IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale - Sezione quarta 
 
ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero  di  registro
generale 2781 del 2017, proposto da:  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, Scuola nazionale dell'amministrazione - SNA, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi  per  legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in  Roma,  via  dei
Portoghesi  n.  12,  contro  Maurizio  Leo,  rappresentato  e  difeso
dall'avvocato Luisa Torchia,  con  domicilio  eletto  presso  il  suo
studio in Roma, viale Bruno  Buozzi  n.  47,  per  la  riforma  della
sentenza del T.A.R. LAZIO - Roma: sezione I n. 00088/2017,  resa  tra
le parti, concernente determinazione  trattamento  economico  docenti
SNA. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati. 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Maurizio Leo. 
    Viste le memorie difensive. 
    Visti tutti gli atti della causa. 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  16  novembre  2017  il
cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti  gli  avvocati  Ventrella
(avv. Stato) e L. Torchia. 
        1.1. Con l'appello in esame, la Presidenza del Consiglio  dei
ministri impugna la sentenza 4 gennaio 2017, n. 88, con la  quale  il
T.A.R. per il Lazio, sezione I, in accoglimento  del  ricorso  e  dei
motivi aggiunti proposti dal prof.  Maurizio  Leo,  ha  annullato  il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25  novembre  2015,
n. 202 «nella parte impugnata di cui all'art.  2,  commi  1  e  4,  e
all'art. 5, commi 2 e  4»,  nonche'  i  provvedimenti  consequenziali
adottati. 
    Il decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  citato  -
adottato in  attuazione  dell'art.  21,  comma  4,  decreto-legge  n.
90/2014,  convertito  in  legge  n.  114/2014  -   era   oggetto   di
impugnazione nella parte in cui  interveniva  sulla  rideterminazione
del trattamento economico e dello stato giuridico dei  docenti  della
Scuola  superiore  dell'economia  e  delle  finanze  (SSEF)   -   poi
confluita, insieme  ad  altre  scuole  di  formazione,  nella  Scuola
nazionale di amministrazione (SNA)  -  stabilendo  l'incompatibilita'
per i  professori  di  tale  scuola  allo  svolgimento  della  libera
professione,  analogamente  a   quanto   previsto   per   i   docenti
universitari a tempo pieno. 
    Con ulteriori motivi  aggiunti  sono  stati  impugnati  gli  atti
consequenziali,  recanti  diffide  a   cessare   la   situazione   di
incompatibilita' e rideterminazione del  trattamento  economico,  con
recupero delle differenze indebitamente corrisposte. 
        1.2. La sentenza impugnata afferma, in particolare: 
l'art.  21,  comma  4,  decreto-legge  n.  90/2014  non   fa   «alcun
riferimento alla modifica dello  stato  giuridico  e  in  particolare
all'introduzione ...  di  un  regime  di  incompatibilita',  compreso
quello di cui all'art. 6, legge n. 240/2010» ma tale articolo «si  e'
limitato a richiamare che  lo  stato  giuridico  doveva  considerarsi
quello dei professori universitari a da cio' non puo' dedursi che era
stato implicitamente introdotto ex lege il regime di incompatibilita'
proprio dei professori ordinari a tempo pieno»; 
il riferimento effettuato in norma al regime del tempo pieno, era  da
intendersi  considerato  «come  parametro  di  riferimento   a   fini
economici, cui era delegato l'esecutivo, ma non al fine di modificare
lo status giuridico del ruolo dei professori ad esaurimento della  ex
SSEF»; 
«l'introduzione della modifica sostanziale comportante il  regime  di
incompatibilita' ... ha dato quindi luogo ... anche  alla  violazione
dei  principi   generali   di   legalita',   legittimo   affidamento,
proporzionalita' e certezza del diritto»; 
quanto al trattamento economico, il decreto «ha  dato  luogo  ad  una
sostanziale omologazione del trattamento in questione, nel  senso  di
renderlo del tutto coincidente a quello dei professori a tempo pieno,
senza considerare la peculiarita' della posizione dei  professori  ex
SSEF, inseriti a suo tempo in un ruolo ad esaurimento in  virtu'  del
processo   di   riorganizzazione   delle   scuole    di    formazione
della pubblica amministrazione ... con  procedimento  sostanzialmente
coincidente a quello di mobilita' obbligatoria ex lege  dei  pubblici
dipendenti, che prevede pero' il godimento del  medesimo  trattamento
economico garantito al dipendente e su cui non  opera(va)  l'abrogato
art. 202 testo unico n. 3/1957»; 
ne'  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   ha
consentito agli interessati un tempo di valutazione, poiche'  questi,
in meno di quindici giorni,  «si  sono  visti  obbligati  a  prendere
decisioni vitali  e  irreversibili  legate  ad  un'unica  alternativa
prospettata, quale la permanenza nella SNA o la  continuazione  della
(sola) attivita' libero - professionale, laddove la  stessa  non  era
rinvenibile in capo agli altri docenti della Scuola  e  quindi  senza
che potesse  configurarsi  quella  omogeneizzazione  del  trattamento
economico richiesta dalla norma primaria -  intesa  come  tendenziale
conformazione di assimilabilita' ma non di perfetta  equiparazione  e
sovrapponibilita' indipendentemente dallo status di provenienza  -  e
senza neanche una approfondita valutazione di tale trattamento idonea
a sostenere che lo stesso potesse  considerarsi  assunto  sulla  mera
base di quello dei professori universitari a tempo pieno»; 
il trattamento economico come rideterminato, che corrisponde  al  50%
del precedente netto stipendiale, non opera soltanto per  l'avvenire,
ma «influisce  anche  su  interessi  consolidati  e  sulla  posizione
economica relativa al trattamento  pensionistico,  di  modo  che  «si
palesano dunque effetti retroattivi». 
    In tale contesto, «appare ben saggia la revisione successiva  del
legislatore   che   ha    ritenuto    di    rideterminare    l'intera
riorganizzazione della SNA e il trattamento economico dei docenti con
fonte primaria», ai sensi degli  articoli  1,  comma  657,  legge  n.
216/2015 e 11, comma 1, lettera d), legge n. 124/2015». 
        1.3. Avverso  tale  decisione  vengono  proposti  i  seguenti
motivi di appello: 
a) erroneita' della sentenza appellata relativamente  alle  modalita'
di determinazione del trattamento economico  dei  docenti  trasferiti
dal ruolo ad esaurimento della SSEF alla  SNA;  violazione  art.  21,
comma 4, decreto-legge n. 90/2014; violazione  e  falsa  applicazione
dei   canoni   di   ragionevolezza   e   imparzialita'    dell'azione
amministrativa;  erronea  applicazione  del  principio  della  tutela
dell'affidamento e del principio di irretroattivita'; cio' in  quanto
«la scelta di utilizzare le tabelle stipendiali  che  definiscono  il
trattamento economico annuo lordo dei professori universitari a tempo
pieno e' conforme alla delega  conferita  con  l'art.  21,  comma  4,
decreto-legge n. 90/2014 ... pertanto nell'adozione del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri si  e'  stabilito  di  adottare
proprio il trattamento stipendiale dei professori a tempo pieno  come
criterio  di   rideterminazione   del   compenso».   Infatti,   «tale
equiparazione retributiva e' una tra le possibili alternative  -  del
tutto conformi alla delega - ed e'  l'unica  ad  avere  un  parametro
certo di riferimento».  Ne'  e'  possibile  sostenere,  nel  caso  di
specie,  «che  vi  sarebbe  un  affidamento  tutelabile  rispetto  al
mantenimento di un trattamento  giuridico  ed  economico  disancorato
rispetto a quello dei docenti che svolgono analoghe funzioni»; 
b) erroneita' della sentenza relativamente all'annullamento dell'art.
5, comma 2 decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  n.
202/2015,  in  violazione  e  falsa  applicazione  del  principio  di
irretroattivita' delle norme e tutela  dell'affidamento;  poiche'  la
citata disposizione «non incide sul passato, ma dispone  ex  nunc  il
computo dell'attivita'  svolta  prima  dell'assunzione  dell'incarico
presso la SNA come anzianita' di servizio,  lasciando  impregiudicato
quanto maturato fino alla data  di  entrata  in  vigore  della  nuova
normativa»; 
c) violazione articoli 21, comma 4, decreto-legge  n.  90/2014  e  6,
legge n.  240/2010;  erroneita'  quanto  all'asserita  illegittimita'
dell'art. 2,  comma  4  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri n. 202/2015 per eccesso di delega; cio' in quanto l'art.  21
cit. «espressamente dispone l'applicazione dello stato  giuridico  di
professori e ricercatori universitari ai docenti  e  ricercatori  del
ruolo ad esaurimento della ex SSEF» ed esso «non  fa  che  confermare
quanto gia' previsto  per  i  professori  inquadrati  della  ex  SSEF
dall'art. 5, comma 4, decreto  ministeriale  28  settembre  2000,  n.
301». Inoltre, «il collegamento tra  stato  giuridico  e  trattamento
economico  dei  professori  universitari  e'  confermato  anche   dal
combinato disposto di cui  all'art.  3  del  decreto  legislativo  n.
165/2001  e  all'art.  6,  legge  n.  30  marzo  2010,  n.  240,  che
riaffermano  la  stretta  correlazione   tra   status   giuridico   e
trattamento economico dei  professori  e  ricercatori  universitari».
Infine, «l'estensione del regime di incompatibilita' allo svolgimento
dell'attivita'    libero-professionale,    previsto    dalla    norma
regolamentare (e')  una  conseguenza  ragionevole  e  coerente  della
rideterminazione del trattamento economico dei docenti dei  ruoli  ad
esaurimento della ex SSEF»; 
d) violazione e/o falsa applicazione art. 11,  comma  1,  lettera  d)
legge n. 124/2015, nonche' art. 1, comma 657,  legge  n.  216/2015  e
art. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014; vizio di  ultrapetizione;
cio' in  quanto  la  sentenza,  nell'affermare  in  un  «obiter»,  il
carattere «dirimente» della delega concessa dal  legislatore  per  il
riordino del trattamento economico dei docenti  della  SNA,  ipotizza
«una carenza del potere regolamentare esercitato dal Governo  con  il
decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  impugnato»,  cio'
facendo,   tuttavia,   senza   alcuna    motivazione,    in    palese
ultrapetizione, non essendo stata tale carenza  lamentata  con  alcun
motivo di ricorso.  Ne',  peraltro,  la  tesi  risulterebbe  fondata,
poiche' fino all'emanazione del decreto delegato, vige la  disciplina
di cui al decreto-legge n. 90/2014. 
        1.4. Si e' costituito  in  giudizio  il  prof.  Leo,  che  ha
concluso per il rigetto dell'appello, stante la sua infondatezza. 
        1.5. All'udienza pubblica di trattazione, la causa  e'  stata
riservata in decisione. 
    2. Il Collegio ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  21,  comma  4,
del decreto-legge 24 giugno 2014,  n.  90,  convertito  in  legge  11
agosto 2014, n. 114, per le ragioni di seguito esposte. 
        3.1. Il citato art. 21 del decreto-legge n. 90/2014,  recante
«Unificazione delle scuole  di  formazione»  prevede,  per  quel  che
interessa nella presente sede: 
    «1.  Al  fine  di  razionalizzare  il  sistema  delle  scuole  di
formazione delle amministrazioni centrali, eliminando la duplicazione
degli organismi esistenti, la Scuola superiore dell'economia e  delle
finanze, l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola  superiore
dell'amministrazione dell'interno (SSAI),  il  Centro  di  formazione
della difesa e la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali
ed economiche, nonche' le  sedi  distaccate  della  Scuola  nazionale
dell'amministrazione prive di centro residenziale sono soppresse.  Le
funzioni di reclutamento e di formazione  degli  organismi  soppressi
sono  attribuite  alla  Scuola   nazionale   dell'amministrazione   e
assegnate ai corrispondenti dipartimenti, individuati  ai  sensi  del
comma  3.  Le  risorse  finanziarie  gia'   stanziate   e   destinate
all'attivita'   di   formazione   sono   attribuite,   nella   misura
dell'ottanta per cento, alla Scuola nazionale dell'amministrazione  e
versate, nella misura del venti per cento, all'entrata  del  bilancio
dello Stato. La stessa Scuola subentra nei rapporti di lavoro a tempo
determinato e  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa  o  di
progetto in essere presso gli organismi soppressi, che  cessano  alla
loro naturale scadenza 
    2. (Omissis). 
    3. (Omissis). 
    4. I docenti ordinari e i ricercatori  dei  ruoli  a  esaurimento
della Scuola superiore dell'economia e delle finanze, di cui all'art.
4-septies,  comma  4,  del  decreto-legge  3  giugno  2008,  n.   97,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2  agosto  2008,  n.  129,
sono trasferiti alla Scuola  nazionale  dell'amministrazione  e  agli
stessi  e'  applicato  lo  stato  giuridico  dei  professori  o   dei
ricercatori universitari. Il trattamento economico  e'  rideterminato
con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,  al  fine  di
renderlo omogeneo a quello degli altri docenti della Scuola nazionale
dell'amministrazione, che viene determinato dallo stesso decreto  del
Presidente del Consiglio dei  ministri  sulla  base  del  trattamento
economico spettante, rispettivamente, ai professori o ai  ricercatori
universitari   a   tempo   pieno   con   corrispondente   anzianita'.
Dall'attuazione del  presente  comma  non  devono  derivare  nuovi  o
maggiori oneri per la finanza pubblica ...». 
        3.2. A seguito di tale  disposizione,  e'  stato  emanato  il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25  novembre  2015,
n. 202 (Regolamento recante determinazione del trattamento  economico
dei docenti della Scuola nazionale dell'amministrazione  -  SNA),  il
cui art. 2 («Trattamento economico dei docenti  a  tempo  pieno  e  a
tempo determinato»), prevede: 
    «1.  Ai  docenti  a  tempo  pieno,  scelti   tra   dirigenti   di
amministrazioni  pubbliche,  magistrati  ordinari,  amministrativi  e
contabili, avvocati dello Stato e consiglieri  parlamentari,  nonche'
ai docenti a tempo indeterminato si applica il trattamento  economico
annuo lordo dei professori  universitari  di  prima  fascia  a  tempo
pieno, come fissato dall'art. 3, comma 2, del decreto del  Presidente
della  Repubblica  15   dicembre   2011,   n.   232,   e   successive
modificazioni. 
    2. Ai docenti a tempo pieno, scelti tra  professori  universitari
di prima o seconda fascia si applica, rispettivamente, il trattamento
economico annuo lordo dei professori universitari di prima  fascia  a
tempo pieno o quello dei professori universitari di seconda fascia  a
tempo pieno come fissati dal decreto del Presidente della  Repubblica
n. 232 del 2011 e successive modificazioni. 
    3.  Per  i  docenti  a  tempo  pieno  scelti  tra  dirigenti   di
amministrazioni private o tra soggetti, anche stranieri, in  possesso
di elevata e comprovata qualificazione professionale, il  trattamento
economico  annuo  lordo  e'  stabilito,  tra  quelli  di   professore
universitario  di  prima  fascia  a  tempo  pieno  o  di   professore
universitario di seconda fascia a tempo pieno, dal  presidente  della
Scuola, sentito il Comitato di gestione, sulla base della valutazione
del  curriculum  accademico  e  professionale,  in  applicazione  dei
criteri di valutazione fissati dallo stesso  Comitato,  comunque  nel
rispetto del decreto del  Presidente  della  Repubblica  15  dicembre
2011, n. 232, e successive modificazioni. 
    4. Il trattamento economico dei docenti a tempo pieno e  a  tempo
indeterminato, come definito  dal  presente  articolo,  e'  correlato
all'espletamento  degli  obblighi  istituzionali  e  delle  attivita'
didattiche e scientifiche, previsti per i professori  universitari  a
tempo pieno e all'impegno didattico fissato dall'art.  1,  comma  16,
della legge 4 novembre 2005, n. 230, e dall'art.  6  della  legge  30
dicembre 2010, n. 240. Ai suddetti docenti si applica  la  disciplina
delle  incompatibilita'  e  delle  autorizzazioni  prevista   per   i
professori e ricercatori universitari a tempo pieno dallo stesso art.
6. Il presidente, sentito  il  Comitato  di  gestione,  determina  le
modalita' per la verifica dell'effettivo svolgimento delle  attivita'
didattiche e scientifiche da parte dei predetti docenti. Il  compenso
per  le  ulteriori  attivita'  e'  determinato,  nei   limiti   delle
disponibilita' di bilancio, in applicazione dei  criteri  di  cui  al
decreto previsto dall'art. 1, comma 16, della legge 4 novembre  2005,
n. 230 e, fino all'adozione del suddetto decreto, in misura  pari  al
settantacinque per cento dell'importo individuato ai sensi  dell'art.
4.». 
    Il successivo art. 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri («Anzianita', classi e scatti di stipendio») prevede: 
    «1.  Ai  fini  della  determinazione  del  relativo   trattamento
economico,  i  docenti  a  tempo   pieno,   scelti   tra   professori
universitari  di  prima  o   seconda   fascia   o   tra   ricercatori
universitari, mantengono l'anzianita' di servizio gia' maturata. 
    2. Ai fini della determinazione  del  trattamento  economico  dei
docenti a  tempo  pieno,  scelti  tra  dirigenti  di  amministrazioni
pubbliche, magistrati ordinari, amministrativi e contabili,  avvocati
dello Stato  e  consiglieri  parlamentari,  e  dei  docenti  a  tempo
indeterminato,  i  periodi  di  servizio  prestato   nelle   suddette
qualifiche vengono computati come anzianita' di  servizio  nel  ruolo
dei professori universitari di prima o  di  seconda  fascia  a  tempo
pieno, in coerenza con i criteri di  determinazione  del  trattamento
economico  previsti  dall'art.  2,  applicando  le  disposizioni  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011 e  successive
modificazioni. 
    3. Ai fini del comma 2, in applicazione  delle  disposizioni  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011 e  successive
modificazioni, la progressione per classi e scatti e'  biennale  fino
alla data di entrata in  vigore  della  legge  n.  240  del  2010,  e
triennale a decorrere dall'entrata in vigore della predetta legge. 
    4. Ai fini del computo dell'anzianita',  i  periodi  di  servizio
presso la Scuola dei docenti a  tempo  pieno,  dei  docenti  a  tempo
indeterminato  e  dei  ricercatori  a  tempo  indeterminato   vengono
valutati  in  applicazione  della  disciplina  generale  relativa  ai
professori e ai ricercatori universitari». 
    Come e' dato osservare, il decreto n. 202/2015: 
        per un verso (art. 2,  comma  1),  individua  il  trattamento
economico dei  «docenti  a  tempo  pieno,  scelti  tra  dirigenti  di
amministrazioni  pubbliche,  magistrati  ordinari,  amministrativi  e
contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari»,  nonche'
dei  «docenti  a  tempo  indeterminato»,  applicando  il  trattamento
economico annuo lordo dei professori universitari di prima  fascia  a
tempo pieno; 
        per altro verso (art. 2, comma 4) , correla l'attribuzione di
tale   trattamento   economico   all'espletamento   degli    obblighi
istituzionali e delle attivita' didattiche e  scientifiche,  previsti
per i professori universitari a tempo pieno e  all'impegno  didattico
fissato dall'art. 1, comma 16, della legge 4 novembre  2005,  n.  230
(cioe', in particolare, l'espletamento delle attivita' scientifiche e
l'impegno per le altre attivita', fissato in  non  meno  di  350  ore
annue di didattica,  di  cui  120  di  didattica  frontale),  nonche'
dall'art. 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, precisando altresi'
che trova applicazione «la disciplina delle incompatibilita' e  delle
autorizzazioni prevista per i professori e ricercatori universitari a
tempo pieno dallo stesso art. 6» (tra  le  quali,  l'incompatibilita'
con l'attivita' libero professionale); 
        per altro verso ancora (art.  5,  comma  2),  ai  fini  della
determinazione «in  concreto»  del  trattamento  economico  per  quei
docenti provenienti dalle qualifiche di cui all'art. 2, comma  2,  si
prevede che «i periodi di servizio prestato nelle suddette qualifiche
vengono  computati  come  anzianita'  di  servizio  nel   ruolo   dei
professori universitari di prima o di seconda fascia a tempo pieno». 
    4.  Orbene,  il  Collegio  ritiene  che   le   disposizioni   del
regolamento in esame costituiscano  coerente  applicazione  dell'art.
21, decreto-legge n. 90/2014. Ed infatti quest'ultimo, prevede: 
        sia che ai docenti ordinari ed ai ricercatori  dei  ruoli  ad
esaurimento della SSPA si applichi «lo stato giuridico dei professori
o dei ricercatori universitari» (comma 4, primo periodo); 
        sia che il trattamento economico, rideterminato  con  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, venga determinato «al fine
di renderlo omogeneo  a  quello  degli  altri  docenti  della  Scuola
nazionale  dell'amministrazione  ...  sulla  base   del   trattamento
economico spettante, rispettivamente, ai professori o ai  ricercatori
universitari a tempo pieno con corrispondente anzianita'»  (comma  4,
secondo periodo). 
        4.1. Appare evidente, dunque, che l'applicazione dello  stato
giuridico dei  professori  universitari,  lungi  dal  costituire  una
introduzione non consentita al decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, trova il suo fondamento proprio nella norma primaria. 
    A fronte di quest'ultima, il regolamento - una  volta  equiparata
la categoria dei docenti di cui  al  proprio  art.  2,  comma  2,  al
professore di prima fascia a tempo pieno - non poteva  che  applicare
agli appartenenti  a  detta  categoria,  conseguentemente,  lo  stato
giuridico previsto per quest'ultima, ivi  compreso  il  regime  delle
incompatibilita' e delle autorizzazioni allo svolgimento di eventuali
incarichi. 
    In sostanza, la norma regolamentare (come e' tipico  delle  norme
di attuazione) precisa l'applicazione di  un  regime  giuridico  che,
laddove  non  fosse  stato  normativamente  specificato  dalla  fonte
secondaria, avrebbe  dovuto  comunque  trovare  applicazione  in  via
interpretativa. 
    In questo senso, non puo' essere condiviso quanto affermato dalla
sentenza impugnata, secondo la quale «l'art. 21, comma 4, cit. si  e'
limitato a richiamare che  lo  stato  giuridico  doveva  considerarsi
quello dei professori universitari ma da cio' non  puo'  dedursi  che
era  stato  implicitamente  introdotto   ex   lege   il   regime   di
incompatibilita' proprio dei professori ordinari a tempo pieno». 
    Ed infatti - pur  nella  consapevolezza  che  tale  argomento  ha
trovato  una  adesione  nell'ordinanza  cautelare  di  questa  stessa
sezione 11 marzo 2016, n. 892 -  non  appare  plausibile  «sganciare»
(nel silenzio della legge) dallo status giuridico di una  determinata
categoria di pubblici dipendenti quelli che sono  i  plurimi  aspetti
che propriamente lo definiscono. 
    Diversamente   opinando,   occorrerebbe   affermare,   in   senso
riduttivo, che applicare lo «stato giuridico  dei  professori  o  dei
ricercatori universitari», altro non significherebbe  che  attribuire
ai   destinatari   solo   una   delle   «qualifiche»   previste    da
quell'ordinamento, rendendo quest'ultima, al contempo,  completamente
avulsa dal complesso dei diritti, dei doveri, degli obblighi, oneri e
limitazioni che ogni attribuzione di status comporta. 
    Ma tale interpretazione, oltre a non trovare plausibile riscontro
nella  norma  primaria   (e   nella   sua   corretta   applicazione),
comporterebbe che, mentre si  attribuisce  il  trattamento  economico
(status economico) del professore di prima fascia a tempo  pieno,  al
tempo stesso lo status giuridico -  che  pure  e'  dichiarato  essere
quello di «professore universitario» - in  realta'  continuerebbe  ad
essere, in assenza di disciplina transitoria, quello delineato  dalla
previgente  normativa,  con  cio'  ponendosi  in  contrasto  con   la
finalita' di «omogeneizzazione» enunciata dal legislatore. 
    In definitiva,  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  proceduto  a  rideterminare  il  trattamento  economico,
attribuendo agli appartenenti alle categorie di cui all'art. 2, comma
2, il massimo trattamento tra quelli rinvenibili nella categoria  dei
professori universitari e, una volta  compiuta  tale  operazione,  ha
chiarito come lo status giuridico di professore  universitario  (gia'
ex lege attribuito) veniva a specificarsi in relazione alla qualifica
concretamente attribuita  ai  fini  dell'erogazione  del  trattamento
economico (professore universitario di prima fascia a  tempo  pieno),
realizzandosi  una  piana  e  coerente  corrispondenza   tra   status
giuridico e status economico. 
    Cosi'  ricostruito  il   percorso   applicativo   dell'art.   21,
decreto-legge  n.  90/2014,  non  assume  alcuna   rilevanza   quanto
prospettato in sentenza in ordine alla differenza  esistente  tra  le
qualifiche di docente stabile o a tempo pieno presso la SSPA che  non
corrisponderebbero  alla   «terminologia   classica   universitaria».
Infatti, il legislatore ha inteso attribuire ai  docenti  della  SSPA
«lo stato giuridico dei professori o dei  ricercatori  universitari»,
senza considerare ne' significato e contenuto delle  qualifiche  gia'
in possesso presso la SSPA ne' elaborare parametri di  corrispondenza
tra qualifiche «vecchie e nuove». 
        4.2.  Anche  l'attribuzione  del  trattamento  economico  del
professore universitario di prima fascia a  tempo  pieno,  effettuata
dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (art. 2,  comma
1) costituisce coerente applicazione della norma primaria. 
    Giova ricordare che quest'ultima  attribuisce  ai  docenti  della
SSPA un trattamento economico «che  viene  determinato  dallo  stesso
decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  sulla  base  del
trattamento economico spettante, rispettivamente, ai professori o  ai
ricercatori   universitari   a   tempo   pieno   con   corrispondente
anzianita'». 
    Tale  essendo  l'indicazione  legislativa,  il   regolamento   ha
individuato,  per  i  docenti  provenienti  dalle  categorie  di  cui
all'art. 2,  comma  2,  il  massimo  trattamento  possibile  in  base
all'indicazione legislativa (professore universitario di prima fascia
a tempo pieno), procedendo altresi' a  conservare  loro  l'anzianita'
maturata  (art.  5,  comma  2),  computata  (in  assenza  di  diversa
indicazione legislativa) come anzianita' di servizio  nel  ruolo  dei
professori universitari di prima fascia. 
    A fronte  di  cio',  l'eventuale  sussistenza  di  disparita'  di
trattamento  tra  docenti  appartenenti  alle  varie  scuole  e   con
provenienza diversa, puo'  rilevare  (come  si  vedra')  al  fine  di
dubitare della legittimita' costituzionale della norma  primaria,  ma
non costituisce - proprio per effetto di  quanto  disposto  dall'art.
21, decreto-legge n. 90/2014  -  vizio  di  legittimita'  degli  atti
amministrativi (in primis, del regolamento) per violazione  di  legge
ed eccesso di potere. 
        4.3. Le ragioni poste a fondamento  della  ritenuta  coerenza
degli atti (regolamentari e provvedimentali) adottati  con  la  norma
primaria, quanto all'attribuzione del trattamento economico, sono  le
medesime anche per ritenere che tali atti non influiscono ex se  (con
cio' essendo conseguentemente  illegittimi)  sul  futuro  trattamento
pensionistico, che costituisce coerente e conseguente attuazione,  da
parte del regolamento, di quanto disposto dal legislatore in tema  di
trattamento economico da corrispondere ai docenti della ex SSEF. 
        4.4. Infine, non  puo'  assumere  rilevanza  quanto  previsto
(ancorche' prima  dell'emanazione  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri) dall'art. 11, comma 1, lettera d) della legge
7 agosto 2015, n. 124, in base al quale, per quel che interessa nella
presente sede, con decreto legislativo  delegato  si  sarebbe  dovuto
procedere alla «ridefinizione del trattamento economico  dei  docenti
della  Scuola  nazionale  dell'amministrazione  in  coerenza  con  le
previsioni di cui all'art. 21, comma 4, del decreto-legge  24  giugno
2014, n. 90, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  11  agosto
2014, n. 114, ferma restando l'abrogazione dell'art. 10, comma 2, del
decreto legislativo 1º dicembre 2009, n. 178,  senza  incremento  dei
trattamenti economici in godimento e comunque senza nuovi o  maggiori
oneri per la finanza pubblica». 
    Ed infatti, il  Governo  non  ha  proceduto  all'esercizio  della
delega concessagli e quindi la previsione  che  affidava  alla  fonte
primaria delegata la  ridefinizione  del  trattamento  economico  dei
docenti della  SNA  (non  essendo  stata  attuata)  non  puo'  essere
interpretata comunque come una abrogazione della  vecchia  norma  che
attribuiva di tale disciplina alla fonte regolamentare. 
    5.  Alla  luce  di  quanto  esposto,  occorre  escludere  che  la
disciplina del regolamento di  cui  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  25  novembre  2015,  n.  202,   costituisca
incoerente  attuazione  dell'art.  21,  comma  4,  decreto-legge   n.
90/2014, ovvero che «debordi» dai limiti ad essa imposti dalla  norma
primaria, in base alla interpretazione che  di  quest'ultima  occorre
fornire  (come  innanzi  effettuato)   secondo   i   normali   canoni
ermeneutici. 
    La   legittimita'   costituzionale   dell'art.   21,   comma   4,
decreto-legge n. 90/2014 assume, dunque, importanza  determinante  ai
fini della decisione del presente giudizio di appello, poiche' e'  di
tale articolo che questo giudice deve fare applicazione, in quanto e'
di questo  che  gli  atti  impugnati  (disposizioni  regolamentari  e
provvedimenti) fanno applicazione. 
    Cio' evidenzia la sussistenza della «rilevanza»  della  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma  4,  decreto-legge
n.  90/2014,  questione  che  il  Collegio   ritiene   altresi'   non
manifestamente infondata, per le ragioni di seguito esposte. 
    La rimessione alla Corte costituzionale della suddetta  questione
di legittimita' costituzionale e'  stata,  inoltre,  richiesta  anche
dalla parte appellata. 
    6. Il  Collegio  dubita  della  legittimita'  costituzionale  del
citato art. 21, comma 4, decreto-legge n. 90/2014: 
        a) in primo luogo, per violazione degli articoli 3 e 51 della
Costituzione,  poiche',  nell'applicare  ai  docenti   della   Scuola
superiore dell'economia e  delle  finanze  «lo  stato  giuridico  dei
professori e dei ricercatori universitari», esso non tiene contro ne'
della diversificazione delle provenienze dei medesimi  (dirigenti  di
amministrazioni  pubbliche,  magistrati  ordinari,  amministrativi  e
contabili,  avvocati  dello  stato   e   consiglieri   parlamentari),
conservate pur in costanza  del  rapporto  con  la  SSEF,  ne'  della
differenza di status originario esistente tra tali docenti  e  quelli
delle altre scuole confluite nella SNA e della  stessa  SNA.  In  tal
modo, violando il principio di ragionevolezza, viene  a  determinarsi
un «accesso»  (nel  senso  di  nuova  e  diversa  configurazione  del
rapporto di impiego)  agli  uffici  pubblici  non  in  condizioni  di
uguaglianza, poiche' viene  previsto  un  «trattamento  eguale»  (nel
senso  di  standardizzato)  sul  piano   giuridico   per   situazioni
soggettive  connotate   da   sensibili   ed   originarie   differenze
strutturali; 
        b) in secondo luogo, per violazione degli  articoli  3  e  51
della Costituzione sotto diverso profilo, in  quanto,  determinandosi
il trattamento economico da corrispondere in quello del professore  a
tempo pieno  e  cosi'  qualificando  lo  status  giuridico  in  senso
corrispondente, ivi compreso il regime delle incompatibilita', non ha
contestualmente previsto la possibilita' di riconoscere il diritto di
opzione per il regime del tempo definito, con la diversa  conseguente
determinazione  dello  status  giuridico  in  senso  a  tale   figura
corrispondente. In tal modo, il docente ex SSEF,  pur  equiparato  al
professore  universitario,  costituisce  l'unico  esempio   di   tale
categoria al quale non e' riconosciuta la possibilita' di scelta  tra
tempo pieno e tempo definito; 
        c) in terzo luogo, per violazione degli articoli 3 e 36 della
Costituzione, poiche',  nell'attribuire  ai  predetti  docenti  della
SSEF,  «il  trattamento  economico  spettante,  rispettivamente,   ai
professori  o  ai  ricercatori  universitari  a   tempo   pieno   con
corrispondente anzianita'», determina, in modo  irragionevole  e  non
causalmente  sorretto  sul  piano  della   tutela   e   perseguimento
dell'interesse pubblico, con  violazione  del  legittimo  affidamento
nella certezza delle  situazioni  giuridiche,  una  compressione  e/o
livellamento dei trattamenti economici da corrispondersi  in  futuro,
che - non tenendo in alcun conto i trattamenti economici in godimento
- produce un «appiattimento» dei trattamenti retributivi con  effetti
di   (irragionevole   e   ingiustificata)   reformatio    in    pejus
«diversificata», a seconda del trattamento economico  originariamente
corrisposto. Peraltro, la dichiarata finalita' di «rendere  omogenei»
i trattamenti  economici  dei  docenti  della  SNA  non  puo'  essere
ragionevolmente  attuata  (se  non  a  discapito  del  principio   di
eguaglianza)  corrispondendo  ex  abrupto   a   tutti   il   medesimo
trattamento, ma occorrendo, invece, stabilire (semmai) meccanismi  di
progressiva omogeneizzazione, tenendo conto, quale punto di partenza,
della differenza originaria delle retribuzioni in godimento; 
        d) in quarto luogo, per violazione degli articoli 3, 36 e  38
della Costituzione, nella misura in cui non  dispone  che  a  docenti
aventi qualifiche e provenienze diverse nell'ambito del piu' generale
rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni,  sia  conservato
il trattamento previdenziale attualmente previsto (o comunque  questo
venga autonomamente considerato e valutato), e consentendo  dunque  -
con il richiamo allo status giuridico  ed  economico  del  professore
universitario  -   l'applicazione   agli   stessi   del   trattamento
previdenziale di quest'ultimo; 
        e) in quinto luogo, per violazione  degli  articoli  3  e  97
della Costituzione, in quanto, disponendo nei sensi gia' riportati ai
punti che precedono, la norma determina  una  conseguente  violazione
dei principi di imparzialita' e buon andamento da parte ella pubblica
amministrazione, nei confronti di soggetti ad essa legati da rapporto
di  impiego,  come  conseguenza  della  omessa  considerazione  della
diversificazione dei rispettivi ruoli di provenienza; 
        f) in sesto luogo, per violazione degli articoli 3,  36,  38,
51 e 97 della Costituzione, sotto diverso  profilo,  per  non  essere
stata prevista una «norma transitoria», che consenta una possibilita'
di scelta, non immediata ma anche temporalmente definita, tra rientro
nei  ruoli  di   originaria   provenienza   ovvero   permanenza   nel
(modificato) status di docente presso la SNA. 
    6. Per tutte  le  ragioni  esposte,  questo  Consiglio  di  Stato
ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 4, del  decreto-legge
24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto  2014,  n.  114,
per violazione degli articoli 3, 36, 38, 51 e 97 della Costituzione. 
    La rimessione degli atti alla Corte  Costituzionale  comporta  la
sospensione del processo in corso.