TRIBUNALE DI RAVENNA 
                           Sezione penale 
 
    Il Tribunale,  in  composizione  collegiale,  nelle  persone  dei
magistrati: 
        dott.ssa Cecilia Calandra, Presidente; 
        dott.ssa Antonella Guidomei, giudice; 
        dott. Andrea Chibelli, giudice relatore. 
    Letti gli atti del proc. n. 13/21 RG. ESEC. nei confronti  di  M.
N., nato a ... in data ...; 
    Decidendo in sede di giudizio di rinvio a seguito della pronuncia
della sentenza n. 44927 del 29 settembre 2021  (dep.  il  3  dicembre
2021) con  cui  la  Quinta  Sezione  della  Corte  di  cassazione  ha
annullato l'ordinanza emessa dal Tribunale  di  Ravenna  in  data  18
febbraio 2021; 
    Sentite le parti; 
    A scioglimento della riserva assunta all'udienza  del  28  aprile
2022; 
 
                               Osserva 
 
    Con provvedimento del 29 settembre 2021 la Quinta  Sezione  della
Corte di cassazione ha annullato con rinvio  l'ordinanza  emessa  dal
Tribunale di Ravenna in data 18 febbraio 2021, con  la  quale  questo
Tribunale, in sede di riesame, confermava l'ordinanza applicativa  di
sequestro  conservativo  emessa  il  7  maggio   2021   dal   Giudice
dell'udienza preliminare in  sede  nell'ambito  del  procedimento  n.
6340/16 RGNR, nei confronti di M. G., G. S. e  M.  N  .,  rinviati  a
giudizio per i  reati  di  associazione  per  delinquere,  bancarotta
fraudolenta distrattiva e falso in bilancio. Il sequestro  era  stato
disposto su richiesta della  parte  civile  curatela  del  fallimento
... S.r.l.  e  riguardava   quote   di   partecipazione   societaria,
l'immobile  sito  a  ...  alla  ...,  cinque  unita'  immobiliari  di
proprieta' della societa' ... S.r.l. e una porzione della  proprieta'
di un altro immobile appartenente alla ... S.r.l. 
    La Corte di cassazione ha rilevato incompletezza di  motivazione,
ritenendo l'ordinanza impugnata «carente quanto all'indicazione delle
ragioni del periculum  in  mora»  (donde  la  necessita'  di  lasciar
«comprendere le ragioni per le quali l'obbligazione risarcitoria  non
possa essere fronteggiata dal ricorrente  e  come  questo  generi  il
periculum che giustifica l'apprensione provvisoria dei beni»)  e  per
quanto riguarda la determinazione del danno e, in via  correlata,  il
valore dei beni da sottoporre a sequestro. E' stato  dunque  disposto
l'annullamento  con  rinvio  degli  atti  al  Tribunale  di   Ravenna
affinche'  il  giudice  di  merito  «fornisca  nuova   ed   effettiva
motivazione sul periculum derivante dall'insufficienza del patrimonio
di N. M. e sull'entita' del danno da risarcire, in rapporto  ai  beni
cui  si  riferisce  il  sequestro»,  colmando  le   rilevate   lacune
motivazionali. 
    Questo Collegio, investito della decisione in sede di giudizio di
rinvio, in data 17 marzo 2022, ha rimesso gli atti al Presidente  del
Tribunale di Ravenna, evidenziando che due  componenti  (la  dott.ssa
Antonella Guidomei e il dott. Andrea Chibelli),  avendo  fatto  parte
del Collegio che aveva emesso l'ordinanza annullata  dalla  Corte  di
cassazione, ravvisavano ragioni di astensione  dalla  trattazione  di
giudizio di rinvio ai sensi dell'art. 36, lettera h)  del  codice  di
procedura penale. 
    Con provvedimento del 23 marzo 2022 il Presidente  del  Tribunale
ha rigettato la richiesta di astensione e ha restituito gli  atti  al
Collegio, non ravvisando ragioni idonee a inibire  la  partecipazione
al giudizio di rinvio dei componenti del Collegio  che  aveva  emesso
l'ordinanza annullata.  Cio'  con  riferimento  al  disposto  di  cui
all'art. 623, lettera a) del  codice  di  procedura  penale  («se  e'
annullata un'ordinanza, la Corte di cassazione dispone che  gli  atti
siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata,  il  quale  provvede
uniformandosi alla sentenza di annullamento») e  al  principio,  piu'
volte ribadito dalla Corte di legittimita', secondo cui «nell'ipotesi
in cui  la  Corte  di  cassazione  annulli  con  rinvio  un'ordinanza
pronunciata  dal  tribunale  del   riesame,   non   sussiste   alcuna
incompatibilita' dei magistrali che abbiano  adottato  la  precedente
decisione a comporre il collegio chiamato a  deliberare  in  sede  di
rinvio, poiche' l'art. 623, lettera a) del codice di procedura penale
non richiede che i componenti siano  diversi»  (Cass.,  Sez.  IV,  n.
16717 del 14 aprile 2021). 
    Tanto premesso, in punto di merito si osserva quanto segue. 
    M. N. e' imputato, unitamente ad altri  soggetti,  dei  reati  di
associazione  per  delinquere,   bancarotta   fraudolenta   e   false
comunicazioni  sociali  dettagliatamente   descritti   nell'atto   di
incolpazione. 
    Nell'ambito del relativo procedimento penale e' stato attinto  da
decreto  di  sequestro  conservativo  emesso   dal   locale   Giudice
dell'udienza preliminare il 7 gennaio 2021.  Il  sequestro  e'  stato
disposto su richiesta della parte civile, curatela del fallimento ...
S.r.l.,  a  seguito  del  rinvio  a  giudizio  degli   imputati   per
associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta per  distrazione  e
falso in bilancio. 
    In sede di giudizio di impugnazione avverso il citato decreto  di
sequestro, il Tribunale del riesame ha confermato il  fumus  criminis
con riguardo a tutte le condotte contestate al M. per  le  quali  era
stato disposto il vincolo reale, essendo intervenuta l'emissione  del
decreto  di  rinvio  a  giudizio  nei  confronti  dell'imputato.   Il
Tribunale del riesame ha poi riconosciuto anche il periculum in mora,
sottolineando  l'insufficienza  delle   condizioni   economiche   del
ricorrente al fine di soddisfare le ingenti obbligazioni risarcitorie
fatte valere dalla parte civile e il pericolo  di  dispersione  delle
garanzie patrimoniali, in considerazione  delle  molteplici  condotte
fraudolente e decettive  attribuite  ai  sodali  dell'associazione  a
delinquere in questione, sintomatiche di slealta' patrimoniale, e del
danno complessivamente cagionato dalla condotta associativa  e  dalle
operazioni dolose  ascritte  a  tutti  gli  imputati  (danno  il  cui
ammontare e' stato stimato in una  cifra  non  inferiore  alla  somma
determinata  di  «oltre  dieci  milioni  di   euro»,   tenuto   conto
dell'imponente passivo fallimentare nonche' del nutrito comitato  dei
creditori e dei debiti verso l'erario). 
    Su ricorso proposto da M. N ., la Suprema Corte ha annullato  con
rinvio  la  citata  ordinanza,  ritenendo  viziata  la  parte   della
motivazione relativa al periculum  derivante  dall'insufficienza  del
patrimonio dell'imputato e alla determinazione dell'entita' del danno
da risarcire, in rapporto ai beni  cui  si  riferisce  il  sequestro,
chiedendo un nuovo esame sul punto. 
    Cio' premesso,  il  Tribunale,  consideratane  la  non  manifesta
infondatezza e la rilevanza  nel  caso  concreto,  ritiene  di  dover
sollevare d'ufficio, ai sensi dell'art. 23, terzo comma, della  legge
11 marzo  1953,  n.  87,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 623, comma 1, lettera a) del codice di procedura penale per
violazione degli articoli 3 e 111, comma 2 della  Costituzione  nella
parte in cui non prevede incompatibilita' a partecipare  al  giudizio
di  rinvio  del  giudice-persona  fisica,  il  quale  ha  concorso  a
pronunciare l'ordinanza emessa dal Tribunale  del  riesame  annullata
dalla Corte di cassazione. Cio' con particolare riguardo  al  diritto
ad un giudizio da svolgersi innanzi a Giudice terzo ed imparziale. 
    La questione appare rilevante e non manifestamente infondata. 
    Non  sembrano  esservi  dubbi,  innanzitutto,  in   ordine   alla
rilevanza della questione nel presente giudizio. Infatti, laddove  la
questione venisse  accolta,  verrebbe  designato,  per  la  decisione
sull'istanza di riesame in seguito all'annullamento  da  parte  della
Corte di cassazione dell'ordinanza emessa da  questo  Giudice  il  18
febbraio 2021, un Collegio  composto  da  magistrati-persone  fisiche
diversi del Tribunale di Ravenna. Diversamente, sarebbero gli  stessi
giudici che avevano partecipato alla deliberazione del  provvedimento
annullato a dover decidere nel presente giudizio di rinvio a  seguito
dell'annullamento dell'ordinanza pronunciata in ordine alla  medesima
istanza di riesame. 
    Il che determina la sicura rilevanza in concreto della questione. 
    E'  evidente,  infatti,  che  questo  Giudice  collegiale,  cosi'
composto, laddove fosse  chiamato  a  pronunciarsi  nuovamente  sulla
questione,  dovrebbe  pronunciarsi  su  profili  gia'  oggetto  delle
valutazioni  gia'  esplicitate  nell'ordinanza  annullata  (alla  cui
adozione hanno partecipato due dei medesimi giudici-persone fisiche),
evenienza,  questa,  che,  ad  avviso  del  Collegio,  stride  con  i
parametri costituzionali su cui ci si soffermera'  in  punto  di  non
manifesta infondatezza della questione. 
    La  Corte  di  cassazione  ha  gia'  ritenuto  che  non   ricorra
incompatibilita' ex art. 34 del  codice  di  procedura  penale  nelle
ipotesi di rinvio al medesimo Giudice investito  della  decisione  di
provvedimenti de libertate, ritenendo in  tali  casi  il  Giudice  di
rinvio non decida nel merito della  vicenda  ed  esprima  cosi'  quel
«giudizio» che l'art.  34  del codice  di  procedura  penale  pone  a
fondamento dell'incompatibilita'. 
    Nella fattispecie in esame, con norma speciale rispetto  all'art.
34, comma 1 del codice di procedura  penale,  l'art.  623,  comma  1,
lettera a)  del  codice  di  procedura  penale prevede  poi  che,  in
riferimento al giudizio di rinvio, «se e' annullata un'ordinanza,  la
Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi  al  giudice
che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi  alla  sentenza
di annullamento». 
    Parimenti, lo stesso art. 623, comma  1del  codice  di  procedura
penale, alla lettera d), prevede che «se e' annullata la sentenza  di
un tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari,
la Corte di cassazione  dispone  che  gli  atti  siano  trasmessi  al
medesimo tribunale»; ma aggiunge: «tuttavia, il giudice  deve  essere
diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata». 
    Quest'ultima prescrizione, presente nella lettera d) e non  anche
nella lettera a) - quella secondo cui il giudice deve essere  diverso
da quello che ha pronunciato la sentenza  annullata  -,  conferma  la
correttezza del presupposto interpretativo della  presente  ordinanza
di rimessione: ove oggetto di annullamento  sia  un'ordinanza  e  non
gia' una sentenza, non opera tale piu' specifica prescrizione. 
    Del  resto,  e'  la  stessa   giurisprudenza   costituzionale   a
confermare che le norme censurate vanno interpretate nel senso che in
sede di giudizio di esecuzione  il  giudizio  di  rinvio,  a  seguito
dell'annullamento dell'ordinanza di rideterminazione  della  pena  da
parte della Corte di cassazione, non possa essere  celebrato  innanzi
allo stesso giudice, persona fisica, che ha  pronunciato  l'ordinanza
impugnata e che tale interpretazione e'  oggettivamente  conforme  al
dato normativo e comunque rispondente al corrente orientamento  della
giurisprudenza di legittimita', cosi' da poter essere  assunta  quale
«diritto vivente» (cfr. Corte costituzionale n. 183 del  2013;  n.  7
del 2022). (1) 
    Dunque, la questione dell'incompatibilita' di  questo  giudice  a
decidere nuovamente la medesima questione gia' oggetto del precedente
giudizio di riesame appare indiscutibilmente  rilevante  in  concreto
nel presente giudizio. 
    A cio' si aggiunga che, nella specie, non  e'  neanche  utilmente
percorribile  la  strada  alternativa  dell'attivazione  del  rimedio
dell'astensione ex art.  36,  lettera  h)  del  codice  di  procedura
penale,  essendo  la  relativa  istanza  di  astensione  gia'   stata
rigettata dal Presidente del Tribunale. 
    Ne deriva  che  il  presente  giudizio  non  puo'  allora  essere
definito in assenza della soluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale    ne'    e'     possibile     una     interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione in esame sulla scorta
del   tenore   letterale   dell'articolato   codicistico   e    della
interpretazione data dalla Corte di legittimita'. 
    Cio' chiarito in punto di rilevanza della questione, debbono  ora
illustrarsi le ragioni per le  quali  si  dubita  della  legittimita'
costituzionale  -  in  relazione  agli  articoli  111   e   3   della
Costituzione - della mancata previsione, da parte degli articoli 623,
comma  1,  lettera  a)  e  34  del  codice   di   procedura   penale,
dell'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo  al
medesimo giudice-persona fisica che ha emesso l'ordinanza annullata. 
    Come  anticipato,  la  Corte  di  legittimita'  ha  costantemente
affermato, sul punto, che, nell'ipotesi in cui la Corte di cassazione
annulli con rinvio un'ordinanza pronunciata dal tribunale del riesame
non sussiste  alcuna  incompatibilita'  dei  magistrati  che  abbiano
adottato la precedente decisione a comporre il  collegio  chiamato  a
deliberare in sede di rinvio, poiche'  l'art.  623,  lettera  a)  del
codice di procedura  penale  non  richiede  che  i  componenti  siano
diversi e il procedimento incidentale de libertate non comporta,  per
sua natura, un accertamento sul merito della contestazione. (Sez.  6,
n. 33883 del 26 marzo 2014, G., Rv. 261076; conf. Sez.  2,  n.  15305
del 29 gennaio 2013, M., Rv.  255783).  Segnatamente,  i  giudici  di
legittimita' (Cass., sez. I, 7 ottobre 2003, M.) hanno affermato  che
l'imparzialita' del giudice  non  puo'  ritenersi  intaccata  da  una
qualsivoglia valutazione  gia'  compiuta  nello  stesso  o  in  altri
procedimenti  e  che  nel  giudizio  incidentale  de   libertate   la
cognizione sarebbe «limitata all'applicazione della misura  cautelare
che ha natura processuale e  non  sostanziale»;  di  conseguenza,  la
disciplina dell'incompatibilita' andrebbe  circoscritta  ai  casi  di
duplicita' del giudizio di merito sullo stesso oggetto, perche' «solo
allora e' ravvisabile il ragionevole  pericolo  che  il  giudice  sia
condizionato dalla propria precedente decisione». 
    Pertanto,  secondo  tale  orientamento  consolidato,  il   tenore
letterale dell'art. 623, lettera a) del codice di  procedura  penale,
in base al quale in caso di annullamento di un'ordinanza il  giudizio
deve essere rinviato al «giudice che l'ha pronunciata», correttamente
esclude  che  i  due  collegi  chiamati  a  statuire  sulla  liberta'
personale debbano essere formati da persone fisiche diverse. 
    Ora ritiene il Collegio che, nel caso di specie, questo  Giudice,
nella presente  composizione,  abbia  gia'  espresso  valutazioni  di
merito, pronunciandosi sull'istanza di riesame originaria,  sia  pure
nelle  forme  di  ordinanza  e  non  con  sentenza,  nell'ambito  del
procedimento  avente  ad  oggetto  la  legittimita'  del  decreto  di
sequestro  preventivo,  adottando  una  decisione  che  postula   non
secondario esame dei presupposti applicativi del vincolo ablatorio  e
che pertanto non puo' che integrare gli estremi del «giudizio» che la
previsione dell'art. 34 del codice  di  procedura  penale  pone  come
limite al giudice chiamato a decidere nuovamente. 
    In altri termini, proprio il fatto che il Collegio debba  per  la
seconda volta esercitare penetranti poteri di valutazione di  merito,
effettuando  un  nuovo   giudizio   circa   la   adeguatezza   e   la
proporzionalita' della misura cautelare reale, induce a ritenere  che
a decidere sul giudizio di rinvio (a seguito di annullamento da parte
della Corte di cassazione della precedente decisione sulla  richiesta
di riesame sul medesimo tema),  non  debba  e  non  possa  essere  il
medesimo  giudice-persona  fisica,  che  si  e'  gia'  espresso,  per
l'appunto, con le proprie penetranti valutazioni  di  merito,  su  un
aspetto fondamentale quale e'  quello  della  proporzionalita'  della
misura cautelare. 
    La   mancata   previsione   dell'incompatibilita'   del   giudice
competente del Tribunale  del  riesame,  persona  fisica,  che  abbia
pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di riesame avverso una misura
cautelare reale, poi annullata con rinvio dalla Corte di  cassazione,
confligge invero ad avviso del Collegio, con i parametri di cui  agli
articoli 3, primo comma, e 111, secondo comma della Costituzione). 
    Infatti, come affermato dalla Corte costituzionale  (sentenza  n.
131  del  1996),  il  «giusto  processo»  comprende   l'esigenza   di
imparzialita' del giudice, la quale non e' che «un  aspetto  di  quel
carattere  di  "terzieta'"  che  connota  nell'essenziale  tanto   la
funzione   giurisdizionale   quanto   la   posizione   del   giudice,
distinguendola da quella di tutti  gli  altri  soggetti  pubblici,  e
condiziona l'effettivita' del  diritto  di  azione  e  di  difesa  in
giudizio»; pertanto - ha sottolineato il giudice delle leggi -  «[l]e
norme sulla incompatibilita' del giudice sono funzionali al principio
di imparzialità-terzieta' della giurisdizione e cio' ne chiarisce  il
rilievo costituzionale». 
    In questa prospettiva, la disciplina sulla  incompatibilita'  del
giudice e' volta a evitare che la decisione sul  merito  della  causa
possa essere o apparire condizionata dalla «forza della  prevenzione»
- ovvero dalla naturale propensione a confermare una  decisione  gia'
presa o a mantenere un atteggiamento  gia'  assunto  -  derivante  da
valutazioni che il giudice abbia  precedentemente  svolto  in  ordine
alla medesima res iudicanda (ex plurimis, sentenze n. 66 del 2019, n.
18 del 2017, n. 183 del 2013, n. 153 del 2012, n. 177  del  2010,  n.
224 del 2001, n. 283 del 2000 e n. 241 del 1999). 
    E,  come  chiarito  dalla  Corte  costituzionale,  perche'  possa
configurarsi una situazione  di  incompatibilita',  nel  senso  della
esigenza costituzionale della relativa previsione, e' necessario  che
sia ravvisabile una valutazione «contenutistica» sulla  medesima  res
iudicanda e che tale valutazione si  collochi  in  una  precedente  e
distinta fase del procedimento, rispetto  a  quella  della  quale  il
giudice e' attualmente investito (sentenza n. 66 del 2019). 
    Cio'  detto,  e'   poi   noto   che   la   regola   generale   di
incompatibilita'  del  giudice  che  abbia  gia'  compiuto  atti  nel
procedimento e' posta dall'art. 34 del codice  di  procedura  penale,
che ne definisce termini e limiti, e che, in particolare,  stabilisce
al comma 1 che  il  giudice  che  ha  pronunciato  o  ha  concorso  a
pronunciare  sentenza  in  un  grado  del   procedimento   non   puo'
partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento. 
    Questa regola poi e' declinata piu' specificamente dall'art.  623
del codice di procedura penale che, con riferimento alla pronuncia di
annullamento con rinvio a seguito del giudizio di cassazione, prevede
- alle lettere b), c) e d)  -  i  vari  casi  di  annullamento  della
sentenza impugnata, indicando il giudice competente per  il  giudizio
di rinvio. 
    Se e' annullata una sentenza di un giudice collegiale  (corte  di
assise di appello o corte di appello o corte di assise o tribunale in
composizione collegiale) il giudizio e'  rinviato  rispettivamente  a
un'altra sezione della stessa corte o dello stesso  tribunale  o,  in
mancanza, alla corte o al tribunale piu' vicini. 
    Se e' annullata una sentenza di un giudice monocratico (tribunale
in composizione monocratica o giudice per le indagini preliminari) il
giudizio e' rinviato al medesimo tribunale, ma il giudice deve essere
diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata. 
    Ove invece sia annullata  un'ordinanza,  il  medesimo  art.  623,
comma 1 del codice di procedura penale, alla lettera  a),  detta  una
regola diversa: prevede che la Corte di cassazione disponga  che  gli
atti siano trasmessi  al  giudice  che  l'ha  pronunciata,  il  quale
provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento, senza  che  sia
prescritto - come nella successiva lettera d)  con  riferimento  alla
sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le  indagini
preliminari - che il giudice, se monocratico, debba essere diverso da
quello che ha pronunciato l'ordinanza annullata. 
    Vi e', in particolare, che l'ordinanza e' il tipico provvedimento
decisorio del giudice nel procedimento cautelare (e, in  particolare,
nel giudizio incidentale di riesame); il quale ha  caratteristiche  e
peculiarita' ben distinte dal giudizio di merito. 
    E', in generale, nell'attivita' della cognizione che  il  giudice
del rinvio, in  caso  di  annullamento  pronunciato  dalla  Corte  di
cassazione, e'  esposto  alla  forza  della  prevenzione  insita  nel
condizionamento per aver egli adottato il provvedimento impugnato. 
    Ma,  ad  avviso  del  Collegio,  cio'  accade  anche  quando  nel
procedimento incidentale il giudice del rinvio, al pari  del  giudice
dell'ordinanza annullata, e' chiamato a una decisione non formale  ma
di contenuto, fondata su una valutazione in merito  alla  sussistenza
dei presupposti applicativi del provvedimento impugnato,  trattandosi
di valutazione che incide su interessi sostanziali di un soggetto (la
libera disponibilita' di un bene, nel caso di misura cautelare reale)
e che attiene, nel caso di specie, sia  alla  sussistenza  del  fumus
bonis iuris che al periculum in mora attinta  dal  vincolo  ablatorio
(nella  specie,  il   pericolo   di   insufficienza   delle   risorse
patrimoniali sulle quali  soddisfare  le  obbligazioni  nascenti  dal
reato  e  nella  prognosi  di  una  condotta  di  depauperamento  del
patrimonio):  in  questi  casi,  sembra  difficile  negare   che   il
provvedimento cautelare, al di  la'  della  qualificazione  giuridica
esteriore, abbia un significativo contenuto decisorio. 
    Si ha allora che  il  giudice  dell'impugnazione  cautelare,  nel
giudizio di rinvio conseguente  all'annullamento  dell'ordinanza  con
cui egli stesso si  e'  gia'  pronunciato  sulla  legittimita'  della
misura interinale reale,  e'  nuovamente  investito  della  decisione
circa la legittimita' della misura  cautelare,  dovendo  a  tal  fine
esercitare incisivi poteri di merito. 
    Sul punto, non e' peraltro  superfluo  infatti  rilevare  che  la
pretesa differenza ontologica tra «giudizio» e valutazione allo stato
degli atti compiuta  in  sede  cautelare  -  valorizzata  dal  citato
orientamento giurisprudenziale al fine di  corroborare  la  tesi  che
esclude qualsiasi profilo di  incompatibilita'  -  sembra  ormai  del
tutto vacillare dopo le  pronunce  costituzionali  e  gli  interventi
legislativi tesi ad un'anticipazione delle regole di  utilizzabilita'
e valutazione probatoria proprie della sede dibattimentale  anche  in
sede di accertamento incidentale de  libertate.  Invero,  le  Sezioni
Unite (Cassazione, sez. un., 30 maggio  2006,  p.m.  in  c.S.)  hanno
osservato come «il giusto processo cautelare» rappresenti  «l'epilogo
di un cammino che, attraverso varie tappe segnate da  interventi  del
legislatore, di questa Suprema Corte e del Giudice  delle  leggi,  ha
visto progressivamente sfumare le tradizionali differenze evidenziate
tra decisione cautelare e giudizio di merito,  con  riferimento  alla
valutazione degli  elementi  conoscitivi  posti  a  disposizione  del
giudice, e ricercare una tendenziale omologazione dei  corrispondenti
parametri-guida». 
    Insomma, oggi e' possibile affermare, senza tema di smentita, che
«giudizio» e' pure quello cautelare. 
    Si ha, allora, che l'apprezzamento demandato al giudice  in  sede
di rinvio assume la natura di «giudizio» che, in quanto tale, integra
il   «secondo   termine   della   relazione    di    incompatibilita'
[...], espressivo   della   sede   "pregiudicata"   dall'effetto   di
"condizionamento" scaturente dall'avvenuta adozione di una precedente
decisione sulla medesima res iudicanda» (sentenza n. 183 del 2013). 
    A tal proposito, la Corte costituzionale  ha  affermato  che  «la
locuzione "giudizio" e' di per se' tale da comprendere qualsiasi tipo
di giudizio, cioe' ogni processo che in base ad un esame delle  prove
pervenga ad una decisione di merito» (ordinanza n. 151 del 2004). 
    Pertanto, e' un  «"giudizio"  contenutisticamente  inteso,  [...]
ogni  sequenza  procedimentale   -   anche   diversa   dal   giudizio
dibattimentale - la quale, collocandosi in una fase diversa da quella
in  cui  si  e'  svolta  l'attivita'  "pregiudicante",  implichi  una
valutazione sul merito dell'accusa, e  non  determinazioni  incidenti
sul semplice svolgimento del processo, ancorche' adottate sulla  base
di un apprezzamento delle risultanze processuali»  (sentenza  n.  224
del 2001). 
    La valutazione  complessiva  della  sussistenza  dei  presupposti
applicativi della  misura  cautelare  presenta,  pertanto,  tutte  le
caratteristiche   del   «giudizio»   per   come    delineate    dalla
giurisprudenza costituzionale. 
    Una conclusione, questa, che, ad avviso del Collegio, e' coerente
con   il   percorso   evolutivo   intrapreso   dalla   piu'   recente
giurisprudenziale costituzionale, che, nell'affrontare i  profili  di
incostituzionalita'  della  disciplina  delle  incompatibilita'   del
giudizio di  rinvio  a  seguito  di  annullamento  di  ordinanze  nel
procedimento di esecuzione, ha attribuito  rilevanza  non  gia'  alla
sede procedimentale e al nomen iuris della decisione adottata, bensi'
alla natura contenutistica delle valutazioni cui  il  giudice  e'  in
quel caso chiamato a fare,  ravvisando  la  duplicita'  del  giudizio
sullo stesso oggetto - foriera di  incompatibilita'  -  anche  in  un
luogo  diverso  dal  giudizio  di   cognizione   avente   a   oggetto
l'accertamento sul merito della contestazione (sentenze  n.  183  del
2013 e n. 7 del 2022). 
    Ne deriva che, in sede di rinvio  dopo  l'annullamento  da  parte
della Corte di cassazione, il Tribunale  del  riesame  -  per  essere
«terzo e imparziale» (art. 111, secondo comma della  Costituzione)  -
deve essere composto da persone fisiche diverse dai giudici  che,  in
precedenza, si sono gia' pronunciati con  l'impugnata  (e  annullata)
ordinanza sulla richiesta di riesame. 
    In definitiva, se la ratio della disciplina dettata dall'art.  34
del codice di procedura penale e  dalle  relative  sentenze  additive
vuole che il giudice si trovi in situazione di incompatibilita' tutte
le  volte  in  cui  abbia  gia'  compiuto  una  valutazione  che   e'
all'origine di un provvedimento che chiude e definisce l'iter  logico
seguito  alla  valutazione   stessa,   l'invocata   declaratoria   di
incostituzionalita' si  impone:  poiche'  l'art.  34  del  codice  di
procedura penale mira ad evitare la c.d. forza della prevenzione,  si
puo' senz'altro ritenere  che  anche  il  giudice  che  abbia  emesso
l'ordinanza in sede di impugnazione cautelare, avendo  gia'  adottato
una decisione di merito sullo stesso oggetto,  abbia  perduto  quella
capacita' critica che e' il presupposto  di  ogni  retto  giudizio  e
venga inevitabilmente a trovarsi nella situazione  da  quell'articolo
prefigurata, inverando il pericolo che il  giudice  sia  condizionato
dalla propria precedente decisione. 
    In sostanza, il  medesimo  giudice  si  troverebbe  a  rivalutare
quanto  da  lui  stesso  deciso   facendo   venir   meno   non   solo
l'imparzialita',  ma  anche  il  sistema   delle   impugnazioni,   da
individuarsi nel controllo esterno (di un terzo),  unico  davvero  in
grado di giudicare cio' che e' stato deciso nel grado precedente,  in
ragione della giusta e misurata distanza  mentale  dalle  valutazioni
espresse e dalla decisione emessa. 
    Oltretutto, dell'imparzialita' e'  importante  anche  il  fattore
esteriore, l'apparenza: il giudice deve non  solo  essere,  ma  anche
apparire imparziale. Non deve, infatti, potersi formare  il  sospetto
di una parzialita' del giudice, addebitabile al solo fatto che,  come
fisiologicamente accade, il giudicante,  chiamato  a  decidere  sullo
stesso oggetto di  una  sua  precedente  decisione,  possa  avere  la
propensione a «tenere fermo» quanto deciso in precedenza. 
    Pertanto,   qualora   non    si    rinvenisse    un'ipotesi    di
incompatibilita' nel caso di individuazione dell'organo giudicante di
rinvio in uno, in tutto o in parte, coincidente  con  quello  che  ha
pronunciato l'ordinanza annullata,  verrebbero  a  mancare  i  canoni
fondamentali della giurisdizione, che  impongono  che  ogni  giudizio
provenga da un giudice terzo e imparziale e  che  tale  imparzialita'
debba  coincidere  con  l'assenza  di  qualsiasi  «pregiudizio»   del
giurisdicente. 
    Del resto, la garanzia dell'imparzialita'  e'  connaturata  dalla
nozione stessa di «giudice»  e  deve  necessariamente  estendersi  al
giudice cautelare, non potendo evidentemente essere  connaturata  dal
solo giudizio di merito. 
    Per  queste  ragioni,  il  Collegio  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale degli  articoli
623, comma 1, lettera a) e 34 del  codice  di  procedura  penale  con
riguardo all'art. 111, comma 2, della Costituzione,  nella  parte  in
cui non prevede l'incompatibilita' dei giudici  che  come  componenti
del Tribunale del riesame si siano gia' pronunciati  sulla  ordinanza
che dispone una misura cautelare reale  nei  confronti  dell'imputato
esprimendo giudizio di merito, a decidere nuovamente  sulla  medesima
questione a seguito di giudizio di annullamento della S.C. 
    Ricorre  ancora  ingiustificata  disparita'  di  trattamento   in
violazione dell'art. 3 della Costituzione  con  riguardo  al  diverso
trattamento fra le fasi di cognizione e cautelare. 
    Infatti, come anticipato, nell'ipotesi in cui  il  giudice  abbia
deciso con sentenza in sede  cognizione,  l'annullamento  con  rinvio
della sua decisione  comporta,  ai  sensi  dell'art.  623,  comma  1,
lettera d) del codice di procedura penale, l'impossibilita' per  quel
giudice-persona fisica di pronunciarsi nuovamente sulla  vicenda.  E,
correlativamente e coerentemente, l'art. 34 del codice  di  procedura
penale, al comma 1, nel presupporre la separazione  e  autonomia  tra
iudicium   rescidens   e   iudicium   rescissorium,   contempla    la
corrispondente incompatibilita' (art. 34,  comma  1,  del  codice  di
procedura penale: «Il giudice che ha  pronunciato  o  ha  concorso  a
pronunciare sentenza in un grado del procedimento non puo' esercitare
funzioni di giudice negli altri gradi, ne' partecipare al giudizio di
rinvio dopo l'annullamento o al giudizio per revisione»). 
    Parimenti la Corte costituzionale ha affermato  che  in  sede  di
giudizio  di  esecuzione   il   giudizio   di   rinvio,   a   seguito
dell'annullamento dell'ordinanza di rideterminazione  della  pena  da
parte della Corte di cassazione, non possa essere  celebrato  innanzi
allo stesso giudice, persona fisica, che ha  pronunciato  l'ordinanza
impugnata e che tale interpretazione e'  oggettivamente  conforme  al
dato normativo posto che la locuzione «giudizio» e' di per  se'  tale
da comprendere qualsiasi tipo di giudizio, cioe' ogni processo che in
base ad un esame delle prove pervenga  ad  una  decisione  di  merito
(cfr. Corte costituzionale n. 183 del 2013; n. 7 del 2022). 
    Per contro,  se  l'identico  giudizio  e'  espresso,  come  nella
specie,  in  fase  cautelare  -  e  segnatamente   nel   procedimento
incidentale di riesame avverso  il  provvedimento  applicativo  della
misura cautelare reale, e dunque mediante ordinanza a mente dell'art.
324 del codice  di  procedura  penale  -  l'ulteriore  pronuncia  del
medesimo giudice sulla stessa questione, a  seguito  di  annullamento
con rinvio da parte della Corte di cassazione, non e' preclusa,  anzi
e' imposta visto il dato letterale del richiamato art. 623, comma  1,
lettera a) del codice di procedura penale. 
    Da qui l'irragionevole disparita' tra  fase  della  cognizione  e
fase cautelare, visto che, laddove il «giudizio»  contenutisticamente
inteso - implicante penetranti valutazioni di merito  -  sia  operato
con  sentenza  poi  annullata,   il   sistema   processuale   prevede
espressamente l'incompatibilita' del giudice che  ha  pronunciato  la
sentenza rispetto al giudizio di rinvio a  seguito  di  annullamento;
mentre  analoga  incompatibilita'  non  e'  prevista  laddove  quella
medesima valutazione sia effettuata in sede di riesame avverso misura
cautelare reale con ordinanza poi annullata. 

(1) La Corte costituzionale dichiara l'illegittimita'  costituzionale
    degli articoli 34, comma 1, e  623,  comma  l,  lettera  a),  del
    codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono  che
    il giudice dell'esecuzione deve essere diverso da quello  che  ha
    pronunciato l'ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della
    pena, a seguito di declaratoria di illegittimita'  costituzionale
    di una  norma  incidente  sulla  commisurazione  del  trattamento
    sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione.