Ricorso (ex art. 32 della legge  11  marzo  1953,  n.  87)  della
Regione del Veneto (c.f.  80007580279),  in  persona  del  Presidente
della Giunta  regionale  pro  tempore,  Luca  Zaia,  rappresentata  e
difesa, ai sensi della delibera  della  Giunta  regionale  11  agosto
2020, n. 1145, giusta procura a  margine  del  presente  atto,  dagli
avv.ti prof. Mario Bertolissi (c.f.  BRTMRA48T28L483I)  del  Foro  di
Padova;  Franco  Botteon  (c.f.   BTTFNC61L01M089S)   dell'Avvocatura
regionale; nonche' dall'avv. Andrea Manzi (c.f. MNZNDR64T26I804V) del
Foro di Roma,  presso  il  quale  e'  domiciliata  in  Roma,  via  F.
Confalonieri,    n.    5    (fax:    06.3211370;    pec    abilitata:
andreamanzi@ordineavvocatiroma.org) contro Presidenza  del  Consiglio
dei ministri, in persona del Presidente del  Consiglio  dei  ministri
pro tempore, domiciliato ex lege presso l'Avvocatura  generale  dello
Stato, in via dei Portoghesi, n. 12 - 00186 Roma, per la declaratoria
di illegittimita' costituzionale  
        a) dell'art. 112, 1° comma, della legge 17  luglio  2020,  n.
77: Conversione in legge, con  modificazioni,  del  decreto-legge  19
maggio 2020, n. 34, recante misure  urgenti  in  materia  di  salute,
sostegno al lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche  sociali
connesse all'emergenza epidemiologica  da  Covid-19  (pubblicata  nel
Supplemento ordinario n. 25 della Gazzetta Ufficiale  del  18  luglio
2020 n. 180); 
        b) dell'art.  112,  comma  1-bis,  della  medesima  legge  n.
77/2020; 
        c) dell'art. 112-bis della citata legge n. 77/2020; 
    Per violazione degli articoli 3, 5, 97,  114,  118  e  119  della
Costituzione 
 
                                Fatto 
 
    Con questo atto, la Regione Veneto intende: 
        a) riproporre, nei confronti dell'art. 112, 1°  comma,  della
legge di  conversione  n.  77/2020,  tutte  le  censure  rivolte  nei
riguardi dell'originario art. 112 del decreto-legge 19  maggio  2020,
n. 34 (nel testo risultante  dalla  rettifica  operata  con  apposito
avviso), impugnato con ricorso in via di azione, recante il numero di
ruolo 60/2020; 
        b) formulare specifici motivi di impugnazione, in  ordine  ai
disposti introdotti dalla legge di conversione  n.  77/2020,  di  cui
all'art. 112, comma 1-bis, e all'art. 112-bis. 
  A. Relativamente all'art.  112,  1°  comma,  del  decreto-legge  n.
34/2020, convertito dall'art. 112, 1° comma, della legge n.  77/2020,
senza alcuna apprezzabile modificazione. 
    1. Come e' noto,  alcune  regioni,  piu'  di  altre,  sono  state
interessate  dalla  pandemia  da   coronavirus:   denominata,   pure,
emergenza epidemiologica  Covid-19.  Incerti  il  tempo  e  il  luogo
d'ingresso, ed anche i caratteri del virus, mentre ricerche  in  atto
tendono a far risalire a fine 2019 la prima diffusione del malanno in
Italia, quel che e' certo e'  che  «l'Organizzazione  mondiale  della
sanita' il 30 gennaio  2020  ha  dichiarato  l'epidemia  da  Covid-19
un'emergenza di sanita' pubblica di rilevanza internazionale», mentre
con «delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (...) e'
stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul  territorio
nazionale relativo al rischio sanitario  connesso  all'insorgenza  di
patologie derivanti da agenti  virali  trasmissibili»  (cosi',  nelle
premesse del decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  1º
marzo  2020,  assunto  ex  decreto-legge  23  febbraio  2020,  n.  6,
convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo  2020,  n.  13,  a
proposito del quale, e non solo, v., ad es.,  G.M.  Salerno,  Diritto
«emergenziale»: un opportuno riordino per ristabilire i principi,  in
Guida al Diritto, n. 17/2020, 25 ss.; M. Clarich - G.  Fonderico,  Il
legislatore cerca di riportare al «centro»  i  poteri  di  ordinanza,
ivi, 29 ss., nonche' M. Luciani, Il sistema delle fonti  del  diritto
alla prova dell'emergenza, in Rivista AIC, n. 2/2020, e  A.  Celotto,
Necessitas  non  habet  legem?  Prime  riflessioni   sulla   gestione
costituzionale dell'emergenza coronavirus,  Mucchi  Editore,  Modena,
2020). 
    Viste le incertezze incombenti e,  quindi,  «in  conseguenza  del
perdurare  delle  straordinarie  esigenze  connesse  allo  stato   di
emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in  data  31  gennaio
2020, per l'anno 2020» (1° comma), «I termini di scadenza degli stati
di emergenza (...), in scadenza entro il 31 luglio 2020  e  non  piu'
prorogabili ai sensi della  vigente  normativa,  sono  prorogati  per
ulteriori sei mesi» (4° comma): cosi', l'art. 14 del decreto-legge 19
marzo 2020, n. 34, cosiddetto rilancio. 
    2. Il carattere particolarmente aggressivo del virus,  largamente
diffusosi in alcuni territori del  Nord  d'Italia,  ha  costretto  il
Governo e le regioni interessate ad adottare  misure  particolarmente
restrittive di talune essenziali liberta': a cominciare da quella  di
circolazione e soggiorno, di cui all'art. 16 della Costituzione.  Non
a caso, si e'  parlato,  in  proposito,  di  blocco  totale  di  ogni
attivita', con conseguenze metaforicamente riconducibili agli arresti
domiciliari  di  massa,  imposti  dalla  gravita'  degli  eventi.  E'
evidente che una simile situazione ha avuto pesantissime ricadute sul
piano economico e sociale, tant'e' vero che ha indotto il  Governo  a
intervenire con provvidenze ad hoc. 
    3.  Di  esse  si  e'  occupato,  tra  l'altro,  l'art.  112   del
decreto-legge n. 34/2020, la cui rubrica e'  fondo  comuni  ricadenti
nei territori delle Province di Bergamo,  Brescia,  Cremona,  Lodi  e
Piacenza e comuni dichiarati zona rossa. Il  testo  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale del 19 maggio 2020, n. 128, e' il seguente: «1. In
considerazione della particolare gravita' dell'emergenza sanitaria da
Covid-19 che ha interessato i comuni delle province di cui al comma 6
dell'art. 18 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nonche' i comuni
dichiarati  zona  rossa,  sulla  base  di  provvedimenti  statali   o
regionali,  entro  il  3  maggio  2020  per  almeno   trenta   giorni
consecutivi, e' istituito presso il Ministero dell'interno  un  fondo
con una dotazione di 200 milioni di euro per l'anno 2020,  in  favore
dei predetti comuni.  Con  decreto  del  Ministero  dell'interno,  da
adottarsi entro dieci giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, e' disposto il riparto del  contributo  di  cui  al
primo periodo  sulla  base  della  popolazione  residente.  I  comuni
beneficiari devono destinare le risorse di cui al periodo  precedente
ad interventi di sostegno di carattere economico e  sociale  connessi
con  l'emergenza  sanitaria  da  Covid-19.  All'onere  derivante  dal
presente articolo, pari a 200 milioni di euro  per  l'anno  2020,  si
provvede ai sensi dell'art. 265». 
    Ma nella Gazzetta Ufficiale del giorno successivo, il 20  maggio,
n. 129, e' comparso un avviso  di  rettifica  cosi'  concepito:  «Nel
decreto-legge citato  in  epigrafe,  pubblicato  nel  sopra  indicato
supplemento ordinario: - alla pagina 111, all'art. 112: nella rubrica
le parole: "e comuni dichiarati zona rossa" sono soppresse; al  comma
1, primo periodo, le parole: "nonche' i comuni dichiarati zona rossa,
sulla base di provvedimenti statali o regionali, entro  il  3  maggio
2020 per almeno trenta giorni consecutivi, ..." sono soppresse». 
    Che cosa e' accaduto? Come si precisera' tra breve, la  rimozione
- conseguente alla citata soppressione di incisi - dei  comuni  delle
Province di Padova, Treviso e Venezia  dal  novero  degli  enti,  che
hanno subito le note mutilazioni  inferte  ai  territori  qualificati
come zone rosse (oggi, se ne parla anche per  eventuali  risvolti  di
carattere penale: v., ad es.,  P.  Russo,  Industrie  aperte  in  Val
Seriana: nuova inchiesta, in il mattino di Padova, 15 giugno 2020, 5,
e F. Ratto Trabucco, Fra omissioni, contraddizioni e riduzionismo: le
responsabilita' degli organi deputati alla sanita' pubblica  italiana
nella   prevenzione   della   pandemia   Covid-19,   in   corso    di
pubblicazione),  ha  comportato  una  sicura  lesione  di  molteplici
parametri costituzionali: in particolare, degli articoli 3,  5,  114,
118 e 119, per una evidenza a dir poco solare, che trova il suo  piu'
generale fondamento nell'antico precetto, secondo cui Ubi eadem legis
ratio, ibi eadem legis dispositio. Come, del resto, il Consiglio  dei
ministri aveva deciso - salvo la dubbia rettifica -, essendo evidente
che il suo Presidente ne conosce il significato: che e' di «Principio
giuridico rilevante in tema di interpretazione della legge, in virtu'
del quale si ritiene che casi simili debbano essere regolati da norme
di  legge  ispirate  dalla  stessa  ratio   legis:   si   tratta   di
un'applicazione specifica del principio della parita' di trattamento,
per il quale a casi simili devono corrispondere norme simili» (F. del
Giudice, Dizionario giuridico romano, Esselibri, Napoli, 2010, 515). 
    4. Del resto, per convincersi della bonta' di  questo  rilievo  -
che e', al tempo stesso, conclusione  e  premessa  -  e'  sufficiente
prendere  in  esame  il  dettato  normativo,  frutto   dell'emergenza
sanitaria. Si tratta di fatti a tutti noti, non contestabili. 
        a) Come ognuno ricordera', dopo molte incertezze - dipese dal
diffondersi di notizie contrastanti, nebulose nei loro significati  e
insuscettibili di costituire la base di provvedimenti consapevoli  -,
il Governo ha approvato il decreto-legge  23  febbraio  2020,  n.  6,
convertito, con modificazioni,  dalla  legge  5  marzo  2020,  n.  13
(abrogato, in parte, dall'art. 5 del decreto-legge 25 marzo 2020,  n.
19). E' l'atto avente forza di legge-base, che ha suscitato non poche
perplessita' sul piano costituzionale,  data  l'indeterminatezza,  in
particolare, dell'enunciato dell'art. 1,  1°  comma,  il  cui  inciso
finale e' il  seguente:  «le  autorita'  competenti  sono  tenute  ad
adottare  ogni  misura  di  contenimento  e   gestione   adeguata   e
proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica».  Il  2°
comma  elenca  talune  misure  tipiche,  mentre  l'art.  2   consente
l'adozione di ulteriori  misure  atipiche.  A  sua  volta,  l'art.  3
afferma che «Le misure (...) sono  adottate  (...)  con  uno  o  piu'
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta  del
Ministro della salute, sentito il Ministro dell'interno, il  Ministro
della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e  gli  altri
Ministri competenti per materia, nonche' i presidenti  delle  regioni
competenti, nel  caso  in  cui  riguardino  esclusivamente  una  sola
regione o alcune  specifiche  regioni,  ovvero  il  Presidente  della
Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in  cui  riguardino
il territorio nazionale» (in proposito,  ad  es.,  G.M.  Salerno,  Un
federalismo malato incapace di assicurare la tenuta dei principi,  in
Guida al Diritto, n. 14/2020, 8 ss., e  A.  Celotto,  Necessitas  non
habet legem?, cit., 9 ss. e 43 ss.). 
        b)    «Preso    atto    dell'evolversi    della    situazione
epidemiologica, del carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia
e dell'incremento dei casi anche sul territorio nazionale; Preso atto
che sul territorio nazionale e, segnatamente, nella Regione Lombardia
e nella Regione Veneto, vi sono diversi comuni nei quali ricorrono  i
presupposti di cui all'art. 1, comma 1, del richiamato decreto-legge»
n. 6/2020 (v. sub a), il Presidente del Consiglio dei ministri decide
di intervenire con  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 23 febbraio 2020 (in pari data), il cui art. 1  reca  questa
significativa rubrica: «Misure urgenti di contenimento  del  contagio
nei comuni delle Regioni Lombardia e Veneto». 
    Due sono le regioni interessate, all'origine: Lombardia e Veneto.
I comuni indicati nell'allegato 1 ricomprendono, quanto al Veneto, il
Comune di Vo', ed e' ad essi  che  si  applicano  le  piu'  drastiche
limitazioni, come si ricava dalla lettura  di  questi  disposti:  «a)
divieto di allontanamento dai comuni di cui all'allegato 1, da  parte
di tutti gli individui comunque presenti negli stessi; b) divieto  di
accesso nei comuni di cui all'allegato 1» (art. 1, 1° comma). Seguono
ulteriori  limitazioni,  destinate  ad   essere   estese   all'intero
territorio nazionale. 
        c)  «Visto  che  si  sono  verificati  finora  25  casi   nel
territorio della Regione del Veneto nei comuni di Vo' (PD) e di  Mira
(VE) (...). Preso atto dell'evolversi della situazione epidemiologica
globale (...). Vista la deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,
adottata nella riunione del 22 febbraio 2020, e ai sensi dell'art. 32
della legge n. 833/1978 (...)», e' assunta  l'ordinanza  23  febbraio
2020, sottoscritta dal Ministro della salute e dal  Presidente  della
Regione del Veneto. L'oggetto  e':  «Misure  urgenti  in  materia  di
contenimento e gestione dell'emergenza  epidemiologica  da  Covid-19.
Regione Veneto». 
        d) Le limitazioni piu' restrittive - sono stati denominati  i
relativi ambiti territoriali dalla vulgata zone rosse  -  sono  state
confermate dal decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  1º
marzo 2020,  che  ha  ampliato  il  numero  degli  enti  territoriali
interessati (allegati 1, 2 e 3). Atto normativo, che ha anticipato il
ben piu'  importante  e  significativo  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, di ulteriore  ampliamento  della
zona de qua (Allargata la «zona  rossa»  e  inasprite  le  azioni  di
contenimento dell'infezione, in Guida  al  Diritto,  n.  14/2020,  46
ss.). 
    Ai  fini  del  presente  giudizio,  pare  sufficiente  richiamare
qualche  essenziale  disposto,  il  quale  consente,  fin  d'ora,  di
chiarire quali sono stati gli enti territoriali colpiti da  singolari
limiti restrittivi e di che trattasi. 
    Ebbene, «Ritenuto necessario procedere a una rimodulazione  delle
aree nonche' individuare ulteriori misure a carattere nazionale»,  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri  decreta  -  per  il  tramite
dell'art. 1, 1° comma - che «Allo scopo di contrastare e di contenere
il diffondersi del virus Covid-19 nella  Regione  Lombardia  e  nelle
Province di Modena,  Parma,  Piacenza,  Reggio  nell'Emilia,  Rimini,
Pesaro e Urbino,  Alessandria,  Asti,  Novara,  Verbano-Cusio-Ossola,
Vercelli, Padova,  Treviso  e  Venezia,  sono  adottate  le  seguenti
misure», tra le quali si segnalano - ma l'elenco e'  lungo  -  quelle
destinate: a «a) evitare ogni spostamento delle  persone  fisiche  in
entrata e in uscita  dai  territori  di  cui  al  presente  articolo,
nonche'  all'interno  dei  medesimi  territori,  salvo  che  per  gli
spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative  o  situazioni
di necessita' ovvero spostamenti per motivi di salute. E'  consentito
il rientro presso il proprio domicilio, abitazione  o  residenza»;  a
porre un «c) divieto assoluto di mobilita' dalla propria abitazione o
dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena  ovvero
risultati positivi al virus» (a  puro  titolo  esemplificativo  delle
limitazioni  di  talune   essenziali   liberta',   costituzionalmente
previste e tutelate, v. T. Padovani, Lotta al Coronavirus:  le  norme
penali in «collisione» con la Costituzione, in Guida al  Diritto,  n.
23, 23 maggio 2020, 8 ss., ed E. Fragasso jr, Il  processo  penale  a
distanza, la Costituzione ed i provvedimenti emergenziali  contro  la
Covid-19, in disCrimen, 22 giugno 2020,  con  ampie  riflessioni  sul
sistema delle fonti). 
    Si e' notato, in proposito, che «Il decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei  ministri  8  marzo  2020  individua  zone  geografiche
diverse  e  misure  ad  hoc  in  base   al   livello   di   "rischio"
corrispondente. Sono previste: misure di  contenimento  del  contagio
nella "zona rossa"; misure per il contrasto  e  il  contenimento  nel
territorio  nazionale;   misure   di   informazione   e   prevenzione
sull'intero territorio nazionale;  un  piano  di  "monitoraggio"  (G.
Buffone, Chiusi musei e locali per evitare interazioni  in  tutto  il
territorio, in Guida al Diritto, n. 14, 21  marzo  2020,  54-55).  In
forza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  9  marzo
2020, "Tutta l'Italia diventa cosiddetta 'zona rossa'" (ivi, 55).  In
ogni caso, rimane fermo  che  le  "prime  'zone  rosse'  (lombarde  e
veneta)"  sono  state  "istituite  col  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri del 23  febbraio  2020,  attuativo  del  coevo
decreto-legge n. 6/2020"  (A.  Natalini,  In  fuga  dal  virus:  cosa
rischia chi viola la "zona rossa", in Guida al  Diritto,  n.  14,  21
marzo 2020, 69, il quale da'  conto  delle  "misure  tipiche  attuate
inizialmente per la sola 'zona rossa', lombarda e veneta"»: ivi, 70). 
        e) Il decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  10
aprile  2020  -  recante  «Ulteriori   disposizioni   attuative   del
decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 - ha stabilito che "le disposizioni
del presente decreto producono effetto dalla data del 14 aprile  2020
e sono efficaci fino al 3 maggio 2020" (art. 8,  1°  comma  -  dal  4
maggio ha inizio la cosiddetta fase 2). Inoltre, che "Dalla  data  di
efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre
effetti il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8  marzo
2020 (...)" (2° comma); mentre, "Si continuano ad applicare le misure
di  contenimento  piu'  restrittive  adottate  dalle  regioni,  anche
d'intesa con il Ministro della salute, relative a specifiche aree del
territorio regionale"» (3° comma). 
    In breve, stando alla normativa statale,  la  Regione  Veneto  e'
stata  interessata  dalle  zone  rosse  a  partire  dal  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2020 (v. sub b). Il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  8  marzo  2020  e'
rimasto in vigore fino al 13 aprile 2020, per  un  periodo  di  tempo
superiore ai «trenta giorni consecutivi» (di cui parla l'art. 112 del
decreto-legge n. 34/2020). Tuttavia, la  Regione  Veneto,  per  parte
sua, ha  provveduto  con  ordinanze,  rimaste  in  vigore  fino  alla
chiusura della fase 1, vale a dire fino a  domenica  3  maggio  2020:
rese  possibili  da  specifiche  disposizioni  facoltizzanti  «misure
ulteriormente restrittive» (art. 3, 1° comma,  del  decreto-legge  25
marzo 2020, n. 19, nonche' art. 8, 3° comma, decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 10 aprile 2020, poc'anzi citato). 
        f)  Gia'  si  e'  richiamato  il  testo  dell'art.  112   del
decreto-legge n. 34/2020 (v. sub 3). In ragione del  rinvio  disposto
all'art. 18, 6° comma, del decreto-legge 8 aprile  2020,  n.  23,  ai
fini dell'individuazione dei  «comuni  delle  province»  interessate,
esse sono quelle di «Bergamo,  Brescia,  Cremona,  Lodi  e  Piacenza»
(sono indicate  nel  testo  del  citato  6°  comma  e  nella  rubrica
dell'art. 112). Rientrano, inoltre, nel  novero  dei  beneficiari  «i
comuni dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti  statali  o
regionali,  entro  il  3  maggio  2020  per  almeno   trenta   giorni
consecutivi». 
    In particolare, ai sensi dell'art. 1 del decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, sono considerate zone  rosse
anche le Province di Padova, Treviso  e  Venezia.  Pure  ad  esse  si
riferisce  l'art.  112  del  decreto-legge  n.  34/2020,  nel   testo
pubblicato nel Supplemento ordinario n. 21 della  Gazzetta  Ufficiale
del 19 maggio 2020, 128. Senonche', come accennato (sub 3),  con  una
determinazione, denominata formalmente avviso  di  rettifica,  si  e'
espunto dalla rubrica dell'art. 112 e dal suo testo ogni  riferimento
ai  «Comuni  dichiarati  zona  rossa»,  con   la   conseguenza   che,
beneficiari delle provvidenze saranno soltanto  i  «comuni  ricadenti
nei territori delle Province di Bergamo,  Brescia,  Cremona,  Lodi  e
Piacenza»  e  non,  anche,  delle  «Province  di  Padova,  Treviso  e
Venezia», in evidente contrasto con il noto brocardo ceteris paribus. 
    La regione ha ritenuto che dalla pura e semplice comparazione tra
il testo originario dell'art. 112  del  decreto-legge  n.  34/2020  e
quello purgato, attraverso un - a suo parere -  sedicente  avviso  di
rettifica,     risultino     evidenti     talune      discriminazioni
costituzionalmente illegittime. Il ricorso in via di azione  reca  il
numero di ruolo 60/2020. La regione ha ritenuto, altresi', che, a sua
volta,  l'accennato  avviso  sia  illegittimo   (come   ha   chiarito
nell'ambito del parallelo conflitto di  attribuzioni,  attraverso  il
quale ne ha chiesto l'annullamento, ai sensi dell'art. 38 della legge
11 marzo 1953, n. 87). Il ricorso per conflitto di attribuzioni  reca
il numero di ruolo 4/2020. 
  B) Relativamente all'art. 112,  comma  1-bis,  e  all'art.  112-bis
della legge di conversione n. 77/2020. 
    Come si e' rilevato, la legge di conversione non ha modificato il
testo dell'originario art. 112 del decreto-legge n. 34/2020. 
    Lo ha integrato, peraltro,  con  un  comma  1-bis,  del  seguente
tenore: «In favore del Comune di San Colombano al Lambro, interamente
compreso  nel  territorio  dell'azienda   socio-sanitaria   di   Lodi
ancorche' appartenente alla Provincia di Milano, e'  riconosciuto  un
contributo, pari a 500.000 euro per l'anno 2020, ad  integrazione  di
quanto determinato con decreto del  Capo  del  Dipartimento  per  gli
affari interni e territoriali del Ministero  dell'interno  27  maggio
2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 5 giugno 2020». 
    Lo ha integrato, altresi', con l'art. 112-bis, che  qui  si  puo'
riassumere per sommi capi. Il 1° comma dispone «una dotazione  di  40
milioni di euro per l'anno 2020», a favore di  «comuni  non  compresi
tra quelli  previsti  dall'art.  112  (...)  particolarmente  colpiti
dall'emergenza sanitaria». Il 2° comma indica le modalita' di riparto
del fondo. Il 3° comma  stabilisce  un  titolo  preferenziale  per  i
«Comuni individuati come zona rossa o  compresi  in  una  zona  rossa
(...) per un periodo non inferiore a quindici giorni (...)».  Seguono
previsioni contabili. 
    Tutti i citati disposti sono illegittimi per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    Se e' vero, sotto molteplici aspetti, che nihil sub sole novi, e'
vero, altresi', che e' largamente condivisa l'opinione,  secondo  cui
la pandemia, di fronte alla quale si e' venuto a  trovare  il  Paese,
non replica alcunche', perche'  rappresenta  un  fenomeno  del  tutto
singolare. E' certo, poi, che  non  si  e'  diffuso  ovunque  con  la
medesima intensita',  tant'e'  vero  che  contagi  e  lutti  si  sono
abbattuti in maggior misura su  alcune  regioni  che  su  altre,  con
conseguenze scontate sul piano sanitario, economico e sociale. Il che
ha determinato un ineguale sforzo, da parte dei vari sistemi sanitari
regionali, ed un comparativamente ineguale ricorso  a  disponibilita'
finanziarie.  Da  qui,  una  lapalissiana  conseguenza:   quella   di
intervenire, attraverso un fondo specifico, «con una dotazione di 200
milioni di euro per l'anno 2020, in favore dei predetti comuni» (art.
112 cit.). Non piu' in favore di quelli  delle  Province  di  Padova,
Treviso e Venezia, stando all'avviso di rettifica. Lo stanziamento e'
stato elevato  a  «200,5  milioni»  dalla  legge  di  conversione  n.
77/2020. 
    Le dimensioni del fenomeno  e  i  relativi  caratteri  sono  noti
all'uomo  della  strada.   Delle   diseguaglianze   preesistenti   la
diffusione  del  coronavirus  e  di  quelle  specifiche,  causate  da
quest'ultimo, si sono occupati in molti (v., ad es.,  Iniziative  per
il rilancio  «Italia  2020-2022»,  Rapporto  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, elaborato dal Comitato di esperti in  materia
economica e sociale, presieduto da Vittorio Colao, giugno 2020, spec.
40 ss.). Sul piano propositivo, si e' rilevato che «sara'  essenziale
mettere  bene  a  frutto  le  risorse  mobilitate  per  superare   le
difficolta' piu' gravi, predisporre, da subito, le condizioni per  il
recupero di quanto si e' perso, usare bene il  progresso  tecnologico
per tornare a uno sviluppo piu' equilibrato e sostenibile, che generi
occupazione  e  consenta  anche  di  ridurre,   con   la   necessaria
gradualita'  ma  senza  timori,   il   peso   del   debito   pubblico
sull'economia» (Considerazioni finali del governatore Ignazio  Visco,
Roma, 29 maggio 2020, 23). 
    Cio',  di  cui  qui  si  discute,  e'  la  «particolare  gravita'
dell'emergenza sanitaria da Covid-19»  (art.  112,  cit.).  Sono,  in
specie, le ripercussioni negative sul  Sistema  sanitario  regionale,
gravato di oneri straordinari, che hanno avuto straordinarie ricadute
sulle risorse sia materiali, sia umane. Ed e' un luogo comune  notare
che «L'esplosione del Covid-19  ha  colpito  in  modo  differente  le
regioni» (M. Gabanelli -  S.  Ravizza,  Sanita',  le  liste  d'attesa
raddoppiano i tempi, in Corriere della Sera, 24 giugno 2020,  10).  A
questo fenomeno - oggetto della previsione, di cui all'art. 112  cit.
- ben si attaglia questa considerazione recente del Presidente  della
Corte dei conti - Angelo Buscema -,  secondo  il  quale  «Le  risorse
disponibili vanno infatti destinate a contrastare le fragilita' e  il
disorientamento portati dagli effetti economici della  crisi,  avendo
considerazione soprattutto di quanti sono risultati piu'  danneggiati
da  questa  emergenza  epidemiologica»  (Relazione   sul   rendiconto
generale dello Stato 2019, Introduzione, Roma, 24  giugno  2020,  6).
Cio' posto, si  possono  formulare  alcune  specifiche  eccezioni  di
illegittimita' costituzionale relativamente agli enunciati  contenuti
nel  testo  originario  dell'art.  112,  convertito  dalla  legge  n.
77/2020, ed aggiunti  dal  comma  1-bis  dell'art.  112  e  dall'art.
112-bis. 
  A) Relativamente all'art. 112, 1° comma, della legge di conversione
n. 77/2020. 
  1. Illegittimita' costituzionale dell'art.  112,  1°  comma,  della
legge n. 77/2020: violazione dell'art. 3 della Cosituzione. 
    La vicenda descritta deve essere valutata, in primo  luogo,  alla
luce del paramentro costituzionale fissato dall'art. 3, 1° comma. 
        a) La Regione Veneto e' consapevole della circostanza che  la
censura «non» deve assumere «autonomo rilievo rispetto  alle  altre»,
ma deve essere tale da rendere manifesto «un  vulnus  alla  sfera  di
competenza» sua propria, che - nel caso di  specie  -  riguarda,  tra
l'altro,  l'autonomia  amministrativa  e  finanziaria,  di  cui  agli
articoli 118 e 119 della  Costituzione  (le  citazioni  sono  riprese
dalla sentenza n. 155/2006, n. 4  del  Considerato  in  diritto).  Si
tratta di una  giurisprudenza  consolidata,  ripetutamente  ribadita:
infatti, «nei giudizi in via principale le regioni sono legittimate a
denunciare la violazione dei  parametri  riguardanti  il  riparto  di
competenze tra esse e lo Stato e possono evocarne altri soltanto  ove
la loro violazione comporti  una  compromissione  delle  attribuzioni
costituzionalmente garantite» (sent. n. 6/2019, n. 3 del  Considerato
in diritto). 
    E'   richiesto,   poi,   che   «le   stesse   regioni    motivino
sufficientemente in ordine ai profili  di  una  possibile  ridondanza
della predetta  violazione  sul  riparto  di  competenze,  assolvendo
all'onere  di  operare  la  necessaria  indicazione  della  specifica
competenza regionale che ne risulterebbe offesa e  delle  ragioni  di
tale lesione» (sent. n. 56/2020, in  Guida  al  Diritto,  n.  19,  25
aprile 2020, 104, n. 6.2. del Considerato in diritto). 
    Nel caso in esame, lo Stato  ha  deciso  di  erogare  provvidenze
finanziarie a favore di comuni, colpiti  in  maniera  particolarmente
virulenta da Covid-19. Sono state messe a  dura  prova  le  strutture
sanitarie interessate e il personale sanitario, e non solo, coinvolto
(medici, infermieri, amministrativi,  volontari...).  Tutto  cio'  ha
comportato l'erogazione di prestazioni e servizi, che hanno implicato
acquisti rilevanti, ad esempio, di beni; la riapertura  di  strutture
chiuse,  a  motivo  della  cosiddetta  razionalizzazione  della  rete
ospedaliera; l'assunzione di personale,  in  base  alle  disposizioni
legislative facoltizzanti stabilite dal legislatore statale  (v.,  ad
es., l'art. 1 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24  aprile  2020,  n.  27).  Le  comunita'
locali hanno subito danni gravissimi sul piano economico e sociale. 
    Alla regione sono attribuite - oltre che una potesta' legislativa
concorrente, ex art. 117, 3° comma, della Costituzione - una potesta'
amministrativa (art. 118 della Costituzione) ed una finanziaria (art.
119 della Costituzione). E' fuori  discussione  che,  ove  i  comuni,
ricompresi nella cosiddetta zona  rossa  delle  Province  di  Padova,
Treviso e Venezia fossero ammessi ad usufruire dei benefici,  di  cui
all'art. 112 della legge n. 77/2020, questi diverrebbero  risorsa  da
includere in una posta di bilancio, in entrata e in uscita, alla voce
- presumibilmente -«interventi di sostegno di carattere  economico  e
sociale connessi con l'emergenza sanitaria Covid-19»  (ex  art.  112,
cit.). Dall'esclusione, consegue l'evidente menomazione di competenze
attinenti l'amministrazione e la finanza, che la  Regione  Veneto  fa
valere, anche ai  sensi  dell'art.  32,  2°  comma,  della  legge  n.
87/1953, con specifico riferimento alla sfera di  autonomia  -  oltre
che propria - degli enti locali (v., ad  es.,  Corte  costituzionale,
sentenza   n.   298/2009).   Tra   l'altro,   l'assenza   di   queste
disponibilita' da parte dei  comuni,  l'obblighera'  ad  intervenire,
sottraendo,  in  tal  modo,  risorse,  oggetto  di  proprie  autonome
determinazioni,  destinate   a   fronteggiare   urgenze   dell'intera
comunita' regionale. 
        b) Con specifico riferimento al caso in esame - vale a  dire,
alla questione di merito -, l'esclusione operata attraverso  l'avviso
di rettifica (che qui si da' per ammessa, ma - come si dice - non per
concessa) configura la  piu'  classica  violazione  dell'art.  3,  1°
comma, della Costituzione, dal momento che  l'esclusione  dei  comuni
ricadenti in zona rossa delle Province di Padova, Treviso  e  Venezia
(qualificate come tali dalla normativa statale) risulta, proprio  con
riferimento alle scelte operate  dallo  Stato,  irragionevole.  Tutto
cio', ove si considerino - in  linea  generale  -  la  portata  e  le
implicazioni del tertium comparationis, che consente di far emergere,
appunto,  «la  ragionevolezza  delle   classificazioni   legislative:
ragionevolezza che non si risolve (...) nell'intrinseca bonta'  delle
scelte effettuate dal Parlamento, ma riguarda piuttosto  la  coerenza
delle differenziazioni (o delle assimilazioni) in esame, valutata nel
rapporto con il trattamento che le leggi riservino ad altre categorie
o ad  altre  fattispecie,  comparabili  con  quella  contestata»  (L.
Paladin, Diritto costituzionale, Cedam, Padova, 1998, 168). 
    Cio' che qui si lamenta e' l'effetto generato dall'esclusione (o,
se si preferisce, dalla mancata  inclusione)  di  enti,  che  versano
nelle medesime condizioni degli enti inclusi tra i destinatari  delle
risorse assegnate al fondo contemplato dall'art. 112 della  legge  n.
77/2020: il trattamento avrebbe dovuto  essere  identico,  come,  del
resto, era previsto  dall'enunciato  normativo  rettificato  (inutile
diffondersi  in  richiami  di   una   giurisprudenza   costituzionale
vastissima: v., ad es., sentenza n. 68 e n. 236/2012, nonche', per la
puntualita' delle riprese, A. Ruggeri -  A.  Spadaro,  Lineamenti  di
giustizia costituzionale, Giappichelli, Torino, 2019, 140 ss.). 
    Dunque, l'art. 112  della  legge  n.  77/2020  deve  considerarsi
costituzionalmente illegittimo nella parte in  cui  non  prevede  che
siano ammessi a beneficiare del fondo di 200,5 milioni  di  euro  per
l'anno  2020  «i  comuni  dichiarati  zona  rossa,  sulla   base   di
provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per  almeno
trenta giorni  consecutivi»  (secondo  l'espressione  utilizzata  dal
legislatore prima della rettifica): id est, i comuni delle zone rosse
delle Province di Padova, Treviso e Venezia.  Cosi',  oppure  secondo
una formula equivalente stabilita dall'ecc.ma Corte. 
  2. Illegittimita' costituzionale dell'art.  112,  1°  comma,  della
legge n. 77/2020: violazione degli articoli 5, 114, 118 e  119  della
Costituzione. 
    Si  e'  sostenuto,  con  indiscutibile  autorevolezza   in   sede
dottrinale (ci si riferisce, in particolare, a G. Berti, art.  5,  in
AA.VV.,  Commentario  della  Costituzione,  a  cura  di  G.   Branca,
Zanichelli-Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1975, 277 ss.), che da una
aggiornata lettura della Costituzione si ricava l'«annuncio (...)  di
un ordine dove l'unita'  statale  non  ha  piu'  valore  come  unita'
giuridico  amministrativa  ma  acquista  valore  nell'unita'  di  una
societa' che, obbedendo a comuni regole di condotta e di  linguaggio,
si amministra mediante strutture adatte ai vari  livelli  e  ai  vari
gruppi sociali». Da cio' un corollario: tra i vari enti, le  relative
comunita' e gli apparati serventi esiste un continuum,  destinato  ad
inverarsi  in  presenza  di   situazioni   comuni,   che   comportano
l'applicazione   del   principio   di   solidarieta',    oltre    che
dell'eguaglianza (ex articoli 2 e 3 della Costituzione). 
        a) Il mancato rispetto oppure la  declinazione  scorretta  di
queste  regole  essenziali  implica  che  si  finisca   per   ledere,
anzitutto, quel che stabilisce l'art. 5 della Costituzione, la'  dove
il medesimo impone di coordinare fra loro il principio  autonomistico
(e pluralistico) e il principio  unitario.  Nel  caso  in  esame,  il
vulnus e' indiscutibile, dal momento che l'esclusione dal fondo  -  a
parita' di condizioni - produce il singolare  effetto  di  beneficare
due volte le comunita' territoriali ammesse: per la parte spettante e
per  quella,  non  spettante,  acquisita  a  carico  dei  beneficiari
illegittimamente esclusi; di discriminare le relative popolazioni; di
obbligare  la  regione  ad  attivarsi  per,  quantomeno,  ridurre  lo
svantaggio  derivante  da  quel  che  e'  illegittimamente  stabilito
dall'art. 112 della legge n. 77/2020. Il  che  comporta  -  a  parere
della Regione Veneto - una lesione - proprio da  parte  dello  Stato,
garante  dell'unita'  della  Repubblica  -  del  relativo  principio,
perche' riserva trattamenti differenziati a centri di autonomia,  che
versano    nelle    medesime    condizioni.     E     l'impoverimento
economico-finanziario, determinato da una  irragionevole  sottrazione
di  risorse,   comporta,   paradossalmente,   che   venga   disattesa
l'uniformita' di regime giuridico, quando essa e' essenziale.  E'  un
rilievo, che pare scontato a lume di buon senso;  fondato,  peraltro,
su una articolatissima giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, che ha
sistematicamente ricavato, dalle singole  fattispecie  concrete,  una
lettura dinamica e aggiornata dell'art. 5 della Costituzione [v.,  ad
es.,  F.  Benelli,  art.  5,  in  AA.VV.,  Commentario   breve   alla
Costituzione, a cura di S. Bartole e R.  Bin,  Cedam,  Padova,  2008,
spec. 51, nonche' Corte costituzionale, sentenza n. 171/2018, ove  si
valorizza,  se  in  presenza  di  fattispecie  diseguali,   l'apporto
collaborativo delle regioni. Infatti, ferme  restando  le  «linee  di
indirizzo e coordinamento tracciate a livello centrale (...).  Quanto
affermato, nondimeno, non esclude  che,  al  fine  di  assicurare  la
partecipazione dei diversi livelli di Governo coinvolti,  l'esercizio
delle  funzioni  amministrative  sia  improntato  al   rispetto   del
principio di leale collaborazione  (sentenza  n.  58  del  2007).  Le
esigenze di una disciplina unitaria, d'altronde, in un ordinamento  a
struttura regionalista fondato sui principi di cui all'art.  5  della
Costituzione,  non  possono  ignorare  la  tutela   delle   autonomie
territoriali,  attraverso  strumenti  idonei   a   fornire   risposte
pragmatiche e sufficientemente flessibili, specie nei casi nei  quali
lo  Stato,  pur   nell'esercizio   di   sue   competenze   esclusive,
interferisce con materie attribuite alle regioni (sentenza n. 61  del
2018)»: n. 7.3.2. del Considerato in diritto, quale sorta di prova  a
contrario]. 
        b) A  questo  fondamentale  disposto  si  ricollega  l'intero
titolo V della parte II della Costituzione. In  primo  luogo,  l'art.
114, il quale ha ad oggetto la  Repubblica  e  le  sue  articolazioni
essenziali. Ove le si discrimini  irragionevolmente,  viene  meno  il
necessario  coordinamento  imparziale  delle  competenze,  le   quali
saranno esercitate dagli  enti  territoriali  interessati  (nel  caso
concreto, dal continuum rappresentato dai comuni ricadenti nelle zone
rosse delle Province di Padova, Treviso e  Venezia,  da  un  lato,  e
dalla Regione  Veneto,  dall'altro)  in  condizioni  comparativamente
degradate; tuttavia, ingiustificate,  essendo  noto  che  -  come  ha
stabilito il giudice delle leggi - l'art. 114 della Costituzione  non
comporta, affatto, una totale equiparazione fra  enti.  Equiparazione
indispensabile, quando  identiche  sono  le  condizioni  di  fatto  e
allorche' il discorso cade su enti della medesima specie:  nel  caso,
su comuni. 
        c) Sotto quest'ultimo aspetto, ne soffre,  pure,  l'art.  118
della Costituzione, in quanto non  sono  rispettati  i  «principi  di
sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza».   L'interferenza
nell'esercizio delle funzioni amministrative locali incide sul  fatto
che «Il  comune  deve  percio'  essere  considerato  prioritariamente
rispetto ad ogni altro ente, nel momento in cui si tratta di decidere
dell'allocazione  delle  funzioni  amministrative,  comportando  ogni
diversa soluzione un particolare onere  di  motivazione  in  capo  al
legislatore (...)» (L. Coen, art. 118, in AA.VV.,  Commentario  breve
alla  Costituzione,  cit.,  1066,  con   richiami   di   dottrina   e
giurisprudenza, che paiono tuttora esemplari). Innegabile,  nel  caso
concreto, la menomazione di questa potesta', che ha ad oggetto - come
si e' visto -  «interventi  di  sostegno  di  carattere  economico  e
sociale» spettanti - ai sensi dell'art. 112 cit. - ai comuni. 
        d) Infine, e' violato l'art. 119 della Costituzione. Infatti,
in gioco ci sono dotazioni finanziarie,  che  non  transiteranno  nei
bilanci dei comuni,  inclusi  nelle  zone  rosse  delle  Province  di
Padova, Treviso e Venezia. Se cosi' e', non e' affatto vero, per  una
certa misura - corrispondente al mancato beneficio -, che  «I  comuni
(...) hanno autonomia finanziaria di entrata  e  di  spesa».  Inutile
dire, poi, come si e' rilevato (v. sub 1),  che  questa  sopravvenuta
carenza dovra' verosimilmente  essere,  almeno  in  parte,  rimediata
dalla Regione Veneto, la quale subira' una  illegittima  compressione
dell'autonomia  finanziaria  propria.  A  motivo  di   una   perversa
attuazione - pare di poter dire - del principio dei vasi comunicanti. 
  B. Relativamente all'art. 112,  comma  1-bis,  e  all'art.  112-bis
della legge di conversione n. 77/2020 
  1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 112, comma 1-bis,  della
legge n. 77/2020: violazione degli articoli 3,  5,  114,  118  e  119
della Costituzione. 
    Questo ulteriore comma, inserito nella legge di  conversione  del
decreto-legge  n.  34/2020,  contiene   una   previsione   specifica,
riguardante il Comune di San Colombano al Lambro. In se' e  per  se',
nulla da eccepire, dal momento che e' un  ente  territoriale  locale,
gravemente colpito da Covid-19. Tuttavia,  e'  arduo  resistere  alla
tentazione di obiettare al legislatore statale che non  e'  legittimo
procedere evitando di trattare  allo  stesso  modo  chi  versa  nelle
medesime condizioni. Sicche',  enucleare  casi  singoli,  isolarli  e
destinare ad essi provvidenze non puo' dirsi rispettoso - come si  e'
gia' prospettato sub A -dei parametri  costituzionali,  di  cui  agli
articoli 3, 5, 114, 118 e 119. 
    Si tratta  di  conseguenze  inevitabili,  che  collidono  con  la
parita' di trattamento; con il pluralismo, considerato  alla  luce  -
tanto cara allo Stato - dell'unita' della Repubblica; con l'autonomia
amministrativa e finanziaria, le quali - per essere tra loro connesse
e reciprocamente condizionanti - sono destinate  a  soffrire  per  il
venir meno, nella disponibilita' dell'ente, di erogazioni finanziarie
dovute. Da cio',  l'illegittimita'  costituzionale  del  comma  1-bis
dell'art. 112 della legge n. 77/2020, considerato  unitamente  al  1°
comma, che rimane, a motivo della  sua  strutturale  ingiustizia,  il
termine di riferimento dell'odierno  giudizio  (che  prosegue  quello
pendente al numero di ruolo 60/2020 ed e' collegato con il  conflitto
di attribuzioni contraddistinto dal numero di ruolo 4/2020). 
  2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 112-bis della  legge  n.
77/2020: violazione degli articoli 3, 5, 97, 114,  118  e  119  della
Costituzione. 
    Al  pari  della  precedente  eccezione,  pure  questa  ha  ragion
d'essere fintantoche' vige il testo  rettificato  dell'art.  112,  1°
comma. Infatti, l'art. 112-bis rende ancor piu' palesi le divergenze,
rispetto a quel che prevede la  Costituzione,  in  particolare  negli
articoli 3, 5, 97, 114, 118 e 119. 
    A ben vedere, si tratta di una  disposizione  caotica.  L'esordio
concerne i «Comuni non compresi tra quelli  previsti  dall'art.  112»
(quest'ultimo riguarda i comuni inclusi in una zona rossa),  i  quali
sono  stati  «particolarmente   colpiti   dall'emergenza   sanitaria»
(l'avverbio e' quanto di piu' impreciso si possa immaginare). Dunque,
i comuni beneficiari del fondo di 40 milioni per l'anno 2020 non sono
quelli inclusi in una zona rossa. Tuttavia - precisa il 3° comma  «Al
fine della ripartizione del fondo (...)  si  tiene  conto  (...)  dei
comuni individuati come zona rossa o compresi in una zona rossa (...)
per un periodo non inferiore a quindici giorni». 
    Inutile inseguire distinzioni e sottodistinzioni  opinabilissime.
Nel caso in questione, i comuni delle Province di Padova,  Treviso  e
Venezia, puntualmente individuati dalle norme statali e regionali  (a
cominciare da Vo' Euganeo, escluso dai benefici, sintomo evidente  di
una illegittimita' costituzionale insanabile) come  inclusi  in  zone
rosse per un periodo superiore a trenta giorni, non solo  sono  stati
esclusi dai benefici spettanti a comuni che  versano  nelle  medesime
condizioni; sono stati declassati  -  a  tutto  concedere  -a  comuni
particolarmente  colpiti   dall'emergenza   sanitaria   (1°   comma),
destinati a fruire di un titolo preferenziale (in sede di riparto del
fondo di 40 milioni), in quanto «Comuni individuati come zona rossa o
compresi in una zona rossa (...)  per  un  periodo  non  inferiore  a
quindici giorni»: che e' altro rispetto a un periodo non inferiore  a
trenta. 
    Evidente,  dunque,   la   discriminazione,   quale   effetto   di
assimilazioni di fattispecie disomogenee, che implicano la denunciata
violazione dei citati parametri costituzionali (nei termini  indicati
sub A): ivi compreso, l'art. 97, il quale  risulta  leso  sia  quanto
all'imparzialita', sia quanto al buon andamento, la' dove la  forzata
esclusione dei comuni aventi titolo al beneficio - appartenenti  alle
Province di Padova, Treviso e Venezia - finisce per  addebitare  alla
Repubblica l'applicazione, in concreto, del noto criterio: due pesi e
due misure.