TRIBUNALE ORDINARIO DI VITERBO Ufficio del Giudice del lavoro Proc R.G.L.P. n. 1477/2015 L.P. Gigli Ugo contro Commissario straordinario A.T.E.R. di Viterbo A.T.E.R. Regione Lazio Il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 1477 del ruolo generale per gli affari contenziosi di lavoro dell'anno 2015, vertente tra: Gigli Ugo (con gli avv.ti Maria Cristina Manne Isabella Ballarono e Domenico Tomassetti); A.T.E.R. di Viterbo (con l'avv. Mauro De Angelis); Pierluigi Bianchi quale commissario straordinario dell'A.T.E.R. di Viterbo (con l'avv. N. D'Agostino); Regione Lazio - in qualita' di terzo chiamato all'esito della camera di consiglio in data odierna Premesso Che con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato in data 15 settembre 2015, Gigli Ugo ha adito questo Tribunale in funzione di giudice del lavoro esponendo in fatto, che con deliberazione n. 6 del 12 dicembre 2011 il Consiglio di amministrazione dell'A.T.E.R. di Viterbo aveva conferito al ricorrente l'incarico di direttore generale, confermando allo stesso funzioni, stato giuridico e trattamento economico gia' in essere; che era stato conseguentemente stipulato un contratto individuale di lavoro tra il ricorrente e l'A.T.E.R. di Viterbo, «a far data dal 12 dicembre 2011, per anni cinque» e quindi con scadenza alla data del 12 dicembre 2016; che per la disciplina del rapporto le parti avevano rinviato alla normativa del C.C.N.L. per i dirigenti Imprese pubblica utilita'; che, a seguito dell'insediamento della nuova giunta regionale del Lazio, con deliberazione G.R. n. 165 del 3 luglio 2013, era stato disposto il commissariamento di tutte le A.T.E.R. del Lazio; che con decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00207 del 31 luglio 2013, era stato nominato quale commissario straordinario dell'A.T.E.R. di Viterbo, in sostituzione del Presidente e del CdA, l'avv. Pierluigi Bianchi, fino al 30 settembre 2014; che lo stesso avv. Pierluigi Bianchi era stato nuovamente nominato commissario straordinario con decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00344 del 1° ottobre 2014, «con i poteri del Presidente e del CdA, fino alla nomina dei nuovi organi di amministrazione»; che in data 29 gennaio 2015 il ricorrente aveva appreso di essere stato rimosso dall'incarico di direttore generale dell'A.T.E.R. di Viterbo, con una lettera di pari data, sottoscritta - senza previa adozione di alcun atto deliberativo - dal commissario straordinario dell'ATER di Viterbo, avv. Pierluigi Bianchi; che tale lettera aveva disposto la cessazione del ricorrente dall'incarico di direttore generale sul mero presupposto della necessita' di attuare la previsione «dell'art. 11, comma 2, legge n. 20/2002» e «dell'art. 12 dello Statuto aziendale»; che con Deliberazione adottata lo stesso giorno (29 gennaio 2015), il commissario straordinario aveva nominato per la durata di 4 giorni il sig. Massimo Bindi; che il ricorrente aveva, dunque, impugnato tale risoluzione con lettera raccomandata spedita in data 20 marzo 2015 e ricevuta dall'A.T.E.R. in data 23 marzo 2015; di aver, inoltre, proposto ricorso e ex art. 700 codice di procedura civile che era stato respinto per insussistenza del periculum in mora e di aver proposto reclamo al Collegio ai sensi dell'art. 669-terdecies codice di procedura civile, risoltosi con conferma dell'ordinanza di prime cure. Tutto cio' premesso, parte attorea ha dedotto in diritto: la nullita' e/o l'inesistenza e/o l'invalidita' e/o l'annullamento e/o la natura discriminatoria dell'atto di decadenza per motivo illecito determinante e/o la violazione di norme imperative e il diritto alla reintegra nell'incarico sostenendo l'illegittimita' della comunicazione del 29 gennaio 2015 del commissario straordinario e della nota delle due direzioni regionali del 19 gennaio 2015 in quanto mancante il presupposto di applicazione della normativa invocata, ossia «la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione» (non essendo tale evento ravvisabile nell'avvenuto commissariamento) e, dunque, la conseguente violazione dell'art. 12 dello statuto dell'Ater e dell'art. 11, comma 2, della legge regionale n. 30/2012 e la nullita' dell'irrogato licenziamento ai sensi del combinato disposto degli articoli 1343 e 1418 codice civile ovvero ai sensi del 1344 codice civile e, in ogni caso, ai sensi dell'art. 1345 per motivo illecito determinante; in subordine, l'invalidita' e/o l'annullabilita' e/o l'inefficacia dell'atto di decadenza per violazione di norme imperative e/o comunque per contrarieta' ai principi di buona fede e correttezza in executivis di cui agli articoli 1175 e 1375 codice civile e il diritto al risarcimento del danno patrimoniale per equivalente economico: al riguardo ha eccepito l'inadempimento contrattuale, per la risoluzione del rapporto lavorativo prima del relativo termine; ha altresi' dedotto l'illegittimita' costituzionale dell'art. 55, comma 5, dello Statuto regionale, contenente il richiamo al sistema dello spoils system, il cui contenuto precettivo era stato gia' dichiarato incostituzionale con sentenza n. 104 del 23 marzo 2007, sebbene in riferimento ad altra norma (art. 55, comma 4); ha quindi sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art 55, comma 5, della legge regione Lazio n. 1/2004 e dell'art. 11, comma 2, della legge regione Lazio n. 30/2002 per violazione degli articoli 97 e 98 Cost.; in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, nello specifico del danno morale soggettivo e del pregiudizio all'immagine professionale. Nel costituirsi in giudizio, con comparsa depositata in cancelleria il 15 febbraio 2016, il commissario straordinario dell'ATER Pierluigi Bianchi ha resistito alle avverse domande eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva quale commissario straordinario dell'ATER. Nel merito ha dedotto l'insussistenza di una ipotesi di licenziamento illegittimo sanzionabile con la reintegra, sottolineando essersi verificata una decadenza dall'incarico ai sensi della legge regionale n. 30/2002, dello statuto aziendale, della delibera di nomina e del contratto di collaborazione, che ha osservato essere norme vigenti, non dichiarate incostituzionali, e di previsioni contrattuali, volontariamente sottoscritte e pienamente vincolanti. Ha poi eccepito l'infondatezza della domanda di reintegra per incompatibilita' della tutela reale con un rapporto di lavoro a tempo determinato; la piena equiparazione tra la costituzione di un nuovo consiglio di amministrazione e la nomina di un commissario straordinario; l'inesistenza del motivo illecito determinante dedotto da circostanze di fatto non veritiere e sfornite di riscontro probatorio; l'infondatezza della domanda risarcitoria del danno non patrimoniale e la sola spettanza, nel caso venga dichiarata l'illegittimita' della decadenza, della corresponsione di una indennita' di mancato preavviso ai sensi degli articoli 34 e 35 del CCNL CISPEL. Nel costituirsi con comparsa depositata il 12 gennaio 2016 l'A.T.E.R. di Viterbo ha chiesto respingersi le domande attoree, assumendo in primo luogo l'equiparabilita' tra l'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione e la nomina del commissario straordinario (essendo quest'ultimo organo straordinario dell'amministrazione dell'ente cui spettano gli stessi poteri di tutti gli organi dell'ente il cui mandato sia cessato per qualsiasi ragione); ha quindi dedotto l'applicabilita', a seguito al commissariamento, dell'art. 11, somma 2, della L.R. Lazio n. 30/2002 e dell'art. 12 dello Statuto aziendale, che dispongono la cessazione automatica degli incarichi dei direttori generali in caso di insediamento del nuovo consiglio di amministrazione; che le stesse direzioni regionali avevano comunicato ai commissari delle ATER che, a seguito della loro nomina, avrebbe trovato applicazione l'art. 11 della L.R. n. 30/2002, l'art. 55, comma 5, dello Statuto della Regione Lazio e l'art. 19 del decreto legislativo n. 165/2001 a mente dei quali dovevano ritenersi cessati gli incarichi dei direttori generali decorsi 90 giorni dall'insediamento degli organi di vertice delle rispettive amministrazioni; ha conseguentemente escluso la sussistenza di motivi illeciti, non essendo veritiere le circostanze prospettate e difettando il nesso di causalita' tra queste ultime e la decadenza operante ope legis. L'azienda ha infine eccepito l'infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, la cessazione dall'incarico trovando fondamento non solo nell'art. 55 dello statuto regionale ma anche nell'art. 11, comma 2, della L.R. n. 30/02 nonche' nell'art. 12 dello statuto aziendale dell'ATER di Viterbo, norme vigenti ed accettate dal ricorrente con la sottoscrizione di apposito contratto. Ha in ultimo dedotto l'inammissibilita' della tutela reale, da ritenersi inapplicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato, e l'infondatezza della domanda risarcitoria ex art. 1218 codice civile e in ogni caso l'inapplicabilita' dell'art. 29 del C.C.N.L. dirigenti imprese pubblica utilita' ai fini della quantificazione del danno; ha parimenti eccepito l'insussistenza dei lamentati danni patrimoniale e non patrimoniale per mancanza dei requisiti costitutivi. Il terzo chiamato in causa, Regione Lazio, costituendosi con deposito di memoria difensiva in data 24 marzo 2016, ha resistito alle avverse domande eccependo, in primo luogo, il difetto di legittimazione passiva, essendo essere soggetto estraneo al rapporto intercorso tra il ricorrente e il datore di lavoro, l'A.T.E.R. di Viterbo, soggetto dotato di personalita' giuridica, autonomia imprenditoriale, patrimoniale, finanziaria e contabile; in secondo luogo, ha eccepito l'inammissibilita' e la conseguente infondatezza della domanda di manleva, fondata su una nota regionale indirizzata a tutte le A.T.E.R. del Lazio, che ha sostenuto essere del tutto generica e che l'A.T.E.R. di Viterbo avrebbe ben potuto disattendere; sul presupposto della equiparabilita' tra insediamento del commissario straordinario e insediamento del nuovo consiglio di amministrazione e della conseguente risoluzione ipso iure del contratto lavorativo, ha altresi' dedotto la legittimita' del provvedimento di decadenza e l'infondatezza della domanda principale; per l'ipotesi in cui si fosse ritenuta l'illegittimita' del provvedimento di rimozione, ha comunque sostenuto l'inammissibilita' della domanda di reintegra; in ordine alla pretesa risarcitoria, ha infine eccepito la carenza di prova tanto in ordine alla potenzialita' lesiva della condotta aziendale, quanto in ordine all'esistenza del nesso causale con il danno lamentato, ed ha contestato la pretesa anche sotto il profilo del quantum debeatur. In fatto, va premesso che la delibera della giunta regionale del Lazio n. 165 del 3 luglio 2015 - al fine di dare attuazione alla legge 28 giugno 2013 n. 4 contenente disposizioni in tema di riduzione dei costi della politica e di razionalizzazione degli uffici e servizi della Regione ed in particolare in attuazione dell'art. 22, concernente il riordino degli enti e la riduzione del numero dei componenti degli organi - aveva disposto il commissariamento delle aziende territoriali per l'edilizia residenziale pubbliche di tutte le Provincie del Lazio, rimettendo a successivi decreti del Presidente della Regione l'adozione degli atti di nomina di altrettanti commissari straordinari. Nelle premesse la suddetta delibera dava atto che ai sensi dell'art. 55, comma 4, dello statuto regionale «i componenti degli organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti dalla Regione decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del consiglio salvo conferma con le stesse modalita' previste per la nomina» e che pertanto, essendosi insediato il nuovo Consiglio Regionale in data 25 marzo 2013, «gli organi istituzionali delle A.T.E.R. sono decaduti dalla carica il 23 giugno 2013». Con successiva deliberazione n. 642 del 30 settembre 2014 la giunta regionale aveva disposto la proroga fino al 15 settembre 2015. Per la ATER di Viterbo il commissario straordinario era stati nominato con decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00344 del 1° ottobre 2014. In seguito la nota congiunta della direzione regionale infrastrutture, ambiente e politiche abitative e della direzione regionale risorse umane e sistemi informativi prot. n. 27633 del 19 gennaio 2015 aveva sostanzialmente ribadito il contenuto della citata delibera di giunta precisando che «... avuto riguardo alla succitata normativa regionale, nonche' all'art. 55, comma 5, dello statuto della Regione Lazio e alle disposizioni generali in materia di incarichi dirigenziali di vertice di cui all'art. 19, commi 3 ed 8, del decreto legislativo n. 165/01, ... gli incarichi dei direttori generali delle aziende in indirizzo devono ritenersi cessati decorsi 90 giorni dall'insediamento degli organi commissariali in argomento, salvo conferma da parte degli organi stessi. Al riguardo si precisa che il dies a quo del termine di 90 giorni va individuato nella data di effettiva assunzione delle funzioni da parte dei rispettivi commissari straordinari. In relazione a quanto sopra, si invitano i commissari straordinari delle aziende in indirizzo, qualora non avessero gia' provveduto, a disporre con urgenza gli atti relativi alla nomina di nuovi direttori generali nel rispetto della normativa sopra richiamata e a dare comunicazione alle scriventi direzioni in merito ai provvedimenti che saranno adottati al riguardo». Con la nota in contestazione 29 gennaio 2015 a firma del commissario straordinario dell'ATER, in attuazione della deliberazione di giunta, della citata nota e della normativa regionale e statutaria in esse richiamata, al ricorrente era stato comunicata l'intervenuta «decadenza, ex lege, dalla carica di direttore generale e la conseguente cessazione di ogni rapporto con la ATER di Viterbo». La missiva spiegava che «ai sensi dell'art. 11, comma 2, della legge regionale n. 20/2002 (rectius 30/2002) e dell'articolo 12 dello statuto aziendale «l'incarico di direttore generale e' conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni ed ha termine con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione». La Regione con nota della «Direzione regionale infrastrutture ambiente e politiche abitative» e della «Direzione regionale risorse umane e sistemi informativi» prot. 27633 del 19 ottobre 2015, gia' agli atti di questa Azienda, ha richiamato tutti i commissari delle ATER del Lazio, alla applicazione di tale normativa». Le disposizioni sulla cui base si e' dunque pervenuti alla declaratoria di decadenza dall'incarico del ricorrente sono sostanzialmente identificabili: a) nell'art. 55, comma 5, della legge regionale del Lazio 11 novembre 2004 n. 1 recante «Nuovo statuto della Regione Lazio» secondo il quale «Gli incarichi di direzione delle strutture di massima dimensione degli enti pubblici dipendenti sono conferiti dai rispettivi organi di amministrazione e cessano di diritto il novantesimo giorno successivo all'insediamento dei nuovi organi, salvo conferma da parte degli organi stessi»; b) nell'art. 11, comma 2, della L.R. 3 settembre 2002, n. 30 «Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica», il quale dispone che «Il direttore generale e' nominato dal consiglio di amministrazione ed e' scelto tra i dirigenti dell'azienda stessa o di altri enti pubblici o privati, di eta' non superiore ai sessantacinque anni, che abbiano svolto attivita' dirigenziale e che siano in possesso del diploma di laurea ovvero che abbiano espletato per almeno 10 anni l'incarico di dirigente apicale di ente pubblico. 2. L'incarico di direttore generale e' conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile una sola volta, e ha termine, comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione. L'incarico di direttore generale e' disciplinato con contratto individuale che stabilisce, tra l'altro, il trattamento economico, con riferimento a quello previsto dall'art. 16, comma 2. Per i dipendenti di altri enti, il contratto disciplina, altresi', il rapporto di lavoro»; c) nell'art. 12 dello statuto aziendale il quale, ricalcando contenuto della norma or ora richiamata, dispone dello che «1. Il direttore generale e' nominato dal consiglio di amministrazione, ed e' scelto tra i dirigenti dell'Azienda stessa o di altri enti pubblici o privati, che abbiano svolto attivita' dirigenziale ed in possesso del diploma di laurea, ovvero che abbiano ricoperto - per almeno dieci anni l'incarico di dirigente apicale presso un ente pubblico, ai sensi del comma 1, art. 11, legge n. 30/02. 2. L'incarico di direttore generale e' conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile e ha termine, comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione. L'incarico di direttore generale, qualora conferito a dirigente d'azienda, e' disciplinato con contratto individuale che stabilisce, tra l'altro, il trattamento economico, con riferimento a quello previsto dall'art. 16, comma 2, della legge. Per i dipendenti di altri enti, il contratto disciplina, altresi', il rapporto di lavoro. La deliberazione con cui e' conferito l'incarico di direttore generale deve anche contemplare le ipotesi di revoca anticipata dello stesso da parte del consiglio di amministrazione mediante atto motivato. Di tale punto della deliberazione deve essere fatto esplicito richiamo nel contratto individuale di lavoro. 3. La rimozione dall'incarico di direttore generale deve essere deliberata con la maggioranza dei due terzi dei componenti il consiglio di amministrazione». Ritiene questo giudicante che i dubbi di legittimita' costituzionale sollevati dal ricorrente siano fondati. Sotto il profilo della rilevanza ritiene questo giudicante che le eccezioni di parte ricorrente tendenti ad escludere l'operativita' delle norme in esame non siano fondate. Va al riguardo premesso che tanto l'art. 55, comma 5, dello statuto regionale, quanto l'art. 11, comma 2, della LR n. 30/2002 e cosi pure l'art. 12 dello statuto aziendale, prevedono che l'incarico abbia comunque termine con «l'insediamento dei nuovi organi» di amministrazione ovvero «con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione». Parte ricorrente sostiene l'illegittimita' della declaratoria di decadenza assumendo l'inapplicabilita' delle richiamate disposizioni per carenza del presupposto di legge, non risultando costituito un nuovo consiglio di amministrazione e non essendo a cio' equiparabile la nomina del commissario straordinario. La tesi non sembra sostenibile. Non e' infatti in contestazione che nella delibera della Giunta Regionale n. 165 del 3 luglio 2015, che aveva disposto il commissariamento dell'ATER, il commissario straordinario sia stato identificato quale organo sostitutivo degli organi istituzionali dell'ente (Presidente, consiglio di amministratore e collegio dei revisori). In particolare, la suddetta delibera, dopo aver individuato gli organi istituzionali degli enti, in conformita' con quanto previsto dalla LR n. 30/2002 (recante «Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica» e successive modifiche»), aveva chiarito che ai sensi dell'art. 55, comma 4, dello statuto regionale, «i componenti degli organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti dalla Regione decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del consiglio salvo conferma con le stesse modalita' previste per la nomina» ed in seguito aveva disposto il «commissariamento straordinario» degli enti «..., fino alla nomina dei nuovi organi di amministrazione secondo quanto previsto nell'ambito della riforma stessa e nell'art. 55, comma 3, dello statuto regionale». Appare evidente che la nomina dei commissari straordinari sia stata quindi disposta in sostituzione degli ordinari organi istituzionali e che ai medesimi fossero quindi attribuiti e riconosciuti i corrispondenti poteri. Se ne deve desumere che, ai fini dell'applicabilita' delle disposizioni sulla decadenza del D.G., la nomina del commissario straordinario abbia prodotto i medesimi effetti che gli articoli 11, comma 2, della LR n. 30/2002 e 12 dello statuto aziendale riconducono in via ordinaria alla costituzione del consiglio di amministrazione. A prescindere da quanto si dira' in seguito riguardo alla applicabilita' dell'art. 55, comma 4, dello statuto regionale, alla possibilita' di ritenere la decadenza dei membri dei suddetti organi istituzionali e alle ulteriori ragioni poste a base del commissariamento, le considerazioni che precedono inducono a ritenere che la decadenza del direttore generale sia stata disposta in applicazione delle disposizioni in esame. Di qui la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Nel merito, va osservato come a sostegno delle proprie censure la parte abbia fatto richiamo alle pregresse pronunce della Corte costituzionale ed in particolare alla sentenza n. 104/2007 del 19 marzo 2007 che aveva dichiarato l'illegittimita' dell'art. 55, comma 4, della legge Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo statuto della Regione Lazio), nella parte in cui aveva previsto che i direttori generali delle Asl decadono dalla carica il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del consiglio regionale, salvo conferma con le stesse modalita' previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo, successivo alla data di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contratti dei direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine di decadenza dall'incarico. In quella occasione i giudici remittenti avevano censurato la norma osservando che far dipendente la cessazione dalla carica al rinnovo del consiglio regionale avesse «l'evidente finalita' di consentire alle forze politiche di cui e' espressione il nuovo consiglio di sostituire i preposti agli organi istituzionali» e che tuttavia cio' avrebbe determinato «una cesura nella continuita' dell'azione amministrativa esplicata dal titolare della carica, non in dipendenza di una valutazione della qualita' di questa «azione», ma di un evento oggettivo, come l'insediamento del nuovo consiglio; avevano quindi ritenuto che cio' contrastasse con i principi costituzionali imparzialita' e buon andamento dettati dall'art. 97 Cost. ed incidesse sulla stabilita' ed autonomia che consente al dirigente di improntare il suo operato al rispetto dei richiamati principi. La Corte, nell'esaminare la vicenda che aveva visto coinvolto il direttore generale di una ASL, aveva ritenuto fondata la questione, osservando preliminarmente che la disposizione censurata dovesse ritenersi innanzitutto incongrua rispetto all'obiettivo perseguito dalla legge, ovvero quello di preservare il rapporto diretto fra organo politico ed organo tecnico: sotto tale profilo aveva infatti spiegato che alle ASL e ai suoi dirigenti erano devolute competenze essenzialmente tecniche, da svolgere con autonomia imprenditoriale, sulla base degli indirizzi generali fissati dalla Regione e per il perseguimento di obiettivi gestionali ed operativi fissati delle giunte regionali; che la decadenza automatica non avrebbe consentito di preservare il rapporto diretto fra organo politico e direttore generale, essendo operativa anche nel caso in cui dalle elezioni fosse risultata confermata la precedente compagine di governo; che l'esigenza in esame non sarebbe stata soddisfatta neanche dalla possibilita' di conferma nell'incarico (prevista dalla norma) non essendone prevista la motivazione e potendo quindi prescindere da una valutazione dell'attivita' svolta, sui risultati raggiunti e sugli obietti perseguiti. Aveva quindi sostenuto che la norma violasse l'art. 97 Cost., sotto il duplice profilo dell'imparzialita' e del buon andamento dell'amministrazione. A sostegno di tali conclusioni aveva evidenziato che l'art. 97 Cost. sottopone gli uffici pubblici ad una riserva (relativa) di legge, sottraendoli all'esclusiva disponibilita' del governo; prevede che gli uffici pubblici siano organizzati secondo i principi di imparzialita' ed efficienza e che l'accesso avvenga, di' norma, mediante procedure fondate sul merito. Aveva quindi osservato che nel principio di imparzialita', si esprime la distinzione tra politica e amministrazione, tra l'azione del governo - normalmente legata alle impostazioni di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza - e l'azione dell'amministrazione; che il principio di efficienza dell'amministrazione trova invece esplicazione in una serie di regole, che vanno da quella di una razionale organizzazione degli uffici, a quella di assicurarne il corretto funzionamento e di garantire la regolarita' e la continuita' dell'azione amministrativa e, in particolare, dei pubblici servizi, anche al mutare degli assetti politici; a quella per cui i dirigenti debbono essere sottoposti a periodiche verifiche circa il rispetto dei principi di imparzialita', funzionalita', flessibilita', trasparenza e circa l'attivita' svolta da valutare in funzione dei risultati e degli obiettivi prefissati. Aveva anche rammentato che nell'ottica del perseguimento degli obiettivi costituzionali, ai dirigenti erano accordate specifiche garanzie, concernenti la verifica che gli incarichi assegnati (che doveva avvenire tenendo conto, tra l'altro, delle attitudini e delle capacita' professionali) e la loro cessazione anticipata dall'incarico (che poteva avvenire solo in seguito all'accertamento dei risultati conseguiti e sulla base del giusti procedimento). Aveva quindi affermato che «La dipendenza funzionale del dirigente non puo' diventare dipendenza politica. Il dirigente e' sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio, ed in seguito a questo puo' essere allontanato. Ma non puo' essere messo in condizioni di precarieta' che consentano la decadenza senza la garanzia del giusto procedimento». Alla luce di tale pronuncia occorre in primo luogo osservare che la delibera di giunta n. 165 del 3 luglio 2015, con cui era stato disposto il commissariamento delle ATER, aveva errato nel ritenere la decadenza dei componenti degli organi istituzionali alla scadenza del novantesimo giorno successivo alla prima seduta del consiglio insediato in data 25 marzo 2013: tale evenienza era stata infatti desunta ex lege in applicazione della medesima norma che la Corte costituzionale aveva gia' dichiarato incostituzionale ormai anni prima. E' pur vero peraltro che il commissariamento degli enti era stato comunque disposto allo scopo di «assicurare la continuita' aziendale» e «consentire il riordino delle aziende» come previsto dalla legge regionale 28 giugno 2013, n. 4 («Disposizioni urgenti di adeguamento all'art. 2 del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, relativo alla riduzione dei costi della politica, nonche' misure in materia di razionalizzazione, controlli e trasparenza dell'organizzazione degli uffici e servizi della Regione») che aveva appunto previsto la ricognizione e il riordino degli enti e la riduzione del numero dei componenti degli organi. Sicche' la nomina del commissario straordinario si poteva ritenere giustificata anche a prescindere dalla sostituzione dell'organo consiliare. Ritiene tuttavia questo giudicante che le considerazioni formulate dalla Corte nella citata pronuncia incidano anche sulla giudizio di legittimita' delle disposizioni dello Statuto Regionale e della legge di riordino degli ATER alle quali Regione Lazio e commissario straordinario avevano inteso dare attuazione, pervenendo alla decadenza del direttore generale. Ove infatti si abbia riguardo al principio di efficienza dell'amministrazione e quindi alla necessita' di assicurare il corretto funzionamento, la regolarita' e la continuita' dell'azione amministrativa, anche sotto il profilo dell'osservanza delle garanzie accordate ai dirigenti, tali da escludere la possibilita' di una loro cessazione anticipata dall'incarico a prescindere da una loro valutazione riguardo ai risultati conseguiti e dall'osservanza del giusto procedimento, occorre allora dubitare della legittimita' costituzionale delle norme che ne prevedano la decadenza automatica anche quando giustificata - non dall'esigenza di preservare il rapporto diretto fra organo politico ed organo tecnico o di coordinarne la durata dell'incarico con quella degli organi di indirizzo politico, ma dall'obiettivo di preservare il rapporto fiduciario tra i dirigenti generali e l'organo amministrativo deputato alla loro nomina. E' pur vero che con riguardo a rapporti di tal genere, la S.C. ha ritenuto che le disposizioni [(come quella dell'art. 9, comma 6, della legge reg. Friuli Venezia Giulia del 3 marzo 1998, n. 6. In tema di risoluzione del rapporto di lavoro del direttore tecnico scientifico e del direttore amministrativo dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (A.R.P.A.)], «che introducono una fattispecie di estinzione automatica del rapporto, la cui «ratio» va individuata nell'intento di assicurare la costante permanenza del rapporto fiduciario fra direttore generale dell'Agenzia e i suddetti collaboratori, fondato sulla provenienza della nomina dallo stesso soggetto e non sull'esigenza di garantire l'automatico adeguamento della durata della nomina del dirigente a quella degli organi di indirizzo politico» non si pongono in contrasto con i principi di imparzialita' e buon andamento, poiche' «in linea con quanto precisato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 233 del 2006 - non riguarda un'ipotesi di «spoil system» in senso tecnico, dal momento che non regola un rapporto fondato «sull'intuitus personae» tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve ed e' responsabile verso il primo dell'efficienza dell'amministrazione, ma concerne l'organizzazione dell'ente pubblico e mira a garantire, all'interno di esso, la consonanza di impostazione gestionale fra il direttore generale e i direttori tecnico-scientifico e amministrativo» (Sez. L, Sentenza n. 3529 del 13 febbraio 2013 rv. 625244). Con ordinanza interlocutoria Sez. L, n. 14593 del 15 luglio 2016 (Rv. 640730 - 01) la stessa Corte ha tuttavia ritenuto di dover sottoporre la norma alla verifica di legittimita' costituzionale norma osservando che «con sentenza n. 224 del 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 97 Cost., l'art. 15, comma 6, della legge della Regione Lazio 16 giugno 1994, n. 18, secondo cui il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende unita' sanitarie locali o ospedaliere cessano dall'incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati poiche' detta norma contempla un meccanismo di decadenza automatica e generalizzata dalle suddette funzioni dirigenziali, lesivo del principio di continuita' dell'azione amministrativa che rinviene il suo fondamento nell'art. 97 Cost. La scelta fiduciaria del direttore amministrativo, effettuata con provvedimento ampiamente discrezionale del direttore generale, non implica, si e' infatti sottolineato dal giudice delle leggi, che l'interruzione del conseguente rapporto di lavoro possa avvenire con il medesimo margine di apprezzamento discrezionale, poiche' una volta instaurato detto rapporto, vengono in rilievo altri profili, connessi, da un lato, all'interesse dell'amministrazione ospedaliera alla continuita' delle funzioni espletate dal direttore amministrativo, e, dall'altro lato, alla tutela giudiziaria, costituzionalmente protetta, delle situazioni soggettive del dirigente; la valutazione di tali esigenze determina, afferma la Corte costituzionale, il contrasto della censurata disposizione con il principio costituzionale di buon andamento, in quanto essa non ancora l'interruzione del rapporto d'ufficio in corso a ragioni interne a tale rapporto, che - legate alle modalita' di svolgimento delle funzioni del direttore amministrativo - siano idonee ad arrecare un vulnus ai principi di efficienza, efficacia e continuita' dell'azione amministrativa. Inoltre, ha precisato la predetta pronunzia della Corte, l'automatica interruzione anta tempus del rapporto non consente alcuna valutazione qualitativa dell'operato del direttore amministrativo, che sia effettuata con le garanzie del giusto procedimento, nel cui ambito il dirigente potrebbe far valere il suo diritto di difesa, sulla base eventualmente dei risultati delle proprie prestazioni e delle competenze esercitate in concreto nella gestione dei servizi amministrativi a lui affidati, e il nuovo direttore generale sarebbe tenuto a specificare le ragioni, connesse alle pregresse modalita' di svolgimento delle funzioni dirigenziali da parte dell'interessato, idonee a fare ritenere sussistenti comportamenti di quest'ultimo suscettibili di integrare la violazione delle direttive ricevute o di determinare risultati negativi nei servizi di competenza e giustificare, dunque, il venir meno della necessaria consonanza di impostazione gestionale tra direttore generale e direttore amministrativo. Ne' rileva, ha sancito la pronunzia in parola, la circostanza che la norma prevede la possibilita' di riconferma del direttore amministrativo: il relativo potere del direttore generale non attribuisce, infatti, al rapporto dirigenziale in corso con !interessato alcuna significativa garanzia, atteso che dal mancato esercizio del predetto potere la norma censurata fa derivare la decadenza automatica senza alcuna possibilita' di controllo. A tale conclusione il giudice delle leggi e' pervenuto osservando, altresi', che la giurisprudenza costituzionale successiva alla sentenza n. 233 del 2006 ha effettuato, in relazione ad una serie di disposizioni disciplinatrici dei rapporti tra organi politici e amministrativi ovvero tra organi amministrativi, talune puntualizzazioni volte, rispetto a quanto affermato dalla citata sentenza n. 233 del 2006, a valorizzare, in particolare, il principio di continuita' dell'azione amministrativa che rinviene il suo fondamento proprio nell'art. 97 Cost. Si e' cosi' precisato, con la suindicata giurisprudenza, che i meccanismi di decadenza automatica, «ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l'ordinamento non attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina, si pongono in contrasto con l'art. 97 Cost., in quanto pregiudicano la continuita' dell'azione amministrativa, introducono in quest'ultima un elemento di parzialita', sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti» (sentenze n. 34 del 2010, n. 351 e n. 161 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007); In particolare, la Corte, con la sentenza n. 104 del 2007, ha affermato, con riferimento proprio alla legislazione della Regione Lazio, che il direttore generale di Aziende sanitarie locali - nominato, con ampio potere discrezionale, dal Presidente della Regione per un periodo determinato - non puo' decadere automaticamente in connessione con l'insediamento del nuovo consiglio regionale; e' stata ritenuta, infatti, essere in contrasto con l'art. 97 della Costituzione la previsione della cessazione del soggetto, cui sia stata affidata tale funzione, dal rapporto di ufficio e di lavoro con la Regione per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi, o - ancora - per una delle altre cause che legittimerebbero la risoluzione per inadempimento del rapporto». Alla luce di tali argomenti deve allora osservarsi come anche nel caso di specie, il petitum della domanda del Gigli, pur sostanziandosi nella richiesta del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, presuppone l'accertamento della legittimita' della risoluzione del rapporto avvenuta ai sensi: dell'art. 55, comma 5, della legge Regionale del Lazio 11 novembre 2004 n. 1 recante «Nuovo statuto della Regione Lazio» secondo cui «Gli incarichi di direzione delle strutture di massima dimensione degli enti pubblici dipendenti sono conferiti dai rispettivi organi di amministrazione e cessano di diritto il novantesimo giorno successivo all'insediamento dei nuovi organi, salvo conferma da parte degli organi stessi»; e dell'art. 11, comma 2, della L.R. 3 settembre 2002, n. 30 «Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica», secondo cui «Il direttore generale e' nominato dal consiglio di amministrazione ... l'incarico ... e' conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile una sola volta, e ha termine, comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione»: (oltre che dell'art. 12 dello statuto aziendale il quale, ricalcando contenuto della norma or ora richiamata, dispone dello che «1. Il direttore generale e' nominato dal consiglio di amministrazione, ... 2. L incarico ... e' conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile e ha termine, comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione»). Le menzionate disposizioni prevedono, indiscutibilmente, una ipotesi di decadenza automatica con esonero da qualsiasi motivazione e dalla specificazione delle ragioni connesse alle pregresse modalita' di svolgimento delle funzioni dirigenziali da parte dell'interessato e come tale sottratto a qualsiasi verifica giurisdizionale. Costituisce anche in questo caso presupposto indefettibile dell'azione risarcitoria l'accertamento della illegittimita' delle richiamate disposizioni sulla interruzione automatica del rapporto di lavoro, cosi' come richiesto dal ricorrente anche nell'atto introduttivo. Anche in questo caso deve escludersi che sulla scorta delle menzionate pronunce (che hanno gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 96 Cost. di disposizioni di legge regionale che prevedevano la decadenza automatica dalle funzioni dirigenziali) sia possibile addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in esame, se non pervenendo ad una inammissibile operando una integrazione normativa della fattispecie. La questione va quindi sottoposta al vaglio della Corte costituzionale con la relativa pronunzia di rimessione e la sospensione del presente procedimento.