Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  Generale
dello Stato, codice fiscale n. 80224030587; fax  06/96514000  e  PEC:
roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui  uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti della Regione Puglia,  in  persona  del  Presidente
della  Giunta  Regionale  pro  tempore,  per  la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale della legge Regionale Puglia n. 60  del
20 novembre 2017 e, in particolare, degli  articoli  1,  2,  3  e  5,
recante «Disposizioni in materia  di  clownterapia»,  pubblicata  nel
B.U.R. n. 144 del 21 dicembre 2017, giusta delibera del Consiglio dei
Ministri in data 8 febbraio 2018. 
    Con la legge regionale n. 60 del 20  novembre  2017  indicata  in
epigrafe, che consta di otto articoli, la Regione Puglia  ha  emanato
le disposizioni «in materia di clownterapia». 
    Con  la   predetta   legge,   che   promuove   l'utilizzo   della
«clownterapia», «quale trattamento a supporto  e  integrazione  delle
cure  cliniche-terapeutiche,   con   particolare   riferimento   alle
strutture  sanitarie,  nonche'  degli  interventi   nelle   strutture
socio-sanitarie e socio-assistenziali» (art. 1, comma 1), la  Regione
Puglia eccede dalla propria competenza regionale nella misura in  cui
istituisce una nuova figura professionale, quale quella del "clown di
corsia", non prevista dalla  legislazione  statale  in  materia,  con
conseguente  lesione  della  competenza   statale   in   materia   di
professioni, in violazione dell'art 117, comma 3, della Costituzione. 
    E' avviso del Governo che, con la legge n.  60/17  citata  e,  in
particolare, con le norme denunciate in epigrafe, la  Regione  Puglia
abbia, quindi, ecceduto dalla propria competenza in violazione  della
normativa costituzionale, come si confida di dimostrare  in  appresso
con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
Gli articoli 1, 2, 3 e 5 della legge Regione Puglia 20 novembre 2017,
n. 60 violano l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Come gia'  ricordato,  la  predetta  legge  n.  60/2017  promuove
l'utilizzo della «clownterapia»,  «quale  trattamento  a  supporto  e
integrazione  delle  cure  cliniche-terapeutiche,   con   particolare
riferimento alle strutture sanitarie, nonche' degli interventi  nelle
strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali» (art. 1,  comma  1).
L'art. 1, alla lettera a),  definisce  il  termine  "clownterapia"  o
"terapia del sorriso" come "la possibilita' di utilizzare, attraverso
l'opera di personale medico, non medico, professionale e di volontari
appositamente formati, il sorriso e il pensiero positivo a favore  di
chi soffre un disagio fisico, psichico  o  sociale.  La  clownterapia
puo' svolgersi in  contesti  ospedalieri,  non  solo  pediatrici,  in
centri per la disabilita', in centri per la terza eta',  in  contesti
sociali difficili, carceri, quartieri a  rischio,  nelle  scuole,  in
missioni umanitarie e in occasione di eventi calamitosi". 
    Il medesimo art. 1, alla lettera b), definisce "clown di corsia",
«quella figura che, utilizzando specifiche  competenze  acquisite  in
varie discipline, analizza i bisogni dell'utente per  migliorarne  le
condizioni fisiche e mentali, all'interno delle strutture  sanitarie,
socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando  i  principi  e  le
tecniche della clownterapia». 
    - L'art. 2, al comma 1,  stabilisce  che  «per  il  conseguimento
delle finalita' di cui all'art. 1,  la  Regione  Puglia  promuove  la
formazione professionale del  personale  delle  strutture  sanitarie,
socio-sanitarie e delle associazioni di volontariato e di  promozione
sociale  e  delle   cooperative   che   operano   nell'ambito   della
clownterapia». 
    I successivi commi 2 e  3  prevedono,  rispettivamente,  che  «la
qualifica professionale  del  clown  di  corsia  e'  riconosciuta  al
termine di un percorso formativo  che  deve  svolgersi  nel  rispetto
degli standard formativi specifici, individuati  dal  regolamento  di
cui all'art. 3»; e che «i corsi di formazione sono organizzati  dalle
associazioni di cui al comma 1, iscritte nel registro regionale delle
associazioni di volontariato di cui alla  legge  regionale  16  marzo
1994,  n.  11  (Nonne  di   attuazione   della   legge   quadro   sul
volontariato),  secondo  le  modalita'  e  i  criteri  stabiliti  dal
regolamento di cui all'art. 3». 
    - L'art. 3, prevede, quindi, che entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore  della  legge  n.  60/2017  citata,  «la  Giunta
regionale, con apposito regolamento da adottarsi ai  sensi  dell'art.
44, comma 2, dello  Statuto  regionale,  definisce  i  criteri  e  le
modalita' di svolgimento dei corsi previsti  dalla  presente  legge»;
tra cui le materie oggetto del percorso formativo,  la  durata  e  il
numero complessivo delle ore dei corsi, suddivise in ore di studio  e
ore di tirocinio, i requisiti per l'accesso  ai  corsi,  i  requisiti
professionali dei membri della commissione incaricata  di  effettuare
la valutazione della prova finale, le modalita' per il riconoscimento
dei crediti formativi e  lavorativi  per  coloro  che  gia'  svolgono
l'attivita' di "clownterapia" presso strutture o enti  alla  data  di
entrata in vigore della legge stessa. 
    - L'art. 5  istituisce  un  apposito  registro  regionale  per  i
soggetti che svolgono l'attivita' di "clownterapia". 
    Le norme sopra  indicate,  e  l'intera  legge  regionale,  avente
carattere normativo omogeneo, individuano e  disciplinano,  pertanto,
la  figura  professionale  del  "clown  di   corsia",   della   quale
definiscono   il   percorso    formativo,    prevedendo,    altresi',
l'istituzione di un apposito registro regionale per  i  soggetti  che
svolgono l'attivita' di "clownterapia". 
    Cosi' disponendo, la legge in esame istituisce  la  nuova  figura
professionale del "clown di corsia", non prevista dalla  legislazione
statale in materia, con conseguente lesione della competenza  statale
in materia di professioni, in violazione dell'art. 117, terzo  comma,
della Costituzione. 
    Spetta, infatti, allo Stato, come costantemente  affermato  dalla
giurisprudenza   costituzionale,   l'individuazione   delle    figure
professionali, con i relativi profili e  titoli  abilitanti,  per  il
carattere necessariamente unitario a livello statale che riveste tale
individuazione (sentenze n. 217 del 2015, punto 2.2. del  Considerato
in diritto; n. 178 del 2014, punto 1.2. del Considerato  in  diritto;
n. 230 del 2011, punto 2. del Considerato in diritto; e  n.  300  del
2010, punto 3. del Considerato in  diritto).  La  potesta'  regionale
nella  materia  concorrente   delle   professioni   deve,   pertanto,
rispettare tale principio. 
    Analogamente  si   e'   pronunciata   anche   la   giurisprudenza
amministrativa (sentenze del Consiglio di Stato n. 883 del 2015 e  n.
1417 del 2014). 
    Tale  principio,   in   base   al   quale   spetta   allo   Stato
l'individuazione delle figure professionali con i relativi profili  e
titoli abilitanti, si configura, pertanto,  quale  limite  di  ordine
generale  «invalicabile  dalla  legge  regionale.  Da   cio'   deriva
l'impossibilita' per il legislatore regionale di  dar  vita  a  nuove
figure professionali» (sentenza n. 300 del 2010 citata, punto 3.  del
Considerato in diritto). 
    Il legislatore statale ha, infatti, specificato, con l'art. 1, al
comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n.  30,  contenente
la «Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni,
ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131», che  «Il
presente decreto legislativo individua  i  principi  fondamentali  in
materia di professioni, di  cui  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, che si desumono dalle leggi vigenti ai sensi  dell'art.
1, comma  4,  della  legge  5  giugno  2003,  n.  131,  e  successive
modificazioni»; al comma 2, che «Le regioni  esercitano  la  potesta'
legislativa in materia  di  professioni  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali di cui al Capo II»; e, al  comma  3,  che  «la  potesta'
legislativa regionale si esercita  sulle  professioni  individuate  e
definite dalla normativa statale». 
    Va sottolineato, inoltre, che lo stesso legislatore  statale  non
ha trascurato di considerare che eventuali nuovi  fabbisogni  possono
condurre all'istituzione di profili professionali diversi  e,  a  tal
fine, dopo  aver  fissato  i  principi  in  materia  di  «professioni
sanitarie      infermieristiche,      ostetrica,       riabilitative,
tecnico-sanitarie e della prevenzione»,  ha  delineato,  all'art.  5,
significativamente rubricato «individuazione e istituzione  di  nuove
professioni  sanitarie»,  della  legge  1°  febbraio  2006,  n.   43,
contenente le  «Disposizioni  in  materia  di  professioni  sanitarie
infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della
prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini
professionali», una procedura semplificata per l'individuazione - con
il coinvolgimento delle Regioni - di nuove professioni  sanitarie  da
ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli  1,  2,  3  e  4
della legge 10 agosto 2000, n. 251, contenente la  «Disciplina  delle
professioni    sanitarie    infermieristiche,     tecniche,     della
riabilitazione,  della   prevenzione,   nonche'   della   professione
ostetrica». 
    Tale procedura e' stata di recente modificata dall'art.  6  della
legge 11 gennaio 2018, n. 3, recante «Delega al Governo in materia di
sperimentazione clinica di medicinali, nonche'  disposizioni  per  il
riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del
Ministero della salute». 
    In particolare, il comma 2 del citato art. 5 della  legge  n.  43
del 2006, come sostituito dall'art. 6 della predetta legge n.  3  del
2018, in vigore dal 15 febbraio 2018, prevede che  «L'istituzione  di
nuove professioni sanitarie e' effettuata, nel rispetto dei  principi
fondamentali  stabiliti   dalla   presente   legge,   previo   parere
tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanita', mediante  uno
o piu' accordi, sanciti  in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano, ai sensi dell'art. 4 del decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei ministri». 
    A seguito di tale intervento legislativo emerge  chiaramente  che
l'esigenza di garantire un percorso formativo comune per tutti coloro
che  operano   nel   campo   della   "clownterapia"   potra'   essere
eventualmente soddisfatta osservando la procedura sopra illustrata  e
soltanto  con  tale  modalita';  medio  tempore,  per  quanto  sinora
osservato, alla Regione Puglia non e' consentito, con propria  legge,
istituire la figura professionale del  "clown  di  corsia",  pena  la
violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.