TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima sezione penale 
 
    Il Giudice, dott. Franco Attina'; 
    Nel procedimento sopra indicato a carico di D'A. G., nato  a  ...
il ..., detenuto per altra causa presso la Casa circondariale di  ...
(a decorrere dall'... in base al certificato del D.A.P. in atti); 
    Elettivamente domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.  Samuele
Zucchini del Foro di Firenze (elezione nell'istanza di ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato del 15 settembre 2020); 
    Difeso di fiducia dall'avv. Samuele Zucchini del Foro di  Firenze
(nomina nel verbale dei Carabinieri del 2 novembre 2019); 
    Imputato del seguente reato: 
        per il reato previsto e punito dagli articoli 2 e 76 comma 3,
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159,  perche'  contravveniva
al provvedimento di rimpatrio con foglio di via  obbligatorio  emesso
dal questore della Provincia di ... in data ...  e  notificatogli  in
data  ...  con  il  quale  gli  si   inibiva   di   rientrare   senza
autorizzazione e per anni nel Comune di ...; 
        accertato in ...  il  ...  con  l'aggravante  della  recidiva
infraquinquennale; 
    Premesso che: 
        con decreto del pubblico ministero del 20 novembre 2020  D'A.
G. era citato a giudizio per il reato di violazione del foglio di via
obbligatorio ex art. 76 comma 3 decreto legislativo n. 159/2011; 
        all'udienza dell'8 giugno 2021 il processo era  rinviato  con
riassegnazione a] presente magistrato; 
        all'udienza del 28 giugno 2021 era depositata  richiesta  del
difensore procuratore speciale di procedersi con il rito  abbreviato;
il giudice  provvedeva  in  conformita';  le  parti  illustravano  le
rispettive conclusioni e il  giudice  dava  lettura  del  dispositivo
(assoluzione perche' il fatto  non  sussiste),  indicando  in  giorni
novanta  il  termine  per  il  deposito  della  motivazione;  essendo
l'imputato ammesso al patrocinio a spese dello  Stato,  il  difensore
depositava l'istanza di  liquidazione  del  proprio  compenso,  sulla
quale il giudice si riservava; 
        e' stata depositata la motivazione della sentenza; 
        occorre provvedere ora in ordine all'istanza di  liquidazione
avanzata dal difensore; 
        essendo stato il prevenuto condannato in via  definitiva  per
reati ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, aggravati ai sensi dell'art. 80, lettere a) e  g),  decreto
del Presidente della Repubblica n.  309/1990,  reati  ricompresi  tra
quelli di cui all'art. 76, comma 4-bis, decreto del Presidente  della
Repubblica  n.  115/2002,  e  non  avendo  egli  fornito  la   «prova
contraria» di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 139 del
2010, ai sensi dell'art. 112, decreto del Presidente della Repubblica
n.  115/2002,  questo  giudice  dovrebbe  revocare   retroattivamente
l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e respingere l'istanza
di liquidazione; 
        per poter addivenire ad una corretta decisione in ordine alla
revoca o meno dell'ammissione al beneficio appare tuttavia necessario
il pronunciamento della Corte costituzionale: risulta infatti  dubbia
la legittimita' costituzionale della citata norma di cui all'art. 76,
comma 4-bis, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  115/2002,
nella parte in cui ricomprende -  tra  i  soggetti  per  i  quali  si
presume  un  reddito  superiore  ai  limiti  previsti  -  i  soggetti
condannati con sentenza definitiva per i reati di  cui  all'art.  73,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, ove ricorrano le
ipotesi aggravate di cui  all'art.  80,  lettera  a)  o  lettera  g),
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; 
    Cio' premesso; 
 
                               Osserva 
 
1. Rilevanza della questione. 
    1.1 Dal certificato penale dell'imputato emerge una  sentenza  di
condanna del medesimo per due reati ex art. 73, comma 5, decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, aggravati ai sensi dell'art.
80, lettere a) e g),  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 (sentenza del Tribunale  di  Firenze  del  18  aprile  2018,
irrevocabile il 3 settembre 2018). 
    E' stata acquisita detta sentenza, i cui capi d'imputazione  sono
i seguenti: 
        a) del delitto di cui agli articoli 73, comma 5 e 80, lettera
g), decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990  per  avere,
all'interno del cortile recintato pertinente all'Istituto  scolastico
...,  illecitamente  venduto  per  euro  ...  a   S.   A.,   sostanza
stupefacente  del  tipo  ...  del  peso  di  grammi  ...  e  sostanza
stupefacente del tipo ... del peso di grammi ... e per avere detenuto
a fine di spaccio un ovetto di plastica contenente  ...  di  sostanza
stupefacente del tipo ..., di sostanza stupefacente del tipo ...,  un
pezzo di sostanza stupefacente del tipo ... del  peso  di  ...  e  un
pezzo di sostanza stupefacente del tipo ... del peso di ... 
        In ... il ...; 
        b) del delitto di cui agli articoli 81 cpv, 73, comma 5 e 80,
lettere a) e g), decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/90,
per avere, con piu' atti esecutivi del  medesimo  disegno  criminoso,
illecitamente venduto in piu' occasioni  e  al  prezzo  di  euro  ...
all'interno del cortile recintato pertinente all'Istituto  scolastico
... ai minori S. A.  e  M.  S.  D.,  modeste  quantita'  di  sostanza
stupefacente del tipo ... e ... 
        In ... dal ... 
    Il prevenuto con la sentenza del 18 aprile 2018 (irrevocabile  il
3 settembre 2018), e' stato condannato per i fatti ascritti,  con  la
sola esclusione - quanto al capo b) - della circostanza aggravante ex
art. 80, lettera a),  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 per uno dei due cessionari (con la  ritenuta  aggravante  ex
art. 80, lettera a),  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, per l'altro cessionario e con  la  ritenuta  aggravante  ex
art. 80, lettera g),  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 per entrambi i cessionari). 
    1.2 Ai sensi dell'art. 76, comma 4-bis,  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115/2002 «Per  i  soggetti  gia'  condannati  con
sentenza definitiva per i reati di  cui  agli  articoli  416-bis  del
codice penale, 291-quater del testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente
alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80,  e  74,  comma  1,  del
testo unico di cui al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  9
ottobre 1990, n. 309, nonche' per i reati commessi avvalendosi  delle
condizioni previste dal predetto art.  416-bis,  ovvero  al  fine  di
agevolare  l'attivita'  delle  associazioni  previste  dallo   stesso
articolo, e per i reati commessi in violazione  delle  norme  per  la
repressione dell'evasione in materia di imposte  sui  redditi  e  sul
valore aggiunto, ai soli fini del presente  decreto,  il  reddito  si
ritiene superiore ai limiti previsti». 
    1.3 La Corte costituzionale con  sentenza  n.  139  del  2010  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 76, comma 4-bis,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 «nella  parte
in cui, stabilendo che per i soggetti gia'  condannati  con  sentenza
definitiva per i reati indicati nella  stessa  norma  il  reddito  si
ritiene superiore ai limiti previsti per l'ammissione al patrocino  a
spese dello Stato, non ammette la prova contraria». 
    In   particolare,   la    Corte    affermava:    «L'introduzione,
costituzionalmente obbligata,  della  prova  contraria,  non  elimina
dall'ordinamento  la  presunzione  prevista  dal   legislatore,   che
continua dunque ad implicare una inversione dell'onere di documentare
la ricorrenza dei presupposti reddituali per l'accesso al patrocinio.
Spettera' al richiedente dimostrare, con allegazioni adeguate, il suo
stato  di  "non  abbienza",  e  spettera'   al   giudice   verificare
l'attendibilita' di tali allegazioni, avvalendosi di ogni  necessario
strumento  di  indagine.  Certamente  non  potra'   essere   ritenuta
sufficiente  una   semplice   auto-certificazione   dell'interessato,
peraltro richiesta a tutti coloro che formulano istanza di accesso al
beneficio,  poiche'  essa  non  potra'  essere   considerata   "prova
contraria", idonea a superare la presunzione stabilita  dalla  legge.
Sara' necessario,  viceversa,  che  vengano  indicati  e  documentati
concreti elementi di fatto, dai quali possa desumersi in modo  chiaro
e   univoco    l'effettiva    situazione    economico    patrimoniale
dell'imputato», 
    1.4 Nel caso di specie nell'istanza di ammissione al patrocinio a
spese dello Stato del 15 settembre 2020 il prevenuto si  e'  limitato
ad affermare  che  «sussistono  le  condizioni  di  reddito  previste
dall'art. 76, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, in
materia di spese di giustizia per l'ammissione al patrocinio a  spese
dello  Stato  non  avendo  il  sottoscritto  e  la  propria  famiglia
anagrafica  percepito  alcun  reddito  ai  fini  dell'ammissione   al
beneficio nell'ultimo biennio». 
    Il  predetto  dichiarava  di  non  avere   familiari   conviventi
produttori di reddito, di non avere percepito negli anni  2018  alcun
reddito che dovesse essere considerato  ai  fini  dell'ammissione  al
patrocinio, di non essere  proprietario  di  alcun  bene  immobile  o
mobile registrato e «di non avere riportato condanne irrevocabili per
alcuno dei reati previsti dall'art.  76,  comma  4-bis,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115/2002. 
    Lungi dal fornire la prova contraria che sarebbe stata necessaria
a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 139 del  2010,
l'imputato  ha  presentato  la  consueta  auto-certificazione  e   ha
viceversa negato (consapevolmente o meno) il fattore ostativo stesso,
dichiarando di non avere riportato condanne irrevocabili per i  reati
di cui  all'art.  76,  comma  4-bis,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002. 
    1.5 Del pari, nel provvedimento  di  ammissione  del  15  ottobre
2020, il Giudice per le  indagini  preliminari  non  ha  rilevato  il
fattore ostativo: dopo avere dato atto della sussistenza nell'istanza
dei requisiti formali, si e' limitato a considerare che «risulta  dal
certificato del casellario in atti che  l'istante  non  ha  riportato
condanne per reati ostativi all'ammissione». 
    Considerato - sulla base delle mere  allegazioni  dell'istante  -
che lo stesso versasse nelle  condizioni  reddituali  previste  dalla
legge, il Giudice per le indagini preliminari lo ha  poi  ammesso  al
patrocinio a spese dello Stato. 
    1.6 Una volta preso atto della citata sentenza del 18 aprile 2018
(irrevocabile il 3 settembre 2018) relativa ad  un  reato  ricompreso
nell'elenco di cui all'art. 76, comma 4-bis, decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115/2002 (nel caso di specie  ricorrono  ben  due
circostanze aggravanti ex  art.  80,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990), in assenza  di  ogni  prova  contraria  alla
presunzione  iuris  tantum  prevista   dall'ordinamento,   ai   sensi
dell'art. 112, decreto del Presidente della Repubblica  n.  115/2002,
questo giudice dovrebbe revocare l'ammissione al patrocinio  a  spese
dello Stato (a prescindere dalla consapevolezza o meno della falsita'
e quindi dalla sussistenza o meno del reato ex art. 95,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115/2002 e dalle eventuali  iniziative
in proposito). 
    Il citato art. 112, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
115/2002,  al  primo  comma,  lettera  d),  prevede  infatti  che  il
magistrato con decreto motivato revoca l'ammissione «d'ufficio  o  su
richiesta dell'ufficio  finanziario  competente  presentata  in  ogni
momento e, comunque, non oltre  cinque  anni  dalla  definizione  del
processo, se risulta provata la mancanza, originaria o  sopravvenuta,
delle condizioni di reddito di cui agli articoli 76 e 92». 
    Nel caso di specie si tratterebbe per l'appunto di  una  mancanza
originaria delle condizioni reddituali in relazione alla  presunzione
dettata dall'art. 76,  comma  4-bis,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002, non superata da una prova contraria da  parte
dell'interessato. 
    1.7 In ragione della norma che qui si censura, ai sensi dell'art.
112, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, si dovrebbe
dunque revocare  l'ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato
dell'imputato. Detta revoca alla  stregua  dell'art.  114,  comma  2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 avrebbe efficacia
retroattiva; in particolare, trattandosi di una  mancanza  originaria
delle condizioni reddituali (in base alla presunzione  di  legge  non
superata da una prova contraria) gli effetti dovrebbero retroagire al
momento stesso dell'ammissione al beneficio (con conseguente  rigetto
tra l'altro dell'istanza di liquidazione avanzata dal difensore):  si
vedano in proposito Cassazione sez. 4, sentenza n. 39522 del  2016  e
Cassazione sez. 3, sentenza n. 28245  del  2016  (la  fattispecie  in
esame e' invece diversa da quella esaminata  da  Cassazione  sez.  U.
sentenza n. 14723 del 19 dicembre 2019, Rv. 278871 - 01). 
    1.8  Si  dubita  tuttavia   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 76, comma 4-bis, decreto del Presidente della Repubblica n.
115/2002 nella parte in cui ricomprende - tra i soggetti per i  quali
si presume un reddito superiore  ai  limiti  previsti  -  i  soggetti
condannati con sentenza definitiva per i reati di  cui  all'art.  73,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, ove ricorrano le
ipotesi aggravate di cui  all'art.  80,  lettera  a)  o  lettera  g),
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    1.9 Se detta questione di  legittimita'  fosse  accolta,  venendo
meno la presunzione di' un reddito in capo  al  D'A.  superiore  alle
soglie di legge, l'ammissione al patrocinio a spese dello  Stato  non
dovrebbe essere revocata e si potrebbe  procedere  alla  liquidazione
del compenso al  difensore.  La  questione  in  oggetto  pare  dunque
rilevante  sia  ai  fini  della  revoca  o  meno  dell'ammissione  al
beneficio (profilo dotato di rilevanza autonoma, in  particolare  per
gli eventuali gradi futuri del giudizio), sia e in via consequenziale
ai  fini  della  liquidazione  o  meno  del  compenso  richiesto  dal
difensore. 
2. Non manifesta infondatezza. 
    2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 76, comma 4-bis, decreto del Presidente della Repubblica
n. 115/2002, nella parte in cui ricomprende - tra i  soggetti  per  i
quali  si  presume  un  reddito  superiore  ai  limiti  previsti  per
l'ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato  -  i   soggetti
condannati con sentenza definitiva per i reati di  cui  all'art.  73,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, ove ricorrano le
ipotesi aggravate di cui  all'art.  80,  lettera  a)  o  lettera  g),
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    2.2 La Corte costituzionale con la sentenza n. 139  del  2010  ha
gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  76,  comma
4-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 «nella
parte in cui, stabilendo che  per  i  soggetti  gia'  condannati  con
sentenza definitiva per  i  reati  indicati  nella  stessa  norma  il
reddito si ritiene superiore ai limiti previsti per  l'ammissione  al
patrocino a spese dello Stato, non ammette la prova contraria». 
    A seguito di detta sentenza, dunque,  la  presunzione  introdotta
con il decreto-legge n. 92/2008, convertito con  modificazioni  dalla
legge n. 125/2008,  non  e'  piu'  assoluta,  ma  soltanto  relativa,
ammettendo una prova contraria da parte dell'interessato. 
    E' gia' dunque venuto  meno  quell'automatismo  insuperabile  che
maggiormente strideva con i principi costituzionali. 
    2.3 Si ritiene tuttavia che la presunzione, anche solo  relativa,
dettata dall'art. 76,  comma  4-bis,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n.  115/2002,  per  i  soggetti  condannati  con  sentenza
definitiva per i reati di cui all'art.  73,  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990, aggravati ex art. 80,  lettera  a)  e/o
lettera g), decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,
violi i principi di cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione. 
    2.4  Come  rilevato  dalla  Corte  costituzionale  nella   citata
sentenza n. 139/2010, la norma  di  cui  all'art.  76,  comma  4-bis,
decreto del Presidente della Repubblica  n.  115/2002  riguarda  «non
senza  qualche  eccezione»  «reati  collegati  alle  associazioni   a
delinquere  di  stampo  mafioso,  alle  associazioni  finalizzate  al
narcotraffico ed al contrabbando di tabacchi lavorati esteri».  E  la
ratio della norma e' stata ravvisata  dalla  Corte  nell'intento  «di
evitare che soggetti in possesso di ingenti ricchezze, acquisite  con
le attivita'  delittuose  appena  indicate,  possano  paradossalmente
fruire del beneficio dell'accesso al patrocinio a spese dello  Stato,
riservato, per dettato costituzionale (art. 24, terzo comma), ai "non
abbienti". Tale  eventualita'  e'  resa  piu'  concreta  dall'estrema
difficolta' di accertare in modo  oggettivo  il  reddito  proveniente
dalle attivita' delittuose della criminalita'  organizzata,  a  causa
delle  maggiori  possibilita',  per  i   partecipi   delle   relative
associazioni, di avvalersi di coperture soggettive e di strumenti  di
occultamento delle somme di denaro e dei beni accumulati.». 
    2.5 La stessa Corte costituzionale ha  peraltro  sottolineato  la
presenza di «qualche eccezione»; 
    «l'elenco di cui al comma 4-bis  dell'art.  76  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,  comprende  anche  reati
non necessariamente riferibili, nella prospettiva del singolo autore,
ad un contesto di criminalita' organizzata. E' il caso,  ad  esempio,
di alcune  ipotesi  aggravate  di  illecita  detenzione  di  sostanze
stupefacenti, che sono appunto comprese tra le  fattispecie  ostative
ma non sono per se stesse significative di una stabile  dedizione  ad
attivita' criminali particolarmente lucrose». 
    E' il caso per l'appunto qui in esame delle ipotesi di  reato  ex
art.  73,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.   309/1990
aggravate ai sensi dell'art. 80, lettera a) e lettera g), decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    2.6 Con riferimento a  tali  ultime  ipotesi  pare  irragionevole
presumere, sia pur solo iuris tantum, la sussistenza  -  in  capo  al
soggetto che se ne sia in passato reso responsabile - di  un  reddito
superiore alle soglie di legge per l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato. Se infatti «non puo' ritenersi irragionevole che,  sulla
base  della   comune   esperienza,   il   legislatore   presuma   che
l'appartenente ad una organizzazione criminale, come quelle  indicate
nella norma censurata, abbia tratto dalla  sua  attivita'  delittuosa
profitti sufficienti ad escluderlo in permanenza  dal  beneficio  del
patrocinio a spese dello Stato», una simile presunzione  pare  invece
del tutto irragionevole con riguardo  a  chi  abbia  ceduto  sostanze
stupefacenti, per il solo fatto che dette cessioni siano avvenute nei
confronti di persone di eta' minore e/o all'interno o in  prossimita'
di scuole, ospedali, caserme, ecc. 
    2.7 Le citate circostanze aggravanti determinano  senz'altro  una
maggiore gravita'  e  riprovevolezza  del  fatto  di  reato,  ma  non
incidono minimamente sulla redditivita' dello stesso  o  comunque  su
altri profili che possano determinare in capo al relativo  autore  un
accumulo di profitti tale da escluderlo in  permanenza  dal  gratuito
patrocinio. 
    Nessuna massima di comune esperienza porta a ritenere  che  colui
che ceda sostanze stupefacenti a soggetti  minorenni  (o  anche  solo
detenga sostanze stupefacenti destinate a soggetti minorenni)  maturi
per cio' solo un maggior reddito  o  riesca  ad  accumulare  maggiori
ricchezze, in modo permanente nel  tempo,  rispetto  a  chi  effettui
analoghe cessioni nei confronti di soggetti maggiori di eta'. 
    Anzi, se proprio si vuole ricercare un'incidenza della  tipologia
di cessionario rispetto alla redditivita'  del  reato  in  questione,
appare logico ritenere il contrario: essendo in linea  di  massima  i
soggetti minorenni non  produttori  di  reddito,  tendenzialmente  le
cessioni nei confronti  degli  stessi  presenteranno  un  margine  di
guadagno inferiore  rispetto  ad  analoghe  cessioni  effettuate  nei
confronti di soggetti potenzialmente piu' abbienti. 
    Ne' colui che abbia in passato venduto  sostanze  stupefacenti  a
soggetti minorenni puo' normalmente (tanto meno per il solo fatto  di
avere effettuato le cessioni nei  confronti  di  soggetti  minorenni)
«avvalersi di coperture soggettive e  di  strumenti  di  occultamento
delle somme di denaro e dei beni accumulati». 
    Ne' piu' in generale la citata circostanza aggravante postula  in
capo all'autore del reato particolari legami criminali. 
    Analogo  discorso  vale  rispetto  alla  circostanza   di   avere
effettuato le cessioni di stupefacente nei pressi di una scuola o  di
altro luogo tra quelli indicati nell'art. 80, lettera g), decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    2.8 Certamente, colui che sia stato condannato in via  definitiva
per reati ex art. 73, decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, aggravato ai sensi dell'art. 80, lettera a) e/o lettera g),
decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990,  essendo  solo
relativa la presunzione censurata, puo' gia' ora  fornire  la  «prova
contraria» e cosi' essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. 
    Si  tratta  comunque  di  un  regime  speciale  che  rende   piu'
difficoltoso - per chi sia stato condannato  per  i  citati  reati  -
accedere al beneficio garantito dall'art. 24, comma 3 Cost.  rispetto
a chi sia incensurato o a chi sia stato condannato in via  definitiva
per reati diversi. 
    La previsione di un tale  regime  speciale,  piu'  gravoso,  pare
violare l'art. 3 della Costituzione nella misura in cui comporta  una
diversita' di trattamento per situazioni uguali e un pari trattamento
per situazioni invece profondamente diverse. 
    2.9 Innanzi tutto, come si e' gia' accennato,  non  si  ravvisano
ragioni che giustifichino il diverso trattamento riservato a chi  sia
stato condannato per un reato ex  art.  73,  decreto  del  Presidente
della Repubblica  n.  309/1990,  aggravato  ai  sensi  dell'art.  80,
lettera a) e/o lettera g), decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, rispetto a chi sia stato condannato ad esempio per un reato
ex art. 73, decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990  non
aggravato. 
    Come si e' gia' rilevato, le circostanze aggravanti in  questione
posto che non attengono al profilo economico o patrimoniale del reato
non dovrebbero avere alcuna  rilevanza  ai  fini  dell'ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato, neppure  in  termini  di  presunzione
relativa. 
    Si consideri peraltro che la circostanza aggravante ex  art.  73,
comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 («Se  il
fatto e' commesso da tre o piu' persone in concorso tra loro, la pena
e' aumentata»), a differenza  di  quelle  ex  art.  80,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, non  rileva  ai  fini  della
presunzione di cui all'art. 76, comma 4-bis, decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 115/2002. 
    Ebbene, detta circostanza aggravante ex art. 73, comma 6, decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990, basata sul  concorso  di
un numero minimo di persone, postula  una  situazione  di  fatto  per
certi versi assimilabile a quelle di  crimine  organizzato  avute  di
mira principalmente dal Legislatore con la novella del 2008, o quanto
meno  una  situazione  di  fatto  piu'  prossima  a   tali   contesti
associativi di  quanto  non  sia  quella  che  fonda  le  circostanze
aggravanti  ex  art.  80,  lettera  a)  e  lettera  g),  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    Analogamente,  mentre  chi  sia  stato  condannato  quale  (mero)
partecipe di un'associazione dedita al narcotraffico non incontra  un
maggior onere probatorio per accedere al  patrocinio  a  spese  dello
Stato, per quanto inserito stabilmente in un  contesto  organizzativo
dedito alla commissione di reati redditizi, un simile regime speciale
e' dettato per chi abbia effettuato -  anche  eventualmente  in  modo
isolato e occasionale - singole cessioni a soggetti  minorenni  o  in
prossimita' di scuole, ospedali, ecc. 
    2.10 In secondo luogo, le ipotesi di  reato  aggravate  ai  sensi
dell'art. 80, lettera a) e/o lettera g), decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 (come, a dire il vero, anche ulteriori ipotesi
di cui ad altre  lettere  dello  stesso  articolo)  non  hanno  alcun
elemento in comune (se non la maggior gravita' del  delitto)  con  le
fattispecie di crimine organizzato contemplate  dall'art.  76,  comma
4-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002. 
    Se la presunzione dettata dalla  norma  qui  censurata  ha  senso
rispetto, ad esempio, alla circostanza aggravante ex art.  80,  comma
2, decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  (posto  che
quantita' ingenti di sostanza stupefacente possono comportare ingenti
profitti), nessun fondamento pare ravvisabile nella  logica  o  nella
comune  esperienza  rispetto  alle  circostanze  aggravanti  di   cui
all'art. 80, lettera a) e lettera g), decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990. 
    2.11 In realta', allora, l'inserimento delle  ipotesi  delittuose
aggravate ai sensi dell'art. 80, lettera a), e/o lettera g),  decreto
del Presidente della  Repubblica  n.  309/1990,  nell'elenco  di  cui
all'art. 76, comma 4-bis, decreto del Presidente della Repubblica  n.
115/2002, pare legato alla particolare  gravita'  delle  stesse,  che
risultano particolarmente odiose per il  comune  sentire  sociale  in
ragione della  minore  eta'  dei  cessionari  o  delle  tipologia  di
soggetti che frequentano gli specifici luoghi indicati nell'art.  80,
lettera g), decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    La particolare gravita' o odiosita' di un reato  non  puo'  pero'
comportare il piu' difficile accesso per il futuro  al  patrocinio  a
spese dello Stato di colui che se ne sia reso responsabile,  comunque
garantito ai non abbienti dall'art. 24, comma 3 Cost. Si  tratterebbe
di una compressione del diritto di difesa ex art. 24, comma  2  Cost.
rispetto ai successivi processi, che non  troverebbe  giustificazione
in  alcuna  ulteriore  legittima  esigenza  e  che  non  puo'  essere
legittimamente configurata quale sanzione (impropria)  per  il  reato
precedentemente commesso. 
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme. 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata agli articoli 3  e  24  della  Costituzione,  chiaro  e
univoco essendo il dato letterale.