Ricorso della  Provincia   autonoma   di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore dott. Maurizio Fugatti, autorizzato con  deliberazione  della
Giunta  provinciale  del  22  febbraio  2019,  n.   261   (doc.   1),
rappresentata e difesa, come da procura speciale di data 28  febbraio
2019,  n.  45531  di  raccolta,  n.  28556  di  repertorio,   redatta
dall'ufficiale rogante  della  Provincia  dott.  Guido  Baldessarelli
(doc. 2), dall'avvocato professore Giandomenico  Falcon  (cod.  fisc.
FLCGDM45C06L736E)  di  Padova,   dall'avvocato   Nicolo'   Pedrazzoli
dell'Avvocatura provinciale e dall'avvocato Luigi Manzi  (cod.  fisc.
MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto presso lo  studio  di
quest'ultimo in via Confalonieri, n. 5, Roma; 
    contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello  Stato,
per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  l,
commi 857, 865, 866, della legge 30 dicembre 2018,  n.  145,  recante
«Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2019  e
bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021»,  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  del  31  dicembre  2018,  n.  302,   supplemento
ordinario n. 62/L, per violazione: 
        dell'art.  8  (in  particolare  n.  l),   dell'art.   9   (in
particolare n. 10), dell'art. 16 del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale) e delle relative
norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo
1975, n. 474); 
        del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare art. 79; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare
art. 2; 
        dell'art. 117 e dell'art. 119 Cost.,  in  combinato  disposto
con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; 
        del principio di leale collaborazione, in relazione  all'art.
120 della Costituzione, e dell'accordo 15 ottobre 2014; 
        dell'art.  3  della   Costituzione   e   del   principio   di
ragionevolezza. 
 
                                Fatto 
 
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  del  31  dicembre   2018,   n.   302,
supplemento ordinario n.  62/L,  e'  stata  pubblicata  la  legge  30
dicembre 2018, n. 145, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019 - 2021». 
    La prima sezione («misure quantitative per la realizzazione degli
obiettivi programmatici») della legge,  consistente  in  un  articolo
composto da 1143 commi, contiene una serie eterogenea di disposizioni
di carattere prevalentemente finanziario. 
    Tra queste, i commi da 857 a 872 dettano delle misure  dirette  a
rafforzare  l'obbligo,  in  capo  alle  amministrazioni,  di   pagare
tempestivamente e regolarmente i  debiti  commerciali,  obbligo  gia'
sancito dalla legislazione in vigore. 
    Sia consentito fin da subito ricordare che la Provincia  autonoma
e i suoi enti, tra cui quelli del servizio sanitario provinciale, non
sono interessati dal fenomeno del ritardo nei  pagamenti  dei  debiti
commerciali, dal momento che la Provincia ha messo in atto, da  molti
anni, buone prassi, che hanno condotto l'ente e  le  sue  agenzie  ad
avere, fin dal 2016, un indicatore  di  tempestivita'  dei  pagamenti
negativo, cioe' dimostrativo  di  un  anticipo  dei  pagamenti  sulla
scadenza delle  fatture,  indicatore  ulteriormente  e  costantemente
migliorato negli anni successivi, fino al dato del 2018,  che  espone
un indice annuale di -7,26, cioe' un anticipo medio dei pagamenti  di
oltre sette giorni sulla data  scadenza  delle  fatture  (i  dati  si
leggono nella pagina web dell'amministrazione trasparente). 
    Considerazioni  analoghe  valgono   specificamente   per   l'ente
sanitario provinciale, ossia  l'Azienda  provinciale  per  i  servizi
sanitari,  che  ha  un  indicatore  costantemente  negativo  -  cioe'
dimostrativo di anticipo - fin dal 2015 (-4,45), e  che  nei  quattro
semestri del 2018 ha raggiunto  i  seguenti  indici:  -12,77;  -8,27;
-10,05; -11,65. 
    Anche tali dati sono pubblicati ed accessibili nella  sezione  in
amministrazione trasparente. 
    Tali norme della legge n. 145 del 2018, che l'art. 1, comma  858,
qualifica espressamente come «principi fondamentali di  coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo  comma,  e
119,  secondo  comma,  della  Costituzione»,  hanno  in  parte   come
destinatarie le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse  dalle  amministrazioni
dello Stato (commi 859, 862, 863, 869, 870, 871) e in parte gli  enti
del servizio sanitario nazionale (commi 850 e 865). 
    Taluni di queste disposizioni, poi, sanciscono  -  con  norme  di
dettaglio e dal contenuto analitico e minuzioso - obblighi  specifici
anche in capo alle Province autonome, menzionando espressamente  tali
enti quali destinatari della norma e dunque, in tali  casi,  si  deve
ritenere  che  non  operi  la  clausola  di  salvaguardia   contenuta
nell'art. 1, comma 1130, per cui le disposizioni della legge medesima
«sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e  nelle  province
autonome di Trento e di  Bolzano  compatibilmente  con  i  rispettivi
statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3», stante la prevalenza del
contenuto  precettivo  delle  singole  disposizioni   rispetto   alla
generale  clausola  di  garanzia  delle  competenze  degli  enti   ad
autonomia differenziata. 
    La Provincia autonoma di Trento,  che  pure  condivide  la  piena
vigenza ed operativita', anche in relazione alla sua amministrazione,
del principio di tempestivita' dei pagamenti dei  debiti  commerciali
delle   pubbliche   amministrazioni,    traducendolo    in    pratica
applicazione, ritiene pero' che le misure dettate nei commi 865 e 866
dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018,  rivolti  ad  imporre  anche
alle Province autonome, in relazione agli enti del sistema sanitario,
specifiche misure (comma 865) e i  correlativi  obblighi  informativi
(comma   866),   invadano   le   competenze   provinciali   e   siano
costituzionalmente  illegittimi  per  i  motivi  in  diritto  che  si
espongono sotto. 
    La Provincia autonoma contesta inoltre l'art. 1,  comma  857,  ai
sensi del quale «nell'anno 2020, le misure di cui ai commi 862, 864 e
865 sono raddoppiate nei confronti degli enti di cui al comma 849 che
non hanno richiesto l'anticipazione di liquidita' entro il termine di
cui al comma 853 e che non hanno effettuato il pagamento  dei  debiti
entro il termine di cui al comma 854». 
    Premesso che tale  disposizione  raddoppia  misure  sanzionatone,
essa  e'  qui   impugnata   in   via   prudenziale,   nella   ipotesi
interpretativa - emersa  in  via  amministrativa  -  secondo  cui  le
condizioni per l'applicazione della sanzione  (mancata  richiesta  di
liquidita' e mancato  pagamento  in  termini  dei  debiti)  sarebbero
previste dalla disposizione come alternative, e non come  cumulative,
con  la  conseguenza   che   sarebbe   sufficiente   non   richiedere
l'anticipazione della liquidita' per incorrere  nel  raddoppio  delle
sanzioni. Ugualmente, peraltro, la disposizione  sarebbe  illegittima
anche ove si dovesse ritenere che il raddoppio delle sanzioni  scatti
per il solo fatto di non aver richiesto anticipazioni  di  liquidita'
in presenza di debiti scaduti, se tali debiti non vengono poi  pagati
nel termine, anche se l'ente non e' in carenza di liquidita' e quindi
il ritardo nel pagamento e' determinato da altri fattori. 
    Le disposizioni sopra indicate, intese nei termini  ora  esposti,
sono ad  avviso  della  ricorrente  Provincia  lesive  della  propria
competenza autonoma e costituzionalmente illegittime per le  seguenti
ragioni di 
 
                               Diritto 
 
I.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma   865,   per
violazione degli articoli  8,  numero  1,  9,  numero  10,  79  dello
statuto, nonche'  degli  art.  117,  terzo  comma,  e  119  Cost,  in
combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del  2001.
Violazione dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992. 
    Ad   avviso   della   Provincia    autonoma    di    Trento    e'
costituzionalmente illegittimo, anzitutto, l'art. 1, comma  865,  che
impone alle regioni ed anche, testualmente, alle  province  autonome,
il preciso obbligo di inserire nei contratti con i direttori generali
e con i direttori amministrativi degli enti del servizio sanitario un
obiettivo, che ha ad oggetto i tempi di pagamento e che condiziona il
riconoscimento della indennita' di risultato per una percentuale  non
inferiore al 30%. 
    Precisamente, l'art. 1, comma 865, stabilisce quanto segue: 
    «Per gli enti del Servizio sanitario nazionale che non rispettano
i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le  regioni
e le province  autonome  provvedono  ad  integrare  i  contratti  dei
relativi direttori generali e dei direttori amministrativi  inserendo
uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di  pagamento  ai
fini  del  riconoscimento  dell'indennita'  di  risultato.  La  quota
dell'indennita' di risultato condizionata al predetto  obiettivo  non
puo'  essere  inferiore  al  30  per   cento.   La   predetta   quota
dell'indennita' di risultato: 
        a) non e'  riconosciuta  qualora  l'ente  sanitario  registri
ritardi superiori  a  sessanta  giorni  oppure  in  caso  di  mancata
riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo; 
        b) e' riconosciuta per  la  meta'  qualora  l'ente  sanitario
registri ritardi compresi fra trentuno e sessanta giorni; 
        c) e'  riconosciuta  per  il  75  per  cento  qualora  l'ente
sanitario registri ritardi compresi fra undici e trenta giorni; 
        d) e'  riconosciuta  per  il  90  per  cento  qualora  l'ente
sanitario registri ritardi compresi fra uno e dieci giorni». 
    La  Provincia  autonoma  ritiene  che   tale   disposizione   sia
illegittima sotto molteplici profili: 
        (i) in quanto norma di coordinamento della finanza  pubblica,
come essa e' espressamente qualificata, (a) perche' l'art.  79  dello
statuto consente, nelle materie di competenza provinciale,  norme  di
coordinamento finanziario nei limiti di cui agli articoli 4 e 5 dello
statuto, (b) perche' in materia sanitaria lo Stato  non  ha  comunque
titolo per dettare norme di coordinamento  finanziario  rivolte  alla
Provincia autonoma, trattandosi di settore  integralmente  finanziato
con risorse proprie della  Provincia,  e  (c)  perche'  la  norma  ha
comunque carattere di mero dettaglio e non di principio fondamentale; 
        (ii)  in  quanto  norma  che  incide   sulla   organizzazione
amministrativa e sanitaria  della  Provincia,  per  violazione  degli
articoli 8, numero 1, e 9, numero 10,  dello  statuto,  di  nuovo  in
ragione del carattere dettagliato della disposizione; 
        (iii) in ogni caso, come  norma  immediatamente  applicabile,
per violazione dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992. 
    Le considerazioni seguenti illustrano quanto affermato. 
    1.1. L'art. 1, comma 858, della legge n. 145 del  2018  accredita
le disposizioni di cui ai commi da 859 a 872, e quindi  anche  l'art.
1, comma 865, come  «principi  fondamentali  di  coordinamento  della
finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo  comma,  e  119,
secondo comma, della Costituzione». 
    Se tale qualificazione  normativa  del  comma  865  e'  esatta  e
corrisponde,  per  il   profilo   finalistico,   alla   ratio   delle
disposizioni in esame, che non ha alcun legame con  la  tutela  della
salute e che invece  e'  funzionale  al  riorientamento  della  spesa
pubblica (in tal senso, in relazione a misure di contrasto al ritardo
nei pagamento, si veda per il primo profilo la sentenza  n.  272  del
2015) e ad evitare che i bilanci pubblici siano minati da  situazioni
debitorie non onorate tempestivamente (in questi termini la  sentenza
n. 250 del 2013), palese e' il contrasto  con  l'art.  79,  comma  4,
dello Statuto speciale, giacche' la disposizione statutaria  consente
allo  Stato   di   dettare   norme   di   coordinamento   finanziario
condizionanti le potesta' legislative delle  Province  autonome  solo
nella misura in cui  tali  norme  articolino  limiti  statutari  alle
competenze provinciali. 
    Infatti, il citato comma 4 dell'art.  79  dello  Statuto  -  come
sostituito in seguito all'accordo del 15 ottobre  2014  dall'art.  1,
comma 407, lettera e), n. 3), della legge 23 dicembre 2014,  n.  190,
con il procedimento di  cui  all'art.  104  dello  statuto  stesso  -
dispone al secondo periodo che «la regione e le province  provvedono,
per se' e per gli enti del sistema territoriale  regionale  integrato
di rispettiva  competenza,  alle  finalita'  di  coordinamento  della
finanza pubblica contenute  in  specifiche  disposizioni  legislative
dello Stato, adeguando, ai sensi dell'art. 2 del decreto  legislativo
16  marzo  1992,  n.  266,  la  propria  legislazione   ai   principi
costituenti limiti ai sensi degli  articoli  4  o  5,  nelle  materie
individuate  dallo  statuto,  adottando,  conseguentemente,  autonome
misure  di  razionalizzazione  e  contenimento  della  spesa,   anche
orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare il
rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle  amministrazioni
pubbliche del territorio  nazionale  in  coerenza  con  l'ordinamento
dell'Unione europea». 
    In secondo luogo,  dal  momento  che  la  disposizione  impugnata
incide ratione materiae sulla organizzazione del  sistema  sanitario,
si osserva che lo Stato, nei confronti delle Province  autonome,  non
potrebbe  comunque   pretendere   di   condizionare   la   disciplina
provinciale accampando la competenza di principio  sul  coordinamento
finanziario,   giacche'   il   sistema   sanitario   provinciale   e'
integralmente finanziato con  risorse  proprie  della  Provincia,  ai
sensi dell'art. 34, comma 3, della legge 23  dicembre  1994,  n.  724
«Misure  di  razionalizzazione  della  finanza  pubblica»,  il  quale
stabilisce che «la regione Valle d'Aosta e le  province  autonome  di
Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del  Servizio  sanitario
nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico  del
bilancio dello Stato». 
    Secondo il costante indirizzo di codesta ecc.ma Corte, in  questo
caso «non vale richiamare la potesta' legislativa statale in  materia
di coordinamento della finanza pubblica di cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost.: questa Corte ha infatti precisato che "lo Stato, quando
non concorre al  finanziamento  della  spesa  sanitaria,  neppure  ha
titolo per dettare norme di coordinamento  finanziario  (sentenza  n.
341 del 2009)"  (sentenza  n.  133  del  2010;  nello  stesso  senso,
successivamente, sentenze n. 115  e  n.  187  del  2012)»  (cosi'  la
sentenza n. 125 del 2015). 
    In terzo luogo, e in ogni caso, la disposizione impugnata risulta
illegittima per violazione dell'art.  79  dello  statuto  o  comunque
degli art. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., nelle parti
applicabili  alle  Province  autonome  ex   art.   10   della   legge
costituzionale  n.  3  del  2001,  sotto  l'ulteriore   profilo   del
superamento  della  limitazione   della   competenza   statale   alla
determinazione dei principi fondamentali delle materie concorrenti. 
    Infatti, l'impugnato comma  865  non  si  articola  in  enunciati
generali riconducibili alla categoria dei principi  e  quindi  eccede
dalla  competenza  statale  sul  coordinamento  finanziario,  che  e'
limitata, appunto, alla statuizione di principi. 
    Supera dunque tale limitazione una norma che ha la caratteristica
di un minuto precetto di dettaglio e che non lascia all'ente autonomo
alcuna liberta' in ordine ai modi con i quali conseguire il risultato
(per la conferma, consolidata  nella  giurisprudenza  costituzionale,
che le previsioni puntuali  e  specifiche,  che  non  lasciano  alcun
margine di attuazione alle stesse regioni, esulano  dalla  competenza
statale limitata ai principi di coordinamento della finanza pubblica,
si veda da ultimo la sentenza n. 87 del 2018). 
    Peraltro, proprio  con  riferimento  a  misure  di  contrasto  al
fenomeno del ritardo dei  pagamenti  della  pubblica  amministrazione
codesta Corte costituzionale ha gia' avuto occasione di censurare per
violazione dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  disposizioni  statali
eccessivamente  analitiche  e  dettagliate  eccessivamente,  come  e'
avvenuto, ad esempio,  nella  sentenza  n.  156  del  2010  (dove  e'
sottolineato che la norma allora impugnata «non  detta  principi,  ma
prevede modalita' di pagamento delle spese dettagliate sia  sotto  il
profilo organizzativo, sia sotto l'aspetto procedurale»). 
    Nel  presente  caso,  l'eccesso  dalla  norma  di  principio   e'
confermato, sotto il  profilo  della  struttura  della  norma,  dalla
circostanza che il legislatore statale non si e' limitato  a  sancire
la necessita' di prevedere, tra gli obiettivi assegnati ai  dirigenti
sanitari, anche uno specifico obiettivo rapportato  al  rispetto  dei
tempi di pagamento dei  debiti  commerciali,  ma  anche  ha  regolato
minuziosamente il modo in cui tale obiettivo deve essere  strutturato
(si veda, in particolare, la disciplina recata dalle lettere a, b, c,
d). 
    1.2. Ancora, deve essere evidenziato il contrasto  del  contenuto
del comma 865 con gli articoli 8, numero 1, e  9,  numero  10,  e  16
dello tatuto, ovvero, se  piu'  favorevole,  con  l'art.  117,  terzo
comma, Cost.,  con  riferimento  alla  materia  della  «tutela  della
salute», in combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale  n.
3 del 2001. 
    Guardando all'ambito materiale regolato dalla norma impugnata  si
osserva che questa incide direttamente nelle  materie  di  competenza
legislativa  primaria  della  organizzazione   amministrativa   della
Provincia e del personale e nella materia di  competenza  concorrente
della igiene  e  sanita',  comprensiva  dell'assistenza  sanitaria  e
ospedaliera, oggetto di trasferimento gia' con le norme di attuazione
cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n.  474
«Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige
in materia di igiene e sanita'», ovvero in quella della tutela  della
salute,  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  (se   piu'
favorevole, ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001),  e  conforma  in  modo  diretto  l'esercizio  delle   funzioni
amministrative che l'art. 16 dello  statuto  riserva  alle  Province,
trattandosi di materie provinciali. 
    Trattasi  di  un  settore  gia'  compiutamente   regolato   dalla
Provincia autonoma di Trento, che nella legge provinciale  23  luglio
2010,  n.  16,  «Tutela  della  salute  in  Provincia   di   Trento»,
disciplina, nella sezione II (art. 27 e ss.), regola l'organizzazione
della  Azienda  provinciale   per   i   servizi   sanitari   e   che,
specificamente,  con  riferimento  alla   posizione   del   direttore
generale, affida alla Giunta provinciale sia il compito di  approvare
lo schema di contratto,  sia  il  compito  di  stabilire  «criteri  e
modalita' per la valutazione dell'attivita' del  direttore  generale,
con  riferimento  agli  obiettivi  assegnatigli   e   alla   qualita'
complessiva dell'offerta assistenziale assicurata dall'azienda» (art.
28, commi 6 e 7). 
    Dunque, il comma 865, in ragione del suo  carattere  estremamente
preciso e dettagliato dell'enunciato normativo  e  per  l'assenza  di
collegamento teleologico con le specifiche materie interessate  dalla
misura,  certamente  non  puo'  essere  avvalorato  ne'  come   norma
fondamentale di grande riforma e nemmeno come principio  fondamentale
della materia «igiene e sanita'» o «tutela della salute». 
    Del  resto,  se  si  guarda   al   contenuto   precettivo   della
disposizione impugnata risulta subito evidente che essa  da  un  lato
non ha alcuno specifico «contenuto riformatore», dall'altro che  essa
nemmeno persegue interessi collegati con la tutela  della  salute,  i
quali vengono invece sacrificati in nome di un interesse  finanziario
che la Provincia e le sue agenzie, e in particolare quella sanitaria,
hanno dimostrato di saper perseguire in  modo  efficiente  con  altri
mezzi, come risulta dagli indicatori di tempestivita'  dei  pagamenti
degli ultimi anni, che sono sempre negativi, cioe' dimostrativi di un
anticipo rispetto alla scadenza delle fatture. 
    1.3. Infine, ad avviso della Provincia risulta anche evidente, in
ogni caso, il contrasto con l'art. 2 del decreto legislativo  n.  266
del 1992, in quanto  il  comma  impugnato  ha  sicuramente  carattere
autoapplicativo,  rivolgendosi  direttamente   alla   amministrazione
provinciale e imponendo a questa un  determinato  comportamento,  la'
dove la richiamata disposizione di attuazione statutaria  prevede  un
mero  obbligo  di  adeguamento  della  legislazione  provinciale  «ai
principi e norme costituenti limiti indicati dagli  articoli  4  e  5
dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro
i sei mesi successivi alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo  nella
Gazzetta Ufficiale o nel  piu'  ampio  termine  da  esso  stabilito»,
mentre «restano nel frattempo applicabili le disposizioni legislative
regionali e provinciali preesistenti». 
    Dunque, anche ammesso che il contenuto precettivo del  comma  865
in relazione all'obbligo di  inserire  nei  contratti  del  direttore
generale e del  direttore  amministrativo  sanitario  l'obiettivo  di
risultato relativo al pagamento dei debiti commerciali potesse  avere
carattere  cogente  per  la  Provincia   autonoma,   tale   contenuto
dispositivo avrebbe dovuto essere formulato nei termini di un obbligo
di  conformazione  della  legislazione  locale  e  non   come   norma
immediatamente applicabile. 
II.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma   866,   in
collegamento con le censure sviluppate  al  punto  precedente  e  per
irragionevolezza, nonche'  per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. 
    La Provincia autonoma impugna anche l'art. 1,  comma  866,  della
legge n. 145 del 2018. 
    La disposizione stabilisce, al primo  periodo,  che  «le  regioni
trasmettono al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di  cui
all'art. 12 dell'intesa tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, del 23 marzo  2005,  pubblicata  nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.  105  del  7  maggio
2005, una relazione in merito all'applicazione e agli esiti del comma
865. La trasmissione della relazione costituisce adempimento anche ai
fini e per gli effetti dell'art. 2, comma 68, lettera c), della legge
23  dicembre  2009,  n.  191,  le  cui  disposizioni  continuano   ad
applicarsi a decorrere dall'esercizio 2013  ai  sensi  dell'art.  15,
comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135». Il  terzo  periodo
aggiunge che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e di Bolzano relazionano  al  citato  tavolo  sullo  stato  di
applicazione del comma 865». 
    Oggetto di impugnazione e' tale terzo periodo, nella parte in cui
si riferisce alle Province autonome. 
    La  ricorrente  osserva  che   la   disposizione,   pur   facendo
riferimento alla intesa tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, sancita in Conferenza permanente  in
data 23 marzo 2005, in realta' elude il significato di quell'accordo,
in cui l'assenso  delle  Province  autonome  era  stato  condizionato
all'inserimento di una  clausola  di  salvaguardia  delle  competenze
provinciali.  Tale  clausola,  inserita  nell'art.  13  dell'atto  di
intesa, prevede che «i contenuti della presente intesa  si  applicano
alle  regioni  a  statuto   speciale   e   alle   province   Autonome
compatibilmente con gli statuti di autonomia e le relative  norme  di
attuazione». 
    Per tale ragione la Provincia autonoma di Trento non e' mai stata
vincolata  alla  trasmissione  dei  dati  al  tavolo  tecnico  e   la
comunicazione di dati da parte dell'ente e' sempre avvenuta  su  base
volontaria e per mero spirito di collaborazione. 
    Ora, la disposizione impugnata,  pur  distinguendo  la  posizione
delle regioni a statuto ordinario da quella delle regioni speciali  e
delle due  province  autonome,  per  cui  le  prime  «trasmettono  la
relazione» al tavolo  tecnico,  mentre  le  seconde  «relazionano  al
citato  tavolo»,  e  non  ripetendo,  per  gli  enti   ad   autonomia
differenziata, la precisazione che la  trasmissione  della  relazione
«costituisce adempimento anche ai fini e per gli effetti dell'art. 2,
comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191»,  vale  a
dire ai fini della erogazione della quota di finanziamento del  fondo
sanitario  condizionata  alla  positiva  verifica  degli  adempimenti
regionali, si presta ad essere intesa come prescrittiva di un vero  e
proprio obbligo, sia pure non presidiato dal meccanismo  premiale  di
cui alla disposizione citata della legge n. 191 del  2009  (anche  in
ragione del fatto che le province autonome non partecipano  al  fondo
sanitario regionale, come si e' ricordato sopra). 
    Per tale ipotesi, e quindi per il caso  in  cui  la  disposizione
possa essere intesa come statuente un vero e proprio obbligo a carico
della  provincia  autonoma,  la  norma  e'  quindi  impugnata   dalla
ricorrente, che ne denuncia la illegittimita' costituzionale sotto  i
seguenti profili. 
    Anzitutto, la norma appare illegittima in  via  consequenziale  e
per gli stessi motivi enunciati sopra al  punto  I,  in  quanto  essa
sancisce un obbligo che si collega strutturalmente inscindibilmente a
quello sancito dal comma precedente. 
    Per tale ragione, una volta che codesta Corte abbia  accertato  e
dichiarato che la provincia autonoma non e' tenuta  ad  applicare  il
comma 865, lo stesso obbligo di presentare  una  specifica  relazione
diventa privo di oggetto o  comunque  del  tutto  irragionevole,  con
violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. 
    In secondo luogo, la norma  appare  elusiva  dell'intesa  del  23
marzo 2005 sancita in Conferenza permanente, in quanto neutralizza la
clausola di cui  all'art.  13  della  intesa,  rendendo  direttamente
applicabile un  monitoraggio  che  tale  intesa  non  prevedeva  come
obbligatorio. 
    Di qui la lesione del principio di leale collaborazione  radicato
nell'art. 120, secondo  comma,  Cost.  e  di  nuovo  la  lesione  del
principio di ragionevolezza  ricavabile  dall'art.  3,  primo  comma,
Cost. 
    Se e' vero che una intesa non e' di per se' opponibile alla legge
ordinaria dello Stato e' altresi' vero che una norma legislativa  non
puo' strumentalizzare un istituto che e' stato previsto da una intesa
(il tavolo tecnico  di  monitoraggio)  neutralizzando  le  condizioni
specifiche in base  alle  quali  esso  e'  stato  attivato,  pena  la
violazione del principio di lealta' e del canone  di  ragionevolezza,
che esige coerenza. 
    Si   precisa   che   la   denunciata   irragionevolezza   ridonda
sull'esercizio delle funzioni provinciali, in particolare  su  quelle
in materia di organizzazione e di sanita' (art. 8, numero 1; art.  9,
numero 10; art. 16 dello statuto;  art.  117,  terzo  comma,  Cost.),
costringendo la provincia ad  una  attivita'  di  monitoraggio  e  di
redazione di particolari relazioni  non  correlata  ad  una  esigenza
propria della funzione provinciale. 
III Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 857, della legge
n. 145 del 2018, per irragionevolezza e contrasto con il principio di
proporzionalita', con violazione dell'art. 3 Cost. e  per  violazione
dell'autonomia finanziaria della provincia  autonoma,  garantita  dal
titolo VI dello statuto e dall'art. 119 Cost., anche in  combinazione
con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del  2001.  Ridondanza
della violazione  sulla  autonomia  finanziaria  e  sulle  competenze
provinciali, garantite dagli articoli 8,  9  e  16  dello  statuto  e
dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  combinato  con  l'art.  10  della
legge costituzionale n. 3 del 2001. 
    La Provincia autonoma impugna per scrupolo difensivo anche l'art.
1, comma 857. 
    Tale disposizione stabilisce che, «nell'anno 2020, le  misure  di
cui ai commi 862, 864 e 865 sono raddoppiate nei confronti degli enti
di cui al comma  849  che  non  hanno  richiesto  l'anticipazione  di
liquidita' entro il termine di cui al  comma  853  e  che  non  hanno
effettuato il pagamento dei debiti entro il termine di cui  al  comma
854». 
    A sua volta, il comma 849 prevede che, «al fine di  garantire  il
rispetto dei tempi  di  pagamento  di  cui  all'art.  4  del  decreto
legislativo 9 ottobre 2002,  n.  231,  le  banche,  gli  intermediari
finanziari, la  Cassa  depositi  e  prestiti  Spa  e  le  istituzioni
finanziarie dell'Unione europea possono  concedere  ai  comuni,  alle
province, alle citta' metropolitane, alle  regioni  e  alle  province
autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio  sanitario
nazionale, anticipazioni di liquidita' da destinare al  pagamento  di
debiti, certi, liquidi  ed  esigibili,  maturati  alla  data  del  31
dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture,  appalti  e  a
obbligazioni per prestazioni professionali», con la precisazione  che
l'anticipazione di  liquidita'  per  il  pagamento  di  debiti  fuori
bilancio e' subordinata al relativo riconoscimento. 
    Il termine per richiedere la  anticipazione  di  liquidita'  agli
istituti finanziari di cui al comma 849 e' fissato dal comma  853  al
28 febbraio 2019. 
    Il comma 854 stabilisce poi che «gli enti debitori effettuano  il
pagamento dei debiti per i quali hanno  ottenuto  l'anticipazione  di
liquidita' entro quindici giorni dalla data di  effettiva  erogazione
da parte dell'istituto finanziatore», termine che  per  il  pagamento
dei debiti degli enti del  Servizio  sanitario  nazionale  e'  invece
fissato in «trenta giorni dalla data di effettiva erogazione da parte
dell'istituto finanziatore». 
    Come si e' anticipato in narrativa,  il  timore  della  provincia
autonoma e' che la disposizione possa essere intesa nel senso che  il
raddoppio delle sanzioni - tra le quali e' espressamente  inclusa  la
previsione di cui al comma 865, sopra impugnato - sia disposto per il
solo fatto della  assenza  della  richiesta  di  anticipazione  della
liquidita', con la conseguenza che vi sarebbe un obbligo di ricorrere
a tali anticipazioni al solo fine di evitare la  responsabilita'  per
il tardivo pagamento dei debiti. 
    Tale temuta interpretazione porterebbe a  leggere  la  norma  nel
modo seguente: le sanzioni sono raddoppiate (a)  agli  enti  che  non
hanno richiesto l'anticipazione di liquidita' entro il termine di cui
al comma 853 e (b) agli enti che non hanno  effettuato  il  pagamento
dei debiti entro il termine di cui al comma 854. 
    Tale lettura - che pure  non  e'  giustificata  dal  testo  della
disposizione (richiedendo l'inserimento di parole non presenti  nella
disposizione, come evidenziato sopra in corsivo) - e'  suggerita  dal
fatto che le condizioni descritte come (a) e (b) non  sembrano  poter
essere cumulative, posto che il termine di cui ragiona il  comma  854
decorre dalla erogazione della liquidita' e  quindi  logicamente  non
puo' applicarsi agli enti che tale liquidita' non hanno richiesto. 
    Intesa nel senso  temuto,  la  norma,  per  quanto  funzionale  a
spingere gli enti a chiedere l'anticipazione di  liquidita',  sarebbe
irragionevole e sproporzionata, e quindi lesiva  dell'art.  3,  primo
comma,  Cost.,  con  riflesso  sull'autonomia  finanziaria  dell'ente
(protetta nelle norme del titolo VI dello statuto)  e  sull'esercizio
delle  funzioni  attribuite  alle  province  autonome  dallo  statuto
speciale dagli articoli 8, 9 e 16  dello  statuto  e  dall'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,  per   effetto   dell'art.   10   della   legge
costituzionale n.  3  del  2001,  con  particolare  riferimento  alle
funzioni in punto di organizzazione degli uffici e alle  funzioni  di
sanita' (in relazione a queste ultime, il raddoppio della  previsione
di  cui  al  comma  865  significherebbe  centrare  l'obiettivo   del
direttore della azienda sanitaria in modo prevalente, almeno  al  60%
sui pagamenti commerciali e non sulla tutela della salute). 
    Il  comma  cosi'  interpretato  sarebbe   altresi'   direttamente
incompatibile con la autonomia finanziaria e di bilancio riconosciuta
alla provincia dal titolo VI dello statuto speciale e  dall'art.  119
Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge costituzionale n. 3
del 2001. 
    In tale ipotesi, infatti, la provincia e i suoi enti strumentali,
tra cui l'azienda provinciale sanitaria, si vedrebbero costrette,  in
presenza di debiti commerciali, a richiedere agli istituti di cui  al
comma 849 anticipazioni di liquidita' al  solo  fine  di  evitare  le
sanzioni in caso di ritardo nel pagamento. 
    Ora, se e' vero che parecchi enti territoriali e diverse  aziende
sanitarie hanno problemi di liquidita', e' altrettanto vero che  tale
non e' la situazione attuale della provincia  autonoma  e  della  sua
azienda   sanitaria,   sicche'   e'   del   tutto   irragionevole   e
sproporzionato, rispetto alle stesse finalita' della norma, che  tali
enti siano costretti, in presenza di debiti scaduti, ad  attivare  la
procedura di anticipazione di  liquidita',  e  comunque  quando  tale
anticipazione   puo'   essere   efficacemente   sostituita   con   le
anticipazioni di tesoreria. In caso  di  carenza  di  liquidita',  la
conseguenza  sarebbe  di  inibire   la   possibilita'   dell'utilizzo
dell'anticipazione di tesoreria, anche  a  tassi  vantaggiosi  e  con
procedure piu' snelle  per  l'attivazione,  quando  invece,  come  ha
ricordato piu' volte codesta Corte, «le anticipazioni  di  liquidita'
altro non costituiscono che anticipazioni  di  cassa  di  piu'  lunga
durata temporale rispetto a quelle ordinarie» (sentenza  n.  181  del
2015, ripresa dalle sentenze n. 279 del 2016 e n. 89 del 2017).