Ordinanza di rimessione d' ufficio alla Corte costituzionale ai sensi degli art. 1 legge cost. 1/1948 e art. 23 legge 87/1953. Il Presidente, nel procedimento iscritto al n. 2664/2021 R.G.V.G., promosso dall'avv. A. Cabibbo; letti gli atti ed i documenti prodotti, ha pronunciato la seguente Ordinanza: 1. L'oggetto del giudizio. L'avv. A. Cabibbo ha presentato istanza volta ad ottenere la liquidazione del compenso per l'attivita' professionale svolta a favore della parte M. C. , ammessa al gratuito patrocinio con delibera del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pordenone dell'11 settembre 2020, con riferimento al procedimento di mediazione obbligatoria n. 180/2020 R.G. instaurato presso l'Organismo di mediazione forense di Pordenone da D M P avente ad oggetto una controversia attinente diritti reali (utilizzo e ripristino canna fumaria) e, quindi, in materia per la quale ex art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 28/2010, e' prevista la procedura di mediazione obbligatoria. Nella richiesta di liquidazione, l'istante specifica che la mediazione ha avuto esito positivo e si e' conclusa con accordo sottoscritto in data 30 settembre 2020; chiede pertanto che siano liquidate le spese per le attivita' svolte con riferimento alla fase di mediazione obbligatoria pre-processuale conclusasi positivamente. 2. Le disposizioni di legge sulle quali e' prospettabile un dubbio di legittimita' costituzionale. La questione che si pone e' se il compenso professionale dell'avvocato che ha assistito una parte nella procedura di mediazione obbligatoria, prevista quale condizione di procedibilita' della domanda giudiziale e conclusasi con esito positivo, possa essere posto a carico dello Stato. La questione non e' espressamente affrontata nella disciplina in materia di mediazione. L'art. 17 del decreto legislativo n. 28/2010, al comma 5-bis, infatti, prevede che quando la mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, ovvero e' disposta dal giudice ai sensi dell'art. 5 comma 2, all'organismo non sia dovuta nessuna indennita' dalla parte che si trovi nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'art. 76 del testo unico sulle spese di giustizia (d.p.r. n. 115/2002). A tal fine la parte e' tenuta a depositare presso l'organismo una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta', nonche' a produrre la documentazione necessaria a comprovare la veridicita' di quanto dichiarato. L'unica previsione riguarda dunque indennita' che sarebbe dovuta all'Organismo; mentre nulla si dice per quanto concerne il compenso all'avvocato, che deve obbligatoriamente assistere le parti nelle fasi di mediazione (art. 5 e 8 decreto legislativo n. 28/2010). Vi e' dunque una lacuna normativa che alcuni giudici di merito hanno ritenuto possa essere colmata in via interpretativa (cfr. Tribunale Firenze decreto in data 13 gennaio 2015 e Tribunale di Bologna decreto in data 11 settembre 2017). In particolare, il Tribunale di Firenze, al quale il Presidente del Tribunale felsineo nella motivazione si riporta per relationem, ha ritenuto che «un'interpretazione sistematica teleologica delle norme richiamate induce il Giudice a ritenere che l'art. 75 - del testo unico sulle spese di giustizia (Decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 -, secondo cui l'ammissione al patrocinio e' valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse, comprenda la fase della mediazione obbligatoria pre-processuale anche quando la mediazione, per il suo esito positivo, non sia seguita dal processo. Si tratta infatti di una procedura strettamente connessa al processo, dal momento che condiziona la possibilita' avviarlo (o proseguirlo, per la mediazione demandata dal giudice); d'altronde nel caso di successo della mediazione, si realizza il risultato migliore non solo per le parti, ma anche per lo Stato che non deve sostenere anche le spese del giudizio. Tale conclusione inoltre e' conforme alla direttiva europea sul Legal Aid ed e' costituzionalmente orientata (art. 3 Cost.), perche' sarebbe irragionevole prevedere il sostegno dello Stato per i casi di mediazione non conclusa con accordo e seguita da processo e negarla per i casi di mediazione, condizione di procedibilita', non seguita dal processo per l'esito positivo raggiunto. Cosi' come sarebbe illogico riconoscere il gratuito patrocinio per le procedure derivative e accidentali e non per quelle non accidentali ma strutturalmente collegate al processo». Tale soluzione, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata degli art. 74, 75 e 76 legge cit., condurrebbe al riconoscimento del diritto al compenso anche per l'espletamento della sola fase di mediazione, perche' obbligatoria ai fini della successiva instaurazione del procedimento civile, e conclusasi positivamente, stante la natura para giurisdizionale di detta procedura. Di recente, la Corte di cassazione - sez. seconda civile, n. 18123/2020 - e' andata di contrario avviso rispetto all'orientamento dei giudici di merito sopra sintetizzato, affermando che «la censura articolata sotto il profilo della violazione di legge non concorre posto che, espressamente, la norma ex art 74 decreto del Presidente della Repubblica 115/02 limita l'operativita' del patrocinio a spese dello Stato all'ambito del procedimento sia penale che civile, e pertanto postula l'intervenuto avvio della lite giudiziale. Detto limite non puo' esser superato dal Giudice con attivita' d'interpretazione posto che in tal modo verrebbe ad incidere sulla sfera afferente la gestione del pubblico denaro. specie con relazione alle disposizioni di spesa, materia riservata al Legislatore e presidiata da precisi dettami costituzionali - Cassazione sez. 2 n. 24723/11, Cassazione sez. 1 n. 15490/04, Cassazione sez. L n. 17997/19 -. Inoltre, come cordato dal Giudice patavino, la disciplina portata nel decreto legislativo 28/2010, non gia', ha omesso ogni considerazione alla questione del patrocinio a spese dello Stato, bensi' quando l'ha ritenuto appiccabile - art. 17 comma 5-bis - ne ha fatta espressa menzione, precisando inoltre, che dal procedimento di mediazione non puo' conseguire oneri economici a carico dello Stato. Dunque, correttamente il Giudice patavino ha ritenuto non liquidabile compenso al difensore per la fase della mediazione, cui non e' seguita la proposizione della lite - Cassazione su n. 9529/13 - poiche' non consentito dalla attuale disciplina legislativa in tema ed un tanto non superabile con l'attivita' d'interpretazione - come richiesto dal ricorrente - che in effetti sconfinerebbe nella produzione normativa». L'orientamento del giudice della nomofilachia appare suffragato dalla recente presentazione, in sede di discussione parlamentare del disegno di legge recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie» - AS 1662 - di un emendamento del Governo (emendamento n. 2) che prevede, con una norma di delega e non di interpretazione autentica delle norme del testo unico, espressamente l'estensione del patrocinio a spese dello Stato anche ai procedimenti di mediazione di cui al decreto legislativo n. 28/2010, quando tali procedure costituiscono condizione di procedibilita' e necessitano dell'assistenza obbligatoria di un legale. Con la conseguenza che la normativa di cui agli art. 74 e 75 cit., poiche' fa riferimento al processo, esclude la rilevanza del patrocinio a spese dello Stato con riferimento all'attivita' stragiudiziale. Quindi, anche nelle specie che ne occupa, pur in presenza di ammissione da parte del Consiglio dell'ordine e di esito positivo della mediazione obbligatoria, non sarebbe comunque possibile la liquidazione a spese dello Stato. Ne consegue che, se riconosciuto il limite di operativita' degli articoli 74 e 75 cit. ai procedimenti giurisdizionali, permarrebbe, con riferimento alla mediazione obbligatoria con esito positivo, una lacuna normativa non colmabile in via interpretativa se non al prezzo di sconfinare nei territori della gestione del pubblico denaro, dei relativi vincoli di bilancio e della spesa connessa, presidiati da riserva di legge e da precisi dettami costituzionali (Cass. sez. 2 n. 24723/11, Cassazione sez. 1 n. 15490/04, Cassazione sez. L n. 17997/19). 3. I parametri del giudizio - le disposizioni costituzionali che si asseriscono violate. Un tanto chiarito, questo Giudice ritiene che non si possa dubitare, per quanto piu' sopra esposto e per quanto si dira' infra, della rilevanza della questione di costituzionalita' del combinato disposto degli art. 74 e 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e degli articoli 5, 8 e 17, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 28/2010, con riferimento agli articoli 2, 3, 24, e 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che sia assicurato il patrocinio ai non abbienti nel procedimento di mediazione, e che sia assicurato il pagamento del relativo compenso all'avvocato con oneri a carico dell'erario, quando il suo esperimento e' condizione di procedibilita' della domanda e il processo non viene poi introdotto per essere intervenuta conciliazione delle parti, poiche' la liquidazione non e' possibile in assenza di un intervento legislativo che colmi la lacuna ovvero di una pronuncia di illegittimita' costituzionale degli articoli suindicati. Tale conclusione di pone nel solco di eguale decisione di remissione della questione alla Corte costituzionale assunta dal tribunale di Palermo con ordinanza in data 17 marzo 2021. Contrasto con l'art. 2 della Costituzione. Il principio costituzionale dell'esigenza di sviluppo della persona nelle relazioni interpersonali e comunitarie e dell'attuazione del principio di solidarieta' consacrato dall'art. 2 Cost., illumina di ulteriore rilievo il diritto alla mediazione, non solo nell'esclusivo ambito dell'art. 24 Cost., come tradizionalmente indicato, ma anche quale espressione della mediazione come strumento di pacificazione sociale condivisa e non imposta, con la conseguenza che ogni ostacolo alla sua effettivita' incontra anche il limite di cui all'art. 2 Cost.. Contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Il negare l'accesso al patrocinio a spese dello Stato alla parte non abbiente nelle procedure di mediazione obbligatoria ex del decreto legislativo n. 28/2010, conclusesi con la conciliazione delle parti contrasta con l'art. 3 della Costituzione, in quanto comporta una disparita' di trattamento ingiustificata e irragionevole apparendo del tutto irrazionale e non conforme all'art. 3 della costituzione che il cittadino possa usufruire dell'istituto nelle controversie giurisdizionali e non nelle procedure della fase pre-giudiziale, che hanno avuto esito positivo e dirette anche a favorire la deflazione del contenzioso. Inoltre, viene in ulteriore rilievo la violazione dei canoni di uguaglianza e ragionevolezza sotto il profilo che il reticolo normativa, pur in presenza di un favor generale alla soluzione extragiudiziaria delle controversie, conduce ad una evidente ulteriore disparita' di trattamento tra il difensore della parte non abbiente che puo' accedere ad una liquidazione con oneri a carico dell'erario allorquando l'esito della mediazione risulti infruttuoso (e si renda percio' necessario l'avvio del processo civile), e il difensore di una parte in una mediazione obbligatoria che vede la controversia definirsi positivamente in ambito mediatorio e che, nonostante cio', non ha diritto al compenso. Con il doppio paradossale effetto: 1) della neutralizzazione della funzione della mediazione obbligatoria, destinata ad essere affrontata come una mera formalita' prodromica all'instaurazione del vero e proprio processo civile, con vanificazione degli effetti di sistema sulla ragionevole durata delle controversie; 2) della possibile lievitazione degli oneri a carico dell'erario, che, anziche' essere limitati a quelli sostenuti dalla parte non abbiente ammessa al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di un procedimento di mediazione definito col raggiungimento di un accordo, verrebbero ad essere pesantemente aggravati da quelli connessi allo svolgimento di un processo civile altrimenti evitabile. Le considerazioni suindicate hanno ulteriore valenza nel senso propugnato anche alla luce dei principi del diritto eurounitario (art. 47 della c.d. Carta di Nizza, secondo cui «a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti e' concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora cio' sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia» - direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003), l'art. 3 della quale recita: Diritto al patrocinio a spese dello Stato. 1. La persona fisica, che sia parte in una controversia ai sensi della presente direttiva, ha diritto a un patrocinio adeguato a spese dello Stato che le garantisca un accesso effettivo alla giustizia in conformita' delle condizioni stabilite dalla presente direttiva. 2. Il patrocinio a spese dello Stato e' considerato adeguato se garantisce: a) la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere a una soluzione prima di intentare un'azione legale; b) l'assistenza legale e la rappresentanza in sede di giudizio, nonche' l'esonero totale o parziale dalle spese processuali, comprese le spese previste all'art. 7 e gli onorari delle persone incaricate dal giudice di compiere atti durante il procedimento. Si tratta di disposizioni che concernono le controversie transfrontaliere, ma che offrono elementi ulteriori per avvalorare la questione di costituzionalita' proposta, essendo chiara l'estensione dell'aiuto legale alla fase pre-processuale, apparendo del tutto irrazionale e non conforme all'art. 3 della costituzione che il cittadino possa usufruire dell'aiuto statale per la lite transfrontaliera e non per quella domestica. Contrasto con l'art. 24 della Costituzione. Il sistema disegna la mediazione (obbligatoria) come connessa e funzionale alla fase processuale anche se poi questa in concreto non abbia luogo. Tale principio si puo' ricavare anche da un arresto della Corte costituzionale, valido sia pure intervenuto in forma di obiter, secondo il quale la mediazione obbligatoria previsto dal decreto legislativo n. 28/2010, «rientra nell'esercizio della funzione giudiziaria e nella sfera del diritto civile, giacche', con riferimento al caso di specie, condiziona l'esercizio del diritto di azione finalizzato al risarcimento dei danni da responsabilita' civile e prevede ricadute negative per chi irragionevolmente abbia voluto instaurare un contenzioso davanti al giudice, nonostante fosse stata formulata una proposta conciliativa rivelatasi successivamente satisfattiva delle proprie ragioni» (Corte cost. n. 178 del 2010). L'effettivita' della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa, presidiata dall'art. 24 Cost., volto ad assicurare alle persone non abbienti l'accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole ed in posizione di parita' con quanti dispongono dei mezzi necessari, viene gravemente lesa, poiche' il non abbiente non puo' contare sulla funzione incondizionata ed irrevocabile del suo diritto a beneficiare di una difesa tecnica con oneri a carico dello Stato, addirittura proprio nell'ipotesi nella quale l'istituto raggiunge il massimo degli effetti possibili sotto il profilo del soddisfacimento dell'interesse generale: da un lato, perche' evita il sovraccarico dell'apparato giudiziario, dall'altro, perche' favorisce la composizione preventiva della lite che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento piu' immediato rispetto a quello conseguito attraverso il processo. Contrasto con l'art. 36 della Costituzione. L'attivita' del libero professionista viene menomata sotto diversi profili, poiche', invece di prevedere la corresponsione di retribuzioni adeguate alla qualita' e quantita' del lavoro prestato, si disegna un sistema normativa che esclude da qualsiasi tutela i liberi professionisti che abbiano prestato attivita' lavorativa obbligatoria gratuitamente ed efficacemente e che impedisce anche di richiedere compensi direttamente al cliente, ove si ponga mente al divieto ed alla sanzione di cui all'art. 85 T.U.S.G., nonche' all'art. 29 del Codice Deontologico Forense che vieta espressamente all'avvocato di chiedere o percepire dalla parte assistita o da terzi, a qualunque titolo, compensi o rimborsi diversi da quelli previsti dalla legge. Non potendo, per tutte le ragioni sopra illustrate, essere definito indipendentemente dalla risoluzione della superiore questione di costituzionalita', il presente giudizio va, quindi, sospeso, con rimessione degli atti alla Corte costituzionale.