione risulterebbe assunta in eccesso rispetto
alla delega, al medesimo conferita con legge n.  183  del  2010:  con
tale legge, infatti, risultano preordinati soltanto  «semplificazione
e snellimento dell'organizzazione e  della  struttura  amministrativa
degli enti, istituti e societa' vigilati», nonche' «razionalizzazione
e ottimizzazione delle spese  e  dei  costi  di  funzionamento»,  con
ulteriore «ridefinizione del rapporto di vigilanza tra  il  Ministero
della salute e gli enti ed istituti vigilati», in ogni caso con  mera
razionalizzazione dell'esistente e ricerca  di  moduli  organizzativi
per  coniugare  i  diritti  dei  lavoratori  con   le   esigenze   di
contenimento della spesa pubblica, non  anche  con  creazione  di  un
nuovo organismo associativo di diritto privato; 
        B) Contrasto degli articoli 5, comma 5 e 6, commi 1,  2  e  3
del decreto legislativo n. 178 del 2012 con gli articoli 3, 4,  35  e
97 della Costituzione, per  intervenuta  reformatio  in  peius  delle
condizioni dei lavoratori interessati, costretti a scegliere  fra  il
passaggio nel Corpo militare volontario (composto in via esclusiva da
personale militare in congedo e non retribuito) e  la  ricomprensione
nell'ambito  del   personale   civile   dell'Ente,   con   successiva
assegnazione a diverse amministrazioni  pubbliche  -  nella  fase  di
mobilita' speciale disciplinata dalla c.d. «legge Madia», attuata con
decreto  ministeriale  del  14  settembre   2015   -   e   successivo
collocamento in disponibilita' del personale non assorbito dal giorno
1° gennaio 2018, senza assicurare  la  continuita'  del  rapporto  di
impiego e la tutela dei livelli retributivi  acquisiti,  nei  termini
sanciti dall'art. 2112 del codice civile, richiamato dall'art. 31 del
T.U. sul pubblico impiego; 
        C) Contrasto degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo  n.
178 del 2012 con l'art. 1 - protocollo 1 - della Convenzione  europea
dei Diritti dell'Uomo e, quindi,  con  l'art.  117,  comma  1,  della
Costituzione, tenuto conto del complesso dei  diritti,  derivanti  da
rapporti di servizio anche trentennali nel Corpo militare della Croce
Rossa Italiana, come disciplinati dall'art. 6 della legge 20  ottobre
1986, n. 730 e dall'art. 5, regio decreto 10 febbraio 1936,  n.  484,
implicanti uno status giuridico ed economico, la cui tutela  potrebbe
essere ricondotta anche all'art. 1 del Protocollo 1 CEDU: tutela,  da
intendere non  come  assoluta  e  perpetua  intangibilita',  ma  come
prevedibilita' della condotta dei  pubblici  poteri,  sulla  base  di
norme accessibili, precise e certe (cfr.  in  tal  senso  Corte  EDU,
Carbonara e Ventura, n. 24638/94,  sentenza  del  30  maggio  2000  e
Beyeler c. Italia - Grande Camera -  n.  33202/96,  sentenza  del  30
maggio 2000). Nella situazione in esame resterebbero del tutto oscure
le modalita',  con  cui  il  personale  militare  della  Croce  Rossa
Italiana verrebbe ad essere impiegato,  dopo  essere  passato  in  un
ruolo ad esaurimento nell'ambito del personale  civile  della  stessa
Croce Rossa, con attribuzione di livelli funzionali al  di  fuori  di
prestabiliti criteri di  equipollenza  e  con  sicura  disparita'  di
trattamento rispetto non solo al corrispondente personale delle Forze
Armate, ma anche al personale di pari grado e livello  gia'  operante
presso la Croce Rossa Italiana. 
    Le   Amministrazioni   intimate,   costituitesi   in    giudizio,
sottolineano  la  discrezionalita'  del  legislatore,  nel  prevedere
l'estinzione dell'Ente pubblico Croce Rossa Italiana e  l'istituzione
dell'Associazione della Croce Rossa Italiana, quale  ente  morale  di
diritto privato, senza possibile rilevanza delle diverse statuizioni,
assunte per il Corpo degli Agenti  di  Custodia  e  del  Corpo  delle
Guardie di  pubblica  Sicurezza.  L'attribuzione  di  un  assegno  ad
personam al  personale  congedato,  inoltre,  escluderebbe  qualsiasi
pregiudizio economico, in quanto destinato alla  conservazione  anche
dopo il passaggio per mobilita' ad altra amministrazione,  con  ampie
possibilita' di ricollocazione del personale  interessato,  anche  in
base alle ordinarie garanzie, di cui agli articoli 33,  34  e  34-bis
del decreto legislativo n. 165 del 2001. 
    In esito ad ordinanze istruttorie di  questo  Tribunale,  infine,
l'Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana -  Servizio  Contenzioso
Personale Militare segnala come gia' si registri nella  struttura  un
«abissale  vuoto  di  personale»,  tale  da   rendere   «estremamente
difficoltoso fare  fronte  a  tutte  le  quotidiane  attivita'»,  con
previsto completamento delle fasi di mobilita', previste dal  decreto
legislativo n. 178 del 2012 entro il 31 dicembre 2017, nei modi e con
la gradualita' ivi prescritti. 
 
                               Diritto 
 
    Con i ricorsi in esame - di cui  va  disposta  la  riunione,  per
evidente  connessione  soggettiva  e  oggettiva  -  viene  contestata
l'ultima  fase  della  trasformazione  della  Croce  Rossa  Italiana:
trasformazione avviata con la  legge  n.  183  del  4  novembre  2010
(recante diverse deleghe al Governo in materia  di  lavoro,  nonche',
specificamente, di riorganizzazione di enti) e portata  a  compimento
con  il  decreto  legislativo  n.   178   del   28   settembre   2012
(Riorganizzazione dell'Associazione Italiana  della  Croce  Rossa,  a
norma dell'art. 2 della legge 4  novembre  2010,  n.  183).  In  tale
ultima fase, in particolare, sono stati  emessi  i  provvedimenti  di
determinazione  sia  dei  criteri  di  inquadramento  del   personale
militare nel ruolo civile,  sia  della  decorrenza  del  congedo  del
medesimo personale dal Corpo Militare: tali provvedimenti, oggetto di
entrambe  le  impugnative,  appaiono   direttamente   incidenti   sul
trattamento giuridico ed economico dei ricorrenti, che prospettano al
riguardo censure di violazione di legge ed eccesso  di  potere  sotto
vari profili, con  ulteriore  eccezione  di  incostituzionalita'  che
investe, in via prioritaria, l'art. 5 del citato decreto legislativo,
ma  anche,  sostanzialmente,   l'intero   impianto   della   disposta
ristrutturazione dell'Ente. 
    Il Collegio ritiene che  detta  eccezione  sia  rilevante  e  non
manifestamente infondata, per le ragioni di seguito illustrate. 
    Per quanto riguarda la rilevanza, non sembra  inutile  premettere
che, da parte del personale interessato, sono stati proposti  ricorsi
collettivi anche in rapporto a fasi precedenti della  trasformazione,
disposta col  citato  decreto  legislativo,  quali  la  procedura  di
selezione del personale militare destinato a rimanere tale, ai  sensi
dell'art. 5, comma 6 del decreto legislativo n. 178 del 2012  (avviso
n. 74 del 23 settembre 2014), nonche' la fissazione dei  criteri  per
la mobilita' dei dipendenti a tempo indeterminato della Croce  Rossa,
dichiarati in soprannumero (decreto del Presidente del Consiglio  dei
ministri n. 227 del 30 settembre 2015). Il primo di tali ricorsi  (n.
14690/2014),  tuttavia,  e'  stato  respinto  nel  merito  da  questo
Tribunale con sentenza n. 4124/16 del 5 aprile 2016 (che non  risulta
appellata), mentre per il secondo (n. 14657/15)  si  registrano  solo
rigetto  dell'istanza  cautelare  (ordinanza  n.   278/16),   nonche'
successiva pronuncia del Consiglio di Stato (ordinanza n. 956/16  del
18 marzo 2016),  in  cui  si  sollecita  la  fissazione  (non  ancora
avvenuta) dell'udienza di merito, anche al fine  di  un  «compiuto  e
attento esame dei profili di illegittimita' prospettati dalle  parti,
non esclusa la dedotta questione di legittimita' costituzionale». 
    Tale questione, in effetti, appare autonomamente rilevante  anche
per la presente  decisione,  in  quanto  i  provvedimenti  da  ultimo
impugnati - incidenti  in  via  diretta  e  definitiva  sullo  status
professionale degli attuali ricorrenti - appaiono del tutto  conformi
all'iter procedurale, tracciato nel citato decreto legislativo n. 178
del  2012,  di  modo  che,  in  applicazione   dello   stesso   testo
legislativo, il ricorso non potrebbe che essere respinto. 
    Entra  pertanto  in  discussione  la  ravvisata,  non   manifesta
infondatezza dell'eccezione di incostituzionalita', in rapporto  agli
articoli 1, 3, 76, 97 e 117 della Costituzione (per  quanto  riguarda
l'art. 117, con riferimento all'art. 1 del Protocollo Addizionale  n.
1 alla CEDU). 
    A tale  riguardo,  appare  in  primo  luogo  necessario  valutare
l'ampiezza e le finalita' della delega, contenuta nella citata  legge
n. 183 del 2010: legge che, come gia' in precedenza sottolineato,  si
riferiva non specificamente alla Croce Rossa, ma alla  disciplina  di
svariati  rapporti  di  lavoro  con  amministrazioni  pubbliche   (in
relazione  all'eventuale  carattere  usurante   delle   mansioni   da
svolgere, ovvero a  congedi,  aspettative,  permessi,  ammortizzatori
sociali ed altro), con ulteriore prevista riorganizzazione  di  enti.
Sotto quest'ultimo profilo, l'art. 2, comma 1,  della  legge  n.  183
contiene formale delega al  Governo  «ad  adottare  ...  uno  o  piu'
decreti legislativi, finalizzati alla  riorganizzazione  degli  enti,
istituti e  societa'  vigilati  dal  Ministero  del  lavoro  e  delle
politiche  sociali  e  dal  Ministero  della  salute,  nonche'   alla
ridefinizione del rapporto di vigilanza dei predetti Ministeri  sugli
stessi enti, istituti e societa', ferme restando ... le funzioni loro
attribuite». 
    I principi e criteri direttivi, forniti al legislatore  delegato,
sono sintetizzabili come segue: 
        a) semplificazione e snellimento dell'organizzazione e  della
struttura  amministrativa,  in  base  ai   principi   di   efficacia,
efficienza  ed  economicita'  dell'attivita'  amministrativa,  «ferme
restando le specifiche disposizioni vigenti per il ...  personale  in
servizio», alla data di entrata in vigore della legge delega; 
        b) razionalizzazione e ottimizzazione delle spese; 
        c)  ridefinizione  del  rapporto  di  vigilanza,  in  base  a
indirizzi e direttive delle Amministrazioni vigilanti; 
        d) organizzazione del casellario centrale infortuni; 
        e) obbligo degli enti  e  istituti  vigilati  di  adeguare  i
propri statuti alle disposizioni dei decreti legislativi, emanati  in
attuazione della medesima legge delega. 
    A fronte di  tali  disposizioni  -  che  non  sembrano  suggerire
interventi totalmente innovativi, ne' certamente  soppressivi,  degli
enti da riorganizzare - il decreto legislativo n. 178 del 2012  opera
un'integrale rinnovazione strutturale per quanto  riguarda  la  Croce
Rossa Italiana, gia' ente pubblico non economico a norma dell'art.  1
del decreto del Presidente della Repubblica n. 613 del 31 luglio 1980
(nel testo sostituito dall'art. 7 del decreto-legge n. 390 del  1995,
convertito in legge n. 490 del 20 novembre 1995) ed inclusivo  di  un
Corpo volontario ausiliario delle Forze Armate, con il regime di  cui
all'art. 3 del decreto legislativo n. 165  del  2001  (e  conseguente
giurisdizione del giudice amministrativo per il relativo rapporto  di
lavoro: cfr. Consiglio di Stato,  sezione  VI,  25  luglio  2003,  n.
4283). La riorganizzazione parte (art. 2) dalla  nuova  denominazione
dell'ente - ancora pubblico - come «Ente strumentale alla Croce Rossa
Italiana» e - previa predisposizione  di  nuovo  atto  costitutivo  e
statuto (art. 3) - prevede quindi  svariate  attivita',  fra  cui  il
ripiano dell'indebitamento pregresso e ad una fase disciplinata,  per
quanto non espressamente previsto (art. 4), dalle norme in materia di
liquidazione coatta amministrativa; in base all'art. 8  del  medesimo
decreto legislativo, infine, «a far data dal 1° gennaio  2018  l'Ente
e' soppresso e posto  in  liquidazione»,  con  subentro  in  tutti  i
rapporti attivi e passivi di una  neo-istituita  «Associazione  della
Croce Rossa Italiana», promossa dai soci della  C.R.I.  e  dotata  di
personalita' giuridica di diritto privato.  Tale  Associazione  opera
come movimento volontario di soccorso, alla stregua di una onlus  (in
tal senso TAR Puglia, Lecce, sezione II, 14 settembre 2015, n.  2740)
e - per quanto riguarda i corpi militari ausiliari delle Forze Armate
- e' destinataria della peculiare  disciplina  -  qui  specificamente
rilevante - contenuta nell'art. 5 del medesimo decreto legislativo n.
178 del 2012. 
    In base alla norma da ultimo  citata,  il  Corpo  militare  della
C.R.I.  passa  da  oltre  ottocento  a  trecento   unita',   con   la
denominazione di  «Corpo  Militare  volontario»  e  di  «Corpo  delle
infermiere volontarie della Croce Rossa»; possono richiedere di  fare
parte  di  tale  ridotto  contingente  (scelto  con  modalita',  pure
puntualmente disciplinate) tutti gli appartenenti al Corpo  Militare,
con le comprensibili limitazioni, conseguenti al  previsto  carattere
gratuito delle prestazioni  rese  in  tale  sopravvissuto  organismo,
comprensivo delle categorie direttive dei medici,  dei  commissari  e
dei farmacisti, nonche' della categoria del personale di  assistenza:
personale, in ogni  caso,  esclusivamente  volontario,  sottratto  ai
codici penali militari e alle disposizioni in materia  di  disciplina
militare, fatta eccezione per la categoria del congedo. 
    Tutto il restante personale del  Corpo  Militare,  in  base  allo
stesso art. 5, comma 5, «transita ...  in  un  ruolo  ad  esaurimento
nell'ambito del  personale  civile  della  C.R.I.  e  successivamente
dell'Ente ... Resta ferma la non liquidazione del trattamento di fine
servizio, in quanto il transito ...  interviene  senza  soluzione  di
continuita' nel rapporto di lavoro con la C.R.I., ovvero con  l'Ente.
Al predetto personale continua ad essere  corrisposta  la  differenza
fra il trattamento economico in  godimento,  limitatamente  a  quello
fondamentale ed accessorio avente natura fissa e  continuativa  e  il
trattamento del corrispondente personale civile  della  C.R.I.,  come
assegno ad personam riassorbibile ...». 
    Il successivo art. 6 del decreto legislativo in esame, infine, al
comma  1  prevede  la  fissazione  di   «criteri   e   modalita'   di
equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti  dal  contratto
collettivo  relativo  al  personale  civile  con  contratto  a  tempo
indeterminato della C.R.I. e quelli del personale di cui all'art.  5,
gia' appartenente al Corpo Militare, nonche' tra i livelli delle  due
predette categorie di  personale  e  quelli  previsti  dai  contratti
collettivi  dei  diversi  comparti  della  pubblica  amministrazione,
previa informativa alle organizzazioni sindacali»;  nel  terzo  comma
del medesimo articolo, inoltre, per il personale «non impiegato nelle
convenzioni ed eccedente l'organico  dell'Associazione»  e'  prevista
l'applicazione   delle   «disposizioni   vigenti   sugli    strumenti
utilizzabili  per  la  gestione  di  eccedenze  di  personale   nelle
pubbliche amministrazioni», tramite ricorso a procedure di mobilita',
«anche con  riferimento  ad  amministrazioni  con  sede  in  Province
diverse rispetto a quella  di  impiego»,  pur  restando  quest'ultima
preferenziale. 
    Appare evidente il profondo mutamento di status e di  prospettive
del  personale  militare,  costretto  ad  una  scelta  obbligata,  se
impegnato nella  precedente  attivita'  -  come  la  generalita'  dei
lavoratori - anche per fare fronte alle proprie esigenze di vita,  in
quanto l'unica possibile permanenza nel  ridotto  ruolo  militare  e'
quella dell'opzione per un'attivita' volontaria, da svolgere a titolo
gratuito (ex art. 5, comma 4 decreto legislativo n. 178 cit.); quanto
all'inevitabile (per  la  maggioranza  del  personale  in  questione)
passaggio al ruolo civile, non vi e' inoltre garanzia di progressione
economica commisurata al grado rivestito (essendo  previsto  solo  un
assegno «ad personam», destinato al  riassorbimento  nell'ambito  del
successivo sviluppo di carriera nel nuovo ruolo, ex art. 5,  comma  5
del medesimo decreto legislativo); ugualmente,  mancano  garanzie  di
conservazione delle funzioni in precedenza attribuite, contrariamente
a quanto previsto nell'art. 2, comma 1, lettera a) della legge delega
n. 183 del 2010, poiche' l'art. 6, comma 1,  del  piu'  volte  citato
decreto legislativo n. 178 rimette ad un «decreto del Presidente  del
Consiglio dei ministri,  adottato  su  proposta  del  Ministro  della
salute, di concerto coni  Ministri  dell'economia  e  delle  finanze,
della difesa e per la pubblica amministrazione e la  semplificazione,
sentito il Presidente della C.R.I.»  la  definizione  di  «criteri  e
modalita' di equiparazione fra i livelli  di  inquadramento  previsti
dal contratto collettivo relativo al personale civile con contratto a
tempo indeterminato della  C.R.I.  e  quelli  del  personale  di  cui
all'art. 5, gia'  appartenenti  al  Corpo  militare,  nonche'  tra  i
livelli delle due predette categorie di personale e  quelli  previsti
dai  contratti  collettivi  dei  diversi   comparti   della   publica
amministrazione»: quanto sopra, senza alcun  richiamo  a  comparti  o
settori dell'amministrazione stessa, in  cui  si  svolgano  attivita'
comparabili con quelle del personale di cui trattasi, in possesso  di
specifica professionalita' per situazioni di emergenza, di  cui  puo'
considerarsi  fatto  notorio  la   costante,   se   non   accresciuta
necessita'. 
    La nuova Associazione e' poi chiamata  ad  operare,  fino  al  31
dicembre 2017, con un organico provvisorio,  «al  fine  di  garantire
fino al 1° gennaio 2018 l'esercizio da  parte  dell'Associazione  dei
suoi fini istituzionali, in modo compatibile con le  risorse  a  cio'
destinate», con successivo ricorso a procedure di  mobilita'  per  il
personale eccedente (art. 6 cit., commi 2 e 3). 
    In tale contesto il fattore, che non  appare  riconducibile  alla
volonta' del legislatore delegante, non e' tanto  la  privatizzazione
(che, nell'ormai  acquisita  concezione  funzionale  di  Stato,  vede
normalmente esercitate da  privati  funzioni  pubbliche:  cfr.  Cons.
Stato, Ad. Plen. 28 giugno 2016, n. 14;  Cons.  Stato,  sez.  VI,  26
maggio 2015, n. 2660) - quanto  l'assenza  di  concrete  garanzie  di
continuita'   per   l'assolvimento   dei    compiti    istituzionali,
tradizionalmente affidati alla Croce Rossa  Italiana  e  fatti  salvi
dalla legge delega (art. 2,  comma  1  cit.).  Tali  compiti  vengono
puntualmente ripresi dalla storica configurazione dell'Ente,  fondato
nel 1864 come organismo di soccorso ai feriti e malati  in  guerra  e
rimasto sino ad ora attivo (anche nel corso di un  lungo  periodo  di
commissariamento, iniziato nel  1980)  come  struttura  operativa  di
emergenza, in grado di coadiuvare i  servizi  di  protezione  civile,
quelli di  assistenza  sociale  e  soccorso  sanitario  a  favore  di
popolazioni anche straniere, in occasioni di calamita'  e  situazioni
di emergenza, a livello sia nazionale che  internazionale;  ulteriori
funzioni  attengono  inoltre  alle  altrettanto   storiche   funzioni
ausiliarie  delle  Forze  Armate  -  in  tempo  di  pace,  di   crisi
internazionale o di guerra - nonche' (ex art. 19 del decreto legge 17
febbraio 2017, n. 13, convertito con legge 13 aprile 2017, n. 46)  ad
attivita' umanitarie presso i centri di permanenza per i rimpatri  di
immigrati stranieri e per l'accoglienza di  immigrati  e  richiedenti
asilo.  Anche  in  esito   all'istruttoria   condotta,   non   appare
contestabile  -  ne'  viene   formalmente   contestato   -   che   la
smobilitazione delle risorse e di  gran  parte  del  personale  abbia
compromesso  la  prosecuzione  dell'attivita'  della  C.R.I.,   nella
dimensione sopra indicata, ne'  al  personale  in  mobilita'  risulta
assicurata la conservazione di funzioni, cui certamente corrispondono
professionalita' specifiche, soprattutto  per  i  militari,  gia'  in
buona parte trasferiti  d'ufficio  (senza  smentita  al  riguardo  di
controparte) presso vari comparti del Ministero della giustizia,  con
mansioni burocratico-amministrative. Lo stesso legislatore  delegato,
d'altra parte, si limita ad assicurare - peraltro in modo generico  -
il perseguimento degli scopi istituzionali dell'Ente solo fino al  31
dicembre 2015 (art. 8, comma 4), mentre le successive  erogazioni  di
fondi pubblici alla neo-istituita  Associazione  restano  affidate  a
convenzioni  annuali,   tra   Ministero   della   salute,   Ministero
dell'economia e delle finanze, Ministero della difesa e  Associazione
stessa (art. 8, comma 2), con precisi e decrescenti tetti di spesa. 
    Il contesto della riforma descritta non sembra  rispondere,  come
piu' avanti meglio specificato, alle scelte di fondo del  legislatore
delegante, nel pieno rispetto delle  finalita'  della  delega  ed  in
coerenza con  il  quadro  normativo  di  riferimento  (cfr.,  per  il
principio, Corte cost. 23 marzo 2016, n. 59). 
    Come gia' in precedenza accennato, infatti, l'art. 2 della  legge
delega n. 183 del 2010, in quanto riferito a mera «riorganizzazione»,
non  sembra  estendersi  a  interventi  di  tipo  anche   soppressivo
dell'Ente, come quelli che -  nel  caso  di  specie  -  portano  alla
liquidazione  ed  estinzione  della  Croce  Rossa  Italiana,  nonche'
all'istituzione di una nuova  entita',  in  forma  associativa  e  di
natura privata, dai compiti genericamente analoghi, ma  senza  alcuna
garanzia di effettivita' e continuita'. 
    Ove si accedesse ad una lettura estensiva, tale da  ricomprendere
nella delega  l'intera  gamma  di  interventi,  oggetto  del  decreto
legislativo n. 178 del 2012, si potrebbe dubitare  della  conformita'
dello stesso art. 2 della legge n. 183 del 2010 agli articoli  1,  3,
76 e 97 della Costituzione, in quanto -  contrariamente  ai  principi
che riconducono la sovranita' (e, quindi, la  piena  discrezionalita'
delle scelte) al Parlamento, quale  organo  eletto  dal  popolo,  con
possibilita' di delega al Governo solo per un tempo  limitato  e  per
oggetti definiti - si legittimerebbe una sorta di «delega in bianco»,
tale  da  ricomprendere  nella  prevista  riorganizzazione  anche  la
soppressione  dell'Ente  e  l'istituzione  di  un  soggetto  comunque
diverso, con criteri sicuramente ispirati a contenimento della spesa,
ma senza alcun  chiaro  indirizzo  per  una  maggiore  efficienza  ed
efficacia  (benche'  principi  enunciati  dallo  stesso   legislatore
delegante) per l'attivita' di una struttura,  alla  quale  dovrebbero
restare affidati anche dopo la privatizzazione  (non  implicante,  di
per se', la perdita dei connotati di organismo di  diritto  pubblico)
delicatissimi compiti di rilevante interesse per la collettivita'. 
    Ad avviso del Collegio, tuttavia, del predetto art. 2 della legge
delega e' sicuramente possibile un'interpretazione costituzionalmente
orientata, che  circoscriva  -  in  termini,  peraltro,  conformi  al
dettato letterale della norma - i poteri  del  legislatore  delegato,
non eliminando per lo stesso ogni discrezionalita', ma riconducendola
ai limiti di una mera razionalizzazione dell'esistente,  al  fine  di
assicurare effettivi canoni di buon andamento dell'Amministrazione  e
bilanciando, pertanto, le esigenze di economicita' della gestione con
la conservazione delle finalita' di interesse pubblico perseguite, in
ambiti (soccorso, emergenze di ogni natura,  sicurezza  e  interventi
connessi  al  fenomeno  migratorio)  sicuramente  affidati,  in   via
prioritaria, allo Stato. 
    In  tale  ottica,  praticamente  l'intero  impianto  del  decreto
legislativo n. 178 del 2012 (articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6  e  8)  appare
invece frutto di eccesso di delega, ne' si presta ad  interpretazione
costituzionalmente orientata, in  quanto  non  riconducibile  ad  una
chiara volonta' del legislatore delegante, le cui finalita'  di  mera
riorganizzazione  e  riordino  del  rapporto  di  vigilanza  -  ferme
restando le funzioni attribuite agli enti e le  disposizioni  vigenti
per il personale in servizio - sono state rispettate per altri enti e
istituti, che in attuazione del medesimo art. 2 della  legge  n.  183
del 2010 non hanno perso la propria  natura  giuridica,  senza  alcun
negativo impatto sul personale (cfr. decreto legislativo n.  106  del
2012,   riferito   agli   Istituti   zooprofilattici    sperimentali,
all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali  e  alla  Lega
italiana per la lotta contro i tumori). 
    Altri casi  di  privatizzazione  di  Corpi  militari  (Agenti  di
custodia e Polizia di Stato) sono  stati  in  passato  effettivamente
disposti, ma - come sottolineato nella parte in fatto della  presente
ordinanza - per legge e senza alcun depotenziamento  ne'  dispersione
del personale e delle strutture. 
    Il Collegio non ignora l'indirizzo  della  Corte  costituzionale,
secondo cui la delega legislativa non elimina  ogni  discrezionalita'
del legislatore delegato, che - in base  ai  principi  e  ai  criteri
direttivi, fissati dal legislatore delegante - puo' emanare norme che
rappresentino un «coerente sviluppo e completamento dei contenuti  di
indirizzo della  delega,  nel  quadro  di  fisiologica  attivita'  di
riempimento, che lega i due livelli normativi» (Corte cost., 9 luglio
2015, n. 146). 
    Si potrebbe sostenere, pertanto, che le  condizioni  di  dissesto
della Croce Rossa Italiana  imponessero  misure  di  riorganizzazione
eccezionali, implicanti istituzione di un nuovo organismo e precedute
dalla liquidazione dell'Ente da riorganizzare, nonche' dalla relativa
estinzione.  In  un  contesto  cosi'  dilatato,  tuttavia,  non  puo'
ignorarsi l'indirizzo della medesima Corte, che esclude in ogni  caso
vere e proprie innovazioni, tali da comportare anche  abrogazione  di
norme, al di fuori di un esplicito  mandato  della  legge  delega  o,
quanto meno,  di  indirizzi  generali  chiaramente  desumibili  dalla
stessa,  tenuto  conto  del  quadro  normativo  complessivo  e  degli
obiettivi indicati dal legislatore, oltre  che  della  ragionevolezza
delle scelte (cfr. Corte cost. 13 marzo 2014, n. 47; 24 luglio  2013,
n. 237; 27 giugno 2012, n. 162; 5 aprile 2012, n. 80). 
    Nella situazione in esame puo' ritenersi  che  la  delega  -  non
specificamente riguardante la  C.R.I.,  ma  riferita  (come  gia'  in
precedenza ricordato) ad un generale  riordino  organizzativo  «degli
enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle  politiche  sociali  e
dal Ministero della salute»  -  con  meri  fini  di  semplificazione,
contenimento della spesa pubblica e  ridefinizione  dei  rapporti  di
vigilanza  -  non  autorizzasse  disposizioni,  incidenti   in   modo
innovativo su un ente pubblico, la cui  soppressione  avrebbe  dovuto
essere frutto di meditata scelta politica,  certamente  sottratta  al
legislatore delegato. 
    Non appare senza rilevanza, a tale riguardo, l'assegnazione delle
risorse finanziarie a carico  del  bilancio  dello  Stato,  ai  sensi
dell'art. 2, comma 5, del medesimo decreto legislativo n. 178,  sulla
base di criteri demandati ai Ministri della salute,  dell'economia  e
della difesa, «ciascuno in  relazione  alle  proprie  competenze  ...
senza determinare nuovi o maggiori oneri per  la  finanza  pubblica»:
quanto sopra, al di fuori di precisi  parametri  che  garantiscano  -
tramite la necessaria copertura finanziaria, con opportune  modalita'
di erogazione dei fondi - l'effettivo  espletamento  delle  funzioni,
che in conformita' alla legge delega sono state riconosciute  proprie
dell'Ente e della costituenda Associazione, ex art. 1,  comma  4  del
decreto  legislativo.  In  tale   ottica   appare   ravvisabile   una
sostanziale, benche' parziale, sub-delega  della  funzione  normativa
affidata  al  Governo,  in  quanto  risulta  che  quest'ultimo  abbia
demandato  a  scelte  ministeriali  aspetti  essenziali  della  nuova
disciplina (cfr. - per la riconducibilita' di tale situazione ad  una
fattispecie di eccesso di delega - Corte cost., 16  maggio  2017,  n.
104). 
    Secondo la costante giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,
inoltre, si puo' giustificare una ridotta  assegnazione  -  da  parte
dello Stato - di  risorse  economiche,  purche'  pero'  tale  da  non
comportare squilibri incompatibili con  le  complessive  esigenze  di
spesa,  per  l'adempimento  dei   compiti   istituzionali   dell'Ente
finanziato (cfr., fra le tante, Corte cost., 1° giugno 2016, n.  127,
19 novembre 2015, n. 239, 27 luglio 2015, n. 188, 13  febbraio  2014,
n. 26). 
    Nel  caso  di  specie,  nessuna  specifica  disposizione   tutela
l'assegnazione a regime di risorse sufficienti all'Associazione Croce
Rossa  Italiana,  per  l'assolvimento  delle  delicate  e  importanti
attivita' di interesse pubblico, che l'art. 1, comma 4,  del  decreto
legislativo n. 178 «autorizza» (senza propriamente lasciare ferme, ex
art. 1, comma 1, della legge delega) quali  attivita'  proprie  della
costituenda Associazione. 
    Considerazioni  analoghe  investono,  anche  autonomamente,   gli
articoli 5 e 6 del medesimo decreto legislativo n. 178 del 2012,  per
quanto riguarda lo specifico trattamento del personale  militare,  le
cui modalita' di smilitarizzazione e di ridefinizione del trattamento
economico risultano definite - senza alcuna  previsione  al  riguardo
del  legislatore  delegante  -  in  implicita   deroga   a   puntuali
disposizioni del  codice  dell'Ordinamento  militare,  approvato  con
decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, con riferimento ai seguenti
articoli: 622 (perdita dello stato di  militare),  1757  (trattamento
economico  del  personale  del  Corpo  militare  della  Croce   Rossa
Italiana), 1799 (retribuzione delle  forze  di  completamento);  1759
(valutazione del servizio prestato dal personale  della  Croce  Rossa
Italiana); 1760 (liquidazione delle pensioni per i  servizi  prestati
in tempo di guerra o di  grave  crisi  internazionale  dal  personale
della Croce Rossa Italiana). 
    L'istituzione  di  un  contingente   militare   ridotto   e   non
retribuito, nonche' la mobilita' del restante  personale  passato  al
ruolo civile - senza alcun preciso riferimento alla  professionalita'
acquisita  nel  settore  di   appartenenza   -   appaiono,   inoltre,
apertamente confliggenti con i principi e criteri direttivi,  di  cui
all'art. 2, comma 1, lettera a)  della  legge  delega,  che  lasciava
«ferme ... le specifiche disposizioni vigenti per il  ...  personale,
in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge»;  le
stesse funzioni, che a norma del medesimo  primo  comma  dell'art.  2
dovevano restare invariate per gli  enti  da  riorganizzare,  per  la
Croce Rossa Italiana venivano semplicemente  «autorizzate»  nell'art.
1, comma 4 del decreto legislativo  n.  178  e  assicurate,  a  norma
dell'art. 6, commi 2 e 3 del  medesimo  articolo,  solo  fino  al  1°
gennaio 2018, peraltro in un contesto di smobilitazione  di  mezzi  e
personale, tale da incidere in via immediata sull'espletamento  delle
funzioni  stesse,  benche'  di  assoluta  rilevanza  per  l'interesse
pubblico. 
    Per i citati articoli 5 e 6 -  non  meno  che  per  i  precedenti
articoli 1, 2, 3, 4 e  8,  nelle  parti  in  precedenza  esaminate  -
appaiono   quindi   non   manifestamente   infondate   questioni   di
costituzionalita',   riferibili   ai    seguenti    articoli    della
Costituzione: 1 (per adozione, da parte del Governo, di iniziative di
rilievo politico, non riconducibili  al  legislatore  delegante),  76
(per eccesso di delega, sotto gli specifici profili evidenziati), 3 e
97 (per l'irrazionalita' di scelte, destinate ad incidere su  servizi
di assoluta valenza per la salute, l'incolumita' e l'ordine pubblico,
senza adeguato bilanciamento  fra  le  esigenze  sottostanti  a  tali
servizi e le contrapposte ragioni di contenimento della spesa),  117,
con riferimento all'art. 1, comma 1, del Protocollo addizionale CEDU,
in cui si garantiscono i beni delle persone fisiche e  giuridiche  in
una accezione, gia' ricondotta dalla giurisprudenza alla  titolarita'
di qualsiasi diritto, o di mero interesse  di  valenza  patrimoniale,
rientrante fra i parametri di costituzionalita' riconducibili appunto
al citato art. 117, anche per quanto attiene alle modalita' di tutela
dei  lavoratori,  con  riferimento  agli  aspetti  patrimoniali   del
rapporto di lavoro (cfr., per il principio, Corte cost., 11  novembre
2011, n. 303). 
    Per le ragioni esposte, in conclusione, il giudizio  deve  essere
sospeso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge  11  marzo
1953,   n.   87,   fino   alla    definizione    dell'incidente    di
costituzionalita', con comunicazione  della  presente  ordinanza,  ai
sensi del quarto comma del medesimo art. 23, alle  parti  costituite,
nonche' ai Presidenti della Camera dei deputati e  del  Senato  della
Repubblica, con notifica della stessa al Presidente del Consiglio dei
ministri.