TRIBUNALE DI RAVENNA 
                           Sezione Penale 
 
    Il giudice monocratico,  dott.  Andrea  Chibelli,  alla  pubblica
udienza del 14 marzo 2022, nel procedimento in epigrafe indicato, nei
confronti di P. M. (in atti generalizzato);  sentite  le  conclusioni
formulate all'odierna udienza  dalle  parti  all'esito  del  giudizio
abbreviato;  a  scioglimento  della  riserva  assunta,  pronuncia  la
seguente ordinanza. 
1. Oggetto della questione di legittimita' costituzionale. 
    Il tribunale, consideratane la non manifesta  infondatezza  e  la
rilevanza nel caso concreto, ritiene di dover sollevare d'ufficio, ai
sensi dell'art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.  87,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.   73   decreto
legislativo 6 settembre 2011 n. 159 in relazione agli articoli 3, 25,
secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione. 
2. Rilevanza della questione. 
    La questione di legittimita' che viene rimessa  al  sindacato  di
costituzionalita' ha rilevanza nel procedimento in corso,  in  quanto
il procedimento in esame verte sulla contestazione del reato p. e  p.
dal citato art. 73. 
    In particolare, dagli atti  di  indagine  acquisiti  al  giudizio
(utilizzabili,  ai  fini  della  decisione,  in  ragione   del   rito
abbreviato prescelto dal prevenuto) emerge che  l'imputato  e'  stato
sottoposto alla misura di  prevenzione  dell'avviso  orale  -  con  i
divieti aggiuntivi di cui all'art. 3, comma 4, decreto legislativo  6
settembre 2011 n. 159  -  con  provvedimento  definitivo  emesso  dal
questore di ... in data ... e notificato all'interessato il ... 
    Alle ore ..., sottoposto a un controllo di  polizia  stradale  in
..., via ..., il prevenuto veniva trovato, dai militari operanti  del
NOR Carabinieri di ..., alla guida dell'autovettura ...  targata  ...
senza essere munito della  prescritta  patente  di  guida.  All'esito
delle  verifiche  espletate  dalla   polizia   giudiziaria   operante
risultava che l'imputato era in realta' sprovvisto della  patente  di
guida perche' mai conseguita (cfr. la C.N.R. n. ... di prot.llo  dell
... e i relativi allegati). 
    Le  emergenze  processuali   comprovano   dunque   una   condotta
riconducibile a quella sanzionata dalla citata norma  incriminatrice,
che, come noto, punisce con la pena dell'arresto da sei  mesi  a  tre
anni la guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o  dopo
che la patente sia stata negata,  sospesa  o  revocata,  commessa  da
persona gia' sottoposta, con provvedimento definitivo, a  una  misura
di prevenzione personale. 
    Al riguardo, la giurisprudenza di legittimita' ha invero da tempo
chiarito che «la depenalizzazione del reato di guida senza patente di
cui all'art. 116 cod. strada a seguito  del  decreto  legislativo  15
gennaio 2016, n. 8 non si estende all'ipotesi in cui la  guida  senza
patente venga posta in essere  da  persona  sottoposta  a  misura  di
prevenzione personale, in relazione alla quale l'art. 73 del  decreto
legislativo 6 settembre 2011,  n.  159  prevede  un  autonomo  reato»
(Cassazione I, 6 agosto 2019, n. 35772;  Cassazione  V,  12  dicembre
2017, n. 8223/2018, Cavallo, Rv.  272233  -  0.1;  Cassazione  I,  13
giugno 2013,  n.  27828,  Magliulo,  Rv.  255992;  Cassazione  I,  18
febbraio 2013, n. 13626, Tilenni Scaglione, Rv. 224019). 
    Nella specie,  l'infrazione  (guida  senza  patente  perche'  mai
conseguita)  sussiste  ed  e'  stata  commessa  da  persona  (il  P.)
sottoposta, con provvedimento definitivo,  all'avviso  orale  con  la
prescrizione di divieti aggiuntivi, da ritenersi,  nella  sistematica
introdotta dal decreto legislativo 6  settembre  2011,  n.  159,  una
delle misure di prevenzione personali disciplinate dal titolo  I  del
Libro I  del  citato  decreto  (annoverabile  nella  categoria  delle
«misure di prevenzione personali applicate dal questore»), in  quanto
tale  suscettibile  di  integrare  il  presupposto   della   condotta
incriminata. 
    Si tratta di conclusione imposta dalla tassonomia introdotta  dal
citato decreto legislativo - recante il codice delle leggi  antimafia
e delle misure di prevenzione - e dal  chiaro  tenore  letterale  del
disposto di cui al citato art. 73. 
    Il provvedimento risulta validamente adottato: l'avviso orale  si
fondava sulla ritenuta pericolosita' sociale del  soggetto,  valutata
con giudizio prognostico sulla base dei vari precedenti penali  e  di
polizia per furto, reati in materia di falso,  estorsione,  reati  in
materia  di  prostituzione,  ricettazione   truffa,   nonche'   sulla
reiterazione di condotte antigiuridiche nonostante la  sottoposizione
a  misure  di  custodia  cautelare   disposte   in   piu'   occasioni
dall'autorita'   giudiziaria,   elementi,   come   sintetizzati   nel
provvedimento  impositivo  e  corrispondenti  alle   risultanze   del
certificato  penale  in   atti,   da   considerarsi   sufficienti   a
giustificare - non soltanto il  giudizio  di  pericolosita'  sociale,
attuale e concreto, di P. idoneo a inquadrarlo in una delle categorie
di cui all'art. 1  decreto  legislativo  6  settembre  2011,  n.  159
(presupposto  formale  del  provvedimento),   bensi'   -   ma   anche
l'applicazione degli specifici divieti di cui all'art.  3,  comma  4,
del citato decreto. 
    Al  riguardo,  giova  peraltro  precisare  che   il   presupposto
necessario  per  l'adozione  dell'avviso   orale   costituito   dalla
pericolosita' per la sicurezza  pubblica  del  soggetto  destinatario
forma oggetto  di  un  necessario  giudizio  prognostico  fondato  su
valutazioni  discrezionali  dell'autorita'  amministrativa,  che   si
possono basare su presunzioni o indizi, desunti da comportamenti tali
da assumere un significato di  tendenziale  pericolosita',  denotante
una personalita' incline a  comportamenti  antigiuridici  e,  quindi,
antisociali (Cons. Stato, Sez. VI, n. 7581 del 30 dicembre 2005,  con
riferimento alla  disciplina  gia'  prevista  dall'art.  4  legge  27
dicembre 1956, n. 1423, come modificato dall'art. 5  legge  3  agosto
1988, n. 327). 
    Poi, per l'applicazione dei divieti aggiuntivi di cui all'art. 3,
comma 4, cit. si richiede  che,  al  di  la'  della  sussistenza  del
presupposto di  legittimita'  formale  concernente  la  condanna  per
delitti non colposi, la specifica  limitazione  risulti  giustificata
dalla necessita' di prevenire la commissione  di  condotte  illecite,
con l'effetto che il giudizio prognostico legittimante dal  punto  di
vista sostanziale l'applicazione di tali incisivi divieti deve essere
giustificato da una  specifica  motivazione  che  tenga  conto  delle
condizioni personali del prevenuto e che selezioni,  nell'ambito  dei
vari ed eterogenei  divieti  contemplati  dalla  norma,  quello  piu'
idoneo a tutelare la collettivita'. 
    Motivazione nel caso concreto fondata sulla valorizzazione  della
reiterata violazione della legge penale e alla situazione di  allarme
determinata dall'ulteriore  condotta  di  P.  sempre  per  violazioni
inerenti  al  medesimo  ambito,  con  la  conseguente  necessita'  di
emettere l'avviso orale nei suoi  confronti  con  la  previsione  dei
divieti aggiuntivi di cui all'art.  3,  comma  4,  cit.  al  fine  di
contenere la pericolosita' specifica da lui palesata. 
    Cio' posto, il presente giudizio non puo' allora essere  definito
in  assenza  della  soluzione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale in ordine  alla  qualificazione  giuridica  del  fatto
ascritto  all'imputato   ne'   e'   possibile   una   interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione in esame sulla scorta
del descritto inquadramento e della interpretazione data dalla  Corte
di legittimita' sulla struttura del reato. 
3. Non manifesta infondatezza. 
    Ad avviso del tribunale, la disposizione censurata viola l'art. 3
della Costituzione,  in  quanto,  a  seguito  della  depenalizzazione
attuata con l'art. 1, decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.  8,  la
conduzione di veicoli senza aver conseguito la corrispondente patente
di guida e la guida senza patente perche' revocata  o  non  rinnovata
per mancanza dei requisiti fisici e psichici non piu' prevista  dalla
legge come reato (salvo il caso  di  recidiva  nel  biennio)  perche'
trasformata in illecito amministrativo e oggi punita  dall'art.  116,
comma 15, primo periodo, del decreto legislativo 30 aprile  1992,  n.
285, con sola la sanzione amministrativa da 5.100 a 30.599 euro. 
    Ne deriva che, nell'attuale  sistema  normativo,  l'essere  stato
sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione
personale, pur essendo circostanza del tutto estranea al  fatto-reato
(la guida senza patente), rende punibile una condotta che,  se  posta
in essere da qualsiasi altro soggetto, non assume alcun disvalore sul
piano penale (salvo il caso di recidiva nel biennio). 
    In quest'ottica, la norma incriminatrice appare allora viziata da
irragionevolezza, giacche' un medesimo fatto (la guida senza patente)
rileva sotto l'aspetto penale soltanto per una particolare  categoria
di  soggetti,  quelli  cioe'  che  siano  sottoposti  a   misura   di
prevenzione, senza che emergano specifiche  e  pregnanti  ragioni  di
tutela  sociale,  trattandosi  di  un  illecito  comune  ex  se   non
espressivo dell'ingravescenza delle esigenze di  ordine  e  sicurezza
pubblica sottese alla misura ante o  praeter  delictum,  ma  al  piu'
sintomatico di un atteggiamento non rispettoso dell'obbligo di vivere
onestamente  e  di  rispettare   le   leggi,   obbligo   generico   e
indeterminato  che  peraltro  e'   stato   ritenuto   dalla   recente
giurisprudenza costituzionale inidoneo a  integrare  una  fattispecie
penale (Corte costituzionale n. 25 del 2019). 
    E cio' risulta ancor piu' vero con riferimento al caso di specie,
se si pone mente al fatto che: 1)  l'imputato  e'  sottoposto  a  una
misura   di   prevenzione    personale    applicata    dall'autorita'
amministrativa  (e  non  gia'  a  una  delle  piu'  gravi  misure  di
prevenzione   personali    disposte    dall'autorita'    giudiziaria,
disciplinate dagli  articoli  4  e  ss.  del  decreto  legislativo  6
settembre 2011 n. 159, applicate nei confronti di  soggetti  ritenuti
pericolosi  per  la  sicurezza  pubblica,  in  relazione   alla   cui
salvaguardia altre misure non  sono  state  considerate  idonee);  2)
ancorche' accompagnata da prescrizioni  aggiuntive  limitative  della
sfera di liberta' del soggetto, la misura di prevenzione in questione
non comporta alcun vincolo consistendo soltanto nella intimazione  di
tenere «una condotta conforme alla legge», ovverosia nulla di piu'  o
di meno di cio' che e' richiesto alla generalita' dei  cittadini;  3)
la qualita' di «persona sottoposta a misura di prevenzione», nel caso
delle misure di prevenzione  personali  applicate  dal  questore,  e'
riferibile a categorie dei destinatari  delle  misure  in  questione,
elencate nello stesso art. 4, individuate sulla scorta di valutazioni
prognostiche ancorate  anche  a  presunzioni  o  indizi,  desunti  da
comportamenti  tali  da  assumere  un  significato   di   tendenziale
pericolosita', denotante una  personalita'  incline  a  comportamenti
antigiuridici e, quindi, antisociali, molto variegate ed  eterogenee,
al punto che non e' agevole identificarne un denominatore comune  che
rilevi come indice di pericolosita' sociale. 
    Si consideri, poi, in relazione al principio  di  ragionevolezza,
che il legislatore continua a prevedere come reato la  sola  condotta
di guida di un autoveicolo da parte di soggetto sottoposto  a  misura
di prevenzione, al quale, per tale sua  condizione,  la  patente  sia
stata revocata o negata, mentre, in relazione alle altre categorie di
soggetti la cui condizione soggettiva e'  ostativa  al  rilascio  del
titolo abilitativo alla guida ai sensi dell'art. 120, commi 1 e 2 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (i  delinquenti  abituali,
professionali  o  per  tendenza  e  coloro  che  sono  o  sono  stati
sottoposti a misure di sicurezza personali, le persone condannate per
i reati di cui agli articoli 73 e  74  del  testo  unico  di  cui  al
decreto del Presidente della  Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309,
nonche' ai soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli  75,
comma 1, lettera a), e 75-bis, comma  1,  lettera  f),  del  medesimo
testo unico) la condotta di guida e' stata  trasformata  in  illecito
amministrativo,  con   cio'   ingenerando   una   non   razionalmente
comprensibile disparita' di trattamento tra soggetti accomunati dalla
sussistenza  di  una  condizione  ostativa  che   incide   in   senso
identicamente negativo sulla titolarita' della patente. 
    Inoltre, l'irrazionalita' del sistema attualmente vigente  emerge
con nettezza anche sulla scorta del rilievo per cui nella sua attuale
formulazione la norma incriminatrice ex art. 73 cit. accomuna, in una
irragionevole omologante indifferenza valutativa,  presupposti  della
condotta per diversa, ovverosia l'ipotesi in cui la patente  non  sia
mai stata conseguita (come e'  avvenuto  nel  caso  di  specie),  per
ragioni ed evenienze estranee  e  diverse  rispetto  all'applicazione
della misura di prevenzione personale, e le ipotesi in cui la patente
sia  stata  «negata,  sospesa  o  revocata»  proprio  quale   effetto
dell'applicazione della misura  di  prevenzione  personale  (per  cui
potrebbe dirsi, soltanto in  quest'ultimo  caso,  che  la  previsione
incriminatrice troverebbe giustificazione nell'esigenza di presidiare
l'effettivita' del  complesso  e  sfaccettato  regime  «interdittivo»
collegato all'applicazione delle misure di prevenzione personali). 
    A cio' si aggiunga, sotto il medesimo  profilo,  che,  del  tutto
irragionevolmente,  lo  stesso  elemento  fattuale  (lo   status   di
sottoposto ad una misura di prevenzione) e'  considerato  circostanza
aggravante rispetto ad altri reati  dall'art.  71  e,  nel  contempo,
dall'art. 73, elemento  costitutivo  di  una  fattispecie  di  regola
integrante un mero illecito amministrativo. 
    Inoltre, non puo' non osservarsi  che  la  fattispecie  in  esame
prevede l'applicazione di una sanzione penale non gia'  in  relazione
alla violazione degli obblighi e  delle  prescrizioni  inerenti  alla
misura di prevenzione personale (come e' nel caso  delle  fattispecie
p. e p. dagli articoli 75 e 76 del decreto  legislativo  6  settembre
159 del 2015), ma, in definitiva, in correlazione  con  una  condotta
(la guida senza patente) estranea al nucleo precettivo  della  misura
di prevenzione e soltanto indirettamente  collegata  all'applicazione
della stessa (essendo la sottoposizione alla  misura  di  prevenzione
personale produttiva dell'effetto ostativo al rilascio della  patente
di guida). 
    E cio' appare vieppiu' irragionevole  se  raffrontato  alla  piu'
recente elaborazione giurisprudenziale. 
    Infatti,  come  noto,  la  Corte  di  legittimita'  ha   dapprima
valorizzato,  ai  fini  dell'applicazione  delle  citate  fattispecie
criminose poste  a  presidio  degli  obblighi  e  delle  prescrizioni
imposte al sottoposto alla misura di prevenzione personale, non  gia'
qualsiasi defaillance comportamentale  (anche  se  ascrivibile  a  un
soggetto  «qualificatamente»  pericoloso),   ma   soltanto   condotte
«eloquenti»  in  quanto  espressive  di  una  effettiva  volonta'  di
ribellione allo statuto prescrittivo a cui il soggetto e' sottoposto,
vale a  dire  alle  (significative)  prescrizioni  che  detta  misura
accompagnano,  caratterizzano  e  connotano,  prescrizioni   la   cui
elusione comporterebbe la «sostanziale vanificazione» del trattamento
preventivo (cfr. cassazione, sez. un. n. 32923 29  maggio  2014);  e,
una volta affermato che l'obbligo di rispettare le leggi non  integra
la norma incriminatrice da ultimo citata, la Corte di  cassazione  ha
poi chiarito che il sottoposto alla misura di prevenzione personale -
autore di un reato comune o un illecito amministrativo - deve  essere
punito solo per questi e che la commissione  di  tali  illeciti  puo'
avere  rilevanza  solo  per  l'eventuale  modifica  della  misura  di
prevenzione, ai sensi dell'art. 11 decreto legislativo 159  del  2011
(cassazione, sez. un. n. 40076 del 27 aprile 2017, intervenuta  prima
di Corte costituzionale, n. 25 del 2019). 
    In definitiva, avendo il legislatore ritenuto che la guida  senza
patente non assuma rilevanza penale autonoma, ma sia  sufficiente  la
sua  punibilita'  sotto  l'aspetto  amministrativo,  la  disposizione
incriminatrice in questione non ha piu' ragion  d'essere,  in  quanto
introduce  ex  novo  una  fattispecie  penale   in   cui   l'elemento
costitutivo fondamentale non e' piu' considerato fatto punibile e  la
punibilita'  deriva  invece  da  elementi  e  presupposti  del  tutto
estranei al momento e alle condizioni concrete in cui un  determinato
comportamento (penalmente irrilevante) e' stato posto in essere. 
    In questa prospettiva, la precedente sottoposizione a  misura  di
prevenzione personale assume in realta' le sembianze  di  un  vero  e
proprio segno distintivo che  incentra  su  di  se'  la  ratio  della
punibilita'  a  titolo  di  reato,  trattando  in  modo  speciale   e
differenziato rispetto a tutti gli altri cittadini, una categoria  di
persone in assenza di un collegamento con la condotta  materiale  del
reato e indipendentemente dalla  necessita'  di  salvaguardare  altri
interessi di rilievo costituzionale. 
    La  previsione,  come  reato,  della  violazione,  da  parte  del
soggetto sottoposto alla blanda  misura  di  prevenzione  dell'avviso
orale  del  questore,  dell'obbligo  di  patente  di  guida,  produce
l'effetto  abnorme  di   sanzionare   come   reato   una   violazione
amministrativa  che  non  trova  giustificazione   nell'esigenza   di
contrastare il rischio che siano commessi reati -  che  e'  al  fondo
della ratio delle misure di prevenzione - esigenza  che  si  raccorda
alla tutela dell'ordine e della sicurezza come valore  costituzionale
(essendo  le  misure  di   prevenzione   «finalizzate   alla   tutela
della sicurezza pubblica e postulanti la sussistenza  di  determinati
presupposti soggettivi [...]  nonche'  della  pericolosita',  che  le
suddette misure mirano a controllare, svolgendo, quindi, una funzione
cautelativa»: Corte costituzionale n. 161 del 2009). 
    Inoltre, la disposizione censurata e' affetta da ulteriori  vizi,
derivanti dalla violazione del principio costituzionale di  legalita'
della pena, al quale, in  base  all'art.  25,  secondo  comma,  della
Costituzione, deve attenersi la legislazione penale. 
    Come  visto,  l'essere  sottoposto  a   misura   di   prevenzione
personale, pur essendo evenienza del tutto estranea  al  fatto-reato,
rende invero punibile  una  condotta  che,  se  posta  in  essere  da
qualsiasi altro  soggetto,  non  assume  alcun  disvalore  sul  piano
penale. 
    In questa prospettiva, la  disposizione  censurata,  finendo  col
punire non tanto la guida senza patente in se', quanto  una  qualita'
personale del soggetto che dovesse  incorrervi,  si  pone  allora  in
aperta violazione del principio di offensivita' del reato, che  nella
sua accezione astratta costituisce un  limite  alla  discrezionalita'
legislativa in materia penale posto sotto il presidio di questa Corte
(sentenze n. 263 del  2000  e  n.  360  del  1995),  assegnando  alla
condizione soggettiva (la qualita' di sottoposto,  con  provvedimento
definitivo, a misura di  prevenzione)  le  fattezze  di  un  marchio,
idoneo a trasformare in  reato  fatti  che  per  la  generalita'  dei
soggetti non costituiscono illecito penale. 
    Da questa  angolazione,  la  fattispecie  criminosa  in  esame  -
enfatizzando, ai fini della punibilita', la sola qualita'  soggettiva
del reo in assenza di  un  collegamento  con  la  condotta  materiale
stigmatizzata dalla previsione incriminatrice - assume  i  tratti  di
una sorta di reato d'autore, in  quanto  tale  in  contrasto  con  il
«volto costituzionale» del moderno diritto penale e, in  particolare,
in violazione dell'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione,  che
pone il fatto alla base  della  responsabilita'  penale  e  prescrive
pertanto, in modo rigoroso, che un soggetto debba  essere  sanzionato
per le condotte tenute e non per  le  sue  qualita'  personali  (cfr.
Corte costituzionale n. 249 del 2010). 
    Sotto altro ma concorrente profilo, la disposizione e' infine  in
frizione con l'art. 27 comma 3, della Costituzione, nella  misura  in
cui l'irrogazione di una sanzione  penale  determina  un  trattamento
punitivo sproporzionato rispetto al fatto commesso  (sanzionato  come
illecito amministrativo se commesso da altro soggetto),  che  sarebbe
percepito come  ingiusto  dal  condannato  e,  percio',  risulterebbe
inidoneo a svolgere la funzione rieducativa prescritta dall'art.  27,
terzo comma, della Costituzione, sul rilievo che una pena palesemente
sproporzionata - e, dunque, inevitabilmente avvertita  come  ingiusta
dal condannato - vanifica, gia' a livello di comminatoria legislativa
astratta, la finalita' rieducativa. 
    In   conclusione,   e',   quindi,    evidente    l'illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata sia per la disparita'  di
trattamento  che  introduce,  sia  sotto  il   profilo   strettamente
logico-giuridico, in omaggio ai principi di legalita', offensivita' e
materialita' della legge penale e  del  finalismo  rieducativo  della
pena.