LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezione lavoro composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: dott. Giovanni Mammone - Presidente; dott. Enrica D'Antonio - consigliere; dott. Umberto Berrino - consigliere; dott. Roberto Riverso - rel. consigliere; dott. Daniela Calafiore - consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 18205-2012 proposto da: Mounji Mohamed e Mounji Azedine, elettivamente domiciliati in Roma, via Carlo Poma, 2, presso lo studio degli avvocati Silvia Assennato, Massimiliano Pucci che li rappresentano e difendono, giusta delega in atti; - ricorrenti - contro I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza sociale codice fiscale 80078750587, in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria, 29, presso l'Avvocatura centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele De Rose, Vincenzo Triolo, Antonietta Coretti, giusta delega in atti - controricorrente - avverso la sentenza n. 159/2012 della Corte d'appello di Brescia, depositata il 7 aprile 2012 R.G.N. 763/2011; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3 ottobre 2017 dal consigliere dott. Roberto Riverso; udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Gianfranco Servello che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'Avvocato Silvia Assennato; udito l'Avvocato Vicenzo Stumpo per delega verbale avvocato Antonietta Coretti. Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Brescia con sentenza n. 159/2012 ha rigettato l'appello proposto da Mounji Mohammed e Mounji Azdine - lavoratori agricoli a tempo indeterminato dal 1992 al 2008, licenziati il 31 dicembre del 2008 - avverso la sentenza del tribunale di Mantova che aveva respinto la loro domanda intesa ad ottenere l'indennita' di disoccupazione per l'anno 2009. 2. A fondamento della pronuncia, ribadendo le ragioni della decisione presa in primo grado, la Corte d'Appello sosteneva, anzitutto, che non fosse rilevante la questione di legittimita' costituzionale della disciplina dell'indennita' di disoccupazione agricola (art. 32 comma 1° comma legge 264/49) denunciata in subordine in ricorso, in quanto i medesimi ricorrenti - i quali avevano presentato domanda di indennita' di disoccupazione agricola rigettata dall'INPS per mancanza del requisito contributivo nel biennio anteriore alla cessazione del rapporto - avevano precisato di non aver diritto alla indennita' di disoccupazione agricola perche' non iscritti negli appositi elenchi, con cio' acquietandosi del diniego dell'INPS che non era stato mai impugnato nella causa, nella quale essi avevano domandato esclusivamente il riconoscimento dell'indennita' di disoccupazione non agricola. 3. La Corte d'Appello riaffermava, inoltre, che i ricorrenti non avessero diritto all'indennita' di disoccupazione ordinaria non agricola, in quanto i contributi assicurativi per essi versati erano confluiti nella gestione agricola e non in quella per il lavoro non agricolo; e nel «sistema chiuso» gestito dall'Inps non esisteva la possibilita' di accedere all'indennita' di disoccupazione ordinaria se non risultassero versati contributi nella gestione corrispondente; come confermava l'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 1049/70 che, regolando il caso dei lavoratori addetti in modo promiscuo ad attivita' agricola o non agricola, prevede l'erogazione della prestazione relativa alla gestione ove siano stati versati contributi in numero prevalente; e nel caso di specie era pacifico che nel biennio precedente alla disoccupazione entrambi i lavoratori non avessero versato alcun contributo nella gestione non agricola. 4. Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i due lavoratori con due motivi di censura. 5. Col primo motivo hanno dedotto la violazione dell'art. 24 legge 88/1989 avendo i giudici di merito errato a sostenere che i contributi versati fossero destinati esclusivamente al finanziamento della disoccupazione agricola e che percio' non fossero essi muniti dei requisiti assicurativi per ottenere l'indennita' di disoccupazione non agricola, in quanto tutti i contributi versati confluiscono in base alla norma citata nell'unica gestione che presiede all'erogazione delle «prestazione previdenziali a carattere temporaneo» (la cui unicita' era stata affermata anche da questa Corte di cassazione con sentenza n. 27914/2005). 6. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano «la violazione a carattere processuale» consistente nella mancata disamina e conseguente mancata pronuncia da parte dei giudici di merito della domanda articolata in via subordinata, tanto nel ricorso in primo grado che in appello, con la quale essi richiedevano il riconoscimento della indennita' di disoccupazione agricola (pag. 1 e 2 ricorso in primo grado), previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalita' dell'art. 32, comma 1, lettera a) della legge n. 264 del 29 aprile 1949 e successive modificazioni, che reiteravano anche nel ricorso per cassazione. I giudici del merito avevano errato sul punto poiche', nel momento in cui avevano negato il loro diritto all'indennita' di disoccupazione ordinaria per il fatto che i contributi versati fossero confluiti nella gestione agricola, avrebbero dovuto esaminare la domanda di indennita' di disoccupazione agricola dispiegata in via subordinata (in relazione alla quale chiedevano appunto pregiudizialmente la pronuncia della Corte costituzionale); essendo unico il bene della vita da essi richiesto in giudizio, con l'azione volta ad ottenere una protezione indennitaria contro il loro stato di disoccupazione involontaria. 7. L'Inps ha resistito con controricorso; ed ha eccepito, quanto al primo motivo, che i ricorrenti non potessero godere della disoccupazione non agricola, non avendo nel biennio anteriore alla cessazione del loro rapporto lavorativo il requisito di 52 contributi settimanali versati nella apposita gestione della disoccupazione ordinaria; e che allo scopo non potessero utilizzarsi quelli versati nella gestione assicurativa agricola, che e' speciale e del tutto distinta da quella degli altri lavoratori dipendenti ed autonomi. Quanto al secondo motivo, l'Inps ha eccepito l'irrilevanza della questione di costituzionalita', ribadendo quanto affermato dai giudici nei pregressi gradi di merito, ovvero che non fosse stata proposta in giudizio alcuna domanda di riconoscimento di disoccupazione agricola. 8. In prossimita' dell'udienza di discussione le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c nella quale hanno insistito delle rispettive tesi e richiamato entrambe la sentenza della Corte costituzionale n. 194/2017. Nella stessa memoria l'INPS ha pure chiarito che ai ricorrenti, in quanto lavoratori agricoli a tempo indeterminato licenziati il 31 dicembre dell'anno, «non puo' essere erogata alcuna indennita' di disoccupazione agricola, in quanto - secondo la legislazione che regola la prestazione di disoccupazione nel settore agricolo - non residuano giornate indennizzabili». Per l'INPS, pertanto, i ricorrenti non potrebbero godere di alcuna protezione contro la disoccupazione come avrebbe confermato la stessa sentenza n. 194/2017 della Corte cost. Considerato in diritto 1. A giudizio del collegio, ai fini della decisione sui motivi di ricorso, risulta preliminare la questione di costituzionalita' dell'art. 32, comma 1, lettera a) della legge 29 aprile 1949, n. 264, e dell'art. 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247. 2. L'art. 32, 1 comma, legge n. 264/1949 stabilisce: «L'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione e' esteso: a) ai lavoratori agricoli che prestano la loro opera retribuita alle altrui dipendenze, limitatamente alle categorie dei salariati fissi ed assimilati, obbligati e braccianti fissi, giornalieri di campagna, piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, anche se in via sussidiaria esercitano un'attivita' agricola in proprio; agli stessi spetta l'indennita' di disoccupazione qualora risultino iscritti negli elenchi di cui all'art. 12 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni, per almeno un anno oltre che per quello per il quale e' richiesta l'indennita', ed abbiano conseguito nell'anno per il quale e' richiesta l'indennita' e nell'anno precedente un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. La durata della corresponsione dell'indennita' di disoccupazione e' pari, per i lavoratori agricoli predetti, alla differenza tra il numero di 270 ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno comprese quelle per attivita' agricole in proprio o coperte da indennita' di malattie, infortunio, maternita', e sino ad un massimo di 180 giornate annue». Pertanto, in base alla norma, ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato, parificati per legge ai salariati fissi (art. 12 decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375), spetta un'indennita' di disoccupazione pari alla differenza tra le giornate lavorate ed il numero di 270 (col limite massimo di 180). A chi ha lavorato per un periodo di tempo superiore non spetta nessuna indennita' di disoccupazione agricola. Ne' la norma estende ai medesimi lavoratori a tempo indeterminato il trattamento ordinario di disoccupazione, ancora regolato all'epoca dei fatti di causa, nei principi fondamentali, dai R.D.L. 2270/1924 e 1827/1935 e successive modificazioni ed integrazioni. 3. L'art. 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, stabilisce: «Per gli operai agricoli a tempo determinato e le figure equiparate, l'importo giornaliero dell'indennita' ordinaria di disoccupazione di cui all'art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modifiche e integrazioni, nonche' dei trattamenti speciali di cui all'art. 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e all'art. 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e' fissato con riferimento ai trattamenti aventi decorrenza dal 1° gennaio 2008 nella misura del 40 per cento della retribuzione indicata all'art. 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, ed e' corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi, entro il limite di 365 giornate del parametro annuo di riferimento». In base a questa norma al lavoratore agricolo a tempo determinato che dovesse superare il tetto delle 270 giornate e perdere il lavoro in prossimita' della fine dell'anno, spetta comunque l'indennita' di disoccupazione per un numero di giornate pari a quelle lavorate (ovvero di iscrizione negli elenchi nominativi che ha valore soltanto probatorio del lavoro svolto, Cass. S.U. 1133/2000), entro il limite di 365 giornate. 4. Rileva altresi' ricordare - all'interno dell'articolata produzione normativa che si e' succeduta nel settore - che lo stesso limite delle 270 giornate fosse stato gia' superato (come pure riconosce l'INPS nella circolare n. 139 del 20 giugno 1988), per l'anno 1988, ma con riferimento a tutti i lavoratori agricoli (a tempo determinato ed indeterminato), dal 4° comma dell'art. 7 d.l. 86/88 conv. in legge 160/1988 che prevedeva: «Per i lavoratori agricoli che hanno conseguito il diritto alla indennita' ordinaria di disoccupazione e non quello relativo ai trattamenti speciali di disoccupazione, il trattamento di cui al comma 1 e' corrisposto per un numero di giornate pari a quelle lavorate nel 1987». In base a questa norma, anche i lavoratori a tempo indeterminato avrebbero avuto diritto all'indennita' ordinaria di disoccupazione oltre il tetto di 270 giornate, come i lavoratori a tempo determinato. La norma non risulta prorogata e non e' piu' in vigore. 5. La questione di illegittimita' costituzionale che viene ora sollevata, in relazione alla disciplina dell'indennita' di disoccupazione agricola e non agricola, risulta anzitutto rilevante nella causa, posto che, anche alla luce delle premesse in fatto, del ricorso per cassazione e della stessa sentenza impugnata, deve ritenersi che i ricorrenti abbiano proposto in giudizio due domande, chiedendo il riconoscimento di uno dei trattamenti (disoccupazione ordinaria o disoccupazione agricola) previsti dall'ordinamento per la protezione contro lo stato di disoccupazione involontaria; le due domande proposte in giudizio (in via principale ed in subordine, previa questione di costituzionalita' delle norme che regolano quella agricola) mostrano, nella loro intima connessione logica e giuridica, che lo scopo del procedimento istaurato dai lavoratori fosse di ottenere una delle protezioni previste contro il loro stato di disoccupazione involontaria, dovendo le domande essere interpretate alla luce del bene della vita il cui conseguimento muove al giudizio e senza necessita' di adottare formule sacramentali. Non rileva pertanto che nelle conclusioni rassegnate nel ricorso introduttivo non fosse esplicitamente contenuta la richiesta di accertamento del diritto e di condanna dell'Inps al pagamento della prestazione di disoccupazione agricola dovendo ritenersi che la stessa istanza fosse implicita nella richiesta di rimessione della questione di costituzionalita' dell'art. 32 comma 1° comma legge 264/49 e comunque presente nel contenuto complessivo del ricorso. 6. Cio' posto deve ritenersi che la questione di costituzionalita' delle norme sopra indicate sia altresi' non manifestamente infondata alla stregua delle seguenti osservazioni. Secondo una risalente linea di demarcazione prevista nell'ordinamento i due sistemi assicurativi contro la disoccupazione (ordinaria ed agricola) non configurano sistemi complementari, tale per cui possa operare l'uno dove non arrivi ad operare l'altro. Quello contro la disoccupazione agricola rappresenta infatti un sistema protettivo che presenta «aspetti peculiari rispetto alla disciplina generale» (Cass. 3167/2003), in relazione al calcolo ed alla riscossione dei contributi, all'accertamento della disoccupazione, alle modalita' e tipologia di prestazioni erogate (che prescindono dalla data di inizio e dalla durata dello stato di disoccupazione). L'ordinamento in vigore non consente quindi che venga erogata l'indennita' di disoccupazione ordinaria ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato; ancorche' sia pure vero che, come sostenuto dai ricorrenti, ai sensi dell'art. 24 legge 9 marzo 1989, n. 88, «ogni forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni sono fuse in una unica gestione che assume la denominazione di gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti» (giusto quanto affermato da Cassazione n. 27914/2005). 7. La distinzione tra i due sistemi protettivi risulta oggi positivamente stabilita dall'art. 2, 3° comma della legge 28 giugno 2012 n. 92 e dall'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 che parimenti escludono dall'accesso alle nuove prestazioni contro la disoccupazione ordinaria (denominate, rispettivamente, ASpI e NASpI) «gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato»; entrambe specificando (ed il decreto legislativo n. 22/2015 aggiungendo solo l'aggettivo «ultimi») che per gli stessi lavoratori «trovano applicazione le norme di cui all'art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, all'art. 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all'art. 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all'art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247». 8. La specificita' del sistema protettivo contro la disoccupazione agricola e' stata affermata pure in piu' occasioni dalla Corte costituzionale (sentenze 497 del 1988, 29 del 2017, 53 e 194 del 2017), ricordando che essa emerge - secondo la sentenza 18 luglio 1996, n. 6491 delle Sezioni Unite di questa Corte - «nella predominante funzione di integrazione del reddito che si manifesta nella cesura tra il sorgere del diritto e l'erogazione nel corso dell'anno successivo e nel peculiare meccanismo di liquidazione, ancorato alle giornate di lavoro e non a quelle di disoccupazione». 9. La prestazione di disoccupazione agricola consiste infatti nell'erogazione, in un'unica soluzione, di un'indennita' nell'anno successivo a quello in cui si e' verificato l'evento della cessazione del rapporto di lavoro; a prescindere dalla permanenza o meno dello stato di disoccupazione del lavoratore. 10. Ritiene questa Corte che la questione di costituzionalita' delle norme sopraindicate debba essere sollevata sotto il profilo della mancanza, inadeguatezza ed irragionevolezza della tutela contro la disoccupazione riservata dall'ordinamento ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato che come i ricorrenti siano stati licenziati verso la fine dell'anno (nel caso di specie il 31 dicembre 2008), dopo aver lavorato per 270 giornate. 11. Va ribadito che viene in rilievo la disciplina normativa vigente, alla data dei fatti di causa, avendo i ricorrenti chiesto l'indennita' di disoccupazione per l'anno 2009 essendo stati licenziati nel 2008. 12. Non puo' invece applicarsi ratione temporis la disciplina che risulta individuata dall'art. 2, 3° comma della legge 28 giugno 2012 n. 92 e dall'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 che nell'escluderli dall'applicazione della nuova disciplina ordinaria - assoggettano tutti i lavoratori agricoli a tempo determinato ed a tempo indeterminato ad una medesima normativa, che deve ritenersi costituita precipuamente del citato art. 1, comma 55 della legge 247 del 2007. 13. Tale norma, come gia' detta, prevede che il numero delle giornate indennizzabili per i lavoratori a tempo determinato sia pari al numero di giornate di iscrizione negli elenchi entro il limite di 365 giornate. Essa deve ritenersi estesa dopo la legge 92/2012 anche ai lavoratori a tempo indeterminato, benche' non siano per legge (art. 13 d.lgs. 375/1993) piu' tenuti ad iscriversi negli elenchi nominativi, rimanendo comunque assoggettati ad un controllo sulle giornate lavorate che prima era tenuta dallo SCAU ed ora e' effettuato dall'INPS (si veda sul punto il messaggio INPS n. 3180 del 1° agosto 2017, emanato dopo lei sentenza della Corte Cost. n. 194/017). L'indicazione da parte dei legislatore delle stesse norme applicabili indifferentemente agli operai agricoli a tempo determinato ed a quelli a tempo indeterminato, comporta - dopo la legge 92/2012 - l'applicabilita' dell'art. 1 comma 55 della legge 247/2007 a tutti i lavoratori agricoli, compresi quelli a tempo indeterminato. Le altre norme, indicate nell'art. 2, 3° comma della legge 25 giugno 2012 n. 92 e nell'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, come riferite alla uguale regolamentazione del trattamento di disoccupazione di tutti i lavoratori agricoli, non contraddicono tale interpretazione. Infatti, l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988 n. 86 convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 1988 n. 160 si occupa solo dell'entita' dell'indennita' di disoccupazione e non rileva ai fini delle giornate indennizzabili. Gli articoli 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457 e 7 della legge 15 febbraio 1977, n. 37, si riferiscono alle prestazioni speciali riservate agli operai e tempo determinato che hanno lavorato per piu' di 10l e di 151 giornate; e non rilevano quindi in relazione al trattamento ordinario dei lavoratori a tempo indeterminato. 14. Va poi precisato che l'art. 2, 3° comma della legge 28 giugno 2012 n. 92 e l'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 non richiamano invece l'art. 32 della legge 264/1949; e neppure richiamano il 4° comma (ma solo il 1° comma) dell'art. 7, co. 4, del decreto-legge 21 marzo 1988 n. 86 (convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 1988 n. 160). 15. Quanto al merito della questione di costituzionalita', va osservato che la Corte Cost. ha ricollegato «la specificita' della tutela contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli» (sentenza 53/2017) «alla natura stagionale dell'attivita' svolta» (sentenza n. 497/1988); ma ha pure affermato che essa vada misurata alla luce della protezione di cui all'art. 38 Cost. la quale postula «requisiti di effettivita', tanto piu' che essa si collega alla tutela dei diritti fondamentali della persona sancita dall'art. 2 Cost.» (Corte 497/1988; 288/1994); evidenziando che «l'indicata specificita', peraltro, non rende meno imperiosa l'esigenza di predisporre meccanismi finalizzati a garantire la perdurante adeguatezza delle prestazioni corrisposte» (sentenza n. 288 dei 1994, 53/2017). Inoltre ha affermato (sentenza n.194/2017) che «la possibilita' che il legislatore disciplini variamente la tutela contro la disoccupazione, al fine di adeguarla alla natura delle diverse attivita' lavorative (sentenza n. 160 del 1974), non esclude che le differenze di trattamento tra le varie categorie di lavoratori debbano essere «razionalmente giustificabili», in quanto fondate su «valide e sostanziali regioni», e che la scelta compiuta dal legislatore debba «essere tale da costituire piena garanzia, per i lavoratori, al conseguimento delle previdenze alle quali hanno diritto» (sentenza n. 160 del 1974). Ne consegue che la sussistenza della discrezionalita' legislativa invocata dall'INPS non esclude la necessita' di verificare nel merito le scelte operate dal legislatore con riguardo al peculiare trattamento di disoccupazione previsto per i lavoratori (a tempo indeterminato) del settore agricolo». 16. Ora, anche ad avviso di questo collegio, la specificita' del sistema di protezione contro la disoccupazione agricola e la discrezionalita' del legislatore in materia non puo' consentire, alla luce della Costituzione (artt. 3 e 38), che si arrivi alla mancanza di una qualsiasi tutela contro lo stato di disoccupazione involontaria, come accade per i lavoratori agricoli a tempo indeterminato licenziati verso la fine dell'anno. O che possa ritenersi compatibile con la Costituzione una disciplina della disoccupazione involontaria come quella in oggetto, che appare congegnata senza tener conto delle condizioni oggettive del mercato del lavoro, del tipo di lavoro prestato e del bisogno in guanto tale (mancanza di lavoro). 17. La specialita' della disciplina della disoccupazione agricola puo' sfuggire al controllo di costituzionalita' se rimane coerente alle caratteristiche occupazionali intermittenti e di tipo stagionale proprie del settore agricolo; secondo fasi determinate dalle culture praticate e dalle condizioni metereologiche. Essa non appare invece razionale ed equa (art. 3 Cost.) quando vengono in considerazione contratti come quelli a tempo indeterminato legati a condizioni di lavoro che non hanno le caratteristiche di' discontinuita' che sono supposte a fondamento della specialita' della stessa disciplina. 18. Vengono in rilievo attivita' lavorative e professionalita' impiegate in settori produttivi che non sono legati a cicli stagionali, come dimostra lo stesso caso dei lavoratori ricorrenti i quali prima di essere licenziati il 31 dicembre 2008 hanno lavorato con contratto a tempo indeterminato versando la relativa contribuzione assicurativa per 16 anni, per poi essere lasciati senza alcun ammortizzatore sociale alla fine dei rapporto di lavoro. Si tratta di lavoratori che per la loro professionalita', inerente appunto a settori non condizionati da discontinuita' produttiva, potrebbero anche non trovare nessun impiego nell'anno successivo, onde sopperire alla carenza del lavoro. E per i quali non si spiega dunque perche', davanti allo stesso spettro della disoccupazione per l'anno successivo (particolarmente visibile in questi anni di crisi economica), siano privati di qualunque tutela, benche' sussista lo stato di disoccupazione involontaria al pari degli altri lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (art. 3 Cost.). 19. Va anche considerato che l'inquadramento previdenziale dei lavoratori segue la qualificazione del datore di lavoro da cui dipendono; e che secondo l'ampia nozione di impresa agricola (desumibile dall'art. 2135 c.c. e dalla l. 240/1984) e' considerato lavoratore agricolo a tempo indeterminato colui che presta la propria opera presso un imprenditore che esercita una attivita' relativa alla coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attivita' connesse o anche in base (in base alla legge 240/1984) presso imprese cooperative e loro consorzi esercenti attivita' di trasformazione, manipolazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici. Molte di queste attivita', dunque, non sono necessariamente contraddistinte da fasi di lavoro discontinue e da cicli stagionali tali da garantire soltanto condizioni di lavoro discontinuo. 20. Nondimeno, secondo l'ordinamento in vigore ratione temporis, i dipendenti a tempo indeterminato di tutte tali imprese, per il solo fatto di essere licenziati 31 dicembre non percepiscono alcuna indennita' di disoccupazione, seconde il meccanismo di computo dell'indennita' ancorato alle 270 giornate indennizzabili, benche' dal punto di vista contributivo possano aver gia' maturato i requisiti per ottenere la prestazione di disoccupazione comune e nonostante che i loro contributi affluiscano all'unica gestione per le prestazioni temporanee. 21. Talche' non si giustifica un sistema di indennizzo contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato costruito esclusivamente sulla base del meccanismo delle giornate indennizzabili (ex art. 32 l. 264/1949), in relazione alle giornate lavorate nell'anno precedente e pertanto inidoneo a dare una adeguata tutela ai lavoratori che perdono il lavoro verso la fine dell'anno; con lesione del loro diritto alla protezione secondo l'art. 38 della Costituzione il quale riconosce ai lavoratori il diritto sociale a che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di disoccupazione involontaria. Non si scorge cioe' alcuna apprezzabile ragione, ex art. 3 Cost., in base alla quale il trattamento dello stato di disoccupazione di tali lavoratori - simile a quello dei lavoratori a tempo indeterminato degli altri settori - sia rapportato invece alle modalita' di protezione dei lavoratori agricoli a tempo determinato per tradursi praticamente in una mancanza di tutela. 22. Sotto diverso profilo, non si giustifica, inoltre, alla luce dell'art.3 della Cost., il fatto che i lavoratori agricoli a tempo indeterminato in questione, non solo siano trattati in modo deteriore rispetto a tutti gli altri lavoratori a tempo indeterminato, ma che lo siano anche (almeno con riferimento al periodo di tempo che viene in rilievo nella causa) rispetto agli stessi operai agricoli a tempo determinato da cui mutuano ;e caratteristiche fondamentali della modulazione del sistema di protezione (le giornate indennizzabili); dato che, come si e' visto, i lavoratori agricoli a tempo determinato, a parita' di lavoro nell'anno, oltre il tetto di 270 giornate, godono invece di una tutela previdenziale piu' vasta rispetto agii stessi lavoratori a tempo indeterminato. Solo i primi hanno infatti una tutela che si e' estesa con l'articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 fino ad assicurare loro, immancabilmente, una integrazione nell'anno successivo del reddito percepito nell'anno precedente, qualsiasi sia il numero delle giornate lavorate fino al 31 dicembre (anche se avessero lavorato tutti i mesi per sei giorni alla settimana e quindi fino al massimo possibile di 312 giornate). 23. Ora, se come osservato piu' volte anche dalla Corte Cost., l'indennita' di disoccupazione agricola rappresenta un'integrazione del reddito percepito nell'anno precedente, non si intuisce la funzione ed il motivo di questa differenza di trattamento; che, dinanzi alla stessa data di' cessazione del rapporto di lavoro a ridosso della fine dell'anno, porta un lavoratore a tempo determinato a percepire un'integrazione reddituale; mentre il lavoratore a tempo indeterminato a non percepire nessuna integrazione del reddito. 24. La Corte costituzionale con la recente sentenza n. 194 del 2017, in relazione ad una fattispecie in cui si discuteva del computo del requisito contributivo dei 102 contributi giornalieri richiesti dall'art. 32, 1° comma legge n. 264 del 1949 nel biennio, ha riconosciuto che l'indennita' di disoccupazione spetti anche ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato e che il requisito contributivo richiesto possa essere maturato anche in uno solo dei due anni che costituiscono il biennio. Non e' esatto quindi che la Corte Costituzionale abbia negato l'indennita' di disoccupazione agricola ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato licenziati il 31 dicembre, come afferma l'INPS in questo giudizio (richiamando quanto sostenuto nel messaggio n. 3180 dell'1.8.2017). Al contrario, l'indennita' di disoccupazione spetta perche' la sentenza n. 194/2017 ha correttamente individuato il meccanismo di computo del requisito contributivo ed ha poi aggiunto che «in situazioni analoghe a quella oggetto del giudizio a quo - che sono all'origine del dubbio di legittimita' costituzionale del rimettente - il lavoratore agricolo a tempo indeterminato potra' infatti ottenere l'indennita' di disoccupazione agricola per l'anno «per il quale [essa] e' richiesta» (nel caso del giudizio a quo il 2013), dato che, pur in mancanza di contributi accreditati in tale anno, avendo lavorato per l'intero anno «precedente» (nel caso del giudizio a quo il 2012), ha senz'altro conseguito, in tale solo anno, il necessario accredito «complessivo» di almeno 102 contributi giornalieri.». 25. La questione che viene qui in rilievo e' quindi diversa; perche' non riguarda il computo del requisito contributivo (pacificamente sussistente e non contestato in capo ai ricorrenti). Si tratta invece di garantire in concreto l'individuazione e l'erogazione di un trattamento protettivo per chi ha lavorato, nel 2008, fino alla fine dell'anno e comunque oltre le 270 giornate all'anno (limite non valevole per i lavoratori a tempo determinato). Ed allo scopo si chiede quindi la dichiarazione di incostituzionalita' delle norme indicate in relazione ai parametri specificati (artt. 3 e 38 Cost.), laddove escludono (l'art. 32 n. 264/1949) che venga corrisposto ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato, in possesso dei requisiti assicurativi, il trattamento di disoccupazione ordinario riservato agli altri lavoratori a tempo indeterminato; ed, in subordine, laddove non prevedono (l'art. 32 cit. e l'articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247) che si applichi ai medesimi lavoratori agricoli lo stesso trattamento protettivo previsto per i lavoratori agricoli a termine.