Il Giudice, dr Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di L. A. (C.U.I. ...) nato in ... il ... sedicente, identificato mediante cartellino fotosegnaletico n. ... del Comando provinciale Carabinieri; elettiv. domiciliato presso l'avv. Marco Ammannato del Foro di Firenze (elezione all'udienza del 13 giugno 2022); libero gia' presente; difeso di fiducia dall'avv. Marco Ammannato del Foro di Firenze (nomina in sede di arresto); parla e comprende la lingua italiana (accertamento all'udienza di convalida del 3 gennaio 2022 e all'udienza del 13 giugno 2022); imputato dei seguenti reati: 1) Del delitto di cui all'art. 648 codice penale perche' al fine di procurare a se' un profitto pari a circa euro 900, acquistava e/o riceveva il cellulare IPhone modello XR di colore nero avente codice ... n. ..., n. ..., serial n. ... con al suo interno una sim card della «...» con utenza n. di proprieta' di G. T. nata il ..., provento di furto commesso ai danni della stessa che lo deteneva nella tasca destra del cappotto, tra le 1,00 e le 3,00 del 1° gennaio 2022 mentre si trovava a ... in ... a festeggiare il Capodanno; in ... il 1° gennaio 2022; 2) del delitto di cui all'art. 629 codice penale perche', dopo che veniva contattato telefonicamente al numero di telefono del cellulare IPhone modello ... di colore nero avente codice ... n. ..., n. ..., serial n. ... con al suo interno una sim card della «...» con utenza n. ... di proprieta' di G. T., prima da parte della stessa Giulia Trombaccia alle 3,30 e poi da parte del compagno di sua madre A. M. alle ore ..., con minaccia consistita nel dire agli stessi che era in possesso di tale cellulare avendolo acquistato da ignoti ai quali aveva consegnato «due pezzi» intendendo della droga e che glielo avrebbe restituito solo in cambio di denaro in particolare di almeno euro 80, costringeva G. T. a fissare un appuntamento con lui in data 1° gennaio 2022 alle 14:45 di fronte all ... e a consegnargli euro 40 in cambio dei quali le consegnava il cellulare di sua proprieta', procurando a se' un ingiusto profitto, in Firenze il 1° gennaio 2022; Sentite le parti; Premesso che: L. A. era tratto in arresto in data 1° gennaio 2022 per il reato di estorsione; Il pubblico ministero con decreto del 2 gennaio 2022 disponeva la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo giudizio direttissimo, sia per il citato reato di estorsione (capo 2), sia per il reato di ricettazione (capo 1); All'udienza del 3 gennaio 2022 il giudice convalidava l'arresto, applicava la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e disponeva procedersi con il rito direttissimo; era poi chiesto un termine a difesa; All'udienza dell'11 marzo 2022 - presente l'imputato - era chiesto il rito abbreviato ed il giudice provvedeva in conformita'; le parti illustravano poi le rispettive conclusioni; In particolare, il pubblico ministero chiedeva, stante la continuazione tra i reati di cui al n. 1) e al n. 2), la condanna ad anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa; il difensore chiedeva la riqualificazione del reato di cui al capo 2) in tentata estorsione, il riconoscimento del vincolo della continuazione fra reati, il minimo della pena per il reato di cui al capo b) e il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, comma 1, n. 4 e delle attenuanti generiche; il processo era quindi rinviato per le eventuali repliche; nel frattempo interveniva la sentenza del 5 maggio 2022 della Corte di Cassazione che annullava senza rinvio l'ordinanza di convalida dell'arresto, trasmettendo gli atti al tribunale in diversa composizione per il giudizio di convalida; in data 13 giugno 2022 un diverso giudice del Tribunale di Firenze, all'esito di una nuova udienza di convalida, convalidava l'arresto e rimetteva gli atti al presente giudice, dinanzi al quale pendeva il giudizio direttissimo (le parti concordavano anche procedersi con il rito direttissimo per il reato di cui al capo 1 per il quale non vi era stato arresto); all'udienza odierna, la difesa confermava la richiesta di rito abbreviato e il consenso a procedere unitariamente anche per il reato contestato sub 1); il giudice provvedeva in conformita' e le parti procedevano a nuova discussione. In particolare il pubblico ministero si riportava alle conclusioni gia' rassegnate l'11 marzo 2022; la difesa chiedeva l'assoluzione per il reato di ricettazione; la derubricazione del reato di estorsione in esercizio arbitrario delle prorpie ragioni ex art. 393 codice di procedura penale o in subordine in tentata estorsione, il riconoscimento della continuazione il minimo della pena e il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, comma 1, n. 4 e delle attenuanti generiche; Rilevato che: A) In base agli atti d'indagine alle ore 10,30 circa del 1° gennaio 2022 la minore G. T. (nata il ...) si presentava presso i Carabinieri della stazione di F. e denunciava il furto del proprio telefono cellulare IPhone modello XR, subito nel corso dei festeggiamenti in piazza ... nel corso della notte tra le ore 1,00 e le ore 3,00; la ragazza precisava che il telefono era ben custodito nella tasca del proprio cappotto, sufficientemente profonda per evitare una fuoriuscita occasionale del telefono. La ragazza affermava inoltre che gia' nella notte aveva provato a contattare tramite il telefono di un'amica il proprio cellulare; aveva risposto un soggetto di sesso maschile e accento straniero, il quale le aveva riferito di avere acquistato lo smarthphone in cambio di «due pezzi» e che, se lo avesse rivoluto, avrebbe dovuto pagare. Le stesse circostanze erano state riferite anche a M. A. (compagno della madre di T.) allorche' quest'ultimo, alle ore 9,20 circa del mattino aveva contattato l'utenza della ragazza. Ancora mentre si trovava presso gli uffici dei Carabinieri la minore ricontattava la propria utenza telefonica; l'interlocutore le ribadiva che se avesse voluto la restituzione del telefono avrebbe dovuto dargli 80 euro; la ragazza gli rispondeva che non disponeva di quella cifra e che avrebbe potuto recuperare al piu' 30-40 euro; i due concordavano quindi un appuntamento a F. ... nei pressi dell'.... I Carabinieri organizzavano una consegna controllata del denaro, facendo siglare e fotocopiando le banconote. All'incontro partecipava inoltre un carabiniere che simulava di essere il fidanzato della minore. All'appuntamento sopraggiungeva l'attuale imputato, che dopo essersi guardato ripetutamente intorno e dopo avere richiesto il denaro, andava a recuperare il telefono in questione in un cestino; lo consegnava quindi alla ragazza, che corrispondeva in cambio la somma di euro 40. Il predetto veniva quindi arrestato in flagranza di reato, con ancora indosso il denaro in questione; B) L'imputato nel corso del proprio interrogatorio (all'udienza del 13 giugno 2022) ha riferito lo scambio in modo sostanzialmente conforme a quanto riportato nel verbale d'arresto; ha solo sostenuto di avere trovato il telefono in questione in piazza ... e di avere richiesto per la restituzione la somma di 80 euro, poi ridotta a 30 euro, in ragione delle proprie difficolta' economiche. Egli ha inoltre chiesto scusa per l'accaduto; C) Alla luce di quanto precede si deve ritenere provata la responsabilita' dell'imputato rispetto al reato di estorsione; La circostanza del rinvenimento in piazza del telefono non e' affatto plausibile, anche alla luce del fatto - precisato dalla persona offesa in querela - che il telefono era ben custodito nella tasca del cappotto e che questa era sufficientemente profonda per evitare una fuoriuscita accidentale dello stesso; detta versione contrasta inoltre con quanto dichiarato dallo stesso prevenuto alla persona offesa nel corso delle telefonate precedenti l'incontro. Incidentalmente, si deve rilevare che la circostanza che l'imputato abbia ricevuto il telefono dall'autore del furto (come contestato in imputazione) o lo abbia trovato in piazza ... (come dal medesimo sostenuto in interrogatorio) o lo abbia sottratto egli stesso rileverebbe al piu' ai fini della sussistenza del fatto contestato sub 1) e della relativa qualificazione giuridica. Sussiste viceversa in ogni caso il reato di estorsione contestato sub 2). L'imputato era infatti certamente consapevole dell'appartenenza ad altri del telefono in questione: si tratta di una tipologia di bene che non si abbandona in piazza; il dispositivo inoltre conteneva al proprio interno la scheda telefonica della persona offesa, circostanza questa incompatibile con una dismissione volontaria del bene da parte del proprietario (la scheda telefonica e' un bene personale, cui e' collegato il proprio numero di telefono e da cui sono ricavabili telefonate passate, contatti telefonici, ecc. per cui si deve escludere che un soggetto venda a terzi o abbandoni il proprio telefono con all'interno la propria scheda); era dunque evidente che la persona offesa, agevolmente individuabile e nel caso di specie addirittura entrata in contatto telefonico con l'imputato (con cio' che ne consegue in termini di mantenimento dei segni esteriori del legittimo possesso da parte della proprietaria e della qualificazione della condotta di colui che si appropri dell'oggetto secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita'), avesse diritto a tornare in possesso del bene senza dover pagare alcunche' in cambio. Non e' condivisibile la tesi difensiva secondo cui il fatto dovrebbe riqualificarsi come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, dovendo il bene essere in ogni caso e senza condizioni restituito all'avente diritto. Correttamente il pubblico ministero ha contestato un'estorsione consumata. Preliminarmente occorre ribadire il principio di diritto, affermato in piu' occasioni dalla giurisprudenza di legittimita', per cui integra il delitto di estorsione la condotta di colui che richieda e ottenga, dalla persona offesa di un precedente illecito, il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo per la restituzione di quanto illecitamente sottrattole, in quanto colui che sia stato privato illecitamente di un bene conserva il diritto alla restituzione, sicche' la richiesta di denaro in cambio dell'adempimento dell'obbligo giuridico di restituire, che incombe sull'agente, influisce sulla liberta' di determinazione del soggetto passivo ed integra, di per se', minaccia rilevante ai sensi dell'art. 629, codice penale (cfr Cass. sez. 2, sentenza n. 25213 dell'11 aprile 2019 Rv. 276572 - 01; Cass. sez. 2, sentenza n. 25675 del 23 maggio 2014 Rv. 259565 - 01. Nel caso di specie, e' emerso chiaramente dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa (di per se' credibile, in assenza di qualsivoglia motivo di ritorsione o intento calunniatorio nei confronti dell'imputato) e comunque dal verbale di arresto come l'imputato abbia rivolto la minaccia di un male ingiusto alla persona offesa - ossia la mancata restituzione del telefono in suo possesso - costringendola a realizzare l'atto dispositivo di euro 40 a suo favore, con pari danno per la predetta. Non puo' condividersi la tesi difensiva della necessaria riqualificazione del reato da estorsione consumata in estorsione tentata, fondata sulla natura «controllata» dello scambio avvenuto tra vittima ed estorsore. Ed infatti, sul punto la giurisprudenza di legittimita' ha chiarito che «ricorre il delitto di estorsione consumata e non tentata nel caso di consegna da parte della vittima all'estorsore di una somma di denaro sotto il diretto controllo della polizia giudiziaria, che immediatamente dopo provveda all'arresto del responsabile, in quanto l'adoperarsi della vittima affinche' si giunga all'arresto dell'autore della condotta illecita integra una delle molteplici modalita' di reazione soggettiva della persona offesa allo stato di costrizione in cui versa, senza eliminarlo.» (Cass. sez. 2, sentenza n. 12675 del 20 dicembre 2018 Rv. 275417 - 01; nello stesso senso Cass., sez. 2, sentenza n. 1619 del 12 dicembre 2012 Rv. 254450 - 01 e Cass. sez. 2, sentenza n. 27601 del 19 giugno 2009 Rv. 244671 - 01). D) Quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio per il reato di estorsione, per poter addivenire ad una corretta decisione appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 629 codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita in misura non eccedente i due terzi - o, in subordine, fino al terzo - quando il fatto risulti di lieve entita'; Cio' premesso; osserva 1. Rilevanza della questione. 1.1 L'art. 629 codice penale, al primo comma, prevede per il reato di estorsione la pena della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1.000 ad euro 4.000. Il minimo edittale della pena detentiva, precedentemente fissato in anni tre di reclusione, ha subito un incremento mediante la modifica intervenuta con l'art. 8, decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni nella legge 18 febbraio 1992, n. 172. Anche la pena pecuniaria ha subito un considerevole aumento, mediante l'introduzione dell'art. 4, comma 1, lettera a) della legge 27 gennaio 2012, n. 3, essendo prevista in precedenza la multa da euro 516 ad euro 2.065. 1.2 Il fatto oggetto del presente procedimento deve essere qualificato, come gia' detto, quale estorsione consumata, avendo l'imputato costretto la persona offesa, mediante minaccia, a compiere un atto di disposizione patrimoniale, cosi' determinando a proprio favore un ingiusto profitto con relativo danno per la vittima. 1.3 In ragione del modestissimo danno patrimoniale cagionato alla persona offesa con il reato in questione (40 euro), con pari profitto per l'imputato, potrebbe riconoscersi a quest'ultimo la circostanza attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale 1.4 Oltre all'esiguita' del danno, nel caso in esame vengono pero' in considerazione ulteriori aspetti, ancor piu' rilevanti, che inducono a ritenere il fatto nel suo complesso di lieve entita'. In particolare, a questo riguardo rilevano il carattere estemporaneo del fatto e, soprattutto, la tipologia di condotta posta in essere, vale a dire la minaccia della mancata restituzione del telefono cellulare (di cui la persona offesa aveva gia' perso la disponibilita' materiale). Il prevenuto cioe' in primo luogo non poneva in essere atti di violenza fisica. In secondo luogo, le minacce non concernevano l'incolumita' fisica della persona offesa (o di altri soggetti); ne' investivano altri beni fondamentali della persona (si pensi alla prospettazione della possibile diffusione di fotografie compromettenti o di video intimi), la cui violazione assumerebbe comunque connotati di gravita'; ne', limitandosi al possibile danno economico, avevano ad oggetto un pregiudizio di entita' tale da compromettere comunque la sicurezza economica della persona offesa (si pensi alle estorsioni in cui si paventi un danno irreparabile per un'attivita' d'impresa). Al contrario, nella fattispecie in esame, le minacce concernevano un oggetto che aveva un valore - da nuovo - di alcune centinaia di euro (il valore effettivo era certamente inferiore in ragione del normale decremento per effetto dell'uso e comunque del tempo trascorso) e di cui la persona offesa aveva gia' perso la disponibilita' materiale (per cui tra l'altro il danno - afferendo alla cristallizzazione di una situazione di fatto gia' in essere - era inferiore rispetto alla nuova privazione di un bene). Da ultimo, pur dovendosi ribadire la qualificazione come estorsione consumata, anche la natura «controllata» della consegna del denaro incide sul livello di lesione della liberta' morale della persona offesa. 1.5 Il disvalore del fatto oggetto del presente procedimento risulta in definitiva estremamente ridotto, per cui anche una pena che si attesti sul minimo edittale, eventualmente ridotta ex art. 62, n. 4 codice penale, risulterebbe eccessiva. Qualora fosse introdotta, come auspicato, una fattispecie attenuata per l'ipotesi del fatto di lieve entita', tale circostanza potrebbe senz'altro applicarsi nel caso di specie (fatta salva l'ulteriore questione circa il possibile concorso o meno tra l'attenuante di cui si auspica l'introduzione e l'attenuante comune ex art. 62, n. 4 codice penale: in materia di ricettazione ad es. il concorso e' escluso dalla sentenza Cass. sez. 2 - n. 2890 del 15 novembre 2019 Rv. 277963 - 01, mentre e' ritenuto ammissibile, a certe condizioni, da Cass. sez. 7, n. 19744 del 26 gennaio 2016 Rv. 266673 - 01). 2. Non manifesta infondatezza. 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 629 codice penale nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita, in misura non eccedente i due terzi, quando il fatto risulti di lieve entita'. La citata disposizione, infatti, pare costituzionalmente illegittima nella misura in cui non prevede un'attenuazione del severo trattamento sanzionatorio (minimo edittale di cinque anni di reclusione, oltre multa) in relazione a condotte delittuose che, per quanto conformi al tipo, risultino di gravita' assai limitata per le modalita' dell'azione, per il contesto in cui la condotta e' maturata e per l'entita' dell'offesa arrecata alla vittima. 2.1.1 Lo scrivente e' consapevole del fatto che questioni simili, inerenti proprio all'art. 629 codice penale, sono gia' state affrontate in precedenza dalla Corte costituzionale e dichiarate inammissibili (ordinanze n. 368/1995 e 460/1997). Da un lato pero' la questione che ora s'intende sollevare e' parzialmente diversa; dall'altro appare comunque possibile auspicare una rivisitazione delle considerazioni svolte dalla Corte negli anni novanta, anche alla luce del mutato approccio della relativa giurisprudenza in tema di proporzionalita' della pena e di pronunce di costituzionalita' di tipo additivo. 2.1.2 Pare necessaria un'ulteriore premessa. La Corte costituzionale con piu' sentenze negli ultimi anni ha sottolineato che «la pressione punitiva attualmente esercitata riguardo ai delitti contro il patrimonio e' ormai diventata estremamente rilevante. Essa richiede percio' attenta considerazione da parte del legislatore, alla luce di una valutazione, complessiva e comparativa, dei beni giuridici tutelati dal diritto penale e del livello di protezione loro assicurato» (cosi' la sentenza 190/2020; nello stesso senso la sentenza 117/2021). Se una riforma di carattere sistematico dei reati contro il patrimonio - tale da adeguare la disciplina codicistica alla scala di valore dei vari beni giuridici recepita nella nostra Costituzione - e' certamente auspicabile, tuttavia nell'attesa (ormai decennale, come rilevato dalla stessa Corte nella sentenza 259/2021) appare comunque possibile un intervento della Corte costituzionale teso a correggere gli eccessi piu' macroscopici. Inoltre, con riguardo a taluni reati come il furto, il particolare rigore sanzionatorio deriva dall'innalzamento della cornice edittale legato alla sussistenza (assai frequente) di circostanze aggravanti indipendenti ad effetto speciale, con la conseguenza che - per effetto della possibilita' di bilanciamento con una qualunque circostanza attenuante di dette aggravanti (introdotta con la modifica dell'art. 69 codice penale) - «la gravita' di questo delitto e' attualmente, percio', soltanto nell'astratta comminazione della pena, ma non lo e' piu' nella realta' dell'esperienza giuridica, come ben dimostra la casistica giudiziaria, ispirata ai nuovi principi costituzionali» (sentenza 268/1986, richiamata dalla sentenza 259/2021). In relazione al delitto di estorsione, viceversa, l'eccezionale asprezza del trattamento sanzionatorio si esprime gia' nella cornice edittale di base, sicche' l'eventuale riconoscimento delle circostanze attenuanti gia' previste dall'ordinamento - pur possibile - non pare sufficiente a rendere tale eccesso sanzionatorio compatibile coi principi costituzionali. 2.2 La norma di cui all'art. 629 codice penale pare violare i precetti di cui agli articoli 3 e 27, comma 3 della Costituzione. L'estremo rigore del minimo edittale previsto per il predetto reato viola, a parere dello scrivente; il principio di necessaria ragionevolezza nella determinazione della pena, soprattutto se ricollegato alla fondamentale funzione rieducativa che la stessa deve perseguire per espresso dettato costituzionale. In assenza di una previsione specifica che contempli una pena piu' mite per fatti di entita' piu' lieve - come invece disposto per altre fattispecie - in casi come quello in esame (in cui per modalita' della condotta ed entita' dell'offesa il fatto concretamente realizzato sia di gravita' estremamente contenuta) non pare possibile adeguare correttamente il trattamento sanzionatorio alla gravita' del fatto, alla colpevolezza dell'autore del reato e alla sua necessaria rieducazione. 2.3 Se e' certamente vero che la commisurazione delle sanzioni per ciascuna fattispecie di reato e' materia affidata alla discrezionalita' del legislatore, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha piu' volte affermato che le scelte legislative sono tuttavia sindacabili ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio. Con riguardo all'art. 629 codice penale, la mancata previsione di una fattispecie attenuata per le ipotesi di lieve entita' appare censurabile sia in punto di ragionevolezza intrinseca del trattamento sanzionatorio, sia sotto il piu' generale profilo del principio di uguaglianza in relazione a quanto previsto per altre fattispecie delittuose. 2.4.1 Sotto il primo profilo, a fronte di una cornice edittale che prevede una pena minima di cinque anni di reclusione (oltre multa), pare irragionevole la mancata previsione di un'attenuazione della pena per i fatti di estorsione che - lungi dall'avere i connotati classici dei piu' gravi episodi estorsivi, magari realizzati anche nell'ambito di fenomeni di criminalita' organizzata - abbiano piuttosto una gravita' modesta, se non addirittura bagatellare. Per tali fatti una pena che pur si attesti sul minimo edittale risulta comunque esageratamente sproporzionata. 2.4.2 Occorre tenere presente infatti che - messa da parte l'ipotesi della violenza - e' idonea ad integrare il reato di estorsione qualsiasi condotta di minaccia, indipendentemente dal fatto che la stessa sia rivolta o meno alla persona o che comunque si traduca in una minaccia «grave». Cio' che rileva, infatti, secondo quanto ormai chiarito piu' volte dalla giurisprudenza di legittimita', e' che il male ingiusto paventato alla vittima sia idoneo - in base alle circostanze del fatto e soprattutto delle caratteristiche della vittima stessa - ad ingenerare in quest'ultima un timore tale da limitare la relativa liberta' di autodeterminazione, in particolare mediante la sottoposizione della stessa alla scelta tra subire il male minacciato o acconsentire alla prestazione richiesta. Ed infatti, in tema di minaccia idonea ad integrare il reato di estorsione, la giurisprudenza di legittimita' ha chiarito che «non e' necessario che la liberta' di autodeterminazione della vittima sia del tutto annullata, essendo, invece, sufficiente che la richiesta, con il pregiudizio patrimoniale che ne consegue, sia accolta anche soltanto per mera convenienza, per evitare un male che agli occhi della vittima appaia piu' grave» (Cass. sez. 2, sentenza n. 32033 del 21 marzo 2019 Rv. 277512 - 04). 2.4.3 Nell'ambito dell'art. 629 codice penale il legislatore ha scelto di equiparare, in termini di pena, i fatti estorsivi in cui la minaccia attenga esclusivamente al patrimonio della vittima, a fatti che, seppur comunque di modesta gravita', incidano direttamente sulla persona (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di una violenza non grave o ad una minaccia diretta alla vittima o a terzi, prossimi congiunti). 2.4.4 Una pena edittale minima di tale entita' appare porsi in contrasto con l'art. 27, comma 3 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 3 della Costituzione, laddove la stessa prevede che le pene previste dal legislatore debbano tendere alla rieducazione del condannato. Tale finalita' appare del tutto ed irragionevolmente vulnerata ogniqualvolta il fatto estorsivo abbia una gravita' contenuta, per cui una pena cosi' elevata, del tutto sproporzionata rispetto al fatto concreto, sara' avvertita inevitabilmente dal condannato come ingiusta. 2.4.5 Pare dunque possibile auspicare il «ritaglio» nell'ambito della fattispecie di cui all'art. 629 codice penale di una fattispecie attenuata di lieve entita'. La tecnica legislativa c.d. del «ritaglio» della fattispecie di minore gravita' e' utilizzata dal legislatore in relazione a plurime fattispecie incriminatrici. La stessa Corte costituzionale ha rilevato che tale tecnica «in funzione di un riequilibrio complessivo della disciplina penale, si' addica essenzialmente alle ipotesi nelle quali il reato-base ha una formulazione molto ampia, come lo «spaccio» di stupefacenti, la ricettazione, la bancarotta o la violenza sessuale» (Corte costituzionale, sentenza n. 117 del 12 maggio 2021). Ebbene la fattispecie dell'estorsione delineata dall'art. 629 codice penale pare soddisfare il citato requisito: da un lato si caratterizza per un concetto molto ampio di violenza o minaccia e dall'altro la minaccia (per quel che qui rileva) puo' indirizzarsi, indifferentemente e con le modalita' piu' disparate, all'integrita' fisica della persona o ad altri beni afferenti alla persona o al patrimonio o anche ad altri beni giuridici (si e' ritenuta ad es. idonea ad integrare l'estorsione, a determinate condizioni, anche la minaccia di agire in giudizio o di attivare procedure bancarie). Proprio in ragione di tale ampiezza, si ritiene che anche nell'ambito della fattispecie di cui all'art. 629 codice penale sia operabile il ritaglio di una fattispecie di lieve entita', con particolare riguardo alla modalita' della minaccia e al bene giuridico attinto dalla stessa, la cui tutela, come si e' gia' sottolineato, e' ben suscettibile di graduazione in base alla gerarchia dei valori recepita nella Costituzione. 2.4.6 Il dato per cui nelle ipotesi di danno patrimoniale di speciale tenuita' sia applicabile la circostanza attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale non pare poter escludere l'introduzione di un'attenuante speciale per le ipotesi di estorsione di lieve entita'. Da un lato, come si e' gia' sottolineato, la circostanza attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale ha riguardo al solo dato del danno patrimoniale arrecato alla persona offesa, laddove la lieve entita' dell'estorsione puo' dipendere da fattori ulteriori, anche piu' rilevanti, quali per l'appunto il bene cui ha riguardo la minaccia e le modalita' della minaccia stessa. Dall'altro lato, esistono altre fattispecie di reati contro il patrimonio - per le quali sarebbe applicabile la circostanza attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale - in relazione alle quali e' stata comunque prevista una circostanza attenuante speciale per le ipotesi di minore gravita'. E' il caso ad esempio della ricettazione per la quale l'art. 648, comma 4, codice penale prevede per i fatti di particolare tenuita' una riduzione anche molto superiore ai due terzi (pena minima di quindici giorni di reclusione oltre multa anziche' di due anni di reclusione oltre multa, nel caso in cui la cosa provenga da delitto; quindici giorni di reclusione oltre multa anziche' un anno di reclusione oltre multa, nel caso di cosa proveniente da contravvenzione). Il legislatore ha dunque ritenuto di introdurre una fattispecie attenuata, con una pena notevolmente inferiore rispetto a quella prevista per il reato base, nell'evidente intento di tenere in considerazione le molteplici modalita' concrete con le quali possono configurarsi i tipi delittuosi. 2.4.7 Una riflessione a parte merita l'introduzione dell'attenuante per i fatti di lieve entita' operata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 68/2012 per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione. Anche se il conseguimento del profitto con altrui danno costituisce, in questo caso, l'oggetto del dolo (specifico), non essendo richiesti tali elementi per la consumazione del reato, e' evidente che la privazione della liberta' personale costituisca, nei fatti, un particolare tipo di condotta costrittiva, sviluppandosi dunque il delitto di cui all'art. 630 codice penale come ipotesi speciale dell'art. 629 codice penale (a consumazione anticipata). Anche in merito all'art. 630 codice penale si era compiuta - tra le altre - una riflessione in merito alla gravita' delle pene previste per la fattispecie base (in particolare, proprio il minimo edittale), giungendo alla conclusione per cui sarebbe stato iniquo applicare la pena di venticinque anni di reclusione anche ai fatti che avessero determinato un pericolo o un danno contenuti. Tale conclusione appare mutuatile anche per la fattispecie di cui all'art. 629 codice penale, nei casi in cui appunto - per le modalita' e l'oggetto della condotta, per i mezzi usati o per altre circostanze del caso concreto - il fatto risulti di lieve entita'. 2.5. Sotto il profilo del principio di uguaglianza, poi, si rileva una irragionevole disparita' punitiva in relazione ad altre fattispecie di reato, assimilabili all'estorsione sotto il profilo strutturale, per le quali il legislatore ha opportunamente previsto una mitigazione della pena per i fatti meno gravi, ovvero un limite edittale minimo inferiore rispetto a quello indicato per l'estorsione. 2.5.1 Un trattamento irragionevolmente diverso e' riscontrabile nel raffronto con il delitto di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis codice penale . Questo giudice e' consapevole del fatto che i due reati presentano significativi aspetti di diversita' e che quindi il delitto di violenza sessuale possa apparire un tertium comparationis non idoneo, in quanto eterogeneo. Pare tuttavia di poter affermare che - a fronte di una struttura comune ai due reati - gli elementi di diversita' siano proprio quelli che denotino l'irragionevolezza delle scelte legislative. In particolare, entrambi i delitti di estorsione e violenza sessuale si qualificano come ipotesi speciali del delitto di violenza privata di cui all'art. 610 codice penale. Tale rapporto di specialita' emerge chiaramente dall'analisi strutturale delle tre fattispecie, tutte fondate su una condotta, incentrata su una violenza o minaccia (o anche mediante abuso di autorita' nella violenza sessuale) volta a costringere la vittima a fare, tollerare o omettere qualcosa. Gli elementi di specialita', rispetto alla violenza privata, si colgono nella peculiarita' delle prestazioni cui le vittime di tali reati vengono forzate - di tipo sessuale, nel caso dell'art. 609-bis codice penale , e di tipo patrimoniale, nel caso dell'art. 629 codice penale - e, conseguentemente, nella tipologia di pregiudizio prodotto alla vittima, con correlativo «vantaggio» per l'autore del reato, e quindi anche nel bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice. Nella violenza sessuale e' lesa la liberta' di autodeterminazione sessuale della vittima a fronte della soddisfazione dell'impulso sessuale dell'autore, mentre nell'estorsione il pregiudizio consiste in un danno economico, con corrispondente profitto per l'agente. Corroborano tali riflessioni gli approdi della giurisprudenza di legittimita', che in piu' occasioni ha avuto modo di rilevare, piu' o meno apertamente, il rapporto genere/specie esistente tra la struttura della violenza privata e quella dei delitti di estorsione (1) e violenza sessuale (2) e che, recentemente, ha sottolineato il rapporto esistente proprio tra gli articoli 609-bis e 629 codice penale , evidenziando che «in applicazione del principio di specialita', quando la costrizione abbia ad oggetto la sfera della liberta' sessuale e non cagioni, neppure in via mediata, un'offesa al patrimonio del soggetto passivo, la condotta dell'imputato deve essere ricondotta all'art. 609-bis codice penale » (Cass. sez. 2, sentenza n. 41985 del 9 settembre 2021 Ud. (dep. 17 novembre 2021) Rv. 282205 - 01). 2.5.2 I due citati delitti hanno dunque una struttura analoga, ma postulano diverse condotte forzate in capo alle vittime e offendono in definitiva beni giuridici differenti. Di tali beni, tuttavia, la liberta' sessuale si colloca certamente ad un livello superiore di tutela rispetto al patrimonio nella gerarchia di valori recepita dalla Costituzione. La liberta' sessuale, «essendo la sessualita' uno degli essenziali modi di espressione della persona umana» e' «senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l'art. 2 della Costituzione impone di garantire» (Corte costituzionale sentenza n. 561/1987, richiamata da ultimo anche dalla sentenza n. 141/2019). La proprieta' privata viceversa - fatta eccezione per quel nucleo essenziale volto a garantire il soddisfacimento dei bisogni essenziali dell'essere umano, come il diritto all'abitazione - nel nostro sistema costituzionale non costituisce un diritto fondamentale inviolabile, ma un diritto che la legge riconosce e garantisce, ma puo' anche regolare e comprimere al fine di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. In tale quadro, in cui le due fattispecie di violenza sessuale e di estorsione presentano una struttura analoga e beni giuridici di rango diverso, risulta del tutto iniqua ed irragionevole la disparita' operata tra le stesse. Il legislatore infatti, pur prevedendo (correttamente, stante l'indubbio maggior rilievo del bene giuridico tutelato) una pena piu' grave per il delitto di violenza sessuale (da sei a dodici anni di reclusione), (3) ha previsto all'art. 609-bis, comma 3, codice penale una diminuzione di pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravita', senza contemplare una riduzione analoga per i fatti di estorsione di lieve entita'. Cosi', di fatto, nelle ipotesi di violenza sessuale di minore gravita' la pena minima applicabile dal giudice e' di anni due di reclusione (fatte salve le ulteriori eventuali riduzioni per le circostanze attenuanti generiche o per il rito). Nelle ipotesi di estorsione, pur lievi, la pena minima e' viceversa di anni cinque di reclusione, al piu' ridotta ai sensi dell'art. 62, n. 4, codice penale ad anni tre e mesi quattro di reclusione oltre multa (fatte salve le ulteriori eventuali riduzioni per le circostanze attenuanti generiche o per il rito). Guardando al caso concreto, se in funzione della restituzione del telefono l'imputato avesse preteso e ottenuto un atto sessuale, si sarebbe potuta applicare - qualora il fatto fosse risultato di minore gravita' - la pena di anni due di reclusione. Viceversa, posto che egli ha chiesto e ottenuto la somma di 40 euro, la pena minima e' di anni cinque di reclusione, riducibile ai sensi dell'art. 62, n. 4 codice penale ad anni tre e mesi quattro di reclusione oltre multa. Si tratta di un risultato inaccettabile alla luce della premessa svolta circa il diverso rango dei beni giuridici. 2.5.3 Nel caso della violenza sessuale la tecnica del «ritaglio» della fattispecie attenuata trova la propria giustificazione, come piu' volte ribadito dalla stessa giurisprudenza costituzionale, nell'ampiezza del concetto di «atti sessuali» che, in seguito alla confluenza nella medesima fattispecie dei c.d. «atti di libidine violenti» e della «violenza carnale», si qualifica come concetto notevolmente ampio, tale da necessitare un contemperamento, operato mediante la suddetta fattispecie, per le ipotesi meno gravi ad esempio di «sfioramento» e «toccamento» di zone erogene. Come gia' detto, pero', anche il reato di estorsione si caratterizza per un concetto molto ampio di violenza o minaccia, che puo' rivolgersi, indifferentemente e con le modalita' piu' disparate, alla persona o al patrimonio, rendendo cosi' possibile - anche nell'ambito della fattispecie di cui all'art. 629 codice penale - il ritaglio di una fattispecie di lieve entita'. 2.6. Appare opportuno, poi, sottolineare come altri reati, caratterizzati dalla struttura tipica della costrizione mediante violenza o minaccia, e dunque sempre da un rapporto di specialita' con la violenza privata, siano puniti in maniera significativamente piu' ridotta dell'estorsione, pur essendo posti a tutela di beni giuridici di sicura e significativa rilevanza nella scala gerarchica costituzionale. Si pensi, ad esempio, alla violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni) che tutela non solo il buon funzionamento della pubblica amministrazione, ma anche la liberta' morale e l'incolumita' fisica del singolo pubblico ufficiale; oppure alla stessa violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, di cui all'art. 611 codice penale (punito con la reclusione fino a cinque anni), che pur essendo inserito fra i delitti contro la persona, e' evidentemente volto anche a prevenire la realizzazione di ulteriori reati. Non pare ragionevole la scelta di punire il delitto di estorsione con una pena notevolmente superiore rispetto a tali reati anche nel caso in cui il fatto - lungi dal ricollegarsi a fenomeni di criminalita' organizzata (ipotesi che ha ispirato l'inasprimento delle pene nel 1991, ritenuto giustificato dalla Corte costituzionale nella sentenza 368/1995) - risulti di lieve entita'. 2.7. Lo scrivente e' consapevole del fatto che, a fronte della situazione censurata, la soluzione prospettata non sia a «rime obbligate». Tuttavia la Corte costituzionale ha ormai piu' volte affermato il principio in forza del quale «una volta accertato un vulnus a un principio o a un diritto riconosciuti dalla Costituzione - "non puo' essere di ostacolo all'esame nel merito della questione di legittimita' costituzionale l'assenza di un'unica soluzione a 'rime obbligate' per ricondurre l'ordinamento al rispetto della Costituzione, ancorche' si versi in materie riservate alla discrezionalita' del legislatore" (sentenza n. 62 del 2022), risultando a tal fine sufficiente la presenza nell'ordinamento di una o piu' soluzioni "costituzionalmente adeguate", che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2022, n. 63 del 2021, n. 252 e n. 224 del 2020, n. 99 e n. 40 del 2019, n. 233 e n. 222 del 2018).» (Corte Costituzionale sentenza n. 95 del 9 marzo 2022). Tale riflessione conforta dunque nel ritenere correttamente praticabile una dichiarazione di incostituzionalita' additiva, che permetta di introdurre una fattispecie attenuata per i fatti di lieve entita' anche nell'alveo dell'art. 629 codice penale , utilizzando come parametro di riferimento quanto gia' previsto in tema di violenza sessuale. Si chiede dunque l'introduzione della previsione che la pena sia diminuita in misura non eccedente i due terzi quando il fatto risulti di lieve entita'. Tale soluzione, pur non obbligata, appare costituzionalmente adeguata, considerato che, come si e' prospettato, le riflessioni poste a base dell'introduzione di tale fattispecie paiono coerentemente mutuabili anche per la fattispecie di estorsione, ferma restando ovviamente la possibilita' che il legislatore, ove di diverso avviso, intervenga per disciplinare differentemente la materia nell'esercizio della propria discrezionalita'. In via subordinata, si chiede che sia introdotta per i fatti di minore gravita' una circostanza attenuante ad effetto comune (e dunque in misura non eccedente un terzo) secondo la regola generale di cui all'art. 65 codice penale e secondo quanto operato dalla Corte nella sentenza 68/2012. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme. Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale. __________ (1) Cass. sez. 1, sentenza n. 7856 del 10 giugno 1997 Ud. (dep. 9 agosto 1997) Rv. 208262 - 01, che ha esplicitamente statuito «Il delitto di estorsione costituisce ipotesi speciale rispetto al delitto di violenza privata, fungendo da elementi specializzanti, oltre al conseguimento di un ingiusto profitto, il correlativo danno per la persona offesa.»; ma si vedano anche pronunce piu' recenti che, pur non esprimendosi in maniera esplicita in tal senso, hanno sempre ritenuto integrata l'estorsione, piuttosto che la violenza privata (e viceversa) ogniqualvolta si configurasse (o meno) l'elemento del danno patrimoniale della vittima ed il correlativo profitto per l'agente: ex multis sez. 2, sentenza n. 3371 del 18 dicembre 2012 Ud. (dep. 23 gennaio 2013) Rv. 254781 - 01; sez. 2, sentenza n. 9024 del 5 novembre 2013 Ud. (dep. 25 febbraio 2014) Rv. 259065 - 01; sez. 5, sentenza n. 8639 del 20 gennaio 2016 Ud. (dep. 2 marzo 2016) Rv. 266079 - 01; sez. 2, sentenza n. 17288 del 18 gennaio 2019 Ud. (dep. 19 aprile 2019) Rv. 276622 - 04. (2) In tal senso, si veda il principio di diritto in forza del quale deve ritenersi configurata in ogni caso la violenza sessuale e non la violenza privata, ogniqualvolta la condotta violenta e/o minacciosa costrittiva sia direttamente volta ad ottenere la prestazione sessuale, non rappresentando un quid pluris rispetto all'attivita' sessuale coatta (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 29901 del 9 giugno 2011 Ud. (dep. 26 luglio 2011) Rv. 250660 - 01; Cassazione sez. 3, sentenza n. 37367 del 6 giugno 2013 Ud. (dep. 12 settembre 2013) Rv. 256965 - 01); ma anche il principio in forza del quale, in assenza di contatto fisico tra la vittima e l'agente, possa configurarsi esclusivamente la violenza privata, qualora questa sia stata costretta a tollerare atti di esibizionismo a sfondo sessuale da parte dell'agente (Cass. sez. 4, sentenza n. 36742 del 4 maggio 2018 ud. (dep. 31 luglio 2018), non massimata.) (3) A seguito della modifica apportata dalla legge 69/2019 (in precedenza era prevista la pena da cinque a dieci anni di reclusione).