TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCE Sezione 1ª penale Il Giudice, dott. Maddalena Torelli, decidendo sulla richiesta di sollevare questione di legittimita' costituzionale ex art-1 legge costituzionale n. 1148 ed art. 23 legge n. 87/53 formulata all'odierna udienza dalla difesa dell'imputato T. S. ha pronunziato la seguente ordinanza. T. S. veniva citato davanti a questo Tribunale, con decreto di citazione diretta a giudizio del 6 marzo 2018, per rispondere del reato di cui all'art. 590-bis codice penale; Accogliendo l'istanza della difesa, questo Giudice ritiene necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale: - dell'art. 590-bis codice penale (come sostituito dall'art. 1 della legge 23 marzo 2016 n. 41); - del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilita' per taluni reati in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 16, lettere a) e b), e 17 della legge 23 giugno 2017, n. 203», nella parte in cui non prevedono la procedibilita' a querela per i delitti previsti dal primo comma del predetto art. 590-bis codice penale nelle ipotesi di lesioni personali "gravi" per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell'evento. Ad avviso del Tribunale (ed accogliendo i rilievi della difesa), tali previsioni si pongono in contrasto e violazione dei principi sanciti dagli articoli 3, 13 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione, sotto i profili di ragionevolezza della sanzione penale in rapporto al principio di uguaglianza davanti alla legge, alla concreta offensivita' del fatto ed alla finalita' rieducativa della pena. Ragioni - Fatto T. S. e' imputato in ordine al reato di cui all'art. 590-bis codice penale «per avere, per negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza delle norme sulla circolazione stradale - in particolare per avere - alla guida di autovettura targata , percorrendo centro abitato di Lecce con direzione di marcia San Cataldo-Lecce, tenuto una condotta di guida poco attenta in relazione allo stato dei luoghi (centro abitato) e comunque per non avere prestato la dovuta attenzione alla guida ed alla strada innanzi a se', investendo da tergo il velocipede marca " " che lo precedeva condotto da L. P. , impattava dapprima sul cofano e successivamente sul parabrezza per poi rovinare in terra - cagionando al detto L. P. , a seguito del violento impatto avvenuto con detta auto, lesioni gravi consistite in "emorragia sub aracnoidea consecutiva a traumatismo senza mensione di ferita intracranica esposta senza perdita di conoscenza in politrauma della strada" giudicate con pericolo di vita». In Lecce il ' '. L'addebito consiste nell'avere cagionato alla persona offesa lesioni 'gravi' per incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai quaranta giorni (ex combinato disposto degli arti 590-bis comma 1 codice penale e 583 comma 1 lett.1] codice penale). Tuttavia, dagli atti emerge che la persona offesa sig. L. P. : - non subiva alcuna perdita di conoscenza (cfr. capo di imputazione e referto di P.S. del ' '; - non si trovava in situazioni di incapacita' tali da rendere difficoltosa un'eventuale iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del responsabile delle lesioni e, quindi, scientemente e volutamente non sporgeva atto di denuncia-querela nei confronti dell'odierno imputato; - quanto sopra e' confermato dal fatto che coltivava diritti e ragioni inoltrando richiesta risarcitoria all'Allianz S.p.a., compagnia che assicurava per la responsabilita' civile automobilistica il mezzo condotto dall'imputato in occasione del sinistro, ottenendo dalla predetta compagnia l'integrale risarcimento dei danni subiti mediante la ricezione di euro 250.000,00 con assegno del 21 giugno 2017 e di ulteriori euro 125.000,00 con assegno del 4 agosto 2017 e sottoscrivendo personalmente l'atto di quietanza 1° agosto 2017 con cui veniva riconosciuto altresi' il pagamento di ulteriori somme a titolo di spese legali (documentazione versata in atti dalla difesa all'udienza del 10 luglio 2018). - Sulla rilevanza La questione appare certamente rilevante perche', nel caso sottoposto all'esame, la persona offesa non ha presentato querela e vi e' prova in atti che essa sia stata integralmente risarcita per i danni subiti. Ne consegue che, laddove il reato contestato all'imputato fosse perseguibile a querela di parte nei casi di avvenuto ristoro dei danni, ricorrerebbe declaratoria di non punibilita'. Al contrario, non puo' essere esclusa la responsabilita' colposa dell'agente, sicche' il processo potrebbe concludersi con una sentenza di condanna dello stesso. - Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 590-bis codice penale e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 per contrasto con gli articoli 3, 13 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione Com'e' noto, l'art. 590-bis codice penale e' stato oggetto di recente novella legislativa ad opera della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonche' disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 281 ed al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274). Per chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale 'grave' con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale e' stata prevista la procedibilita' d'ufficio. Nell'ottica di limitare la perseguibilita' d'ufficio, alle situazioni ritenute piu' gravi onde deflazionare il carico di contenzioso, l'art. 1, comma 16, lettera a) della legge n. 103 del 2017 ha delegato il Governo, entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento, a «prevedere la procedibilita' a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all'art. 610 del codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilita' d'ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per eta' o infermita'; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell'art. 339 del codice penale; 3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravita'». Il Governo, con l'adozione del decreto legislativo n. 36 del 2018, non ha annoverato l'art. 590-bis, primo comma, codice penale tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilita'. Ad oggi, pertanto, per chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale 'grave' con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale continua ad essere prevista la procedibilita' d'ufficio, benche' il reato sia punito con pena (reclusione da tre mesi a un anno) compresa nella forbice edittale per la quale il legislatore delegante aveva previsto l'introduzione della condizione di procedibilita' della querela. Sotto tale profilo, pertanto, le lesioni personali 'gravi' di cui al primo comma dell'art. 590-bis codice penale sono state parificate a quelle 'gravissime' - che determinano malattie insanabili, perdite permanenti, deformazioni e/o sfregi permanenti - nonche' a quelle determinate dalle condotte indicate nei commi successivi dell'art. 590-bis codice penale, ovverosia: - l'essersi l'autore posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (commi 2, 3, 4); - l'avere proceduto in un centro urbano ad una velocita' pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h rispetto a quella massima consentita (comma 5 lettera 1); - l'avere attraversato un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolato contromano (comma 5 lettera 2); - l'avere eseguito manovra di inversione del senso di marcia in prossimita' o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o eseguito sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua (comma 5 lettera 3). Nella scelta del legislatore si rinviene una evidente eccezione al regime di procedibilita' previsto per il delitto di lesioni colpose, anche se gravi o gravissime, di cui all'art. 590 codice penale che - salvo le ipotesi in cui la colpa discenda dalla violazione di norme sulla sicurezza e/o igiene sul lavoro - risulta sempre procedibile a querela. Di regola, infatti, l'esercizio dell'azione penale per il delitto di lesioni colpose dipende dalla volonta' della persona offesa. In quanto titolare dell'interesse tutelato dalla norma, e' quest'ultima a condizionare la procedibilita', reputandosi la sua volonta' preminente sull'interesse della collettivita'. A fronte di un tale bilanciamento di interessi, il legislatore del 2016 e di poi quello del 2018 hanno, invece, previsto per il delitto di cui all'art. 590-bis codice penale la procedibilita' d'ufficio. Il rigore di tale scelta, sebbene possa ritenersi giustificato da finalita' di prevenzione generale, pecca pero' di irragionevolezza nella parte in cui, in presenza di condotte che ricadono nelle ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590-bis codice penale, non da alcuna rilevanza alle vicende risarcitorie che siano eventualmente conseguite all'evento colposo. Noto e' che la circolazione stradale costituisce un rischio che la societa', stante la sua utilita' e, oramai, indispensabilita' ai fini di mobilita' per motivi di lavoro, piacere o altro, fa proprio e che, pertanto, rientra tra quelli cd. consentiti. Proprio in ragione dei pericoli, seppure consentiti, discendenti dalla guida di veicoli e motocicli, l'ordinamento impone particolari obblighi che l'utente della strada e' tenuto ad osservare. Tra questi, la sottoscrizione di una polizza assicurativa per la responsabilita' civile da sinistro stradale. Orbene, e' proprio il contesto lecito (circolazione stradale) in seno al quale si verifica l'evento colposo che rende la procedibilita' d'ufficio - anche - per i casi di cui al primo comma dell'art. 590-bis codice penale contraria al principio di ragionevolezza, che trova il suo principale appiglio costituzionale nell'art. 3. Da qui i ritenuti profili di irragionevolezza della sanzione penale in rapporto al principio di uguaglianza davanti alla legge (art. 3 Cost.), alla concreta offensivita' del fatto (art. 13 comma 2 Cost.) ed alla finalita' rieducativa della pena (art. 27 comma 3 Cost.). Limitatamente ai casi in parola, l'automatico esercizio dell'azione penale appare eccessivo ed irragionevole. A fronte di un integrale risarcimento dei danni patiti dalla persona offesa e (come meglio si dira' di seguito) di un'assenza di situazioni di allarme sociale (quali quelle disciplinate dai commi dal 2 al 6 dell'art. 590-bis codice penale), appare ingiusto ed irragionevole assoggettare il soggetto agente a procedimento penale nonostante la mancanza di una espressa richiesta punitiva da parte del soggetto interessato in via diretta e nonostante l'avvenuto integrale risarcimento dei danni, per il sol fatto che le lesioni cagionate abbiano superato la soglia dei quaranta giorni. Non si sconosce come l'evento lesivo costituisca parte della fattispecie e sia, sempre e comunque, conseguenza della violazione di una regola cautelare posta a presidio della sicurezza della circolazione stradale. Tuttavia, anche se detto solo per inciso, e' innegabile come il superamento o meno dei quaranta giorni di prognosi finisca con l'essere ancorato a situazioni spesso esageratamente fortuite o accidentali che, in presenza di violazioni del tutto analoghe, possono portare o meno al superamento della soglia e, quindi, alla procedibilita' o meno d'ufficio. Ne' si puo' obiettare che un'infermita' di durata superiore ai quaranta giorni renda di per se' sola la persona offesa impossibilitata, per incapacita', ad ottemperare all'obbligo legale di presentazione dell'atto di querela entro i tre mesi e, quindi, ad intraprendere per tempo la punizione dell'autore del reato. Invero l'art. 124 codice penale prescrive l'obbligo di esercitare il diritto in parola entro tre mesi dal giorno della «notizia» del fatto che costituisce reato e non da quello del fatto stesso. Ben puo' accadere, pertanto, che la vittima, una volta ripresasi e avuta coscienza dell'accaduto, possa decidere di sollecitare la persecuzione penale del responsabile delle lesioni senza che la sua pregressa situazione di incapacita' abbia comportato conseguenze irreparabili in ordine ad eventuali iniziative giudiziarie. Al di la' dell'inequivoco tenore letterale del comma primo dell'art. 124 codice penale («dal giorno della notizia del fatto»), la giurisprudenza di legittimita' ha piu' e piu' volte sottolineato: come il termine per proporre querela cominci a decorrere dal momento in cui il titolare del relativo diritto si sia reso conto di tutte le connotazioni oggettive e soggettive necessarie per l'integrazione del reato; come ai fini della decorrenza occorre che l'offeso abbia avuto conoscenza precisa, certa e diretta del fatto delittuoso, in maniera da possedere tutti gli elementi di valutazione onde determinarsi; come il termine per la proposizione della querela decorre non dalla data di commissione del reato, ma da quella (eventualmente posteriore) in cui la persona offesa e' venuta a conoscenza del fatto costituente l'illecito penale, intendendosi per conoscenza la piena cognizione di tutti gli elementi che consentono la valutazione dell'esistenza del reato (cfr. Sez. IV, 8.4.1998, n. 5007; Sez. V, 20.1.2000, n. 3315; Sez. II, 27.1.1999, n. 2863; Sez. III, 13.5.2009, n. 25986; Sez. V, 9.7.2008, n. 33466). In definitiva, si ritiene che l'art. 590-bis, comma 1, codice penale viola il principio di ragionevolezza ed uguaglianza nella parte in cui, ai fini della procedibilita', non attribuisce alcuna rilevanza all'eventuale risarcimento del danno patito dalla persona offesa. La norma finisce di fatto con il trattare in modo uguale situazioni tra loro differenti: in caso di lesioni gravi causate per colpa durante la guida di veicoli a motore, l'automobilista c.d. modello, che abbia sempre rispettato tutte le prescrizioni all'uopo richieste dalla legge, verra' trattato allo stesso modo di colui il quale circoli ignorando le norme del codice della strada o, in particolare, guidi un mezzo privo di copertura assicurativa. Anche a voler considerare la diversa funzione che la norma penale assolve, rispetto a quelle in materia di r.c.a., appare ben difficile disconoscere come, in casi di tal fatta, il sistema normativo difetti dal punto di vista della sua coerenza interna, e quindi sotto il profilo della ragionevolezza. Con sentenza n. 84/97, la Corte costituzionale ha avuto modo di rilevare che «la ragionevolezza deve trovare applicazione non solo all'interno dei singoli camparti normativi, ma anche con riguardo all'intero sistema». Oltre che sotto il profilo della coerenza sistematica dell'ordinamento, l'irragionevolezza della scelta operata dal legislatore del 2016 emerge, altresi', dal punto di vista della proporzionalita' tra mezzi scelti e finalita' perseguite. Gia' si e' detto che la «ratio» degli interventi normativi del 2016 e' quella della sicurezza stradale, derivante dall'allarme sociale suscitato dal crescente fenomeno delle «vittime della strada», come confermato dalla stessa Consulta con la recente sentenza n. 223/19. Ebbene, a fronte di cio', la scelta di assoggettare tutte le ipotesi previste dall'art. 590-bis codice penale ad un regime di procedibilita' d'ufficio appare eccessivamente rigorosa. Il canone della proporzionalita' avrebbe, diversamente, dovuto imporre al legislatore di bilanciare il rapporto finalità-mezzi in ragione della gravita' delle condotte colpose, che, dal punto di vista dell'allarme sociale, non possono certamente considerarsi paritetiche. Mentre il primo comma dell'art. 590-bis codice penale, stante la sua genericita', ricomprende qualsiasi condotta colposa, anche di lievissima gravita, in cui ciascun automobilista - sebbene attento e diligente - puo' erroneamente incappare, i commi successivi descrivono ipotesi ben piu' pericolose, che, proprio in ragione di detta loro gravita', sono state trattate autonomamente rispetto alle ipotesi di cui al comma primo. E' allora evidente come l'allarme sociale che esse comportano e le finalita' perseguite dal legislatore giustificano la previsione della procedibilita' d'ufficio per le ipotesi di cui ai commi 2 e seguenti dell'art. 590-bis codice penale. Non altrettanto, pero', puo' dirsi per quelle di cui al primo comma che non appaiono tali da imporre la medesima previsione, ancor piu' in presenza di avvenuto integrale risarcimento e mancanza di volonta' punitiva da parte dell'offeso. Sulla base di tali considerazioni, appare, pertanto, agevole individuare la sproporzione tra finalita' e mezzi laddove, con la modifica dell'art. 590-bis codice penale si e' prevista la procedibilita' d'ufficio anche con riferimento a condotte che non contengono quella pericolosita' che si mirava a contenere e che peraltro, quasi sempre, sono seguite da integrale risarcimento. Limitatamente a queste ipotesi, l'interesse della collettivita', sotteso alla scelta della procedibilita' d'ufficio, avrebbe invece dovuto soccombere a confronto con quello della persona offesa. Condizionando l'azione penale alla querela si sarebbe conferito alla fattispecie un maggiore equilibrio: quando la condotta colposa e' estranea dalle ipotesi, certamente gravi, previste dai commi dal secondo in poi, e quando il risarcimento e' stato effettuato, e' la persona offesa l'unico soggetto legittimato a decidere in ordine all'opportunita' o meno di ottenere anche la punizione dell'autore. La scelta, invece, di avviare l'azione penale d'ufficio e, quindi, di assoggettare a procedimento penale sempre e comunque l'automobilista che cagiona lesioni superiori ai quaranta giorni, finisce per creare una contraddizione nello stesso ordinamento che, per un verso, ammette la circolazione stradale ma, dall'altro, punisce in ogni caso quelle condotte che - sebbene colpose - rappresentano tuttavia un risvolto inevitabile della circolazione stessa, ovvero il risvolto negativo di quel rischio che la collettivita' ha consentito rendendo lecita la circolazione automobilistica. Esse sono, quindi, immanenti alla circolazione stradale, che e' autorizzata e reputata lecita. Appaiono evidenti la sperequazione e l'incoerenza interna che si vengono a creare in seno ad un ordinamento che, in altre situazioni non caratterizzate da particolare pericolosita' e/o allarme sociale, ha introdotto cause di estinzione del reato in presenza di condotte risarcitorie (si pensi all'art. 162-ter codice penale di recente introduzione) o cause di non punibilita' per particolare tenuita' del fatto addirittura per reati puniti con pena detentiva fino a cinque anni (art. 131-bis codice penale). Senza considerare l'avvilimento della finalita' deflattiva del contenzioso penale sottesa a recenti interventi legislativi e la vanificazione del ricorso allo strumento risarcitorio quale forma di ristoro del detrimento subito dall'offeso. Tutte le osservazioni che precedono valgono anche per quanto riguarda il decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, che, avendo continuato a prevedere la procedibilita' d'ufficio per le ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 590-bis codice penale, va sottoposto a questione di legittimita' costituzionale per contrasto con gli articoli 3, 13 comma secondo e 27 comma terzo della Costituzione. La materia della procedibilita' e' stata da ultimo interessata da detto decreto, che ha dato attuazione alla delega prevista dall'art. 1, commi 16, lettera a) e b) e 17 della legge 23 giugno 2017, n. 103. Al fine di ottenere un effetto deflattivo del contenzioso, con la suddetta legge e' stato delegato il governo affinche' modificasse il regime di procedibilita' - rendendolo a querela - per tutti i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all'art. 610 codice penale e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, facendo comunque salva la procedibilita' d'ufficio qualora, alternativamente: - la persona offesa sia incapace per eta' o infermita'; - ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero quelle di cui all'art. 339 codice penale; - nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravita'. Tra i reati interessati dal suddetto mutamento di procedibilita' non e' stato, tuttavia, ricompreso l'art. 590-bis, comma 1, codice penale, sebbene compatibile, dal punto di vista del massimo edittale (reclusione fino a un anno, per le lesioni gravi, e fino a tre anni per quelle gravissime) con i parametri forniti dal delegante (pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni). Il delegato ha, evidentemente, reputato che la fattispecie in parola rientrasse in una delle tre eccezioni - in particolare, la prima - in presenza delle quali si dovesse far salva la procedibilita' d'ufficio: «la persona offesa sia incapace per eta' o infermita'». Com'e' noto, l'omessa inclusione dell'art. 590-bis, comma 1, codice penale, tra i reati procedibili a querela ha costituito oggetto di recente trattazione da parte della Corte costituzionale. Con la sentenza n. 223/2019, resa il 25 settembre 2019 e depositata il 24 ottobre 2019, la Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, sollevata dal Tribunale ordinario di La Spezia in riferimento all'art. 76 Cost., proprio nella parte in cui non prevedeva la procedibilita' a querela dell'art. 590-bis, comma 1, codice penale. Sul punto e' stato affermato che «era in facolta' del Governo ritenere che una tale esigenza di tutela rafforzata ricorra anche rispetto al delitto di lesioni stradali gravi o gravissime previste dall'art. 590-bis, primo comma, codice penale, che e' produttivo di notevoli conseguenze pregiudizievoli per la salute della vittima, le quali a loro o volta possono determinare una situazione di incapacita', transitoria o permanente, tale da renderle piu' difficoltosa una eventuale iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la prosecuzione penale del responsabile delle lesioni». Non si intende qui riproporre temi gia' affrontati con la sopra richiamata sentenza della Corte, nel senso che la questione posta all'attenzione non verte sull'arbitraria omissione di previsione, da parte del legislatore delegato, della procedibilita' a querela del delitto in esame sebbene esso preveda pene detentive inferiori nel massimo al limite di quattro anni indicato dalla legge delega, ne' sulla possibilita' o meno di discrezionalita' nell'attuazione della delega da parte del legislatore delegato. Essa riguarda, piuttosto, il fatto che se e' pur vero che l'evento lesivo puo' pregiudicare l'iniziativa giudiziaria della persona offesa, non puo', al contempo, negarsi che, in presenza di un documentato risarcimento del danno, come nel caso di specie, detto rischio debba considerarsi scongiurato. Anzi, ne e' provata la sua inesistenza. Il Governo, nel dare attuazione alla legge delega n. 103/17, avrebbe, quindi, dovuto escludere la procedibilita' d'ufficio - prevedendo quella a querela, in linea con lo spirito deflattivo della legge medesima - tutte le volte in cui alle condotte di cui al primo comma dell'art. 590-bis codice penale sia seguito il risarcimento del danno patito dalla persona offesa. La mancata sottrazione delle ipotesi in parola dal regime di procedibilita' d'ufficio ha nuovamente reso la fattispecie in parola irragionevole, con conseguente inevitabile contrasto con le norme costituzionali sopra gia' richiamate, poiche' impositiva di un trattamento sperequato tutte le volte in cui quella condizione di «incapacita' per eta' o infermita'» della parte lesa manchi, stante il positivo esito della procedura risarcitoria. Irragionevole, in sostanza, appare la tutela rafforzata in tutte quelle ipotesi in cui non ricorrono situazioni tali da rendere difficoltosa un'eventuale situazione giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del responsabile delle lesioni. Si ribadisce come il c.d. automobilista modello, che abbia sempre regolarmente corrisposto i prescritti premi assicurativi, che sia accidentalmente incappato in una violazione colposa di cui al primo comma dell'art. 590-bis codice penale e che abbia provveduto al risarcimento delle lesioni patite dalla persona offesa (la quale, per tale motivo, non avra' alcun interesse affinche' lo stesso venga condannata in sede penale) finisce con l'essere trattato allo stesso modo di colui il quale, circolando con mezzo privo di copertura assicurativa, non abbia invece garantito alcun ristoro economico. La sperequazione che la procedibilita' d'ufficio produce in questi casi non puo', d'altronde, giustificarsi in ragione dell'allarme sociale determinato dalle condotte colpose di nuova introduzione, ove si consideri che esso trova la propria ragion d'essere limitatamente a condotte gravi, quali sono quelle previste dai commi 2 e seguenti dell'art. 590-bis codice penale ma non anche con riferimento agli episodi puniti ai sensi del primo comma dell'art. 590-bis codice penale. Senza considerare, in ultimo, come, seppure il legislatore delegato disponga certamente di margini di discrezionalita' nell'attuazione della delega, egli deve comunque rispettarne la «ratio» e la sua scelta si deve incastonare in modo logico e coerente nel tessuto normativo vigente (cfr. sentenze n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del 2015, n. 119 del 2013). - Sulla non manifesta infondatezza Alla luce di tutti i rilievi innanzi esposti, si ritiene che le questioni poste non siano manifestamente infondate.