LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda Sezione civile 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
      Stefano Petitti - Presidente; 
      Felice Manna - consigliere; 
      Vincenzo Correnti - relatore consigliere; 
      Ubaldo Bellini - consigliere; 
      Alberto Giusti - consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
15297-2015,  proposto  da:   Borrelli   Anna   Maria,   elettivamente
domiciliata in Roma, via Nizza n. 11, presso lo studio  dell'avvocato
Tommaso Proto, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabrizio Senatore
- ricorrente; 
    contro il Ministero dell'economia e delle finanze in persona  del
Ministro pro tempore - intimato; 
    avverso il decreto della Corte d'appello di Napoli, depositato il
9 dicembre 2014; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal consigliere Vincenzo Correnti; 
    udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Corrado Mistri ritenuta rilevante e non manifestamente  infondata  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con riferimento agli articoli 3  e
117, primo comma, Cost., in relazione agli articoli 6, paragrafo 1, e
13, CEDU, come interpretati ed applicati dalla Corte EDU, disporre la
sospensione   del   presente   procedimento   ordinando   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale,  con  riserva  di
ogni ulteriore determinazione e decisione. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Anna Maria Borrelli propone ricorso  per  cassazione  avverso  il
decreto della Corte di appello di Napoli del 9 dicembre 2014  che  ha
dichiarato  improponibile  la  domanda  di   equa   riparazione   non
risultando proposta la domanda di prelievo nel  giudizio  presupposto
conclusosi   con   dichiarazione   di   perenzione   del    Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania del 29 giugno 2010. 
    Non resiste il Ministero dell'economia e delle finanze. 
    Il ricorso denunzia violazione di norme di diritto, del principio
tempus regit actum e contraddittoria motivazione ed e' illustrato  da
memoria fuori termine. 
    Il Procuratore Generale Mistri  ha  chiesto  la  sospensione  del
procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente  infondata  la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  2°  comma,
decreto-legge n. 112/08, convertito con  modificazioni  in  legge  n.
133/08, in relazione all'art. 117, comma  1,  Cost.  e  ai  parametri
interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU. 
    In base alla giurisprudenza ormai del tutto  costante  di  questa
Corte Suprema,  l'art.  54,  decreto-legge  n.  112/08  e  successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi pendenti alla data del 16 settembre  2010,  la  previa
presentazione   dell'istanza   di   prelievo   e'    condizione    di
proponibilita'  della  domanda  di  equa  riparazione   in   rapporto
all'intero svolgimento del giudizio presupposto, e dunque  anche  per
la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008, data di entrata  in
vigore  del  decreto-legge  n.  112/08   che   tale   condizione   di
proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, a) «(l)'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) - convertito in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto  2008  -  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole  "art.
2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n.
89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)"   sono
soppresse»; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 - ha  stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  «le   parole
"un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di
prelievo di cui  all'art.  81,  comma  1,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione"»;  e)  ancora  successivamente,  l'art.  1,  comma  3,
lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.
195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore daini dicembre 2011 - ha disposto che: «al comma 23, le parole
"81, comma 1" sono sostituite dalle seguenti "71, comma  2"»;  f)  la
disposizione dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008
- in vigore dal 16 settembre 2010 -  risulta  del  seguente  testuale
tenore: "La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al  periodo  anteriore  alla  sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio 2016),  «il  comma  2,
dell'art. 54, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativa di riferimento,
e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1)
ai procedimenti per equa riparazione, promossi  a  far  data  dal  25
giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112
del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto  17  agosto
1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  a
far data dal 16 settembre 2010, si applica  -  invece  -  l'art.  54,
comma 2, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008  nel  seguente
testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non  rileva
(...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai  soli  giudizi  amministrativi  per  i
quali il termine di' ragionevole durata sia violato alla data del  31
ottobre 2016» (cosi' si esprime Cass. n.  16404/16;  conformi,  Cass.
nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 
    In generale, secondo la costante giurisprudenza di  questa  Corte
l'istanza di prelievo disciplinata dall'art. 51 del regio decreto  17
agosto 1907, n. 642 e l'istanza  di  fissazione  d'udienza,  regolata
dall'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, assolvono funzioni
distinte,  avendo  la  prima  la  finalita'  di  accelerare  processo
mediante il riscontro dei persistente interesse del ricorrente, e  la
seconda  quella  d'impedire,  mediante   il   perfezionamento   della
costituzione  del  ricorrente  e  la  fissazione   dell'udienza,   la
perenzione del giudizio.  Ne  consegue  che  dall'entrata  in  vigore
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112,  convertito
nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande di equa riparazione
relative a procedimenti che si svolgono  davanti  alle  giurisdizioni
amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza di  prelievo,
costituisce  una  condizione  di  proponibilita'  non  fungibile  con
l'istanza di fissazione d'udienza (cosi, Cass. nn. 16404/16,  780/15,
25572/10, nonche', tra le non massimate, 18546/14 e 785/15). 
    In particolare, poi, l'insostenibile  equipollenza  tra  l'una  e
l'altra ipotesi non e' esclusa ove una nuova istanza  di  discussione
sia stata presentata dopo la  scadenza  del  termine  di  180  giorni
previsto dall'art. 1, primo comma,  dell'allegato  3  al  c.p.a.  per
verificare il persistente interesse alla decisione del ricorso.  Cio'
non solo  e  non  tanto  perche'  una  nuova  istanza  di  fissazione
d'udienza presentata dopo  180  giorni  dall'entrata  in  vigore  del
c.p.a. va  equiparata  ad  altro,  vale  a  dire  ad  una  tempestiva
dichiarazione, ai sensi del secondo comma del medesimo  articolo,  di
persistenza dell'interesse a  che  la  causa  sia  trattata,  purche'
proposta nei 180 giorni dalla comunicazione del decreto di perenzione
(e in mancanza di comunicazione senza neppure tale limite temporale);
ma anche ed  essenzialmente  in  quanto  il  prelievo  presuppone  un
processo amministrativo in cui la costituzione della parte ricorrente
si sia perfezionata, rendendo cosi attuale l'obbligo del  giudice  di
pronunciarsi. Pendenti i termini di cui al primo e al  secondo  comma
del ridetto articolo, tale  perfezione,  non  piu'  assicurata  dalla
prima istanza ex art. 23  legge  TAR  a  causa  dell'onere  iterativo
imposto dalla medesima norma transitoria del c.p.a., non  puo'  farsi
dipendere da un atto cui s'intenda attribuire il diverso effetto  del
prelievo, che a sua volta quella costituzione perfetta presuppone. 
    Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza  di
prelievo,  la  domanda  di  equa  riparazione  sarebbe  improponibile
secondo il diritto vigente. 
    Della  cui  legittimita'  costituzionale,  nei  termini   innanzi
prospettati, si deve dubitare a  stregua  dei  piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte EDU. 
    Con la sentenza nel caso Daddi  c/  Italia  (n.  15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge  n.  112/08  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza  emessa  nel  caso  Olivieri  c/
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte EDU  ha
affrontato  in  maniera   diretta   il   problema   dell'effettivita'
dell'istanza nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla  condizione  di
proponibilita' dell'art. 54, comma 2,  decreto-legge  n.  112/08.  Ed
esaminando diacronicamente tale  disposizione,  fino  al  suo  ultimo
testo scaturito dalle modifiche apportate dal decreto legislativo  n.
104/10, ha convertito in critica espressa e  consapevole  la  riserva
formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» previsto dall'art.
54, comma 2 della legge  n.  112/08  risulta  essere  una  condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E  richiamata  la  propria  giurisprudenza   sul   principio   di
effettivita' delta tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
    Benche' occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto  l'equa
riparazione per  l'irragionevole  durata  del  processo  verificatasi
anteriormente al  25  giugno  2008  (iniziati  nel  1990,  i  giudizi
amministrativi presupposti  erano  stati  definiti  tra  il  mese  di
novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande ex  lege  n.
89/01  presentate  vigente  il   testo   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge n. 112/08 ante  decreto  legislativo  n.  104/10,  tale
precedente appare idoneo a  incidere  sulla  decisione  del  caso  in
oggetto (per non  dire  dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter
della legge n. 89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lett.  a),
della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri c/ Italia (v. par. 65), il riferimento  al  ridetto  decreto
legislativo non puo' liquidarsi quale mero obiter dictum (peraltro di
dubbia configurabilita' in un contesto  motivazionale  esclusivamente
argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto  tra
norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo  tramite,  la
Corte di Strasburgo ha confermato e viepiu'  chiarito  il  senso  del
giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge n.  89/01
e della previsione dell'istanza di prelievo quale rimedio preventivo.
E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere  che,  adita  in
relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile  a  quello  ora  in
esame, la Corte EDU reiteri le medesime considerazioni operate su  di
una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte EDU con la decisione sul caso Olivieri e'  da  ritenersi  ormai
adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato
sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul  caso  Daddi;
e' stato adottato  all'unanimita';  non  presenta  alcuna  attitudine
innovativa rispetto alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale
fin qui seguita; concerne una fattispecie tutt'altro  che  isolata  o
peculiare, ma anzi connotata  da  ovvi  elementi  di  serialita';  si
colloca, coerente, nel solco  della  giurisprudenza  di  detta  Corte
europea sul principio di effettivita' per come esso vive in  concreto
negli  ordinamenti  nazionali;  ed  e'  stato  espresso  nella  piena
consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 
    Cosi' restituito a questa Corte  di  cassazione  il  compito  suo
proprio d'interpretare l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08  e
successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che
la legittimita' costituzionale  della  norma  e'  stata  ritenuta  in
relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e  111  Cost.  Una
volta esclusane l'applicazione retroattiva (id est, del testo attuale
ai processi amministrativi non pendenti alla data  del  16  settembre
2010 di entrata  in  vigore  del  c.p.a.),  essa  non  determina  ne'
irragionevoli disparita'  di  trattamento,  ne'  lesione  alcuna  dei
principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che
l'istanza di prelievo manifesta l'interesse della parte ad una rapida
definizione della domanda di giustizia (cfr. Cass. n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativa della
legge n. 89/01 e dell'art. 54, decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/10, e sostituita  la  disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art.  71-bis,  aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/10
dall'art. 1, comma 781, lett. b), della legge n. 208/15, in  base  al
quale a seguito dell'istanza di cui al  comma  2,  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)  effettivita'  del  rimedio  interno  secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la  questione  in
esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi'  Cass.  n.  3271/11,  che  da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come e' si detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche  a
S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in  un
termine ragionevole, va riscontrata, anche per le  cause  davanti  al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne'  implica  il  trasferimento  sul  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008/2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01, dall'art. 1, comma
777, lett. a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell'imporre  al
ricorrente  di  prenotare   gli   effetti   della   riparazione   per
l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita'
dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del  fatto  che  i
rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione
dell'art. 6, par. 1 CEDU sia consumata (salvo rilevare sin da ora che
nessuna  disposizione  imporrebbe  di   adottare   corsie   decisorie
preferenziali). Per contro, nel caso dei processi pendenti alla  data
del 16 settembre 2010, l'art. 54, comma 2,  decreto-legge  n.  112/08
impone tale prenotazione indipendentemente dalla circostanza  che  la
violazione si sia gia'  realizzata  o  meno.  Prova  ne  sia  che  la
proponibilita' della domanda di equa riparazione non e'  esclusa  ove
l'istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in  epoca
risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che  nessuna
norma e nessun principio processuale ne impongono la reiterazione  ad
intervalli piu' o  meno  regolari  (v.  Cass.  n.  14386/15);  e  che
l'istanza di prelievo, anche quando condiziona  ratione  temporis  la
proponibilita' della domanda di indennizzo, non  incide  sul  computo
della durata del processo, che  va  riferita  all'intero  svolgimento
processuale e non alla sola fase seguente detta istanza  (cfr.  Cass.
nn. 13554/16 e 2172/17). 
    Resta - difficilmente eludibile - una significativa diversita' di
accenti. Mentre per la giurisprudenza  della  Corte  EDU  il  rimedio
interno deve  garantire  o  la  durata  ragionevole  del  giudizio  o
l'adeguata riparazione della violazione del  precetto  convenzionale,
sicche' ogni ostacolo che vi si  frapponga  rende  non  effettivo  il
rimedio stesso, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 interpone
proprio questo ostacolo. La sua finalita' selettiva, volta a impedire
riparazioni indiscriminate nell'ambito di un processo peculiare  come
quello  amministrativo,  in  cui  piu'  che  in  altri  il   rapporto
sostanziale tra le parti e' soggetto alla temperie di fattori esterni
e mutevoli destinati ad incidere su quello processuale, se da un lato
illumina la ratio della norma dall'altro  ne  denuncia  il  contrasto
irredimibile con la Convenzione. Secondo la Corte  EDU,  infatti,  un
processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto al
termine di durata  ragionevole  e  alle  conseguenze  della  relativa
violazione. 
    Non a caso la sentenza  Olivieri  c/  Italia,  nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria  del  TAR  per  chiedere  la  fissazione
d'urgenza della data dell'udienza».  Il  che  fa  risaltare  l'aporia
intrinseca dell'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  cit.,  il  quale
subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non  solo  non  e'
funzionale alla progressione del giudizio piu' di quanto non  lo  sia
la  semplice  istanza  di  fissazione  dell'udienza,  essendo  dovuta
nell'un caso come nell'altro  la  risposta  giurisdizionale  fino  al
limite della perenzione; ma che altresi' si  trasfigura  rispetto  al
proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per  ragioni
d'urgenza a mezzo di pura prenotazione dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    Dunque e riassumendo, mentre nella giurisprudenza della Corte EDU
il  rimedio  preventivo  e'  tale  se  efficacemente  sollecitatorio,
l'interesse alla  risposta  giurisdizionale  derivando  dalla  stessa
pendenza del processo, nel sistema integrato della legge n.  89/01  e
del piu' volte citato art. 54, comma 2, il rimedio preventivo non  e'
sollecitatorio, ma puramente dichiarativo di un interesse  altrimenti
gia' incardinato nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di qui la rilevanza e non manifesta infondatezza della  questione
di   legittimita'   costituzionalita'   dell'art.   54,   comma    2,
decreto-legge n. 112 del 2008,  convertito  con  modificazioni  dalla
legge n. 133 del 2008, per contrasto con  l'art.  117,  primo  comma,
Cost., in relazione agli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par.  1,  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), nella parte in  cui,  relativamente  ai
giudizi pendenti alla data del  25  giugno  2008  e  per  il  periodo
successivo a tale data, subordina la proponibilita' della domanda  di
equa   riparazione   per   l'irragionevole   durata    dei    giudizi
amministrativi alla previa presentazione dell'istanza di prelievo.