CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio In persona del giudice monocratico Eugenio Musumeci, ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto al n. 76085 del registro di segreteria della sezione, proposto da Pirolo Adriana, nata a Napoli il 29 settembre 1936 e residente a Roma in via Lorenzo Magalotti n. 2, codice fiscale PRLDRN36P69F839J, rappresentata e difesa dall'avv. Giulio Guarnacci (del foro di Roma), nonche' elettivamente domiciliata a Roma in via Zara n. 13 presso lo studio del difensore stesso; Contro Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Botta (iscritto nell'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati presso il tribunale di Roma), nonche' elettivamente domiciliato a Roma in via Cesare Beccaria n. 29 presso l'avvocatura centrale INPS. Fatto 1. Con sentenza non definitiva, depositata contestualmente alla presente ordinanza e da intendersi qui integralmente richiamata, sono stati parzialmente rigettati i capi di domanda mediante cui Adriana Pirolo, la quale dal 1° febbraio 2015 era titolare di una pensione di reversibilita' che da quello stesso anno era stata assoggettata a decurtazioni ex art. 1, comma 41 della legge n. 335/1995, aveva censurato la legittimita' di queste ultime sul piano sia procedimentale che sostanziale. A quest'ultimo proposito la predetta ricorrente aveva sostenuto, tra l'altro, che almeno per l'annualita' 2015 quelle decurtazioni eccedevano i redditi aggiuntivi rispettivamente rilevanti: i quali, esattamente, erano quelli da lei conseguiti nel 2014. Nella resistenza dell'INPS questo giudice ha accertato, innanzitutto, che le decurtazioni oggetto del contendere risultavano riferite non soltanto al 2015, ma anche al 2016; e, quantunque non rilevanti rispetto alla presente ordinanza, pure agli anni successivi. Inoltre e' stato chiarito che i redditi aggiuntivi della Pirolo, in relazione ai quali via via commisurare quelle decurtazioni, erano stati pari a: 30.106 euro nel 2014, con conseguenti decurtazioni non inferiori a 43.174,43 euro sulla pensione di reversibilita' a lei spettante per il 2015; 30.646 euro nel 2015, con correlative decurtazioni per 47.638,02 euro sulla pensione di reversibilita' dovuta alla ricorrente stessa per il 2016. Quindi, anche alla luce di tali circostanze in facto, questa sezione, da un lato, ha disatteso le doglianze attoree fino a rispettiva concorrenza dei redditi aggiuntivi teste' indicati; e, per altro verso, ha dato ulteriore corso all'odierno giudizio onde vagliare se le decurtazioni, riguardo al cui calcolo era stato sostanzialmente avallato l'operato dell'INPS in se', risultassero legittime anche nella misura in cui, per ambo quelle annualita', esse travalicavano i redditi aggiuntivi della Pirolo stessa. Diritto 2. In argomento il gia' menzionato comma 41, dell'art. 1 della legge n. 335/1995 detta, al terzo periodo, il principio generale secondo cui «gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all'allegata tabella F». Mentre, al quarto periodo di quel medesimo comma, viene posta una clausola di salvaguardia: a mente della quale «il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma con la pensione ai superstiti ridotta non puo' essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca». Inoltre nella tabella F, a cui rinvia il terzo periodo, vengono stabilite tre fasce in cui passano alternativamente rientrare i redditi che il titolare di una pensione di reversibilita' possieda in aggiunta alla pensione stessa. A partire dalla piu' modesta quelle fasce hanno, come rispettivo limite inferiore: il triplo, il quadruplo ed il quintuplo del trattamento minimo annuo previsto dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti; mentre, per la fascia bassa e per quella intermedia, la rispettiva soglia massima coincide con la soglia minima della fascia immediatamente superiore. 3. Invero nella sentenza non definitiva e' stato limpidamente accertato come la clausola di salvaguardia sia stata costantemente applicata dall'INPS, in favore della Pirolo: talche' appare superfluo descrivere nuovamente nella presente ordinanza il concreto funzionamento di detta clausola. D'altronde il calcolo operato dall'ente pensionistico, oltre a non esser stato intrinsecamente contestato dalla ricorrente, si e' rivelato pressoche' corretto sul piano aritmetico; e, soprattutto, conforme alla normativa teste' richiamata. Quel che qui rileva, allora, e' la circostanza secondo cui tale normativa comporta, sulla pensione di reversibilita' spettante alla Pirolo tanto per l'annualita' 2015 quanto per quella 2016, decurtazioni quantitativamente superiori rispetto ai redditi aggiuntivi il cui possesso, nell'anno rispettivamente precedente ciascuna di quelle medesime annualita', costituisce la causa efficiente delle decurtazioni stesse. Mentre per la concreta misura di quelle eccedenze e' sufficiente rinviare al confronto, di cui alla pregressa narrativa in fatto, tra le decurtazioni applicate per ognuna di quelle due annualita' ed i rispettivi redditi aggiuntivi: si tratta di circa 13.000 euro per il 2015 e di circa 17.000 euro per l'anno successivo. E' altresi' appena il caso di evidenziare come a ciascun'annualita' della pensione di reversibilita' corrispondano decurtazioni totalmente autonome, rispetto a quelle operate per gli anni precedenti ovvero applicabili per quelli successivi: ragion per cui l'eccedenza quantitativa in argomento non e' suscettibile di alcuna forma di compensazione o recupero negli anni a venire. Percio' risulta totalmente irrilevante la conclusione alla quale si e' pure giunti nella sentenza non definitiva: ossia quella secondo cui, per il 2017, le decurtazioni oggetto del contendere sono state pari «soltanto» a 4.250,29 euro: a fronte di redditi aggiuntivi che, rispetto a quest'ultima cifra, nel 2016 erano stati maggiori di quasi ventimila euro. 4. Orbene, ad avviso di questo giudice, l'esorbitanza quantitativa delle decurtazioni applicabili per il 2015 e per il 2016, in paragone ai redditi aggiuntivi rispettivamente rilevanti per tali anni, trae con se' un contrasto del combinato disposto del terzo e quarto periodo del comma 41 della legge n. 335/1995 e della connessa tabella F, in riferimento al principio di ragionevolezza a cui e' informato il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione. La rilevanza di tale questione e' gia' stata sufficientemente sottolineata. Invero, pur applicando la clausola di salvaguardia di cui al quarto periodo del comma 41 ed alla tabella F richiamata dal terzo periodo, nel caso di specie si perviene a quantificare le decurtazioni in misura (largamente) superiore rispetto a quella dei correlativi redditi aggiuntivi posseduti dalla Pirolo: con conseguente inevitabile rigetto totale della domanda attorea concernente la correttezza di quelle decurtazioni, ossia anche in riferimento a tale eccedenza. All'inverso la fondatezza della questione di legittimita' costituzionale delle predette norme comporterebbe, tanto per l'annualita' 2015 quanto per quella 2016, che le decurtazioni gia' calcolate dall'INPS debbano venir ricondotte entro il limite di cui ai rispettivi redditi aggiuntivi: con un beneficio, nel complessivo biennio, di circa 30.000 euro per la Pirolo e con la conseguente declaratoria di illegittimita' sostanziale in parte qua dei due indebiti da lei censurati nell'odierno giudizio. 5. A sostegno della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale parrebbe sufficiente sottolineare come decurtazioni ultra vires esulino palesemente dalla ratio della normativa qui censurata: ratio che consiste nell'escludere il diritto alla pensione di reversibilita' nella misura in cui, a quest'ultima, il relativo titolare cumuli ulteriori redditi la cui entita' sia tale da controbilanciare la parallela decurtazione di quella medesima pensione. Peraltro e' interessante osservare, anche ai fini che qui interessano, come tale decurtazione lasci comunque fermo, pur nell'eventualita' meno favorevole per il pensionato, il diritto al cumulo nella misura minima del 50% sancita per la fascia piu' alta della tabella F: quindi a prescindere da quanto cospicuo possa rivelarsi l'ammontare dei redditi aggiuntivi posseduto dal titolare della pensione in argomento. Se anche tale considerazione concorre a rendere palesemente irrazionale l'antitetica eventualita' secondo cui le decurtazioni possano addirittura eccedere quei redditi aggiuntivi, a ben vedere tutte le possibilita' fattuali fin qui descritte, ivi compresa quella da cui promana la questione di legittimita' costituzionale qui sollevata, traggono la loro causa efficiente nella reciproca autonomia tra il parametro in base al quale va stabilita l'entita' delle decurtazioni, ossia i redditi aggiuntivi posseduti dal pensionato nell'anno precedente, e l'ammontare della pensione di reversibilita' anteriormente alle decurtazioni stesse. Mentre la clausola di salvaguardia di cui al quarto periodo va soltanto a temperare le conseguenze concrete di quell'autonomia: senza pero' eliminare in radice l'assurda eventualita' che le decurtazioni possano travalicare i correlativi redditi aggiuntivi di riferimento. 6. Se tale autonomia esclude che possa mai derubricarsi a mera casualita' aritmetica l'eventualita' in commento, deve infine considerarsi che l'esorbitanza qui censurata si risolve in un totale stravolgimento dell'istituto delle decurtazioni. Infatti queste, da modalita' mediante cui bilanciare (parzialmente) la circostanza secondo cui il pensionato disponga aliunde di mezzi adeguati a quelle esigenze di vita richiamate dal secondo comma dell'art. 38 della Costituzione, si trasformerebbero in mero pretesto per un'espropriazione della pensione di reversibilita' in misura appunto superiore rispetto a quei redditi aggiuntivi. Ne' occorre sottolineare come, in una simile evenienza, assurdamente risulterebbe preferibile che il pensionato non avesse conseguito affatto quei redditi aggiuntivi o, almeno, che essi non avessero travalicato la soglia di rilevanza di cui alla tabella F, costituita dal triplo del trattamento minimo annuo previsto dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti: perche', in ambo i casi, il complessivo risultato si rivelerebbe piu' favorevole per il pensionato stesso.