IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1108 del 2021, proposto da: Detto Factor S.p.a. - in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessia Melchiorri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Brogno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'ottemperanza: della sentenza del Tribunale di Cosenza del 5 maggio 2015, n. 668; della sentenza del Tribunale di Cosenza del 14 agosto 2015, n. 1366. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda sanitaria provinciale di Cosenza; Relatore nella Camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2022 il dott. Francesco Tallaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; I. - I fatti di causa I.1. - Con ricorso notificato il 21 giugno 2021 e depositato il successivo 1° luglio, Detto Factor S.p.a. - in liquidazione si e' rivolta a questo Tribunale Amministrativo Regionale per ottenere l'ottemperanza di due sentenze, in forza delle quali essa vanterebbe nei confronti dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza ancora un credito di euro 2.882.792,59 per sorte capitale, oltre agli interessi ammontanti, alla data del 31 aprile 2021, ad euro 1.836.321,09, nonche' oltre a euro 44.339,42 a titolo di spese legali (cosi' composte: euro 11.472,00 liquidate nelle sentenze; euro 26,94 a titolo di esborsi per copie delle sentenza; euro 4,98 quali spese di notifica; euro 32.835,50 per tassa di registro). I.2. - Invero, su ricorso proposto da Detto Factor S.p.a. - in liquidazione, quale cessionaria dei crediti vantati dall'Istituto Ninetta Rosano S.r.l. per l'erogazione di prestazioni di pronto soccorso rese nel corso dell'anno 2007, in data 7 agosto 2009 il Tribunale di Cosenza aveva emesso il decreto ingiuntivo n. 1247, con il quale avevo intimato all'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza il pagamento della somma di euro 996.587,68, oltre alla corresponsione di interessi moratori, per come richiesti in ricorso, nella misura di cui all'art. 5 decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, calcolati dal trentunesimo giorno dalla presentazione della fattura per il 70% del credito e dal novantunesimo giorno dalla presentazione della fattura per il restante 30%, nonche' alla rifusione delle spese e competenze del procedimento monitorio. Proposta opposizione da parte dell'azienda ingiunta, il Tribunale di Cosenza l'aveva rigettata con sentenza del 5 maggio 2015, n. 668, passata in cosa giudicata. Con la sentenza vi era stata altresi' condanna di parte opponente alla rifusione, in favore di parte opposta, delle spese della fase di opposizione. I.3. - La seconda sentenza di cui Detto Factor S.p.a. ha chiesto l'ottemperanza e' stata pronunciata sempre dal Tribunale di Cosenza il 14 agosto 2015, n. 1366. Essa e' stata resa sull'opposizione proposta dall'ASP di Cosenza avverso il decreto ingiuntivo del 31 dicembre 2010, n. 1594, ottenuto dalla diversa societa' Beta Skye S.r.l. per ulteriori crediti vantati dall'Istituto Ninetta Rosano S.r.l. e da questa ceduti all'istante. Il Tribunale di Cosenza ha rigettato la predetta opposizione, ma ha poi revocato, in virtu' del parziale pagamento intervenuto nelle more, il decreto ingiuntivo opposto, condannando l'azienda intimata al pagamento, in favore di Beta Skye S.r.l., della somma di euro 1.886.204,91, oltre alla corresponsione di interessi ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2002 dalla costituzione in mora del 25 gennaio 2011, nonche' alla rifusione delle spese processuali, con distrazione in favore del costituito procuratore. I.4. - Come anticipato, Detto Factor S.p.a. ha chiesto che il Tribunale Amministrativo Regionale adito ordini all'ASP di Cosenza il compimento degli atti utili e necessari a dare piena esecuzione al giudicato derivante dalle due sentenze, fissando un termine perentorio per il pagamento del complessivo importo di euro 4.769.744,42, oltre ulteriori interessi ex decreto legislativo n. 231 del 2002 dal 1° maggio 2021, nonche' il pagamento delle spese liquidate in ciascuna sentenza e la rifusione delle spese successive, comprese quelle di registrazione. La societa' ricorrente ha, inoltre, chiesto la condanna dell'azienda intimata al ristoro di tutti i danni connessi alla violazione o elusione del giudicato per fatto e volonta' imputabili solo alla pubblica amministrazione; nonche' la nomina immediata di un Commissario ad acta. I. 5. - L'ASP di Cosenza si e' costituita in giudizio con memoria depositata il 28 luglio 2021. Con essa e' stata dedotta l'inammissibilita' del ricorso in ottemperanza, in base a quanto disposto dall'art. 117, comma 4 decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, conv. con mod con legge 17 luglio 2020, n. 77, come modificato dall'art. 3, comma 8 decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, conv. con mod. con legge 26 febbraio 2021, n. 21. Tale norma - nelle more del giudizio dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza della Corte costituzionale del 24 novembre 2021, n. 236 - prevedeva la sospensione sino al 31 dicembre 2021 delle azioni esecutive proposte nei confronti degli Enti del Servizio sanitario nazionale. I.6. - Con memoria depositata il 18 gennaio 2022, in vista della trattazione del ricorso, l'ASP di Cosenza ha integrato le proprie difese, deducendo: a) quanto alla sentenza n. 668 del 2015: a1) il credito si sarebbe estinto in forza dell'ordinanza del Tribunale di Cosenza del 22 dicembre 2021, a definizione della procedura esecutiva n. 387/2012 R.G.E.; a2) in ogni caso, il giudizio di ottemperanza risulterebbe ab origine inammissibile per difetto di legittimazione attiva, avendo Detto Factor S.p.a. - in liquidazione ceduto in blocco a Rubicon SPV S.r.l. «ogni e qualsiasi credito»; a3) non vi sarebbe, inoltre, prova della notifica del titolo esecutivo presso la sede legale dell'ASP di Cosenza, per come richiesto dall'art. 14 decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, conv. con legge 28 febbraio 1997, n. 30; a4) infine, con determina del 10 giugno 2019, n. 377, sarebbe stato disposto e quindi eseguito un pagamento di euro 690,000,00, a seguito di provvedimento di assegnazione, ancora una volta da parte del Tribunale di Cosenza, con ordinanza n. 294 del 2018, relativa al procedimento n. 1221/2016 R.G.E. b) quanto alla sentenza n. 1366 del 2015: b1) vi sarebbe un evidente difetto di legittimazione attiva, essendo stata parte del giudizio la Beta Skye S.r.l. e non gia' la Detto Factor S.p.a. - in liquidazione; b2) in ordine alle spese legali vi sarebbe ulteriore ragione di carenza di legittimazione attiva, essendo state distratte in favore dei procuratori costituiti; b3) anche tale credito sarebbe stato ceduto in blocco a Rubicon SPV S.r.l.; b4) in ogni caso, vi sarebbe stato, come si evincerebbe dagli avvisi di pagamento n. 5892 del 1° giugno 2010, n. 6110 del 7 agosto 2010, n. 8440 del 9 settembre 2010 e n. 10050 del 9 novembre 2010, il pagamento del credito riconosciuto con la sentenza. Infine, l'ASP di Cosenza ha dedotto che il ricorso in ottemperanza sarebbe inammissibile o comunque improcedibile in virtu' della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli Enti del servizio sanitario della Regione Calabria disposta con il sopravvenuto art. 16-septies, comma 2, lettera g) decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, conv. con mod. con legge 17 dicembre 2021, n. 215. I.7. - Il 21 gennaio 2022 Detto Factor S.p.a. ha depositato a sua volta memoria, prendendo posizione sulle eccezioni processuali e di merito sollevate dall'azienda intimata. Innanzitutto, essa ha negato che i crediti di cui si tratta rientrino tra quelli ceduti a Rubicon SPV S.r.l. Quindi, ha escluso che i pagamenti effettuati dall'ASP di Cosenza possano essere ritenuti liberatori, essendo stati effettuati nei confronti della societa' cedente. Ha poi precisato che l'ordinanza del Tribunale di Cosenza del 22 dicembre 2021, a definizione della procedura n. 387/2021 R.G.E., e' successiva alla proposizione del ricorso in ottemperanza e, in ogni caso, ha assegnato solo le somme necessarie alla rifusione delle spese di lite liquidate con la sentenza n. 668 del 2015. Ha inoltre allegato che, se e' vero che la sentenza n. 1366 del 2015 e' stata resa in favore di Beta Skye S.r.l., tale societa' avrebbe retrocesso a Detto Factor S.p.a. - in liquidazione i crediti oggetto della pronuncia. Ancora, ha lamentato l'illegittimita', anche per contrasto con gli articoli 2 e 24 Costituzione, del citato art. 16-septies, comma 2, lettera g) decreto-legge n. 215 del 2021. Infine, ha ipotizzato il rinvio nella trattazione del ricorso, onde attendere l'esito di due procedure esecutive avviate per i medesimi crediti. I.8 - Il ricorso, previo deposito di ulteriore memoria di replica da parte dell'ASP di Cosenza, e' stato trattato all'udienza camerale del 9 febbraio 2022 e spedito in decisione. II. - La questione di legittimita' costituzionale E' opinione del Tribunale Amministrativo Regionale che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g) decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di conversione, e cioe' la legge 17 dicembre 2021, n. 215, per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, da solo e, nella misura in cui riguardi anche il giudizio d'ottemperanza svolto davanti al giudice amministrativo, in combinata lettura con l'art. 113 della Costituzione. III. - La rilevanza della questione III.1. - La disposizione della cui compatibilita' con la Costituzione si dubita cosi' recita: «al fine di coadiuvare le attivita' previste dal presente comma (e cioe' le attivita' di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture, sia per la gestione corrente che per il pregresso, nonche' le attivita' di monitoraggio e di gestione del contenzioso, NDR), assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidita' necessaria allo svolgimento delle predette attivita' finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'art. 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025». III.2. - La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice di procedura civile, anche al giudizio di ottemperanza, che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, ha funzione e natura esecutiva, allorche' sia attivato ai fini dell'esecuzione di un provvedimento di giudice civile. Si e' infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un titolo formatosi davanti al giudice ordinario, il giudice amministrativo deve svolgere un'attivita' meramente esecutiva senza possibilita' d'integrare la sentenza, (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009, n. 561; Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2008, n. 4288; C.G.A., 8 settembre 2014, n. 522) dovendosi limitare all'accertamento dell'esistenza di un comportamento omissivo o elusivo e all'attuazione del disposto della pronuncia del giudice civile passata in giudicato, trovando in essa un limite invalicabile (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 18 gennaio 2016, n. 145). Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al giudizio di ottemperanza la sospensione delle procedure esecutive individuali prevista tanto all'art. 243-bis, comma 4 decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio di bilancio di un ente locale (cfr. CGA 28 ottobre 2014, n. 586; Tribunale amministrativo regionale Sicilia - Catania, Sez. I, 11 luglio 2013, n. 2045), tanto dall'art. 248, comma 2 del medesimo testo normativo per il caso di dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2018, n. 5184; Tribunale amministrativo regionale Lazio - Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440; III. 3. - Occorre, a questo punto, prendere posizione su un orientamento formatosi nella giurisprudenza amministrativa a proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli Enti del Servizio Sanitario disposta in passato con leggi che saranno richiamate ultra. Un certo orientamento (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2013, n. 3726; Tribunale amministrativo regionale Calabria - Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480) ritenne che la sospensione operasse soltanto per la fase propriamente esecutiva, svolta dal Commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, giacche' l'accoglimento, da parte del giudice, della domanda di ottemperanza si risolve nell'ordine alla stessa amministrazione debitrice di provvedere all'esecuzione entro un dato termine, rafforzando cosi' un ordine che scaturisce gia' dal dictum giurisdizionale rimasto ineseguito. Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento teste' descritto. Innanzitutto, esso opera una distinzione, quanto agli effetti della sospensione, tra la fase dell'ottemperanza svolta davanti al giudice amministrativo e la fase curata dal Commissario ad acta da esso nominato. Di tale distinzione, pero', non v'e' traccia nelle varie previsioni legislative succedutesi, che, come quella oggi in rilievo, si limitano a vietare che le azioni esecutive vengano «intraprese» o «proseguite» nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale. Peraltro, l'uso del verbo «intraprendere» richiama semanticamente e logicamente l'attenzione alla fase introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e cioe' al momento della proposizione del ricorso. In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale, se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice amministrativo, quella che vede il Commissario ad acta come protagonista - hanno come unica finalita' l'attuazione del comando giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. Infine, una simile opzione ermeneutica comporterebbe spreco di attivita' giurisdizionale, richiedendo la pronuncia del giudice amministrativo sulla domanda di ottemperanza senza che, poi, il privato possa ottenere la soddisfazione del credito agitato esecutivamente; e comportando elevate probabilita' di incidenti di esecuzione proprio in ordine all'applicabilita' della ridetta sospensione. III.4. - Emerge, dunque, in tutta la sua evidenza la rilevanza dei dubbi di legittimita' costituzionale. Ai sensi dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g) decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, infatti, questo Tribunale Amministrativo Regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente e in via del tutto preliminare, improcedibile il ricorso proposto da Detto Factor S.p.a. - in liquidazione, senza dover esaminare le altre argomentazioni difensive che l'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza ha esposto. III.5 - Infatti, e' vero che l'ente intimato ha dedotto anche, in via preliminare, l'inammissibilita' del ricorso per mancata notificazione della sentenza n. 668 del 2015 all'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, ai sensi dell'art. 14 decreto-legge n. 660 del 1996. Tale eccezione di natura preliminare, pero', riguarda uno solo dei due titoli esecutivi su cui si fonda l'azione di ottemperanza, sicche', ove anche fosse fondata, non escluderebbe la necessita' di questo Tribunale di pronunciarsi sull'azione di ottemperanza proposta da Detto Factor S.p.a. - in liquidazione per la soddisfazione del credito accertato con la sentenza n. 1366 del 2015. D'altra parte, a parere del Tribunale, la questione, posta dall'eccezione di mancata notifica del titolo, deve essere logicamente affrontata solo allorche' si ammetta in via generale l'attuale esperibilita' dell'azione di ottemperanza nei confronti degli Enti del Servizio sanitario della Regione Calabria, cosa che la norma, della cui legittimita' si dubita, esclude. III.6. - Le altre difese articolate dall'Azienda sanitaria provinciale intimata attengono al merito. Infatti, la questione relativa all'avvenuta soddisfazione dei crediti agitati esecutivamente afferisce all'attuale esistenza del credito vantato da Detto Factor S.r.l. Le problematiche relative alla titolarita' dal lato attivo dei crediti, posto che la sentenza n. 1366 del 2015 ha pronunciato in favore di Beta Skye S.r.l. e posto che vi sarebbe stata la cessione in blocco e pro soluto dei crediti a Rubicon SPV S.r.l., riguardano anch'esse la fondatezza dell'azione di ottemperanza, necessitando di un esame di merito precluso dall'art. 16-septies, comma 2, lettera g) decreto-legge n. 146 del 2021. IV - La non manifesta infondatezza della questione IV.1. - Il dubbio di incompatibilita' tra l'art. 16-septies, comma 2, lettera g) decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, e l'art. 24 della Costituzione e' alimentato dall'esame della giurisprudenza della Corte costituzionale. Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende anche l'esecuzione forzata, che e' diretta a rendere effettiva l'attuazione del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002). La tutela in sede esecutiva, infatti, e' componente essenziale del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno strumento indispensabile per l'effettivita' della tutela giurisdizionale perche' consente al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n. 198 del 2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del 1998; ordinanza n. 331 del 2001). La fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria (sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n. 304 del 2011). E' certo riservata alla discrezionalita' del legislatore la conformazione degli istituti processuali, con il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della disciplina (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008); ma tale limite e' valicato «ogniqualvolta emerga un'ingiustificabile compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del 2018; negli stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del 2021, n. 271 del 2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004). La sospensione delle procedure esecutive deve costituire, pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo - che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore - puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora [...] siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza n. 186 del 2013). E' ben vero che il legislatore ordinario - in presenza di altri diritti meritevoli di tutela - puo' procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva. Deve pero' sussistere un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, da valutarsi considerando la proporzionalita' dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalita' perseguite (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988). IV.2. - Sulla base dei principi teste' illustrati, la Corte ha gia' dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186, l'art. 1, comma 51, legge 13 dicembre 2010, n. 220, sia nel testo risultante a seguito delle modificazioni introdotte dall'art. 17, comma 4, lettera e), decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, conv. con mod. con legge 15 luglio 2011, n. 111, sia nel testo risultante a seguito delle ulteriori modificazioni apportate dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, conv. con mod. con legge 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in cui prevedeva che, nelle regioni gia' commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dei disavanzi sanitari, non potessero essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche ai sensi dell'art. 112 c.p.a., nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2012. La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore - puo' ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). Viceversa, la disposizione in quella sede censurata, la cui durata nel tempo, inizialmente prevista per un anno, era stata differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013, oltre a prevedere la estinzione delle procedure esecutive iniziate e la contestuale cessazione del vincolo pignoratizio gravante sui beni bloccati ad istanza dei creditori delle aziende sanitarie ubicate nelle regioni commissariate, con derivante e definitivo accollo, a carico degli esecutanti, della spese di esecuzione gia' affrontate, non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo di ordinate procedure concorsuali garantite da adeguata copertura finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. Essa, pertanto, si poneva, in entrambe le sue versioni, in contrasto con l'art. 24 della Costituzione in quanto, in conseguenza della norma censurata, venivano vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale gia' conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi da piu' di un triennio, nella impossibilita' di trarre dal titolo da loro conseguito l'utilita' ad esso ordinariamente connessa, ma dovevano, altresi', sopportare, in considerazione della automatica estinzione (o, nella versione precedente, della inefficacia) delle procedure esecutive gia' intraprese e della liberazione dal vincolo pignoratizio dei beni gia' asserviti alla procedura, i costi da loro anticipati per l'avvio della procedura stessa. Ne' si verificava la condizione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, rende legittimo il blocco delle azioni esecutive, cioe' la previsione di un meccanismo di risanamento che, come detto, canalizzasse in una unica procedura concorsuale le singole azioni esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non si rinvenivano nei piani di rientro cui la disposizione faceva riferimento, sicche' la posizione sostanziale dei creditori trovasse una modalita' sostitutiva di soddisfazione. La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di tale tipo di procedura ne' identificava le risorse finanziarie da cui attingere per il suo eventuale svolgimento. La Corte ha, altresi', considerato rilevante la circostanza che, con la disposizione censurata, il legislatore statale avesse creato una fattispecie di ius singulare che determinava lo sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parita' delle parti di cui all'art. 111 della Costituzione. Ne' poteva, infine, valere a giustificare l'intervento legislativo censurato il fatto che questo potesse essere ritenuto strumentale ad assicurare la continuita' della erogazione delle funzioni essenziali connesse al servizio sanitario: infatti, a presidio di tale essenziale esigenza gia' risultava da tempo essere posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, conv. con mod. con legge 18 marzo 1993, n. 67, in base alla quale e' assicurata la impignorabilita' dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari. IV.3. - Recentissimamente, con la sentenza del 7 dicembre 2021, n. 236, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, conv. con legge 26 febbraio 2021, n. 21, che, in ragione dell'emergenza derivante dall'epidemia di Covid-19, aveva prorogato la sospensione delle esecuzioni e l'inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, gia' precedentemente disposta. Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata sentenza n. 186 del 2013, la Corte ha precisato che, nonostante l'evoluzione dell'emergenza sanitaria e la possibilita' di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, la disposizione censurata aveva prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell'esecutato pubblico. In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del «blocco» delle esecuzioni venivano lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui e' stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una piu' specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 della Costituzione nonche', al contempo, la parita' delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo. Il protratto sacrificio imposto ai creditori sul piano della tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformita' con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una tutela alternativa di contenuto sostanziale, che pero' non era stata nella specie predisposta. IV.4. - Ebbene, la disposizione che in questa sede va applicata replica, a parere di questo Tribunale, tutti i profili di illegittimita' evidenziati con riferimento ai precedenti provvedimenti di sospensione. Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro anni (che si aggiungono ai quasi due anni in cui, sino alla sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2021, le procedure esecutive nei confronti di tutti gli enti del servizio sanitario nazionale sono rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva. Non prevede una procedura concorsuale idonea a garantire la soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori. Crea un'ingiustificata disparita' tra debitore pubblico e creditori privati, tra i quali possono ben esservi soggetti socialmente o economicamente svantaggiati. Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l'art. 24 della Costituzione, che invece assicura a tutti il diritto ad agire, anche esecutivamente. IV. 5 - La violazione dell'art. 24 della Costituzione si apprezza, trattandosi di giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo, anche in combinato disposto con l'art. 113 della Costituzione, che assicura sempre «la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa» e ne vieta l'esclusione o la limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Infatti, cio' che la norma in questione determina e' proprio l'impossibilita' per il creditore degli Enti del servizio sanitario regionale della Calabria di ottenere dal giudice amministrativo la tutela giurisdizionale esecutiva, in ragione del provvedimento giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario. Risulta quindi violato anche l'art. 113 della Costituzione. V. - Il giudizio presente va quindi sospeso, con trasmissione, ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla Corte costituzionale, affinche' decida della questione di legittimita' costituzionale che, con la presente ordinanza, incidentalmente si pone.