LA CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria 
 
    Nella persona del Giudice monocratico dott.  Paolo  Cominelli  ha
pronunciato la seguente ordinanza; 
    Nel giudizio iscritto al n. 20757 del registro di Segreteria, sul
ricorso proposto da Coccoli Luciano, nato il 13 dicembre 1942  a  San
Cataldo (CL), rappresentato e difeso dall'avv. Ilaria  Greco,  contro
INPS - Istituto nazionale previdenza sociale; 
    Visti gli atti di causa; 
    Uditi, nella pubblica udienza del 20 dicembre 2019, l'avv. Ilaria
Greco per il ricorrente e l'avv. Rita Pisanu per l'INPS; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Il ricorrente, ex magistrato della Corte dei  conti  collocato  a
riposo dal 1° luglio 2016, e' titolare di  trattamento  pensionistico
di importo superiore a euro 100.000,00 lordi su base annua. 
    Il medesimo, con ricorso del 30 settembre 2019, solleva questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 261 a 266, della
legge 30 dicembre 2018 n. 145, in relazione alla misura  quinquennale
di riduzione delle pensioni  dirette  superiori  ad  una  determinata
soglia, per contrasto con gli articoli 2, 3, 36, 38, 53  e  97  della
Costituzione. 
    I citati commi da 261 a 266 testualmente recitano: 
        «261.  Per  la  durata  di   cinque   anni,   i   trattamenti
pensionistici  diretti  a  carico  del  Fondo   pensioni   lavoratori
dipendenti, delle gestioni speciali dei  lavoratori  autonomi,  delle
forme  sostitutive,  esclusive  ed   esonerative   dell'assicurazione
generale obbligatoria e della Gestione separata di  cui  all'art.  2,
comma  26,  della  legge  8  agosto  1995,  n.  335,  i  cui  importi
complessivamente considerati superino  100.000  euro  lordi  su  base
annua, sono ridotti di un'aliquota di riduzione pari al quindici  per
cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 130.000 euro,
pari al venticinque per cento per la  parte  eccedente  130.000  euro
fino a 200.00 euro, pari al trenta per cento per la  parte  eccedente
200.000 euro fino a 350.000 euro, pari al trentacinque per cento  per
la  parte  eccedente  350.000  euro  fino  a  500.000  euro  e   pari
al quaranta per cento per la parte eccedente 500.000 euro. 
        262. Gli importi di cui  al  comma  261  sono  soggetti  alla
rivalutazione automatica secondo il  meccanismo  stabilito  dall'art.
34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. 
        263.  La  riduzione  di  cui  al  comma  261  si  applica  in
proporzione  agli  importi  dei  trattamenti   pensionistici,   ferma
restando la  clausola  di  salvaguardia  di  cui  al  comma  267.  La
riduzione di cui al comma 261 non si applica comunque  alle  pensioni
interamente liquidate con il sistema contributivo. 
        264. Gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale,
nell'ambito della loro autonomia, si adeguano  alle  disposizioni  di
cui ai commi da 261 a 263 e 265 dalla data di entrata in vigore della
presente legge. 
        265. Presso l'INPS e gli altri enti previdenziali interessati
sono  istituiti  appositi  fondi  denominati  «Fondo  risparmio   sui
trattamenti pensionistici di importo elevato» in cui  confluiscono  i
risparmi derivati dai commi da 261 a  263.  Le  somme  ivi  confluite
restano accantonate. 
        266. Nel Fondo di cui al comma  265  affluiscono  le  risorse
rivenienti dalla riduzione di cui ai commi da 261  a  263,  accertate
sulla base del procedimento di cui all'art. 14 della legge  7  agosto
1990, n. 241». 
    Le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti  (Friuli-Venezia
Giulia, ordinanza n. 6 del 17 ottobre 2019; Sardegna, ordinanza n. 13
dell'11  febbraio  2020),  hanno  sollevato  analoga   questione   di
costituzionalita' relativamente alle norme citate. 
    I  dubbi  relativi  alla  legittimita'  costituzionale  di   tali
disposizioni sono  stati  esaustivamente  affrontati  dalle  predette
ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale. 
    Nel  ricorso  in  esame  viene  dunque  riproposta  la   suddetta
questione in parte sotto profili gia' sollevati, e in parte per nuovi
motivi, che comunque sinteticamente si ricordano. 
    La Corte  costituzionale  (sentenza  n.  173/2016),  ha  ritenuto
legittimo un contributo sulle pensioni a condizione che: 
        a) sia imposto dalla crisi contingente e  grave  del  sistema
previdenziale; 
        b) si configuri come prelievo sostenibile; 
        c) rispetti il principio di proporzionalita'; 
        d) sia utilizzato come misura una tantum, non sia  ripetitivo
ne' si traduca in un  meccanismo  di  alimentazione  del  sistema  di
previdenza. 
    Ora, la norma di cui si tratta non e' correlata ad  alcuna  crisi
contingente  e   grave   del   sistema   previdenziale   che,   quasi
contemporaneamente, ha istituito la c.d. «quota cento»  che  comporta
rilevanti  oneri  aggiuntivi.  Essa  fa  riferimento  (cfr.  il  c.d.
«contratto di Governo») a motivi di «maggiore  equita'  sociale»,  il
che conferma la  natura  tributaria  del  prelievo,  senza  che  alla
riduzione corrisponda un incremento delle pensioni meno elevate. 
    Inoltre il prelievo non e' sostenibile, a causa della sua  durata
(cinque anni) e dell'elevatezza delle aliquote,  e  non  rispetta  il
principio  di  proporzionalita',  essendo   caratterizzato   da   una
progressivita' abnorme (dal primo al secondo scaglione,  l'incremento
e' del 67%). 
    Infine, il taglio non e' previsto una tantum, ma interviene  dopo
una  nutrita  serie  di  precedenti  a  vario  titolo,  per  cui   e'
ripetitivo. 
    Ancora, secondo il citato c.d. «contratto di Governo», il  taglio
deve colpire le pensioni «non giustificate dai  contributi  versati».
L'importo di euro 100.000  corrisponde  al  «massimale  contributivo»
(art.  2,  comma  18,  legge  n.  335/1995)  operante   nel   sistema
contributivo, oltre il quale non si versano  contributi;  mentre  nel
sistema   retributivo   i   contributi   sono   versati   sull'intera
retribuzione, e in tal caso, le  pensioni  superiori  a euro  100.000
sono pienamente giustificate dalla  contribuzione  versata.  Inoltre,
nel sistema retributivo, i contributi  versati  dopo  il quarantesimo
anno di servizio non sono utili al versante  e  si  risolvono  in  un
vantaggio per gli altri assicurati. 
    Dalle considerazioni sopra esposte emerge il contrasto: 
        con  gli  articoli  2  e  3  Cost.,  in  quanto  a  chi  piu'
contribuisce  alla  solidarieta'  previdenziale  viene  riservato  un
trattamento deteriore; 
        con l'art. 3 Cost., perche' si considerano  non  giustificate
dai contributi pensioni che invece lo sono; 
        con gli articoli 36 e 38 Cost., perche'  le  norme  impugnate
violano i principi di adeguatezza e di proporzionalita'. 
    Si  contesta  ancora  l'illegittimita'  costituzionale  sotto  il
profilo della violazione dei principi di generalita'  del  dovere  di
solidarieta', razionalita' delle disposizioni di  legge,  trattamento
non discriminatorio, generalita' e progressivita' dell'imposta (artt.
2, 3 e 53 Cost.). 
    In conclusione, la «riduzione» si  rivela  come  una  dissimulata
imposta settoriale, gravante solo sui pensionati. 
    Si  contesta  ancora  il  contrasto  con  l'art.  97  Cost.,  per
violazione del principio di buona  amministrazione:  la  destinazione
dei  proventi  del  taglio  ad  un  generico  «fondo  risparmio»,  da
appostarsi come «accantonamento» nel bilancio dell'INPS  e  di  altri
enti  previdenziali,  comporta   un'arbitraria   attribuzione   della
discrezionalita'  amministrativa  agli   enti   previdenziali   sulla
destinazione  delle  entrate   de   quibus   (ossia,   un   improprio
trasferimento della discrezionalita' dalla sede legislativa alla sede
amministrativa). 
    Da  ultimo,  si  afferma  sussistere  violazione   dei   principi
dell'affidamento e della certezza del diritto. 
    Considerato: 
        che non appare accessibile  l'ipotesi  di  un'interpretazione
costituzionalmente orientata della  norma  da  applicare,  stante  il
tenore letterale della disposizione  legislativa,  che  non  consente
opzioni   ermeneutiche   alternative,    poiche'    tale    soluzione
comporterebbe la pura  e  semplice  disapplicazione  della  norma,  e
pertanto non  si  puo'  che  procedere  alla  rimessione  alla  Corte
costituzionale della questione incidentale di legittimita'; 
        che questo Giudice a quo  ritiene  sussistente  la  rilevanza
della questione di costituzionalita' sollevata nel presente giudizio,
poiche' il riconoscimento del diritto  azionato  dal  ricorrente  non
puo'  avvenire  se  non  attraverso  la  rimozione,  a   seguito   di
declaratoria di illegittimita' costituzionale, delle norme citate; 
        che, nel merito, la questione di legittimita'  costituzionale
delle  disposizioni  censurate  deve  ritenersi  non   manifestamente
infondata, condividendo pienamente questo Giudice le motivazioni,  in
tal senso proposte  dalla  Sezione  Friuli-Venezia  Giulia  (ord.  n.
6/2019) e da parte  attrice  nel  presente  giudizio  (sinteticamente
riportate in narrativa); 
        che in particolare sussistono, ad avviso di questo Giudice, i
presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi da 261 a 266, della legge 30 dicembre 2018 n. 145,
per contrasto  con  gli  articoli  2,  3,  36,  38,  53  e  97  della
Costituzione; 
        che, per i motivi sopra esposti, in applicazione dell'art. 23
della legge costituzionale n. 87/1953, riservata ogni altra decisione
all'esito del giudizio  innanzi  alla  Corte  costituzionale,  questo
Giudice  solleva  la   sopra   esposta   questione   incidentale   di
legittimita' costituzionale, con rimessione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale;