Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (codice fiscale: 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale: 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (fax 0696514000 - PEC: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) - ricorrente; Contro Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale attualmente in carica - resistente; per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 5 e 6 della legge regionale Liguria 1° giugno 2020 n. 10, recante «Istituzione del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure di restrizione della liberta' personale», pubblicata nel BUR n. 5 del 10 giugno 2020. La Regione Liguria ha approvato ed emanato la legge n. 10/2020 con cui in tredici articoli ha istituito la figura del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della liberta' personale. Ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, due di queste nuove norme sono in contrasto con la Costituzione in quanto invadono indebitamente la sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di disciplina dell'immigrazione, di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza e di ordinamento e giurisdizione penale. Con il presente atto, pertanto, la Presidenza del Consiglio dei ministri deve impugnare la legge regionale in questione, limitatamente alle norme in epigrafe indicate, per il seguenti Motivi 1) - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge Regionale 1° giugno 2020 n. 10 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettere b), h) e l) della Costituzione. La norma in rubrica prevede alla lettera f) che il Garante dei diritti delle persone soggette a misure restrittive della liberta' personale possa visitare centri di permanenza temporanea per stranieri e posti di polizia senza alcun riferimento alle modalita' e alle condizioni in presenza delle quali questo potere puo' essere esercitato. La disciplina statale di settore, con riferimento alla figura del Garante nazionale e proprio avute presenti le peculiarita' delle condizioni dei soggetti trattenuti in quei luoghi, prevede diverse modalita' di accesso agli stessi (art. 7 del D.L. 146/2013) dettando specifiche disposizioni attuative che assicurino la sicurezza ed il mantenimento dell'ordine pubblico all'interno di quelle strutture, nonche' il rispetto delle norme sul trattamento dello straniero in attesa di espulsione e delle garanzia delle eventuali attivita' investigative in corso. La norma regionale in questione invece si limita a prevedere che l'accesso del Garante ai centri di permanenza per i rimpatri si puo' svolgere «incontrando liberamente i soggetti ivi reclusi» senza alcuna disposizione che disciplini modalita' o limitazioni. In questo, la norma regionale eccede di gran lunga la competenza legislativa delle regioni. La disciplina sull'immigrazione, infatti, e' di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera b) della Costituzione. Essa comprende evidentemente anche gli aspetti del trattamento degli stranieri in attesa dell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione, nonche' la regolamentazione delle modalita' di loro trattenimento nei centri e soprattutto le modalita' in presenza delle quali i Garanti possono accedere a quei luoghi (ad esempio, proprio con riferimento ai garanti regionali e' necessaria la preventiva autorizzazione della Prefettura ai sensi dell'art. 6 del DM Interno 6 ottobre 2014 emanato in attuazione degli articoli 20, 21 e 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999). Trattandosi quindi di materia interamente ed esclusivamente regolata dallo Stato, la norma regionale che invade questa competenza regolando la materia stessa in modo difforme dalla regola statale non e' costituzionalmente legittima. Ma tale illegittimita' emerge anche sotto diverso profilo. E' chiaro che la disciplina statale che regola le modalita' di accesso ai luoghi ove sono trattenuti gli stranieri, dettando disposizioni necessariamente limitative, si pone a tutela anche della sicurezza e dell'ordine pubblico nonche' a protezione delle indagini che fossero eventualmente in corso. Basti pensare che il gia' citato art. 7 del D.L. 146/2013 prevede che l'accesso del Garante ai luoghi comunque destinati ad esigenze restrittive deve avvenire previo avviso e senza che si possa generare danno per le attivita' investigative in corso. E quindi una norma regionale che consenta al Garante l'accesso indiscriminato, incondizionato ed illimitato nei luoghi in questione lede anche le prerogative legislative statali in materia di ordine e sicurezza e - per quanto concerne gli aspetti investigativi - anche di giurisdizione penale, prerogative assicurate dall'art. 117, comma 2, lettere h) ed l) della Costituzione. 2) - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 5, della legge Regionale 1° giugno 2020 n. 10 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettere b) h) e l) della Costituzione. Le medesime criticita' sopra evidenziate affliggono anche il successivo art. 6 della legge regionale ligure. Questa norma, nell'elencare i poteri del Garante, prevede al comma 5 che egli possa, a seguito di una segnalazione circa il mancato rispetto dei diritti dei detenuti, «intimare all'ufficio competente la risoluzione e, comunque la rimozione, dell'irregolarita' nel termine di quindici giorni». Il Garante regionale, dunque viene ad avere «super poteri» rispetto al suo di conseguenza meno potente omologo nazionale. L'art. 7, comma 5, lettera f) del D.L. 146/2013 attribuisce al Garante nazionale esclusivamente il potere di formulare, nell'ambito dell'ordinamento penitenziario «specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata» che in caso di diniego «comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni». E' evidente che questa palese differenza nell'attribuzione dei poteri alle due figure di garanti - quello nazionale e quello regionale - non puo' essere ammessa. Sia che si tratti di immigrati irregolari, sia che si tratti di normali detenuti il garante regionale non puo' sovrapporsi autoritativamente agli organi che secondo la disciplina dello Stato hanno la competenza ad adottare, nella loro discrezionalita', i provvedimenti necessari a risolvere eventuali criticita' nel trattamento dei soggetti sottoposti a misure restrittive della liberta' personale. Il rapporto tra il Garante e gli uffici/organi dell'amministrazione statale competente secondo l'ordinamento penitenziario non puo' seguire regole diverse da quelle dettate dallo Stato, e se il Garante statale non ha il potere di ordinare agli uffici statali, questo potere non lo deve avere certamente il Garante regionale. E' appena ovvio rilevare che le norme che lo Stato detta nella materia appartengono all'ordinamento penitenziario e quindi all'ordine e sicurezza pubblica nonche' all'ordinamento penale, e sono riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettere h e l) della Costituzione.