TRIBUNALE DI MILANO Il Tribunale, nella persona del presidente delegato dott. Claudio Marangoni ha pronunciato la seguente Ordinanza nel procedimento iscritto al n. 7222/2020 V.G. promosso da: Ilaria Rozzi, (codice fiscale RZZLRI79H55F205L) - ricorrente. Il giudice, Letta l'istanza depositata in data 20 luglio 2020 presso il Tribunale Ordinario di Milano nell'interesse dell'avv. Rozzi Ilaria (codice fiscale RZZLRI79H55F205L), istante in proprio ed elettivamente domiciliata in Milano presso il suo studio in via Luciano Manara n. 11, difensore di fiducia di F. V. (codice fiscale ...., nata a .... e residente in .... ), con la quale l'istante ha chiesto la liquidazione dei compensi professionali per aver assistito la signora V. F., soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, nell'ambito di un procedimento di mediazione obbligatoria conclusosi con verbale di conciliazione di cui all'art. 5, comma 1-bis del decreto legislativo n. 28 del 2010, come modificato dal decreto legislativo n. 69/2013 convertito dalla legge n. 98/2013; Rilevato che la parte istante ha dedotto: che l'assistita signora V. F. era stata ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato con l'assistenza dell'avv. Ilaria Rozzi, con delibera del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Milano in data 18 aprile 2019 con riferimento ad una vertenza in materia di responsabilita' contrattuale aliud pro alio sorta nei confronti del sig. L. L. con riferimento alla compravendita di un immobile residenziale rivelatosi privo della prescritta agibilita' ex lege; che tale vertenza rientra nell'alveo delle controversie per le quali e' prevista la mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilita', ex art. 5, comma 1-bis del decreto legislativo n. 28/2010, come modificato dal decreto legislativo n. 69/20 l 3, convertito dalla legge n. 98/2013; che l'avv. Ilaria Rozzi, in qualita' di difensore di fiducia della signora V. F., si era occupata dell'esame della documentazione tecnica relativa alle opere di adeguamento dell'immobile compravenduto e alle delibere comunali afferenti al caso, nonche' dell'inquadramento giuridico della fattispecie e dell'analisi delle responsabilita' dei soggetti coinvolti, e che, una volta ottenuta la delibera di ammissione al patrocinio a spese dello Stato a favore della signora V. F., aveva presentato istanza di mediazione nell'interesse della propria assistita presso l'organismo di mediazione ... in via ....; che l'avv. Ilaria Rozzi aveva prestato attivita' professionale a favore della propria assistita nell'iter del procedimento di mediazione obbligatoria - nonche' nelle rispettive trattative - iniziato con un primo incontro tenutosi in data 3 dicembre 2019, proseguito con un secondo incontro in data 4 giugno 2020, e conclusosi con un terzo incontro in data 2 luglio 2020 che aveva condotto all'esito positivo della composizione della lite con la sottoscrizione di un accordo attestante la conciliazione tra le parti - a tacitazione delle rispettive pretese e con finalita' deflattiva - con conseguente esclusione della successiva instaurazione del giudizio civile; che - secondo l'istante - un'interpretazione sistematica teleologica dell'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 - fatta propria da alcune pronunce di merito - secondo il quale l'ammissione al gratuito patrocinio e' valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, «comunque connesse» dovrebbe comprendere la fase della mediazione obbligatoria pre-processuale anche quando la mediazione, per il suo esito positivo, non sia seguita dal processo, in quanto si tratterebbe di una procedura strettamente connessa al processo medesimo, nella misura in cui condiziona l'esito di avviarlo; che pertanto tale interpretazione sistematica teleologica - secondo l'istante - porterebbe a ritenere che anche nelle ipotesi in cui la procedura di mediazione obbligatoria, di cui all'art. 5, comma 1-bis del decreto legislativo n. 28 del 2010, si concluda con l'accordo di conciliazione delle parti, il compenso professionale dell'avvocato che abbia assistito la parte, ammessa al gratuito patrocinio, debba essere posto a carico dello Stato; Ritenuto che: nel caso di specie secondo questo giudice non puo' trovare alcuno spazio l'invocata interpretazione adeguatrice della norma degli articoli 74, comma 2 e 75, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 in considerazione del chiaro dettato della norma stessa che esclude alternative sul piano interpretativo ed in considerazione della piu' recente prospettazione sul punto da parte della Corte di cassazione (Cassazione sezione II n. 18123 del 2020) ritenuta meritevole di accoglimento e non superabile allo stato della attuale disciplina legislativa in materia; che dunque l'orientamento della Corte di cassazione sezione II n. 18123 del 2020 e' stato nel senso di escludere la possibilita' di liquidare l'attivita' professionale espletata dall'avvocato in ambito di mediazione obbligatoria, nelle ipotesi in cui alla mediazione non sia seguita la proposizione della lite - come e' avvenuto nel caso di specie - sulla base del fatto che il dettato normativa degli articoli 74 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 limita l'operativita' del patrocinio a spese dello Stato all'ambito del «processo» civile e penale ed a tutte le procedure «comunque connesse» al processo medesimo e pertanto presuppone l'intervenuto avvio del contenzioso giudiziario, mentre esclude dal novero delle attivita' suscettibili di essere svolte con oneri a carico dell'Erario l'attivita' di natura stragiudiziale, nella quale rientrerebbe l'attivita' svolta in ambito di mediazione e non seguita dall'instaurazione di un processo; che la Corte di legittimita' sezione II n. 18123 del 2020 ha altresi' statuito che detta limitazione, imposta dagli articoli 74 e 75 di decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, non puo' essere superata dal giudice tramite attivita' interpretativa, la quale in tal modo sconfinerebbe nella produzione normativa, posto che verrebbe ad incidere sul tema della corretta ripartizione delle risorse erariali e piu' in generale sulla sfera afferente la gestione del denaro pubblico, specie in relazione alle disposizioni di spesa, materia questa riservata al legislatore e presidiata da precisi vincoli di bilancio di rango costituzionale (Cassazione sezione II n. 24723 del 2011, Cassazione sen. 1, n. 15490 del 2004, Cassazione sezione 1, n. 17997 del 2019); che peraltro la presente questione di legittimita' costituzionale e' gia' stata sollevata dal Tribunale di Palermo (Sezione IV Civile-Fallimentare; Presidente e Relatore D'Antoni) con ordinanza emessa in data 17 marzo 2021, secondo profili pienamente condivisibili ed ai quali questo giudice ritiene di associarsi, come di seguito esposto; che infatti la questione di costituzionalita' prospettata appare rilevante e non manifestamente infondata; che in particolare la questione deve ritenersi rilevante in quanto: l 'avv. Ilaria Rozzi ha assistito e rappresentato la signora V. F., parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella procedura di mediazione obbligatoria n. .... ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis del decreto legislativo n. 28/2010; il procedimento di mediazione obbligatoria ha condotto all'esito positivo dell'intervenuta conciliazione tra le parti e pertanto la mediazione non e' stata seguita dalla fase contenziosa dell'instaurazione del giudizio civile; l'avv. Ilaria Rozzi istante, qualora non venisse accolta la questione di costituzionalita' come di seguito riportata, risulterebbe non avente diritto al compenso professionale sulla base della sola circostanza che al procedimento di mediazione obbligatoria, essendo quest'ultima conclusasi con l'esito positivo del raggiungimento di un accordo tra le parti, non e' seguita l'instaurazione del processo, cosi' come previsto dall'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002; che dunque la liquidazione allo stato non e' possibile se non provvedendo in violazione dei precetti di cui agli articoli 74 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, mentre l'eventuale accoglimento della questione di costituzionalita' della norma con riferimento ai medesimi articoli, cosi' come di seguito individuata, determinerebbe l'accoglimento della domanda proposta a questo giudice, sussistendo per il resto i requisiti previsti dalla legge ai fini della liquidazione del compenso professionale in capo all'avv. Ilaria Rozzi per l'attivita' svolta in sede di mediazione obbligatoria; che la questione deve ritenersi non manifestamente infondata, in quanto a parere di questo giudice: sussiste disparita' di trattamento in relazione alla possibilita' di vedersi riconoscere il diritto al compenso professionale in riferimento allo svolgimento dell'attivita' di mediazione tra gli avvocati che abbiano prestato attivita' di assistenza a favore di una parte ammessa al gratuito patrocinio nella fase di mediazione obbligatoria nell'ipotesi in cui la mediazione abbia avuto esito negativo e che pertanto sia stata seguita dall'instaurazione del processo civile, e gli avvocati che invece abbiano espletato la medesima attivita' nell'ipotesi in cui la mediazione obbligatoria si sia conclusa con un accordo di conciliazione e non sia stata pertanto seguita dall'avvio della lite giudiziale; il dettato degli articoli 74, comma 2 e 75, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 ha introdotto un elemento di differenziazione tra gli avvocati che abbiano posto in essere la medesima attivita' in ambito di mediazione - abbia avuto quest'ultima esito negativo o positivo - cui non appare attribuibile alcun carattere di ragionevolezza che possa ritenere correttamente esercitata la discrezionalita' riconosciuta legislatore; l'omessa considerazione della posizione degli avvocati che abbiano contribuito al raggiungimento di una conciliazione in sede di mediazione obbligatoria non risulta di fatto apparentemente giustificabile sotto alcun aspetto, dovendosi pertanto desumere l'esistenza di un intrinseco profilo di irragionevolezza nella norma in questione; cio' risulta peraltro evidente nel confronto con la disciplina della mediazione transfrontaliera di cui all'art. 10, decreto legislativo n. 116 del 2005 emanato in attuazione della direttiva europea 2003/8/CE che prevede il diritto al compenso anche in capo agli avvocati che abbiano svolto attivita' di assistenza in procedimenti stragiudiziali, in maniera tale da salvaguardare la pari posizione di tutti; non sembrano dunque sussistere elementi sulla base dei quali dedurre una diversita' di situazioni all'interno della medesima categoria di professionisti coinvolti sui quali fondare positivi riscontri circa l'effettiva ragionevolezza dell'esercizio del potere discrezionale da parte del legislatore; come statuito dal Tribunale di Palermo le cui argomentazioni condivisibili si riportano, m un ordinamento, quale quello italiano, orientato a favorire la soluzione extragiudiziale delle controversie - orientamento peraltro confermato tra l'altro dall'adozione delle disposizioni di natura deflattiva contenute nel decreto legislativo n. 28 del 2010 sulla mediazione- appare discordante nonche' contrario al canone di ragionevolezza consentire al difensore di una parte non abbiente di accedere alla liquidazione dei compensi con oneri a carico dello Stato laddove l'esito della mediazione risulti infruttuoso e negare tale diritto nell'ipotesi in cui la controversia venga definita in ambito mediatorio; un orientamento che si discosta dalla ratio della normativa di natura deflattiva incentiverebbe una prassi forense orientata a disincentivare l'istituto della mediazione con conseguente annichilimento della sua funzione, con la conseguenza che la mediazione verrebbe gradualmente ridotta ad una mera formalita' prodromica all'instaurazione del processo civile, luogo effettivo per la soddisfazione del diritto al compenso del difensore della parte non abbiente e con la conseguenza che verrebbero vanificati gli effetti acceleratori e deflattivi della procedura di mediazione medesima; gli oneri a carico dell'Erario lieviterebbero in quanto anziche' essere circoscritti a quelli maturati nell'ambito del procedimento di mediazione, verrebbero incrementati da quelli connessi allo svolgimento del processo civile; nelle ipotesi - quale quella di specie - in cui la mediazione si concluda con accordo tra le parti, il diritto al compenso del difensore verrebbe definitivamente compromesso alla luce del fatto che se da un lato gli e' preclusa la possibilita' di ottenere la liquidazione del compenso con oneri a carico nell'Erario, dall'altro gli e' impedita anche quella di chiedere il compenso direttamente al cliente ammesso al gratuito patrocinio, in conformita' al divieto ed alla sanzione di cui all'art. 85 T.U.S.G., nonche' secondo il divieto di cui all'art. 29 del codice deontologico forense, che vieta all'avvocato di chiedere o percepire compensi diversi da quelli previsti dalla legge; l'eventuale revoca del patrocinio a spese dello Stato, disposta in seguito al sopraggiunto accordo tra le parti della mediazione, non potrebbe considerarsi un rimedio equipollente, posto che oltre a rappresentare una soluzione contraria ai canoni di correttezza, risulterebbe anche disincentivante nonche' pregiudizievole in prospettiva di una piena realizzazione del diritto di difesa della parte appartenente alla categoria dei non abbienti o della parte a messa al patrocinio a spese dello Stato. Ritenuto infine: che la norma degli articoli 74, comma 2 e 75, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari materie di spese di giustizia) appare pertanto in contrasto sia con l'art. 3, sia con l'art. 24, sia con l'art. 36 della Costituzione - in quanto la situazione esposta incide pregiudizievolmente e senza ragionevole motivo sulla stessa possibilita' per l'istante di vedersi riconosciuto il diritto alla liquidazione dei compensi professionali alle stesse condizioni di altri professionisti in posizione del tutto simile - in quanto non prevede che anche qualora la mediazione obbligatoria abbia avuto esito positivo e non sia stata seguita dal contenzioso giudiziario, sia idonea a far sorgere in capo all'avvocato il diritto al compenso; che l'art. 3 della Costituzione - unitamente al principio di uguaglianza in esso sancito - risulta violato nella misura in cui alla mediazione transfrontaliera sia riservato dal legislatore un diverso e piu' favorevole trattamento in assenza di ragioni che giustifichino tale differenziazione, posto che l'art. 10 del decreto legislativo n. 116 del 2005 emanato in attuazione della direttiva n. 2003/8/CE del 27 gennaio 2003 estende il patrocinio ai procedimenti stragiudiziali, qualora tali mezzi siano previsti quali obbligatori dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa; che l'art. 3 della Costituzione risulterebbe altresi' leso ove professionisti che abbiano posto in essere identiche prestazioni in ambito di mediazione obbligatoria vengano trattati in modo diseguale sotto il profilo del diritto al compenso, sulla base del raggiungimento o meno della conciliazione, e peraltro riservando un trattamento deteriore a coloro che abbiano operato con maggiore efficacia nella prospettiva e nella ratio sottostanti all'istituto della mediazione; che l'art. 3 della Costituzione risulterebbe non osservato - nella sua accezione piu' pertinente al caso di specie - nella parte in cui e' volto a rimuovere ogni ostacolo di ordine economico e sociale che limiti la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini; che l'art. 24 della Costituzione - a garanzia del diritto inviolabile della difesa - rimarrebbe inapplicato nella misura in cui e' teso ad assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione e a garantire loro l'accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole ed in posizione di parita' con quanti dispongono dei mezzi necessari; che l'art. 36 della Costituzione, seppur di regola ritenuto applicabile esclusivamente con riferimento all'attivita' del libero professionista, sarebbe tuttavia trasgredito nella misura in cui prevede il diritto ad una corresponsione di retribuzione adeguata alla quantita' e qualita' di lavoro prestato, laddove il diritto dei liberi professionisti che abbiano prestato attivita' lavorativa obbligatoria al compenso professionale non trovi riscontro o tutela alcuna all'interno dell'ordinamento.