Ricorso ex art. 127 Costituzione per il Presidente del  Consiglio
dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  ex  lege,   dall'Avvocatura
generale dello Stato, (C.F. 80224030587), per  il  ricevimento  degli
atti Fax 06-96514000 e Pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso
i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 domicilia; 
    Nei confronti della Regione Abruzzo, in  persona  del  presidente
pro tempore per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
della legge regionale 11  gennaio  2022,  n.  1,  art.  16  (modifica
all'art.  4  della  legge  regionale  n.  8/2021),   pubblicata   nel
Bollettino Ufficiale della regione n. 3 del 14 gennaio  2022,  giusta
delibera consiliare del 10 marzo 2022. 
    L'art. 16 della  epigrafata  legge  regionale  sotto  la  rubrica
«modifica  all'art.  4  della  legge  regionale  n.  8/2021»  prevede
espressamente  che  all'art.  4,  comma  2,  di  tale  ultima   legge
(esternalizzazione del servizio di gestione degli  archivi  dei  geni
civili regionali e ulteriori disposizioni) le parole 31 dicembre 2021
siano sostituite con le parole 30 giugno 2022. 
    Peraltro,  detto  art.  16  rispetto  alla  prevista  proroga  e'
incostituzionale per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
I) Violazione articoli n. 41, 97 e 117, I e III comma, Costituzione 
    Va premesso che l'anzidetto art. 4 della legge regionale n. 8 del
2021 e' gia' stato oggetto di impugnativa governativa deliberata  dal
Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021: la disposizione  regionale
impugnata, su cui si innesta la neo introdotta proroga temporale, nel
dettare  «Disposizioni  urgenti  per  individuazione  aree   inidonee
all'installazione di impianti da fonti rinnovabili» ha  previsto  che
«Nelle more dell'individuazione in via amministrativa  delle  aree  e
dei siti inidonei all'installazione di specifici  impianti  da  fonti
rinnovabili cosi' come previsto dal decreto ministeriale 10 settembre
2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti  alimentati  da
fonti  rinnovabili)  sono  sospese  le   installazioni   non   ancora
autorizzate  di  impianti  di  produzione  energia  eolica  di   ogni
tipologia, le grandi  installazioni  di  fotovoltaico  posizionato  a
terra e di impianti per il trattamento dei  rifiuti,  inclusi  quelli
soggetti ad edilizia libera nelle  zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni agro alimentari di qualita' ... e/o di particolare  pregio
rispetto  al  contesto  paesaggistico-culturale,  al  fine   di   non
compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle
tradizioni  agroalimentari  locali  e  dei  paesaggio   rurale».   Il
successivo  comma  2,  anch'esso  impugnato  dal  Governo,   fissava,
altresi', al 31 dicembre 2021 il termine entro  il  quale  la  giunta
regionale avrebbe dovuto proporre al Consiglio regionale lo strumento
di pianificazione di cui al comma 1. Il successivo comma  3,  infine,
ha stabilito che le sospensioni disposte cessassero qualora la giunta
non adempisse a quanto stabilito al comma 2. 
    Cio' premesso, la norma di cui all'art. 16 della legge  regionale
n.  1/2022  stabilisce  un'ulteriore  sospensione  dei   procedimenti
autorizzativi per la costruzione ed esercizio di impianti  alimentati
da fonti rinnovabili ivi indicati sino all'adozione  dello  strumento
di  pianificazione  teso  alla  individuazione  delle  aree  inidonee
all'installazione  degli  impianti  medesimi,  portando  l'originario
termine del 31 dicembre 2021, al 30 giugno 2022. 
    La   previsione   regionale   dunque,   presenta   le    medesime
illegittimita'  gia'  eccepite  riguardo  all'art.  4   della   legge
regionale n. 8 del 2021, su cui pende  il  giudizio  di  fronte  alla
Corte costituzionale, instaurato dal Presidente del Consiglio con  il
ricorso che qui integralmente si riporta: 
    «La  legge  regionale  epigrafata,  che   reca   norme   per   la
esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei geni civili
regionali, nonche' ulteriori disposizioni, e' censurabile  in  quanto
la disposizione contenuta  nell'art.  4  risulta,  per  i  motivi  di
seguito specificati, in contrasto con gli  articoli  41,  97  e  117,
commi primo e terzo, della Costituzione. 
    Detta norma regionale e' costituzionalmente illegittima in quanto
contrastante con la potesta' legislativa concorrente  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», i cui
principi fondamentali, per costante giurisprudenza di codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale, non tollerano eccezioni sull'intero  territorio
nazionale (da ultimo, Corte costituzionale sentenza n. 126/2020), nel
cui  ambito  i  principi  fondamentali  sono  dettati   dal   decreto
legislativo 28 dicembre  2003,  n.  387,  recante  «Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'», che, e' notorio,  costituisce  parametro  statale
interposto. 
    In particolare, si rileva quanto segue. 
    L'art.  4  della  legge  regionale  de  qua,  sotto  la   rubrica
«Disposizioni    urgenti    per    individuazione    aree    inidonee
all'installazione di impianti  da  fonti  rinnovabili»,  dispone  che
«Nelle more dell'individuazione in via amministrativa  delle  aree  e
dei siti inidonei all'installazione di specifici  impianti  da  fonti
rinnovabili,  cosi'  come  previsto  dal  decreto   ministeriale   10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili), sono sospese le  installazioni  non
ancora autorizzate di impianti di produzione  di  energia  eolica  di
ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a
terra e di impianti per il trattamento dei  rifiuti,  inclusi  quelli
soggetti ad edilizia libera, nelle zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agroalimentari  di   qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere  o  interferire
negativamente con la valorizzazione delle  tradizioni  agroalimentari
locali e del paesaggio rurale» (comma 1). 
    Il comma 2, del citato art. 4, fissa, altresi',  al  31  dicembre
2021 il termine entro il  quale  la  giunta  regionale  e'  tenuta  a
proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione di cui
al  comma  1.  Il  successivo  comma  3,  prevede,  infine,  che   le
sospensioni disposte ai sensi del comma 1 cessino qualora  la  giunta
non adempia a quanto stabilito al comma 2. 
    Attraverso l'anzidetta disposizione, il legislatore regionale  ha
stabilito una  sospensione  dei  procedimenti  autorizzativi  per  la
costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti  rinnovabili
ivi indicati (c.d. «moratoria») sino all'adozione dello strumento  di
pianificazione  teso  alla   individuazione   delle   aree   inidonee
all'installazione degli impianti  medesimi  e  comunque  sino  al  31
dicembre 2021. 
    A tal riguardo, occorre in limine evidenziare che la disposizione
in  esame,  nel  disciplinare  le  procedure  autorizzative  per   la
costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili,
e'  da  ritenersi,  in  quanto  tale,  riconducibile   alla   materia
(attribuita alla potesta' legislativa concorrente ex art. 117,  comma
3, Costituzione) «produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia», nel cui ambito i principi  fondamentali  sono  dettati
dal decreto legislativo n. 387 del 2003  (recante  «Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'») e, in specie,  nell'ambito  previsionale  di  cui
all'art. 12,  norma  interposta  alla  stregua  dell'insegnamento  di
codesta Ecc.ma Corte  costituzionale  (decisioni  numeri  166/2014  e
298/2013). 
    Detta norma al comma 4, nel prevedere che  l'autorizzazione  alla
costruzione ed esercizio degli  impianti  di  produzione  di  energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili e'  rilasciata  nell'ambito
di un procedimento unico cui  partecipano  tutte  le  amministrazioni
interessate, svolto nel rispetto  dei  principi  di  semplificazione,
dispone che «( ... )  il  termine  massimo  per  la  conclusione  del
procedimento unico non puo' essere superiore  a  novanta  giorni,  al
netto dei tempi previsti  dall'art.  26  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento
di valutazione di impatto ambientale». 
    Cio' premesso, giova rilevare che l'indicazione  del  termine  di
conclusione del procedimento autorizzativo, di cui al citato art. 12,
comma 4,  assurge,  secondo  il  costante  orientamento  della  Corte
costituzionale, a principio fondamentale della materia,  dettato  dal
legislatore statale a salvaguardia delle esigenze di semplificazione,
celerita' nonche' di omogeneita' sull'intero territorio nazionale  ed
e' pertanto inderogabile da parte delle regioni (Corte costituzionale
sentenza n. 189 del 2014). 
    Nel  regolare,  difatti,  l'installazione   di   detti   impianti
attraverso un  procedimento  che  si  conclude  con  il  rilascio  di
un'autorizzazione unica (commi 3 e 4),  la  citata  norma  interposta
«reca  un  principio  fondamentale  vincolante  per  il   legislatore
regionale (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 124 del 2010
e  n.  282  del  2009),  essendo,  inoltre,  «ispirata  a  canoni  di
semplificazione» ed, in  quanto  tale  «finalizzata  a  rendere  piu'
rapida  la  costruzione  degli  impianti  di  produzione  di  energia
alternativa» (Corte costituzionale sentenza n. 344 del 2010). 
    La medesima natura di «principi fondamentali» e' stata,  inoltre,
riconosciuta anche alle Linee guida previste dall'art. 12, comma  10,
del decreto legislativo n.  387  del  2003  emanate  con  il  decreto
ministeriale 10 settembre 2010, per lo svolgimento  del  procedimento
autorizzativo  unico,  in  quanto  esse   costituiscono   «necessaria
integrazione delle previsioni contenute nell'art.  12»  del  medesimo
decreto legislativo (Corte costituzionale sentenza n. 275 del 2012) e
la loro adozione «e' informata al principio di  leale  collaborazione
tra Stato e Regioni» (Corte costituzionale sentenza n. 308 del 2011). 
    Ebbene, l'art. 4 della legge regionale impugnata,  nell'implicare
la sospensione del rilascio delle  autorizzazioni  degli  impianti  a
fonti rinnovabili nel territorio regionale, si traduce in un  effetto
di  procrastinazione  che  contravviene  al  principio   fondamentale
espresso dall'art. 12, comma 4, del decreto legislativo  n.  387  del
2003, con conseguente illegittimita' per violazione dei limiti  della
competenza della regione  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia», ex art. 117, comma 3, Cost. 
    A tal riguardo giova richiamare la sentenza n. 364 del 2006 -  la
prima intervenuta sul tema  -  afferente  alla  legge  della  Regione
Puglia 11 agosto 2005, n. 9, con la quale il giudice delle  leggi  ha
affermato, per i profili che qui rilevano: 
        «E' illegittimo l'art. 1, comma 1, della legge  regionale  11
agosto 2005, n. 9, Puglia (Moratoria per le procedure di  valutazione
d'impatto ambientale e per le procedure autorizzative in  materia  di
impianti  di  energia  eolica).  La  suddetta  legge  regionale   nel
disciplinare le procedure autorizzative in  materia  di  impianti  di
energia  eolica,  incide  sulla  materia  «produzione,  trasporto   e
distribuzione nazionale  dell'energia»  rientrante  nella  competenza
legislativa concorrente delle regioni, ai sensi dell'art. 117,  comma
3, Costituzione. 
        I  principi  fondamentali  in  materia  si   ricavano   dalla
legislazione statale  e,  attualmente,  dal  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili   nel   mercato   interno   dell'elettricita').    (...).
L'indicazione del termine, contenuto  nell'art.  12,  comma  4,  deve
qualificarsi quale principio fondamentale in materia di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»,  in  quanto  tale
disposizione  risulta  ispirata  alle  regole  della  semplificazione
amministrativa  e  della  celerita'  garantendo,  in  modo   uniforme
sull'intero territorio nazionale, la  conclusione  entro  un  termine
definito del procedimento autorizzativo». 
    Occorre  aggiungere  che  il  richiamato  principio  fondamentale
sancito dall'art. 12, comma 4, del decreto  legislativo  n.  387  del
2003, attuativo dell'art. 13 della direttiva n.  2009/28/CE,  secondo
cui «[g]li Stati membri assicurano che le norme nazionali in  materia
di procedure di autorizzazione [...] applicabili agli impianti  [...]
per  la  produzione  di  elettricita'  [...]  a  partire   da   fonti
energetiche rinnovabili ... siano  proporzionate  e  necessarie.  Gli
Stati membri  prendono  in  particolare  le  misure  appropriate  per
assicurare  che:  [...]  c)   le   procedure   amministrative   siano
semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato  [...]»,
risulta ora ripreso  dall'art.  15  della  direttiva  2018/2001/UE  a
tenore del quale gli Stati membri  sono  tenuti  ad  adottare  misure
appropriate  per  assicurare  che   siano   previste   procedure   di
autorizzazione semplificate e meno gravose per  la  produzione  e  lo
stoccaggio di energia da fonti rinnovabili, con la conseguenza che la
disposizione regionale qui  censurata  risulta  collidere  anche  con
detta disposizione sovranazionale e, suo  tramite,  con  l'art.  117,
primo comma, Costituzione che impone alle regioni  di  esercitare  la
potesta' legislativa anche nel rispetto dei vincoli comunitari. 
    Si sottolinea, infine, l'ulteriore contrasto  della  disposizione
regionale in esame, con gli articoli  97  e  41  della  Costituzione,
nella misura in cui la sospensione del potere autorizzativo  relativo
a un'attivita' non solo consentita, ma anche promossa  e  incentivata
dall'ordinamento  nazionale  ed  europeo,  costituirebbe   un   grave
ostacolo  all'iniziativa  economica  nel   campo   della   produzione
energetica da fonti rinnovabili. 
    In tale contesto, si richiama la sentenza del 26 luglio 2018,  n.
177, con  cui  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' dell'art. 15, comma 3, della legge Regione  Campania
n. 6/2016. 
    Nell'ambito della citata pronuncia  la  Corte,  nel  rilevare  il
contrasto  della  norma  impugnata  con  l'art.  117,  primo   comma,
Costituzione - anche per il sostanziale contrasto con la prescrizione
dell'art. 13 della direttiva 2009/28/CE - rileva, altresi',  che  «la
normativa comunitaria promuove [...] il maggiore ricorso  all'energia
da fonti rinnovabili, espressamente collegandolo alla  necessita'  di
ridurre le emissioni di gas ad  effetto  serra,  e  dunque  anche  al
rispetto del protocollo  di  Kyoto  della  convenzione  quadro  delle
Nazioni Unite  sui  cambiamenti  climatici,  in  una  prospettiva  di
modifica radicale della politica energetica  dell'Unione.  [...].  In
una diversa, non meno importante, direzione, la normativa comunitaria
ha  richiesto  agli  Stati  membri  di  semplificare  i  procedimenti
autorizzatori» (sentenza n. 275 del 2012). 
    Il  percorso   di   regolamentazione   settoriale   a   carattere
eurounitario avviato dalla menzionata direttiva  2001/77/CE,  cui  e'
stata data attuazione con il decreto legislativo n. 387 del 2003,  si
e' poi ulteriormente sviluppato ed ampliato attraverso  la  direttiva
2009/28/CE, sostitutiva della precedente, che ha ricevuto  attuazione
con il decreto legislativo 3 marzo  2011,  n.  28  (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    L'anzidetta normativa europea, come strutturata, da un lato esige
che la procedura amministrativa si ispiri a canoni di semplificazione
e rapidita' - esigenza cui risponde il procedimento di autorizzazione
unica - e, dall'altro, richiede che in  tale  contesto  confluiscano,
per essere ponderati,  gli  interessi  correlati  alla  tipologia  di
impianto, quale, nel caso di impianti  energetici  da  fonte  eolica,
quello, potenzialmente  confliggente,  della  tutela  del  territorio
nella dimensione paesaggistica. 
    La  sospensione  disposta  in  via  generale  dalla  disposizione
censurata collide con le norme di principio della legge nazionale  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia» e con le ricordate norme europee che, per i termini  in
cui  sono  formulate,   mostrano   chiaramente   di   non   tollerare
condizionamenti anche se  giustificati  da  un'asserita  esigenza  di
tutela dell'ambiente. 
    La  moratoria  prevista  s'inserisce,  dunque,  in  una   cornice
normativa interna e sovranazionale  connotata  dalla  presenza  degli
evidenziati principi e criteri direttivi  che  impediscono  l'arresto
dei  procedimenti  autorizzatori  in  nome  della   salvaguardia   di
interessi ulteriori, i quali possono comunque trovare  considerazione
nel  contesto  procedimentale  unificato,  attraverso  una   concreta
ponderazione della fattispecie in sede amministrativa. 
    Con la  sospensione  del  rilascio  di  nuove  autorizzazioni  la
regione ha, pertanto, alterato il  contesto  normativo  esistente  al
momento della presentazione della richiesta di autorizzazione  unica,
caratterizzato da una tempistica certa e celere, in coerenza  con  il
particolare favor riconosciuto  alle  fonti  energetiche  rinnovabili
dalla disciplina interna e sovranazionale. Ne deriva che, sotto  tale
profilo, la norma in esame della Regione Abruzzo colpisce l'interesse
del richiedente alla tempestiva disamina dell'istanza, che concorre a
influenzare la relativa scelta di  sfruttamento  imprenditoriale,  la
cui   posizione   non   consiste   in   un   diritto   al    rilascio
dell'autorizzazione, bensi' in  un  interesse  qualificato  all'esame
dell'istanza  a  legislazione  vigente,   secondo   il   procedimento
valutativo integrato in precedenza descritto. Per  dette  ragioni  si
evidenzia dunque la fondatezza della  censura  posta  in  riferimento
all'art. 97 della Costituzione. 
    In merito alla disciplina degli  impianti  da  fonte  di  energia
rinnovabile, la stessa giurisprudenza costituzionale  ha  evidenziato
che «[e'] nella sede procedimentale [...] che puo' e deve avvenire la
valutazione  sincronica  degli   interessi   pubblici   coinvolti   e
meritevoli di tutela, a confronto sia con  l'interesse  del  soggetto
privato operatore  economico,  sia  ancora  (e  non  da  ultimo)  con
ulteriori  interessi  di  cui  sono  titolari  singoli  cittadini   e
comunita',  e  che  trovano  nei  principi  costituzionali  la   loro
previsione e tutela. La struttura  del  procedimento  amministrativo,
infatti, rende possibile  l'emersione  di  tali  interessi,  la  loro
adeguata prospettazione, nonche'  la  pubblicita'  e  la  trasparenza
della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art.  1
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi): efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza.
Viene in tal modo garantita, in primo  luogo,  l'imparzialita'  della
scelta, alla stregua dell'art.  97  Costituzione,  ma  poi  anche  il
perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,  dell'interesse
primario,  in   attuazione   del   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione,  di  cui  allo  stesso  art.  97  Costituzione»
(sentenza n. 69 del 2018). 
    La  scelta  della  norma  censurata,  quindi,  di  sospendere  il
rilascio dell'autorizzazione unica non solo trascura completamente le
istanze recate dalle normative europea  e  nazionale  precedentemente
richiamate, ma paralizza - seppur momentaneamente - la stessa sede in
cui tutti gli  interessi  coinvolti  debbono  confluire  per  trovare
adeguato contemperamento onde garantire il buon andamento dell'azione
amministrativa. 
    Con  riferimento,  poi,  al  rilevato  contrasto  con  l'art.  41
Costituzione, come da codesta Ecc.ma Corte rilevato nella sentenza n.
177 del 2018, la norma  regionale  che  si  contesta,  prevedendo  la
sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per impianti eolici,
ha  alterato  il  contesto  normativo  esistente  al  momento   della
presentazione della richiesta di autorizzazione unica, caratterizzato
da una tempistica certa e celere,  in  coerenza  con  il  particolare
favor  riconosciuto  alle   fonti   energetiche   rinnovabili   dalla
disciplina interna e sovranazionale. 
    Sotto tale profilo essa  sacrifica  l'interesse  del  richiedente
alla tempestiva disamina dell'istanza, che concorre a influenzare  la
scelta di sfruttamento imprenditoriale. Occorre al riguardo precisare
che la posizione del  richiedente  non  consiste  in  un  diritto  al
rilascio dell'autorizzazione,  bensi'  in  un  interesse  qualificato
all'esame   dell'istanza   a   legislazione   vigente,   secondo   il
procedimento valutativo integrato precedentemente descritto. 
    Dunque, «il legislatore  regionale  ha  inserito  una  norma  non
coordinata, sotto il  profilo  [...]  temporale,  con  l'esigenza  di
concentrare   [i]   tempi   [...]   degli   accertamenti   confluenti
nell'autorizzazione finale.  Il  risultato  di  tale  operazione  non
conforme  al  dettato  costituzionale  e'  quello   di   penalizzare,
attraverso non ordinati  «schermi  burocratici»  [...]  le  strategie
industriali di settore,  che  non  possono  prescindere  dal  fattore
tempo» (sentenza n. 267 del 2016). 
    Ne'  la  moratoria  puo'  essere  giustificata  con   diverso   e
qualificato interesse d'ordine generale poiche', alla luce di  quanto
in precedenza evidenziato, l'interesse  alla  tutela  del  territorio
nella  dimensione   paesaggistica   trova   adeguata   valorizzazione
all'interno degli schemi  procedimentali  tipizzati  dal  legislatore
competente. 
    Alla luce dei suesposti indirizzi interpretativi, si conclude nel
senso della illegittimita' della disposizione censurata  riguardo  ai
parametri evocati, atteso che la ivi disposta  moratoria  non  appare
giustificabile  in  considerazione  della  circostanza  che  siffatti
impianti  siano  da  ubicarsi  in  zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agro-alimentari  di  qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale. 
    Al riguardo e' sufficiente osservare che la destinazione agricola
di un'area  non  costituisce,  in  linea  generale  ed  aprioristica,
elemento ostativo all'installazione di impianti a fonti  rinnovabili,
richiamandosi in tal  senso  l'art.  12,  comma  7,  del  piu'  volte
menzionato decreto legislativo n. 387 del 2003  prevedente,  appunto,
che «gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art.
2, comma 1, lettere b) e c), possono essere  ubicati  anche  in  zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.  Nell'ubicazione
si dovra' tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno  nel
settore agricolo, con  particolare  riferimento  alla  valorizzazione
delle   tradizioni   agroalimentari   locali,   alla   tutela   della
biodiversita', cosi' come del patrimonio culturale  e  del  paesaggio
rurale (...)». 
    Come a tal riguardo precisato dalla giurisprudenza del  Consiglio
di Stato «Appare evidente come il legislatore, nel rendere  possibile
l'ubicazione di impianti di  produzione  di  energia  anche  in  zone
classificate agricole, non intende consentire, in via  generalizzata,
la possibilita' di ubicare impianti, per cosi'  dire  "a  discrezione
del privato", derogando  alle  destinazioni  impresse  al  territorio
dagli strumenti  urbanistici.  La  disposizione  in  esame,  infatti,
contiene una "possibilita'", offerta alla regione in sede di rilascio
di autorizzazione unica regionale di consentire l'ubicazione anche in
zone classificate agricole dagli strumenti urbanistici regionali,  ed
a tal fine indica alla medesima regione una  serie  di  elementi  dei
quali la stessa deve tener conto, laddove intenda determinarsi a tale
scelta. In definitiva, l'art. 12, comma 7, non  prevede  affatto  una
immediata possibilita' di deroga alla zonizzazione  comunale,  ma  si
limita  a  non  impedire  che  cio'  possa  avvenire  qualora  -  nel
bilanciamento degli interessi pubblici presenti e tenuto conto  degli
elementi indicati dal legislatore - si ritenga che la  ubicazione  in
zona agricola risulti ragionevole ed opportuna».  (cfr.  sezione  IV,
sentenza 22 marzo 2017, n. 1298). 
    Quanto precede, trova, altresi',  puntuale  conferma  nell'ambito
delle anzidette Linee  guida  nazionali  per  l'autorizzazione  degli
impianti in esame, approvate con decreto  ministeriale  10  settembre
2010, che, al paragrafo 17 («Aree non  idonee»),  dispongono  che  le
regioni  possano  individuare  «aree   e   siti   non   idonei   alla
installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti»,  secondo  le
modalita' di cui al presente punto e sulla base dei  criteri  di  cui
all'allegato 3. L'individuazione della  non  idoneita'  dell'area  e'
operata dalle regioni attraverso un'apposita  istruttoria  avente  ad
oggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte   alla   tutela
dell'ambiente, del paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,
delle tradizioni agroalimentari locali,  della  biodiversita'  e  del
paesaggio  rurale,  che  identificano  obiettivi  di  protezione  non
compatibili con l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche
tipologie e/o  dimensioni  di  impianti,  i  quali  determinerebbero,
pertanto,   un'elevata   probabilita'   di   esito   negativo   delle
valutazioni, in sede di autorizzazione. 
    Occorre, infine, porre in  rilievo  che,  sulla  base  di  quanto
disposto dal citato allegato 3 («Criteri per l'individuazione di aree
non idonee, lettera c): "ai sensi dell'art.  12,  comma  7,  le  zone
classificate agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non  possono
essere genericamente considerate aree e siti non idonei». 
    Orbene, per quanto precede la norma impugnata  merita  di  essere
dichiarata  costituzionalmente  illegittima   in   quanto,   appunto,
contrastante con i principi fondamentali posti dallo Stato in  ambito
legislazione  concorrente  in  materia  di  produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia; altresi' la norma regionale qui
censurata viola la normativa  statale  di  recepimento  di  direttive
comunitarie in ambito energetico, nonche' gli articoli 97 e 41  della
Costituzione laddove si  sospendono  le  autorizzazioni  inerenti  ad
attivita'  economiche  promosse   ed   incentivate   dall'ordinamento
nazionale ed europeo, si' da causare  gravi  ostacoli  all'iniziativa
economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili. 
II) Violazione art. 117, I comma, Costituzione; Violazione  direttiva
UE 2018/2001; 
Violazione norme interposte decreto legislativo 8 novembre  2021,  n.
199, legge n. 53/2021. 
    La norma regionale contenuta nell'art. 16 della  legge  regionale
in esame,  oggetto  di  odierno  scrutinio,  si  pone,  altresi',  in
contrasto con i principi espressi dal decreto legislativo 8  novembre
2021, n. 199  (entrato  in  vigore  il  15  dicembre  2021),  recante
«Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento  europeo  e
del Consiglio, dell'11  dicembre  2018,  sulla  «promozione  dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili», teso a definire gli strumenti,  i
meccanismi, gli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e
giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi   di
incremento della quota di energia da fonti rinnovabili  al  2030,  in
attuazione della citata direttiva e nel rispetto dei criteri  fissati
dalla legge 22  aprile  2021,  n.  53,  «Delega  al  Governo  per  il
recepimento delle direttive europee  e  l'attuazione  di  altri  atti
dell'Unione europea -  legge  di  delegazione  europea  2019-2020»  e
dall'attuazione  delle  misure  del  Piano  nazionale  di  ripresa  e
resilienza in materia di energia da fonti rinnovabili,  conformemente
ai Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC)». 
    Detto  provvedimento,  attribuisce  infatti  al  Ministero  della
transizione  ecologica  il  compito  di  definire   i   criteri   per
l'individuazione   delle   aree   idonee-non    idonee,    attraverso
l'emanazione di appositi decreti, in concerto con  i  Ministri  della
cultura e delle politiche agricole, alimentari  e  forestali,  previa
intesa in sede di Conferenza unificata, anche ai  sensi  dell'art  5,
comma 1, lettere a) e b), della citata legge  n.  53  del  22  aprile
2021. 
    In   particolare,   l'art.   20   (rubricato   «Disciplina    per
l'individuazione di superfici e aree idonee  per  l'installazione  di
impianti a fonti  rinnovabili»)  del  suddetto  decreto,  prevede  la
competenza delle regioni all'individuazione delle aree idonee in base
ai predetti decreti (in particolare al comma 4) stabilendo, ai  commi
da 6 a 8, che: 
        «6. Non possono essere disposte moratorie ovvero  sospensioni
dei  termini  dei  procedimenti   di   autorizzazione,   nelle   more
dell'individuazione delle aree idonee. 
        7. Le aree non incluse tra le aree idonee non possono  essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione  di
energia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee. 
        8. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui  al  comma  1,
sono considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1 del  presente
articolo: 
          a) i siti ove sono gia' installati  impianti  della  stessa
fonte  e  in  cui  vengono  realizzati  interventi  di  modifica  non
sostanziale ai sensi dell'art. 5, commi 3  e  seguenti,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011 n. 28; 
          b) le aree dei siti  oggetto  di  bonifica  individuate  ai
sensi dell'art. 242-ter, comma 3, del decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152». 
    Orbene e' di tutta evidenza come la norma regionale censurata  si
ponga in insanabile contrasto con le neo introdotte  disposizioni  di
attuazione dell'ordinamento comunitario,  presentando  illegittimita'
che si riscontrano alla luce  delle  nuove  disposizioni  di  cui  al
citato decreto legislativo n. 199/2021 di recepimento della direttiva
UE 2018/2001.