IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                          Sezione Terza Bis 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  6994  del  2016,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da Soc. Artemide Global Service  S.r.l.,  Silvia  Rossi,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi
dagli avvocati Gianlivio Fasciano, Luigi De  Martino,  con  domicilio
eletto presso lo studio Gianlivio Fasciano in Roma,  piazza  Farnese,
44; 
    contro il Ministero del lavoro  e  delle  politiche  sociali,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex  lege  in  Roma,
via dei Portoghesi, 12; 
    per l'annullamento parziale del decreto  95032  del  24  febbraio
2016  di  autorizzazione  alla  corresponsione  del  trattamento   di
integrazione salariale in  favore  dei  dipendenti  limitatamente  al
periodo 30 dicembre 2015 - 1° ottobre 2016. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero del  lavoro
e delle politiche sociali; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2018 e  nelle
Camere di consiglio dei giorni 25 settembre 2018, 6 novembre 2018 e 8
gennaio 2019 il dott.  Alfonso  Graziano  e  uditi  per  le  parti  i
difensori come specificato nel verbale; 
    1. Con ricorso notificato in data 21 maggio 2016, la  ricorrente,
«Artemide Global Service s.r.l.», ha asserito di operare nel  settore
dei servizi di pulizia e delle attivita' ferroviarie. 
    In tale ambito  il  «Consorzio  Stabile  Miles»  le  ha  affidato
l'esecuzione dell'attivita' di pulizia del materiale rotabile  per  i
lotti 1 e 2 ricadenti in diverse province della Regione Sicilia. 
    La ricorrente ha esposto altresi', che in data 22 settembre 2015,
ha incontrato le Organizzazioni sindacali di categoria per  discutere
in ordine alle modalita' di  «passaggio  di  cantiere»  di  tutte  le
maestranze  sino  a   quel   momento   impiegate   dalla   precedente
aggiudicataria,  come  previsto  dall'art.  16-bis  del  CCNL   delle
Attivita' ferroviarie. 
    Nella medesima data, previo accordo  con  le  parti  sociali,  la
deducente «si e' impegnata ad assorbire  tutto  il  personale  avente
diritto, garantendo l'integrale applicazione del CCNL di categoria ed
i relativi  accordi  sottoscritti  in  sede  nazionale  nonche'  alla
riduzione oraria per effetto degli  ammortizzatori  sociali  in  atto
alla data del passaggio». 
    In data 1° ottobre 2015 le parti  hanno  formalizzato  le  intese
raggiunte in data 22 settembre 2015, stabilendo di: «sottoscrivere un
contratto di solidarieta' ai sensi e per gli  effetti  dell'art.  21,
comma 1, lettera c) e comma 5 del  decreto  legislativo  n.  148/2015
relativamente al personale impegnato nella  Regione  Sicilia  per  il
periodo dal 2 ottobre 2015 al 1° ottobre 2016». 
    Il periodo di fruizione dei benefici  di  cui  al  «contratto  di
solidarieta' difensivo» era quindi quello ricompreso tra il 2 ottobre
2015 e il 10 ottobre 2016, in virtu' di quanto stabilito nell'accordo
del 22 settembre 2015 e formalizzato il successivo 1° ottobre 2015. 
    La ricorrente, «Artemide Global  Service  s.r.l.»,  ha  rilevato,
inoltre, che con domanda presentata in  data  30  novembre  2015,  ha
chiesto la fruizione del beneficio della solidarieta'  difensiva  per
il periodo 2 ottobre 2015 - 1° ottobre 2016. 
    Con decreto n. 95032 emesso e notificato in data 24  marzo  2016,
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha  provveduto  nei
modi  di  cui  appresso:  «per  quanto  premesso  e   richiamato   e'
autorizzata, per il periodo dal 30 dicembre 2015 al 1° ottobre  2016,
la corresponsione del trattamento di integrazione salariale in favore
dei lavoratori dipendenti dalla s.r.l. Artemide Global Service». 
    La ricorrente ha lamentato, in  ultimo,  che  con  il  menzionato
decreto  il  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  ha
differito la decorrenza del  beneficio  dal  2  ottobre  2015  al  30
dicembre 2015 ai sensi di quanto previsto dall'art. 25, comma 3,  del
decreto legislativo n. 148/2015. In  corso  di  causa,  la  «Artemide
Global Service s.r.1.», in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, ha depositato istanza ex  art.  55  c.p.a,  a  fronte  della
sopravvenuta modifica della normativa di cui all'art. 25 del  decreto
legislativo n. 148/2015 a seguito dell'emanazione dell'art. 2,  primo
comma, lettera b) del decreto legislativo dl 24  settembre  2016,  n.
185), al fine di chiedere la sospensione della esecutivita'  e  della
esecutorieta' del provvedimento impugnato. 
    1.1. Si e' costituito il Ministero del lavoro e  delle  politiche
sociali, in  persona  del  Ministro  pro  tempore,  contestando  ogni
avverso dedotto. 
    Con ordinanza n. 324/2018 del 24  gennaio  2018,  la  Sezione  ha
accolto la domanda cautelare: «Ritenuto che vi  siano  i  presupposti
per concedere l'invocata misura cautelare  in  particolare  sotto  il
profilo del danno grave e irreparabile; Ritenuto di fissare l'udienza
pubblica al fine di una compiuta delibazione di  tutte  le  questioni
poste con il ricorso,  ivi  compresa  la  questione  di  legittimita'
costituzionale prospettata». 
    Alla pubblica udienza del 29 maggio 2018 sulle conclusioni  delle
parti il gravame e' stato ritenuto in decisione. 
    Con sentenza n. 9403 del 17 settembre 2018 la Sezione  respingeva
i motivi 1, 2, 3, 4,  5  e  7  del  ricorso,  riservando  a  separata
ordinanza la valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza
della  questione  di  legittimita'   costituzionale   prospettata   e
sollevata dalla parte ricorrente. 
    2.  Orbene,  al  riguardo  con  il   sesto   motivo,   scrutinato
congiuntamente all'ottavo, la ricorrente solleva la  questione  della
legittimita'  costituzionale   dell'art.   25,   comma   3,   decreto
legislativo n. 148/2015 nella parte in cui stabilisce che «In caso di
presentazione tardiva  della  domanda,  il  trattamento  decorre  dal
trentesimo  giorno  successivo  alla  presentazione   della   domanda
medesima». 
    Per parte  ricorrente  tale  disciplina  delinea  un  trattamento
deteriore rispetto a quello in precedenza statuito dall'art. 7  della
legge n.  164/1975  a  mente  del  quale  in  caso  di  presentazione
dell'istanza  oltre  il  termine   indicato   al   comma   precedente
l'eventuale trattamento di integrazione  salariale  non  potra'  aver
luogo per periodi anteriori di una settimana rispetto  alla  data  di
presentazione. 
    Il  differente  trattamento  sanzionatorio  non  rinviene  alcuna
ragione pratica. 
    La norma appare alla deducente confliggente con gli  articoli  2,
3, 36 e 97 della Costituzione atteso che, come  illustrato  al  sesto
motivo, scarica sull'impresa l'onere di sostenere  i  trattamenti  di
integrazione  relativamente  ai   trenta   giorni   successivi   alla
presentazione dell'istanza. 
    La norma discrimina inoltre a detrimento  della  posizione  delle
imprese operanti nel settore degli  appalti  pubblici,  le  quali  in
forza della c.d.  clausola  sociale  sono  obbligate  ad  assumere  i
dipendenti delle imprese appaltatrici a cui subentrano. 
    2.1. Il Collegio ritiene, conviene anticipare, che la prospettata
questione di infrazione costituzionale sia rilevante,  in  quanto  il
suo  positivo  scrutinio   ad   opera   della   Consulta   imporrebbe
l'accoglimento del ricorso, e non manifestamente  infondata,  per  le
ragioni che saranno esposte in separata ordinanza. 
    In  caso  di  subentro  infatti,  l'impresa  subentrante  non  e'
immediatamente titolare prima della formalizzazione del subentro, dei
rapporti  contrattuali  di  lavoro  con  i  dipendenti   dell'impresa
precedente, per cui sara' costretta a procrastinare l'avvio e poi  la
formalizzazione degli accordi con le OO.SS. intesi alla richiesta del
trattamento  di  integrazione,  con  la   conseguenza,   illogica   e
vessatoria, che per la fase antecedente al subentro il trattamento di
integrazione dovra'  gravare  sull'imprenditore  subentrante  poiche'
l'intervento statale decorrera' dal trentesimo giorno successivo alla
presentazione della domanda di integrazione. 
    3.  L'illustrata  questione  di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 25, comma 3 del decreto legislativo 14 settembre  2015,  n.
148 appare alla Sezione rilevante e non manifestamente infondata. 
    Sotto il primo ineludibile profilo, emerge a  chiare  note  dalla
scrutinata  infondatezza  degli  esaminati  primi  cinque  motivi  di
ricorso,  respinti  con  sentenza  n.  9403/2018,  come  in  caso  di
accoglimento   della   rimessa   questione   di    declaratoria    di
incostituzionalita' dell'art. 25, comma 3, decreto  legislativo  cit.
che  ha  costituito  il  fondamento   giuridico   del   provvedimento
impugnato, il Tribunale dovra' accogliere il gravame. 
    3.1.  Sotto  il   concorrente   profilo   della   non   manifesta
infondatezza della questione, va subito rimarcato come il  meccanismo
della posticipazione  del  trattamento  di  integrazione  al  periodo
successivo al compimento del trentesimo  giorno  dalla  presentazione
dell'istanza  prodotta  oltre  il   termine   prescritto,   determini
un'ingiustificata compressione della  sfera  privata  del  datore  di
lavoro,  il  quale  dovra'  sopportare  i   costi   del   trattamento
integrativo per i trenta giorni antecedenti l'inizio del medesimo. 
    Siffatta sanzione al comportamento dell'impresa che ha presentato
la domanda oltre il termine stabilito, che e' di sette  giorni  dalla
data di conclusione della procedura di consultazione sindacale ovvero
dalla data di stipula dell'accordo collettivo aziendale, appare  alla
Sezione ingiustificatamente onerosa per l'impresa e rappresenta nella
sostanza la risposta sanzionatoria dell'ordinamento al  comportamento
non puntuale dell'imprenditore che ha lasciato trascorrere il termine
massimo di sette giorni fissato per la presentazione della domanda di
sussidio. 
    Va  tuttavia  debitamente   tenuto   conto   della   ristrettezza
dell'anzidetto  termine  di  sette  giorni,  spirato  il   quale   la
presentazione tardiva dell'istanza comporta che il trattamento verra'
riconosciuto  solo  per  il  periodo  successivo  al  compimento  del
trentesimo giorno dalla stessa. 
    3.2. Ma in tal guisa si producono due  conseguenze  di  non  poco
momento. 
    La prima e' che  viene  scaricato  sull'imprenditore  il  peso  e
l'onere  della  corresponsione   ai   dipendenti,   del   trattamento
retributivo e previdenziale per  i  trenta  giorni  antecedenti  alla
concessione della provvidenza. 
    E cio' appare tanto piu' grave se si considera che  in  tal  modo
vengono frustrate  le  finalita'  stesse  dell'istituto  della  cassa
integrazione, che sono sociali ed assistenziali (Consiglio di  Stato,
Sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2004; Tribunale amministrativo  regionale
Campania - Salerno, sez. I, 12  dicembre  2017,  n.  1750;  Tribunale
regionale di giustizia amministrativa Trentino-Alto Adige, 4 novembre
2015, n. 432). 
    La risposta sanzionatoria dell'ordinamento si profila ancor  piu'
ingiusta ove si rifletta che essa interviene ai danni di un  soggetto
che versa gia' in condizioni di crisi  aziendale,  tanto  da  indurlo
alla richiesta del pubblico sussidio.  Di  talche'  appare  oltremodo
illogico addossare al medesimo anche l'onere aggiuntivo di sopportare
il carico della retribuzione e degli oneri  riflessi  dei  lavoratori
nel periodo non coperto dalla provvidenza. 
    3.3. L'altra e parallela conseguenza  di  cui  si  faceva  cenno,
insita nel delineato meccanismo di postdatazione dell'aiuto pubblico,
e' il sacrificio che lo stesso determina della sfera di  liberta'  di
iniziativa economica tutelata dall'art. 42 della Costituzione, atteso
che viene scaricato sull'imprenditore datore di lavoro un  onere  che
invece lo Sato riconosce, almeno provvisoriamente, come proprio, ma a
far tempo dal trentesimo giorno successivo alla data di presentazione
della domanda di aiuto. 
    Ma se viene positivamente delibata la sussistenza dei presupposti
dell'aiuto, non si intravede la ragione per la quale  siffatto  onere
debba gravare sul datore di lavoro solo perche'  l'istanza  e'  stata
prodotta, in ipotesi, l'ottavo giorno dalla conclusione  dell'accordo
sindacale. 
    4. Il che da' la stura ad un'ulteriore considerazione. 
    Stante l'illustrata angustia del termine  di  soli  sette  giorni
dalla conclusione dell'accordo sindacale finalizzato  alla  richiesta
di contributo, la sanzione della sua inosservanza anche  di  un  solo
giorno si profila sproporzionata e confliggente con il  principio  di
proporzionalita',  che  e'   poi   un   corollario   di   quello   di
ragionevolezza, che anche il legislatore e' tenuto a rispettare. 
    Il principio di proporzionalita', di matrice comunitaria,  riceve
oggi indubbia copertura costituzionale ed e' entrato a pieno titolo a
far parte dei principi generali che debbono orientare l'azione  della
pubblica amministrazione. 
    La  giurisprudenza  ha   anche   di   recente   condivisibilmente
puntualizzato che il «principio di proporzionalita' che e' corollario
di quello di ragionevolezza e di parita' di trattamento di situazioni
uguali non solo avente  rango  costituzionale  fondamentale,  perche'
insito  nell'art.  3  Cost.,  ma   risultante   anche   espressamente
ricompreso  tra  i  principi  dell'ordinamento  comunitario   e,   di
conseguenza, con pieno ingresso nel nostro ordinamento, in virtu' del
disposto del comma 1 dell'art.  1  della  legge  n.  241  del  1990.»
(T.A.R. Campania - Napoli, Sez. III,  10  novembre  2017,  n.  5299),
precisando altresi' il «principio di proporzionalita' della sanzione,
che costituisce peraltro corollario di quello di ragionevolezza e  di
parita' di trattamento, aventi  rango  costituzionale  fondamentale.»
(T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, 3 luglio 2017, n. 7549). 
    Assodato dunque che il principio di proporzionalita' ha rilievo e
dignita' costituzionale, va ricordato che lo stesso informa non  solo
l'attivita' della  pubblica  amministrazione,  ma  anche  quella  del
legislatore, come si afferma nella giurisprudenza costituzionale. 
    4.1. Va segnalato al riguardo codesta sovrana Corte, a  proposito
degli articoli 866, 867 e 923 del Codice dell'ordinamento militare di
cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 che ricollegavano  in
virtu'  di  un  automatismo  irragionevole   e   sproporzionato,   la
destituzione  del  militare  per  perdita  del   grado   quale   mera
conseguenza   della   condanna   comportante   la   pena   accessoria
dell'interdizione  dai  pubblici  uffici  senza   che   la   pubblica
amministrazione dovesse valutare l'incidenza del comportamento  posto
in essere dal dipendente, sulla complessiva fiducia e sul rapporto di
immedesimazione organica che lo lega all'Amministrazione. 
    Veniva dunque eluso il necessario il promovimento di un'inchiesta
disciplinare con le correlate garanzie partecipative e difensive  per
l'incolpato; codesta Corte ha  avuto  occasione  di  individuare  «il
fondamentale canone di ragionevolezza e proporzionalita', a cui tutte
le leggi debbono  conformarsi»  (Corte  costituzionale,  15  dicembre
2016, n. 268). 
    Il principio di proporzionalita' e' violato nel  caso  di  specie
nella misura in cui l'art. 25, comma 3  del  decreto  legislativo  n.
148/2015 sancisce anche per un solo giorno  di  ritardo  rispetto  al
gia' ristretto termine di sette giorni dalla conclusione dell'accordo
sindacale, nella presentazione della domanda  di  cassa  integrazione
straordinaria, si produce l'effetto di far decorrere l'aiuto  solo  a
partire dal trentesimo giorno successivo alla data  di  presentazione
dell'istanza. 
    Si e' di  recente  condivisibilmente  puntualizzato  quanto  allo
spettro del  principio  di  proporzionalita'  che  «Il  principio  di
proporzionalita'  investe  lo  stesso  fondamento  dei  provvedimenti
limitativi  delle  sfere  giuridiche   del   cittadino   ed   assume,
nell'ordinamento   interno,   lo   stesso    significato    che    ha
nell'ordinamento eurocomune, alla  luce  della  clausola  di  formale
recezione ex art. 1, comma 1, legge n. 241 del 1990,  come  novellato
dalla legge n. 15 del 2005;» (Consiglio di Stato, Sez. V,  16  agosto
2018, n. 4943). 
    4.2. Conviene rammentare che  piu'  di  recente  codesta  sovrana
Corte ha fatto applicazione del principio di proporzionalita' proprio
con riguardo ad una scelta legislativa che prevedeva e  comminava  la
riduzione della quota del fondo  per  il  trasporto  pubblico  locale
spettante alla regione interessata nella misura  del  20  per  cento,
anziche' fino al 20 per cento, in applicazione «di una sanzione fissa
per qualsiasi inadempimento, a prescindere dalla sua consistenza». 
    Si e' statuito infatti  che  «E'  costituzionalmente  illegittimo
l'art. 39 decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, come convertito, nella
parte in cui determina la riduzione della  quota  del  fondo  per  il
trasporto pubblico locale spettante alla  regione  interessata  nella
misura  del  20  per  cento,  anziche'  fino  al  20  per  cento,  in
proporzione all'entita' della mancata erogazione a ciascuna provincia
e citta' metropolitana del rispettivo territorio  delle  risorse  per
l'esercizio delle funzioni ad esse conferite. La rigida previsione di
una sanzione fissa per qualsiasi inadempimento, a  prescindere  dalla
sua consistenza, non solo non e' di per se' idonea  a  raggiungere  i
fini perseguiti - far si' che  le  regioni  eroghino  tempestivamente
tutte le risorse per lo svolgimento delle funzioni da esse  conferite
a province e citta' metropolitane  -  ma  puo'  comportare  un  onere
sproporzionato  anche  rispetto  al   loro   raggiungimento»   (Corte
costituzionale, 27 giugno 2018, n. 137). 
    4.2.1. La valenza del divisato  principio  e'  stata  da  codesta
Corte predicata anche in ambito penale, scrutinando la conformita'  a
Costituzione del trattamento sanzionatorio operato  dal  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 e  in  particolare  dell'art.
73, commi 1 e 5, del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, testo unico  in  materia  di  stupefacenti,  sollevate,  in
riferimento agli articoli 3,  25  e  27  della  Costituzione  laddove
prevedono  un  non  proporzionato   trattamento   sanzionatorio   tra
fattispecie in materia di stupefacenti. 
    La  Consulta  ha  in  quell'occasione  rivolto   un   invito   al
legislatore proprio al rispetto del  principio  di  proporzionalita',
autorevolmente affermando che «tenuto conto dell'elevato  numero  dei
giudizi, pendenti e definiti, aventi ad oggetto reati in  materia  di
stupefacenti, non puo' non formularsi un pressante auspicio affinche'
il legislatore proceda  rapidamente  a  soddisfare  il  principio  di
necessaria proporzionalita' del trattamento sanzionatorio,  risanando
la frattura che separa le pene previste per i fatti  lievi  e  per  i
fatti non lievi dai  commi  5  e  1  dell'art.  73  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309 del 1990». (Corte  costituzionale,
13 luglio 2017, n. 179). 
    4.3. Risulta  pertanto  acquisito  nell'insegnamento  di  codesta
Consulta che il principio di proporzionalita' e' un vincolo anche per
il legislatore ordinario e deve ricevere osservanza onde  scongiurare
il rischio che si determinino reazioni ordinamentali di tipo o quanto
meno della sostanza sanzionatorie a fronte di  violazioni  di  scarsa
consistenza di  norme  che  stabiliscano  adempimenti  a  carico  dei
soggetti dell'ordinamento. 
    Maggiormente proporzionata e ragionevole si prospettava invece la
previgente disciplina di cui all'art. 7 della legge  n.  164  del  20
maggio 1975, che stabiliva che «Qualora la domanda  venga  presentata
dopo  il  termine  indicato   nel   comma   precedente,   l'eventuale
trattamento di integrazione  salariale  non  potra'  aver  luogo  per
periodi  anteriori  di  una   settimana   rispetto   alla   data   di
presentazione». 
    Lo spartiacque temporale era dunque costituito sempre dalla  data
della domanda, ma i relativi effetti non potevano retroagire ad oltre
una settimana dalla stessa. 
    Viceversa secondo il meccanismo ingiusto e  gravatorio  dell'art.
25,  comma  3  del  decreto  legislativo  n.  148/2015,  il   periodo
retributivo  coperto  dalla  provvidenza  pubblica  decorrera'  dalla
scadenza del trentesimo giorno successivo alla data di  presentazione
dell'istanza. 
    4.1. Ne' e' dato rinvenire nei lavori  preparatori  al  varo  del
decreto legislativo n. 148/2015 alcuna  ragione  giustificatrice  del
censurato meccanismo di postdatazione  della  decorrenza  dell'aiuto,
apparendo dunque la  sanzione  apprestata  dall'ordinamento  anche  a
fronte di un solo giorno di ritardo rispetto all'angusto  termine  di
sette giorni, quanto mai violativa del principio di ragionevolezza  e
proporzionalita' scolpiti all'art. 3 della Carta fondamentale. 
    Si stenta invero ad individuare superiori ragioni  di  prevalente
interesse pubblico militanti a supporto della  tratteggiata  disposta
sperequazione e sproporzione. 
    5. Del pari non senza rilievo e'  anche  l'ulteriore  profilo  di
discriminazione segnalato dalla parte ricorrente, relativamente  alla
posizione delle imprese appaltatrici di opere o lavori  pubblici  che
versino in situazioni di crisi aziendale  abilitante  alla  richiesta
del sostegno integrativo pubblico. 
    Invero, va considerato che in caso di subentro di un  appaltatore
nella gestione di un servizio ovvero di un'opera  pubblica  in  forza
della c.d. clausola sociale, presente in tutti i contratti collettivi
nazionali di lavoro e in virtu' della quale l'impresa  subentrante  a
seguito di gara pubblica e' obbligata ad assumere alle sue dipendenze
e per  tutta  la  durata  della  commessa,  i  lavoratori  dipendenti
dell'impresa   uscente,   siccome   il   delineato   meccanismo    di
postdatazione dell'aiuto comporta la sua decorrenza non immediata  ma
differita  alla  scadenza  del  trentesimo  giorno  successivo   alla
presentazione della domanda, ne  deriva  che  l'impresa  appaltatrice
subentrante  non  puo'  immediatamente  porre  in  essere  le  misure
integrative del salario, a differenza delle imprese che, essendo gia'
titolari delle  posizioni  giuridiche  datoriali  nei  confronti  dei
propri dipendenti, possono anticipare le trattative sindacali  e  gli
accordi negoziali. 
    Ne  consegue  la  violazione  del  principio  di  uguaglianza   a
detrimento delle imprese appaltatrici subentranti. 
    In definitiva, alla  luce  delle  considerazioni  tutte  fin  qui
svolte, la prospettata questione di  legittimita'  costituzionale  si
profila  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  e  impone   di
sollevare la stessa innanzi a codesta Corte formalmente rilevando  il
contrasto dell'art. 25, comma 3 del decreto legislativo 14  settembre
2015,  n.  148  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  in  caso   di
presentazione della domanda di integrazione  salariale  straordinaria
oltre  il  prescritto  termine  il  trattamento  decorre  solo  dalla
scadenza e del trentesimo giorno  dalla  presentazione  dell'istanza,
con gli articoli 3 e 41 della Costituzione  e  con  il  principio  di
ragionevolezza e proporzionalita'. 
    Sul fondamento delle argomentazioni che precedono ed alla stregua
della rilevanza e della reputata  non  manifesta  infondatezza  della
questione prospettata, si  rimette  la  sua  definizione  alla  Corte
costituzionale con sospensione del presente giudizio.