TRIBUNALE DI CAGLIARI Seconda sezione civile Il tribunale di Cagliari, in persona del dott. Riccardo Ariu, ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 2334 del ruolo affari contenziosi civili dell'anno 2017, tra: Giuliano Bocco, codice fiscale BCCGLN61T18G203U, elettivamente domiciliato in Cagliari, via Farina, n. 44, presso lo studio degli avvocati Alessandra Ibba e Davide Piasotti, che lo rappresentano giusta procura speciale a margine del ricorso in opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2508 del 4 novembre 2016 parte opponente contro Azienda Regionale per l'edilizia abitativa, partita iva n. 03077790925, in persona del direttore generale in carica, elettivamente domiciliata in Cagliari, via C. Battisti n. 6, presso il servizio affari legali della direzione generale dell'Azienda, rappresentata dall'avvocato Silvia Concu giusta procura speciale a margine della comparsa di costituzione e risposta parte opposta In fatto e diritto In data 8 ottobre 1998 l'allora Istituto autonomo case popolari aveva stipulato con Giuliano Bocco, appartenente al corpo della polizia Penitenziaria, un contratto di locazione avente ad oggetto l'alloggio di servizio sito nella piazza Pigafetta n. 11 di Cagliari, edificato in attuazione della legge 6 marzo 1976, n. 52 (Interventi straordinari per l'edilizia a favore del personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato), di proprieta' dello Stato e gestito dall'IACP giuste le previsioni di cui all'art. l della stessa legge, che al comma 3 aveva previsto che «I canoni di locazione e la quota annua da destinare agli istituti autonomi delle case popolari per le spese di gestione saranno stabiliti con decreto del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentiti i Ministri interessati e il comitato per l'edilizia residenziale». La stipula del contratto era stata preceduta dalla delibera di assegnazione dell'1° aprile 1998, richiamata in contratto con la esplicitazione dell'appartenenza del conduttore assegnatario alla polizia penitenziaria, del luogo di svolgimento del relativo servizio e della conseguente destinazione funzionale dell'alloggio ai sensi della legge n. 52/1976. La Regione Autonoma della Sardegna con la legge n. 13 del 6 aprile 1989 ha dettato la «Disciplina regionale delle assegnazioni e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica», avente come ambito di applicazione ai sensi dell'art. 1 «tutti gli alloggi realizzati o recuperati da enti pubblici a totale carico o con il concorso od il contributo dello Stato, della Regione, delle Province e dei Comuni; a quelli acquisiti, realizzati o recuperati da enti pubblici non economici comunque utilizzati per le finalita' sociali proprie dell'edilizia residenziale pubblica», regolamentando i criteri di calcolo e aggiornamento dei relativi canoni di locazione agli articoli da 31 a 38. Con la successiva legge n. 7 del 3 luglio 2003 la Regione ha poi previsto all'art. 4, rubricato «Determinazione dei canoni di locazione degli alloggi realizzati per il personale militare», che «Per gli alloggi costruiti e gestiti ai sensi della legge 6 marzo 1976, n. 52, qualora non siano stati adottati da parte dei competenti Ministeri i decreti di determinazione dei canoni di locazione ai sensi dell'art. 1, comma 3, della stessa legge, gli stessi sono determinati secondo le disposizioni di cui alla legge regionale n. 13 del 1989, e successive modifiche ed integrazioni». In applicazione di quest'ultima disposizione normativa, l'Azienda Regionale per l'edilizia abitativa della Sardegna, nel frattempo succeduta all'IACP, ha ritenuto di dovere modificare l'entita' del canone di locazione dovuto da Giuliano Bocco per l'alloggio di servizio in oggetto, aggiornandolo secondo i criteri di cui alla legge regionale n. 13/1989, stante la mancata adozione nelle more dei decreti del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentiti i Ministri interessati e il comitato per l'edilizia residenziale, di cui al citato art. 1 comma 3 della legge n. 52/1976. Area ha quindi chiesto a Giuliano Bocco il pagamento della differenza tra il canone previsto in contratto e quello rideterminato ai sensi delle leggi regionali citate, con decorrenza dal mese di luglio 2003. In ragione del rifiuto opposto dal conduttore assegnatario dell'alloggio di servizio, area ha chiesto e ottenuto da questo tribunale l'emissione di un decreto ingiuntivo, n. 2508/2016 dell'8 novembre 2016, per l'importo di euro 36.427,96, pari, appunto, alla differenza tra i canoni pattuiti in contratto e quelli aggiornati in applicazione della normativa regionale richiamata, con decorrenza dal'1° luglio 2003 al 30 giugno 2016. Contro il decreto monitorio Giuliano Bocco ha proposto tempestiva opposizione, censurando la legittimita' della pretesa dell'ente gestore dell'alloggio a cagione della incostituzionalita' delle norme applicate da area: per violazione, in particolare, degli articoli 3 e 117, lettere d) e g) della Costituzione, avendo legiferato la Regione Sardegna in una materia riservata in via esclusiva alla competenza legislativa statale, oltretutto in modo da determinare un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto agli appartenenti alle categorie di cui alla legge n. 52/1976 del resto del territorio nazionale. Tempestivamente costituitasi nel giudizio di opposizione, area ha resistito alle avverse pretese, sostenendo, nella sostanza, la legittimita' della propria pretesa e la conformita' alla costituzione dell'art. 4 della legge regionale n. 7/2003. Al riguardo, area ritiene sostanzialmente che la materia dell'edilizia residenziale pubblica, a seguito della modifica del titolo V della costituzione di cui all'art. 3 legge costituzionale n. 3/2011, rientri ormai nelle materie di competenza legislativa regionale e che nella generale categoria dell'edilizia residenziale pubblica debbano comprendersi anche gli alloggi di servizio di cui alla legge n. 52/1976. Il Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Autonoma della Sardegna n. 7 del 3 luglio 2003, che, come anticipato, presenta il seguente testo: art. 4 «Determinazione dei canoni di locazione degli alloggi realizzati per il personale militare» - «1. Per gli alloggi costruiti e gestiti ai sensi della legge 6 marzo 1976, n. 52, qualora non siano stati adottati da parte dei competenti Ministeri i decreti di determinazione dei canoni di locazione ai sensi dell'art. 1, comma 3, della stessa legge, gli stessi sono determinati secondo le disposizioni di cui alla legge regionale n. 13 del 1989, e successive modifiche ed integrazioni». La non manifesta infondatezza della questione dipende ad avviso del tribunale, dalle seguenti ragioni. E' noto che il legislatore nazionale aveva sentito l'esigenza di porre in essere degli «Interventi straordinari per l'edilizia a favore del personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato». A tal fine, con la legge 6 marzo 1976, n. 52 era stata «autorizzata la spesa di lire 125 miliardi per la costruzione a cura degli istituti autonomi per le case popolari di alloggi da assegnare in locazione semplice al personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato in attivita' di servizio». Era stato quindi previsto che, ferma la proprieta' degli alloggi in capo allo Stato, gli stessi sarebbero stati edificati e gestiti dagli IACP. Giusto il disposto dei comma 3 dell'art. 1 della legge era stato previsto che «i canoni di locazione e la quota annua da destinare agli istituti autonomi delle case popolari per le spese di gestione saranno stabiliti con decreto del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentiti i Ministri interessati e il comitato per l'edilizia residenziale». Gia' in passato si era posta la questione se, in mancanza dell'adozione dei decreti in parola, gli enti gestori degli alloggi potessero autonomamente rideterminare e aggiornare l'entita' dei canoni previsti nei relativi contratti di locazione, applicando criteri e regole dettati dalla normativa regionale in tema di edilizia residenziale pubblica. Trattasi, quindi, di questione non estranea a questo tribunale, ne' alla giurisprudenza della Cassazione e della stessa Corte costituzionale. In particolare, l'ex IACP aveva ritenuto che in virtu' della legge n. 560/1993 gli alloggi di servizio in esame fossero stati integralmente attratti nella sfera dell'edilizia residenziale pubblica e aveva quindi preteso di rideterminare i canoni relativi a tali alloggi secondo le previsioni della legge regionale sarda n. 13/1989, introdotta, appunto, per la disciplina regionale delle assegnazioni e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. All'esito di un giudizio di merito instaurato da un gruppo di conduttori di alcuni alloggi di servizio assegnati ai medesimi ai sensi della legge n. 52/1976, la Corte di Appello di Cagliari, con sentenza n. 85/1997, dopo avere premesso la peculiarita' degli alloggi di servizio in questione e la loro estraneita' alla generalita' degli alloggi di ERP, anche in ordine agli aspetti concernenti la determinazione e l'aggiornamento dei relativi canoni, aveva escluso che con la legge n. 560/1993 il legislatore nazionale avesse inteso operare la equiparazione pretesa dallo IACP, considerato che tale legge aveva limitato l'equiparazione degli alloggi di servizio a quelli di ERP ai soli lini della loro inclusione nei piani di vendita degli alloggi. La Corte d'Appello aveva quindi escluso, ai tini della determinazione dei canoni, la applicabilita' della legge regionale 16 aprile 89, n. 13 anche agli alloggi di servizio edificati e assegnati ai sensi della legge n. 52/1976. La Corte di Cassazione (Sez. 1, Sentenza n. 1731 del 2 marzo 1999), investita della questione a seguito del ricorso proposto proprio avverso la sentenza della Corte d'Appello di Cagliari, aveva pienamente confermato ia impostazione della corte cagliaritana, considerato che gli alloggi in questione erano stati costruiti con fondi statali in virtu' della legge 52/1976 per essere assegnati al personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'arma dei carabinieri, del corpo della guardia di finanza, dei corpo degli agenti di custodia e del corpo forestale in attivita' di servizio, che dalle funzioni trasferite alle regioni ordinarie erano state escluse (art. 93.3 decreto del Presidente della Repubblica n. 616/77) quelle relative agli alloggi di servizio del personale civile e militare dello Stato e che la legge n. 560/1993 si era limitata alla equiparazione tra le due categorie di alloggi pubblici ai soli fini della disciplina della loro alienazione. La Cassazione aveva quindi escluso dalla sfera di applicazione della legge regionale sarda n. 13 del 1989 gli alloggi in parola. Ma il rilievo maggiore si rinviene nei principi chiariti dalla Suprema Corte con la sentenza resa a Sezioni Unite n. 19548 del 19 dicembre 2013. La Cassazione in tale occasione ha avuto modo di precisare: che l'affermazione secondo cui tutti gli alloggi, per il solo fatto della loro appartenenza allo Stato e agli enti pubblici, siano ascrivibili alla categoria della edilizia residenziale pubblica e' superata dalla nozione di edilizia residenziale pubblica, introdotta dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, in sostituzione di quella edilizia economica e popolare in precedenza vigente, che definisce l'attivita' posta in essere dallo Stato e da altri enti pubblici per provvedere direttamente o indirettamente all'apprestamento e alla messa a disposizione dei cittadini di abitazioni a basso costo destinate in particolare ai ceti meno abbienti; che, pertanto, tale nozione non puo' estendersi a tutti gli alloggi appartenenti allo Stato e da esso costruiti per la realizzazione di finalita' non gia' di carattere sociale, bensi' strettamente funzionali all'attuazione degli scopi piu' immediati dell'azione amministrativa:, che tra gli immobili che non rientrano nella disciplina dell'edilizia residenziale pubblica vi sono, tra gli altri, proprio gli alloggi di servizio; che l'eccezionalita' della disciplina di cui alla legge n. 52 del 1976 si rinviene anche in ordine allo speciale criterio di determinazione del canone degli alloggi di servizio, che costituisce eccezione rispetto ai criteri di determinazione del canone degli alloggi di ERP; che, in ordine alla questione della esatta delimitazione della nozione di alloggio di servizio, se cioe' essa debba essere circoscritta agli alloggi strumentali per lo svolgimento del servizio, e per cio' stesso gratuiti (alloggi di servizio in senso stretto), o debba essere esteso fino a comprendere anche gli alloggi di servizio concessi a pagamento ai dipendenti statali nell'intento di evitar loro le difficolta' di soddisfare l'esigenza primaria dell'abitazione nelle localita' ove maggiore e' la crisi degli alloggi, eliminando cosi' i riflessi negativi di tale situazione sul funzionamento degli uffici, deve essere preferita quest'ultima interpretazione; che tale interpretazione era stata fatta propria dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza 15 novembre 1985, n. 287, e con la decisione in data 7 dicembre 1994, n. 417, la quale, pronunciando su una questione di costituzionalita' sollevata nei confronti della legge 24 dicembre 1993, n. 560, aveva ribadito che il concetto di alloggio di servizio che definisce la riserva di competenza statale comprende anche gli immobili di proprieta' dello Stato e di enti pubblici destinati ad uso abitativo dei propri dipendenti, la cui assegnazione sia comunque condizionata dalla prestazione di un servizio determinato presso uffici del luogo in cui si trova l'immobile, poiche' tali immobili, non meno degli alloggi di servizio in senso stretto, si differenziano dalla destinazione propria dell'edilizia residenziale pubblica in quanto hanno in via primaria una finalita' organizzativa del buon andamento della pubblica amministrazione, facilitando ai suoi dipendenti il reperimento nella sede del proprio ufficio di appartamenti decorosi con un canone di affitto proporzionato allo stipendio, e solo indirettamente, e non necessariamente, contribuiscono alla finalita' sociale generale di favorire l'accesso all'abitazione dei cittadini meno abbienti. Le sezioni unite avevano quindi concluso ribadendo il principio secondo cui la disciplina in materia di determinazione del canone di locazione degli alloggi di servizio deve essere quella prevista dall'art. 1, comma 3, della legge 6 marzo 1976, n. 52. Ora, proprio dall'esame delle pronunce della Corte costituzionale richiamate dalla Cassazione si evince come il giudice delle leggi avesse chiarito che dovevano ritenersi inclusi nella riserva di competenza statale anche gli alloggi di servizio in senso lato, cioe' gli alloggi di proprieta' dello Stato o di enti pubblici destinati ad uso abitativo dei loro dipendenti condizionatamente alla prestazione in loco di un determinato servizio, e che la relativa normativa e' eccezionale rispetto a quella generale degli alloggi di ERP, tanto che la legge n. 560/93, con apposita, quanto eccezionale, disposizione, aveva dovuto precisare che la possibilita' di alienazione era prevista oltre che per gli alloggi di edilizia residenziale, anche per quelli di servizio (diversi da quelli esclusi dall'art. 1, comma 3). La Consulta aveva inoltre precisato: che gli alloggi di cui alla legge n. 52 del 1976, destinati al personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri e di altri corpi speciali dello Stato, sono sicuramente estranei al concetto di edilizia residenziale pubblica; che lo scopo della legge n. 560/1993 non era certo quello di ridisegnare questa categoria ai fini della disciplina giuridica generale; e che si tratta di alloggi non costituenti una submateria dell'edilizia residenziale pubblica bensi' una categoria distinta. Particolarmente significativo, ad avviso di questo tribunale, e' il passaggio della sentenza n. 417 del 7 dicembre 1994 in cui si afferma: «la Corte non ha ragione di discostarsi dalla sua giurisprudenza, rappresentata dalla sentenza n. 287 del 1985, condivisa dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato, secondo cui il concetto di alloggio di servizio, che definisce la riserva di competenza statale piu' volte rammentata, comprende anche gli immobili, di proprieta' dello Stato o di enti pubblici, destinati ad uso abitativo dei propri dipendenti, la cui assegnazione sia comunque condizionata dalla prestazione di un servizio determinato presso gli uffici del luogo in cui si trova l'immobile (c.d. alloggi di servizio in senso ampio). Tali immobili, non meno degli alloggi di servizio in senso stretto, si differenziano dalla destinazione propria dell'edilizia residenziale pubblica. Questa ha essenzialmente ed esclusivamente finalita' sociali» (cfr. sentenza n. 347 del 1993), che la qualificano come servizio pubblico deputato alla «Provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti» (sentenze nn. 155 e 217 del 1988). Gli alloggi di servizio, invece, hanno primariamente una finalita' organizzativa del buon andamento della pubblica amministrazione, facilitando ai suoi dipendenti, e cosi' favorendone la mobilita', il reperimento nella sede del loro ufficio di appartamenti decorosi con canone di affitto proporzionato allo stipendio. Solo indirettamente e non necessariamente essi contribuiscono alla finalita' sociale generale di favorire l'accesso all'abitazione dei cittadini meno abbienti. La detta finalita' organizzativa integra la materia degli alloggi di servizio nel trattamento normativo del pubblico impiego statale o parastatale, e quindi esige che l'assegnazione degli alloggi, in affitto o eccezionalmente in proprieta', sia regolata da condizioni uniformi su tutto il territorio nazionale, in guisa di evitare disparita' di trattamento. Sotto questo profilo, che coinvolge il principio di razionalita', l'interpretazione, qui confermata, della riserva di competenza statale nella materia de qua trova conforto nel criterio statuito dalla sentenza n. 217 del 1988, per cui le competenze legislative provinciali (o regionali) incontrano in ogni caso precisi limiti costituzionali posti a presidio di imprescindibili esigenze unitarie riconoscibili su scala nazionale. In ragione dei principi appena ricordati, cosi' come spiegati dalla Corte costituzionale e fatti propri dalla Cassazione, non sembra a questo tribunale che un mutamento di indirizzo possa essere derivato dalla riforma dell'art. 117 Cost., di cui all'art. 3 legge costituzionale n. 3/2001, ne' dalle previsioni di cui al decreto legislativo n. 112/1998. Al riguardo, area sostiene che la disciplina dell'entita' dei canoni di locazione degli alloggi di servizio non rientri tra quelle riservate allo Stato ai sensi dell'art. 117, commi 2 e 3, cost. e che, pertanto, rientri nella competenza legislativa regionale ai sensi dell'art. 117, comma 4, cost. Ad avviso di area, la tesi in parola sarebbe stata accolta anche dalla Corte di Appello di Cagliari in una recente sentenza, n. 339/2009, con cui, mutando il proprio precedente indirizzo, il giudice di appello avrebbe oltretutto ritenuto che la potesta' normativa in materia di determinazione del canone degli alloggi di servizio sarebbe stata attribuita alle Regioni dal decreto legislativo n. 112/2008. Ad avviso di questo tribunale, tuttavia, le ragioni di area volte a difendere la legittimita' costituzionale dell'art. 4 legge regionale n. 7/2003 non appaiono condivisibili, cosi' come non appare condivisibile il ragionamento della Corte di Appello sviluppato nella sentenza richiamata. A parte la circostanza che in detta sentenza nemmeno e' indicata la norma del decreto legislativo n. 112/2008 che avrebbe esteso la potesta' normativa delle Regioni alla materia di alloggi di servizio, compreso l'aspetto della determinazione del relativo canone, deve osservarsi come il decreto legislativo n. 112/2008, disciplinante il «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59», al Titolo III - Territorio ambiente e infrastrutture, Capo II - Territorio e urbanistica, Sezione III - Edilizia residenziale pubblica, si sia limitato alla riorganizzazione del riparto delle competenze funzionali tra Stato ed enti territoriali limitatamente alla materia della edilizia residenziale pubblica, senza effettuare non solo alcuna equiparazione tra gli alloggi di ERP e quelli di servizio, ma nemmeno addirittura alcun richiamo, neppure implicito, a quest'ultima tipologia di alloggi. Dalla semplice lettura delle relative disposizioni normative, di cui agli articoli dal 59 al 64, si evince peraltro come la materia trattata dal legislatore sia stata esclusivamente quella della edilizia residenziale pubblica nella sua classica accezione, quale strumento di intervento sociale a tutela delle fasce deboli: nel quadro degli obiettivi generali delle politiche sociali ... definizione dei criteri per, favorire l'accesso al mercato delle locazioni dei nuclei familiari meno abbienti e agli interventi concernenti il sostegno finanziario al reddito. Pertanto, ad avviso del tribunale, deve ritenersi che laddove all'art. 60, lettera e), e' stata individuata tra le funzioni assegnate alle Regioni anche quella avente ad oggetto la «fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale destinati all'assistenza abitativa, nonche' alla determinazione dei relativi canoni», il legislatore abbia inteso circoscrivere la relativa competenza alla sola materia della ERP strettamente, storicamente e ordinariamente intesa, senza includervi quella degli alloggi di servizio o degli alloggi pubblici destinati ad altre e diverse finalita'. Allo stesso modo, non appare pertinente il richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 94/2007. Con la pronuncia in esame, difatti, la Consulta si e' occupata di numerosi ricorsi proposti da diverse Regioni sostenenti che la materia dell'edilizia residenziale pubblica rientri ormai nella competenza legislativa regionale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. Nel dichiarare fondati i ricorsi, la Corte si e' tuttavia pronunciata sulla sola materia della «edilizia residenziale pubblica», senza avervi affatto incluso gli alloggi di servizio, rispondenti, come piu' volte precisato, a obiettivi di politica legislativa differenti e pertanto ricompresi in altre materie. Ne', in alcun modo, appare che la Corte abbia solo ventilato la possibilita' considerare compresi nella materia della ERP dalla stessa trattata in sentenza anche gli alloggi di servizio di cui alla legge n. 52/1976. Poco rileva, pertanto che la Corte abbia individuato tre livelli di potenziale disciplina normativa della materia, evidenziando che il terzo livello, attinente alla gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale, rientri nella competenza delle Regioni ai sensi del quarto comma dell'art. 117 cost. Fermo quanto appena esposto, nel rinnovato assetto costituzionale di riparto delle competenze tra Stato e Regioni, ad avviso del tribunale nulla e' mutato in ordine alla materia nella quale sono attratti gli alloggi di servizio. Difatti, se e' vero, come gia' enunciato dalla Corte costituzionale, che tutti gli alloggi di servizio, sia quelli in senso stretto che quelli in senso ampio, si differenziano dalla destinazione propria dell'edilizia residenziale pubblica, avendo primariamente una finalita' organizzativa del buon andamento della pubblica amministrazione, rispondendo solo indirettamente e non necessariamente a finalita' sociale generale di favorire l'accesso all'abitazione dei cittadini meno abbienti, e se e' vero che la detta finalita' organizzativa integra la materia degli alloggi di servizio nel trattamento normativa del pubblico impiego statale o parastatale, e quindi esige che l'assegnazione degli alloggi, in affitto o eccezionalmente in proprieta', sia regolata da condizioni uniformi su tutto il territorio nazionale, in guisa di evitare disparita' di trattamento a presidio di imprescindibili esigenze unitarie riconoscibili su scala nazionale, ad avviso del tribunale nel rinnovato assetto di cui al modificato art. 117 cost. la disciplina degli alloggi di servizio dovrebbe trovare la sua collocazione nelle materie di cui: alle lettera d) e h), in quanto gli alloggi di servizio sono funzionalmente strumentali al buon andamento della pubblica amministrazione di appartenenza del beneficiario dell'alloggio e, trattandosi nel caso di specie, di alloggi destinati al personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato, la relativa disciplina attiene all'organizzazione e al conseguente buon andamento della Difesa, delle Forze armate e della sicurezza dello Stato, nonche' dell'ordine pubblico e della sicurezza; alla lettera g), quanto al buon andamento dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali in generale. Che la disciplina normativa della materia in esame debba essere riservata allo Stato si desume anche dalla esigenza, piu' volte evidenziata dalla Corte costituzionale, che, stante la loro funzione strumentale all'organizzazione e al conseguente buon andamento della pubblica amministrazione, vi sia una sostanziale omogeneita' di disciplina su tutto il territorio nazionale, in guisa di evitare disparita' di trattamento a presidio di imprescindibili esigenze unitarie riconoscibili su scala nazionale. Esigenza che verrebbe irrimediabilmente frustrata qualora i criteri di determinazione del canone degli alloggi di servizio potessero essere disciplinati in maniera differente sul territorio nazionale, cosi' determinando un irragionevole disparita' di trattamento in violazione dell'art. 3 cost. Tanto piu' che i criteri di determinazione dell'entita' del canone degli alloggi di ERP prescritti dalla legge regionale sarda n. 13/1989, la cui applicazione agli alloggi di servizio di cui alla legge n. 52/1976 e' stata appunto prevista espressamente dall'art. 4 legge regionale, n. 7/2003, nulla hanno a che vedere con la funzione propria degli alloggi di servizio in parola, essendo calibrati essenzialmente sull'esigenza sociale di tutela delle fasce deboli in ragione del reddito e delle peculiarita' disagevoli del nucleo familiare. La legge regionale sarda in esame, pertanto, appare costituzionalmente illegittima sia per avere il legislatore regionale invaso un campo che l'art. 117 cost. riserva in via esclusiva al legislatore statale, sia per avere realizzato, in violazione dell'art. 3 cost., un risultato palesemente discriminatorio a danno degli assegnatari degli alloggi di servizio della Sardegna rispetto a quelli delle altre regioni italiane. E' appena il caso di evidenziare che le scelte di politica legislativa statale, che nel caso di specie hanno avuto l'effetto di favorire gli appartenenti alle forze armate e alle altre categorie beneficiarie degli alloggi di servizio, non sono certo censurabili, in quanto pacificamente giustificate dalle esigenze al cui soddisfacimento alloggi in discorso sono funzionai mente preordinati. Cade in errore area, pertanto, quando a giustificazione della norma regionale sotto accusa evidenzia che la norma mira a porre rimedio all'inerzia dello Stato, che, non emanando i decreti ministeriali di cui al comma 3 dell'art. 1 legge n. 52/1976, ha di fatto determinato la formazione di una sacca di privilegio a favore di categorie di soggetti che pagano canoni di entita' assolutamente irrisoria, sia in generale, che rispetto alla generalita' degli assegnatari degli immobili di ERP. Non e' dato superare i profili di illegittimita' segnalati attraverso la strada dell'interpretazione costituzionalmente orientata, che consente di evitare il giudizio davanti alla Corte costituzionale allorquando al giudice sia offerta un'opzione ermeneutica in armonia con il dettato costituzionale. Nel caso di specie, difatti, lo strumento interpretativo non permette di individuare alcuna soluzione rispettosa dei principi costituzionali per i quali viene denunciata la violazione, considerato che la norma regionale censurata prevede espressamente l'applicazione di altra legge regionale ai tini della determinazione dei canone di locazione degli alloggi di cui alla legge n. 52/1976. La questione di legittimita' costituzionale appare altresi' rilevante, considerato che senza una pronuncia di illegittimita' dell'art. 4 legge regionale n. 7/2003, l'applicazione di questa determinerebbe il diritto di area di pretendere il pagamento delle somme oggetto del decreto ingiuntivo opposto, pari alla differenza tra i canoni contrattualmente previsti e quelli ricalcolati dall'ente gestore ai sensi della legge regionale n. 13/1989, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge denunciata. Se, invece, l'art. 4 citato dovesse essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, le somme anzidette non sarebbero dovute e l'opponente Giuliano Bocco sarebbe tenuto a pagare ad area il canone cosi' come determinato in contratto, salvi gli aggiornamenti ed adeguamenti frutto del procedimento di cui comma 3 della legge n. 52/1976, ma non quelli ricalcolati da area in applicazione dei criteri di cui ad altra regionale, la legge n. 13/1989, disciplinante i soli alloggi di ERP. Il presente procedimento, non potendo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della segnalata questione di legittimita' costituzionale deve essere, conseguentemente, sospeso.