IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 5556 del 2018, proposto  da  Camera  di  commercio,
industria, artigianato ed agricoltura di  Brindisi,  rappresentata  e
difesa dagli avvocati Francesco Paolo Sisto, Sabina Ornella Di Lecce,
con domicilio eletto presso lo studio  Sabina  Ornella  Di  Lecce  in
Roma, via V. Veneto, 7; 
    contro Ministero dello sviluppo economico, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in  Roma,  via  dei
Portoghesi, 12; 
    nei confronti di  Unione  italiana  delle  Camere  di  commercio,
industria, artigianato e agricoltura - Unioncamere,  rappresentata  e
difesa dall'avv. Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso  il
suo studio in Roma, largo Messico, 7; 
    nonche' sul ricorso numero di registro generale  5557  del  2018,
proposto  da  Camera  di   commercio,   industria,   artigianato   ed
agricoltura  di  Brindisi,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Francesco Paolo Sisto, Sabina Ornella Di Lecce, con domicilio  eletto
presso lo studio Sabina Ornella Di Lecce in Roma, via V. Veneto, 7; 
    contro Ministero dello sviluppo economico; 
    per l'annullamento, previa sospensione cautelare, 
    1)  del  decreto  ministeriale  del  Ministero   dello   sviluppo
economico del 16 febbraio 2018, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale
n. 57, del 9 marzo 2018, e dei suoi allegati; 
    2) in particolare, dell'allegato B), nella parte in  cui  prevede
la costituzione della Camera di commercio  industria,  artigianato  e
agricoltura di Brindisi-Taranto; 
    3) ove occorra, del decreto ministeriale 16 febbraio 2018, ed, in
particolare, dell'art. 8, punto 4, in cui si decreta che «A far  data
dall'entrata in vigore del presente  decreto  cessa  l'efficacia  del
decreto 8 agosto 2017»; 
    4) nonche', ove occorra, degli  atti  presupposti,  connessi  e/o
consequenziali, ed, in particolare, della delibera n.  10  «Piani  di
cui  all'art.  3  decreto   legislativo   n.   219/2016»,   approvata
dall'Assemblea di Unioncamere con verbale n. 3 del  30  maggio  2017,
con la quale si  e'  deliberato:  «di  approvare  i  contenuti  della
proposta di rideterminazione delle  circoscrizioni  territoriali,  la
proposte di razionalizzazione delle  sedi  delle  singole  Camere  di
commercio  nonche'   delle   unioni   regionali,   la   proposta   di
razionalizzazione e riduzione delle aziende speciali e la proposta di
razionalizzazione  organizzativa,  ai  sensi   di   quanto   disposto
dall'art. 3 del decreto legislativo n. 219/2016; 
        di dare mandato al Presidente ad apportare le modifiche e  le
integrazioni  che  dovessero  rendersi  necessarie  o  che  dovessero
pervenire dalle Camere di commercio in ordine ai piani concernenti la
razionalizzazione delle sedi e  la  razionalizzazione  organizzativa,
nonche' di modificare la denominazione delle camere  di  commercio  e
delle sedi legali  conseguenti  agli  accorpamenti  delle  Camere  di
commercio che saranno proposte dalle camere interessate; 
        di  trasmettere  al  Ministro  dello  sviluppo  economico  la
proposta approvata»; 
    5)  della  proposta  di  rideterminazione  delle   circoscrizioni
territoriali delle Camere di commercio,  allegata  alla  delibera  di
Unioncamere n. 10 del 30 maggio 2017; 
    6) della deliberazione del Consiglio dei ministri  del  giorno  8
febbraio 2018, con la quale il Ministro dello sviluppo  economico  e'
stato autorizzato ad adottare il decreto esaminato  dalla  Conferenza
Stato-Regioni, recante: «Riduzione del numero di Camere di  commercio
mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del  personale,
a norma dell'art. 3, comma 4  del  decreto  legislativo  25  novembre
2016, n. 219»; 
    nonche' per la declaratoria di nullita': 
        degli  atti  adottati  dal  Commissario  ad   acta   per   la
costituzione della Camera  di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura  di  Brindisi-Taranto,  dott.ssa   Claudia   Sanesi,   e,
segnatamente: 
          a) determinazione commissariale n. 1  del  1°  marzo  2018,
avente ad oggetto «adozione della norma statutaria ai sensi dell'art.
10 legge n. 580/1993 e successive modificazioni e integrazioni e art.
4 decreto ministeriale 16 febbraio 2018», e dell'allegato  avente  ad
oggetto:  «Composizione  del  Consiglio  camerale  della  Camera   di
commercio industria artigianato e agricoltura di Brindisi Taranto»; 
          b) determinazione commissariale n. 2  del  1°  marzo  2018,
avente ad oggetto «Avvio delle procedure ai sensi dell'art. 12  della
legge n. 580/1993 e successive modificazioni  e  integrazioni  e  del
decreto ministeriale 4 agosto 2011, n.  156).  Approvazione  avviso»,
nonche' dello stesso avviso, avente ad oggetto: «Avvio  procedura  di
costituzione  del  Consiglio  della  Camera  di  commercio  industria
artigianato e agricoltura di Brindisi Taranto»; 
    nonche' degli  atti  presupposti,  connessi  e/o  consequenziali,
ancorche' non conosciuti; 
    Visti i ricorsi ed i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti delle cause; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  dell'Unione  italiana
delle Camere di commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura  -
Unioncamere e del Ministero dello sviluppo economico; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  30  gennaio  2019  il
dott. Antonino Masaracchia e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                              F a t t o 
 
    1. Con i ricorsi in epigrafe (del tutto identici)  la  Camera  di
commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura  di  Brindisi,  in
persona  del  Presidente  pro  tempore,  ha  impugnato   il   decreto
ministeriale 16 febbraio 2018 (recante «Riduzione  del  numero  delle
Camere di commercio mediante  accorpamento,  razionalizzazione  delle
sedi e del personale»), nonche' i relativi atti connessi, nella parte
in cui, in attuazione dell'art. 3 del decreto legislativo n. 219  del
2016, recependo la proposta avanzata da Unioncamere (delibera del  30
maggio 2017), ha disposto l'accorpamento delle Camere di commercio di
Brindisi e di Taranto, individuando in Taranto, anziche' in Brindisi,
la sede del nuovo ente. 
    Il  decreto  ministeriale  impugnato  e'  identico   al   decreto
ministeriale 8 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  del
19 settembre  2017,  e  sostituito  dopo  la  pronuncia  della  Corte
costituzionale (sentenza n. 261 del 2017, depositata il  13  dicembre
2017) che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 4 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 [...], nella
parte in cui stabilisce che il decreto del  Ministro  dello  sviluppo
economico dallo stesso  previsto  deve  essere  adottato  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano, anziche' previa intesa  con
detta Conferenza». 
    A seguito della detta pronuncia  il  Ministero  sottoponeva  alla
Conferenza Stato-Regioni un  nuovo  schema  di  decreto,  analogo  al
precedente, ai fini  del  raggiungimento  dell'intesa  con  gli  enti
regionali. La Conferenza, dopo un primo rinvio nella  seduta  del  21
dicembre 2017, esaminava il testo nella seduta dell'11 gennaio  2018:
in tale occasione varie regioni formulavano obiezioni a seguito delle
quali il verbale della seduta  recava  l'indicazione  della  «mancata
intesa». 
    Successivamente, appurato il mancato raggiungimento di un'intesa,
il Consiglio dei ministri, nella  seduta  dell'8  febbraio  2018,  ai
sensi dell'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del  1997,
autorizzava il Ministro  dello  sviluppo  economico  ad  adottare  il
citato decreto. 
    2. Avverso il citato decreto ministeriale  16  febbraio  2018  la
Camera di commercio di Brindisi ha articolato le seguenti doglianze: 
        violazione dell'art. 3, comma 3, del decreto  legislativo  n.
287 del 1997, per  assenza  di  adeguata  motivazione  da  parte  del
Consiglio dei ministri in sede di adozione del  decreto  ministeriale
impugnato, a seguito del verbale di «mancata intesa» dell'11  gennaio
2018; 
        violazione dell'art. 17 della legge n. 400 del  1988,  stante
la natura regolamentare del decreto ministeriale impugnato il  quale,
tuttavia, non sarebbe stato adottato previo parere del  Consiglio  di
Stato; 
        violazione dell'art. 3 del decreto  legislativo  n.  219  del
2016, posto che proposta di Unioncamere, poi recepita  dal  Ministero
con l'adozione del decreto ministeriale in questa sede impugnato, non
avrebbe previamente effettuato alcuno «studio del territorio e  della
realta' geoeconomica», e non avrebbe dato conto  di  alcun  «percorso
motivazionale»; 
        eccesso  di  potere  per  carenza   di   motivazione   e   di
istruttoria; disparita' di  trattamento:  cio',  con  riferimento  al
parametro dell'equilibrio  economico-finanziario,  nella  specie  non
considerato, il quale avrebbe al contrario richiesto «una particolare
attenzione ai dati contabili ed ai bilanci delle Camere di  commercio
accorpande, per verificare la fattibilita' di tale operazione». 
    3. Si sono costituiti in giudizio  il  Ministero  dello  sviluppo
economico, in persona  del  Ministro  pro  tempore,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  e  l'Unione  italiana
delle Camere di commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura  -
Unioncamere, in persona del  Presidente  pro  tempore,  chiedendo  il
rigetto del ricorso. 
    Con ordinanza n. 3263 del 2018 questo TAR, nel  provvedere  sulla
domanda cautelare,  ha  disposto  la  riunione  dei  due  ricorsi  in
epigrafe. 
    Alla pubblica udienza del 30  gennaio  2019  la  causa  e'  stata
trattenuta in la decisione. 
Rilievo della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  10
della legge n. 124 del 2015 e dell'art. 3 del decreto legislativo  n.
219 del 2016. 
    4. In virtu' dell'art. 10 della legge n. 124 del 2015,  e'  stata
conferita  delega  al  Governo  per  l'emanazione   di   un   decreto
legislativo per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e  del
finanziamento delle Camere di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura, anche mediante la modifica della legge n. 580  del  1993
ed  il  conseguente  riordino  delle  disposizioni  che  regolano  la
relativa materia. 
    Segnatamente l'art. 10, comma 1, lettera b), della legge  n.  124
del 2015 prevede che il legislatore  delegato  possa  procedere  alla
«ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, con  riduzione  del
numero dalle attuali 105 a non piu' di 60 mediante  accorpamento  di'
due o piu' Camere di commercio; possibilita' di mantenere la  singola
Camera  di  commercio  non  accorpata  sulla  base  di   una   soglia
dimensionale minima di 75.000 imprese  e  unita'  locali  iscritte  o
annotate nel registro delle imprese, salvaguardando  la  presenza  di
almeno una  Camera  di  commercio  in  ogni  regione,  prevedendo  la
istituibilita' di una Camera di commercio in ogni provincia  autonoma
e citta' metropolitana  e,  nei  casi  di  comprovata  rispondenza  a
indicatori di efficienza e di  equilibrio  economico,  tenendo  conto
delle specificita' geoeconomiche dei territori e delle circoscrizioni
territoriali di confine,  nonche'  definizione  delle  condizioni  in
presenza delle quali possono essere istituite le unioni  regionali  o
interregionali». 
    L'esercizio della delega (art. 10, comma 2, cit.) doveva avvenire
su proposta del Ministro  dello  sviluppo  economico  e,  tra  altro,
«previa acquisizione del parere della  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 
    Il Governo, «sentita la Conferenza unificata in data 29 settembre
2016», emanava il decreto legislativo 25 novembre 2016,  n.  219,  il
quale all'art. 3 («Riduzione del numero  delle  Camere  di  commercio
mediante   accorpamento,   razionalizzazioni   delle   sedi   e   del
personale»), introduceva una procedura per l'emanazione di un decreto
ministeriale che avrebbe dovuto realizzare la  riduzione  del  numero
delle  Camere  di  commercio  prevista  nella  legge  di  delega.  In
particolare era stabilito  che  Unioncamere  (Unione  italiana  delle
Camere di commercio, industria, artigianato  e  agricoltura)  dovesse
trasmettere al Ministero una propria proposta di accorpamento,  sulla
base  di  criteri  desunti  dalla  legge  di  delega   o   introdotti
direttamente dal decreto legislativo, contemplando  anche  «un  piano
complessivo di razionalizzazione delle sedi delle singole  Camere  di
commercio nonche' delle Unioni regionali, con individuazione  di  una
sola  sede  per  ciascuna   nuova   Camera   di   commercio   e   con
razionalizzazione delle sedi  secondarie  e  delle  sedi  distaccate»
(art. 3, comma 2, lettera a), del  decreto  legislativo  n.  219  del
2016). 
    Sulla base della proposta  di  Unioncamere,  il  Ministero  dello
sviluppo economico ha da ultimo adottato il decreto  ministeriale  16
febbraio 2018, a seguito dell'iter procedimentale sopra riportato; in
virtu'  del  citato  decreto  e'   stato   disposto,   tra   l'altro,
l'accorpamento delle Camere di commercio di Brindisi  e  di  Taranto,
con sede del nuovo ente in Taranto, avverso il  quale  la  ricorrente
propone l'impugnativa in epigrafe. 
    Alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e per i
motivi che si esporranno infra, questo TAR dubita della  legittimita'
costituzionale dell'art. 10 della legge n. 124  del  2015  (norma  di
delega) e dell'art. 3 del decreto legislativo n. 219 del 2016  (norma
delegata) ed intende pertanto sottoporli  al  sindacato  della  Corte
costituzionale, per violazione del principio di leale  collaborazione
Stato-Regioni nell'esercizio della funzione legislativa (articoli  5,
117, 120 Cost.). 
Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    5. La questione di costituzionalita' e' rilevante in quanto, come
innanzi accennato, il decreto ministeriale 16 febbraio  2018  oggetto
di gravame viene adottato in diretta  applicazione  dell'art.  3  del
decreto legislativo n. 219 del 2016, a sua volta emanato  in  ragione
della delega contenuta nell'art. 10 della  legge  n.  124  del  2015,
disposizioni della cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Ne  consegue  che  evidentemente  l'eventuale   declaratoria   di
illegittimita' delle disposizioni legislative  non  solo  influirebbe
sulla disciplina in base alla quale  giudicare  la  legittimita'  del
decreto ministeriale impugnato ma farebbe venire meno, integralmente,
la  base  legislativa  che  disciplina  e  legittima  il   contestato
accorpamento delle Camere di commercio di Brindisi e di Taranto. 
    Di   conseguenza,   la    risoluzione    della    questione    di
costituzionalita' relativa alla disciplina  avente  forza  di  legge,
sulla base della  quale  e'  stato  adottato  il  richiamato  decreto
ministeriale, e' presupposto necessario per la  pronuncia  definitiva
di questo giudice. 
Sulla non    manifesta    infondatezza     della     questione     di
costituzionalita'. 
    6.  La  Corte  costituzionale,  in  giudizio   avviato   in   via
principale, con sentenza 13 dicembre 2017, n. 261, ha gia' dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma  4,  del  decreto
legislativo n. 219 del 2016.  L'illegittimita'  e'  stata  dichiarata
perche' l'art. 3, comma 4, cit. disponeva che il decreto ministeriale
per il riordino  delle  Camere  di  commercio  fosse  emanato  previa
acquisizione del parere della  Conferenza  permanente  Stato-Regioni,
anziche' previa intesa con la stessa Conferenza,  in  violazione  del
principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. 
    Veniva avanzato in tale sede anche  il  tema  dell'illegittimita'
della norma di delega (art. 10, comma  1,  della  legge  n.  124  del
2015); tale questione veniva dichiarata inammissibile per  tardivita'
essendo superato il termine perentorio di sessanta  giorni  stabilito
dall'art. 127, secondo comma, Cost. 
    In  assenza  di  termini   per   il   giudizio   incidentale   di
legittimita',  questo  Collegio,  ritiene  di  dover  riproporre   la
medesima  questione,  dichiarata   inammissibile,   in   quanto   non
manifestamente infondata alla luce  dell'orientamento  assunto  dalla
giurisprudenza  costituzionale  (come  indicato  dalla  stessa  Corte
costituzionale, con riferimento proprio all'argomento in oggetto,  «i
principi che consentono di dare  corretta  soluzione  alla  questione
sono desumibili della sentenza n. 251  del  2016»  cfr.  punto  2.6.4
della sentenza n. 261 del 2017). 
    Ritiene dunque il Collegio che le censure di  incostituzionalita'
possano  rivolgersi  sia  alle  disposizioni  di  delega   che,   per
illegittimita'   derivata,    alla    legislazione    delegata.    La
giurisprudenza costituzionale ha infatti  gia'  ritenuto  ammissibile
l'impugnazione della norma di delega,  allo  scopo  di  censurare  le
modalita' di  attuazione  della  leale  collaborazione  tra  Stato  e
regioni ed al fine di ottenere che il decreto  delegato  sia  emanato
previa intesa anziche' previo parere in  sede  di  Conferenza  (Corte
Cost., sentenza n. 251 del 2016). 
    Ricorrono poi i presupposti oggettivi per far valere il principio
di leale collaborazione stante l'oggetto della riforma ordinamentale;
che il riassetto generale della disciplina Camere  di  commercio  sia
materia ripartita tra prerogative statali e regionali e'  stato  gia'
chiaramente affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 261 del
2017, punto 12.1.1), in quanto il  catalogo  dei  compiti  svolti  da
questi enti e' riconducibile a competenze sia esclusive dello  Stato,
sia concorrenti e residuali  delle  regioni;  in  questo  settore  le
competenze   di   ciascun   soggetto    appaiono    inestricabilmente
intrecciate. 
    Risultano infatti numerosi i profili in cui  la  riforma  statale
tocca  attribuzioni  legislative  regionali  stante   la   competenza
generale spettante alle Camere di commercio e  tenuto  conto  che  le
principali  materie  riferibili  all'economia   ed   alle   attivita'
produttive (agricoltura, industria, artigianato, commercio,  turismo)
possono essere ascritte anche alla competenza regionale. 
    Peraltro   l'attivita'   delle   Camere   di   commercio   appare
riconducibile alla  nozione  di  «sviluppo  economico»,  nozione  che
costituisce una espressione di sintesi che comprende e rinvia ad  una
pluralita'  di  materie  attribuite  ex  art.  117  Cost.  «sia  alla
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato,   sia   a   quella
concorrente, sia a quella residuale» (sentenza  Corte  costituzionale
n. 165 del 2007); ne deriva che, se pure l'esistenza di  esigenze  di
carattere unitario legittima l'avocazione allo Stato  della  potesta'
normativa per la disciplina  degli  enti  camerali,  resta  ferma  la
necessita'  del  rispetto  del  principio  di  leale  collaborazione,
mediante lo strumento dell'intesa (cfr. sentenze Corte costituzionale
n. 251 del 2016, n. 165  del  2007  e  n.  214  del  2006).  In  tale
prospettiva infatti quando il legislatore delegato intende  riformare
istituti ed enti che incidono  su  competenze  statali  e  regionali,
inestricabilmente  connesse,  sorge   la   necessita'   del   ricorso
all'intesa tra Stato e autonomie (cfr.  sentenza  n.  251  del  2016,
cit., punto 3). 
    Ne deve essere tratta la conseguenza che - posto che  l'attivita'
delle Camere di commercio incide  su  molteplici  competenze,  alcune
anche di attribuzione regionale  ex  art.  117  Cost.  -  la  riforma
legislativa doveva concretizzarsi  «nel  rispetto  del  principio  di
leale collaborazione, indispensabile  in  questo  caso  a  guidare  i
rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie» (cfr. sentenza n.
261 del 2017, cit., le cui  argomentazioni  nella  medesima  appaiono
analogicamente applicabili alla questione sollevata). 
    In ragione di cio' il modulo ordinario di espressione della leale
collaborazione  va  identificato  nell'intesa  presso  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
«contraddistinta da una procedura  che  consenta  lo  svolgimento  di
genuine trattative e garantisca un reale  coinvolgimento»  (sent.  n.
261 del 2017, cit.). 
    In conclusione, stante  la  natura  delle  materie  incise  dalle
disposizioni censurate, attenendo le stesse a  competenze  statali  e
regionali inestricabilmente connesse, la norma di  delega  (art.  10,
comma 2, della legge n. 124 del 2015) avrebbe dovuto prevedere - come
presupposto per l'esercizio  della  delega  -  l'intesa  in  sede  di
Conferenza   Stato-Regioni,    istituto    «cardine    della    leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle  disposizioni  dettate
dal legislatore statale e' rimessa a  decreti  legislativi  delegati,
adottati  dal  Governo  sulla  base  dell'art.  76  Cost.»  i   quali
«finiscono, infatti, con l'essere attratti nelle procedure  di  leale
collaborazione,   in   vista   del   pieno   rispetto   del   riparto
costituzionale delle competenze» (sent. n. 251 del 2016,  cit.,  dove
si  evidenzia  che  «il  luogo  idoneo  di  espressione  della  leale
collaborazione e' stato correttamente individuato dalla  norma  nella
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano.  Il  modulo  della  stessa,
tenuto conto delle  competenze  coinvolte,  non  puo'  invece  essere
costituito dal parere, come stabilito dalla norma, ma va identificato
nell'intesa»). 
    L'illegittimita' della  disposizione  delegante  (art.  10  della
legge n. 124 del 2015) si ripercuote, in via immediata e derivata per
le stesse ragioni ora evidenziate, sulla legittimita'  costituzionale
della norma delegata (art. 3 del decreto legislativo n. 219 del 2016)
in forza della quale e' stato adottato  il  decreto  ministeriale  16
febbraio 2018, oggetto del presente giudizio. 
    Va, quindi, dichiarata rilevante e non  manifestamente  infondata
la descritta questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10
della legge 7  agosto  2015,  n.  124,  e  dell'art.  3  del  decreto
legislativo 25 novembre 2016, n. 219, per violazione del principio di
leale collaborazione nella funzione legislativa di cui agli  articoli
5, 117, 120 Cost., poiche' prevedono che l'esercizio  delegato  della
potesta' legislativa sia condotto all'esito di  un  procedimento  nel
quale l'interlocuzione fra Stato e  regioni  si  realizzi  (e  si  e'
realizzata) nella forma inadeguata del parere e non  gia'  attraverso
l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. 
    Cio'  posto,  il  presente  giudizio  va  sospeso  e   gli   atti
processuali trasmessi alla Corte costituzionale.