Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  nell'interesse   della
Regione Molise (codice fiscale 00169440708), con sede in  Campobasso,
Via Genova, n. 11, in persona del presidente della  giunta  regionale
pro tempore dott. Donato Toma, giusta procura speciale alle  liti  in
calce al presente  atto  e  in  forza  della  delibera  della  giunta
regionale  della  Regione  Molise  n.  11   del   24   gennaio   2019
rappresentata e difesa dall'avv. prof. Massimo Luciani  del  Foro  di
Roma  (codice  fiscale  LCNMSM52L23H501G,  fax   06.90236029,   posta
elettronica certificata  massimoluciani@ordineavvocatiroma.org),  con
domicilio eletto presso il suo  studio  in  00153  Roma,  Lungotevere
Raffaello Sanzio, n. 9; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente  del  Consiglio  pro  tempore,  rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato nella cui sede  in  00186  Roma,
Via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato ex lege, a  seguito  e  per
l'annullamento della  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  del  7
dicembre  2018,  recante  la  nomina  del  dott.  Angelo  Giustini  a
Commissario ad acta e della dott.ssa Ida Grossi a sub-Commissario per
l'attuazione  del  piano  di  rientro  dai  disavanzi  del   servizio
sanitario della Regione Molise. 
 
                                Fatto 
 
Premessa. 
    La  problematica  oggetto  del   presente   ricorso   impone   di
ricostruire, seppur sinteticamente, l'evoluzione della  normativa  in
materia di commissariamenti delle regioni in  piano  di  rientro  dal
disavanzo del settore sanitario, anzitutto  allo  scopo  di  chiarire
quale fosse la disciplina  vigente  al  momento  dell'adozione  della
delibera impugnata. 
    Subito dopo si esporranno le specifiche  vicende  riguardanti  il
commissariamento della Regione Molise, peraltro gia' note  a  codesta
ecc.ma Corte costituzionale. 
    1. - L'art. 2 della legge 23 dicembre 2009,  n.  191,  nel  testo
precedente le modifiche apportate dalla legge 23  dicembre  2014,  n.
190 (su cui v. subito infra) disponeva, per quanto qui rileva, che: 
        i) «Il Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  della
salute, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, decorsi  i
termini  di  cui  al  comma  78,  accerta  l'adeguatezza  del   piano
presentato anche  in  mancanza  dei  pareri  delle  citate  Struttura
tecnica e Conferenza. [...] In caso di riscontro negativo, ovvero  in
caso di mancata presentazione del piano, il Consiglio  dei  ministri,
in attuazione dell'art. 120 della Costituzione, nomina il  presidente
della regione commissario ad acta per  la  predisposizione,  entro  i
successivi  trenta  giorni,  del  piano  di  rientro  e  per  la  sua
attuazione per l'intera durata del piano stesso [...]» (comma 79); 
        ii)  «Qualora   il   presidente   della   regione,   nominato
commissario ad acta per la redazione  e  l'attuazione  del  piano  ai
sensi dei commi 79 o 83, non adempia in tutto o in parte  all'obbligo
di redazione del piano o agli obblighi,  anche  temporali,  derivanti
dal piano stesso, indipendentemente dalle ragioni dell'inadempimento,
il  Consiglio  dei  ministri,  in  attuazione  dell'art.  120   della
Costituzione,  adotta  tutti  gli  atti  necessari  ai   fini   della
predisposizione del piano di rientro e della sua  attuazione.  [...]»
(comma 84, primo periodo); 
        iii) «In caso di dimissioni o di impedimento  del  presidente
della regione il Consiglio dei  ministri  nomina  un  commissario  ad
acta, al quale spettano i poteri indicati nel terzo e quarto  periodo
del comma 83 fino all'insediamento del nuovo presidente della regione
o alla cessazione della causa di impedimento. Il  presente  comma  si
applica anche ai commissariamenti  disposti  ai  sensi  dell'art.  4,
comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.  222,  e  successive
modificazioni» (comma 84-bis). 
    1.1. - Orbene, tra i commissariamenti disposti ai sensi dell'art.
4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007  rientra  anche  quello
che interessa da circa un decennio la Regione Molise.  Giova  infatti
segnalare che il decreto-legge n. 159 del 2007 all'art. 4 - rubricato
«Commissari ad acta per le regioni inadempienti» - prevede  al  primo
comma che, «qualora nel procedimento di verifica e  monitoraggio  dei
singoli Piani di rientro [...] si prefiguri il  mancato  rispetto  da
parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani, in
relazione  alla  realizzabilita'  degli  equilibri  finanziari  nella
dimensione e nei tempi ivi programmati», il Presidente del  Consiglio
dei ministri, con la procedura di cui  all'art.  8,  comma  1,  della
legge 5 giugno 2003, n. 131, «diffida la regione  ad  adottare  entro
quindici   giorni   tutti   gli   atti   normativi,   amministrativi,
organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento  degli
obiettivi previsti nel Piano». 
    La stessa norma, al comma 2, dispone che, qualora la Regione «non
adempia alla diffida di cui al comma 1, ovvero gli atti e  le  azioni
posti in essere, valutati dai predetti Tavolo e  Comitato,  risultino
inidonei  o   insufficienti   al   raggiungimento   degli   obiettivi
programmati, il Consiglio dei ministri, [...], nomina un  commissario
ad acta  per  l'intero  periodo  di  vigenza  del  singolo  Piano  di
rientro». 
    Non solo. Anche dopo l'inizio  della  gestione  commissariale,  e
sempre «al fine di assicurare la puntuale  attuazione  del  piano  di
rientro», il  Consiglio  dei  Ministri  puo'  nominare  «uno  o  piu'
subcommissari  di  qualificate  e  comprovate   professionalita'   ed
esperienza in materia  di  gestione  sanitaria,  con  il  compito  di
affiancare  il  commissario  ad  acta   nella   predisposizione   dei
provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico commissariale». 
    Quanto al rapporto  tra  commissario  e  sub-commissario,  sempre
l'art. 4, comma 2, in esame stabilisce che «i subcommissari  svolgono
attivita' a supporto dell'azione del  commissario,  essendo  il  loro
mandato vincolato  alla  realizzazione  di  alcuni  o  di  tutti  gli
obiettivi affidati al commissario con il mandato commissariale». 
    Com'e' evidente,  dunque,  la  gestione  commissariale  disegnata
dall'art. 4, comma 2, ha  una  struttura  tendenzialmente  duale.  Il
subcommissario,  infatti,  rappresenta  la  componente  squisitamente
tecnica, mentre il commissario - da individuarsi  nella  persona  del
presidente della regione  interessata  -  costituisce  l'elemento  di
raccordo politico-decisionale con l'istituzione regionale. 
    Quanto agli oneri derivanti  dalla  gestione  commissariale  essi
sono - stando sempre al menzionato art. 4, comma 2, del decreto-legge
n. 159 del 2007 - «a carico della regione interessata». 
    1.2. - In questo  quadro  normativo  si  inserisce  la  legge  23
dicembre  2014,  n.  190,  che  ha   introdotto   il   principio   di
incompatibilita' tra la nomina a commissario ad acta e  l'affidamento
o la prosecuzione  di  qualsiasi  incarico  istituzionale  presso  la
regione soggetta a commissariamento. 
    L'art. 1, comma 569, della legge n. 190 del 2014 - nel  testo  in
vigore fino al 18 dicembre 2018 - disponeva infatti che «la nomina  a
commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione
del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario,  effettuata
ai sensi dell'art. 2, commi 79, 83 e  84,  della  legge  23  dicembre
2009, n.  191,  e  successive  modificazioni,  e'  incompatibile  con
l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi  incarico  istituzionale
presso la regione soggetta a commissariamento» e che «il  commissario
deve possedere un curriculum che evidenzi  qualificate  e  comprovate
professionalita' ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai
risultati in precedenza conseguiti». 
    La norma, conseguentemente, apportava le  seguenti  modifiche  ai
menzionati commi 79, 83, 84 e 84-bis, dell'art. 2 della legge n.  191
del 2009: 
        «a) al comma 79, alinea: 
          1) al  terzo  periodo,  le  parole:  "il  presidente  della
regione" sono sostituite dalla seguente: "un"; 
          2) al quarto periodo, le parole:  "presidente  quale"  sono
soppresse»; 
        «b) al secondo periodo dell'alinea del comma 83,  le  parole:
"il presidente della regione o un  altro  soggetto"  sono  sostituite
dalla seguente: "un"»; 
        «c) al  comma  84,  le  parole:  "presidente  della  regione,
nominato" sono soppresse e le parole: "ai sensi dei commi 79  o  83,"
sono sostituite dalle seguenti: ", a qualunque titolo nominato,"»; 
        «d) il comma 84-bis e' sostituito dal seguente: 
          "84-bis.  In  caso  di  impedimento  del  presidente  della
regione nominato commissario  ad  acta,  il  Consiglio  dei  ministri
nomina un commissario ad acta, al quale spettano  i  poteri  indicati
nel terzo e nel quarto periodo del comma  83,  fino  alla  cessazione
della  causa  di  impedimento"»  (qui,  come   si   vede,   a   parte
l'eliminazione  della  fattispecie  delle  dimissioni,  veniva  meno,
rispetto alla versione precedente, applicabile ratione temporis  alla
presente   fattispecie,   il    riferimento    all'applicazione    ai
commissariamenti disposti ex art. 4, comma 2,  del  decreto-legge  n.
159 del 2007). 
    1.3. - Successivamente, pero', l'art. 1, comma 395,  della  legge
11 dicembre 2016, n. 232, stabiliva che «le disposizioni  di  cui  al
comma 569 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190» -  citato
al  paragrafo  precedente  -   «non   si   applicano   alle   regioni
commissariate ai sensi dell'art. 4, comma  2,  del  decreto-legge  1°
ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla  legge  29
novembre 2007, n. 222». 
    Per tali regioni, infatti,  «il  Comitato  e  il  Tavolo  tecnico
[...], con cadenza semestrale, in occasione delle periodiche riunioni
di verifica, predispongono [.. .] una  relazione  ai  Ministri  della
salute e dell'economia e delle finanze, da trasmettere  al  Consiglio
dei   ministri,   con   particolare   riferimento   al   monitoraggio
dell'equilibrio di bilancio e dell'erogazione dei livelli  essenziali
di assistenza, anche al fine delle determinazioni di cui all'art.  2,
comma 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191». 
    1.4. - In forza del citato art. 1, comma 395, della legge n.  232
del 2016, dunque, per le regioni commissariate ai sensi dell'art.  4,
comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007 - tra le quali era appunto
la  Regione  Molise  -  non  trovava   applicazione   nessuna   delle
disposizioni di cui al menzionato art. 1, comma 569, della  legge  n.
190 del 2014. 
    Per l'effetto, in tali regioni: 
        la nomina a  commissario  ad  acta  per  la  predisposizione,
l'adozione o l'attuazione del piano di rientro non era «incompatibile
con  l  'affidamento  o  la  prosecuzione   di   qualsiasi   incarico
istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento» (art. 1,
comma 569, primo periodo); 
        il  commissario  non  doveva  necessariamente  «possedere  un
curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalita'  ed
esperienza di gestione  sanitaria  anche  in  base  ai  risultati  in
precedenza conseguiti» (art. 1, comma 569, secondo periodo). 
    Non solo. Alle regioni commissariate ai sensi dell'art. 4,  comma
2, del decreto-legge n. 159 del 2007 non si  applicavano  neppure  le
altre previsioni del  menzionato  art.  1,  comma  569,  modificative
dell'art. 2, commi 79, 83, 84 e 84-bis. 
    Tali disposizioni, dunque, valevano si',  ma  nel  testo  vigente
prima delle  modifiche  apportate  dal  citato  art.  1,  comma  569,
sicche', come gia' segnalato al par. 1, stabilivano che: 
        i) il Consiglio dei ministri nominasse commissario ad acta il
presidente della regione; 
        ii)  solo  in  caso  di  dimissioni  o  di  impedimento   del
presidente della regione il Consiglio dei ministri  potesse  nominare
un commissario ad acta fino  all'insediamento  del  nuovo  presidente
della regione o alla cessazione della causa di impedimento. 
    2. - Chiarita in questi termini la normativa rilevante e  vigente
alla data del 7 dicembre 2018, giorno in cui  e'  stata  adottata  la
delibera del Consiglio  dei  ministri  qui  censurata,  e'  possibile
richiamare, per quanto d'interesse, le vicende relative alla gestione
commissariale della Regione Molise. 
    2.1. - Con accordo del 27  marzo  2007,  approvato  con  delibera
della giunta regionale 30 marzo 2007, n.  362,  l'odierna  ricorrente
siglava con il Ministro della salute e il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze il «Piano di rientro di individuazione degli interventi
per il perseguimento dell'equilibrio economico ai sensi dell'art.  1,
comma 180  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311».  Quest'ultimo
prevedeva una serie di interventi da attivare nell'arco del  triennio
2007-2009,      finalizzati      a      ristabilire      l'equilibrio
economico-finanziario della sanita' regionale. 
    2.2. - A seguito della riunione di verifica del 10 ottobre  2008,
non risultando conseguiti gli obiettivi prefissati, il Presidente del
Consiglio dei ministri, con propria Nota 11 novembre 2008,  diffidava
la Regione a adottare, nei successivi quindici giorni, tutti gli atti
normativi,  amministrativi  e  gestionali  idonei  a   garantire   il
conseguimento degli obiettivi previsti dal Piano, ai sensi  dell'art.
4, comma 1, del  decreto-legge  n.  159  del  2007,  vigente  ratione
temporis. 
    Decorso  tale  termine,  e  permanendo   la   sussistenza   delle
criticita' evidenziate, il Consiglio dei ministri,  con  delibera  28
luglio 2009, esercitava il potere sostitutivo previsto  dall'art.  4,
comma 2, del gia' citato decreto-legge n.  159  del  2007,  nominando
l'allora presidente della Regione Molise, dott. Angelo Michele Iorio,
Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro. 
    A partire dal 9 ottobre 2009, il Governo decideva  di  affiancare
al Commissario ad acta un subcommissario «di qualificate e comprovate
professionalita' ed esperienza in  materia  sanitaria»  (cosi'  nella
delibera del Consiglio dei ministri 9 ottobre 2009). 
    Il  primo  subcommissario  a  essere  nominato  era  la  dott.ssa
Mastrobuono, alla quale veniva successivamente  affiancato  il  dott.
Mario Morlacco (nominato con delibera del Consiglio dei  ministri  31
maggio 2011). 
    2.3. - Con delibera del Consiglio dei ministri 20  gennaio  2012,
in esito alle elezioni amministrative  regionali  dell'ottobre  2011,
veniva confermata la nomina del presidente Michele Iorio in  funzione
di Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di  rientro  e  dei
successivi Programmi operativi. Contestualmente, veniva  disposta  la
cessazione, con decorrenza dal 1° marzo 2012, dell'incarico  dei  due
sub-commissari. 
    Con ulteriore delibera del Consiglio dei ministri del 20  gennaio
2012 si procedeva alla nomina di due nuovi sub-commissari,  destinati
ad entrare in carica dal 1°  marzo  2012:  il  dott.  Mario  Morlacco
(confermato, dunque) e il dott. Nicola Rosato. 
    2.4. - Il 13 aprile 2012 il dott. Mario  Morlacco  rassegnava  le
dimissioni dall'incarico di subcommissario e il successivo  7  giugno
2012 il Consiglio dei ministri,  ai  sensi  dell'art.  2,  comma  84,
secondo periodo, della legge n.  191  del  2009,  nominava  il  dott.
Filippo Basso «Commissario ad  acta  per  l'adozione  e  l'attuazione
degli obiettivi prioritari del Piano  di  rientro  e  dei  successivi
Programmi operativi, non compiutamente realizzati dal Presidente  pro
tempore in funzione di Commissario ad acta». 
    Al dott. Nicola Rosato  veniva  affidato  invece  il  compito  di
eseguire gli interventi precedentemente  assegnati  al  dimissionario
dott. Mario Morlacco. 
    2.5. - Malgrado tali nomine, nella riunione del 20  luglio  2012,
il Tavolo tecnico e il Comitato LEA riscontravano la  persistenza  di
criticita' e, con delibera 21 marzo  2013,  preso  atto  degli  esiti
delle elezioni amministrative regionali del 24 e 25 febbraio 2013, il
Consiglio dei ministri nominava il neoeletto presidente della Regione
Molise, dott. Paolo Di Laura Frattura, Commissario  ad  acta  per  la
prosecuzione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari. 
    Con successiva delibera del Consiglio dei ministri del 18  maggio
2015, ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, comma 11-bis,
del decreto-legge n. 35 del 2013 e 35, commi 3 e 5 del  decreto-legge
n. 66 del 2014, il presidente della Regione  Molise  veniva  nominato
anche Commissario per l'adozione  degli  atti  necessari  all'accesso
alle anticipazioni di liquidita' per il pagamento  dei  debiti  degli
enti del Servizio sanitario nazionale, di cui al decreto-legge n.  35
del 2013, al decreto-legge n. 102 del 2013 e al decreto-legge  n.  66
del 2014. 
    3.  -  In  data  22  aprile  2018  si  svolgevano   le   elezioni
amministrative regionali e veniva  eletto  presidente  della  Regione
Molise il dott. Donato Toma, il quale si insediava  il  successivo  8
maggio 2018. 
    3.1. - Con Nota prot. n. 68693 del 23 maggio 2018,  il  neoeletto
presidente  della  Regione  chiedeva  «con  cortese   urgenza»   alla
Presidenza del Consiglio dei  ministri  di  provvedere  alla  propria
nomina «quale Commissario ad acta per la prosecuzione  del  Piano  di
rientro dai disavanzi del settore sanitario, [...] in  considerazione
delle disposizioni di cui al comma 395,  della  legge  di  stabilita'
2016 (legge n. 232/2016), che consentono, nuovamente,  ai  presidenti
di regione di ricoprire anche il ruolo di Commissari ad acta  per  la
sanita' in caso di Piano di rientro». 
    La richiesta rimaneva, pero', inascoltata. 
    3.2. - Con successiva Nota 13 settembre 2018,  prot.  n.  116958,
trasmessa, a  mezzo  posta  elettronica  certificata,  oltre  che  al
Presidente del Consiglio dei ministri, anche al Sottosegretario  alla
Presidenza del Consiglio dei ministri e  ai  Ministri  della  salute,
dell'economia e delle  finanze  e  per  gli  affari  regionali  e  le
autonomie,  il  presidente   della   Regione   Molise   rappresentava
nuovamente  la  necessita'  di  procedere  alla  nomina   del   nuovo
Commissario in esito ai risultati delle elezioni amministrative. 
    Nella stessa Nota il dott. Donato Toma: 
        si  proponeva  di  ricoprire  il  ruolo  di  Commissario  «in
coerenza con il disposto  normativo  attualmente  vigente  (legge  n.
232/2016, comma 395)»; 
        segnalava che  la  nomina  di  un  soggetto  esterno  avrebbe
rappresentato «un ulteriore aggravio di spesa per una Regione gia' in
piano di rientro, esborso  che  [sarebbe  andato]  ad  aggiungersi  a
quello, gia' cospicuo, sostenuto per il sub Commissario ad acta»; 
        rilevava che la mancata nomina del  nuovo  Commissario  stava
causando «una paralisi istituzionale che comporta lo stallo di  tutte
le procedure necessarie all'attuazione del Piano»; 
        ricordava che, a  causa  della  mancata  nomina,  la  Regione
Molise non poteva neppure essere presente ai Tavoli tecnici. 
    Alla nota erano  allegate  la  mozione  approvata  dal  Consiglio
regionale in data 31 luglio 2018 avente a oggetto «Individuazione del
Commissario ad acta per la prosecuzione  del  piano  di  rientro  dai
disavanzi nel settore sanitario della Regione Molise» e la  relazione
a firma congiunta del direttore generale della salute  della  Regione
Molise e del direttore generale dell'Azienda sanitaria della  Regione
Molise (ASReM), concernente  le  «Criticita'  relative  alla  mancata
nomina del Commissario ad acta». 
    Nella mozione il Consiglio regionale rilevava  come  «la  Regione
Molise, stante il regime  di  commissariamento  e  in  assenza  delle
attribuzioni al dott. Toma delle funzioni  di  Commissario  ad  acta»
fosse  «completamente  esautorata  di  ogni   funzione   in   materia
sanitaria, pur rientrando quest'ultima tra  quelle  attribuite  dalla
Costituzione alla legislazione concorrente». 
    Il Consiglio regionale,  inoltre,  osservava  che  non  solo  non
v'erano   ostacoli   normativi    al    conferimento    dell'incarico
commissariale  al  dott.  Toma,  ma  tale  scelta   risultava   anche
«oltremodo auspicabile» per «ragioni di opportunita' istituzionale  e
di garanzia della rappresentativita' democratica dei territori». 
    3.3. - Non avendo ricevuto alcun riscontro, con Nota 12  novembre
2018,  prot.  n.  143915,  il  presidente  della  Regione   diffidava
formalmente la Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  a  nominarlo
senza indugio Commissario ad  acta,  come  previsto  dalla  normativa
vigente. 
    4. - Con delibera del 7 dicembre  2018  -  trasmessa  all'odierna
ricorrente il successivo 10 dicembre 2018 - il Consiglio dei ministri
nominava il dott. Angelo Giustini commissario ad acta e  la  dott.ssa
Ida Grossi subcommissario per l'attuazione del piano di  rientro  dai
disavanzi del servizio sanitario della Regione Molise. 
    In data 27 dicembre 2018 il Commissario e il  sub-Commissario  si
insediavano ufficialmente. 
    La  delibera  impugnata  e'   illegittima   e   violativa   delle
attribuzioni  costituzionali  della   ricorrente,   che   ne   chiede
l'annullamento per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
Premessa. 
    Codesta ecc.ma Corte ha  in  piu'  occasioni  ricordato  che  «la
disciplina dei piani di rientro dai deficit di  bilancio  in  materia
sanitaria  e'  riconducibile  a  un  duplice   ambito   di   potesta'
legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.
tutela della salute e coordinamento della  finanza  pubblica»  (Corte
cost., sentenze numeri 278 del 2014 e 266 del 2016). 
    La delibera in epigrafe - concernente la nomina del Commissario e
del  sub-Commissario  per  l'attuazione  del  piano  di  rientro  dai
disavanzi  del  servizio  sanitario  -  tocca,  pertanto,  un   campo
certamente  coperto  da  attribuzioni  regionali   costituzionalmente
garantite. Sempre  per  costante  giurisprudenza  di  codesto  ecc.mo
Collegio, «"il tono costituzionale del conflitto sussiste  quando  le
regioni non lamentino una lesione qualsiasi,  ma  una  lesione  delle
proprie attribuzioni costituzionali (sentenze n. 263 del 2014, n.  52
del 2013, n. 305 del 2011, n. 412 del 2008, n. 380 del 2007 e n.  467
del 1997)" (sentenza n. 87 del 2015)» (cosi' nella  sentenza  n.  260
del 2016). 
    Orbene, come - si  confida  -  si  dimostrera'  nelle  specifiche
censure, la delibera indicata in epigrafe non solo interseca, ma lede
irrimediabilmente le prerogative costituzionali della Regione Molise.
Il  Consiglio  dei  ministri,  infatti,  ha  esercitato   un   potere
radicalmente diverso  da  quello  attribuitogli  dalla  legge,  cosi'
integrando un'ipotesi di palese  «carenza  di  potere  in  concreto»,
senz'altro idonea  a  conferire  il  c.d.  «tono  costituzionale»  al
presente conflitto (cfr. sentenze numeri 104 del 2016 e 10 del 2017).
«Tono» che - si badi - non viene certamente  meno  in  ragione  delle
violazioni  di  legge  che  si  aggiungono  alla   violazione   della
Costituzione e viziano  il  provvedimento  impugnato  (violazioni  di
legge che la Regione Molise censura con separato ricorso  al  giudice
amministrativo). 
    Com'e' noto, invero, l'orientamento di codesta  ecc.ma  Corte  e'
chiarissimo nel tenere «distinti i casi in cui la lesione  derivi  da
un atto meramente illegittimo (la  tutela  dal  quale  e'  apprestata
dalla giurisdizione amministrativa),  da  quelli  in  cui  l'atto  e'
viziato  per  contrasto  con  le  norme  attributive  di   competenza
costituzionale (mentre non  rileva  che  l'atto  possa  essere  anche
oggetto   di   impugnazione   in   sede    giurisdizionale)    (cosi'
espressamente, sentenze n. 260 del 2016, n. 87 del 2015, n.  137  del
2014)» (sent. n. 10 del 2017). 
1. - Violazione degli articoli 3, 97,  117,  comma  3,  e  118  della
Costituzione. 
    Come segnalato in narrativa, il Consiglio dei ministri  e'  stato
chiamato a deliberare l'affidamento  dell'incarico  commissariale  de
quo per la sola ed esclusiva ragione della  naturale  cessazione  del
mandato elettivo del precedente presidente della  regione,  il  quale
era stato nominato Commissario proprio in ragione  della  titolarita'
di tale carica regionale. 
    Il Consiglio dei ministri, pertanto, avrebbe dovuto  limitarsi  a
prendere atto della cessazione di quell'incarico e dell'elezione  del
nuovo   presidente   della   regione   pro   tempore,   sostituendolo
nell'incarico commissariale secondo lo stesso avvicendamento  avutosi
per il  mandato  regionale,  in  ossequio  alle  disposizioni  allora
vigenti (espressamente richiamate in narrativa). 
    Nel caso di specie, invece, il Consiglio dei ministri ha nominato
Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro un soggetto
terzo, non titolare di alcun incarico o ruolo istituzionale presso la
Regione Molise. 
    Ovviamente tale scelta  non  viene  qui  censurata  per  la  (pur
evidente e gia' segnalata) violazione di legge che  la  caratterizza,
ma perche' e'  stata  assunta  omettendo  completamente  la  concreta
valutazione di una pluralita' di elementi  coessenziali  al  corretto
esercizio dei poteri sostitutivi demandati dal Governo nei  confronti
delle regioni in piano di rientro. 
    Tutto cio' si risolve, anzitutto,  in  una  grave  lesione  delle
attribuzioni della Regione ricorrente  nelle  materie  di  competenza
legislativa concorrente «tutela della salute» e «coordinamento  della
finanza  pubblica»,  inevitabilmente  coinvolte  ogniqualvolta  siano
rimessi in gioco gli  equilibri  sottesi  al  Piano  di  rientro  dai
deficit di bilancio in materia sanitaria. 
    1.1. - Questa difesa non  ignora  che  codesta  ecc.ma  Corte  ha
segnalato, con riferimento ad  altre  regioni  -  soggette,  come  la
ricorrente, al Piano di rientro in materia sanitaria - che «il  lungo
protrarsi del commissariamento costituisce [...] un sintomo  negativo
dell'andamento di tale processo, cosicche' si accentua l'esigenza  di
soluzioni strutturali univoche ed efficaci e  del  rigoroso  rispetto
delle regole a tale scopo concepite» (sent. n. 117 del 2018). 
    Nondimeno,  giova   sin   d'ora   segnalare   che,   per   quanto
specificamente concerne la Regione Molise: 
        la nomina di un Commissaria ad  acta  esterno,  anziche'  del
presidente pro tempore della Regione, non risponde  certamente,  come
si  vedra',  all'esigenza  di  «soluzioni  strutturali,  univoche  ed
efficaci»; 
        la disciplina di settore vigente ratione temporis al  momento
dell'adozione della delibera non solo  non  vietava  il  conferimento
dell'incarico al presidente pro tempore della Regione, ma addirittura
imponeva tale designazione; 
        quanto all'andamento del  processo  di  rientro  dal  deficit
sanitario, e' lo stesso Ministero della salute a  rilevare,  dopo  la
riunione  di  verifica  del  20  novembre  2018  (come   risulta   da
documentazione che si allega), che per il Molise il  punteggio  della
griglia LEA «si colloca nell'anno 2017  (seppur  provvisorio)  al  di
sopra della soglia  di  adempienza  con  un  punteggio  pari  a  167»
(Livello di sufficienza: >160); 
        tanto, si badi, benche' dall'aprile 2018  la  Regione  Molise
sia  rimasta  priva   di   una   struttura   commissariale   deputata
all'attuazione del Piano di rientro, a causa dell'inerzia del Governo
a esercitare il proprio potere di  nomina  del  Commissario  ad  acta
nella persona del presidente pro tempore della Regione. 
    Ancora in limine giova precisare  che  l'odierna  ricorrente  non
ignora neppure l'orientamento espresso da codesta ecc.ma Corte  nella
sentenza n. 199 del 2018, ove si e' segnalato che un commissariamento
della sanita'  regionale  che  si  protragga  per  un  lungo  periodo
determina ripercussioni «anche sugli equilibri della forma di governo
regionale, a causa del perdurante esautoramento del consiglio e della
stessa giunta a favore del Commissario ad  acta»,  soprattutto  -  ad
avviso di questa Corte - «quando e' impersonato dal presidente  della
giunta, in un ambito cruciale per il governo della regione». 
    Nondimeno,  la  questione  oggetto  del   presente   gravame   e'
indubbiamente diversa  da  quella  scrutinata  in  quella  pronuncia,
atteso che non concerne i rapporti tra le prerogative  costituzionali
degli organi regionali e i poteri del Commissario ad acta  (e  dunque
tra legge regionale e atti commissariali). 
    Cio' che in questa sede si contesta e' - a monte - il  fatto  che
il  Consiglio  dei  ministri  non  avesse  il  potere  di   conferire
l'incarico commissariale a un  soggetto  esterno  in  presenza  delle
condizioni, giuridiche e di fatto, sussistenti al  7  dicembre  2018,
data di adozione della delibera qui gravata. 
    Giova infatti ricordare che nel presente giudizio  risultano  del
tutto  irrilevanti   le   modifiche   che   l'art.   25-septies   del
decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, ha apportato alle disposizioni
che disciplinano la nomina dei commissari nelle regioni sottoposte  a
un Piano di rientro. Tanto, per la semplice ragione che il menzionato
art.   25-septies,   non   presente   nell'originario    testo    del
decreto-legge, e' stato introdotto dalla  sua  legge  di  conversione
(legge 17 dicembre 2018, n.  136),  entrata  in  vigore  solo  il  19
dicembre 2018, ben dodici giorni dopo l'adozione della  delibera  qui
gravata. 
    Qui, dunque, non si discute ne' dell'opportunita'  di  trattenere
l'incarico  commissariale  in  capo  al  presidente   della   regione
commissariata ne' della  legittimita'  costituzionale  di  una  norma
sopravvenuta che abbia imposto di scindere le due posizioni. 
    Col presente ricorso - infatti - a codesta ecc.ma Corte si chiede
esclusivamente di accertare che con la delibera indicata in  epigrafe
il Consiglio  dei  ministri  ha  esercitato  un  potere  radicalmente
diverso  da  quello  attribuitogli  dalla  legge  e  che  -  come  si
dimostrera' - non gli spettava. 
    Tutto cio' premesso, e' possibile osservare segue. 
    1.2. - In primo luogo occorre  segnalare  che  il  Consiglio  dei
ministri, nella delibera di cui in epigrafe, ha omesso  una  concreta
valutazione concernente: 
        i) l'eventuale  impossibilita'  di  nominare  Commissario  il
presidente pro tempore della Regione; 
        ii) l'opportunita' di conferire l'incarico a un soggetto  che
assicurasse un confronto con l'Amministrazione regionale grazie  alla
coincidenza,  in  capo  alla  medesima  persona,   di   un   incarico
istituzionale presso la Regione; 
        iii) lo stato di avanzamento del piano di rientro dal deficit
sanitario; 
        iv) gli effetti sul sistema sanitario regionale derivanti dal
grave  ritardo  accumulato  dal  Governo  nella  nomina   del   nuovo
Commissario; 
        v) il parere della Conferenza delle regioni e delle  province
autonome  che,  con  nota  2018/104/SRFS/C7,  ha  affermato  che   il
conseguimento degli  obiettivi  del  piano  di  rientro  dal  deficit
sanitario necessita di un continuo  confronto  con  l'Amministrazione
regionale e che la designazione a commissario  del  presidente  della
regione assicura «continuita' e forza all'azione di risanamento»,  in
quanto   garantisce   «il   massimo   raccordo   possibile   tra   la
programmazione regionale, l'azione amministrativa  e  la  scelta  del
commissario», contemperando  le  esigenze  correlate  ai  vincoli  di
bilancio  con  quelle  di  opportuna  allocazione  dei  servizi   sui
territori, attraverso una programmazione pienamente consapevole delle
risorse  di  personale,  finanziarie  e  organizzative  del   sistema
sanitario regionale. 
    Alla luce di quanto sopra indicato, il conferimento dell'incarico
commissariale a un soggetto diverso dal presidente della  regione  e,
peraltro, esterno all'istituzione regionale, deliberato senza  alcuna
valutazione correlata alla concreta situazione del sistema  sanitario
regionale molisano, risulta irragionevolmente punitivo nei  confronti
della Regione. 
    Cosi' facendo, infatti, il  Governo  ha  ulteriormente  compresso
l'autonomia  regionale  senza  considerare  quale   fosse   l'opzione
migliore per il caso specifico della Regione Molise. 
    1.3. - Per tali ragioni, la delibera in  oggetto  e'  illegittima
per una pluralita' di profili. 
    In primo luogo essa determina, senza  alcuna  valida  ragione  di
rilievo costituzionale, un'ulteriore  compressione  delle  competenze
sia  legislative  che  amministrative  della  Regione  nelle  materie
«tutela della salute» e «coordinamento della  finanza  pubblica»,  in
patente violazione del principio di ragionevolezza ex art.  3  Cost.,
nonche' degli articoli 117, comma 3, e 118 Cost. 
    Non solo. La delibera  qui  gravata  sopprime,  senza  perseguire
alcun interesse meritevole di tutela, il  collegamento  istituzionale
tra la struttura commissariale e l'Amministrazione  regionale.  Anche
tale scelta risulta palesemente irragionevole e quindi  in  contrasto
con l'art. 3 Cost., atteso che, proprio  quando  il  commissariamento
dovrebbe volgere al termine, l'iter di rientro viene inspiegabilmente
rallentato attraverso il ricorso a un Commissario esterno (che, giova
ribadirlo, interviene a seguito di un  periodo  di  «stallo»  causato
proprio dall'inerzia del Governo). 
    Cosi' facendo, la delibera in epigrafe si pone in contrasto anche
con  l'elementare   canone   di   buon   andamento   della   pubblica
amministrazione sancito  all'art.  97  Cost.  e  con  i  principi  di
efficienza ed economicita' dell'Amministrazione (come  specificamente
si dira' al quarto motivo di ricorso). 
    Tanto, con dirette ripercussioni sulle competenze  legislative  e
amministrative costituzionalmente  riconosciute  alla  Regione  dagli
articoli  117,  comma  3,  e   118   della   Costituzione,   che   il
commissariamento impedisce di esercitare. 
2. - Violazione, per altro profilo, del principio  di  ragionevolezza
ex art. 3 Cost., del principio  del  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione ex art. 97 Cost., degli articoli 117, comma 3, 118  e
120 Cost. 
    La delibera in esame e' illegittima anche per un diverso profilo,
connesso alla disciplina  costituzionale  dell'esercizio  dei  poteri
sostitutivi  e  al  principio  della  leale  collaborazione,  la  cui
violazione  incide  direttamente  sulle  attribuzioni  costituzionali
dell'odierna ricorrente. 
    A tal proposito, codesta ecc.ma Corte, nella sentenza n. 171  del
2015 (richiamata anche dalla piu' recente sentenza n. 56 del 2018)  -
espressiva di un consolidato orientamento - ha affermato  che  l'art.
120 Cost. impone allo Stato di esercitare i  poteri  sostitutivi  nel
rispetto di limiti precisi, in quanto essi: 
        «devono essere attivati solo in  caso  di  accertata  inerzia
della regione o dell'ente locale sostituito»; 
        «devono  rispettare  il  principio  di  leale  collaborazione
all'interno di un procedimento nel quale l'ente sostituito possa  far
valere le proprie ragioni»; 
        «devono conformarsi al principio di sussidiarieta'». 
    Nel  caso  di  specie,  nessuno  di  questi  criteri   e'   stato
rispettato. 
    In  primo  luogo,  non  consentendo   l'avvicendamento   tra   il
precedente e l'attuale presidente della regione e' stato compresso lo
spazio di autonomia gia' riconosciuto alla Regione  nel  procedimento
di rientro dal deficit sanitario, senza  verificare  se  tale  misura
fosse proporzionata e necessaria e se tale necessita' derivasse dalla
«accertata inerzia della Regione» nel dare  attuazione  al  piano  di
rientro. 
    Non solo. Nel caso di specie la delibera e' stata adottata  senza
neppure richiedere o acquisire  il  parere  dell'odierna  ricorrente,
benche' l'art. 2, comma 84, della legge n. 190 del 2014, imponesse di
sentire la Regione. 
    Gia' solo per tali  ragioni,  risulta  innegabile  la  violazione
dell'art. 120 Cost., pel profilo della  leale  collaborazione,  oltre
che del  canone  di  ragionevolezza  e  proporzionalita'  discendente
dall'art. 3 Cost. 
    Il mancato rispetto della disciplina costituzionale in materia di
esercizio dei poteri sostitutivi si riflette,  pero',  immediatamente
sulle attribuzioni conferite alla Regione dagli articoli  117,  comma
3, Cost.  (con  specifico  riferimento  alla  materia  «tutela  della
salute») e all'art. 118 Cost. 
    E' di tutta evidenza,  infatti,  che  a  seguito  della  delibera
contestata col presente gravame la  Regione  finisce  per  non  avere
alcun ruolo all'interno della  struttura  commissariale,  benche'  il
principio di leale collaborazione e l'art. 120 Cost. impongano che le
regioni  «direttamente  interessat[e]   dall'esercizio   del   potere
sostitutivo siano specificamente  e  individualmente  coinvolt[e]  in
modo da poter far valere le proprie ragioni». 
    Tanto, anche in ispregio del principio di  buon  andamento  della
pubblica amministrazione sancito all'art. 97 Cost. 
3. - Violazione del legittimo affidamento. 
    Tra i parametri violati  dalla  delibera  censurata  va  aggiunto
anche quello della tutela del  legittimo  affidamento.  Quest'ultimo,
com'e' noto, costituisce un  «principio  connaturato  allo  Stato  di
diritto» (cosi' Corte costituzionale, sentenza n. 103 del 2013),  che
tutela le situazioni soggettive consolidatesi sulla base  di  atti  -
provenienti da organi amministrativi, legislativi o giudiziari -, che
abbiano generato nei destinatari un'aspettativa di stabilita'. 
    3.1. - Orbene, come gia' emerso in narrativa, le norme  rilevanti
e vigenti al 7 dicembre  2018  imponevano  al  Governo  di  conferire
l'incarico di  commissario  ad  acta  al  presidente  della  regione,
precetto  derogabile  esclusivamente  nell'ipotesi  -  che  qui   non
ricorreva dell'impedimento o delle dimissioni di quest'ultimo. 
    Cosi' stando le cose,  non  v'era  ragione  di  supporre  che  il
Governo potesse «aggirare»  un  dato  legislativo  tanto  inequivoco,
sicche'  la  Regione  poteva  senz'altro   fare   affidamento   sulla
stabilita' e la cogenza del  combinato  disposto  degli  articoli  1,
comma 395, della legge n. 232 del 2016 e 2, comma 84-bis, della legge
n. 191 del 2009, nella formulazione vigente ratione temporis. 
    Per di piu', le precedenti delibere del  Consiglio  dei  ministri
del 21 marzo 2013 e del 18 maggio 2015  avevano  conservato  in  capo
all'ex presidente della Regione Molise la funzione di Commissario  ad
acta. 
    Non v'era quindi motivo di dubitare che, a seguito delle elezioni
del 22 aprile 2018, le stesse funzioni sarebbero  transitate  al  suo
successore. Tanto, per il semplice fatto che la sola causa efficiente
della nomina di un nuovo commissario e' stata  -  giova  ribadirlo  -
solo l'avvenuta elezione del nuovo presidente. Nulla, viceversa,  sul
piano della normativa rilevante era mutato. 
    La legittima aspettativa di continuita' e' stata quindi frustrata
senza alcuna ragione giustificativa. 
    3.2. - Com'e' noto, secondo la giurisprudenza di  codesta  ecc.ma
Corte, di recente ribadita nella sentenza n. 154 del 2017: 
        «il valore  del  legittimo  affidamento  nella  certezza  dei
rapporti giuridici - la cui nozione appare  sovrapponibile  a  quella
maturata in ambito europeo, "stante la sostanziale coincidenza  degli
indici  sintomatici  della  lesione  del  principio  dell'affidamento
elaborati nella giurisprudenza di questa  Corte  e  in  quella  delle
Corti europee" (sentenze n. 16 del 2017 e n. 203 del  2016)  -  trova
copertura costituzionale nell'art.  3  Cost.»,  ma  non  «in  termini
assoluti e inderogabili»; 
        difatti, da un lato, «la posizione giuridica che da' luogo  a
un  ragionevole  affidamento  nella  permanenza  nel  tempo   di   un
determinato  assetto   regolatorio   deve   risultare   adeguatamente
consolidata,   sia   per   essersi   protratta   per    un    periodo
sufficientemente  lungo,  sia  per  essere  sorta  in   un   contesto
sostanziale atto a  far  sorgere  nel  destinatario  una  ragionevole
fiducia nel suo mantenimento»; 
        dall'altro, «interessi pubblici sopravvenuti possono  esigere
interventi normativi diretti a incidere in senso sfavorevole anche su
posizioni  consolidate  -  con  il  limite   della   proporzionalita'
dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi   di   interesse   pubblico
perseguiti (sentenza n. 56  del  2015)  -  o  su  assetti  regolatori
precedentemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 216 del 2015)». 
    Ebbene: nell'odierna fattispecie,  per  le  ragioni  gia'  viste,
l'aspettativa della Regione era certamente consolidata,  e,  in  ogni
caso, non  v'era  stata,  nelle  more  dell'adozione  della  delibera
gravata, alcuna modifica normativa astrattamente  idonea  a  incidere
nella posizione della Regione Molise. 
    D'altra parte, neppure si e' avuta, da parte  del  Consiglio  dei
ministri, con la delibera impugnata, alcuna (reale) valutazione degli
interessi pubblici in capo alla Regione e ai suoi abitanti (che  essa
rappresenta istituzionalmente), tale da poter, se  non  giustificare,
quantomeno motivare la frustrazione del legittimo affidamento riposto
dalla Regione nella situazione esistente. 
4. - Violazione degli articoli 81 e 97  Cost.,  in  riferimento  agli
articoli 117, comma  3,  e  118  Cost.,  nonche'  in  riferimento  al
principio di leale collaborazione. 
    La delibera del Consiglio dei ministri del  7  dicembre  2018  e'
altresi' violativa degli articoli 81 e 97 Cost., in riferimento  alle
attribuzioni costituzionali riconosciute alla Regione  nelle  materie
«tutela della salute» e «coordinamento  della  finanza  pubblica»  ex
articoli 117, comma  3,  e  118  Cost.,  nonche'  in  riferimento  al
principio di leale collaborazione. 
    4.1. - Come segnalato in narrativa,  gli  oneri  derivanti  dalla
gestione commissariale sono, stando a quanto  previsto  dall'art.  4,
comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007, «a carico  della  regione
interessata». 
    Orbene, e' di patente evidenza che la delibera  qui  censurata  -
discostandosi  dai  modelli  di  gestione   commissariale   sin   qui
sperimentati  -  ha  disposto  la  nomina  di  un  commissario  e  un
sub-commissario  entrambi  esterni,  i  quali,  ovviamente,  dovranno
essere remunerati. 
    Pertanto,  mentre  nelle   precedenti   strutture   commissariali
l'esborso a carico della Regione riguardava  la  sola  spesa  per  il
sub-commissario esterno  -  atteso  che  il  presidente  pro  tempore
svolgeva l'incarico di Commissario ad acta senza oneri  ulteriori  -,
in forza della delibera qui censurata la Regione risulta  gravata  di
una spesa aggiuntiva. 
    Il punto non sarebbe di per se' decisivo - come invece  e'  -  se
non considerassimo due elementi. 
    Anzitutto, l'odierna ricorrente e' sottoposta a Piano di  rientro
e,  per  tale  ragione,  e'  soggetta  a  vincoli  finanziari   assai
stringenti che si risolvono,  inevitabilmente,  in  una  compressione
della sua autonomia  legislativa.  Compressione  che  codesta  ecc.ma
Corte costituzionale ha dimostrato di ritenere inevitabile, rilevando
persino che «l'illegittimita' costituzionale  della  legge  regionale
sussiste anche  quando  l'interferenza  e'  meramente  potenziale  e,
dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto  con  i
poteri del commissario incaricato di  attuare  il  piano  di  rientro
(sentenza n. 110 del 2014)" (sentenza n. 227 del 2015)» (sentenza  n.
14 del 2017). 
    Tutto cio' considerato, desta serie perplessita' il fatto che una
regione - per evitare ogni eventuale interferenza con l'attivita' del
Commissario - debba astenersi da tutti gli  interventi  non  previsti
dal Piano che possano  aggravare  il  disavanzo  sanitario  regionale
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 104 del  2013)  e  possa  far
valere «gli interessi della collettivita' amministrata [...] entro  i
limiti imposti dal legislatore nel delicato periodo del  risanamento»
(Corte cost., sentenza n. 117  del  2018),  mentre  il  Governo  puo'
arbitrariamente decidere di onerare quella stessa  regione  di  spese
ulteriori e ingiustificate. 
    Giova infatti ribadire  -  e  qui  veniamo  al  secondo  elemento
essenziale ai fini del decidere - che qui  v'era  un  altro  soggetto
titolare di incarico istituzionale nella Regione che  aveva  chiesto,
in  ossequio  alla  normativa  vigente,  di  svolgere  l'incarico  in
contestazione e che avrebbe potuto provvedervi in tempi piu' stretti,
in ragione dell'approfondita conoscenza  della  realta'  sulla  quale
intervenire, e senza costi. 
    Il dott. Toma, nella qualita' di  presidente  pro  tempore  della
Regione Molise, aveva infatti chiesto formalmente sin dal  23  maggio
2018 di essere nominato Commissario ad acta. 
    Il Consiglio dei ministri,  pero',  non  solo  ha  ignorato  tale
richiesta, ma ha lasciato la Regione ricorrente del  tutto  priva  di
una struttura  commissariale  per  circa  otto  mesi,  senza  affatto
curarsi ne' degli effetti che tale grave ritardo avrebbe prodotto sul
sistema sanitario regionale ne' dello stato di avanzamento del  piano
di rientro dal deficit sanitario. 
    Una  volta  decorso  tale  lasso  di   tempo,   il   Governo   ha
ulteriormente rallentato l'iter di rientro  scegliendo  di  conferire
l'incarico a due soggetti esterni. 
    4.2.  -  Alla  luce  di  quanto  sin  qui  osservato  emerge  con
chiarezza, innanzitutto, che l'esigenza di contenimento  della  spesa
pubblica riconducibile al  disposto  di  cui  all'art.  81  Cost.  e'
apertamente frustrata dalla delibera qui censurata,  che  impone  del
tutto  irragionevolmente  un  considerevole  aggravio   della   spesa
pubblica. 
    Non solo. La delibera adottata il 7 dicembre 2018 non reca alcuna
indicazione delle ragioni che  rendevano  necessario  abbandonare  un
modello economicamente piu' vantaggioso per le finanze pubbliche,  in
favore di un altro che impone alla Regione nuovi oneri. 
    Tanto - si badi - per il semplice  fatto  che  tali  ragioni  non
sussistevano  e  che  i  maggiori  oneri  a  carico   della   Regione
costituiscono semplicemente l'effetto  dell'aprioristico  pregiudizio
negativo del Governo nei confronti della concentrazione dell'incarico
commissariale e di quello di  presidente  pro  tempore  della  giunta
regionale. 
    Per  l'effetto,  benche'  le   norme   attributive   del   potere
sostitutivo in  materia  di  attuazione  del  Piano  di  rientro  dal
disavanzo nel settore sanitario perseguano lo scopo  di  contenimento
della spesa sanitaria regionale, il Governo ha esercitato tale potere
finendo per aumentare la spesa pubblica. 
    E' dunque di patente evidenza che la delibera censurata  si  pone
in contrasto, oltre che con gli articoli 81 Cost., anche  con  l'art.
97 Cost.,  poiche'  risulta  apertamente  disatteso  il  criterio  di
economicita' ivi indicato,  «secondo  cui  l'azione  delle  pubbliche
amministrazioni deve perseguire i  propri  obiettivi,  garantendo  il
buon andamento e l'imparzialita' con il minimo dispendio di  risorse»
(Corte cost., sentenza n. 133 del 2016). 
5. - In subordine. Illegittimita' costituzionale  degli  articoli  1,
comma 395, della legge n. 232 del 2016 e 2, comma 84-bis, della legge
n. 191 del 2009, nella formulazione vigente ratione temporis. 
    Si e' visto che la disciplina di settore vigente ratione temporis
non solo non vietava il conferimento dell'incarico al presidente  pro
tempore della regione, ma addirittura imponeva tale designazione. 
    Cio' premesso, in via subordinata, nella denegata e  non  creduta
ipotesi in cui codesta  ecc.ma  Corte  ritenesse  che  dal  combinato
disposto degli articoli 1, comma 395, della legge n. 232 del  2016  e
2, comma 84-bis, della legge n.  191  del  2009,  nella  formulazione
vigente ratione  temporis,  discendesse  invece  l'impossibilita'  di
nominare  il  presidente  della  regione  commissario  ad  acta,   la
deliberazione impugnata  sarebbe  comunque  illegittima,  in  ragione
dell'illegittimita' costituzionale delle segnalate disposizioni  (ove
interpretate nel senso da ultimo indicato). 
    In  tal  caso,  infatti,  tutti  i   vizi   sin   qui   segnalati
affliggerebbero direttamente la disciplina legislativa, che: 
        i)  nel  corso  del  procedimento  di  rientro  dal   deficit
consentirebbe l'esclusione del  rappresentante  della  regione  dalla
struttura commissariale senza una previa valutazione dello  stato  di
avanzamento del piano di rientro e dell'opportunita' di garantire  un
confronto costante  tra  struttura  commissariale  e  amministrazione
regionale; 
        ii) impedirebbe la nomina a commissario ad acta dei  titolari
degli  incarichi  istituzionali  presso  la  regione  attraverso   un
automatismo  legislativo  irragionevole  e  contraddittorio  con   le
finalita' e le caratteristiche  del  piano  di  rientro  dal  deficit
sanitario; 
        iii) impedirebbe alla  regione  di  mantenere  gli  spazi  di
autonomia e partecipazione procedimentale  nel  corso  dell'esercizio
dei poteri sostitutivi da parte dello Stato; 
        iv)  determinerebbe  ulteriori  spese,  irragionevoli  e  non
necessarie, a carico del sistema sanitario regionale. 
    Per tali ragioni, nell'ipotesi da ultimo  considerata,  la  Corte
costituzionale dovrebbe scrutinare la legittimita'  delle  menzionate
disposizioni attraverso la c.d. «autorimessione» della  questione  di
legittimita'  costituzionale,  dichiarandole  illegittime  in  quanto
violative del principio  di  ragionevolezza  ex  art.  3  Cost.,  del
principio di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97
Cost., del principio di leale collaborazione  ex  art.  117  Cost.  e
degli articoli 81, 97, 117, comma 3, 118 e 120 Cost.