TRIBUNALE DI ROMA 
                            Sezione XIII 
 
RG. n. 62804-17. 
Ordinanza di rimessione alla Corte  costituzione  per  non  manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
131  n.  3  del  Testo  unico  spese  di  giustizia  nella   corretta
interpretazione - ritenuta diritto vivente - di cui alla Circolare  8
giugno 2016  (Quesiti  relativi  all'interpretazione  dell'art.  131,
comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  115  del  30
maggio  2002  e  successive  modificazioni)   del   Ministero   della
giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia, Dipartimento per
gli affari di giustizia DAG 08/06/2016.0107514.U. 
Accertamento tecnico preventivo n. 696-bis S. D. P., G. P.  e  A.  P.
(avv. Nicola Ciconte) c. Asl RM 1 (avv.to Gloria  Di  Gregorio  +  AM
Trust Europe Ltd (avv. Stefano Rossi). 
      
    Il  giudice,  dott.  Massimo  Moriconi,  letti   gli   atti   del
procedimento ex art. 696-bis cpc supra epigrafato. 
 
                               Osserva 
 
    1- Con ricorso del 13 ottobre 2017 i ricorrenti S. D. P., G. P. e
A. P. premesso di essere il primo il marito e gli altri i figli di A.
F., deceduta il 29 giugno 2015, lamentavano che il decesso della loro
congiunta  si  era  verificato  a  causa  di  errori  medico-sanitari
addebitabili al personale medico  dell'Azienda  ospedaliera  che  non
avevano tempestivamente diagnosticato lo stadio iniziale  del  tumore
polmonare dal quale la predetta era affetta. Richiedevano quindi,  in
vista del giudizio di risarcimento dei danni, anche sotto il  profilo
della perdita di chances di  sopravvivenza  della  loro  parente,  da
incardinare nel caso  in  cui  non  fosse  possibile  raggiungere  un
accordo, che il giudice adito ai sensi e per  gli  effetti  dell'art.
696-bis cpc nominasse un consulente tecnico di ufficio. 
    Instaurato il contraddittorio con la ASL RM1 e l'Assicurazione AM
Trust Europe LTD (i quali, costituitisi, respingevano,  con  motivate
comparse  difensive,  ogni  addebito  (1)  )  il  giudice,  al   fine
dell'esperimento di un  tentativo  di  conciliazione  tra  le  parti,
formulava  i  quesiti  di  cui  all'ordinanza  del  12  aprile   2018
convocando i due consulenti  tecnici  (medico  legale  e  specialista
oncologo) per l'udienza del 24 settembre 2018. 
    A tale udienza, presenti i consulenti,  emergeva  la  circostanza
che i ricorrenti godevano del Gratuito patrocinio a spese dello Stato
in virtu' di delibera del Consiglio  dell'Ordine  degli  avvocati  di
Roma in data 19 giugno 2017. 
    Il  giudice,  prospettandosi  la  certezza  che  lo   svolgimento
dell'impegnativo lavoro che andava a richiedere ai due professionisti
C.T.U.  sarebbe  stato,  per  le  ragioni  di   seguito   illustrate,
surrettiziamente a titolo gratuito, si riservava di provvedere. 
    2- La ragione che muove lo  scrivente  a  sottoporre  al  Giudice
delle leggi la questione di legittimita' costituzionalita'  dell'art.
131 del decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.
115 (2) in riferimento agli articoli 1, 3 (in riferimento all'art. 83
del TU  spese  di  giustizia),  4,  24,  35  primo  comma,  36  della
Costituzione,     attinge     alla     ritenuta      irragionevolezza
dell'accettazione,  alla  quale  impinge  il  diritto  vivente,   del
principio che i consulenti tecnici  del  giudice  debbano  e  possano
lavorare gratuitamente nei casi in cui, ammessa la parte al  Gratuito
patrocinio a spese dello Stato, non vi siano altri soggetti sui quali
legalmente possa farsi gravare il loro diritto  al  compenso  per  il
lavoro svolto. 
    Vi sono  svariati  casi  nei  quali  tale  ultima  situazione  si
verifica, ma per circoscrivere, anche in  termini  di  rilevanza,  il
discorso, e' sufficiente rimanere nell'ambito del procedimento di cui
all'art. 696-bis, che ci occupa, dove non e' oggettivamente possibile
porre  a  carico  le  spese  (e'  indifferente  se  fondo   spese   o
liquidazione finale) su soggetto diverso dal ricorrente, e  cio'  per
la semplice ragione che il procedimento in questione non e' destinato
a concludersi con una pronuncia  del  giudice  di  regolazione  delle
spese ai sensi dell'art. 91 cpc, cosicche' le stesse non possono  che
fare carico  sulla  parte  che  ha  promosso  il  ricorso  (salva  la
statuizione che  intervenga  al  riguardo  all'esito  del  successivo
giudizio di merito la cui  esistenza  peraltro,  e'  bene  dirlo  per
evitare deviazioni dal tema, e' solo eventuale). 
    La questione e' quindi rilevante in questo giudizio - che a causa
delle precise, conferenti e motivate  prese  di  posizione  dell'ente
resistente, non ha ragionevoli probabilita' di  conciliazione  (3)  -
perche' solo attraverso la pronuncia di  incostituzionalita'  che  si
invoca potra' essere rimosso l'ostacolo  che  si  frappone  all'unica
possibilita'  che,  in  questo  procedimento  i  consulenti  nominati
possano ricevere un compenso. 
    Ai quali, diversamente, dovra' essere richiesto, in modo  aperto,
e non occultato dietro l'invito a presentare improbabili richieste di
liquidazione  al   giudice   a   quindi   all'Erario,   di   lavorare
gratuitamente per la giustizia. 
    Infatti, sia pure disposta la prenotazione a debito  e  sia  pure
emesso da parte del  giudice  il  decreto  di  liquidazione,  per  le
ragioni di seguito esposte e' ineluttabile  che  il  Ministero  della
giustizia e per esso i dirigenti di  cancelleria  che  rispettano  le
istruzione gerarchiche del Ministero, non daranno, come non  danno  -
circostanza  ubiquamente  nota  -   seguito   al   provvedimento   di
liquidazione. 
    Ne'  e'  altresi'  sostenibile  per  evitare   la   censura   che
rispettosamente si affida alla Corte delle leggi, che sia  onere  nel
C.T.U. adire, contro il cennato provvedimento generale del  Ministero
della giustizia ricorso al giudice amministrativo, per l'annullamento
e cio' non tanto (e non solo) per la evidente  fuorvianza  dell'onere
che si addosserebbe ad un soggetto che non ha neppure la possibilita'
di rifiutare l'incarico, ma  per  l'assorbente  ragione  che  non  si
ravvisa,  in  tale  eventuale  ricorso  al  Tribunale  amministrativo
regionale, un fumus di fondatezza. 
    3- Come e' noto, alla Corte costituzionale e'  stato  piu'  volte
richiesto il vaglio di costituzionalita'  in  ordine  alla  norma  in
oggetto. 
    Per il fondato sospetto che in una  molteplicita'  di  situazioni
(ATP,  volontaria  giurisdizione,  etc.)  il  lavoro  del  consulente
tecnico   di   ufficio   nell'ambito   del   rito    civile    fosse,
ontologicamente, destinato a non trovare remunerazione. 
    E la Corte costituzionale ha ripetutamente ritenuto infondato  il
sospetto dei giudici remittenti. 
    Il  giudice  e'  consapevole  che   se   dedotta   la   questione
d'incostituzionalita'   negli   stessi   precedenti    termini,    la
giurisprudenza della Corte la sanzionerebbe con l'inammissibilita'. 
    La presente ordinanza quindi  intende  introdurre  prospettive  e
profili diversi di interpretazione della norma rimessa e  del  quadro
di riferimento, alla luce dei quali si auspica che la Corte, anche al
di   la'   della    strada    maestra    della    dichiarazione    di
incostituzionalita', possa, quanto meno, licenziare un provvedimento,
per l'autorevolezza del Soggetto promanante, di non minore  efficacia
generale (quale una sentenza interpretativa di accoglimento  mediante
la quale la Corte, chiamata a pronunciarsi sul significato attribuito
dal giudice a quo alla disposizione di legge oggetto della questione,
accertata la fondatezza della questione, dichiari  la  illegittimita'
costituzionale della disposizione nel solo  significato  difforme  da
Costituzione); idoneo a risolvere la grave e  incresciosa  situazione
determinatasi sul territorio nazionale che e' come si e' detto, che i
consulenti tecnici del giudice, ove non vi siano parti (diverse dallo
Stato) paganti, lavorano gratis. 
    Occorre quindi in primo luogo ripercorrere la vicenda normativa e
le sue interpretazioni. 
    L'art. 131 decreto del Presidente della  Repubblica  n.  115/2002
distingue, ai fini del pagamento, gli onorari «dovuti  al  consulente
tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato» che «sono prenotati
a debito, anche nel  caso  di  transazione  della  lite,  se  non  e'
possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono  poste
le spese processuali o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della
causa o per revoca dell'ammissione». 
    Le «indennita' e le spese di viaggio  spettanti  a  testimoni,  a
notai, a consulenti tecnici di  parte  e  ausiliari  del  magistrato,
nonche' le spese sostenute per l'adempimento dell'incarico  da  parte
di questi ultimi» sono invece prenotate a debito. 
    Oltre che con precedenti pronunce  (sentenza  n.  287  del  2008,
ordinanza n. 209 del 2008, la Corte costituzionale non accoglieva  le
censure con l'ordinanza n. 12 del 2013 (come nella di poco successiva
Corte costituzionale, 16 maggio 2013, n. 88) sulla base dei  seguenti
argomenti: 
        1. non risultano giustificati i dubbi espressi dal rimettente
in ordine alla individuabilita' di una parte soccombente in relazione
ad un giudizio del tipo ora sottoposto alla sua  attenzione,  e  sono
manifestamente infondati i connessi dubbi  in  ordine  alla  concreta
possibilita' per il  consulente  tecnico  di  vedersi  corrisposti  i
propri compensi; che, infatti, questi o graveranno  sui  soggetti  di
cui al citato art. 131  del  decreto  legislativo  n.  115  del  2002
ovvero, laddove sia impossibile ripeterli da costoro,  se  ne  potra'
chiedere la prenotazione a  debito,  con  successiva  liquidazione  a
carico dell'Erario; 
        2. aggiungendo che non sussiste, come piu' volte affermato in
via generale  dalla  stessa  Corte,  disparita'  di  trattamento,  in
materia di spese  in  giudizi  in  cui  vi  e'  stata  ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato, rispetto  ai  soggetti  operanti  con
distinti compiti, attribuzioni e funzioni,  nell'ambito  dei  singoli
giudizi, ovvero nell'ambito dei giudizi civili o penali;  perche'  la
ontologica eterogeneita' dei soggetti ovvero dei modelli  processuali
posti a confronto non consente di istituire fra gli stessi un  valido
rapporto di  comparazione,  in  un  ambito  di  discrezionalita'  del
legislatore di modulare diversamente le diverse fattispecie; 
        3.   e,    specificamente    quanto    all'ATP,    ricordando
l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimita' in  base
al  quale  le  spese  giudiziali  relative  all'accertamento  tecnico
preventivo sono ordinariamente  liquidabili,  in  base  al  principio
della  soccombenza,  o  al   termine   del   relativo   procedimento,
ogniqualvolta il ricorso introduttivo non sia stato accolto (Corte di
cassazione, sentenza 29 marzo 1996, n. 2937), ovvero al  termine  del
conseguente giudizio di merito  (Corte  di  cassazione,  sentenza  23
dicembre 1993, n.  12759);  successivamente  ai  provvedimenti  della
Corte il Ministero della giustizia ha  emanato  un  provvedimento  di
carattere generale, quello indicato in epigrafe, che  in  virtu'  del
rapporto gerarchico  esistente  nella  pubblica  amministrazione,  ha
prodotto l'esito che le diramazioni del  Ministero  deputate  a  dare
corso ai decreti di liquidazione dei giudici a favore dei  CTU  nelle
cause e nei procedimenti dove, in presenza di ammissione  al  G.P.  e
prenotazione a debito, non vi sia alcuna parte nei cui confronti  sia
possibile ottenere (in punto di diritto o di fatto) il pagamento,  si
rifiutano di farlo, ritenendo l'eventuale  pagamento  da  parte  e  a
carico dello Stato atto contra legem. 
    Allo stato  pertanto  e'  lecito  affermare,  quanto  meno  quale
fotografia della  realta'  italiana,  che  i  Consulenti  tecnici  di
ufficio  dei  giudici  nazionali,  nelle  condizioni  dette,   sanno,
accettando l'incarico, di lavorare gratis (4) . 
    Ad avviso del remittente le  conclusioni  alle  quale  giunge  il
Ministero della giustizia  con  la  circolare  8  giugno  2016  sono,
secondo lo ius conditum, condivisibili. 
    A  tale  fine  e'  necessario  ben  focalizzare  il   significato
dell'espressione prenotazione a debito. 
    Secondo l'art. 3 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.
115/2002: 
        «prenotazione a debito» e' l'annotazione a futura memoria  di
una voce di spesa,  per  la  quale  non  vi  e'  pagamento,  ai  fini
dell'eventuale successivo recupero; mentre 
        «anticipazione» e' il pagamento di una  voce  di  spesa  che,
ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, e' recuperabile. 
    L'art. 131 prevede che: 
        a. per effetto dell'ammissione al G.P. e  relativamente  alle
spese a carico della parte ammessa, alcune sono prenotate  a  debito,
altre sono anticipate dall'erario; 
        b. gli onorari  dovuti  al  consulente  tecnico  di  parte  e
all'ausiliario del magistrato, sono prenotati a  debito,  a  domanda,
anche nel caso di transazione della lite,  se  non  e'  possibile  la
ripetizione dalla parte a carico della  quale  sono  poste  le  spese
processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o
per revoca dell'ammissione. 
    In relazione a quanto precede, il Ministero  nella  circolare  di
cui in epigrafe osserva esattamente: 
        «questa Direzione generale, pur consapevole delle  criticita'
operative segnalate con riferimento all'applicazione  dell'art.  131,
comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,
ritiene di non poter tuttavia condividere la  suesposta  conclusione,
in considerazione sia  della  chiarezza  del  disposto  normativo  di
riferimento, sia della costante interpretazione dello stesso  fornita
da parte della Corte costituzionale: quest'ultima infatti, precisando
nell'ordinanza da ultimo citata che  il  consulente  non  soddisfatto
nelle  sue  pretese  dalla  parte  soccombente  nel  processo   possa
«chiedere la prenotazione a debito,  con  successiva  liquidazione  a
carico dell'Erario», non  ha  fatto  altro  che  ricordare  che  tale
liquidazione segue necessariamente la  richiesta  di  prenotazione  a
debito da parte  del  consulente,  ma  non  ha  certo  introdotto  un
automatismo tra la prenotazione a debito e la liquidazione, che e' (e
dunque   rimane)   meramente   eventuale,   essendo    normativamente
condizionata all'effettivo recupero della somma prenotata a debito da
parte  dell'ufficio  giudiziario  (ed  infatti,  come  ricordato   in
apertura, la norma dell'art. 3, lettera s), definisce «prenotazione a
debito» l'annotazione «a futura memoria di una voce di spesa, per  la
quale  non  vi  e'  pagamento,  ai  fini  dell'eventuale   successivo
recupero»). 
    La norma di cui all'art. 131  n.  3  integra  in  definitiva  una
disposizione  erronea  che  non  e'  possibile  correggere   in   via
interpretativa da parte del giudice ordinario (5) . 
    Invero, la norma assimila alle «spese» non sopportate dallo Stato
(per le quali la definizione prenotazione a debito  e'  perfettamente
calzante), «spese» (onorari da pagare ai  CTU)  che  per  definizione
(art.  3,  lettera  S,  TU  cit.),  non  implicano,  come  quelle  su
riportate, un mancato introito per lo Stato, ma evocano caso mai  una
spesa (in senso attivo), a carico dello Stato. 
    Invero, secondo la testuale previsione della legge (art.  131  n.
2), sono spese prenotate a debito: 
        a) il contributo unificato nel processo civile, nel  processo
amministrativo e nel processo tributario; 
        b) l'imposta di bollo, ai sensi  dell'art.  17,  decreto  del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,  n.  642,  nel  processo
contabile; 
        c) le spese forfettizzate per le  notificazioni  a  richiesta
d'ufficio nel processo civile; 
        d) l'imposta di registro ai  sensi  dell'art.  59,  comma  1,
lettere a) e b), decreto del Presidente della  Repubblica  26  aprile
1986, n. 131, nel processo civile e amministrativo; 
        e) l'imposta ipotecaria e catastale ai  sensi  dell'art.  16,
comma 1, lettera e), decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347; 
        f) i diritti di copia. 
    Tutti quindi mancati introiti dello Stato, per i quali si prenota
a debito l'eventuale futura riscossione. 
    Per contro la  disciplina  (normativa,  art.  131  n.  3)  chiama
surrettiziamente  prenotate  a  debito  voci  di  spesa  che   semmai
(nell'interpretazione  gia'  proposta  dalla  Corte)   integrerebbero
anticipazioni. 
    La norma e' invero suscettibile di due sole interpretazioni: 
        1) o si tratta di un'anticipazione da parte dello Stato,  sia
pure, condizionatamente all'impossibile  ripetizione  dalla  parte  a
carico della quale sono poste le spese processuali,  o  dalla  stessa
parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca  dell'ammissione
(art. 131 n. 3). 
        Ma in questo caso vi e'  l'ostacolo  insormontabile  (per  il
giudice ordinario) della testuale (e contraria) denominazione operata
dalla  legge  di  prenotazione  a  debito,  che   e'   cosa   diversa
dall'anticipazione. 
        Prenotazione a debito, giova ripeterlo, e' secondo  la  legge
(art. 3 testo unico cit.), l'annotazione a futura memoria di una voce
di spesa, per la quale non vi e' pagamento; 
        2) ovvero, e per contro, si tratta di cio' che la legge  dice
testualmente, cioe' di una prenotazione a debito. 
        Ma in questo caso  e'  escluso  che  l'Erario  possa  pagare,
perche' lo Stato, con la prenotazione a debito, come si e' visto, non
paga, semplicemente non riscuote (per lo meno all'attuale). 
    Ne' si vede come si possa uscire dall'empasse senza un autorevole
e definitivo contributo attivo (sentenza di incostituzionalita' o  di
accoglimento interpretativo) della Corte. 
    Per il che non  sembra  possa  essere  di  ostacolo,  l'eventuale
argomento della discrezionalita' del legislatore. 
    La quale, come da giurisprudenza  della  stessa  Corte,  si  deve
misurare  con  altri  principi,  ed  in  particolare  con  quello  di
ragionevolezza e del rispetto  della  coerenza  interna  del  sistema
normativo. 
    Per quanto riguarda il remittente, il discorso finisce qui. 
    Solo per completezza, si aggiungono due notazioni. 
    Una generale e l'altra specifica al caso in esame. 
    1. Il consulente tecnico di ufficio nel giudizio penale riceve  i
compensi anticipati dall'Erario. Orbene, se e' indubbio  che  diversi
sono i campi e le procedure, che  altro  e'  il  penale  rispetto  al
civile, e' tuttavia difficilmente sostenibile che sia ragionevole che
nel penale il consulente del giudice riceva il compenso e nel  civile
debba lavorare gratis. Altro sarebbe (ed in questo  senso  l'invocata
sentenza della Corte  ben  potrebbe  sciogliere  il  nodo,  oggi  non
solubile dal giudice ordinario) che il diritto vigente prevedesse (il
che - come si e' visto - non e') che nel  solo  civile,  diversamente
dal penale, lo Stato anticipasse si',  ma  solo  dopo  che  si  fosse
dimostrato  vano  il  tentativo  del  consulente   del   giudice   la
ripetizione dalla parte a carico della  quale  sono  poste  le  spese
processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o
per revoca dell'ammissione. 
    Diversificazione  accettabile,   perche',   non   intrinsecamente
irragionevole, ben  potrebbe  rientrare  nella  discrezionalita'  del
legislatore. 
    2. La struttura del procedimento ex art. 696-bis. 
    Vale ricordare che per questo procedimento cautelare: 
        non si configura, neppure in astratto la  soccombenza  (salvo
le patologie dei ricorsi inammissibili et similia)  la  quale  a  sua
volta postula una domanda che possa essere accolta  o  rigettata.  Il
giudice che lo ammette, nomina un consulente che svolge la sua  opera
e il procedimento semplicemente  si  conclude  con  la  conciliazione
(senza la relazione del consulente) ed il verbale  relativo,  ovvero,
in caso di mancato accordo, con il deposito della  relazione;  mentre
rimangono del tutto fuori gioco le disposizioni di cui agli  articoli
696-sexies e 696-octies cpc per la  elementare  ragione  che  difetta
un'ordinanza di accoglimento della domanda; 
        non essendo prevista la soccombenza  non  e'  ontologicamente
configurabile la regolamentazione delle spese; che  e'  rimandata  ad
una fase successiva che tuttavia non  essendo  necessaria  (come  per
esempio per il sequestro) puo' del tutto mancare  (come  di  fatto  e
sovente accade in caso di  consulenza  negativa  per  il  ricorrente;
nell'inerzia della controparte che non abbia interesse a riaprire  il
gioco). Venendo meno in tal caso la possibilita'  di  regolare  nella
fase di merito anche le  spese  del  procedimento  ex  art.  696-bis,
comprese quelle della CTU. 

(1) Premettendo anche eccezioni preliminari che, stante la  natura  e
    l'obiettivo  del   procedimento,   non   sono   impeditive   allo
    svolgimento del tentativo di conciliazione. 

(2) Testo unico spese di giustizia, art. 131 3 ° Gli  onorari  dovuti
    al consulente tecnico di parte e all'ausiliario  del  magistrato,
    sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione
    della lite, se non e' possibile  la  ripetizione  dalla  parte  a
    carico della quale sono  poste  le  spese  processuali,  o  dalla
    stessa parte ammessa, per  vittoria  della  causa  o  per  revoca
    dell'ammissione. 

(3) A prescindere dal piu' generale e penetrante rilievo che  essendo
    ancora assente una norma, piu' volte invocata, nell'ambito  delle
    lacune del decreto  legislativo  n.  28/2010,  dai  piu'  accorti
    operatori del settore, che esoneri, salvi i casi di dolo o  colpa
    grave, il funzionario di ente soggetto al controllo  della  Corte
    dei conti, che sia adoperato con successo per  il  raggiungimento
    di un accordo, dal rischio di azione di danno  erariale;  con  il
    che sono votate a naufragio tutte le iniziative  conciliative  in
    qualsivoglia modo e sede confezionate. 

(4) Consapevolezza sgradevole e inquietante perche', seppure  nessuno
    e men che meno lo scrivente, lo voglia pensare,  potrebbe  taluno
    sospettare  che  sia  umano,  seppure  non  corretto,  che  nella
    definizione  dell'incarico  ricevuto,  il  CTU  sia  tentato   di
    propendere per la tesi che maggiormente allontana il  rischio  di
    restare senza compenso. 

(5) La  pratica  dell'interpretazione  costituzionalmente  orientata,
    avviata su impulso della  stessa  Corte  costituzionale,  qualche
    decennio addietro, oltre  a  presentare  inconvenienti  (rectius:
    rischi) di carattere generale, tot capita tot sententiae, potendo
    causare un corto circuito con la funzione di verifica e decisione
    accentrata voluta dal legislatore  Costituente;  in  questo  caso
    sarebbe, in tutta evidenza,  un  telum  imbelle  sine  ictu,  non
    essendovi alcuna  possibilita'  che  l'opinione  espressa  da  un
    giudice  ordinario  in  un  procedimento  civile  nel  quale   il
    Ministero della giustizia non e' neppure parte, lo  induca  a  un
    revirment.