Ricorso ex art.  127  della  Costituzione  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri (codice fiscale n.  80188230587),  in  persona
del  Presidente  pro  tempore,  rappresentata  e   difesa   ex   lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n.  80224030587;
PEC:   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it;   fax   06/96514000)    ed
elettivamente domiciliata presso i  suoi  uffici  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n.  12;  ricorrente,  contro  la  Regione  autonoma  della
Sardegna, in persona del  Presidente  pro  tempore,  dott.  Francesco
Pigliaru, con sede in Cagliari (cap.  09123),  viale  Trento  n.  69,
resistente, per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 4 della legge  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  5
novembre 2018, n. 41, pubblicata nel BUR n. 50 dell'8 novembre  2018,
recante «Modifiche alla legge regionale 13 marzo 2018,  n.  8  (Nuove
norme  in  materia  di  contratti  pubblici  di  lavori,  servizi   e
forniture)» (quest'ultima gia'  impugnata  dal  Governo:  ricorso  n.
36/2018). 
    La legge regionale in epigrafe, che prevede modifiche alla  legge
regionale 13 marzo 2018, n. 8, in materia di  contratti  pubblici  di
lavori, servizi  e  forniture,  presenta  aspetti  di  illegittimita'
costituzionale in quanto la disposizione di seguito  indicata  eccede
dalle competenze attribuite alla regione dallo  statuto  speciale  di
autonomia, legge cost. n. 3/1948, andando ad invadere  la  competenza
esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela  della  concorrenza  e
ordinamento civile, di cui all'art. 117, secondo comma, lettere e) ed
l) della Costituzione. 
    Si premette che, ai sensi dell'art. 3, lettera e)  dello  statuto
speciale  di  autonomia,  la  Regione  Sardegna  gode  di  competenza
legislativa di tipo  primario  in  materia  di  «lavori  pubblici  di
esclusivo interesse della regione» mentre, nel medesimo statuto,  non
si  rinviene  alcuno  specifico  riferimento  alle  forniture  ed  ai
servizi. 
    Cosi' come affermato da codesta ecc.ma Corte con la  sentenza  n.
411/2008 «... la disciplina degli appalti pubblici, intesa  in  senso
complessivo, include  diversi  "ambiti  di  legislazione"»,  che  «si
qualificano a seconda dell'oggetto al quale  afferiscono»:  in  essa,
pertanto, si profila  una  interferenza  fra  materie  di  competenza
statale e materie di competenza  regionale,  ma  con  la  «prevalenza
della disciplina statale su ogni altra fonte normativa» (sentenza  n.
401/2007) in relazione agli  oggetti  riconducibili  alla  competenza
esclusiva  statale,  esercitata  con  le  norme  recate  dal  decreto
legislativo n. 163 del 2006 (attualmente dal decreto  legislativo  n.
50/2016). 
    In  particolare,  la  disciplina  delle  procedure  di  gara,  la
regolamentazione della qualificazione e  selezione  dei  concorrenti,
delle procedure di affidamento e dei criteri di  aggiudicazione,  ivi
compresi quelli che devono presiedere all'attivita' di progettazione,
mirano a garantire che le medesime si  svolgano  nel  rispetto  delle
regole  concorrenziali  e  dei  principi  comunitari   della   libera
circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della
liberta' di stabilimento,  nonche'  dei  principi  costituzionali  di
trasparenza e parita' di trattamento (sentenze n. 431 e  n.  401  del
2007) e sono riconducibili all'ambito della tutela della concorrenza,
di esclusiva competenza del legislatore statale (sentenze n. 345  del
2004 e n. 401 del 2007). Analogamente, codesta Corte ha  riconosciuto
che «la fase negoziale dei contratti della pubblica  amministrazione,
che  ricomprende  l'intera  disciplina  di  esecuzione  del  rapporto
contrattuale, incluso l'istituto del  collaudo,  si  connota  per  la
normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico,
sostituiti  dall'esercizio  di  autonomie  negoziali  e  deve  essere
ascritta all'ambito materiale dell'ordinamento civile»  (sentenza  n.
401 del 2007), di competenza esclusiva del legislatore statale. 
    Sulla base di tali indicazioni deve, pertanto, leggersi l'art. 2,
comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50,  che,  nella
parte in cui stabilisce che «le  regioni  a  statuto  speciale  e  le
Province  autonome  di  Trento  e   Bolzano   adeguano   la   propria
legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e  nelle
relative norme di attuazione», impone anche alle regioni ad autonomia
speciale di conformare la propria legislazione in materia di  appalti
pubblici a quanta stabilito dal codice stesso. 
    Nella fattispecie in esame, lo statuto  della  Regione  Sardegna,
come sopra detto, all'art. 3, lettera  e),  attribuisce  alla  stessa
regione una competenza legislativa  primaria  in  materia  di  lavori
pubblici di interesse regionale, alla quale, quindi, non appartengono
le norme  relative  alle  procedure  di  gara  e  all'esecuzione  del
contratto.  Petti  settori,  infatti,  sono  oggetto  di   disciplina
nell'ambito del citato codice e ad  esso,  pertanto,  il  legislatore
regionale deve adeguarsi. 
    Alla luce di quanta  sopra,  dunque,  la  disposizione  contenuta
nell'art. 4 della legge regionale in esame  si  presenta  censurabile
sotto il profilo della coerenza con  il  dettato  costituzionale,  in
particolare  con  la  competenza  esclusiva  attribuita  allo   Stato
dall'art. 117, secondo comma, lettere e) e l) della Costituzione,  in
materia di tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile. 
    In particolare, l'art. 4, rubricato «Modifiche all'art. 23  della
legge regionale n. 8 del  2018  (Elenco  operatori  economici  per  i
servizi di ingegneria e architettura)», sostituisce, tra l'altro,  il
comma 2 di detto articolo il quale prevedeva: 
    «2. Le stazioni appaltanti, per l'affidamento dei servizi di  cui
al comma 1, ai sensi degli articoli 36 e 157 del decreto  legislativo
n.  50  del  2016,  selezionano  gli  operatoti  economici   iscritti
nell'elenco di cui al presente articolo, nel rispetto  del  principio
della  rotazione  degli  inviti  e  con  l'applicazione  di   criteri
oggettivi  che  tengono  conto   della   loro   pregressa   capacita'
tecnico-professionale ed, eventualmente, economico-finanziaria.». 
    La norma viene sostituita dalla seguente: 
    «2. Le stazioni appaltanti, per l'affidamento dei servizi di  cui
al comma 1, in  conformita'  agli  articoli  36  e  157  del  decreto
legislativo n. 50  del  2016,  selezionano  gli  operatori  economici
iscritti nell'elenco di cui al presente articolo, nel  rispetto,  ove
possibile,  [evidenziazione  dell'estensore]  del   principio   della
rotazione degli inviti e con l'applicazione di criteri oggettivi  che
tengono conto della loro  pregressa  capacita'  tecnico-professionale
ed, eventualmente, economico-finanziaria.». 
    Occorre rilevare che la  nuova  formulazione  della  norma  rende
l'applicazione del principio della rotazione, prescritto  dal  codice
degli  appalti,  solo  eventuale  («ove  possibile»),  senza   alcuna
indicazione, peraltro, delle ragioni  che  eventualmente  ne  possano
legittimamente escludere l'applicabilita', e correlativamente rendere
controllabile    l'esercizio    della    relativa    discrezionalita'
amministrativa. 
    Il decreto  legislativo  n.  50/2016  (di  modifica  del  decreto
legislativo n. 162/2006), invece, ha rafforzato la precettivita'  del
principio di rotazione e al tempo stesso lo ha declinato  in  termini
diversi in relazione al tipo di procedura  concretamente  utilizzata,
consentendo limitate e motivate deroghe allo stesso.  L'art.  36  del
citato decreto legislativo prevede  che  l'affidamento  sotto  soglia
deve avvenire nel rispetto del principio di rotazione degli inviti  e
degli affidamenti,  favorendo  la  distribuzione  delle  opportunita'
degli operatori  economici  di  essere  affidatati  di  un  contratto
pubblico. 
    La  disciplina  complessiva  dettata  dall'art.  36  del  decreto
legislativo n. 50/2016 e' riassumibile nei termini seguenti: 
        se la commessa e' di valore pari o  inferiore  ai  40.000  il
contratto puo' essere affidato senza alcun confronto concorrenziale e
se cio' effettivamente accade il principio di  rotazione  non  potra'
che essere applicato in relazione all'aggiudicazione (art. 36,  comma
2, lettera a); 
        se, invece, la commessa e' di valore superiore ai  40.000  (e
sino  a  150.000  euro),   e'   necessario   operare   un   confronto
concorrenziale tra piu'  ditte  invitate  dalla  stazione  appaltante
(almeno cinque in caso di servizi e forniture, almeno dieci  in  caso
di lavori) e,  in  questo  caso,  il  principio  di  rotazione  opera
(esclusivamente) con riferimento alla  fase  degli  inviti,  il  che,
peraltro, e' conforme  a  evidenti  esigenze  di  corretto  esercizio
dell'azione amministrativa e di tutela dell'affidamento. 
    Gia' nelle linee guida n. 4, attuative del decreto legislativo n.
50/2016, peraltro, e' stata  espressamente  consentita  una  motivata
deroga al principio di rotazione in caso  di  «riscontrata  effettiva
assenza di alternative ovvero del grado di soddisfazione  maturato  a
conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola
d'arte, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti)» e negli  stessi
termini si e' pronunciata anche la Commissione speciale del Consiglio
di Stato con parere 12 febbraio 2018, n.  361,  espresso  nell'ambito
dell'istruttoria  per  l'aggiornamento  delle   linee   guida   ANAC,
chiarendo che il principio di rotazione comporta  in  linea  generale
che l'invito all'affidatario uscente rivesta carattere eccezionale  e
debba essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto
di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato
a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all'oggetto
ed alle caratteristiche del  mercato  di  riferimento.  Il  principio
generale enunciato dal citato codice dei contratti e'  dunque  quello
della rotazione, salvo le deroghe ammesse (e comunque motivate). 
    La norma regionale, quindi, prevedendo il rispetto del  principio
della rotazione solo «ove possibile», pur nel richiamo degli articoli
36 e 157 del decreto legislativo n. 50/2016,  si  pone  di  fatto  in
contrasto con dette norme statali. 
    Per questi motivi la norma regionale  deve  essere  impugnata  ai
sensi dell'art. 127 della Costituzione. 
    Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in
epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata,  chiede  l'accoglimento
delle seguenti conclusioni.