IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA Sezione Prima Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1362 del 2019, proposto da Sara Silvana Cavallo, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Polizzotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Torquato Tasso, 4; contro: Comune di Gela, Consiglio comunale di Gela non costituiti in giudizio; Ufficio centrale elettorale del Comune di Gela, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6; nei confronti di Cristoforo Lucio Greco, Salvatore Sammito, Rosario Trainito, Giuseppe Morselli, Romina Adriana Morselli, Gaetano Orlando, Alessandra Elisa Ascia, Diego Iaglietti, Davide Sincero, Rosario Domenico Terenzio Faraci, Giuseppe Guastella, Valeria Chiara Caci, Luigi Giuseppe Di Dio, Vincenzo Cascino, Giuseppe Romano, Giuseppe Terenziano Di Stefano, Nadia Gnoffo, Grazia Maria Concetta Robilatte, Florinda Iudici, Ivan Filippo Maria Liardi, rappresentati e difesi dagli avvocati Girolamo Rubino, Giuseppe Impiduglia, Maria Teresa Greco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento: del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio di Gela - elezioni comunali per il rinnovo del sindaco e del Consiglio comunale di Gela del 28 aprile 2019 - Mod. n. 41 - Sb, chiuso il 23 maggio 2019, a mezzo del quale sono stati riassunti i voti riportati dai candidati alla carica di sindaco e di consigliere comunale ed i voti di lista, nella parte in cui in data 22 maggio 2019 e' stata illegittimamente proclamata eletta alla carica di consigliere comunale per la lista «Un'altra Gela» la sig.ra Morselli Romina Adriana; del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio di Gela - elezioni comunali per il rinnovo del sindaco e del Consiglio comunale di Gela del 28 aprile 2019 - Mod. n. 41 - Sb, chiuso il 23 maggio 2019, nella parte in cui sono stati illegittimamente attribuiti alle liste «Un'altra Gela», «Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune - Il Popolo della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al candidato sindaco eletto Greco Cristoforo, n. 15 seggi anziche' 14, per cui e' stata proclamata illegittimamente eletta alla carica di consigliere la sig.ra Morselli Romina Adriana della lista «Un'altra Gela»; del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio di Gela - elezioni comunali per il rinnovo del sindaco e del Consiglio comunale di Gela del 28 aprile 2019 - Mod. n. 41 - Sb, chiuso il 23 maggio 2019, nella parte in cui sono stati illegittimamente attribuiti alle liste «Un'altra Gela», «Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune - Il Popolo della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al candidato sindaco eletto Greco Cristoforo ulteriori n. 4 seggi per attribuzione del 60 dei seggi, per cui e' stata proclamata illegittimamente eletta al Consiglio comunale la sig.ra Morselli Romina Adriana per la lista «Un'altra Gela»; nonche' per la correzione del risultato elettorale relativo alla consultazione elettorale in questione, secondo quanto specificato infra, dichiarando decaduta dalla carica di consigliere la sig.ra Morselli Romina Adriana per la lista «Un'altra Gela» e dichiarando proclamata eletta alla carica di consigliere comunale per la lista «Avanti Gela», collegata al candidato sindaco non eletto Giuseppe Spata, la sig.ra Cavallo Sara Silvana, odierna ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto il decreto presidenziale n. 387 del 18 giugno 2019; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cristoforo Lucio Greco, di Salvatore Sammito, di Rosario Trainito, di Giuseppe Morselli, di Romina Adriana Morselli, Gaetano Orlando, di Alessandra Elisa Ascia, di Diego Iaglietti, di Davide Sincero, di Rosario Domenico Terenzio Faraci, di Giuseppe Guastella, di Valeria Chiara Caci, di Luigi Giuseppe Di Dio, di Vincenzo Cascino, di Giuseppe Romano, di Giuseppe Terenziano Di Stefano, di Nadia Gnoffo, di Grazia Maria Concetta Robilatte, di Florinda Iudici, di Ivan Filippo Maria Liardi, dell'Ufficio centrale elettorale del Comune di Gela; Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2020 il dott. Roberto Valenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; 1. - Con ricorso depositato il 18 giugno 2019, notificato in data 25 giugno 2019 unitamente al decreto presidenziale n. 387 del 20 giugno 2019, e quindi nuovamente depositato con attestazione dell'avvenuta notifica in data 1° luglio 2019, la ricorrente Cavallo Sara Silvana ha impugnato, chiedendone l'annullamento, i verbali delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale e gli altri provvedimenti in epigrafe indicati relativi alle elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio comunale di Gela e l'elezione diretta del relativo sindaco, nella parte in cui sarebbe stata illegittimamente dichiarata eletta alla carica di consigliere comunale per la lista «Un'altra Gela» la sig.ra Morselli Romina Adriana. Contesta altresi' il verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio di Gela nella parte in cui sono stati illegittimamente attribuiti alle liste «Un'altra Gela», «Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune - Il Popolo della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al candidato sindaco eletto Greco Cristoforo, n. 15 seggi anziche' 14, per cui e' stata proclamata illegittimamente eletta alla carica di consigliere la sig.ra Morselli Romina Adriana della lista «Un'altra Gela». Parimenti, e' impugnato il verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale per il turno di ballottaggio nella parte in cui sono stati illegittimamente attribuiti alle liste «Un'altra Gela», «Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune - Il Popolo della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al candidato sindaco eletto Greco Cristoforo ulteriori n. 4 seggi per attribuzione del 60% dei seggi, per cui e' stata proclamata illegittimamente eletta al Consiglio comunale la sig.ra Morselli Romina Adriana per la lista «Un'altra Gela». 1.1 - Con il presente gravame, la ricorrente chiede la correzione del risultato elettorale, con declaratoria di decadenza dalla carica di consigliere la sig.ra Morselli Romina Adriana per la lista «Un'altra Gela» e con conseguente sua proclamazione alla carica di consigliere comunale quale eletta per la lista «Avanti Gela», collegata al candidato sindaco non eletto Giuseppe Spata. 1.2 - Premette la ricorrente di aver partecipato alle elezioni amministrative in parola, svoltesi in data 28 aprile 2019, concorrendo per la carica di consigliere comunale nell'ambito della lista denominata «Avanti Gela», collegata al candidato sindaco non eletto Giuseppe Spata. 1.3 - Osserva quindi che nel primo turno le liste collegate al candidato sindaco n. 4 Greco avevano ottenuto le seguenti cifre elettorali: lista n. 3 avente contrassegno «Un'altra Gela» voti 4.556; lista n. 6 avente contrassegno «Uniti Siamo Gelesi» voti 2.328; lista n. 7 avente contrassegno «Una Buona Idea» voti 2.984; lista n. 9 avente contrassegno «Impegno Comune - Il Popolo della Famiglia» voti 1.958; lista n. 12 avente contrassegno «Azzurri per Gela» voti 3.260; per un totale di n. 15.086, quale cifra complessiva dei voti delle predette liste collegate. Di contro, le liste collegate al candidato sindaco n. 3, Spata Giuseppe, hanno ottenuto le seguenti cifre elettorali: lista n. 2 avente contrassegno «Avanti Gela» voti 4.299; lista n. 5 avente contrassegno «Fratelli d'Italia» voti 2.705; lista n. 8 avente contrassegno «Italia UDC» voti 2.068; lista n. 10 avente contrassegno «Lega Salvini Sicilia» voti 2.805; per un totale quindi di n. 11.877 quale cifra complessiva di voti liste dette collegate. 1.4 - In esito al turno di ballottaggio veniva proclamato eletto alla carica di sindaco il candidato Greco. 1.5 - Con la ripartizione dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste, ai sensi dell'art. 4, comma 4, legge regionale n. 35/1997, venivano quindi assegnati n. 11 seggi al gruppo di liste collegate al sindaco eletto Greco; inoltre, ai sensi del comma 6 art. 4 legge regionale n. 35/1997, veniva attribuito il cosi' detto premio di maggioranza, assegnando al gruppo di liste collegate al sindaco eletto n. 4 ulteriori seggi, per un totale complessivo pari quindi a 15 seggi. 2. - Cio' premesso, la ricorrente lamenta l'errore in cui sarebbe incorso l'Ufficio centrale elettorale nel rideterminare, in modo ritenuto illogico ed arbitrario, la ripartizione dei seggi tra le liste concorrenti. 2.1 - Sotto tale profilo, la ricorrente deduce che il 60% dei 24 seggi di cui si compone il Comune di Gela e' pari a 14,4, e non gia' a 15. 2.2 - Ed invero, dopo aver assegnato, ai sensi di legge, un primo seggio al candidato sindaco non eletto che aveva riportato il miglior secondo piazzamento nella competizione elettorale, la Commissione elettorale, non solo non avrebbe preso a riferimento come criterio di calcolo i n. 23 seggi residuali (anziche' 24 di cui si compone l'assemblea consiliare), ma avrebbe altresi' illegittimamente arrotondato per eccesso il dato numerico di 14,4 con cifra decimale derivante dalla applicazione della percentuale del 60% al numero di componenti l'assemblea consiliare (24), assegnando, in modo ritenuto illegittimo, n. 15 consiglieri al gruppo di liste collegate al sindaco risultato eletto. 2.2. - Ad avviso della ricorrente, il 15^ seggio sarebbe stato illegittimamente assegnato alla lista «Un'altra Gela», cosi' individuando quale eletta la sig.ra Morselli Romina Adriana, avente il maggiore quoziente elettorale; diversamente il seggio in parola spetterebbe proprio alla ricorrente Cavallo Sara Silvana, prima dei non eletti, in applicazione della corretta portata della norma. 3. - Nel ricorso si articolano le seguenti due censure: i) violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 6, legge regionale n. 35/1997; violazione dell'art. 4 comma 3-ter e comma 7 legge regionale n. 35/1997, violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, eccesso di potere: il risultato elettorale risulta viziato per l'errata attribuzione alle liste collegate al candidato sindaco vincitore di un numero di seggi maggiore rispetto a quello dovuto in applicazione del c.d. «premio di maggioranza»; segnatamente il numero di seggi originariamente attribuito alle predette liste in forza del solo risultato elettorale era pari a n. 11 seggi, poi aumentato a 15 in ragione del premio di maggioranza, nonostante il fatto che i componenti dell'ufficio centrale avessero determinato in 14,4 il valore corrispondente al 60% dei seggi del Consiglio comunale; tuttavia ai fini del calcolo della «maggioranza dei seggi» si sarebbero dovuti prendere in considerazione n. 23 seggi e non 24, stante che un seggio spetta di diritto al candidato alla carica di sindaco, tra quelli non eletti, che abbia ottenuto il maggior numero di voti ed almeno il venti per cento dei voti; inoltre si sarebbe proceduto ad un illegittimo arrotondamento per eccesso della predetta percentuale, consentita solo ove la cifra decimale sia maggiore a 50 centesimi; ii) violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 6, legge regionale n. 35/1997, violazione articoli 3, 48 e 97 della Costituzione; violazione dei principi in tema di ripartizione dei seggi, con particolare riferimento al criterio dell'arrotondamento, eccesso di potere: nel nostro ordinamento vige un principio generale secondo cui l'arrotondamento alla cifra superiore puo' scattare solo nel caso in cui il numero di consiglieri da assegnare alla lista o gruppo di liste contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. 4. - Resistono i controinteressati Greco Cristoforo Lucio, Sammito Salvatore, Trainito Rosario, Morselli Giuseppe, Grisanti Pierpaolo, Morselli Adriana Romina, Orlando Gaetano, Ascia Alessandra Elisa, Iaglietti Diego, Sincero Davide, Faraci Rosario Domenico Terenzio, Guastella Giuseppe, Caci Valeria Chiara, Di Dio Luigi Giuseppe, Cascino Vincenzo, Romano Giuseppe, Di Stefano Giuseppe Terenziano, Gnoffo Nadia, Robilatte Grazia Maria Concetta, Iudici Florinda, Liardi Ivan Filippo Maria chiedendo il rigetto del ricorso, richiamando il piu' recente orientamento della giurisprudenza amministrativa in ordine all'applicazione del «premio di maggioranza», depositando altresi' documenti. 5. Con memoria del 6 ottobre 2020 i controinteressati Greco Cristoforo Lucio e Morselli Adriana Romina: hanno rappresentato che nelle more, successivamente alla stessa proposizione del ricorso, il legislatore regionale, «all'evidente fine di incidere sull'esito del giudizio», e' intervenuto in materia merce' l'art. 3 della legge regionale n. 6 del 3 marzo 2020, rubricato «interpretazione autentica del comma 6 dell'art. 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35», stabilendo che «Il comma 6 dell'art. 4. della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 e successive modifiche ed integrazioni si interpreta nel senso che, per i casi nei quali la percentuale del 60 per cento dei seggi non corrisponda ad una cifra intera ma ad un quoziente decimale, l'arrotondamento si effettua per eccesso in caso di decimale uguale o superiore a 50 centesimi e per difetto in caso di decimale inferiore a 50 centesimi»; hanno quindi prospettato la sussistenza della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma sopravvenuta, art. 3 legge regionale 3 marzo 2020, n. 6, in relazione agli articoli «3, 4, 24, 113, 97 e 117» della Costituzione. Sinteticamente, i controinteressati lamentano: che la norma di legge erroneamente e surrettiziamente si auto-qualifica come di «interpretazione autentica» in assenza dei presupposti, non sussistendo alcun dubbio interpretativo sulla portata della disposizione asseritamente interpretata, come da granitico orientamento della giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado, debitamente richiamata; che la norma, inverso, assume un oggettivo carattere innovativo, siccome introduce un meccanismo differente per l'attribuzione dei seggi, prevedendo la possibilita', fino a quel momento esclusa, di arrotondare per difetto (in caso di cifra decimale inferiore a 0,5) la percentuale sopradetta e rendendo cosi' possibile che i seggi assegnati alla «maggioranza» siano inferiori alla percentuale prevista dalla legge (id est: almeno il 60%) rispetto al numero dei componenti dell'organo assembleare, il tutto in spregio allo ratio legis della previsione normativa interpretata; che la stessa amministrazione attiva, per altro, con la circolare dell'Assessorato regionale delle Autonomie locali, prot n. 3675 del 26 marzo 2020, versata in atti, ha precisato che la disciplina introdotta dall'art. 3 della legge regionale 3 marzo 2020, n. 6, «trova applicazione dalla prossima tornata elettorale amministrativa, in quanto non puo' incidere sull'assegnazione numerica dei seggi corrispondenti ai premi di maggioranza, cosi' come gia' calcolati ed assegnati dagli Uffici centrali nelle precedenti elezioni amministrative del 28 aprile 2019»; che la disposizione normativa in parola, inoltre, ove applicata retroattivamente (in quanto autoqualificata «di interpretazione autentica»), inciderebbe sui giudizi pendenti e quindi sull'esercizio della funzione giurisdizionale in corso, con lesione sia degli art. 102 (rectis: 103), 117 e 111 della Costituzione in correlazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 6. - Parte ricorrente, con memoria del 10 ottobre 2020, ha concluso per l'accoglimento del ricorso in applicazione della norma di «interpretazione autentica» introdotta con il mentovato art. 3 legge regionale 3 marzo 2020, n. 6. 6.1 - Ad avviso di parte, nel caso di specie il legislatore regionale non avrebbe introdotto alcuna nuova disposizione normativa, essendosi limitato semplicemente a chiarire il dubbio su come assegnare i seggi nel caso in cui, applicando la percentuale di legge per l'assegnazione del premio di maggioranza, il risultato ottenuto sia una cifra decimale. 6.2 - Sussisterebbero quindi, ad avviso di parte, entrambi i presupposti per i quali, secondo i pronunciamenti della Corte costituzionale, sarebbe del tutto legittimo il ricorso a leggi interpretative (ossia: ambiguita' della norma e molteplicita' delle posizioni interpretative degli operatori di diritto) ad opera del legislatore con un «intervento autoritativo avente efficacia erga omnes e retroattiva». Per altro, richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 271 del 2011, parte ricorrente ritiene che sussista una ulteriore ipotesi in cui il legislatore (qui regionale) possa intervenire con norme interpretative: ossia per contrastare un orientamento giurisprudenziale (c.d. diritto vivente) sfavorevole, sempre che l'opzione ermeneutica prescelta rinvenga il proprio fondamento nella cornice della norma interpretata. 7 - Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2020, dopo ampia discussione delle parti, che hanno insistito nelle relative richieste, la causa e' stata posta in decisione. 8. - Il Collegio, per le considerazioni che seguono, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge regionale della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 6: non perche' fosse precluso al legislatore regionale siciliano, nell'esercizio della propria potesta' legislativa esclusiva, di attribuire a una norma regionale un significato diverso da quello che emergeva dalla sua formulazione letterale, ma per l'attribuzione di una efficacia retroattiva veicolata mediante la qualificazione della norma introdotta quale norma interpretativa, a cui corrisponde una diretta e determinante incidenza sui giudizi in corso. 9. - La questione sottoposta al vaglio del Collegio, ricostruzione del contesto normativo di riferimento. 9.1 - Il Collegio, come sopra evidenziato, e' chiamato a risolvere il giudizio proposto dalla ricorrente volto a contestare la legittimita' dell'assegnazione dei seggi alle liste collegate al candidato sindaco risultato eletto. La questione centrale attiene al profilo di censura dedotto con il secondo motivo, prospettata in termini piu' generici anche con la prima censura, in relazione al criterio dell'arrotondamento, per eccesso o per difetto, della cifra decimale risultata dall'applicazione della percentuale prevista dalla legge sul numero complessivo dei seggi di cui e' composto l'organo consiliare. Il Collegio osserva incidentalmente che in ordine al primo profilo di censura dedotto con il ricorso (relativo alla operativita' e rilevanza del seggio spettante ope legis al miglior candidato sindaco non risultato eletto) la Sezione si e' gia' pronunciata. Con sentenza n. 2676/2017 si e' affermato che l'operazione di «assegnazione» del seggio spettante al miglior candidato sindaco non eletto operi solamente rispetto liste e coalizioni di liste non collegate al sindaco eletto e, quindi, non comporta alcuna prededuzione e/o riduzione del fattore (id est: il numero dei seggi di cui si compone l'organo assembleare) cui applicare la percentuale di legge del 60% per l'assegnazione del premio di maggioranza. 9.2 - Cio' posto, in relazione al restante profilo dedotto con la prima censura ed in riferimento soprattutto alla seconda doglianza, viene in rilievo il comma 6 dell'art. 4 legge regionale 15 settembre 1997, n. 35, ai sensi del quale si prevede che: «Alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia gia' conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del Consiglio viene assegnato, comunque, il 60 per cento dei seggi, sempreche' nessun'altra lista o gruppo di liste collegate abbia gia' superato il 50 per cento dei voti validi. Salvo quanto previsto dal comma 3-ter, i restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate, ai sensi del comma 4. Il premio di maggioranza previsto per la lista o le liste collegate al sindaco eletto a primo turno viene attribuito solo nel caso in cui la lista o le liste abbiano conseguito almeno il quaranta per cento dei voti validi». 9.3 - La norma regionale, emanata nell'ambito della competenza legislativa esclusiva del legislatore insulare, disciplina l'istituto del cosi' detto «premio di maggioranza» assegnato alle liste collegate al candidato sindaco proclamato eletto e risponde all'avvertita esigenza di garantire, agli organi comunali e al sindaco eletto, le condizioni migliori per la governabilita' dell'Ente locale. 9.4 - Lo stesso istituto, in ambito nazionale, e' disciplinato, in modo del tutto analogo, dall'art. 73, comma 10, del T.U.E.L. di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 67, ai sensi del quale si prevede, infatti, che «Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreche' nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreche' nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia gia' superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8». 10. - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, sull'applicabilita' alla fattispecie dedotta in giudizio della norma sopravvenuta «di interpretazione» e sulla impossibilita' di una interpretazione costituzionalmente orientata della stessa. 10.1 - Come gia' evidenziato, nelle more del giudizio, successivamente allo svolgimento della competizione elettorale e alla proposizione dell' odierno ricorso, il legislatore regionale e' intervenuto con una norma qualificata come di interpretazione autentica. Con l'art. 3 della legge regionale 3 marzo 2020, n. 6, il legislatore ha previsto che «Il comma 6 dell'art. 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 e successive modifiche ed integrazioni si interpreta nel senso che, per i casi nei quali la percentuale del 60 per cento dei seggi non corrisponda ad una cifra intera ma ad un quoziente decimale, l'arrotondamento si effettua per eccesso in caso di decimale uguale o superiore a 50 centesimi e per difetto in caso di decimale inferiore a 50 centesimi». 10.2 - Sulla base della predetta ultima norma, il ricorso andrebbe accolto stante l'applicazione retroattiva della disposizione che deriva dalla natura «interpretativa» che il legislatore regionale ha attribuito alla stessa. 10.3.0 - Di contro, in assenza della norma in parola, ovvero di declaratoria di sua illegittimita' costituzionale, il ricorso dovrebbe essere invece rigettato atteso l'orientamento granitico della giurisprudenza amministrativa. Ed invero, ancora di recente il Consiglio di Stato (sez. III, 18 ottobre 2018 sentenza n. 5967), in relazione alla interpretazione del dato normativo nazionale (comma 10, art. 73 T.U.E.L.), ha avuto modo di precisare che «il dato testuale impone, nella fattispecie, di assegnare alla coalizione vincente almeno di 60 per cento dei seggi, con conseguente necessita', in caso di quoziente frazionario, di arrotondamento all'unita' superiore (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V Consiglio di Stato n. 4419/2015; 30 gennaio 2013, n. 571; 12 febbraio 2013, n. 810; 16 aprile 2013, n. 2086; 18 aprile 2013, n. 2155; 7 maggio 2013, n. 2468; 14 maggio 2013, n. 2618; 15 luglio 2013, n. 3793; 20 agosto 2013, n. 4196; 4 settembre 2013, n. 4417; 23 settembre 2013, n. 4680; 26 settembre 2013, n. 4762; 3 ottobre 2013, n. 4885; 26 novembre 2013, n. 5608; 30 giugno 2014, n. 3269)». Con la medesima sentenza, il Consesso di Palazzo Spada ha rimarcato che il 60 % dei seggi, previsto dalla legge, costituisce non il limite massimo bensi' quello minimo dei seggi spettanti alla coalizione vincente, stabilito dal legislatore per garantire la governabilita' dell'Ente locale. 10.3.1 - Tali principi sono stati ritenuti applicabili anche al dato normativo regionale siciliano, atteso che tra le due norme sussiste una sostanziale sovrapposizione (cfr. Tribunale amministrativo regionale Sicilia, sez. II sede staccata di Catania, 19 ottobre 2016 n. 2591; di recente Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Palermo, Sez. I, 25 ottobre 2019, n. 2465). 10.4 - Il Collegio non ritiene utilmente percorribile, in luogo della rimessione della questione alla Consulta, alcuna ipotesi di interpretazione «costituzionalmente orientata» della norma che consenta la definizione del giudizio, non potendo questo decidente incidere sulla contestata qualificazione che il legislatore regionale ha assegnato alla norma da applicare alla presente controversia, intesa quale norma di interpretazione autentica. La risoluzione della controversia si sostanzia, in altri termini, nella legittimita' o meno, da parte del legislatore regionale, dell'esercizio del potere normativo con l'introduzione di una norma, ripetesi, qualificata di «interpretazione» ed in quanto tale applicabile retroattivamente. 11. - Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale e parametri costituzionali di riferimento. 11.1 - Come sopra accennato, il Collegio dubita sulla legittimita' costituzionale della norma; sia in relazione alla sussistenza dei presupposti, gia' indicati dalla giurisprudenza costituzionale, per il legittimo esercizio del potere di normazione interpretativa (atteso che, come gia' illustrato, il contesto giurisprudenziale risultava invero granitico), sia per la diretta incidenza della nuova norma «retroattiva» sui ricorsi pendenti. 11.2.0 - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in primo luogo, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge regionale n. 6/2020 per lesione del principio di «ragionevolezza», come desumibile dal comma 2 dell'art. 3 della Costituzione. Anche nell'esercizio del potere di normazione primaria, vieppiu' nell'ambito di una materia di competenza esclusiva, quale e' in specie la normativa in materia legge elettorale per il rinnovo degli organi degli enti locali siciliani, il legislatore regionale non puo' comunque prescindere dal principio di ragionevolezza intrinseca introducendo disposizioni normative non coerenti con il predetto canone desumibile, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, proprio dall'art. 3, comma 2, della Carta fondamentale. Con la sentenza n. 87/2012 la Corte costituzionale riafferma e ripercorre la giurisprudenza che desume dall'art. 3 della Costituzione un canone di «razionalita'» della legge svincolato da una normativa di raffronto, rintracciato nell'«esigenza di conformita' dell'ordinamento a valori di giustizia e di equita'» (sentenza n. 421 del 1991) ed a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro l'eventuale manifesta irrazionalita' o iniquita' delle conseguenze della stessa (sentenze n. 46 del 1993, n. 81 del 1992) (cfr. relazione sulla Giurisprudenza costituzionale dell'anno 2012 del Presidente della Corte costituzionale, riunione straordinaria della Corte del 12 aprile 2013, pagg. 95 e ss.). 11.2.1 - Nel caso in esame, l'art. 3 della legge regionale n. 6/2020 assegna alla norma interpretata un significato che sembra esulare dalle possibili varianti di senso dello stesso testo normativo. Applicando la disposizione normativa cosi' come «interpretata», con arrotondamento per difetto del dato ottenuto, in presenza di cifra decimale inferiore a 0,5, i seggi assegnati alla «maggioranza» risulterebbero sempre pari ad una percentuale inferiore a quella prevista dalla legge (60%), in spregio al dato letterale della norma. Merce' l'emanazione della predetta disposizione normativa «interpretativa», il Collegio dubita che legislatore regionale abbia fatto buon governo del principio costituzionale sopra menzionato. Ad avviso del Collegio, l'applicazione letterale dell'art. 4, comma 6, della legge regionale n. 35/1997 dovrebbe comportare l'applicazione della stessa norma e dell'istituto ivi previsto relativo al «premio di maggioranza», anche nel caso in cui, in esito al solo quoziente elettorale, il gruppo di liste collegate al candidato sindaco avesse ottenuto n. 14 seggi, rispetto ai 24 di cui si compone l'assemblea consiliare: infatti tale dato (14 seggi rispetto ai 24) risulterebbe comunque inferiore al 60% previsto dall' art. 4 comma 6 della legge regionale n. 35/1997; sicche' anche in tale ipotesi dovrebbe scaturire un seggio in piu'. Come sopra indicato, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che il dato percentuale in questione (60%) costituisce il limite minimo non suscettibile di ulteriori riduzioni, a causa di arrotondamenti per difetto, del contingente di seggi spettanti (ove non gia' scaturito dall'esito diretto del voto) al gruppo di lite collegato al candidato sindaco risultato eletto. Per altro, laddove il legislatore regionale ha ritenuto, nel contesto della stessa legge regionale n. 35/1997, di dover fare applicazione del criterio dell'arrotondamento per eccesso solo in presenza di un dato decimale superiore allo 0,50, lo ha fatto espressamente: infatti, seppur a differenti fini, al comma 1 dello stesso art. 4 legge regionale n. 35/1997 il legislatore ha chiaramente previsto che «Le liste per l'elezione del Consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unita' superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50». In altri termini, ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. La stessa amministrazione, inoltre, con circolare dell'Assessorato regionale delle Autonomie locali, prot n. 3675 del 26 marzo 2020, versata in atti, ha precisato che la disciplina introdotta dall'art. 3 della legge regionale 3 marzo 2020, n. 6, «trova applicazione dalla prossima tornata elettorale amministrativa, in quanto non puo' incidere sull'assegnazione numerica dei seggi corrispondenti ai premi di maggioranza, cosi' come gia' calcolati ed assegnati dagli Uffici centrali nelle precedenti elezioni amministrative del 28 aprile 2019», cosi' corroborando i dubbi sulla effettiva valenza «interpretativa» della nuova disposizione introdotta. 11.2.2 - Sussiste quindi la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma per violazione dell'art. 3, comma 2, della Costituzione in quanto la nuova disposizione appare del tutto irrazionale, in assenza dei presupposti per un intervento chiarificatore, destinata inoltre a regolare, con effetto sostanzialmente retroattivo, procedimenti elettorali ancora non conclusi perche' sub iudice, come si avra' altresi' modo di precisare ulteriormente di seguito. La norma appare in contrasto con il principio di ragionevolezza enucleabile dall'art. 3, comma 2, della Costituzione in quanto, lungi dall'esplicitare una possibile variante di senso della norma interpretata, incongruamente le attribuisce un significato non compatibile con la sua formulazione, cosi' ledendo la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico. Va, in particolare, sotto tale profilo, richiamato il consolidato orientamento della Corte costituzionale (tra le tante, sentenze n. 167 del 2018, n. 73 del 2017, n. 170 del 2013, n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010) secondo cui occorre che la retroattivita' (in specie connessa alla natura interpretativa della nuova disposizione qui in argomento) non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis cfr. sentenze numeri 93 e 41 del 2011) tra cui «il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario». La Corte costituzionale ha anche rilevato come non possa trascurarsi che, in relazione a leggi che pretendono di avere natura meramente interpretativa, la palese erroneita' di tale auto-qualificazione puo' costituire un indice, sia pur non dirimente, dell'irragionevolezza della disciplina censurata (di nuovo Corte costituzionale sentenza n. 73 del 2017 e, in particolare, sentenze n. 103 del 2013 e n. 41 del 2011). La Corte ha altresi' osservato che, in direzione opposta, la natura realmente interpretativa della disciplina sottoposta al suo esame potrebbe non risultare indifferente ai fini dell'esito del controllo di legittimita' costituzionale, laddove sia censurata l'irragionevolezza della sua retroattivita'. Tale natura risulterebbe rilevante, in particolare, quando il principio costituzionale asseritamente leso dall'intervento legislativo sia quello dell'affidamento dei consociati nella certezza e nella stabilita' di una disposizione normativa come ormai consolidata anche nella sua interpretazione giurisprudenziale. Secondo la Corte infatti, se l'interpretazione imposta dal legislatore consiste effettivamente nell'assegnare alle disposizioni interpretate un significato normativo in esse gia' realmente contenuto, cioe' riconoscibile come una delle loro possibili e originarie varianti di senso, questo potrebbe deporre, sia per la non irragionevolezza dell'intervento in questione, sia nella direzione della non configurabilita' di una lesione dell'affidamento dei destinatari (sempre Corte costituzionale, sentenza n. 108 del 2019 e n. 73 del 2017; sentenza n. 170 del 2008). Tuttavia queste ultime ipotesi, per quanto sopra motivato, non appaiono riscontrabili nel caso in esame. 11.3 - Vengono altresi' in considerazione ulteriori profili di rilevanza e non manifesta infondatezza di questioni di legittimita' costituzionale. Occorre ribadire, come gia' evidenziato, che non e' in discussione la potesta' del legislatore, anche quello regionale, di intervenire ed approvare disposizioni normative di «interpretazione autentica»; che chiariscono la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa, ovvero norme «innovative con efficacia retroattiva», come per altro riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 41/2011. Tuttavia, in relazione ad ulteriori principi sanciti dalla Carta fondamentale e, a livello sovranazionale, dalla stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la Corte costituzionale (sentenza n. 308/2013, cfr. anche Corte costituzionale n. 73/2017 n. 174 e n. 108 del 2019) ha precisato che «quello che rileva e', in entrambi i casi, che la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza, in una prospettiva di stretto controllo, da parte della Corte, di tale requisito, e non contrasti con valori ed interessi costituzionalmente protetti». Ed invero, una norma legislativa solo apparentemente di «interpretazione autentica», attesi gli effetti retroattivi che ne discenderebbero (pur in assenza di «motivi imperativi di interesse generale» tali da legittimare interventi di tal guisa da parte del legislatore), si porrebbe in insanabile contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione quale norma interposta per l'applicazione degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali che precludono l'entrata in vigore di leggi a valenza retroattiva idonee ad incidere sui giudizi in corso (cfr. sentenze della Corte di Strasburgo: 11 dicembre 2012, De Rosa; 14 febbraio 2012, Arrasa; 7 giugno 2011, Agrati); inoltre risulterebbe violato l'esercizio del diritto di difesa e tutela dei propri diritti (art. 24 della Costituzione) considerato che la norma nel caso in esame e' destinata ad incidere a vantaggio di una delle due parti del giudizio pendente, precludendo la stessa autonomia della funzione giurisdizionale assegnata al giudice amministrativo (art. 103 della Costituzione), nonche' il principio del giusto processo di cui all'art. 111 della Costituzione declinato sotto il profilo della parita' di trattamento tra tutte le parti processuali. 11.4 - E' indubbio che la nuova disposizione normativa «interpretativa» sia stata emanata, rispetto ad una norma risalente al 1997 (risultando neutre, ai fini che qui rilevano, le modifiche apportate alla diposizione in parola, id est art. 4, comma 6 legge regionale n. 35/1997, dall'art. 3, comma 2, lettera c, legge regionale 11 agosto 2016, n. 17), solo a seguito dello svolgimento delle consultazioni amministrative del 2019 e financo dopo la proposizione dei giudizi elettorali pendenti, vertenti sulla medesima questione di diritto sui cui e' successivamente intervenuto il legislatore regionale: con evidente non confutabilita' dell'assunto delle parti resistente secondo cui all'atto dell'approvazione della legge contestata i suoi destinatari erano immediatamente e aprioristicamente individuabili, tanto dal legislatore regionale, quanto dalla pubblica amministrazione. 11.5 - Nel caso in esame, il Collegio dubita sulla effettiva consistenza dei motivi imperativi d'interesse generale, come individuati dalla Corte di Strasburgo («ragioni storiche epocali», ovvero necessita' di porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata ristabilendo una interpretazione piu' aderente alla originaria voluntas legis: cfr. sentenza 23 ottobre 1997, National & Provincial Building Society ed altri contro Regno Unito; sentenza 27 maggio 2004, Ogis-Institu Stanislas e altri contro Francia), idonei a giustificare l'effetto retroattivo perseguito ed operato dal legislatore regionale; con conseguente rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma «interpretativa» per violazione anche del parametro costituito dagli articoli 24, 103 comma 1, 111 comma 2 e 117 primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo. Tali dubbi trovano conforto nella pronuncia della stessa Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 78/12 (cfr. anche Corte costituzionale n. 170/13). Con detta sentenza la Consulta ha chiarito che «il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall'art. 6 della Convenzione ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia. Pertanto, sussiste uno spazio, sia pur delimitato, per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all'art. 25 della Costituzione), se giustificato da "motivi imperativi d'interesse generale", che spetta innanzitutto al legislatore nazionale e a questa Corte valutare, con riferimento a principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, nell'ambito del margine di apprezzamento riconosciuto dalla giurisprudenza della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ai singoli ordinamenti statali (sentenza n. 15 del 2012)». Ancora di recente, la Corte costituzionale (sentenza n. 70/2020 del 24 aprile 2020) ha avuto ancora occasione di ribadire come siano stati individuati «alcuni limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, relativi al "principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; [al]la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; [al]la coerenza e [al]la certezza dell'ordinamento giuridico; [a]l rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario" (sentenza n. 73 del 2013; ex plurimis, da ultimo anche sentenze n. 174 e n. 108 del 2019)... Questa Corte ha peraltro precisato che la qualifica di norma (meramente) interpretativa va ascritta solo a quelle disposizioni "che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi e' tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo. Il legislatore, del resto, puo' adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, cosi' rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore" (sentenza n. 73 del 2017)... La distinzione tra norme interpretative e disposizioni innovative rileva, ai fini dello scrutinio di legittimita' costituzionale, perche' "la palese erroneita' di tale auto-qualificazione puo' costituire un indice, sia pure non dirimente, della irragionevolezza della disposizione impugnata" (sentenza n. 73 del 2017; ex plurimis, anche sentenze n. 103 del 2013 e n. 41 del 2011)». 12 - In conclusione, ai fini del decidere, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, che con la presente ordinanza viene rimessa alla Corte costituzionale, in ordine all'art. 3 della legge regionale n. 6 del 3 marzo 2020 per violazione degli articoli 3 secondo comma; 24 primo comma, 103 primo comma, 111 secondo comma e 117 primo comma della Costituzione. Il processo deve, pertanto, essere sospeso, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per ogni conseguente statuizione.