Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge; Contro la Regione Umbria, in persona del presidente in carica, con sede a Perugia, corso Vannucci, 96, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera b) della legge della Regione Umbria 11 aprile 2019, n. 2 pubblicata nel B.U.R. n. 20 del 17 aprile 2019, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 11 giugno 2019. In data 17 aprile 2019, sul n. 20 del Bollettino Ufficiale della Regione Umbria, e' stata pubblicata la legge regionale 11 aprile 2019, n. 2, recante «Disciplina delle cooperative di comunita'». L'art. 5, comma 1, lettera b) della legge prevede che la Regione «disciplina le modalita' di attuazione della co-programmazione, della co-progettazione e dell'accreditamento previste dall'art. 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106) e le forme di coinvolgimento delle cooperative di comunita' e adotta appositi schemi di convenzione-tipo che disciplinano i rapporti tra le cooperative di comunita' e le stesse amministrazioni pubbliche operanti nell'ambito regionale». Tale disposizione e' costituzionalmente illegittima perche', intervenendo, per le ragioni che si esporranno, in materia di ordinamento civile, viola la competenza legislativa esclusiva riservata allo Stato dall'art. 117, comma 2, lettera l) della Carta fondamentale: essa viene pertanto impugnata con il presente ricorso affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per il seguente Motivo Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. Come s'e' detto in premessa, la legge della Regione Umbria 11 aprile 2019, n. 2, riconoscendone e promuovendone il ruolo e la funzione, detta la disciplina delle cooperative di comunita', tali essendo, ai fini della stessa legge ed in assenza di una normativa statale che le riconosca, quelle societa' cooperative, costituite ai sensi del codice civile ed iscritte al relativo albo, che, «anche al fine di contrastare fenomeni di spopolamento, declino economico, degrado sociale urbanistico, perseguono l'interesse generale della comunita' in cui operano, promuovendo la partecipazione dei cittadini alla gestione di beni o servizi collettivi, nonche' alla valorizzazione, gestione o all'acquisto collettivo di beni o servizi di interesse generale», che stabiliscono la propria sede ed operano in uno o piu' comuni della regione e che prevedono, nello statuto o nel regolamento, forme di coinvolgimento e modalita' di partecipazione all'assemblea dei soci o di nomina nel Consiglio di amministrazione dei soggetti appartenenti alla comunita' di riferimento interessati alle attivita' della cooperativa (art. 2). Secondo l'art. 1 della stessa legge, le cooperative di comunita' hanno come obiettivo «la produzione di vantaggi a favore di una comunita' territoriale definita alla quale i soci promotori appartengono o eleggono come propria nell'ambito di iniziative a sostegno dello sviluppo economico, della coesione e della solidarieta' sociale volte a rafforzare il sistema produttivo integrato e a valorizzare le risorse e le vocazioni territoriali e delle comunita' locali nonche' a favorire la creazione di offerte di lavoro». L'art. 3 della legge prevede l'istituzione, presso la Giunta regionale, di un albo regionale l'iscrizione al quale condiziona il riconoscimento della cooperativa quale cooperativa di comunita', mentre l'art. 4 contempla interventi economici regionali - finanziamenti, contributi e incentivi - a favore delle cooperative stesse, provvidenze la cui copertura finanziaria e' assicurata dalla norma di cui al successivo art. 6. L'art. 5, rubricato «Strumenti e modalita' di raccordo», prevede, infine, e tra l'altro, che la Regione, «riconoscendo il rilevante valore sociale e la finalita' pubblica della cooperazione in generale e delle cooperative di comunita' in particolare ... disciplina le modalita' di attuazione della co-programmazione, della co-progettazione e dell'accreditamento previste dall'art. 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106) e le forme di coinvolgimento delle cooperative di comunita' e adotta appositi schemi di convenzione-tipo che disciplinano i rapporti tra le cooperative di comunita' e le stesse amministrazioni pubbliche operanti nell'ambito regionale» (comma 1, lettera b)). La norma statale richiamata - l'art. 55 del c.d. Codice del Terzo settore - stabilisce che le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attivita' di interesse generale di cui all'art. 5 che precede, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento. L'art. 5, comma 1, lettera b) della legge regionale n. 2/2019, prevedendo il coinvolgimento (anche) delle cooperative di comunita' nell'attivita' di programmazione, progettazione e accreditamento di cui all'art. 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, contrasta con questa disposizione la quale limita detto coinvolgimento ai soli enti del Terzo settore tra i quali, pacificamente, non sono ricomprese le cooperative di comunita' (v. l'art. 4 del decreto legislativo n. 117/2017 contenente l'elencazione tassativa degli enti del Terzo settore). In altri termini, il coinvolgimento delle cooperative di comunita' nell'attivita' di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attivita' di cui all'art. 5 del decreto legislativo n. 117/2017 previsto dalla norma regionale che si impugna comporta, nella sostanza, l'omologazione di quelle agli enti del Terzo settore i quali, invece, cosi' come tassativamente elencati, sono gli unici soggetti legittimati, secondo la normativa statale di riferimento, a partecipare attivamente alla programmazione statale degli interventi di utilita' sociale. Ampliando il novero dei soggetti del Terzo settore, quali individuati e disciplinati dalla legge statale e dal diritto privato, la Regione Umbria ha dunque ecceduto dalle proprie competenze invadendo la materia dell'ordinamento civile, riservata dall'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Ed infatti, come autorevolmente affermato anche da codesta ecc.ma Corte, «e' innegabile che i soggetti del Terzo settore, in quanto soggetti di diritto privato, per quanto attiene alla loro conformazione specifica, alla loro organizzazione e alle regole essenziali di correlazione con le autorita' pubbliche, ricadono tipicamente nell'ordinamento civile». L'"ordinamento civile", com'e' noto, comprende tali discipline, allo scopo di garantire l'uniformita' di trattamento sull'intero territorio nazionale, in ossequio al principio costituzionale di uguaglianza» (cosi', la sentenza n. 185/2018). Per tali ragioni l'art. 5, comma 1, lettera b) della legge regionale Umbria n. 2/2019 contrasta con l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, viene impugnato e dovra' essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.