Ricorso  ex  art.  l27  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici e'  legalmente  domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Sicilia, in persona del  suo  Presidente  p.t.,
per  la  declaratoria  della  illegittimita'   costituzionale   degli
articoli 3, 7 e 11 della legge della Regione  Sicilia  n.  14  del  6
agosto 2019 - Collegato alla legge di stabilita' regionale per l'anno
2019 in materia di pubblica amministrazione e  personale.  Interventi
in  favore  dell'aeroporto  di  Trapani  Birgi  -,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 9 agosto 2019, n.  37,
come da delibera del Consiglio dei ministri in data 3  ottobre  2019,
per contrasto con lo statuto speciale della  Regione  Sicilia,  e  in
specie con gli articoli 14 e 17, con gli articoli 81 e 117, comma  2,
lettera e), della Costituzione, nonche' con l'art. 17 della legge  n.
196/2009 quale norma interposta. 
 
                                Fatto 
 
    In data 9  agosto  2019  e'  stata  pubblicata,  sul  n.  37  del
Bollettino Ufficiale della Regione Sicilia, la legge regionale n.  14
del 6 agosto 2019, intitolata «Collegato  alla  legge  di  stabilita'
regionale per l'anno 2019 in materia di  pubblica  amministrazione  e
personale. Interventi in favore dell'aeroporto di Trapani Birgi». 
    Detta legge, come meglio si  andra'  a  precisare  in  prosieguo,
eccede  dalle  competenze  regionali,  e'  violativa  di   previsioni
statutarie e costituzionali, ed invade illegittimamente le competenze
dello Stato; si deve pertanto procedere con il presente atto alla sua
impugnazione,  affinche'  ne   sia   dichiarata   la   illegittimita'
costituzionale  con  conseguente  annullamento,  sulla   base   delle
seguenti considerazioni in punto di 
 
                               Diritto 
 
    1. Con la legge n. 14 del 2019 la  Regione  Sicilia  ha  previsto
un'ampia serie di misure collegate alla manovra di finanza  regionale
in materia di pubblica amministrazione e di personale. 
    In particolare, con l'art. 3 vengono poste disposizioni  relative
al funzionamento del neo-istituito Ufficio del garante della  persona
con disabilita'; con l'art.  7  sono  emanate  norme  in  materia  di
trattamento pensionistico dei dipendenti  regionali;  con  l'art.  11
sono introdotte  modifiche  alla  previgente  normativa  in  tema  di
bilanci degli enti regionali. 
    Le  disposizioni  ora  adottate  si  pongono  m   contrasto   con
disposizioni statutarie  e  costituzionali,  invadono  le  competenze
statali   e   devono   pertanto   essere    annullate    in    quanto
incostituzionali. 
    2.1. L'art. 3 della legge della  Regione  Sicilia  n.  14/2019  -
Ufficio del garante della persona con disabilita', come si accennava,
prevede,  rispetto  a  quanto  in  precedenza  disposto  dalla  legge
regionale n. 47/2012, una  sostanziale  innovazione  con  riferimento
alla organizzazione di detta struttura. 
    Laddove, infatti, nel precedente regime si  disponeva  (art.  10,
comma 1) che il garante si avvalesse di uffici e personale di un gia'
esistente Assessorato regionale, senza ulteriori oneri a carico della
Regione,  la  nuova  disposizione,  in   una   evidente   ottica   di
potenziamento, sostituisce quella previsione, disponendo testualmente
(comma 1) che «al garante vengono garantite adeguate risorse umane  e
finanziarie.  A  tal  fine  e'  istituito  un  ufficio  alle  dirette
dipendenze  del  garante  denominato  Ufficio  del  garante  il   cui
personale e' individuato con decreto dell'Assessore regionale per  la
famiglia, le politiche sociali ed il lavoro nell'ambito delle attuali
dotazioni organiche». 
    Si precisa, quindi, al secondo comma, che «per le  finalita'  del
presente articolo e' autorizzata, per l'esercizio  finanziario  2019,
la spesa di 45 migliaia di euro per il funzionamento  dell'ufficio  e
per ogni altra iniziativa  promossa  dal  garante  nell'ambito  delle
proprie funzioni. Ai relativi  oneri  si  provvede,  per  l'esercizio
finanziario  2019,  mediante  riduzione   di   pari   importo   delle
disponibilita' della missione 20,  programma  3,  capitolo  215704  -
accantonamento 1001». 
    Cosi' disponendo, tuttavia, il legislatore regionale si  pone  in
contrasto con lo statuto regionale (e, in specie, con  l'art.  14)  e
con il dettato costituzionale, con particolare  riferimento  all'art.
81 della Carta fondamentale. 
    2.2. E' pur vero che l'art. 14 dello statuto  regionale  prevede,
alla lettera p) del primo comma,  che  la  Regione  abbia  competenza
esclusiva, tra le altre, in materia di «ordinamento  degli  uffici  e
degli enti regionali»; trattasi in ogni caso di competenza  che  deve
essere  esercitata  «nei  limiti  delle  leggi  costituzionali  dello
Stato». 
    2.3. Orbene, e' ben noto, specie alla luce della  ormai  costante
giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte,  che  detta  potesta'  e'  in
particolare limitata  dal  fondamentale  principio  della  necessaria
copertura  finanziaria  di  cui  all'art.  81,  terzo  comma,   della
Costituzione, che impone anche alle Regioni (a statuto speciale,  non
meno che a quelle a statuto ordinario) di contenere le proprie  spese
a tutela del controllo della  finanza  pubblica  allargata  anche  in
ossequio agli obblighi discendenti dal diritto dell'Unione. 
    Cosi', e' stato piu' volte chiarito  (tra  le  ultime,  v.  Corte
costituzionale, 24 luglio 2019, n. 197) che «la copertura finanziaria
delle spese deve indefettibilmente avere un fondamento giuridico, dal
momento che,  diversamente  opinando,  sarebbe  sufficiente  inserire
qualsiasi numero nella parte attiva del bilancio per realizzare nuove
o maggiori spese. Si e' gia' rilevato, in precedenza, che  «copertura
economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della
stessa medaglia, dal momento che  l'equilibrio  presuppone  che  ogni
intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle
pertinenti risorse:  nel  sindacato  di  costituzionalita'  copertura
finanziaria ed equilibrio integrano «una clausola generale  in  grado
di operare pure in assenza di  norme  interposte  quando  l'antinomia
[con le disposizioni impugnate] coinvolga  direttamente  il  precetto
costituzionale: infatti 'la  forza  espansiva  dell'art.  81,  quarto
[oggi terzo] comma, della Costituzione, presidio degli  equilibri  di
finanza pubblica,  si  sostanzia  in  una  vera  e  propria  clausola
generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi  causa  di
effetti  perturbanti  la  sana  gestione  finanziaria  e   contabile'
(sentenza n. 192 del 2012)» (sentenza n. 184 del 2016)» (sentenza  n.
274 del 2017). 
    Peraltro, gia' in precedenza e' stato ribadito  che  «l'art.  81,
quarto [ora  terzo]  comma  della  Costituzione,  pone  il  principio
fondamentale   della   copertura   delle   spese,   richiedendo    la
contestualita' tanto dei presupposti che giustificano  le  previsioni
di spesa quanto di quelli posti  a  fondamento  delle  previsioni  di
entrata  necessarie  per  la  copertura  finanziaria   delle   prime»
(sentenza n. 213 del 2008)»  (cfr.  anche  Corte  costituzionale,  n.
205/2019, sempre in una controversia relativa  alla  impugnazione  di
una legge della Regione Sicilia). 
    2.4. Nella vicenda ora in esame, come visto, la  disposizione  e'
destinata ad avere impatto pluriennale sulla  finanza  regionale,  ma
non quantifica in alcun modo gli oneri a carico della Regione per gli
anni successivi al 2019 (individuati come  visto  al  comma  2),  ne'
individua le risorse per far fronte agli stessi. 
    Appare dunque evidente la violazione  dell'obbligo  di  copertura
finanziaria delle leggi di spesa posto dall'art. 81 della Carta. 
    La disposizione dovra' pertanto essere annullata, a causa del suo
evidente contrasto con il dettato costituzionale oltre che con l'art.
14 dello statuto regionale. 
    3.1. Parimenti illegittimo appare il disposto del successivo art.
7 della legge della Regione Sicilia n. 14/2019. 
    Si e' gia' anticipato che  con  questa  norma  sono  state  poste
«Disposizioni in materia di trattamento pensionistico dei  dipendenti
regionali». 
    Essa prevede, infatti, al  primo  comma,  l'estensione  anche  ai
dipendenti  della  Regione  dell'applicazione  degli   istituti   sul
trattamento anticipato di pensione e di indennita' di  fine  servizio
previste dagli articoli 14 e 23 del decreto-legge  28  gennaio  2019.
Dopo aver precisato, al secondo comma,  le  modalita'  con  le  quali
saranno determinate l'entita' e la decorrenza dei trattamenti di  cui
si tratta, la disposizione prevede,  conclusivamente  (comma  3)  che
dall'attuazione dell'articolo «non devono derivare nuovi  o  maggiori
oneri a carico del bilancio della Regione». 
    3.2. Anche con riferimento alla fattispecie in esame va osservato
che e' possibile individuare una disposizione dello statuto regionale
(l'art. 17, lettera f)), nella quale potrebbe essere individuata  una
competenza legislativa (qui,  concorrente)  della  Regione  «entro  i
limiti  dei  principi  ed  interessi  generali  cui  si  informa   la
legislazione dello Stato». 
    I limiti espressamente indicati  dal  comma  3  sopra  rammentato
riconducono peraltro espressamente la disposizione di cui  si  tratta
entro l'ambito del fondamentale principio della necessaria  copertura
finanziaria di cui all'art. 81, terzo comma, della Costituzione,  nei
sensi in precedenza illustrati al n. 2.3, cui si fa qui per  brevita'
rinvio. 
    3.3. Ora, passando ad esaminare la norma che oggi si impugna,  va
premesso   che   l'applicazione   ai   dipendenti   regionali   delle
disposizioni statali richiamate  in  precedenza  discende  unicamente
dalla  stessa.  In  altri  termini,  in   assenza   di   una   simile
disposizione, ai dipendenti della Regione Sicilia - la  cui  gestione
previdenziale e' affidata ad un soggetto speciale, il Fondo  pensioni
Sicilia - la cd. «quota 100» non avrebbe potuto trovare applicazione.
Con il comma 2  viene  quindi  introdotta  ex  novo  una  evidente  e
significativa deroga al regime ordinario di accesso al pensionamento;
da  cio'  non   possono   che   discendere,   intuitivamente,   oneri
previdenziali per la finanza pubblica (tanto con riferimento ai nuovi
trattamenti pensionistici, quanto in relazione all'anticipazione  dei
pur prevedibili - e forse maggiori - oneri dei  trattamenti  di  fine
servizio). 
    3.4. Se questo e' vero - e  pare  difficilmente  contestabile  -,
appare dunque ictu oculi evidente che la clausola  di  invarianza  di
cui al gia'  richiamato  comma  3,  finisce  con  l'essere  una  mera
clausola di stile, non molto piu' di una  sorta  di  «auspicio»,  del
tutto avulsa dalla effettiva realta' economica e finanziaria. 
    E, d'altro canto, la disposizione e' del tutto  sprovvista  della
Relazione tecnica di accompagno di cui all'art.  17  della  legge  n.
196/2009 (Legge di contabilita' e finanza  pubblica:  norma,  questa,
costituente norma interposta, anch'essa  violata  dalla  disposizione
regionale che si impugna), Relazione che illustri in concreto  e  nel
dettaglio come l'art. 7 di nuova introduzione non abbia  effetti  sui
saldi della finanza regionale. 
    Tale relazione, prevista in via generale dal comma 3 per tutte le
norme «che comportino conseguenze finanziarie», e'  altresi'  imposta
dal comma  6-bis  «per  le  disposizioni  corredate  di  clausole  di
neutralita' finanziaria».  In  questi  casi,  «la  relazione  tecnica
riporta la valutazione degli  effetti  derivanti  dalle  disposizioni
medesime, i dati e gli elementi  idonei  a  suffragare  l'ipotesi  di
invarianza degli effetti sui saldi di  finanza  pubblica,  attraverso
l'indicazione dell'entita' delle risorse gia' esistenti nel  bilancio
e delle relative unita' gestionali,  utilizzabili  per  le  finalita'
indicate  dalle  disposizioni  medesime  anche  attraverso  la   loro
riprogrammazione.  In  ogni  caso,   la   clausola   di   neutralita'
finanziaria non puo' essere prevista nel  caso  di  spese  di  natura
obbligatoria». 
    Ora, come detto, alla disposizione che si impugna non e' allegata
alcuna relazione, di  tal  che  non  e'  in  realta'  in  alcun  modo
possibile trarre elementi che  consentano  di  valutare  gli  effetti
dell'estensione ai dipendenti regionali delle disposizioni statali di
cui si tratta, ne' possono individuarsi i dati  e  gli  elementi  che
possano suffragare l'ipotesi di invarianza. 
    Anche l'art. 7 della  legge  regionale  n.  14/2019  e'  pertanto
viziata per violazione dello statuto regionale (art.  17),  dell'art.
81 della Costituzione e dell'art. 17 della legge n. 196/2009. 
    4.1. Infine, appare viziato di incostituzionalita'  anche  l'art.
11 della legge della Regione Sicilia n. 14/2019. 
    Con detta disposizione, lo  si  e'  gia'  accennato,  sono  state
introdotte modifiche alla previgente normativa  in  tema  di  bilanci
degli enti regionali, sostituendo, all'art. 7  comma  2  della  legge
regionale 8 maggio 2018, n. 8, le parole «31 dicembre  2018»  con  le
parole  «31  dicembre  2020».  Si  tratta  dunque  di  un   sensibile
differimento   di   quanto   in   precedenza   previsto    ai    fini
dell'armonizzazione dei bilanci pubblici. 
    4.2. E, invero, anche per gli organismi ed enti strumentali della
Regione individuati, da ultimo, all'art.  6,  comma  3,  della  legge
regionale n. 16/2017 e' da tempo prevista  -  nella  nota  ottica  di
uniformita' a livello nazionale - l'applicazione  delle  disposizioni
dell'art. 11 della legge regionale  n.  3/2015,  che,  in  attuazione
dell'impegno assunto dalla Regione con l'Accordo sottoscritto con  il
Governo in data 9 giugno 2014 e trasfuso  nella  legge  regionale  n.
21/2014,  disciplina  il  recepimento,  sin  dal  1°  gennaio   2015,
nell'ordinamento contabile della Regione e dei suoi enti ed organismi
strumentali delle disposizioni contenute nel decreto  legislativo  n.
118/2011 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli
schemi di bilancio. 
    Trattasi di  un'esigenza  fondamentale  ai  fini  della  corretta
gestione della finanza pubblica allargata, che risale, ormai, a quasi
dieci anni fa. 
    La Regione,  con  la  norma  che  oggi  si  impugna,  dispone  un
ulteriore rinvio di ben due anni del  termine  di  adozione  per  gli
organismi  e  degli  enti  strumentali  della  Regione  dei  principi
contabili recati dal decreto legislativo da ultimo  menzionato.  Tale
nuova reiterazione appare ormai evidenziare un'innegabile volonta' di
elusione di quei principi. 
    4.3. In materia si e' in presenza  di  una  competenza  esclusiva
statale,  ai  sensi  dell'art.  117,  comma  2,  lettera   e)   della
Costituzione (armonizzazione dei bilanci  pubblici),  non  prevedendo
una simile  competenza  alcuna  norma  dello  statuto  regionale  (in
particolare, i gia' richiamati articoli 14 e 17, che disciplinano  la
competenza legislativa regionale). 
    A suo tempo, la Regione Sicilia ebbe ad impegnarsi formalmente  a
limitare al  solo  anno  2015  le  deroghe  alla  disciplina  statale
relative alla corretta applicazione dei principi  contabili  e  degli
schemi di bilancio previsti dal decreto legislativo  n.  118/2011  in
materia di armonizzazione contenute  nel  richiamato  art.  11  della
legge regionale n. 3/2015. 
    Successivamente, in forza di ulteriore deroga, con l'art. 7 della
legge regionale n. 8/2018 quel termine venne da ultimo  differito  al
1° gennaio 2019. 
    Pertanto gli organismi  e  gli  enti  strumentali  della  Regione
Siciliana di cui all'art.  6,  comma  3,  della  legge  regionale  n.
16/2017, sono ormai tenuti ad applicare  integralmente  sin  da  tale
ultima data la disciplina in materia di armonizzazione  dei  principi
contabili e degli schemi di bilancio prevista dal ripetuto  art.  11,
secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 118/2011. 
    Ogni  ulteriore   deroga   unilaterale   invade   la   competenza
legislativa statale esclusiva di cui all'art. 117, comma  2,  lettera
e)  della   Costituzione,   e   deve   pertanto   essere   dichiarata
incostituzionale, in assenza, tra l'altro, di qualsiasi  disposizione
dello statuto regionale che cio' consenta. 
    Conclusivamente, i tre articoli  della  legge  impugnata  violano
pertanto  le  norme  in  precedenza  richiamate  e  dovranno   essere
dichiarati incostituzionali.