Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore dott. Maurizio Fugatti, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale del 22 febbraio 2019, n. 261 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale di data 28 febbraio 2019, n. 45531 di raccolta, n. 28556 di repertorio, redatta dall'ufficiale rogante della Provincia dott. Guido Baldessarelli (doc. 2), dall'avvocato professore Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avvocato Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura provinciale e dall'avvocato Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in via Confalonieri, n. 5, Roma; contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. l, commi 857, 865, 866, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2018, n. 302, supplemento ordinario n. 62/L, per violazione: dell'art. 8 (in particolare n. l), dell'art. 9 (in particolare n. 10), dell'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale) e delle relative norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474); del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare art. 79; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare art. 2; dell'art. 117 e dell'art. 119 Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del principio di leale collaborazione, in relazione all'art. 120 della Costituzione, e dell'accordo 15 ottobre 2014; dell'art. 3 della Costituzione e del principio di ragionevolezza. Fatto Nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2018, n. 302, supplemento ordinario n. 62/L, e' stata pubblicata la legge 30 dicembre 2018, n. 145, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019 - 2021». La prima sezione («misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici») della legge, consistente in un articolo composto da 1143 commi, contiene una serie eterogenea di disposizioni di carattere prevalentemente finanziario. Tra queste, i commi da 857 a 872 dettano delle misure dirette a rafforzare l'obbligo, in capo alle amministrazioni, di pagare tempestivamente e regolarmente i debiti commerciali, obbligo gia' sancito dalla legislazione in vigore. Sia consentito fin da subito ricordare che la Provincia autonoma e i suoi enti, tra cui quelli del servizio sanitario provinciale, non sono interessati dal fenomeno del ritardo nei pagamenti dei debiti commerciali, dal momento che la Provincia ha messo in atto, da molti anni, buone prassi, che hanno condotto l'ente e le sue agenzie ad avere, fin dal 2016, un indicatore di tempestivita' dei pagamenti negativo, cioe' dimostrativo di un anticipo dei pagamenti sulla scadenza delle fatture, indicatore ulteriormente e costantemente migliorato negli anni successivi, fino al dato del 2018, che espone un indice annuale di -7,26, cioe' un anticipo medio dei pagamenti di oltre sette giorni sulla data scadenza delle fatture (i dati si leggono nella pagina web dell'amministrazione trasparente). Considerazioni analoghe valgono specificamente per l'ente sanitario provinciale, ossia l'Azienda provinciale per i servizi sanitari, che ha un indicatore costantemente negativo - cioe' dimostrativo di anticipo - fin dal 2015 (-4,45), e che nei quattro semestri del 2018 ha raggiunto i seguenti indici: -12,77; -8,27; -10,05; -11,65. Anche tali dati sono pubblicati ed accessibili nella sezione in amministrazione trasparente. Tali norme della legge n. 145 del 2018, che l'art. 1, comma 858, qualifica espressamente come «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione», hanno in parte come destinatarie le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse dalle amministrazioni dello Stato (commi 859, 862, 863, 869, 870, 871) e in parte gli enti del servizio sanitario nazionale (commi 850 e 865). Taluni di queste disposizioni, poi, sanciscono - con norme di dettaglio e dal contenuto analitico e minuzioso - obblighi specifici anche in capo alle Province autonome, menzionando espressamente tali enti quali destinatari della norma e dunque, in tali casi, si deve ritenere che non operi la clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 1, comma 1130, per cui le disposizioni della legge medesima «sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3», stante la prevalenza del contenuto precettivo delle singole disposizioni rispetto alla generale clausola di garanzia delle competenze degli enti ad autonomia differenziata. La Provincia autonoma di Trento, che pure condivide la piena vigenza ed operativita', anche in relazione alla sua amministrazione, del principio di tempestivita' dei pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, traducendolo in pratica applicazione, ritiene pero' che le misure dettate nei commi 865 e 866 dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018, rivolti ad imporre anche alle Province autonome, in relazione agli enti del sistema sanitario, specifiche misure (comma 865) e i correlativi obblighi informativi (comma 866), invadano le competenze provinciali e siano costituzionalmente illegittimi per i motivi in diritto che si espongono sotto. La Provincia autonoma contesta inoltre l'art. 1, comma 857, ai sensi del quale «nell'anno 2020, le misure di cui ai commi 862, 864 e 865 sono raddoppiate nei confronti degli enti di cui al comma 849 che non hanno richiesto l'anticipazione di liquidita' entro il termine di cui al comma 853 e che non hanno effettuato il pagamento dei debiti entro il termine di cui al comma 854». Premesso che tale disposizione raddoppia misure sanzionatone, essa e' qui impugnata in via prudenziale, nella ipotesi interpretativa - emersa in via amministrativa - secondo cui le condizioni per l'applicazione della sanzione (mancata richiesta di liquidita' e mancato pagamento in termini dei debiti) sarebbero previste dalla disposizione come alternative, e non come cumulative, con la conseguenza che sarebbe sufficiente non richiedere l'anticipazione della liquidita' per incorrere nel raddoppio delle sanzioni. Ugualmente, peraltro, la disposizione sarebbe illegittima anche ove si dovesse ritenere che il raddoppio delle sanzioni scatti per il solo fatto di non aver richiesto anticipazioni di liquidita' in presenza di debiti scaduti, se tali debiti non vengono poi pagati nel termine, anche se l'ente non e' in carenza di liquidita' e quindi il ritardo nel pagamento e' determinato da altri fattori. Le disposizioni sopra indicate, intese nei termini ora esposti, sono ad avviso della ricorrente Provincia lesive della propria competenza autonoma e costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di Diritto I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 865, per violazione degli articoli 8, numero 1, 9, numero 10, 79 dello statuto, nonche' degli art. 117, terzo comma, e 119 Cost, in combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Violazione dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992. Ad avviso della Provincia autonoma di Trento e' costituzionalmente illegittimo, anzitutto, l'art. 1, comma 865, che impone alle regioni ed anche, testualmente, alle province autonome, il preciso obbligo di inserire nei contratti con i direttori generali e con i direttori amministrativi degli enti del servizio sanitario un obiettivo, che ha ad oggetto i tempi di pagamento e che condiziona il riconoscimento della indennita' di risultato per una percentuale non inferiore al 30%. Precisamente, l'art. 1, comma 865, stabilisce quanto segue: «Per gli enti del Servizio sanitario nazionale che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le regioni e le province autonome provvedono ad integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennita' di risultato. La quota dell'indennita' di risultato condizionata al predetto obiettivo non puo' essere inferiore al 30 per cento. La predetta quota dell'indennita' di risultato: a) non e' riconosciuta qualora l'ente sanitario registri ritardi superiori a sessanta giorni oppure in caso di mancata riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo; b) e' riconosciuta per la meta' qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra trentuno e sessanta giorni; c) e' riconosciuta per il 75 per cento qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra undici e trenta giorni; d) e' riconosciuta per il 90 per cento qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra uno e dieci giorni». La Provincia autonoma ritiene che tale disposizione sia illegittima sotto molteplici profili: (i) in quanto norma di coordinamento della finanza pubblica, come essa e' espressamente qualificata, (a) perche' l'art. 79 dello statuto consente, nelle materie di competenza provinciale, norme di coordinamento finanziario nei limiti di cui agli articoli 4 e 5 dello statuto, (b) perche' in materia sanitaria lo Stato non ha comunque titolo per dettare norme di coordinamento finanziario rivolte alla Provincia autonoma, trattandosi di settore integralmente finanziato con risorse proprie della Provincia, e (c) perche' la norma ha comunque carattere di mero dettaglio e non di principio fondamentale; (ii) in quanto norma che incide sulla organizzazione amministrativa e sanitaria della Provincia, per violazione degli articoli 8, numero 1, e 9, numero 10, dello statuto, di nuovo in ragione del carattere dettagliato della disposizione; (iii) in ogni caso, come norma immediatamente applicabile, per violazione dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992. Le considerazioni seguenti illustrano quanto affermato. 1.1. L'art. 1, comma 858, della legge n. 145 del 2018 accredita le disposizioni di cui ai commi da 859 a 872, e quindi anche l'art. 1, comma 865, come «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione». Se tale qualificazione normativa del comma 865 e' esatta e corrisponde, per il profilo finalistico, alla ratio delle disposizioni in esame, che non ha alcun legame con la tutela della salute e che invece e' funzionale al riorientamento della spesa pubblica (in tal senso, in relazione a misure di contrasto al ritardo nei pagamento, si veda per il primo profilo la sentenza n. 272 del 2015) e ad evitare che i bilanci pubblici siano minati da situazioni debitorie non onorate tempestivamente (in questi termini la sentenza n. 250 del 2013), palese e' il contrasto con l'art. 79, comma 4, dello Statuto speciale, giacche' la disposizione statutaria consente allo Stato di dettare norme di coordinamento finanziario condizionanti le potesta' legislative delle Province autonome solo nella misura in cui tali norme articolino limiti statutari alle competenze provinciali. Infatti, il citato comma 4 dell'art. 79 dello Statuto - come sostituito in seguito all'accordo del 15 ottobre 2014 dall'art. 1, comma 407, lettera e), n. 3), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il procedimento di cui all'art. 104 dello statuto stesso - dispone al secondo periodo che «la regione e le province provvedono, per se' e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 o 5, nelle materie individuate dallo statuto, adottando, conseguentemente, autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa, anche orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio nazionale in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea». In secondo luogo, dal momento che la disposizione impugnata incide ratione materiae sulla organizzazione del sistema sanitario, si osserva che lo Stato, nei confronti delle Province autonome, non potrebbe comunque pretendere di condizionare la disciplina provinciale accampando la competenza di principio sul coordinamento finanziario, giacche' il sistema sanitario provinciale e' integralmente finanziato con risorse proprie della Provincia, ai sensi dell'art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica», il quale stabilisce che «la regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato». Secondo il costante indirizzo di codesta ecc.ma Corte, in questo caso «non vale richiamare la potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.: questa Corte ha infatti precisato che "lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 341 del 2009)" (sentenza n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012)» (cosi' la sentenza n. 125 del 2015). In terzo luogo, e in ogni caso, la disposizione impugnata risulta illegittima per violazione dell'art. 79 dello statuto o comunque degli art. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., nelle parti applicabili alle Province autonome ex art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, sotto l'ulteriore profilo del superamento della limitazione della competenza statale alla determinazione dei principi fondamentali delle materie concorrenti. Infatti, l'impugnato comma 865 non si articola in enunciati generali riconducibili alla categoria dei principi e quindi eccede dalla competenza statale sul coordinamento finanziario, che e' limitata, appunto, alla statuizione di principi. Supera dunque tale limitazione una norma che ha la caratteristica di un minuto precetto di dettaglio e che non lascia all'ente autonomo alcuna liberta' in ordine ai modi con i quali conseguire il risultato (per la conferma, consolidata nella giurisprudenza costituzionale, che le previsioni puntuali e specifiche, che non lasciano alcun margine di attuazione alle stesse regioni, esulano dalla competenza statale limitata ai principi di coordinamento della finanza pubblica, si veda da ultimo la sentenza n. 87 del 2018). Peraltro, proprio con riferimento a misure di contrasto al fenomeno del ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione codesta Corte costituzionale ha gia' avuto occasione di censurare per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., disposizioni statali eccessivamente analitiche e dettagliate eccessivamente, come e' avvenuto, ad esempio, nella sentenza n. 156 del 2010 (dove e' sottolineato che la norma allora impugnata «non detta principi, ma prevede modalita' di pagamento delle spese dettagliate sia sotto il profilo organizzativo, sia sotto l'aspetto procedurale»). Nel presente caso, l'eccesso dalla norma di principio e' confermato, sotto il profilo della struttura della norma, dalla circostanza che il legislatore statale non si e' limitato a sancire la necessita' di prevedere, tra gli obiettivi assegnati ai dirigenti sanitari, anche uno specifico obiettivo rapportato al rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali, ma anche ha regolato minuziosamente il modo in cui tale obiettivo deve essere strutturato (si veda, in particolare, la disciplina recata dalle lettere a, b, c, d). 1.2. Ancora, deve essere evidenziato il contrasto del contenuto del comma 865 con gli articoli 8, numero 1, e 9, numero 10, e 16 dello tatuto, ovvero, se piu' favorevole, con l'art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia della «tutela della salute», in combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Guardando all'ambito materiale regolato dalla norma impugnata si osserva che questa incide direttamente nelle materie di competenza legislativa primaria della organizzazione amministrativa della Provincia e del personale e nella materia di competenza concorrente della igiene e sanita', comprensiva dell'assistenza sanitaria e ospedaliera, oggetto di trasferimento gia' con le norme di attuazione cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 «Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita'», ovvero in quella della tutela della salute, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. (se piu' favorevole, ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001), e conforma in modo diretto l'esercizio delle funzioni amministrative che l'art. 16 dello statuto riserva alle Province, trattandosi di materie provinciali. Trattasi di un settore gia' compiutamente regolato dalla Provincia autonoma di Trento, che nella legge provinciale 23 luglio 2010, n. 16, «Tutela della salute in Provincia di Trento», disciplina, nella sezione II (art. 27 e ss.), regola l'organizzazione della Azienda provinciale per i servizi sanitari e che, specificamente, con riferimento alla posizione del direttore generale, affida alla Giunta provinciale sia il compito di approvare lo schema di contratto, sia il compito di stabilire «criteri e modalita' per la valutazione dell'attivita' del direttore generale, con riferimento agli obiettivi assegnatigli e alla qualita' complessiva dell'offerta assistenziale assicurata dall'azienda» (art. 28, commi 6 e 7). Dunque, il comma 865, in ragione del suo carattere estremamente preciso e dettagliato dell'enunciato normativo e per l'assenza di collegamento teleologico con le specifiche materie interessate dalla misura, certamente non puo' essere avvalorato ne' come norma fondamentale di grande riforma e nemmeno come principio fondamentale della materia «igiene e sanita'» o «tutela della salute». Del resto, se si guarda al contenuto precettivo della disposizione impugnata risulta subito evidente che essa da un lato non ha alcuno specifico «contenuto riformatore», dall'altro che essa nemmeno persegue interessi collegati con la tutela della salute, i quali vengono invece sacrificati in nome di un interesse finanziario che la Provincia e le sue agenzie, e in particolare quella sanitaria, hanno dimostrato di saper perseguire in modo efficiente con altri mezzi, come risulta dagli indicatori di tempestivita' dei pagamenti degli ultimi anni, che sono sempre negativi, cioe' dimostrativi di un anticipo rispetto alla scadenza delle fatture. 1.3. Infine, ad avviso della Provincia risulta anche evidente, in ogni caso, il contrasto con l'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, in quanto il comma impugnato ha sicuramente carattere autoapplicativo, rivolgendosi direttamente alla amministrazione provinciale e imponendo a questa un determinato comportamento, la' dove la richiamata disposizione di attuazione statutaria prevede un mero obbligo di adeguamento della legislazione provinciale «ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito», mentre «restano nel frattempo applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti». Dunque, anche ammesso che il contenuto precettivo del comma 865 in relazione all'obbligo di inserire nei contratti del direttore generale e del direttore amministrativo sanitario l'obiettivo di risultato relativo al pagamento dei debiti commerciali potesse avere carattere cogente per la Provincia autonoma, tale contenuto dispositivo avrebbe dovuto essere formulato nei termini di un obbligo di conformazione della legislazione locale e non come norma immediatamente applicabile. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 866, in collegamento con le censure sviluppate al punto precedente e per irragionevolezza, nonche' per violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. La Provincia autonoma impugna anche l'art. 1, comma 866, della legge n. 145 del 2018. La disposizione stabilisce, al primo periodo, che «le regioni trasmettono al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all'art. 12 dell'intesa tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, una relazione in merito all'applicazione e agli esiti del comma 865. La trasmissione della relazione costituisce adempimento anche ai fini e per gli effetti dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le cui disposizioni continuano ad applicarsi a decorrere dall'esercizio 2013 ai sensi dell'art. 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135». Il terzo periodo aggiunge che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano relazionano al citato tavolo sullo stato di applicazione del comma 865». Oggetto di impugnazione e' tale terzo periodo, nella parte in cui si riferisce alle Province autonome. La ricorrente osserva che la disposizione, pur facendo riferimento alla intesa tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sancita in Conferenza permanente in data 23 marzo 2005, in realta' elude il significato di quell'accordo, in cui l'assenso delle Province autonome era stato condizionato all'inserimento di una clausola di salvaguardia delle competenze provinciali. Tale clausola, inserita nell'art. 13 dell'atto di intesa, prevede che «i contenuti della presente intesa si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province Autonome compatibilmente con gli statuti di autonomia e le relative norme di attuazione». Per tale ragione la Provincia autonoma di Trento non e' mai stata vincolata alla trasmissione dei dati al tavolo tecnico e la comunicazione di dati da parte dell'ente e' sempre avvenuta su base volontaria e per mero spirito di collaborazione. Ora, la disposizione impugnata, pur distinguendo la posizione delle regioni a statuto ordinario da quella delle regioni speciali e delle due province autonome, per cui le prime «trasmettono la relazione» al tavolo tecnico, mentre le seconde «relazionano al citato tavolo», e non ripetendo, per gli enti ad autonomia differenziata, la precisazione che la trasmissione della relazione «costituisce adempimento anche ai fini e per gli effetti dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191», vale a dire ai fini della erogazione della quota di finanziamento del fondo sanitario condizionata alla positiva verifica degli adempimenti regionali, si presta ad essere intesa come prescrittiva di un vero e proprio obbligo, sia pure non presidiato dal meccanismo premiale di cui alla disposizione citata della legge n. 191 del 2009 (anche in ragione del fatto che le province autonome non partecipano al fondo sanitario regionale, come si e' ricordato sopra). Per tale ipotesi, e quindi per il caso in cui la disposizione possa essere intesa come statuente un vero e proprio obbligo a carico della provincia autonoma, la norma e' quindi impugnata dalla ricorrente, che ne denuncia la illegittimita' costituzionale sotto i seguenti profili. Anzitutto, la norma appare illegittima in via consequenziale e per gli stessi motivi enunciati sopra al punto I, in quanto essa sancisce un obbligo che si collega strutturalmente inscindibilmente a quello sancito dal comma precedente. Per tale ragione, una volta che codesta Corte abbia accertato e dichiarato che la provincia autonoma non e' tenuta ad applicare il comma 865, lo stesso obbligo di presentare una specifica relazione diventa privo di oggetto o comunque del tutto irragionevole, con violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. In secondo luogo, la norma appare elusiva dell'intesa del 23 marzo 2005 sancita in Conferenza permanente, in quanto neutralizza la clausola di cui all'art. 13 della intesa, rendendo direttamente applicabile un monitoraggio che tale intesa non prevedeva come obbligatorio. Di qui la lesione del principio di leale collaborazione radicato nell'art. 120, secondo comma, Cost. e di nuovo la lesione del principio di ragionevolezza ricavabile dall'art. 3, primo comma, Cost. Se e' vero che una intesa non e' di per se' opponibile alla legge ordinaria dello Stato e' altresi' vero che una norma legislativa non puo' strumentalizzare un istituto che e' stato previsto da una intesa (il tavolo tecnico di monitoraggio) neutralizzando le condizioni specifiche in base alle quali esso e' stato attivato, pena la violazione del principio di lealta' e del canone di ragionevolezza, che esige coerenza. Si precisa che la denunciata irragionevolezza ridonda sull'esercizio delle funzioni provinciali, in particolare su quelle in materia di organizzazione e di sanita' (art. 8, numero 1; art. 9, numero 10; art. 16 dello statuto; art. 117, terzo comma, Cost.), costringendo la provincia ad una attivita' di monitoraggio e di redazione di particolari relazioni non correlata ad una esigenza propria della funzione provinciale. III Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 857, della legge n. 145 del 2018, per irragionevolezza e contrasto con il principio di proporzionalita', con violazione dell'art. 3 Cost. e per violazione dell'autonomia finanziaria della provincia autonoma, garantita dal titolo VI dello statuto e dall'art. 119 Cost., anche in combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Ridondanza della violazione sulla autonomia finanziaria e sulle competenze provinciali, garantite dagli articoli 8, 9 e 16 dello statuto e dell'art. 117, terzo comma, Cost., combinato con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. La Provincia autonoma impugna per scrupolo difensivo anche l'art. 1, comma 857. Tale disposizione stabilisce che, «nell'anno 2020, le misure di cui ai commi 862, 864 e 865 sono raddoppiate nei confronti degli enti di cui al comma 849 che non hanno richiesto l'anticipazione di liquidita' entro il termine di cui al comma 853 e che non hanno effettuato il pagamento dei debiti entro il termine di cui al comma 854». A sua volta, il comma 849 prevede che, «al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento di cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, le banche, gli intermediari finanziari, la Cassa depositi e prestiti Spa e le istituzioni finanziarie dell'Unione europea possono concedere ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane, alle regioni e alle province autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario nazionale, anticipazioni di liquidita' da destinare al pagamento di debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali», con la precisazione che l'anticipazione di liquidita' per il pagamento di debiti fuori bilancio e' subordinata al relativo riconoscimento. Il termine per richiedere la anticipazione di liquidita' agli istituti finanziari di cui al comma 849 e' fissato dal comma 853 al 28 febbraio 2019. Il comma 854 stabilisce poi che «gli enti debitori effettuano il pagamento dei debiti per i quali hanno ottenuto l'anticipazione di liquidita' entro quindici giorni dalla data di effettiva erogazione da parte dell'istituto finanziatore», termine che per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale e' invece fissato in «trenta giorni dalla data di effettiva erogazione da parte dell'istituto finanziatore». Come si e' anticipato in narrativa, il timore della provincia autonoma e' che la disposizione possa essere intesa nel senso che il raddoppio delle sanzioni - tra le quali e' espressamente inclusa la previsione di cui al comma 865, sopra impugnato - sia disposto per il solo fatto della assenza della richiesta di anticipazione della liquidita', con la conseguenza che vi sarebbe un obbligo di ricorrere a tali anticipazioni al solo fine di evitare la responsabilita' per il tardivo pagamento dei debiti. Tale temuta interpretazione porterebbe a leggere la norma nel modo seguente: le sanzioni sono raddoppiate (a) agli enti che non hanno richiesto l'anticipazione di liquidita' entro il termine di cui al comma 853 e (b) agli enti che non hanno effettuato il pagamento dei debiti entro il termine di cui al comma 854. Tale lettura - che pure non e' giustificata dal testo della disposizione (richiedendo l'inserimento di parole non presenti nella disposizione, come evidenziato sopra in corsivo) - e' suggerita dal fatto che le condizioni descritte come (a) e (b) non sembrano poter essere cumulative, posto che il termine di cui ragiona il comma 854 decorre dalla erogazione della liquidita' e quindi logicamente non puo' applicarsi agli enti che tale liquidita' non hanno richiesto. Intesa nel senso temuto, la norma, per quanto funzionale a spingere gli enti a chiedere l'anticipazione di liquidita', sarebbe irragionevole e sproporzionata, e quindi lesiva dell'art. 3, primo comma, Cost., con riflesso sull'autonomia finanziaria dell'ente (protetta nelle norme del titolo VI dello statuto) e sull'esercizio delle funzioni attribuite alle province autonome dallo statuto speciale dagli articoli 8, 9 e 16 dello statuto e dall'art. 117, terzo comma, Cost., per effetto dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, con particolare riferimento alle funzioni in punto di organizzazione degli uffici e alle funzioni di sanita' (in relazione a queste ultime, il raddoppio della previsione di cui al comma 865 significherebbe centrare l'obiettivo del direttore della azienda sanitaria in modo prevalente, almeno al 60% sui pagamenti commerciali e non sulla tutela della salute). Il comma cosi' interpretato sarebbe altresi' direttamente incompatibile con la autonomia finanziaria e di bilancio riconosciuta alla provincia dal titolo VI dello statuto speciale e dall'art. 119 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. In tale ipotesi, infatti, la provincia e i suoi enti strumentali, tra cui l'azienda provinciale sanitaria, si vedrebbero costrette, in presenza di debiti commerciali, a richiedere agli istituti di cui al comma 849 anticipazioni di liquidita' al solo fine di evitare le sanzioni in caso di ritardo nel pagamento. Ora, se e' vero che parecchi enti territoriali e diverse aziende sanitarie hanno problemi di liquidita', e' altrettanto vero che tale non e' la situazione attuale della provincia autonoma e della sua azienda sanitaria, sicche' e' del tutto irragionevole e sproporzionato, rispetto alle stesse finalita' della norma, che tali enti siano costretti, in presenza di debiti scaduti, ad attivare la procedura di anticipazione di liquidita', e comunque quando tale anticipazione puo' essere efficacemente sostituita con le anticipazioni di tesoreria. In caso di carenza di liquidita', la conseguenza sarebbe di inibire la possibilita' dell'utilizzo dell'anticipazione di tesoreria, anche a tassi vantaggiosi e con procedure piu' snelle per l'attivazione, quando invece, come ha ricordato piu' volte codesta Corte, «le anticipazioni di liquidita' altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di piu' lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie» (sentenza n. 181 del 2015, ripresa dalle sentenze n. 279 del 2016 e n. 89 del 2017).