TRIBUNALE DI NAPOLI V Sezione penale Il Giudice monocratico, dott. Concetta Cristiano; In merito alla richiesta avanzata nell'interesse di R.R., nato a .... il 21 maggio 1968; Letti gli atti del procedimento. Osserva In data 6 maggio 2014, R.R. veniva condannato dal Tribunale di S. Maria C.V. alla pena di mesi due di arresto e € 1500,00 di ammenda per il reato p. e p. dell'art. 186, comma 2, lettera c) C.D.S., con sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per otto mesi; tale pena veniva convertita ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis decreto legislativo n. 285/92 nel lavoro di pubblica utilita' per due mesi e sei giorni; in data 13 ottobre 2015 il G.M. del Tribunale di S. Maria C.V. dichiarava estinto ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis decreto legislativo n. 285/92 il reato di guida in stato di ebbrezza. Il provvedimento di condanna veniva iscritto al casellario giudiziale ai sensi dell'art. 3 D.Pr. 313/2002 trattandosi di sentenza di condanna per una contravvenzione punita con pena alternativa. L'istante, all'esito della declaratoria di estinzione del reato, chiedeva a questo Giudice la cancellazione della sentenza di condanna dai certificati generale e penale del casellario richiesti dall'interessato, in subordine eccepiva l'illegittimita' costituzionale degli articoli 24 e 25 D.Pr. n. 313/2002 nella parte in cui non prevedono la non annotazione della sentenza di condanna che ha applicato il lavoro di pubblica utilita' per il reato di cui all'art. 186 cod. strada, reato poi dichiarato estinto a seguito della positiva conclusione del lavoro sostitutivo. Ritiene il Giudice che, contrariamente a quanto invocato dal richiedente, la normativa in vigore non supporti affatto la cancellazione richiesta. L'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313/2002, come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, prevede infatti che nel casellario giudiziale debbano essere iscritte le sentenza di condanna per le contravvenzioni punite con pena alternativa (lettera a). Parimenti l'art. 5 del D.Pr. citato non annovera tra le iscrizioni eliminabili quelle relative ai reati dichiarati estinti a seguito di positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, decreto legislativo n. 285/92. Gli articoli 24 e 25 del medesimo decreto nel disciplinare i servizi certificativi del casellario e nell'annoverare i provvedimenti che non debbono essere menzionati nel «Certificato generale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato» (art. 24) e nel «Certificato penale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato» (art. 25) non annoverano, fra gli altri, l'ordinanza con la quale e' dichiarata l'estinzione del reato a seguito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. Ebbene, il giudicante ritiene che la questione di legittimita' costituzionale per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione di ambedue le norme appena richiamate, nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale del casellario giudiziale e nel certificato penale chiesti dall'interessato non siano riportate le ordinanze di tale genere sia di primaria rilevanza nell'ambito del presente procedimento e non sia manifestamente infondata. Quanto alla rilevanza della prospettata questione di legittimita' costituzionale, il giudice osserva di essere chiamato ad esercitare una effettiva ed attuale potestas decidendi proprio in relazione alle norme sospettate di incostituzionalita', venendo le stesse in rilievo nell'ambito del procedimento di esecuzione instaurato dal Ranucci per ottenere la cancellazione dell'iscrizione ritenuta - a parere di chi scrive, giustamente - pregiudizievole. Ove la questione non fosse prospettata, questo giudice dovrebbe infatti respingere la richiesta formulata atteso che, come gia' precisato, gli articoli 24 e 25 non contemplano l'ordinanza e la sentenza ridette fra le eccezioni alle iscrizioni esistenti nel casellario da riportarsi nei certificati a richiesta dell'interessato e che appare evidentemente impossibile, stante la tassativita' della elencazione contenuta nelle norme tacciate di incostituzionalita', addivenire ad una interpretazione conforme, a meno di non cedere ad una manipolazione additiva delle previsioni relative a casi analoghi espressamente contemplati fra le «eccezioni» previste dai due articoli. E noto, infatti, che «l'univoco tenore letterale della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo integnetativo deve cedere il passo al sindacato di legittimita' costituzionale» (sentenza n. 78 del 2012). E' dunque evidente anche la non manifesta infondatezza della questione. La mancata elencazione dell'ordinanza che dispone la estinzione del reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis decreto legislativo n. 285/92 fra i provvedimenti esistenti nel certificato del casellario giudiziale che non devono essere indicati nel certificato generale e in quello penale richiesti dallo interessato presenta indubbi e, a parere della scrivente, evidenti profili di incostituzionalita' per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Va invero evidenziato che la disciplina delineata e' opposta a quanto stabilito dal legislatore per percorsi processuali che pure addivengono a provvedimenti definitori non radicalmente diversi: sia l'art. 24 che l'art. 25 prevedono che non siano riportati nel casellario giudiziale, generale ed in quello penale, chiesti dall'interessato, le condanne per reati estinti a norma dell'art. 167, primo comma codice penale, i provvedimenti previsti dall'art. 445 del codice di procedura penale e i decreti' penali, le condanne relativamente alle quali e stata definitivamente applicata l'amnistia, i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita' ai sensi dell'art. 131-bis c.p. Va rilevato, inoltre, che persino la sentenza di patteggiamento, anche a pena non sospesa, non avrebbe lasciato traccia nel certificato del casellario chiesto dall'interessato. Eppure la pronuncia di detta sentenza prevede non un giudizio di colpevolezza in senso stretto, ma una semplice valutazione di insussistenza di una situazione che invece imporrebbe una sentenza ai sensi dell'art. 129 codice di procedura penale, (articoli 444, secondo comma, e 464-quater, primo comma, codice di procedura penale ulteriore profilo che evidenzia un trattamento difforme a fronte di scelte processuali che prevedono percorsi e valutazioni non altrettanto difformi. Ne' puo' tacersi che per lo stesso ipotetico episodio criminoso esitato nella declaratoria di estinzione del reato per esito positivo del lavoro di pubblica utilita' - considerati i limiti edittali - il soggetto avrebbe potuto usufruire, all'esito del procedimento, della sospensione condizionale nonche' della non menzione nel certificato del casellario giudiziale con il risultato di andare esente da pena e di mantenere pulita la propria fedina penale, e tutto senza dover sottostare alle prescrizioni e alle prestazioni riparatorie previste dal lavoro di pubblica utilita'. A parere di questo giudice l'irrazionalita' delle attuali previsioni deriva ancora dal raffronto con la disciplina relativa ai provvedimenti giudiziari che dichiarano la non punibilita' ai sensi dell'art. 131-bis codice penale, per i quali l'art. 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, ha espressamente previsto la non menzione alle lettere f-bis) di ambedue le disposizioni censurate, con l'effetto che fra i provvedimenti del casellario giudiziale che, quindi, non devono essere riportati nel certificato generale e in quello penale richiesti dall'interessato sono oggi annoverati anche i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita' ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale. Il raffronto fra i due istituti appare doveroso ove se. ne evidenzino tratti di sostanziale sovrapponibilita'. Da quanto appena illustrato consegue che la mancata previsione dell'ordinanza che dichiara estinto il reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' nell'elencazione contenuta agli articoli 24 e 25 non puo' che risultare irragionevole ed in contrasto con art. 3 Costituzione. Lo stesso fatto per il quale l'imputato chieda ed ottenga la conversione della pena nel lavoro di pubblica utilita' potrebbe infatti, in ipotesi, essere considerato di particolare tenuita' dal giudice all'esito del processo - o anche prima di esso, ex art. 469 comma 1-bis codice di procedura penale -con la conseguenza che non ve ne sarebbe traccia nel casellario. I profili di' ingiustificata divergenza fra i distinti trattamenti riservati ai due istituti nella disciplina del casellario emergono, a maggior ragione, ove si consideri che l'estinzione del reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' presuppone uno o piu' comportamenti positivi dell'imputato che, per ottenere la declaratoria di estinzione del reato, si impegna nella prestazione di attivita' non retribuita a favore della collettivita'. Il giudicante ritiene, dunque, che l'attuale disciplina, come sopra descritta, rechi altresi' un contrasto indelebile con l'art. 27, comma 3, Costituzione. E' noto, infatti, che l'ingiustizia delle conseguenze legate alle proprie azioni e' di ostacolo alla funzione rieducatrice alla quale e' finalizzato l'intervento statuale per il tramite della sanzione penale, con considerazioni che devono essere estese anche agli effetti penali del provvedimento in discorso. Il presente procedimento deve dunque essere sospeso e i relativi atti devono essere trasmessi alla Corte costituzionale.