TRIBUNALE DI FIRENZE Prima Sezione Penale Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di E.A. M.G., nato in... (C.U.I...) - elettiv. domiciliato in via..., (elezione all'udienza di convalida del 15 aprile 2021); difeso d'ufficio dall'avv. Adriano Capaccioli del Foro di Firenze; parla e comprende la lingua italiana (accertamento all'udienza di convalida del 15 aprile 2021); imputato del seguente reato: del delitto di cui agli articoli 56 e 628, comma 2 del codice penale, perche', per procurarsi un ingiusto profitto, compiva atti idonei, diretti in modo non equivoco a impossessarsi di alcune confezioni di affettati in vendita al prezzo complessivi di 48,00 euro, sottraendole all'interno del supermercato... sito nella v..., ove erano esposte per la vendita, e immediatamente dopo la sottrazione, per assicurarsi il possesso del bene e procurarsi l'impunita', adoperava violenza e minaccia sull'addetto alla vigilanza A. S. - il quale lo aveva fermato, dopo che aveva oltrepassato le casse senza pagare la merce - afferrandolo per il bavero del giubbotto e spintonandolo, tentando di colpirlo con alcuni pugni sul viso, che l'uomo riusciva a scansare, affermando che gli avrebbe «tagliato la testa» e infine ingaggiando con il medesimo una colluttazione, non portando a termine il proposito criminoso per l'intervento del responsabile dell'esercizio in ausilio al sorvegliante. In sentite le parti; premesso che: E.A. M.G. era tratto in arresto in data... per il reato di tentata rapina impropria ai sensi degli articoli 56 e 628, comma 2 del codice penale; il Pm con decreto del 15 aprile 2021 disponeva la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo giudizio direttissimo con l'imputazione sopra riportata; all'udienza del 15 aprile 2021 il giudice convalidava l'arresto, applicava la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla P.G. e disponeva procedersi con il rito direttissimo; era poi chiesto un termine a difesa; all'udienza del 26 aprile 2021 l'imputato personalmente chiedeva procedersi con rito abbreviato, cui era ammesso; il giudice disponeva sentirsi ex art. 441, comma 5 del codice di procedura penale il teste S. A.; all'udienza del 3 giugno 2021, dopo la deposizione del citato testimone, le parti illustravano le rispettive conclusioni; in particolare il PM chiedeva la condanna dell'imputato per il contestato reato di tentata rapina impropria alla pena di anni due e mesi tre di reclusione ed euro 266 di multa; il difensore chiedeva sentenza di non doversi procedere o, in subordine, il riconoscimento delle circostanze attenuanti ex art. 62 n. 1 e 4 del codice penale e delle attenuanti generiche, l'applicazione del minimo della pena e la concessione dei benefici di legge; all'udienza odierna, cui il processo era rinviato per eventuali repliche, le parti vi rinunciavano. Rilevato che: A) In base agli atti d'indagine nel primo pomeriggio del... gli operanti della Polizia di Stato erano inviati dalla centrale operativa presso un supermercato fiorentino. Qui il vigilante S. A., il direttore M. M. e la cassiera S. F. riferivano - con dichiarazioni sostanzialmente convergenti - che poco prima l'attuale imputato e altro soggetto erano entrati nel supermercato, erano stati monitorati e visti occultare della merce in uno zaino; allorche' cercavano di uscire dall'esercizio commerciale, il vigilante A. interveniva; a quel punto uno dei due individui riusciva ad allontanarsi velocemente, facendo perdere le proprie tracce; l'attuale imputato viceversa, su invito del vigilante, mostrava a quest'ultimo il contenuto del citato zaino, al cui interno erano nascosti diversi salumi e formaggi (il cui prezzo complessivo al pubblico era di circa 48 euro); il predetto repentinamente tentava di scappare cercando di colpire e minacciando a tale scopo il vigilante; ne derivava una breve colluttazione, nel corso della quale il vigilante - urtando qualche oggetto presente nelle vicinanze - riportava una lieve escoriazione; anche grazie all'intervento del M., il prevenuto veniva bloccato fino all'arrivo dei poliziotti, nel frattempo allertati; B) L'imputato nel corso del proprio interrogatorio ha fornito la propria versione, ridimensionando in sostanza la gravita' dei fatti; C) Il vigilante S. A., in sede di testimonianza, ha ribadito quanto gia' riferito nell'immediatezza alla Polizia Giudiziaria, precisando pero' che quando l'imputato tenne la condotta violenta nei suoi confronti la merce era gia' stata restituita al direttore del supermercato e al restante personale, che stavano provvedendo a verificarne il prezzo: l'imputato, che il vigilante stava monitorando nell'attesa dell'arrivo delle Forze dell'Ordine, si muoveva in continuazione rendendo evidente la sua intenzione di scappare non appena se ne presentasse l'occasione; allorche' il vigilante gli poggiava la mano sul torace, invitandolo a calmarsi e ad attendere l'arrivo della Polizia, il predetto all'improvviso lo aggrediva per potersi dare alla fuga; D) Alla luce di quanto precede si deve ritenere provata la responsabilita' dell'imputato; in particolare la convergenza delle dichiarazioni del direttore del supermercato, della cassiera e del vigilante consente di ricostruire con certezza conformemente alle stesse la dinamica dei fatti e manifesta chiaramente come la versione difensiva sia volutamente riduttiva. In considerazione delle dichiarazioni del teste A., e' poi evidente come - dopo la tentata sottrazione della merce - l'imputato abbia posto in essere la condotta violenta al solo scopo di guadagnarsi la fuga e cosi' procurarsi l'impunita' (per il precedente tentato furto). Si puo' viceversa certamente escludere che la violenza sia stata posta in essere per conseguire il possesso delle cose oggetto della tentata sottrazione, posto che detta merce era stata gia' materialmente recuperata dal direttore del supermercato. E) Quanto alla qualificazione giuridica dei fatti in questione, per poter addivenire ad una corretta decisione appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 628, comma 2 del codice penale limitatamente alle parole «o per procurare a se' o ad altri l'impunita'»; o, in subordine, nella parte in cui si applica anche all'ipotesi in cui il soggetto agente (immediatamente dopo la sottrazione), dopo il materiale recupero dei beni da parte della persona offesa, adopera violenza o minaccia al solo scopo di fuggire; cio' premesso, Osserva 1.Rilevanza della questione 1.1 L'art. 628, comma 2 del codice penale incrimina la condotta di «chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a se' o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a se' o ad altri l'impunita'», prevedendo per tale reato (c.d. rapina impropria) lo stesso trattamento sanzionatorio previsto per la c.d. rapina propria di cui all'art. 628, comma 1 del codice penale. La giurisprudenza di legittimita' afferma ormai costantemente che «E' configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l'agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volonta', adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l'impunita'» (cosi' tra le altre Cass. Sez. U, sentenza n. 34952 del 19 aprile 2012 Rv. 253153 - 01). Nel caso di specie per l'appunto il prevenuto, dopo avere tentato di sottrarre alcuni beni in vendita presso un supermercato..., non riuscendovi per il monitoraggio e l'intervento del personale del punto vendita e del vigilante, poneva in essere una condotta violenta per poter fuggire e cosi' conseguire l'impunita'. 1.2 Quanto al requisito dell'immediatezza, nella giurisprudenza di legittimita' e' consolidato il principio secondo cui «nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicche', per la configurazione del reato, non e' richiesta la contestualita' temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attivita' intercorra un arco temporale tale da non interrompere l'unitarieta' dell'azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l'impunita'» (cosi' Cass. Sez. 2, sentenza n. 43764 del 4 ottobre 2013 Rv. 257310 - 01; cosi', tra le altre, anche Cass. Sez. 7, ordinanza n. 34056 del 29 maggio 2018 Rv. 273617 - 01); nello stesso senso, attraverso il riferimento al concetto di flagranza e quasi flagranza, Cass. Sez. 2, sentenza n. 40421 del 26 giugno 2012 Rv. 254171 - 01 e Cass. Sez. 2, sentenza n. 30127 del 9 aprile 2009 Rv. 244821 - 01) 1.3 In particolare, la Corte di Cassazione esclude che l'intervenuto materiale recupero da parte della persona offesa dei beni oggetto della sottrazione (compiuta o tentata) sia idoneo a interrompere l'unitarieta' della condotta e quindi ad escludere il requisito della immediatezza, ritenendo quindi comunque integrato in tali casi il delitto (consumato tentato) di rapina impropria. Si veda in tal senso, in un caso del tutto simile a quello in esame (in cui l'imputato aveva restituito la merce al vigilante, fornito il proprio documento d'identita' e atteso alcuni minuti negli uffici del supermercato), Cass. Sez. 2, sentenza n. 34185 del 2018 imp. Sprincenatu, che qualificava per l'appunto il fatto come tentata rapina impropria; nello stesso senso anche Cass. Sez. 2, sentenza n. 25722 del 2021 imp. Perez Vasquez e Cass. Sez. 2, sentenza n. 46412 del 2014 imp. Ruggiero. 1.4 Risulta dunque rilevante la questione se sia costituzionalmente legittima la qualificazione come rapina impropria (tentata o consumata) della condotta di chi -immediatamente dopo la sottrazione (tentata o compiuta) - adoperi violenza o minaccia per procurare a se' o ad altri l'impunita'. Posto che nel caso di specie l'imputato ha posto in essere la condotta violenta - dopo il recupero della merce da parte del vigilante e poi del direttore del supermercato - al solo scopo di fuggire, risulta parimenti rilevante la questione di legittimita' che s'intende sottoporre alla Corte in via subordinata. 2. Non manifesta infondatezza 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 628, comma 2 del codice penale limitatamente alle parole «o per procurare a se' o ad altri l'impunita'» per violazione dell'art. 3 della Costituzione. 2.2 La Corte Costituzionale recentemente - a causa anche del marcato e reiterato inasprimento della cornice edittale prevista per il reato di rapina - e' stata piu' volte chiamata a pronunciarsi sulla legittimita' del disposto dell'art. 628, comma 2 del codice penale. Sia con la sentenza n. 190 del 2020, sia con l'ordinanza 111 del 2021, la Corte ha ritenuto infondate le questioni sollevate dal Tribunale di Torino con riguardo al reato di rapina impropria. 2.3 La questione che s'intende ora sottoporre all'attenzione della Corte e' parzialmente diversa. Come le citate ordinanze torinesi si chiede di espungere dall'art. 628 del codice penale una parte del relativo contenuto (in questo caso l'incriminazione, nell'ambito del reato complesso, della condotta di chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione per procurare a se' o ad altri l'impunita'), con l'effetto che all'ablazione parziale della previsione incriminatrice conseguirebbe la riespansione delle figure criminose gia' confluite nel reato complesso di rapina (furto, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, ecc.), in relazione alle varie ipotesi del caso concreto (nel caso ora in esame il furto sarebbe tentato; la violenza era nei confronti di un privato cittadino e non di un pubblico ufficiale; ecc.). A differenza che nelle questioni gia' esaminate dalla Corte, in questa sede non si contesta pero' l'equiparazione della rapina impropria alla rapina propria, bensi' l'eguale trattamento delle due ipotesi criminose disciplinate dall'art. 628, comma 2 del codice penale alla stregua di un'unica figura delittuosa, la rapina impropria. 2.4 La fattispecie in cui un soggetto, dopo la sottrazione (compiuta o tentata) di un bene, adopera violenza o minaccia per assicurarsi il possesso dello stesso pare cioe' radicalmente diversa da quella in cui un soggetto, dopo la sottrazione (compiuta o tentata), adopera violenza o minaccia unicamente per procurarsi l'impunita' per detta sottrazione. 2.5 Nella prima ipotesi l'agente mira a conseguire uno scopo illecito, e precisamente il possesso del bene altrui avuto di mira fin dal principio, cosi' dimostrando peraltro un dolo ben radicato; nella seconda ipotesi, viceversa, il soggetto agente - dopo avere perso (nel delitto consumato) o non avere mai conseguito (nel delitto tentato) la disponibilita' della cosa - persegue uno scopo di per se' lecito, cioe' la fuga o comunque l'impunita'. Mentre cioe' nella prima ipotesi sia il mezzo impiegato (violenza o minaccia) sia il fine perseguito (impossessamento del bene altrui) sono illeciti, nella seconda ipotesi il mezzo impiegato (violenza o minaccia) e' illecito, ma il fine perseguito di per se' e' lecito. 2.6 E' dunque ragionevole l'eguale trattamento della prima ipotesi rispetto alla rapina propria: in entrambe infatti - come sottolineato dalla sentenza n. 190/2020 - si ha un'aggressione patrimoniale mediante violenza o minaccia e il peculiare finalismo (oltre alla contestualita') rende il fatto criminoso assai piu' grave della mera somma dei suoi componenti e giustifica quindi la costruzione di un reato complesso il cui trattamento sanzionatorio e' decisamente piu' severo («la contestualita' del rischio per il patrimonio e per l'incolumita' o la liberta' morale della persona dilata la dimensione del fatto criminoso oltre la mera somma dei suoi fattori: sul piano obiettivo, per l'allarme sociale, per la diminuita difesa della vittima sorpresa dall'aggressione e per la mancanza di alternative utili alla tutela del suo patrimonio, per il particolare rischio di conseguenze sul piano della incolumita' dovuto alla concitazione normalmente propria dell'evento, per la peculiare forza offensiva di una spoliazione fondata non solo sulla sottrazione ma anche sulla violenza; sul piano soggettivo, per la forte determinazione criminale espressa da chi, nell'opzione tra rinuncia al beneficio patrimoniale e suo perseguimento mediante l'aggressione alla persona, si determina per la seconda, che presenta le caratteristiche appena indicate»). Non pare invece ragionevole trattare alla stessa stregua la condotta di chi, dopo la sottrazione, non persegua piu' con la violenza o minaccia l'aggressione al patrimonio altrui ed in generale il beneficio economico, bensi' unicamente la propria impunita' per effetto di una sorta di anelito di liberta'. 2.7 Pur a fronte di elementi oggettivi identici nelle due ipotesi contemplate dall'art. 628, comma 2 del codice penale (la sottrazione compiuta o tentata prima; la violenza o minaccia dopo), la differente finalita' perseguita pare postulare necessariamente un diverso trattamento sanzionatorio. Del resto l'ordinamento conosce plurime ipotesi di reato in cui, a fronte di una medesima condotta, la diversa finalita' comporta l'integrazione di un distinto reato. Cosi', ad esempio, l'art. 336, comma 1 del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni la condotta di chi «usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio». Il secondo comma dello stesso articolo, viceversa, prevede soltanto la pena della reclusione fino a tre anni (dunque una pena anche inferiore a quella prevista per la violenza privata dall'art. 610 del codice penale) «se il fatto e' commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa». 2.8 Si potrebbe obiettare che l'ordinamento penale prevede anche una norma generale (l'art. 61 n. 2 del codice penale) per la quale la commissione di un reato al fine di conseguire l'impunita' per altro reato e' equiparata alla commissione di un reato per realizzarne o occultarne un altro o per conseguire il prodotto, il profitto o il prezzo di un altro reato. Tale norma delinea pero' una circostanza aggravante e quindi si limita ad inasprire leggermente (fino ad un terzo) il trattamento sanzionatorio dei vari possibili reati, il cui trattamento di base resta quello loro proprio e non viene irragionevolmente unificato dal citato nesso teleologico. Nell'ambito dell'art. 628, comma 2 del codice penale, viceversa, l'equiparazione delle due finalita' conduce ad un'assimilazione tout court delle due ipotesi contemplate dalla citata disposizione. Viceversa l'auspicata dichiarazione d'illegittimita' porterebbe - rispetto a chi, immediatamente dopo la sottrazione, usi violenza o minaccia per procurarsi l'impunita' - a ravvisare due distinti reati, il secondo dei quali aggravato proprio dal nesso teleologico ex art. 61 n. 2 del codice penale. 2.8 L'eguale trattamento, nell'ambito di un unico reato, delle due diverse ipotesi contemplate dall'art. 628, comma 2 del codice penale pare ancor piu' irragionevole a seguito delle recenti e reiterate modifiche della cornice edittale, che hanno ridotto il range sanzionatorio con un sostanziale appiattimento verso l'alto della pena detentiva (se pur formalmente persiste un significativo margine tra il minimo e il massimo edittale, il minimo e' ormai particolarmente elevato). 2.9 Questo giudice e' consapevole del fatto che, a fronte di una dedotta irragionevole uguaglianza di trattamento di situazioni diverse, la soluzione qui proposta (ablazione parziale dell'art. 628, comma 2 del codice penale, con conseguente riespansione per tale parte delle figure criminose gia' confluite nel reato complesso) non sia «a rime obbligate». Tuttavia, la giurisprudenza costituzionale piu' recente - a fronte di norme ritenute manifestamente irragionevoli - ha ritenuto che non sia necessario «che esista, nel sistema, un'unica soluzione costituzionalmente vincolata in grado di sostituirsi a quella dichiarata illegittima [...], essendo sufficiente che il «sistema nel suo complesso offra alla Corte "precisi punti di riferimento" e soluzioni "gia' esistenti" (sentenza n. 236 del 2016)», ancorche' non "costituzionalmente obbligate", «che possano sostituirsi alla previsione sanzionatoria dichiarata illegittima»" (cosi', tra le altre, la sentenza n. 40 del 2019). Nel caso di specie, per l'appunto, una soluzione gia' interna all'ordinamento esiste ed e' quella della riespansione delle figure criminose gia' assorbite nel reato di rapina, fatta salva ovviamente la possibilita' per il Legislatore, ove lo ritenga opportuno, di intervenire per dettare una diversa disciplina. 2.10 Nell'esperienza concreta delle aule di giustizia, la fattispecie incriminatrice che qui si censura (art. 628, comma 2, seconda ipotesi del codice penale) risulta per lo piu' integrata da soggetti che, sorpresi nell'atto di sottrarre (o di tentare di sottrarre) un bene, restituiscono o abbandonano lo stesso (o ne vengono comunque privati) e compiono atti violenti o minatori per darsi alla fuga. Sono pero' ipotizzabili anche altri fatti idonei ad inverare la citata previsione incriminatrice; nell'ipotesi in cui il petitum sopra illustrato dovesse ritenersi troppo ampio, in via subordinata si chiede percio' alla Corte di dichiarare l'illegittimita' costituzionale - per i medesimi motivi gia' sopra illustrati - della norma di cui all'art. 628, comma 2 del codice penale nella parte in cui si applica anche all'ipotesi in cui il soggetto agente (immediatamente dopo la sottrazione), dopo il materiale recupero dei beni da parte della persona offesa, adopera violenza o minaccia al solo scopo di fuggire. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 3.1 Con riguardo alla richiesta in via principale non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata all'art. 3 della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale (la disposizione e' peraltro interpretata in modo costante dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale). 3.2 Quanto alla richiesta subordinata, sarebbe forse possibile un'interpretazione conforme, posto che il dato letterale («immediatamente dopo la sottrazione») potrebbe di per se' essere interpretato nel senso che il recupero materiale del bene da parte della persona offesa escluda il nesso di immediatezza temporale tra la sottrazione e i successivi atti di violenza o minaccia volti a procurare l'impunita' (con la conseguenza che l'ipotesi in cui il soggetto agente, dopo il materiale recupero dei beni da parte della persona offesa, adoperi violenza o minaccia allo scopo di fuggire gia' non sarebbe qualificabile come rapina impropria per difetto del requisito dell'immediatezza). Tuttavia, detta interpretazione conforme si scontra con la consolidata giurisprudenza di legittimita' gia' sopra esaminata, secondo cui l'intervenuto materiale recupero dei beni oggetto della sottrazione (compiuta o tentata) da parte della persona offesa non e' idoneo a interrompere l'unitarieta' della condotta e quindi ad escludere il requisito della immediatezza. Come rilevato piu' volte dalla Corte Costituzionale, "in presenza di un indirizzo giurisprudenziale consolidato, «il giudice a quo, se pure e' libero di non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi, ha, alternativamente, la facolta' di assumere l'interpretazione censurata in termini di "diritto vivente" e di richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilita' con i parametri costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2018, n. 259 del 2017 e n. 200 del 2016; ordinanza n. 201 del 2015). Cio', senza che gli si possa addebitare di non aver seguito altra interpretazione, piu' aderente ai parametri stessi, sussistendo tale onere solo in assenza di un contrario diritto vivente (tra le altre, sentenze n. 122 del 2017 e n. 11 del 2015)» (sentenza n. 141 del 2019)" (cosi, la sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 2020).