LA CORTE DEI CONTI Sezione Giurisdizionale per la Puglia in composizione monocratica, in persona del Referendario Andrea Costa, ha pronunciato la seguente sentenza/ordinanza nel giudizio iscritto al n. 36527 del registro di segreteria, sul ricorso presentato da: Colapietro Angelo Vito Francesco, C.F. CLPNLV62T01A048I, nato ad Acquaviva Delle Fonti (BA) il 1° dicembre 1962 ed ivi residente alla via Gaetano Salvemini, sc. F/38, elettivamente domiciliato in Roma, viale Anicio Gallo 194, presso e nello studio dell'Avvio Francesco La Gattuta, che lo rappresenta e difende; contro I.N.P.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dell'ente, presso i cui uffici e' elettivamente domiciliato in Bari alla via Putignani n. 108; Ministero della giustizia, in persona del Ministro p.t., non costituito; Visto il codice di giustizia contabile; Visto l'art. 85, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020; Esaminati, all'udienza cartolare in data 1° marzo 2022 con l'assistenza del segretario dott.ssa Laura Guastamacchia, gli atti ed i documenti di causa; Considerato in Fatto Con ricorso depositato in data 30 gennaio 2021, il ricorrente, come sopra generalizzato, gia' dipendente del Ministero della giustizia presso il Corpo di Polizia penitenziaria, e cessato dal servizio a decorrere dal 27 dicembre 2018, ha chiesto la riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento, conseguente all'applicazione dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 per il calcolo della parte retributiva del trattamento di quiescenza. Si e' costituito l'I.N.P.S., il quale ha evidenziato l'infondatezza della pretesa in quanto l'art. 54 del TU 1092/1973 non e' applicabile al personale del disciolto Corpo degli agenti di Polizia penitenziaria, eccependo, in via subordinata, il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione. In vista dell'udienza del 14 dicembre 2021, il ricorrente ha presentato brevi note scritte, chiedendo che, analogamente a quanto avvenuto con riferimento (al personale della Polizia di Stato con ordinanza n. 8512021, sia sollevata questione di legittimita' costituzionale in ordine all'applicazione del predetto art. 54 anche in favore degli appartenenti alla Polizia Penitenziaria. Con ordinanza a verbale alla medesima udienza, e' stato disposto un rinvio della trattazione, nelle more della definizione dell'iter di approvazione parlamentare del ddl governativo che prevedeva, al fine di allineare il trattamento pensionistico a tutto il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, l'estensione, al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato e Polizia penitenziaria), della disciplina di cui all'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973. In vista dell'udienza cartolare del 1° marzo 2022, il ricorrente, nel richiamare la disposizione di cui all'art. 1, comma 101 della legge 234/2021 (Legge di Bilancio 2022) nel frattempo entrata in vigore, ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni di cu all'atto introduttivo. A questo punto, in assenza di richiesta di trattazione orale, la causa e' stata rimessa in decisione sulla base degli atti al fascicolo. Diritto 1. Il giudizio verte sulla domanda del ricorrente, gia' in servizio presso il Ministero della giustizia, come agente di Polizia penitenziaria, con anzianita' di servizio utile al 31 dicembre 1995, inferiore a 18 armi e superiore quindici anni (diciasette anni e un mese), volta al riconoscimento del diritto alla riliquidazione del trattamento di pensione, con riferimento alle quote A e B, calcolate con il sistema retributivo, mediante l'aliquota di rendimento del 44% prevista dall'art. 54 del TU 1092/1973. 2. Preliminarmente, va dichiarata l'improcedibilita' della domanda nei confronti del Ministero della giustizia, nei cui riguardi peraltro non si intravedono profili di legittimazione passiva, non avendo il ricorrente fornito prova dell'avvenuta notifica del gravame. 3. Ai fini della definizione della questione controversa, occorre tener conto dello ius superveniens rappresentato dall'entrata in vigore, a far data dal 1° gennaio 2022, della legge di bilancio per l'anno in corso (legge n. 234/2021) che all'art. 1, comma 101, cosi' ha disposto: «Al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un'anzianita' contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificita' riconosciuta ai sensi dell'art. 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l'art. 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con applicazione dell'aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile». Al riguardo, ritiene questo Giudice di aderire all'interpretazione fornita dalla I e dalla II Sezione Appello di questa Corte in merito alla portata applicativa di tale norma, con le decisioni n. ri 41 e 4512022 alla cui motivazione si fa espresso richiamo per ragioni di economia processuale (art. 17 disp. att. c.g.c.). Ed invero, come correttamente enunciato dal Giudice d'Appello, «una corretta esegesi normativa, invero, fondata su criteri di natura teleologica e sistematica, impone di assumere una posizione «mediana» sul punto, rappresentata dall'estensione del miglior trattamento previdenziale anche al personale de quibus andato in pensione entro l'anno appena trascorso, ma con il riconoscimento della decorrenza economica solo a far data dal 1° gennaio 2022» (sentenza I sez. Appello n. 45/22). In particolare, depone in tal senso la lettura del successivo comma 102 dell'art. 1 della legge di Bilancio 2022, in cui per l'attuazione della previsione di cui al precedente comma, e' stato previsto uno stanziamento che, per il primo anno, prevede un importo di euro 28.214.312, stimato evidentemente anche tenendo conto dell'adeguamento del trattamento pensionistico del personale gia' in congedo, cui andranno ad aggiungersi per ogni ulteriore anno fino al decimo, gli importi (per il secondo anno stimati in euro 4.313.673 e poi via via decrescenti) necessari per coprire i nuovi pensionamenti. Conseguentemente, il ricorso del Colapietro va accolto con riferimento al riconoscimento del diritto alla rideterminazione del trattamento pensionistico, mediante l'applicazione sulle quote dello stesso calcolate con il sistema retributivo, dell'aliquota annua del 2,44%, a decorrere dal rateo di gennaio 2022. Il ricorrente ha diritto a conseguire gli arretrati costituiti dalla differenza tra i ratei pensionistici spettanti in base alla suddetta riliquidazione e quelli percepiti. Sugli arretrati maturati va, altresi', riconosciuto il diritto a conseguire, a decorrere da ogni singolo rateo pensionistico, gli interessi legali e nei limiti dell'eventuale maggior importo differenziale, la rivalutazione monetaria, calcolata anno per armo secondo gli indici ISTAT. 4. Con riferimento ai ratei a decorrere dal pensionamento ed antecedenti al gennaio 2022, questo Giudice, analogamente a quanto avvenuto con il personale della Polizia di Stato (Corte dei conti, sez. Puglia, ordinanza n. 85/2021), ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale, per (violazione dell'art. 3 della Costituzione, della disposizione di cui al quarto comma dell'art. 1 della legge 395/1990, nella parte in cui, nel prevedere che al personale del disciolto Corpo degli agenti di Custodia (ora Polizia penitenziaria), facente parte delle Forze di Polizia, per quanto non previsto dalla stessa legge, si applichino, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato, non ha esteso l'applicazione dell'art. 54, commi 1 e 2, del TU 1092/1973, riservata ai militari, anche al personale, quale i dipendenti della Polizia Penitenziaria, appartenente al comparto sicurezza» ad ordinamento civile. 5. La questione di legittimita' costituzionale si appalesa come tuttora rilevante, in quanto non vi e' dubbio che la disposizione di cui alla legge di bilancio sopra richiamata abbia carattere non retroattivo, non potendo peraltro ad essa attribuirsi valenza di norma di interpretazione autentica. Di conseguenza, per quanto riguarda i ratei fino al 31 dicembre 2021, il trattamento pensionistico dei dipendenti, come il ricorrente, collocati in congedo antecedentemente al 1° gennaio 2022, resta sottoposto al regime vigente all'epoca del pensionamento. In buona sostanza, per la determinazione del trattamento pensionistico del ricorrente per il periodo dal 27 dicembre 2018 al 31 dicembre 2021, occorre far riferimento alla disciplina prevista dalla legge all'epoca vigente per il personale appartenente al Corpo degli agenti di Polizia Penitenziaria ad ordinamento civile. 5.1 Al riguardo, va rammentato preliminarmente che ogni differenziazione tra personale militare e civile, e' stata definitivamente superata a seguito della riforma del sistema pensionistico di cui alla legge 335/1995, con il passaggio a regime dal sistema retributivo a quello contributivo di tutti i lavoratori pubblici e privati. Va tuttavia evidenziato che la legge n. 335/1995 (art. 1 comma 13) ha fatto salva, in regime transitorio, a favore dei dipendenti che avevano maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un'anzianita' contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione della pensione «secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo» (calcolata, dunque, tenuto conto della retribuzione pensionabile, dell'anzianita' contributiva e dell'aliquota di rendimento). Per i dipendenti che, alla medesima data, avevano un'anzianita' inferiore, come nel caso di specie, il trattamento pensionistico e' attribuito con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), in cui le quote di pensione relative alle anzianita' acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 vengono calcolate secondo il sistema retributivo previgente, mentre la quota di pensione riferita alle anzianita' successivamente maturate sono computate secondo il sistema contributivo (cfr. art. 1 comma 12, legge n. 335/1995). Al riguardo, costituisce ius recepturn, alla luce della decisione delle SS.RR. n. 1/2021 di questa Corte, l'applicabilita' dei criteri di calcolo, come reinterpretati, previsti dall'art. 54 TU 1092/1973, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione, in favore del personale appartenente al comparto militare, ivi compreso quello svolgente funzioni di Polizia (Carabinieri e Guardia di finanza). Inoltre, va evidenziato che la disposizione di cui all'art. 61 del medesimo TU, estende l'applicabilita' delle norme di cui al Capo II - ivi compreso quindi l'art. 54 -, ad alcune categorie di personale ad ordinamento civile (Vigili del fuoco, Corpo forestale), con conseguente applicazione, come riconosciuto da condivisibile consolidata giurisprudenza di questa Corte, anche al predetto personale, dei criteri di calcolo previsti dall'art. 54 per la determinazione della quota di pensione calcolata secondo il criterio retributivo. 5.2 Per contro, quanto al personale della Polizia Penitenziaria, la legge 395/90 nel prevedere lo scioglimento del Corpo degli agenti di custodia, ha espressamente rimandato, con la disposizione di cui al comma 4 dell'art. 1, all'ordinamento del personale civile. Con particolare riferimento alla determinazione del trattamento pensionistico, l'art. 73 del decreto legislativo n. 443/1992 (recante l'Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma I, della legge 15 dicembre 1990, n. 395), al comma 3 stabilisce: «Al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l'art. 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543». La norma richiamata, peraltro anteriore all'entrata in vigore del TU 1092/1973, nel disciplinare l'ammontare del trattamento pensionistico dei sottufficiali e gli appuntati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonche' i sottufficiali ed i militari di truppa del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza (oggi Polizia di Stato), del Corpo degli agenti di custodia ed il personale delle corrispondenti categorie del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato, prevedeva che la pensione fosse «ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile...» e che «Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non pile di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sana' aumentata del 3,60 per cento». Nulla veniva tuttavia previsto per il caso di dipendenti cessati con un'anzianita' inferiore a venti anni, per i quali occorre dunque far riferimento, stante il rimando all'ordinamento civile, alla disposizione di cui all'art. 44 del TU 1092/9173, in base alla quale «La pensione spettante al personale civile con l'anzianita' di quindici anni di servizio effettivo e' pari al 35 per cento della base pensionabile; detta percentuale e' aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento.» 5.3 Conclusivamente, pertanto, con riferimento al caso in esame, in sede di liquidazione del trattamento pensionistico del personale appartenente alla Polizia penitenziaria, che alla data del 31 dicembre 1995 avesse maturato un'anzianita' inferiore ai 18 anni, e' stata fatta applicazione, per il calcolo della quota retributiva, dei criteri, meno favorevoli rispetto a quelli applicabili al personale militare, previsti dalla disposizione di cui all'art. 44 del TU 1092/1973 per il personale civile. In particolare, nel caso di specie, per il calcolo della parte retributiva al Colapietro, che al 31 dicembre 1995 ha maturato 17 anni ed un mese di anzianita', e' stata applicata alla base pensionabile ex art. 44 TU 1092/1973 l'aliquota dello 0,3875% (35% per i primi quindici anni ed 1,80% per ogni ulteriore anno), laddove, applicando l'art. 54 del TU 1092/1973, come reinterpretato dalle SS.RR, avrebbe dovuto essere riconosciuta l'aliquota dello 0,41% (2,44% per 17 anni). 5.4 Questo giudice ritiene che il dubbio di legittimita' costituzionale ricollegabile alla violazione dell'art. 3 Cost. non possa essere superabile mediante interpretazione adeguatrice ovvero secundum constifutionem. In primo luogo, per le ragioni illustrate nei precedenti paragrafi, appare chiaro, anche in ragione della lettura dei lavori preparatori e degli stanziamenti di bilancio, che la disposizione di cui alla legge n. 234/21 debba essere interpretata, secondo una lettura «mediana», ovvero nel senso che, per il personale gia' in congedo al 31 dicembre 2021, il nuovo sistema di calcolo sia applicato solo a partire dal rateo del gennaio 2022. Quanto al regime previgente, va evidenziato che la normativa censurata non ha carattere polisenso, prevedendo in maniera chiara l'applicazione al personale appartenente alla Polizia Penitenziaria delle norme di disciplina previste per il personale civile, laddove l'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, di cui si chiede l'applicazione secondo l'interpretazione fornita dalle Sezioni Riunite di questa Corte, e' espressamente riservata ai militari, nonche', per effetto del rinvio previsto dall'art. 61 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, al personale appartenente al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e al Corpo Forestale dello Stato. E' evidente dunque che l'assetto normativa previgente presenti una ingiustificata lacuna, con una chiara discriminazione nei confronti del personale del Corpo degli Agenti di Polizia Penitenziaria, a fronte della specialita' delle funzioni svolte da tale personale, e di mansioni molto simili a quelle del personale delle altre Forze di Polizia ad ordinamento militare (Guardia di Finanza e Carabinieri). Lacuna che, a parere di questo Giudice, e' stata solo parzialmente colmata dall'intervento contenuto nella legge di Bilancio 2022, restando escluso dal nuovo sistema di calcolo il trattamento pensionistico in godimento dalla data del pensionamento fino al 31 dicembre 2021. 6. La questione di legittimita' costituzionale, oltre che rilevante, non e' manifestamente infondata, in quanto le norme censurate si pongono in irrimediabile contrasto con l'art. 3, comma 1, Cost., inteso quale canone di «ragionevolezza», in virtu' del quale devono intendersi non conformi a Costituzione le scelte legislative che comportino discriminazioni intollerabili fra situazioni similari. In particolare, l'assetto normativo della cui legittimita' costituzionale si dubita determina una disparita' di trattamento, nella misura in cui il personale della Polizia Penitenziaria, gia' in congedo al 31 dicembre 2021, ha percepito, fino a tale data, un trattamento pensionistico ingiustificatamente inferiore a quello spettante al personale del medesimo Comparto Sicurezza. 7. In primo luogo, occorre prendere le mosse dall'intervento riformatore di cui alla legge 395/1990, il cui tratto qualificante viene comunemente individuato nella «smilitarizzazione», mediante lo scioglimento del Corpo degli agenti di custodia e soppressione del ruolo delle vigilatrici penitenziarie e la creazione del Corpo della Polizia Penitenziaria, facente parte delle Forze di Polizia ad ordinamento civile (art. 1). Al predetto corpo, e' attribuito il compito di garantire l'ordine e la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari e delle strutture del Ministero della giustizia (osservazione e trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati; traduzione e piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in luoghi esterni di cura), collaborando altresi' con l'Ufficio di sorveglianza e l'ufficio del pubblico ministero (art. 5). In estrema sintesi, dunque, l'intervento normativo in questione, nel trasformare l'ordinamento della Polizia Penitenziaria, ha mantenuto ferma, pur a fronte della sua smilitarizzazione, la innegabile peculiarita' del personale appartenente al predetto corpo rispetto allo stesso personale civile dipendente dal medesimo Ministero della giustizia.); 7.1 Passando al tema relativo alla disciplina del rapporto di lavoro, e piu' specificatamente alla materia pensionistica, osserva questo Giudice che il legislatore della riforma del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato, poi realizzata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, si e' trovato di fronte all'esigenza di prevedere un regime differenziato tra il personale civile e quello militare, in ragione della peculiarita' delle funzioni svolte dalle due categorie. Con riferimento al tema che ci occupa, tale differenziazione trova conferma nel diverso sistema di calcolo del trattamento pensionistico, all'epoca commisurato su una percentuale dell'ultima retribuzione percepita (la c.d. base pensionabile), ed in particolare regolato dall'art. 44 per il personale civile - che prevede l'applicazione di una percentuale del 35% della base pensionabile aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento -, e dall'art. 54 per il personale militare - che prevede l'applicazione di una percentuale del 44% della base pensionabile, aumentata di 1,80 per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo. 7.2.1 Cio' premesso, ritiene questo Giudice che una lettura sistematica dell'intero impianto riformatore di cui al TU 1092/1973 renda evidente come il legislatore, ferma la distinzione legata allo status civile o militare, avesse tuttavia ben chiara l'esigenza di prevedere un regime differenziato, in ragione delle particolari funzioni svolte, anche per altre categorie di dipendenti pubblici. E' il caso, ad esempio, del personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Corpo forestale dello Stato, entrambi pacificamente ad ordinamento (civile, nei cui confronti l'art. 61 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 prevede espressamente, in tema di trattamento pensionistico, l'applicazione delle norme di cui al Capo II, ovvero le norme riservate al personale militare. E' evidente che analoga estensione al personale del comparto «sicurezza» non fosse all'epoca necessaria, rientrando il relativo personale (Guardia di Finanza, Carabinieri, l'allora Corpo di agenti di Pubblici Sicurezza, oggi Polizia di Stato, e Corpo degli Agenti di Custodia, oggi Polizia Penitenziaria) tutto all'interno del comparto «militare». In buona sostanza, con particolare riferimento ai criteri di calcolo della pensione spettante in favore del personale cessato dal servizio avendo maturato tra i quindici ed i 20 anni di anzianita', a seguito smilitarizzazione della Polizia Penitenziaria, e fino all'intervento riformatore ed armonizzatore di cui alla legge 335195, si possono individuare i seguenti regimi: 1) art. 44, per il personale civile, ivi compresa la Polizia Penitenziaria, a seguito della smilitarizzazione; 2) art. 54, per il personale militare ivi compresi Carabinieri e Guardia di Finanza; 3) art. 61, con rimando all'art. 54, per il personale ad ordinamento civile del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo Forestale dello Stato. Orbene, si ritiene che questo assetto normativo si ponga in contrasto con la Costituzione, laddove, non prevedendo un trattamento differenziato, rispetto agli altri dipendenti del compiano «civile», per il personale della Polizia penitenziaria, mantiene per contro irrazionalmente un regime diversificato per il personale appartenente al medesimo comparto delle altre Forza di Polizia (Carabinieri e Guardia di Finanza), sul solo presupposto del relativo status militare. La norma appare inoltre vieppiu' irragionevole, laddove prevede l'applicazione di un regime piu' favorevole, riservato al personale ad ordinamento civile, quale quello del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale, appartenenti ad altri camparti (rispettivamente soccorso pubblico e tutela del patrimonio agro-forestale). 7.2.2. In tale contesto, non puo' prescindersi dalla considerazione delle forti analogie, pur nel rispetto delle diverse professionalita', tra le funzioni svolte dalle varie Forze di Polizia, cui espressamente appartiene la Polizia penitenziaria. Non vi e' dubbio infatti che, seppur contenuta nel perimetro del mondo carcerario, le funzioni della Polizia Penitenziaria possano senz'altro ascriversi alla categoria della «sicurezza», al pari di quelle svolte dalle altre forze di Polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato) e militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza). Un' ulteriore conferma del carattere speciale del personale in questione viene dallo stesso assetto ordinamentale degli agenti di Polizia Penitenziaria, che pur a fronte dell'abbandono del paradigma militare, non prevede il ricorso all'istituto dei livelli funzionali, ma mantiene la categoria dei ruoli distinti, all'interno dei quali si individuano le singole qualifiche in ragione della professionalita' richiesta (art. 6, legge 395/90), cosi' favorendo una struttura piu' rigida, di tipo gerarchico, sostanzialmente analoga a quella propria di un ordinamento militare, piu' confacente alle funzioni ed ai compiti da svolgere, in tempo di pace, da parte di un corpo armato. A tale riguardo, va considerato che, ai tini della individuazione delle qualifiche, e' stata prevista un'apposita tabella di equiparazione tra le qualifiche della Polizia Penitenziaria ed i gradi degli appartenenti al disciolto Corpo degli agenti di custodia (cfr. Tabelle, allegate alla legge 395/1990). Inoltre, l'art. 8 della legge 395/1990 ha previsto che il servizio prestato per non meno di dodici mesi nella Polizia Penitenziaria, ivi compreso il periodo di frequenza dei corsi, sarebbe stato considerato come assolvimento della leva, all'epoca, ancora obbligatoria. 7.3. Va poi dato atto dell'evoluzione normativa che ha visto estendere, con particolare riferimento al tema pensionistico, al personale della Polizia Penitenziaria principi ed istituti riservati al personale militare, ed in particolare: l'art. 56, terzo comma del decreto legislativo n. 443/1992, il quale prevede che al personale del Corpo di polizia penitenziaria, ai soli fini dell'acquisizione del diritto al trattamento di pensione normale, si applica l'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, applicabile al personale militare; articoli 2177 e ss. decreto legislativo n. 66/2010 (codice dell'ordinamento militare, COM), in virtu' dei quali e' stata prevista l'estensione al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco alcune disposizioni in tema di trattamento previdenziale riservate al personale militare. Si pensi poi alla tendenza legislativa volta al riallineamento della disciplina applicabile al personale del comparto sicurezza, in ragione della peculiarita' delle funzioni svolte. Si considerino in particolare: 1) l'art. 6 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (come convertito dalla legge n. 214 del 2011; c.d. legge Fornero) ha espressamente escluso l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermita' da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico; 2) la disposizione di cui all'art. 19 della legge 4 novembre 2010 n. 183, recante deleghe in materia di lavoro, la quale prevede ai primi due commi che: «1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, e' riconosciuta la specificita' del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarita' dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonche' per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attivita' usuranti. 2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma I e' definita can successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresi' a stanziare le occorrenti risorse finanziarie... » Al riguardo, non puo' non osservarsi come la stessa disposizione di cui alla legge di Bilancio 2022, nel far espresso richiamo proprio alla predetta disposizione del 2010, non fa che confermare come il legislatore fosse ben consapevole dell'esigenza di rimuovere la disparita' in tema di trattamento pensionistico tra il personale del medesimo comparto, in ragione della specialita' dei compiti ad esso affidati. Non e' in questa sede in discussione la scelta del legislatore di dare attuazione dopo piu' di dieci armi con una forma ibrida di norma a «retroattivita' temperata», alla delega contenuta nella legge 183 del 2010, al fine dichiarato di riallineare gli ordinamenti del personale del comparto sicurezza in ragione del loro carattere usurante. 8. In definitiva, reputa questo Giudice che la disposizione di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 395/1990, sia costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, stante la sostanziale identita' delle funzioni e dei compiti svolti dalle Forze di Polizia, non prevede che i criteri di calcolo del trattamento pensionistico, riferito alla quota retributiva della pensione, previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 54 del medesimo TU, siano estesi in favore anche al personale della Polizia Penitenziaria.