Ricorso (ex art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87) della Regione del Veneto (c.f. 80007580279), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, Luca Zaia, rappresentata e difesa, ai sensi della delibera della Giunta regionale 11 agosto 2020, n. 1145, giusta procura a margine del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi (c.f. BRTMRA48T28L483I) del Foro di Padova; Franco Botteon (c.f. BTTFNC61L01M089S) dell'Avvocatura regionale; nonche' dall'avv. Andrea Manzi (c.f. MNZNDR64T26I804V) del Foro di Roma, presso il quale e' domiciliata in Roma, via F. Confalonieri, n. 5 (fax: 06.3211370; pec abilitata: andreamanzi@ordineavvocatiroma.org) contro Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, domiciliato ex lege presso l'Avvocatura generale dello Stato, in via dei Portoghesi, n. 12 - 00186 Roma, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale a) dell'art. 112, 1° comma, della legge 17 luglio 2020, n. 77: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 (pubblicata nel Supplemento ordinario n. 25 della Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2020 n. 180); b) dell'art. 112, comma 1-bis, della medesima legge n. 77/2020; c) dell'art. 112-bis della citata legge n. 77/2020; Per violazione degli articoli 3, 5, 97, 114, 118 e 119 della Costituzione Fatto Con questo atto, la Regione Veneto intende: a) riproporre, nei confronti dell'art. 112, 1° comma, della legge di conversione n. 77/2020, tutte le censure rivolte nei riguardi dell'originario art. 112 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (nel testo risultante dalla rettifica operata con apposito avviso), impugnato con ricorso in via di azione, recante il numero di ruolo 60/2020; b) formulare specifici motivi di impugnazione, in ordine ai disposti introdotti dalla legge di conversione n. 77/2020, di cui all'art. 112, comma 1-bis, e all'art. 112-bis. A. Relativamente all'art. 112, 1° comma, del decreto-legge n. 34/2020, convertito dall'art. 112, 1° comma, della legge n. 77/2020, senza alcuna apprezzabile modificazione. 1. Come e' noto, alcune regioni, piu' di altre, sono state interessate dalla pandemia da coronavirus: denominata, pure, emergenza epidemiologica Covid-19. Incerti il tempo e il luogo d'ingresso, ed anche i caratteri del virus, mentre ricerche in atto tendono a far risalire a fine 2019 la prima diffusione del malanno in Italia, quel che e' certo e' che «l'Organizzazione mondiale della sanita' il 30 gennaio 2020 ha dichiarato l'epidemia da Covid-19 un'emergenza di sanita' pubblica di rilevanza internazionale», mentre con «delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (...) e' stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili» (cosi', nelle premesse del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1º marzo 2020, assunto ex decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, a proposito del quale, e non solo, v., ad es., G.M. Salerno, Diritto «emergenziale»: un opportuno riordino per ristabilire i principi, in Guida al Diritto, n. 17/2020, 25 ss.; M. Clarich - G. Fonderico, Il legislatore cerca di riportare al «centro» i poteri di ordinanza, ivi, 29 ss., nonche' M. Luciani, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell'emergenza, in Rivista AIC, n. 2/2020, e A. Celotto, Necessitas non habet legem? Prime riflessioni sulla gestione costituzionale dell'emergenza coronavirus, Mucchi Editore, Modena, 2020). Viste le incertezze incombenti e, quindi, «in conseguenza del perdurare delle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, per l'anno 2020» (1° comma), «I termini di scadenza degli stati di emergenza (...), in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non piu' prorogabili ai sensi della vigente normativa, sono prorogati per ulteriori sei mesi» (4° comma): cosi', l'art. 14 del decreto-legge 19 marzo 2020, n. 34, cosiddetto rilancio. 2. Il carattere particolarmente aggressivo del virus, largamente diffusosi in alcuni territori del Nord d'Italia, ha costretto il Governo e le regioni interessate ad adottare misure particolarmente restrittive di talune essenziali liberta': a cominciare da quella di circolazione e soggiorno, di cui all'art. 16 della Costituzione. Non a caso, si e' parlato, in proposito, di blocco totale di ogni attivita', con conseguenze metaforicamente riconducibili agli arresti domiciliari di massa, imposti dalla gravita' degli eventi. E' evidente che una simile situazione ha avuto pesantissime ricadute sul piano economico e sociale, tant'e' vero che ha indotto il Governo a intervenire con provvidenze ad hoc. 3. Di esse si e' occupato, tra l'altro, l'art. 112 del decreto-legge n. 34/2020, la cui rubrica e' fondo comuni ricadenti nei territori delle Province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza e comuni dichiarati zona rossa. Il testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 maggio 2020, n. 128, e' il seguente: «1. In considerazione della particolare gravita' dell'emergenza sanitaria da Covid-19 che ha interessato i comuni delle province di cui al comma 6 dell'art. 18 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nonche' i comuni dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per almeno trenta giorni consecutivi, e' istituito presso il Ministero dell'interno un fondo con una dotazione di 200 milioni di euro per l'anno 2020, in favore dei predetti comuni. Con decreto del Ministero dell'interno, da adottarsi entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e' disposto il riparto del contributo di cui al primo periodo sulla base della popolazione residente. I comuni beneficiari devono destinare le risorse di cui al periodo precedente ad interventi di sostegno di carattere economico e sociale connessi con l'emergenza sanitaria da Covid-19. All'onere derivante dal presente articolo, pari a 200 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'art. 265». Ma nella Gazzetta Ufficiale del giorno successivo, il 20 maggio, n. 129, e' comparso un avviso di rettifica cosi' concepito: «Nel decreto-legge citato in epigrafe, pubblicato nel sopra indicato supplemento ordinario: - alla pagina 111, all'art. 112: nella rubrica le parole: "e comuni dichiarati zona rossa" sono soppresse; al comma 1, primo periodo, le parole: "nonche' i comuni dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per almeno trenta giorni consecutivi, ..." sono soppresse». Che cosa e' accaduto? Come si precisera' tra breve, la rimozione - conseguente alla citata soppressione di incisi - dei comuni delle Province di Padova, Treviso e Venezia dal novero degli enti, che hanno subito le note mutilazioni inferte ai territori qualificati come zone rosse (oggi, se ne parla anche per eventuali risvolti di carattere penale: v., ad es., P. Russo, Industrie aperte in Val Seriana: nuova inchiesta, in il mattino di Padova, 15 giugno 2020, 5, e F. Ratto Trabucco, Fra omissioni, contraddizioni e riduzionismo: le responsabilita' degli organi deputati alla sanita' pubblica italiana nella prevenzione della pandemia Covid-19, in corso di pubblicazione), ha comportato una sicura lesione di molteplici parametri costituzionali: in particolare, degli articoli 3, 5, 114, 118 e 119, per una evidenza a dir poco solare, che trova il suo piu' generale fondamento nell'antico precetto, secondo cui Ubi eadem legis ratio, ibi eadem legis dispositio. Come, del resto, il Consiglio dei ministri aveva deciso - salvo la dubbia rettifica -, essendo evidente che il suo Presidente ne conosce il significato: che e' di «Principio giuridico rilevante in tema di interpretazione della legge, in virtu' del quale si ritiene che casi simili debbano essere regolati da norme di legge ispirate dalla stessa ratio legis: si tratta di un'applicazione specifica del principio della parita' di trattamento, per il quale a casi simili devono corrispondere norme simili» (F. del Giudice, Dizionario giuridico romano, Esselibri, Napoli, 2010, 515). 4. Del resto, per convincersi della bonta' di questo rilievo - che e', al tempo stesso, conclusione e premessa - e' sufficiente prendere in esame il dettato normativo, frutto dell'emergenza sanitaria. Si tratta di fatti a tutti noti, non contestabili. a) Come ognuno ricordera', dopo molte incertezze - dipese dal diffondersi di notizie contrastanti, nebulose nei loro significati e insuscettibili di costituire la base di provvedimenti consapevoli -, il Governo ha approvato il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13 (abrogato, in parte, dall'art. 5 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19). E' l'atto avente forza di legge-base, che ha suscitato non poche perplessita' sul piano costituzionale, data l'indeterminatezza, in particolare, dell'enunciato dell'art. 1, 1° comma, il cui inciso finale e' il seguente: «le autorita' competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica». Il 2° comma elenca talune misure tipiche, mentre l'art. 2 consente l'adozione di ulteriori misure atipiche. A sua volta, l'art. 3 afferma che «Le misure (...) sono adottate (...) con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonche' i presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale» (in proposito, ad es., G.M. Salerno, Un federalismo malato incapace di assicurare la tenuta dei principi, in Guida al Diritto, n. 14/2020, 8 ss., e A. Celotto, Necessitas non habet legem?, cit., 9 ss. e 43 ss.). b) «Preso atto dell'evolversi della situazione epidemiologica, del carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e dell'incremento dei casi anche sul territorio nazionale; Preso atto che sul territorio nazionale e, segnatamente, nella Regione Lombardia e nella Regione Veneto, vi sono diversi comuni nei quali ricorrono i presupposti di cui all'art. 1, comma 1, del richiamato decreto-legge» n. 6/2020 (v. sub a), il Presidente del Consiglio dei ministri decide di intervenire con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2020 (in pari data), il cui art. 1 reca questa significativa rubrica: «Misure urgenti di contenimento del contagio nei comuni delle Regioni Lombardia e Veneto». Due sono le regioni interessate, all'origine: Lombardia e Veneto. I comuni indicati nell'allegato 1 ricomprendono, quanto al Veneto, il Comune di Vo', ed e' ad essi che si applicano le piu' drastiche limitazioni, come si ricava dalla lettura di questi disposti: «a) divieto di allontanamento dai comuni di cui all'allegato 1, da parte di tutti gli individui comunque presenti negli stessi; b) divieto di accesso nei comuni di cui all'allegato 1» (art. 1, 1° comma). Seguono ulteriori limitazioni, destinate ad essere estese all'intero territorio nazionale. c) «Visto che si sono verificati finora 25 casi nel territorio della Regione del Veneto nei comuni di Vo' (PD) e di Mira (VE) (...). Preso atto dell'evolversi della situazione epidemiologica globale (...). Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 22 febbraio 2020, e ai sensi dell'art. 32 della legge n. 833/1978 (...)», e' assunta l'ordinanza 23 febbraio 2020, sottoscritta dal Ministro della salute e dal Presidente della Regione del Veneto. L'oggetto e': «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. Regione Veneto». d) Le limitazioni piu' restrittive - sono stati denominati i relativi ambiti territoriali dalla vulgata zone rosse - sono state confermate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1º marzo 2020, che ha ampliato il numero degli enti territoriali interessati (allegati 1, 2 e 3). Atto normativo, che ha anticipato il ben piu' importante e significativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, di ulteriore ampliamento della zona de qua (Allargata la «zona rossa» e inasprite le azioni di contenimento dell'infezione, in Guida al Diritto, n. 14/2020, 46 ss.). Ai fini del presente giudizio, pare sufficiente richiamare qualche essenziale disposto, il quale consente, fin d'ora, di chiarire quali sono stati gli enti territoriali colpiti da singolari limiti restrittivi e di che trattasi. Ebbene, «Ritenuto necessario procedere a una rimodulazione delle aree nonche' individuare ulteriori misure a carattere nazionale», il Presidente del Consiglio dei ministri decreta - per il tramite dell'art. 1, 1° comma - che «Allo scopo di contrastare e di contenere il diffondersi del virus Covid-19 nella Regione Lombardia e nelle Province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell'Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia, sono adottate le seguenti misure», tra le quali si segnalano - ma l'elenco e' lungo - quelle destinate: a «a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonche' all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita' ovvero spostamenti per motivi di salute. E' consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza»; a porre un «c) divieto assoluto di mobilita' dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena ovvero risultati positivi al virus» (a puro titolo esemplificativo delle limitazioni di talune essenziali liberta', costituzionalmente previste e tutelate, v. T. Padovani, Lotta al Coronavirus: le norme penali in «collisione» con la Costituzione, in Guida al Diritto, n. 23, 23 maggio 2020, 8 ss., ed E. Fragasso jr, Il processo penale a distanza, la Costituzione ed i provvedimenti emergenziali contro la Covid-19, in disCrimen, 22 giugno 2020, con ampie riflessioni sul sistema delle fonti). Si e' notato, in proposito, che «Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 individua zone geografiche diverse e misure ad hoc in base al livello di "rischio" corrispondente. Sono previste: misure di contenimento del contagio nella "zona rossa"; misure per il contrasto e il contenimento nel territorio nazionale; misure di informazione e prevenzione sull'intero territorio nazionale; un piano di "monitoraggio" (G. Buffone, Chiusi musei e locali per evitare interazioni in tutto il territorio, in Guida al Diritto, n. 14, 21 marzo 2020, 54-55). In forza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020, "Tutta l'Italia diventa cosiddetta 'zona rossa'" (ivi, 55). In ogni caso, rimane fermo che le "prime 'zone rosse' (lombarde e veneta)" sono state "istituite col decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2020, attuativo del coevo decreto-legge n. 6/2020" (A. Natalini, In fuga dal virus: cosa rischia chi viola la "zona rossa", in Guida al Diritto, n. 14, 21 marzo 2020, 69, il quale da' conto delle "misure tipiche attuate inizialmente per la sola 'zona rossa', lombarda e veneta"»: ivi, 70). e) Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2020 - recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 - ha stabilito che "le disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data del 14 aprile 2020 e sono efficaci fino al 3 maggio 2020" (art. 8, 1° comma - dal 4 maggio ha inizio la cosiddetta fase 2). Inoltre, che "Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre effetti il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 (...)" (2° comma); mentre, "Si continuano ad applicare le misure di contenimento piu' restrittive adottate dalle regioni, anche d'intesa con il Ministro della salute, relative a specifiche aree del territorio regionale"» (3° comma). In breve, stando alla normativa statale, la Regione Veneto e' stata interessata dalle zone rosse a partire dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2020 (v. sub b). Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e' rimasto in vigore fino al 13 aprile 2020, per un periodo di tempo superiore ai «trenta giorni consecutivi» (di cui parla l'art. 112 del decreto-legge n. 34/2020). Tuttavia, la Regione Veneto, per parte sua, ha provveduto con ordinanze, rimaste in vigore fino alla chiusura della fase 1, vale a dire fino a domenica 3 maggio 2020: rese possibili da specifiche disposizioni facoltizzanti «misure ulteriormente restrittive» (art. 3, 1° comma, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, nonche' art. 8, 3° comma, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2020, poc'anzi citato). f) Gia' si e' richiamato il testo dell'art. 112 del decreto-legge n. 34/2020 (v. sub 3). In ragione del rinvio disposto all'art. 18, 6° comma, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, ai fini dell'individuazione dei «comuni delle province» interessate, esse sono quelle di «Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza» (sono indicate nel testo del citato 6° comma e nella rubrica dell'art. 112). Rientrano, inoltre, nel novero dei beneficiari «i comuni dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per almeno trenta giorni consecutivi». In particolare, ai sensi dell'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, sono considerate zone rosse anche le Province di Padova, Treviso e Venezia. Pure ad esse si riferisce l'art. 112 del decreto-legge n. 34/2020, nel testo pubblicato nel Supplemento ordinario n. 21 della Gazzetta Ufficiale del 19 maggio 2020, 128. Senonche', come accennato (sub 3), con una determinazione, denominata formalmente avviso di rettifica, si e' espunto dalla rubrica dell'art. 112 e dal suo testo ogni riferimento ai «Comuni dichiarati zona rossa», con la conseguenza che, beneficiari delle provvidenze saranno soltanto i «comuni ricadenti nei territori delle Province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza» e non, anche, delle «Province di Padova, Treviso e Venezia», in evidente contrasto con il noto brocardo ceteris paribus. La regione ha ritenuto che dalla pura e semplice comparazione tra il testo originario dell'art. 112 del decreto-legge n. 34/2020 e quello purgato, attraverso un - a suo parere - sedicente avviso di rettifica, risultino evidenti talune discriminazioni costituzionalmente illegittime. Il ricorso in via di azione reca il numero di ruolo 60/2020. La regione ha ritenuto, altresi', che, a sua volta, l'accennato avviso sia illegittimo (come ha chiarito nell'ambito del parallelo conflitto di attribuzioni, attraverso il quale ne ha chiesto l'annullamento, ai sensi dell'art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87). Il ricorso per conflitto di attribuzioni reca il numero di ruolo 4/2020. B) Relativamente all'art. 112, comma 1-bis, e all'art. 112-bis della legge di conversione n. 77/2020. Come si e' rilevato, la legge di conversione non ha modificato il testo dell'originario art. 112 del decreto-legge n. 34/2020. Lo ha integrato, peraltro, con un comma 1-bis, del seguente tenore: «In favore del Comune di San Colombano al Lambro, interamente compreso nel territorio dell'azienda socio-sanitaria di Lodi ancorche' appartenente alla Provincia di Milano, e' riconosciuto un contributo, pari a 500.000 euro per l'anno 2020, ad integrazione di quanto determinato con decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno 27 maggio 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 5 giugno 2020». Lo ha integrato, altresi', con l'art. 112-bis, che qui si puo' riassumere per sommi capi. Il 1° comma dispone «una dotazione di 40 milioni di euro per l'anno 2020», a favore di «comuni non compresi tra quelli previsti dall'art. 112 (...) particolarmente colpiti dall'emergenza sanitaria». Il 2° comma indica le modalita' di riparto del fondo. Il 3° comma stabilisce un titolo preferenziale per i «Comuni individuati come zona rossa o compresi in una zona rossa (...) per un periodo non inferiore a quindici giorni (...)». Seguono previsioni contabili. Tutti i citati disposti sono illegittimi per i seguenti motivi di Diritto Se e' vero, sotto molteplici aspetti, che nihil sub sole novi, e' vero, altresi', che e' largamente condivisa l'opinione, secondo cui la pandemia, di fronte alla quale si e' venuto a trovare il Paese, non replica alcunche', perche' rappresenta un fenomeno del tutto singolare. E' certo, poi, che non si e' diffuso ovunque con la medesima intensita', tant'e' vero che contagi e lutti si sono abbattuti in maggior misura su alcune regioni che su altre, con conseguenze scontate sul piano sanitario, economico e sociale. Il che ha determinato un ineguale sforzo, da parte dei vari sistemi sanitari regionali, ed un comparativamente ineguale ricorso a disponibilita' finanziarie. Da qui, una lapalissiana conseguenza: quella di intervenire, attraverso un fondo specifico, «con una dotazione di 200 milioni di euro per l'anno 2020, in favore dei predetti comuni» (art. 112 cit.). Non piu' in favore di quelli delle Province di Padova, Treviso e Venezia, stando all'avviso di rettifica. Lo stanziamento e' stato elevato a «200,5 milioni» dalla legge di conversione n. 77/2020. Le dimensioni del fenomeno e i relativi caratteri sono noti all'uomo della strada. Delle diseguaglianze preesistenti la diffusione del coronavirus e di quelle specifiche, causate da quest'ultimo, si sono occupati in molti (v., ad es., Iniziative per il rilancio «Italia 2020-2022», Rapporto per il Presidente del Consiglio dei ministri, elaborato dal Comitato di esperti in materia economica e sociale, presieduto da Vittorio Colao, giugno 2020, spec. 40 ss.). Sul piano propositivo, si e' rilevato che «sara' essenziale mettere bene a frutto le risorse mobilitate per superare le difficolta' piu' gravi, predisporre, da subito, le condizioni per il recupero di quanto si e' perso, usare bene il progresso tecnologico per tornare a uno sviluppo piu' equilibrato e sostenibile, che generi occupazione e consenta anche di ridurre, con la necessaria gradualita' ma senza timori, il peso del debito pubblico sull'economia» (Considerazioni finali del governatore Ignazio Visco, Roma, 29 maggio 2020, 23). Cio', di cui qui si discute, e' la «particolare gravita' dell'emergenza sanitaria da Covid-19» (art. 112, cit.). Sono, in specie, le ripercussioni negative sul Sistema sanitario regionale, gravato di oneri straordinari, che hanno avuto straordinarie ricadute sulle risorse sia materiali, sia umane. Ed e' un luogo comune notare che «L'esplosione del Covid-19 ha colpito in modo differente le regioni» (M. Gabanelli - S. Ravizza, Sanita', le liste d'attesa raddoppiano i tempi, in Corriere della Sera, 24 giugno 2020, 10). A questo fenomeno - oggetto della previsione, di cui all'art. 112 cit. - ben si attaglia questa considerazione recente del Presidente della Corte dei conti - Angelo Buscema -, secondo il quale «Le risorse disponibili vanno infatti destinate a contrastare le fragilita' e il disorientamento portati dagli effetti economici della crisi, avendo considerazione soprattutto di quanti sono risultati piu' danneggiati da questa emergenza epidemiologica» (Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2019, Introduzione, Roma, 24 giugno 2020, 6). Cio' posto, si possono formulare alcune specifiche eccezioni di illegittimita' costituzionale relativamente agli enunciati contenuti nel testo originario dell'art. 112, convertito dalla legge n. 77/2020, ed aggiunti dal comma 1-bis dell'art. 112 e dall'art. 112-bis. A) Relativamente all'art. 112, 1° comma, della legge di conversione n. 77/2020. 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 112, 1° comma, della legge n. 77/2020: violazione dell'art. 3 della Cosituzione. La vicenda descritta deve essere valutata, in primo luogo, alla luce del paramentro costituzionale fissato dall'art. 3, 1° comma. a) La Regione Veneto e' consapevole della circostanza che la censura «non» deve assumere «autonomo rilievo rispetto alle altre», ma deve essere tale da rendere manifesto «un vulnus alla sfera di competenza» sua propria, che - nel caso di specie - riguarda, tra l'altro, l'autonomia amministrativa e finanziaria, di cui agli articoli 118 e 119 della Costituzione (le citazioni sono riprese dalla sentenza n. 155/2006, n. 4 del Considerato in diritto). Si tratta di una giurisprudenza consolidata, ripetutamente ribadita: infatti, «nei giudizi in via principale le regioni sono legittimate a denunciare la violazione dei parametri riguardanti il riparto di competenze tra esse e lo Stato e possono evocarne altri soltanto ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni costituzionalmente garantite» (sent. n. 6/2019, n. 3 del Considerato in diritto). E' richiesto, poi, che «le stesse regioni motivino sufficientemente in ordine ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all'onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione» (sent. n. 56/2020, in Guida al Diritto, n. 19, 25 aprile 2020, 104, n. 6.2. del Considerato in diritto). Nel caso in esame, lo Stato ha deciso di erogare provvidenze finanziarie a favore di comuni, colpiti in maniera particolarmente virulenta da Covid-19. Sono state messe a dura prova le strutture sanitarie interessate e il personale sanitario, e non solo, coinvolto (medici, infermieri, amministrativi, volontari...). Tutto cio' ha comportato l'erogazione di prestazioni e servizi, che hanno implicato acquisti rilevanti, ad esempio, di beni; la riapertura di strutture chiuse, a motivo della cosiddetta razionalizzazione della rete ospedaliera; l'assunzione di personale, in base alle disposizioni legislative facoltizzanti stabilite dal legislatore statale (v., ad es., l'art. 1 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27). Le comunita' locali hanno subito danni gravissimi sul piano economico e sociale. Alla regione sono attribuite - oltre che una potesta' legislativa concorrente, ex art. 117, 3° comma, della Costituzione - una potesta' amministrativa (art. 118 della Costituzione) ed una finanziaria (art. 119 della Costituzione). E' fuori discussione che, ove i comuni, ricompresi nella cosiddetta zona rossa delle Province di Padova, Treviso e Venezia fossero ammessi ad usufruire dei benefici, di cui all'art. 112 della legge n. 77/2020, questi diverrebbero risorsa da includere in una posta di bilancio, in entrata e in uscita, alla voce - presumibilmente -«interventi di sostegno di carattere economico e sociale connessi con l'emergenza sanitaria Covid-19» (ex art. 112, cit.). Dall'esclusione, consegue l'evidente menomazione di competenze attinenti l'amministrazione e la finanza, che la Regione Veneto fa valere, anche ai sensi dell'art. 32, 2° comma, della legge n. 87/1953, con specifico riferimento alla sfera di autonomia - oltre che propria - degli enti locali (v., ad es., Corte costituzionale, sentenza n. 298/2009). Tra l'altro, l'assenza di queste disponibilita' da parte dei comuni, l'obblighera' ad intervenire, sottraendo, in tal modo, risorse, oggetto di proprie autonome determinazioni, destinate a fronteggiare urgenze dell'intera comunita' regionale. b) Con specifico riferimento al caso in esame - vale a dire, alla questione di merito -, l'esclusione operata attraverso l'avviso di rettifica (che qui si da' per ammessa, ma - come si dice - non per concessa) configura la piu' classica violazione dell'art. 3, 1° comma, della Costituzione, dal momento che l'esclusione dei comuni ricadenti in zona rossa delle Province di Padova, Treviso e Venezia (qualificate come tali dalla normativa statale) risulta, proprio con riferimento alle scelte operate dallo Stato, irragionevole. Tutto cio', ove si considerino - in linea generale - la portata e le implicazioni del tertium comparationis, che consente di far emergere, appunto, «la ragionevolezza delle classificazioni legislative: ragionevolezza che non si risolve (...) nell'intrinseca bonta' delle scelte effettuate dal Parlamento, ma riguarda piuttosto la coerenza delle differenziazioni (o delle assimilazioni) in esame, valutata nel rapporto con il trattamento che le leggi riservino ad altre categorie o ad altre fattispecie, comparabili con quella contestata» (L. Paladin, Diritto costituzionale, Cedam, Padova, 1998, 168). Cio' che qui si lamenta e' l'effetto generato dall'esclusione (o, se si preferisce, dalla mancata inclusione) di enti, che versano nelle medesime condizioni degli enti inclusi tra i destinatari delle risorse assegnate al fondo contemplato dall'art. 112 della legge n. 77/2020: il trattamento avrebbe dovuto essere identico, come, del resto, era previsto dall'enunciato normativo rettificato (inutile diffondersi in richiami di una giurisprudenza costituzionale vastissima: v., ad es., sentenza n. 68 e n. 236/2012, nonche', per la puntualita' delle riprese, A. Ruggeri - A. Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Giappichelli, Torino, 2019, 140 ss.). Dunque, l'art. 112 della legge n. 77/2020 deve considerarsi costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che siano ammessi a beneficiare del fondo di 200,5 milioni di euro per l'anno 2020 «i comuni dichiarati zona rossa, sulla base di provvedimenti statali o regionali, entro il 3 maggio 2020 per almeno trenta giorni consecutivi» (secondo l'espressione utilizzata dal legislatore prima della rettifica): id est, i comuni delle zone rosse delle Province di Padova, Treviso e Venezia. Cosi', oppure secondo una formula equivalente stabilita dall'ecc.ma Corte. 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 112, 1° comma, della legge n. 77/2020: violazione degli articoli 5, 114, 118 e 119 della Costituzione. Si e' sostenuto, con indiscutibile autorevolezza in sede dottrinale (ci si riferisce, in particolare, a G. Berti, art. 5, in AA.VV., Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli-Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1975, 277 ss.), che da una aggiornata lettura della Costituzione si ricava l'«annuncio (...) di un ordine dove l'unita' statale non ha piu' valore come unita' giuridico amministrativa ma acquista valore nell'unita' di una societa' che, obbedendo a comuni regole di condotta e di linguaggio, si amministra mediante strutture adatte ai vari livelli e ai vari gruppi sociali». Da cio' un corollario: tra i vari enti, le relative comunita' e gli apparati serventi esiste un continuum, destinato ad inverarsi in presenza di situazioni comuni, che comportano l'applicazione del principio di solidarieta', oltre che dell'eguaglianza (ex articoli 2 e 3 della Costituzione). a) Il mancato rispetto oppure la declinazione scorretta di queste regole essenziali implica che si finisca per ledere, anzitutto, quel che stabilisce l'art. 5 della Costituzione, la' dove il medesimo impone di coordinare fra loro il principio autonomistico (e pluralistico) e il principio unitario. Nel caso in esame, il vulnus e' indiscutibile, dal momento che l'esclusione dal fondo - a parita' di condizioni - produce il singolare effetto di beneficare due volte le comunita' territoriali ammesse: per la parte spettante e per quella, non spettante, acquisita a carico dei beneficiari illegittimamente esclusi; di discriminare le relative popolazioni; di obbligare la regione ad attivarsi per, quantomeno, ridurre lo svantaggio derivante da quel che e' illegittimamente stabilito dall'art. 112 della legge n. 77/2020. Il che comporta - a parere della Regione Veneto - una lesione - proprio da parte dello Stato, garante dell'unita' della Repubblica - del relativo principio, perche' riserva trattamenti differenziati a centri di autonomia, che versano nelle medesime condizioni. E l'impoverimento economico-finanziario, determinato da una irragionevole sottrazione di risorse, comporta, paradossalmente, che venga disattesa l'uniformita' di regime giuridico, quando essa e' essenziale. E' un rilievo, che pare scontato a lume di buon senso; fondato, peraltro, su una articolatissima giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, che ha sistematicamente ricavato, dalle singole fattispecie concrete, una lettura dinamica e aggiornata dell'art. 5 della Costituzione [v., ad es., F. Benelli, art. 5, in AA.VV., Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole e R. Bin, Cedam, Padova, 2008, spec. 51, nonche' Corte costituzionale, sentenza n. 171/2018, ove si valorizza, se in presenza di fattispecie diseguali, l'apporto collaborativo delle regioni. Infatti, ferme restando le «linee di indirizzo e coordinamento tracciate a livello centrale (...). Quanto affermato, nondimeno, non esclude che, al fine di assicurare la partecipazione dei diversi livelli di Governo coinvolti, l'esercizio delle funzioni amministrative sia improntato al rispetto del principio di leale collaborazione (sentenza n. 58 del 2007). Le esigenze di una disciplina unitaria, d'altronde, in un ordinamento a struttura regionalista fondato sui principi di cui all'art. 5 della Costituzione, non possono ignorare la tutela delle autonomie territoriali, attraverso strumenti idonei a fornire risposte pragmatiche e sufficientemente flessibili, specie nei casi nei quali lo Stato, pur nell'esercizio di sue competenze esclusive, interferisce con materie attribuite alle regioni (sentenza n. 61 del 2018)»: n. 7.3.2. del Considerato in diritto, quale sorta di prova a contrario]. b) A questo fondamentale disposto si ricollega l'intero titolo V della parte II della Costituzione. In primo luogo, l'art. 114, il quale ha ad oggetto la Repubblica e le sue articolazioni essenziali. Ove le si discrimini irragionevolmente, viene meno il necessario coordinamento imparziale delle competenze, le quali saranno esercitate dagli enti territoriali interessati (nel caso concreto, dal continuum rappresentato dai comuni ricadenti nelle zone rosse delle Province di Padova, Treviso e Venezia, da un lato, e dalla Regione Veneto, dall'altro) in condizioni comparativamente degradate; tuttavia, ingiustificate, essendo noto che - come ha stabilito il giudice delle leggi - l'art. 114 della Costituzione non comporta, affatto, una totale equiparazione fra enti. Equiparazione indispensabile, quando identiche sono le condizioni di fatto e allorche' il discorso cade su enti della medesima specie: nel caso, su comuni. c) Sotto quest'ultimo aspetto, ne soffre, pure, l'art. 118 della Costituzione, in quanto non sono rispettati i «principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». L'interferenza nell'esercizio delle funzioni amministrative locali incide sul fatto che «Il comune deve percio' essere considerato prioritariamente rispetto ad ogni altro ente, nel momento in cui si tratta di decidere dell'allocazione delle funzioni amministrative, comportando ogni diversa soluzione un particolare onere di motivazione in capo al legislatore (...)» (L. Coen, art. 118, in AA.VV., Commentario breve alla Costituzione, cit., 1066, con richiami di dottrina e giurisprudenza, che paiono tuttora esemplari). Innegabile, nel caso concreto, la menomazione di questa potesta', che ha ad oggetto - come si e' visto - «interventi di sostegno di carattere economico e sociale» spettanti - ai sensi dell'art. 112 cit. - ai comuni. d) Infine, e' violato l'art. 119 della Costituzione. Infatti, in gioco ci sono dotazioni finanziarie, che non transiteranno nei bilanci dei comuni, inclusi nelle zone rosse delle Province di Padova, Treviso e Venezia. Se cosi' e', non e' affatto vero, per una certa misura - corrispondente al mancato beneficio -, che «I comuni (...) hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa». Inutile dire, poi, come si e' rilevato (v. sub 1), che questa sopravvenuta carenza dovra' verosimilmente essere, almeno in parte, rimediata dalla Regione Veneto, la quale subira' una illegittima compressione dell'autonomia finanziaria propria. A motivo di una perversa attuazione - pare di poter dire - del principio dei vasi comunicanti. B. Relativamente all'art. 112, comma 1-bis, e all'art. 112-bis della legge di conversione n. 77/2020 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 112, comma 1-bis, della legge n. 77/2020: violazione degli articoli 3, 5, 114, 118 e 119 della Costituzione. Questo ulteriore comma, inserito nella legge di conversione del decreto-legge n. 34/2020, contiene una previsione specifica, riguardante il Comune di San Colombano al Lambro. In se' e per se', nulla da eccepire, dal momento che e' un ente territoriale locale, gravemente colpito da Covid-19. Tuttavia, e' arduo resistere alla tentazione di obiettare al legislatore statale che non e' legittimo procedere evitando di trattare allo stesso modo chi versa nelle medesime condizioni. Sicche', enucleare casi singoli, isolarli e destinare ad essi provvidenze non puo' dirsi rispettoso - come si e' gia' prospettato sub A -dei parametri costituzionali, di cui agli articoli 3, 5, 114, 118 e 119. Si tratta di conseguenze inevitabili, che collidono con la parita' di trattamento; con il pluralismo, considerato alla luce - tanto cara allo Stato - dell'unita' della Repubblica; con l'autonomia amministrativa e finanziaria, le quali - per essere tra loro connesse e reciprocamente condizionanti - sono destinate a soffrire per il venir meno, nella disponibilita' dell'ente, di erogazioni finanziarie dovute. Da cio', l'illegittimita' costituzionale del comma 1-bis dell'art. 112 della legge n. 77/2020, considerato unitamente al 1° comma, che rimane, a motivo della sua strutturale ingiustizia, il termine di riferimento dell'odierno giudizio (che prosegue quello pendente al numero di ruolo 60/2020 ed e' collegato con il conflitto di attribuzioni contraddistinto dal numero di ruolo 4/2020). 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 112-bis della legge n. 77/2020: violazione degli articoli 3, 5, 97, 114, 118 e 119 della Costituzione. Al pari della precedente eccezione, pure questa ha ragion d'essere fintantoche' vige il testo rettificato dell'art. 112, 1° comma. Infatti, l'art. 112-bis rende ancor piu' palesi le divergenze, rispetto a quel che prevede la Costituzione, in particolare negli articoli 3, 5, 97, 114, 118 e 119. A ben vedere, si tratta di una disposizione caotica. L'esordio concerne i «Comuni non compresi tra quelli previsti dall'art. 112» (quest'ultimo riguarda i comuni inclusi in una zona rossa), i quali sono stati «particolarmente colpiti dall'emergenza sanitaria» (l'avverbio e' quanto di piu' impreciso si possa immaginare). Dunque, i comuni beneficiari del fondo di 40 milioni per l'anno 2020 non sono quelli inclusi in una zona rossa. Tuttavia - precisa il 3° comma «Al fine della ripartizione del fondo (...) si tiene conto (...) dei comuni individuati come zona rossa o compresi in una zona rossa (...) per un periodo non inferiore a quindici giorni». Inutile inseguire distinzioni e sottodistinzioni opinabilissime. Nel caso in questione, i comuni delle Province di Padova, Treviso e Venezia, puntualmente individuati dalle norme statali e regionali (a cominciare da Vo' Euganeo, escluso dai benefici, sintomo evidente di una illegittimita' costituzionale insanabile) come inclusi in zone rosse per un periodo superiore a trenta giorni, non solo sono stati esclusi dai benefici spettanti a comuni che versano nelle medesime condizioni; sono stati declassati - a tutto concedere -a comuni particolarmente colpiti dall'emergenza sanitaria (1° comma), destinati a fruire di un titolo preferenziale (in sede di riparto del fondo di 40 milioni), in quanto «Comuni individuati come zona rossa o compresi in una zona rossa (...) per un periodo non inferiore a quindici giorni»: che e' altro rispetto a un periodo non inferiore a trenta. Evidente, dunque, la discriminazione, quale effetto di assimilazioni di fattispecie disomogenee, che implicano la denunciata violazione dei citati parametri costituzionali (nei termini indicati sub A): ivi compreso, l'art. 97, il quale risulta leso sia quanto all'imparzialita', sia quanto al buon andamento, la' dove la forzata esclusione dei comuni aventi titolo al beneficio - appartenenti alle Province di Padova, Treviso e Venezia - finisce per addebitare alla Repubblica l'applicazione, in concreto, del noto criterio: due pesi e due misure.