LA CORTE DEI CONTI 
                Sezione Giurisdizionale per la Puglia 
 
    in composizione monocratica, in persona del  Referendario  Andrea
Costa, ha pronunciato la  seguente  sentenza/ordinanza  nel  giudizio
iscritto  al  n.  36527  del  registro  di  segreteria,  sul  ricorso
presentato   da:   Colapietro    Angelo    Vito    Francesco,    C.F.
CLPNLV62T01A048I, nato ad Acquaviva Delle Fonti (BA) il  1°  dicembre
1962  ed  ivi  residente  alla  via  Gaetano  Salvemini,  sc.   F/38,
elettivamente domiciliato in Roma, viale Anicio Gallo 194,  presso  e
nello studio dell'Avvio Francesco La Gattuta, che  lo  rappresenta  e
difende; contro I.N.P.S., in persona del legale rappresentante  p.t.,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dell'ente, presso
i cui uffici e' elettivamente domiciliato in Bari alla via  Putignani
n. 108; Ministero della giustizia, in persona del Ministro p.t.,  non
costituito; 
    Visto il codice di giustizia contabile; 
    Visto l'art. 85, comma 5, del decreto-legge n. 18  del  17  marzo
2020; 
    Esaminati, all'udienza  cartolare  in  data  1°  marzo  2022  con
l'assistenza del segretario dott.ssa Laura Guastamacchia, gli atti ed
i documenti di causa; 
 
                        Considerato in Fatto 
 
    Con ricorso depositato in data 30 gennaio  2021,  il  ricorrente,
come  sopra  generalizzato,  gia'  dipendente  del  Ministero   della
giustizia presso il Corpo di Polizia  penitenziaria,  e  cessato  dal
servizio  a  decorrere  dal  27  dicembre   2018,   ha   chiesto   la
riliquidazione   del   trattamento   pensionistico   in    godimento,
conseguente all'applicazione dell'art. 54 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 1092/1973 per il calcolo della parte  retributiva
del trattamento di quiescenza. 
    Si  e'   costituito   l'I.N.P.S.,   il   quale   ha   evidenziato
l'infondatezza della pretesa in quanto l'art. 54 del TU 1092/1973 non
e' applicabile al personale  del  disciolto  Corpo  degli  agenti  di
Polizia penitenziaria, eccependo, in via subordinata, il  divieto  di
cumulo di interessi e rivalutazione. 
    In vista dell'udienza del 14  dicembre  2021,  il  ricorrente  ha
presentato brevi note scritte, chiedendo che, analogamente  a  quanto
avvenuto con riferimento (al personale della  Polizia  di  Stato  con
ordinanza  n.  8512021,  sia  sollevata  questione  di   legittimita'
costituzionale in ordine all'applicazione del predetto art. 54  anche
in favore degli appartenenti alla Polizia Penitenziaria. 
    Con ordinanza a verbale alla medesima udienza, e' stato  disposto
un rinvio della trattazione, nelle more della  definizione  dell'iter
di approvazione parlamentare del ddl governativo  che  prevedeva,  al
fine di allineare il trattamento pensionistico a tutto  il  personale
delle Forze  di  polizia  e  delle  Forze  armate,  l'estensione,  al
personale delle Forze di polizia ad ordinamento  civile  (Polizia  di
Stato e Polizia penitenziaria), della disciplina di cui  all'art.  54
del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973. 
    In vista dell'udienza cartolare del 1° marzo 2022, il ricorrente,
nel richiamare la disposizione di cui all'art.  1,  comma  101  della
legge 234/2021 (Legge di Bilancio  2022)  nel  frattempo  entrata  in
vigore, ha insistito  per  l'accoglimento  delle  conclusioni  di  cu
all'atto introduttivo. 
    A questo punto, in assenza di richiesta di trattazione orale,  la
causa e'  stata  rimessa  in  decisione  sulla  base  degli  atti  al
fascicolo. 
 
                               Diritto 
 
    1. Il giudizio  verte  sulla  domanda  del  ricorrente,  gia'  in
servizio presso il Ministero della giustizia, come agente di  Polizia
penitenziaria, con anzianita' di servizio utile al 31 dicembre  1995,
inferiore a 18 armi e superiore quindici anni (diciasette anni  e  un
mese), volta al riconoscimento del diritto  alla  riliquidazione  del
trattamento di pensione, con riferimento alle quote A e B,  calcolate
con il sistema retributivo, mediante l'aliquota di rendimento del 44%
prevista dall'art. 54 del TU 1092/1973. 
    2.  Preliminarmente,  va  dichiarata   l'improcedibilita'   della
domanda nei confronti del Ministero della giustizia, nei cui riguardi
peraltro non si intravedono profili di  legittimazione  passiva,  non
avendo  il  ricorrente  fornito  prova  dell'avvenuta  notifica   del
gravame. 
    3. Ai fini della definizione della questione controversa, occorre
tener conto dello  ius  superveniens  rappresentato  dall'entrata  in
vigore, a far data dal 1° gennaio 2022, della legge di  bilancio  per
l'anno in corso (legge n. 234/2021) che all'art. 1, comma 101,  cosi'
ha disposto: «Al personale delle  Forze  di  polizia  ad  ordinamento
civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un'anzianita'
contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente  maturati,  si
applica,  in  relazione  alla  specificita'  riconosciuta  ai   sensi
dell'art. 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l'art. 54 del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica  29  dicembre
1973, n. 1092, ai fini del  calcolo  della  quota  retributiva  della
pensione  da  liquidare  con  il  sistema  misto,  con   applicazione
dell'aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile». 
    Al    riguardo,    ritiene    questo    Giudice    di     aderire
all'interpretazione fornita dalla I e dalla  II  Sezione  Appello  di
questa Corte in merito alla portata applicativa di tale norma, con le
decisioni n. ri 41 e 4512022 alla  cui  motivazione  si  fa  espresso
richiamo per ragioni di economia  processuale  (art.  17  disp.  att.
c.g.c.). 
    Ed invero, come correttamente enunciato  dal  Giudice  d'Appello,
«una corretta esegesi normativa, invero, fondata su criteri di natura
teleologica e sistematica, impone di assumere una posizione «mediana»
sul punto,  rappresentata  dall'estensione  del  miglior  trattamento
previdenziale anche al personale de quibus andato in  pensione  entro
l'anno appena trascorso, ma con il  riconoscimento  della  decorrenza
economica solo a far data dal  1°  gennaio  2022»  (sentenza  I  sez.
Appello n. 45/22). 
    In particolare, depone in tal senso  la  lettura  del  successivo
comma 102 dell'art. 1 della  legge  di  Bilancio  2022,  in  cui  per
l'attuazione della previsione di cui al precedente  comma,  e'  stato
previsto uno stanziamento che, per il primo anno, prevede un  importo
di  euro  28.214.312,  stimato  evidentemente  anche  tenendo   conto
dell'adeguamento del trattamento pensionistico del personale gia'  in
congedo, cui andranno ad aggiungersi per ogni ulteriore anno fino  al
decimo, gli importi (per il secondo anno stimati in euro 4.313.673  e
poi via via decrescenti) necessari per coprire i nuovi pensionamenti. 
    Conseguentemente,  il  ricorso  del  Colapietro  va  accolto  con
riferimento al riconoscimento del diritto alla  rideterminazione  del
trattamento pensionistico, mediante l'applicazione sulle quote  dello
stesso calcolate con il sistema retributivo, dell'aliquota annua  del
2,44%, a decorrere dal rateo di gennaio 2022. 
    Il ricorrente ha diritto a conseguire  gli  arretrati  costituiti
dalla differenza tra i ratei pensionistici  spettanti  in  base  alla
suddetta riliquidazione e quelli percepiti. 
    Sugli arretrati maturati va, altresi', riconosciuto il diritto  a
conseguire, a decorrere da  ogni  singolo  rateo  pensionistico,  gli
interessi  legali  e  nei  limiti  dell'eventuale   maggior   importo
differenziale, la rivalutazione monetaria, calcolata  anno  per  armo
secondo gli indici ISTAT. 
    4. Con riferimento ai ratei  a  decorrere  dal  pensionamento  ed
antecedenti al gennaio 2022, questo Giudice,  analogamente  a  quanto
avvenuto con il personale della Polizia di Stato  (Corte  dei  conti,
sez. Puglia, ordinanza n. 85/2021), ritiene di sollevare questione di
legittimita'  costituzionale,  per  (violazione  dell'art.  3   della
Costituzione, della disposizione di cui al quarto comma  dell'art.  1
della legge 395/1990, nella  parte  in  cui,  nel  prevedere  che  al
personale del disciolto Corpo degli agenti di Custodia  (ora  Polizia
penitenziaria), facente parte delle Forze di Polizia, per quanto  non
previsto dalla stessa legge, si applichino, in quanto compatibili, le
norme relative agli impiegati  civili  dello  Stato,  non  ha  esteso
l'applicazione dell'art. 54, commi 1 e 2, del TU 1092/1973, riservata
ai militari, anche al personale, quale  i  dipendenti  della  Polizia
Penitenziaria, appartenente al  comparto  sicurezza»  ad  ordinamento
civile. 
    5. La questione di legittimita' costituzionale si  appalesa  come
tuttora rilevante, in quanto non vi e' dubbio che la disposizione  di
cui alla legge di  bilancio  sopra  richiamata  abbia  carattere  non
retroattivo, non potendo peraltro  ad  essa  attribuirsi  valenza  di
norma di interpretazione autentica. 
    Di conseguenza, per quanto riguarda i ratei fino al  31  dicembre
2021,  il  trattamento  pensionistico   dei   dipendenti,   come   il
ricorrente, collocati in congedo antecedentemente al 1° gennaio 2022,
resta sottoposto al regime vigente all'epoca del pensionamento. 
    In  buona  sostanza,  per  la  determinazione   del   trattamento
pensionistico del ricorrente per il periodo dal 27 dicembre  2018  al
31 dicembre 2021, occorre far riferimento  alla  disciplina  prevista
dalla legge all'epoca vigente per il personale appartenente al  Corpo
degli agenti di Polizia Penitenziaria ad ordinamento civile. 
    5.1  Al  riguardo,  va  rammentato   preliminarmente   che   ogni
differenziazione  tra  personale  militare   e   civile,   e'   stata
definitivamente  superata  a  seguito  della  riforma   del   sistema
pensionistico di cui alla legge 335/1995, con il passaggio  a  regime
dal sistema retributivo a quello contributivo di tutti  i  lavoratori
pubblici e privati. 
    Va tuttavia evidenziato che la legge n. 335/1995  (art.  1  comma
13) ha fatto salva, in regime transitorio, a  favore  dei  dipendenti
che avevano maturato, alla data del 31 dicembre  1995,  un'anzianita'
contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione  della  pensione
«secondo  la  normativa  vigente  in  base  al  sistema  retributivo»
(calcolata, dunque, tenuto  conto  della  retribuzione  pensionabile,
dell'anzianita' contributiva e dell'aliquota di rendimento). 
    Per i dipendenti che, alla medesima data,  avevano  un'anzianita'
inferiore, come nel caso di specie, il trattamento  pensionistico  e'
attribuito con il cd. sistema  misto  (retributivo/contributivo),  in
cui  le  quote  di  pensione  relative  alle   anzianita'   acquisite
anteriormente al  31  dicembre  1995  vengono  calcolate  secondo  il
sistema retributivo previgente, mentre la quota di pensione  riferita
alle anzianita' successivamente maturate sono  computate  secondo  il
sistema contributivo (cfr. art. 1 comma 12, legge n. 335/1995). 
    Al riguardo, costituisce ius recepturn, alla luce della decisione
delle SS.RR. n. 1/2021 di questa Corte, l'applicabilita' dei  criteri
di calcolo, come reinterpretati, previsti dall'art. 54 TU  1092/1973,
ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione, in favore
del personale appartenente al comparto militare, ivi compreso  quello
svolgente funzioni di Polizia (Carabinieri e Guardia di finanza). 
    Inoltre, va evidenziato che la disposizione di  cui  all'art.  61
del medesimo TU, estende l'applicabilita' delle norme di cui al  Capo
II - ivi  compreso  quindi  l'art.  54  -,  ad  alcune  categorie  di
personale ad ordinamento civile (Vigili del fuoco, Corpo  forestale),
con conseguente  applicazione,  come  riconosciuto  da  condivisibile
consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  anche  al   predetto
personale, dei criteri  di  calcolo  previsti  dall'art.  54  per  la
determinazione della quota di pensione calcolata secondo il  criterio
retributivo. 
    5.2 Per contro, quanto al personale della Polizia  Penitenziaria,
la legge 395/90 nel prevedere lo scioglimento del Corpo degli  agenti
di custodia, ha espressamente rimandato, con la disposizione  di  cui
al comma 4 dell'art. 1, all'ordinamento del personale civile. 
    Con particolare riferimento alla determinazione  del  trattamento
pensionistico, l'art. 73 del decreto legislativo n. 443/1992 (recante
l'Ordinamento del personale del Corpo  di  polizia  penitenziaria,  a
norma dell'art. 14, comma I, della legge 15 dicembre 1990,  n.  395),
al comma 3  stabilisce:  «Al  personale  proveniente  dai  ruoli  del
disciolto Corpo degli  agenti  di  custodia  continua  ad  applicarsi
l'art. 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543». 
    La norma richiamata, peraltro anteriore all'entrata in vigore del
TU  1092/1973,   nel   disciplinare   l'ammontare   del   trattamento
pensionistico  dei  sottufficiali  e  gli  appuntati  dell'Arma   dei
carabinieri  e  del  Corpo  della  guardia  di  finanza,  nonche'   i
sottufficiali ed i militari di truppa  del  Corpo  delle  guardie  di
pubblica sicurezza (oggi Polizia di Stato), del Corpo degli agenti di
custodia ed il personale delle  corrispondenti  categorie  del  Corpo
nazionale dei vigili del fuoco e del  Corpo  forestale  dello  Stato,
prevedeva che la pensione  fosse  «ragguagliata,  al  compimento  del
ventesimo  anno  di  servizio,   al   44   per   cento   della   base
pensionabile...» e  che  «Per  ciascun  anno  di  servizio  oltre  il
ventesimo e per non pile di dieci anni successivamente  compiuti,  la
pensione sana' aumentata del 3,60 per cento». 
    Nulla veniva tuttavia previsto per il caso di dipendenti  cessati
con un'anzianita' inferiore a venti anni, per i quali occorre  dunque
far riferimento,  stante  il  rimando  all'ordinamento  civile,  alla
disposizione di cui all'art. 44 del TU 1092/9173, in base alla  quale
«La pensione  spettante  al  personale  civile  con  l'anzianita'  di
quindici anni di servizio effettivo e' pari al  35  per  cento  della
base pensionabile; detta percentuale e' aumentata di  1,80  per  ogni
ulteriore anno di  servizio  utile  fino  a  raggiungere  il  massimo
dell'ottanta per cento.» 
    5.3 Conclusivamente, pertanto, con riferimento al caso in  esame,
in sede di liquidazione del trattamento pensionistico  del  personale
appartenente  alla  Polizia  penitenziaria,  che  alla  data  del  31
dicembre 1995 avesse maturato un'anzianita' inferiore ai 18 anni,  e'
stata fatta applicazione, per il calcolo della quota retributiva, dei
criteri, meno favorevoli rispetto a quelli applicabili  al  personale
militare, previsti dalla disposizione  di  cui  all'art.  44  del  TU
1092/1973 per il personale civile. 
    In particolare, nel caso di specie, per il  calcolo  della  parte
retributiva al Colapietro, che al 31 dicembre  1995  ha  maturato  17
anni  ed  un  mese  di  anzianita',  e'  stata  applicata  alla  base
pensionabile ex art. 44 TU 1092/1973 l'aliquota  dello  0,3875%  (35%
per i primi quindici anni ed 1,80% per ogni ulteriore anno), laddove,
applicando l'art. 54 del  TU  1092/1973,  come  reinterpretato  dalle
SS.RR, avrebbe dovuto  essere  riconosciuta  l'aliquota  dello  0,41%
(2,44% per 17 anni). 
    5.4  Questo  giudice  ritiene  che  il  dubbio  di   legittimita'
costituzionale ricollegabile alla violazione dell'art.  3  Cost.  non
possa essere superabile mediante interpretazione  adeguatrice  ovvero
secundum constifutionem. 
    In  primo  luogo,  per  le  ragioni  illustrate  nei   precedenti
paragrafi, appare chiaro, anche in ragione della lettura  dei  lavori
preparatori e degli stanziamenti di bilancio, che la disposizione  di
cui alla legge n.  234/21  debba  essere  interpretata,  secondo  una
lettura «mediana», ovvero nel senso che, per  il  personale  gia'  in
congedo al  31  dicembre  2021,  il  nuovo  sistema  di  calcolo  sia
applicato solo a partire dal rateo del gennaio 2022. 
    Quanto al regime previgente,  va  evidenziato  che  la  normativa
censurata non ha carattere polisenso, prevedendo  in  maniera  chiara
l'applicazione al personale appartenente alla  Polizia  Penitenziaria
delle norme di disciplina previste per il personale  civile,  laddove
l'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  1092/1973,
di cui si chiede  l'applicazione  secondo  l'interpretazione  fornita
dalle Sezioni Riunite di questa Corte, e' espressamente riservata  ai
militari, nonche', per effetto del rinvio previsto dall'art.  61  del
medesimo  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  al  personale
appartenente al Corpo Nazionale dei  Vigili  del  Fuoco  e  al  Corpo
Forestale dello Stato. 
    E' evidente dunque che l'assetto  normativa  previgente  presenti
una  ingiustificata  lacuna,  con  una  chiara  discriminazione   nei
confronti  del  personale  del  Corpo   degli   Agenti   di   Polizia
Penitenziaria, a fronte della specialita' delle  funzioni  svolte  da
tale personale, e di mansioni molto simili  a  quelle  del  personale
delle altre Forze di Polizia  ad  ordinamento  militare  (Guardia  di
Finanza e Carabinieri). 
    Lacuna  che,  a  parere  di  questo  Giudice,   e'   stata   solo
parzialmente  colmata  dall'intervento  contenuto  nella   legge   di
Bilancio 2022, restando escluso  dal  nuovo  sistema  di  calcolo  il
trattamento pensionistico in godimento dalla data  del  pensionamento
fino al 31 dicembre 2021. 
    6.  La  questione  di  legittimita'  costituzionale,  oltre   che
rilevante, non  e'  manifestamente  infondata,  in  quanto  le  norme
censurate si pongono in irrimediabile contrasto con l'art.  3,  comma
1, Cost., inteso quale canone  di  «ragionevolezza»,  in  virtu'  del
quale  devono  intendersi  non  conformi  a  Costituzione  le  scelte
legislative  che   comportino   discriminazioni   intollerabili   fra
situazioni similari. 
    In  particolare,  l'assetto  normativo  della  cui   legittimita'
costituzionale si dubita determina  una  disparita'  di  trattamento,
nella misura in cui il personale della Polizia Penitenziaria, gia' in
congedo al 31 dicembre 2021, ha  percepito,  fino  a  tale  data,  un
trattamento  pensionistico  ingiustificatamente  inferiore  a  quello
spettante al personale del medesimo Comparto Sicurezza. 
    7. In primo luogo,  occorre  prendere  le  mosse  dall'intervento
riformatore di cui alla legge 395/1990, il  cui  tratto  qualificante
viene comunemente individuato nella «smilitarizzazione», mediante  lo
scioglimento del Corpo degli agenti di custodia  e  soppressione  del
ruolo delle vigilatrici penitenziarie e la creazione del Corpo  della
Polizia Penitenziaria,  facente  parte  delle  Forze  di  Polizia  ad
ordinamento civile (art. 1). 
    Al predetto corpo, e' attribuito il compito di garantire l'ordine
e la  sicurezza  all'interno  degli  istituti  penitenziari  e  delle
strutture del Ministero della giustizia (osservazione  e  trattamento
rieducativo dei detenuti e degli internati; 
    traduzione e piantonamento dei detenuti ed  internati  ricoverati
in luoghi esterni di cura), collaborando altresi'  con  l'Ufficio  di
sorveglianza e l'ufficio del pubblico ministero (art. 5). 
    In estrema sintesi, dunque, l'intervento normativo in  questione,
nel  trasformare  l'ordinamento  della  Polizia   Penitenziaria,   ha
mantenuto  ferma,  pur  a  fronte  della  sua  smilitarizzazione,  la
innegabile peculiarita' del personale appartenente al predetto  corpo
rispetto  allo  stesso  personale  civile  dipendente  dal   medesimo
Ministero della giustizia.); 
    7.1 Passando al tema relativo alla  disciplina  del  rapporto  di
lavoro, e piu' specificatamente alla materia  pensionistica,  osserva
questo Giudice che il legislatore della riforma  del  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti dello Stato, poi realizzata con il  decreto
del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, si e' trovato di fronte
all'esigenza di prevedere un regime differenziato  tra  il  personale
civile  e  quello  militare,  in  ragione  della  peculiarita'  delle
funzioni svolte dalle due categorie. 
    Con riferimento al tema  che  ci  occupa,  tale  differenziazione
trova  conferma  nel  diverso  sistema  di  calcolo  del  trattamento
pensionistico, all'epoca commisurato su una  percentuale  dell'ultima
retribuzione percepita (la c.d. base pensionabile), ed in particolare
regolato  dall'art.  44  per  il  personale  civile  -  che   prevede
l'applicazione di una percentuale del  35%  della  base  pensionabile
aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio  utile  fino  a
raggiungere il massimo dell'ottanta per cento -, e dall'art.  54  per
il personale militare - che prevede l'applicazione di una percentuale
del 44% della base pensionabile, aumentata di 1,80 per ogni  anno  di
servizio utile oltre il ventesimo. 
    7.2.1 Cio' premesso,  ritiene  questo  Giudice  che  una  lettura
sistematica dell'intero impianto riformatore di cui al  TU  1092/1973
renda evidente come il legislatore, ferma la distinzione legata  allo
status civile o militare, avesse tuttavia ben  chiara  l'esigenza  di
prevedere un  regime  differenziato,  in  ragione  delle  particolari
funzioni svolte, anche per altre categorie di dipendenti pubblici. 
    E' il caso, ad esempio, del personale  del  Corpo  Nazionale  dei
Vigili  del  Fuoco  e  del  Corpo  forestale  dello  Stato,  entrambi
pacificamente ad ordinamento (civile, nei cui confronti l'art. 61 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.   1092/1973   prevede
espressamente, in tema di trattamento  pensionistico,  l'applicazione
delle norme di cui al Capo II, ovvero le norme riservate al personale
militare. 
    E' evidente che analoga  estensione  al  personale  del  comparto
«sicurezza» non fosse all'epoca necessaria,  rientrando  il  relativo
personale (Guardia di Finanza, Carabinieri, l'allora Corpo di  agenti
di Pubblici Sicurezza, oggi Polizia di Stato, e Corpo degli Agenti di
Custodia, oggi Polizia Penitenziaria) tutto all'interno del  comparto
«militare». 
    In buona sostanza, con  particolare  riferimento  ai  criteri  di
calcolo della pensione spettante in favore del personale cessato  dal
servizio avendo maturato tra i quindici ed i 20 anni di anzianita', a
seguito  smilitarizzazione  della  Polizia  Penitenziaria,   e   fino
all'intervento riformatore ed armonizzatore di cui alla legge 335195,
si possono individuare i seguenti regimi: 
      1) art. 44, per il personale civile, ivi  compresa  la  Polizia
Penitenziaria, a seguito della smilitarizzazione; 
      2) art. 54, per il personale militare ivi compresi  Carabinieri
e Guardia di Finanza; 
      3) art. 61, con  rimando  all'art.  54,  per  il  personale  ad
ordinamento civile del Corpo Nazionale dei vigili  del  fuoco  e  del
Corpo Forestale dello Stato. 
    Orbene, si ritiene che  questo  assetto  normativo  si  ponga  in
contrasto con la Costituzione, laddove, non prevedendo un trattamento
differenziato, rispetto agli altri dipendenti del compiano  «civile»,
per il personale della Polizia  penitenziaria,  mantiene  per  contro
irrazionalmente un regime diversificato per il personale appartenente
al medesimo comparto delle altre  Forza  di  Polizia  (Carabinieri  e
Guardia  di  Finanza),  sul  solo  presupposto  del  relativo  status
militare. 
    La norma appare inoltre vieppiu' irragionevole,  laddove  prevede
l'applicazione di un regime piu' favorevole, riservato  al  personale
ad ordinamento civile, quale quello del Corpo  nazionale  dei  Vigili
del Fuoco e del  Corpo  Forestale,  appartenenti  ad  altri  camparti
(rispettivamente  soccorso   pubblico   e   tutela   del   patrimonio
agro-forestale). 
    7.2.2.  In   tale   contesto,   non   puo'   prescindersi   dalla
considerazione delle forti analogie, pur nel rispetto  delle  diverse
professionalita',  tra  le  funzioni  svolte  dalle  varie  Forze  di
Polizia, cui espressamente appartiene la Polizia penitenziaria. 
    Non vi e' dubbio infatti che, seppur contenuta nel perimetro  del
mondo carcerario, le funzioni  della  Polizia  Penitenziaria  possano
senz'altro ascriversi alla categoria della «sicurezza»,  al  pari  di
quelle svolte dalle altre forze  di  Polizia  ad  ordinamento  civile
(Polizia di Stato) e militare (Arma dei  Carabinieri  e  Corpo  della
Guardia di Finanza). 
    Un' ulteriore conferma del carattere speciale  del  personale  in
questione viene dallo stesso assetto ordinamentale  degli  agenti  di
Polizia Penitenziaria, che pur a fronte dell'abbandono del  paradigma
militare, non prevede il ricorso all'istituto dei livelli funzionali,
ma mantiene la categoria dei ruoli distinti, all'interno dei quali si
individuano le singole qualifiche in ragione  della  professionalita'
richiesta (art. 6, legge 395/90), cosi' favorendo una struttura  piu'
rigida, di tipo gerarchico, sostanzialmente analoga a quella  propria
di un ordinamento militare,  piu'  confacente  alle  funzioni  ed  ai
compiti da svolgere, in tempo di pace, da parte di un corpo armato. A
tale riguardo, va considerato che, ai tini della individuazione delle
qualifiche, e' stata prevista un'apposita  tabella  di  equiparazione
tra le qualifiche  della  Polizia  Penitenziaria  ed  i  gradi  degli
appartenenti al  disciolto  Corpo  degli  agenti  di  custodia  (cfr.
Tabelle, allegate alla legge 395/1990). 
    Inoltre, l'art.  8  della  legge  395/1990  ha  previsto  che  il
servizio  prestato  per  non  meno  di  dodici  mesi  nella   Polizia
Penitenziaria, ivi  compreso  il  periodo  di  frequenza  dei  corsi,
sarebbe stato considerato come assolvimento  della  leva,  all'epoca,
ancora obbligatoria. 
    7.3. Va poi dato atto  dell'evoluzione  normativa  che  ha  visto
estendere, con particolare  riferimento  al  tema  pensionistico,  al
personale della Polizia Penitenziaria principi ed istituti  riservati
al personale militare, ed in particolare: 
      l'art. 56, terzo comma del decreto legislativo n. 443/1992,  il
quale prevede che al personale del Corpo di polizia penitenziaria, ai
soli fini dell'acquisizione del diritto al  trattamento  di  pensione
normale, si applica  l'art.  52  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1092/1973, applicabile al personale militare; 
      articoli 2177 e ss.  decreto  legislativo  n.  66/2010  (codice
dell'ordinamento  militare,  COM),  in  virtu'  dei  quali  e'  stata
prevista  l'estensione  al  personale  delle  Forze  di  polizia   ad
ordinamento civile e al Corpo nazionale dei Vigili del  fuoco  alcune
disposizioni  in  tema  di  trattamento  previdenziale  riservate  al
personale militare. 
    Si pensi poi alla tendenza legislativa  volta  al  riallineamento
della disciplina applicabile al personale del comparto sicurezza,  in
ragione della peculiarita' delle funzioni svolte. 
    Si considerino in particolare: 
      1) l'art. 6 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011  (come
convertito dalla legge n.  214  del  2011;  c.d.  legge  Fornero)  ha
espressamente escluso l'abrogazione degli istituti  dell'accertamento
della dipendenza dell'infermita' da causa di servizio,  del  rimborso
delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo  e
della pensione privilegiata nei confronti del personale  appartenente
al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico; 
      2) la disposizione di cui all'art. 19 della  legge  4  novembre
2010 n. 183, recante deleghe in materia di lavoro, la  quale  prevede
ai primi due commi che: 
        «1.  Ai  fini  della  definizione  degli  ordinamenti,  delle
carriere e dei contenuti del  rapporto  di  impiego  e  della  tutela
economica,  pensionistica  e  previdenziale,   e'   riconosciuta   la
specificita' del ruolo delle Forze armate, delle Forze di  polizia  e
del Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco,  nonche'  dello  stato
giuridico del personale ad essi  appartenente,  in  dipendenza  della
peculiarita'  dei  compiti,  degli  obblighi  e   delle   limitazioni
personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela
delle istituzioni  democratiche  e  di  difesa  dell'ordine  e  della
sicurezza interna ed esterna, nonche' per i  peculiari  requisiti  di
efficienza operativa richiesti e i correlati  impieghi  in  attivita'
usuranti. 
        2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi  di
cui al comma I e' definita can successivi provvedimenti  legislativi,
con i quali si provvede altresi' a stanziare  le  occorrenti  risorse
finanziarie... » 
    Al riguardo, non puo' non osservarsi come la stessa  disposizione
di cui alla legge di Bilancio 2022, nel far espresso richiamo proprio
alla predetta disposizione del 2010, non fa che  confermare  come  il
legislatore fosse  ben  consapevole  dell'esigenza  di  rimuovere  la
disparita' in tema di trattamento pensionistico tra il personale  del
medesimo comparto, in ragione della specialita' dei compiti  ad  esso
affidati. 
    Non e' in questa sede in discussione la scelta del legislatore di
dare attuazione dopo piu' di dieci armi con una forma ibrida di norma
a «retroattivita' temperata», alla delega contenuta nella  legge  183
del 2010, al fine  dichiarato  di  riallineare  gli  ordinamenti  del
personale del  comparto  sicurezza  in  ragione  del  loro  carattere
usurante. 
    8. In definitiva, reputa questo Giudice che  la  disposizione  di
cui  all'art.  1,   comma   4,   della   legge   n.   395/1990,   sia
costituzionalmente illegittima, per  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione, nella parte in cui,  stante  la  sostanziale  identita'
delle funzioni e dei compiti  svolti  dalle  Forze  di  Polizia,  non
prevede che i  criteri  di  calcolo  del  trattamento  pensionistico,
riferito alla quota retributiva della pensione, previsti dai commi  1
e 2 dell'art. 54 del medesimo TU, siano estesi  in  favore  anche  al
personale della Polizia Penitenziaria.