Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  (C.F.
97163520584), in persona del Presidente p.t., ex lege rappresentata e
difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587) presso
i cui uffici domicilia ex lege in Roma, Via dei  Portoghesi  nr.  12,
fax  06-96514000,  pec   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it   ,   nei
confronti della Regione  Puglia,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta Regionale pro tempore, per la dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale della legge regionale 30 aprile 2018, n.  18,  recante
«Modifiche  alla  legge   regionale   12   dicembre   2017,   n.   53
(Riorganizzazione  delle  strutture   sociosanitarie   pugliesi   per
l'assistenza   residenziale   alle   persone   non   autosufficienti.
Istituzione RSA ad alta, media intensita' assistenziale)», pubblicata
nel B.U. Puglia 3 maggio 2018, n. 61, supplemento. 
    La legge regionale in epigrafe apporta rilevanti  modifiche  alla
precedente legge regionale n. 53/2017, in merito alla quale e'  stato
gia' proposto ricorso dinanzi a codesta Corte Costituzionale (R.R. n.
11/18): essa presenta rilevanti profili di incostituzionalita'. 
    Il precedente ricorso e'  stato  proposto,  in  estrema  sintesi,
poiche' la classificazione delle prestazioni erogate dalla  Residenza
sanitaria  assistenziale  (RSA),  compiuta  dalla  precedente   legge
regionale n° 53/17, non e' risultata in linea con quanto disposto  in
materia di assistenza sociosanitaria residenziale e  semiresidenziale
alle persone non autosufficienti dal  d.P.C.M.  12.01.2017;  piu'  in
particolare la l.r. n. 53  del  2017,  che  istituisce  le  Residenze
sanitarie    assistenziali    (RSA)    per    fornire     prestazioni
socio-sanitarie, assistenziali,  socio-riabilitative  e  tutelari  ai
soggetti non autosufficienti,  e'  stata  impugnata  dal  Governo  in
quanto alcune norme prevedevano una classificazione delle prestazioni
erogate da tali strutture, e poste a carico  del  Servizio  sanitario
regionale, che non era in linea con quanto  disposto  in  materia  di
assistenza  sociosanitaria  residenziale  e   semiresidenziale   alle
persone non autosufficienti dal citato d.P.C.M.  12.01.2017,  recante
«Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 502». Altre disposizioni inoltre, al fine di incrementare il
numero  di  posti  letto  delle  RSA,  prevedevano,  seppure  in  via
sperimentale, la gestione diretta  della  quota  sanitaria  da  parte
dell'assistito,  configurando  un   nuovo   sistema   di   assistenza
sanitaria, non previsto dalla normativa statale. 
    Le modifiche introdotte dalla legge regionale n. 18/18, meglio in
epigrafe indicata, non paiono tali da consentire di ritenere superate
le criticita' segnalate nel pregresso  ricorso,  giacche'  non  fanno
venir meno  le  ragioni  che  hanno  condotto  all'impugnativa  sopra
indicata  e  presentano  anzi  i  medesimi   vizi   di   legittimita'
costituzionale che inficiavano la l.r. n. 53 del 2017. 
    Anche la legge  oggi  impugnata,  infatti,  nel  classificare  le
prestazioni erogate dalla Residenza sanitaria assistenziale (RSA),  e
nel porle tutte a carico del Servizio Sanitario Nazionale,  contrasta
con  quanto  disposto  in  materia   di   assistenza   sociosanitaria
residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti  dal
menzionato d.P.C.M. 12.01.2017. Essa ribadisce  inoltre,  seppure  in
via sperimentale, la previsione di una gestione diretta  della  quota
sanitaria da parte dell'assistito al fine di incrementare  il  numero
di posti letto delle  RSA,  configurando  un  sistema  di  assistenza
sanitaria non previsto dalla normativa statale. In particolare: 
        a) L'art. 1, comma 1, della legge in esame modifica l'art.  2
della l.r. n.  53  del  2017  che  indica  i  livelli  di  intensita'
assistenziale della RSA. Esso abroga in particolare la lettera c)  di
detto comma 1 dell'art. 2, sopprimendo le  parole  «bassa  intensita'
assistenziale», ed eliminando in  tal  modo  i  trattamenti  a  bassa
intensita' assistenziale dai servizi erogati dalle RSA della  regione
Puglia.  L'assetto  delle  RSA  che  deriva  dalla   modifica   cosi'
introdotta ricomprende,  pertanto,  le  sole  RSA  ad  alta  e  media
intensita' assistenziale e, come  tale,  non  e'  conforme  a  quanto
previsto dagli artt. 29 e  30  del  menzionato  d.P.C.M.  12.01.2017,
recante  «Definizione  e  aggiornamento  dei  livelli  essenziali  di
assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del  decreto  legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, che, diversamente,  contempla  tre  diversi
livelli di intensita' dei trattamenti: trattamenti  intensivi  (o  ad
alta  intensita'  assistenziale  o  ad  elevato  impegno  sanitario);
trattamenti  estensivi   (a   media   intensita'   assistenziale)   e
trattamenti di lungo-assistenza o mantenimento  (a  bassa  intensita'
assistenziale, ma pur sempre di natura sanitaria). 
        b) L'art. 2 della legge regionale in esame apporta  modifiche
all'art. 3 della legge regionale n. 53 del 2017. Esso in particolare,
con la lettera a), sostituisce la lettera a) del comma 1 dell'art. 3,
modificando le prestazioni erogate  dalle  RSA  «ad  alta  intensita'
assistenziale»; con la lettera b) sostituisce il comma 3 dell'art. 3,
modificando le prestazioni erogate  dalle  RSA  «a  media  intensita'
assistenziale, e con la lettera c) abroga il  comma  3  dell'art.  3,
eliminando in tal modo la descrizione delle prestazioni erogate dalle
RSA «a bassa intensita' assistenziale». 
    Cosi' disponendo l'articolo in esame ridisegna  le  RSA  sia  «ad
alta intensita' assistenziale» sia «a media intensita' assistenziale»
in termini non conformi alle disposizioni del d.P.C.M. LEA. 
    In particolare, la nuova lettera a)  del  comma  1  dell'art.  3,
della l r. n. 53 del 2017,  definisce  la  RSA  «ad  alta  intensita'
assistenziale» come la struttura che «eroga trattamenti estensivi  di
cura  e  recupero  funzionale  a  persone  non  autosufficienti   con
patologie che, pur non presentando particolari criticita'  e  sintomi
complessi,  richiedono  elevata  tutela  sanitaria  con   continuita'
assistenziale e presenza infermieristica sulle ventiquattro ore».  La
definizione  cosi'  fornita  contrasta   con   la   definizione   dei
trattamenti ad «alta intensita' assistenziale» contenuta nell'art. 29
del d.P.C.M. LEA, che li definisce  come  «trattamenti  intensivi  di
cura e mantenimento funzionale, ad elevato impegno sanitario». 
    Analogamente, il nuovo comma 3 dell'art. 3, della l r. n. 53  del
2017, nel definire la RSA «a  media  intensita'  assistenziale»  come
struttura che  «eroga  trattamenti  di  lungoassistenza,  recupero  e
mantenimento funzionale, ivi compresi interventi di sollievo per  chi
assicura le cure a persone non autosufficienti[...]» non  risulta  in
linea con le disposizioni del citato  d.P.C.M.  LEA,  atteso  che  le
strutture  «a  media   intensita'   assistenziale»   possono   essere
considerate tali solo se erogano «trattamenti  estensivi  di  cura  e
recupero funzionale per le persone  non  autosufficienti»,  ai  sensi
dell'art. 30, co. 1 lett. a), del d.P.C.M. LEA, mentre i  trattamenti
residenziali di lungoassistenza, recupero e  mantenimento  funzionale
sono trattamenti a bassa intensita' assistenziale, ai sensi dell'art.
30, comma 1, lettera b), del medesimo d.P.C.M. 
    La diversa  classificazione  dell'assistenza  residenziale  extra
ospedaliera compiuta dalle disposizioni  regionali  sopra  richiamate
non e' scevra di conseguenze.  Ne  deriva,  infatti,  l'assenza,  sul
territorio  regionale,  dell'offerta  di   trattamenti   residenziali
intensivi (nel contenuto oltre che  nel  nome),  ad  elevato  impegno
sanitario per persone con patologie complesse, instabilita'  clinica,
sintomi di difficile controllo,  che  necessitano  di  supporto  alle
funzioni   vitali   e   continuita'   assistenziale,    con    pronta
disponibilita' medica e presenza infermieristica  sulle  24  ore  (ex
art. 29 d.P.C.M. LEA). Tale carenza potrebbe, inoltre, determinare un
ricorso alle cure ospedaliere da  parte  di  pazienti  in  condizioni
diverse  da  quelle  descritte  dalle  norme   statali,   come   tale
inappropriato sotto  il  profilo  economico-finanziario  e  sotto  il
profilo della garanzia dell'assistenza. 
    Inoltre  l'equivoca  formulazione  della  norma   regionale   che
attribuisce alle RSA «a media intensita' assistenziale» i trattamenti
di lungoassistenza e mantenimento che  la  normativa  statale  affida
alle strutture «a bassa intensita' assistenziale» (i cui  costi  sono
solo parzialmente a carico del SSN)  potrebbe  innescare  contenziosi
interpretativi in merito all'obbligo di pagamento della quota sociale
da parte del Comune/assistito. Infatti, l'art. 30 del d.P.C.M. citato
prevede che la quota sia dovuta nella misura del  50%  della  tariffa
per i «trattamenti di lungoassistenza e mantenimento» e non anche per
i trattamenti estensivi, laddove, viceversa,  l'incongruenza  tra  la
denominazione   della   struttura   («RSA    a    media    intensita'
assistenziale») e le prestazioni dalla stessa erogate potrebbe creare
equivoci. 
    Per le ragioni sopra rappresentate si ritiene che le disposizioni
regionali sopra indicate - anche  in  considerazione  dell'ambiguita'
della loro formulazione -  laddove  pongono  a  carico  del  Servizio
sanitario prestazioni non previste dagli artt. 29 e 30 del menzionato
d.P.C.M. 12.01.2017, violino  il  principio  del  contenimento  della
spesa pubblica sanitaria, quale principio generale  di  coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. Inoltre, la regione Puglia, essendo impegnata nel Piano
di rientro dal disavanzo sanitario, non  puo'  garantire  livelli  di
assistenza  ulteriori  rispetto  a  quelli  previsti   dal   d.P.C.M.
12.01.2017, ed infatti, per le regioni impegnate in Piani di  rientro
vige il divieto  di  effettuare  spese  non  obbligatorie,  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 174, della legge 30  dicembre  2004,  n.  311;
coerentemente a cio' la Corte costituzionale (sent. n. 104 del  2013)
ha evidenziato che «l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni
nel settore della tutela della salute ed in  particolare  nell'ambito
della gestione del servizio sanitario  puo'  incontrare  limiti  alla
luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento  della
spesa», specie «in un quadro di esplicita condivisione da parte delle
Regioni della  assoluta  necessita'  di  contenere  i  disavanzi  del
settore sanitario». 
    Per le ragioni esposte si ritiene, altresi', che le  disposizioni
regionali segnalate violino  l'intesa  raggiunta  nella  materia  dei
livelli essenziali di assistenza dalla Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra Stato, regioni e province autonome nella  seduta  del  7
settembre 2016, propedeutica all'adozione del menzionato d.P.C.M.,  e
ledano, quindi, il principio di  leale  collaborazione  di  cui  agli
artt. 117 e 118  della  Costituzione,  peraltro  in  una  materia  di
competenza esclusiva statale, quale quella della  determinazione  dei
livelli essenziali di assistenza (art. 117, comma  2,  lett.  m).  La
Corte Costituzionale  ha  in  varie  occasioni  e  in  casi  analoghi
identificato l'intesa in sede di  Conferenza  Stato-Regioni  come  lo
strumento idoneo a comporre  il  concorso  di  competenze  statali  e
regionali e a realizzare la leale collaborazione tra lo  Stato  e  le
autonomie  qualora  siano   coinvolti   interessi   che   non   siano
esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente  autonomo
(ex plurimis, sentenze n. 88 del 2014, n. 297 e n. 163 del 2012). 
        c) l'art. 3 della legge in esame, che  sostituisce  l'art.  4
della 1.r. n. 53 del 2017, prevede quanto segue:«1. Per i nuovi posti
letto da attivare nelle RSA ai  sensi  dell'articolo  4  della  legge
regionale 15 febbraio 2016, n. 1 (Disposizioni per la formazione  del
bilancio di previsione 2016 e bilancio  pluriennale  2016-2018  della
Regione Puglia) o di ulteriori incrementi successivi di posti  letto,
si procedera' tramite la sperimentazione, per un periodo  massimo  di
tre anni, della gestione diretta della quota dell'assistito, al  fine
di garantire al massimo il principio della libera scelta. 
    2. Per gestione diretta  s'intende  l'utilizzo  di  un  tagliando
(voucher) rilasciato dalle unita' valutative distrettuali  delle  ASL
(UVM)  competenti,  previa  presa  in  carico  del  paziente  e   sua
valutazione multidimensionale. 
    3.   Tale   tagliando   (voucher)   potra'   essere   utilizzato,
esclusivamente,  per   i   ricoveri   in   RSA   accreditate,   quale
compartecipazione della spesa sanitaria a carico del SSR, secondo  le
tariffe e le quote di compartecipazione disciplinate  dalla  presente
legge. 
    4.  Per  le  procedure   di   realizzazione,   autorizzazione   e
accreditamento di nuove RSA si rinvia alla disciplina prevista  dalla
legge regionale 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in  materia  di
autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, all'accreditamento
istituzionale e accordi  contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e
socio-sanitarie pubbliche e private).». 
    L'art. 7 della l.r. n.  53  del  2017,  che  non  e'  oggetto  di
modifica o abrogazione da parte della legge in esame, prevede inoltre
che, entro novanta giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
legge, la Giunta regionale  adotti  uno  specifico  regolamento,  che
preveda, tra l'altro, alla lettera  f),  le  modalita'  attuative  di
quanto previsto dall'articolo 4. 
    Le norme regionali in esame, analogamente a quanto previsto dalla
l.r. n. 53 del 2017, al fme di incrementare il numero di posti  letto
delle RSA,  prevedono,  seppure  in  via  sperimentale,  la  gestione
diretta della quota sanitaria da parte dell'assistito, demandando  ad
un regolamento le modalita' di attuazione  di  detta  sperimentazione
triennale. In particolare tali  disposizioni,  formulate  in  maniera
poco chiara,  sembrano  prevedere  la  corresponsione  da  patte  del
Servizio  sanitario  regionale  di  un   contributo   economico   (al
cittadino) sostitutivo della prestazione che il  Servizio  stesso  e'
tenuto a fornire direttamente o tramite  soggetti  accreditati.  Esse
affidano inoltre ad  un  regolamento  la  definizione  di  Giunta  le
procedure attuative di detta sperimentazione triennale. 
    Tali  norme,  configurando  un  nuovo   sistema   di   assistenza
sanitaria, non previsto dalla normativa statale (e in particolare non
contemplato dagli articoli ricompresi nel Titolo II del d. lgs  .  n.
502 del 1992, e dal Programma Operativo di prosecuzione del piano  di
rientro), da disciplinare  con  regolamento,  rischiano  di  incidere
sulla qualita' dell'assistenza sanitaria, ponendosi in  tal  modo  in
contrasto con la previsione  contenuta  nell'art.  1,  comma  2,  del
menzionato d. lgs. n. 502 del 1992,  secondo  il  quale  il  Servizio
sanitario nazionale assicura  i  livelli  essenziali  e  uniformi  di
assistenza nel rispetto, tra l'altro, del  principio  della  qualita'
delle cure e  della  loro  appropriatezza  riguardo  alle  specifiche
esigenze. Ne consegue la  violazione  dei  principi  fondamentali  in
materia di tutela della salute di  cui  all'art.  117,  terzo  comma,
della Costituzione, nonche'  la  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lett. m), Cost., in quanto la disciplina del nuovo sistema  di
cure che la Regione demanda all'adozione di un regolamento rischia di
incidere su diritti riconducibili ai livelli essenziali di assistenza
da garantire uniformemente sul territorio nazionale. 
    Inoltre, anche a voler  ritenere  che  la  disciplina  del  nuovo
sistema di  assistenza  sanitaria  delineato  dalle  norme  in  esame
rientri  nella  competenza  spettante  alla  regione  in  materia  di
«organizzazione sanitaria», le relative procedure  dovrebbero  essere
definite con legge regionale, invece che con regolamento, al fine  di
non sottrarre una normativa riguardante la  qualita'  dell'assistenza
sanitaria al sindacato di costituzionalita' previsto  dall'art.  127,
Cost. Le norme regionali in esame violano pertanto  anche  l'art.  97
della Costituzione che  riserva  alla  legge  l'organizzazione  degli
uffici e dei servizi pubblici in modo  che  sia  assicurato  il  buon
andamento dell' amministrazione.