Il Giudice, dr Franco Attina', nel procedimento sopra indicato  a
carico  di  L.  A.  (C.U.I.  ...)  nato  in  ...  il  ...  sedicente,
identificato mediante cartellino fotosegnaletico n. ...  del  Comando
provinciale Carabinieri; elettiv.  domiciliato  presso  l'avv.  Marco
Ammannato del Foro di Firenze (elezione  all'udienza  del  13  giugno
2022); libero  gia'  presente;  difeso  di  fiducia  dall'avv.  Marco
Ammannato del Foro di Firenze (nomina in sede di  arresto);  parla  e
comprende la lingua italiana (accertamento all'udienza  di  convalida
del 3 gennaio 2022 e all'udienza del 13 giugno  2022);  imputato  dei
seguenti reati: 
        1) Del delitto di cui all'art. 648 codice penale  perche'  al
fine di procurare a se' un profitto pari a circa euro 900, acquistava
e/o riceveva il cellulare IPhone modello XR  di  colore  nero  avente
codice ... n. ..., n. ..., serial n. ... con al suo interno  una  sim
card della «...» con utenza n. di proprieta' di G. T.  nata  il  ...,
provento di furto commesso ai danni  della  stessa  che  lo  deteneva
nella tasca destra del cappotto, tra le 1,00 e le 3,00 del 1° gennaio
2022 mentre si trovava a ... in ... a festeggiare  il  Capodanno;  in
... il 1° gennaio 2022; 
        2) del delitto di cui all'art.  629  codice  penale  perche',
dopo che veniva contattato telefonicamente al numero di telefono  del
cellulare IPhone modello ... di colore nero avente codice ... n. ...,
n. ..., serial n. ... con al suo interno una sim card della «...» con
utenza n. ... di proprieta' di G. T., prima  da  parte  della  stessa
Giulia Trombaccia alle 3,30 e poi da parte del compagno di sua  madre
A. M. alle ore ..., con minaccia consistita nel dire agli stessi  che
era in possesso di tale cellulare avendolo acquistato  da  ignoti  ai
quali aveva consegnato «due  pezzi»  intendendo  della  droga  e  che
glielo avrebbe restituito solo in cambio di denaro in particolare  di
almeno euro 80, costringeva G. T. a fissare un appuntamento  con  lui
in data 1° gennaio 2022 alle 14:45 di fronte all ... e a consegnargli
euro 40 in cambio  dei  quali  le  consegnava  il  cellulare  di  sua
proprieta', procurando a se' un ingiusto profitto, 
in Firenze il 1° gennaio 2022; 
    Sentite le parti; 
 
                            Premesso che: 
 
    L. A. era tratto in arresto in data 1° gennaio 2022 per il  reato
di estorsione; 
    Il pubblico ministero con decreto del 2 gennaio 2022 disponeva la
presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed
il successivo giudizio direttissimo,  sia  per  il  citato  reato  di
estorsione (capo 2), sia per il reato di ricettazione (capo 1); 
    All'udienza del 3 gennaio 2022 il giudice convalidava  l'arresto,
applicava la misura  cautelare  dell'obbligo  di  presentazione  alla
polizia giudiziaria e disponeva procedersi con il rito  direttissimo;
era poi chiesto un termine a difesa; 
    All'udienza dell'11  marzo  2022  -  presente  l'imputato  -  era
chiesto il rito abbreviato ed il giudice provvedeva  in  conformita';
le parti illustravano poi le rispettive conclusioni; 
    In  particolare,  il  pubblico  ministero  chiedeva,  stante   la
continuazione tra i reati di cui al n. 1) e al n. 2), la condanna  ad
anni tre e mesi quattro di  reclusione  ed  euro  400  di  multa;  il
difensore chiedeva la riqualificazione del reato di cui al capo 2) in
tentata estorsione, il riconoscimento del vincolo della continuazione
fra reati, il minimo della pena per il reato di cui al capo b)  e  il
riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, comma 1,  n.  4  e
delle attenuanti generiche; il processo era quindi  rinviato  per  le
eventuali repliche; 
    nel frattempo interveniva la sentenza del  5  maggio  2022  della
Corte  di  Cassazione  che  annullava  senza  rinvio  l'ordinanza  di
convalida dell'arresto, trasmettendo gli atti al tribunale in diversa
composizione per il giudizio di convalida; in data 13 giugno 2022  un
diverso giudice del Tribunale di  Firenze,  all'esito  di  una  nuova
udienza di convalida, convalidava l'arresto e rimetteva gli  atti  al
presente giudice, dinanzi al quale pendeva il  giudizio  direttissimo
(le parti concordavano anche procedersi con il rito direttissimo  per
il reato di cui al capo 1 per il quale non vi era stato arresto); 
    all'udienza odierna, la difesa confermava la  richiesta  di  rito
abbreviato e il consenso a procedere unitariamente anche per il reato
contestato sub 1); il giudice provvedeva in conformita'  e  le  parti
procedevano a nuova discussione. In particolare il pubblico ministero
si riportava alle conclusioni gia' rassegnate  l'11  marzo  2022;  la
difesa chiedeva  l'assoluzione  per  il  reato  di  ricettazione;  la
derubricazione del reato di estorsione in esercizio arbitrario  delle
prorpie ragioni ex art. 393 codice di procedura penale o in subordine
in tentata  estorsione,  il  riconoscimento  della  continuazione  il
minimo della pena e il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art.
62, comma 1, n. 4 e delle attenuanti generiche; 
 
                            Rilevato che: 
 
    A) In base agli atti d'indagine  alle  ore  10,30  circa  del  1°
gennaio 2022 la minore G. T. (nata il ...)  si  presentava  presso  i
Carabinieri della stazione di F. e denunciava il  furto  del  proprio
telefono  cellulare  IPhone  modello  XR,  subito   nel   corso   dei
festeggiamenti in piazza ... nel corso della notte tra le ore 1,00  e
le ore 3,00; la ragazza precisava che il telefono era  ben  custodito
nella tasca  del  proprio  cappotto,  sufficientemente  profonda  per
evitare  una  fuoriuscita  occasionale  del  telefono.   La   ragazza
affermava inoltre che gia' nella notte  aveva  provato  a  contattare
tramite il telefono di un'amica il proprio cellulare; aveva  risposto
un soggetto di sesso maschile e accento straniero, il quale le  aveva
riferito di avere acquistato lo smarthphone in cambio di «due  pezzi»
e che, se lo  avesse  rivoluto,  avrebbe  dovuto  pagare.  Le  stesse
circostanze erano state riferite anche a M. A. (compagno della  madre
di T.) allorche' quest'ultimo, alle ore 9,20 circa del mattino  aveva
contattato l'utenza della ragazza. Ancora mentre  si  trovava  presso
gli uffici dei Carabinieri la minore ricontattava la  propria  utenza
telefonica; l'interlocutore le  ribadiva  che  se  avesse  voluto  la
restituzione del telefono avrebbe dovuto dargli 80 euro;  la  ragazza
gli rispondeva che non disponeva di quella cifra e che avrebbe potuto
recuperare  al  piu'  30-40  euro;  i  due  concordavano  quindi   un
appuntamento  a  F.  ...   nei   pressi   dell'....   I   Carabinieri
organizzavano una consegna controllata del denaro, facendo siglare  e
fotocopiando  le  banconote.  All'incontro  partecipava  inoltre   un
carabiniere  che  simulava  di  essere  il  fidanzato  della  minore.
All'appuntamento sopraggiungeva l'attuale imputato, che dopo  essersi
guardato ripetutamente intorno e  dopo  avere  richiesto  il  denaro,
andava a recuperare il  telefono  in  questione  in  un  cestino;  lo
consegnava quindi alla ragazza, che corrispondeva in cambio la  somma
di euro 40. Il predetto  veniva  quindi  arrestato  in  flagranza  di
reato, con ancora indosso il denaro in questione; 
    B) L'imputato nel corso del proprio  interrogatorio  (all'udienza
del 13 giugno 2022) ha riferito lo scambio  in  modo  sostanzialmente
conforme a quanto riportato nel verbale d'arresto; ha solo  sostenuto
di avere trovato il telefono in questione in piazza ...  e  di  avere
richiesto per la restituzione la somma di 80 euro, poi ridotta  a  30
euro, in  ragione  delle  proprie  difficolta'  economiche.  Egli  ha
inoltre chiesto scusa per l'accaduto; 
    C) Alla luce di  quanto  precede  si  deve  ritenere  provata  la
responsabilita' dell'imputato rispetto al reato di estorsione; 
    La circostanza del rinvenimento in piazza  del  telefono  non  e'
affatto plausibile, anche alla  luce  del  fatto  -  precisato  dalla
persona offesa in querela - che il telefono era ben  custodito  nella
tasca del cappotto e che questa  era  sufficientemente  profonda  per
evitare una fuoriuscita  accidentale  dello  stesso;  detta  versione
contrasta inoltre con quanto dichiarato dallo stesso  prevenuto  alla
persona offesa nel corso delle telefonate precedenti l'incontro. 
    Incidentalmente,  si  deve  rilevare  che  la   circostanza   che
l'imputato abbia ricevuto il telefono  dall'autore  del  furto  (come
contestato in imputazione) o lo abbia trovato in piazza ... (come dal
medesimo sostenuto in  interrogatorio)  o  lo  abbia  sottratto  egli
stesso rileverebbe al  piu'  ai  fini  della  sussistenza  del  fatto
contestato sub 1) e della relativa qualificazione giuridica. Sussiste
viceversa in ogni caso il reato  di  estorsione  contestato  sub  2).
L'imputato era infatti certamente  consapevole  dell'appartenenza  ad
altri del telefono in questione: si tratta di una tipologia  di  bene
che non si abbandona in piazza; il dispositivo inoltre  conteneva  al
proprio  interno  la  scheda   telefonica   della   persona   offesa,
circostanza questa incompatibile con una dismissione  volontaria  del
bene da parte del proprietario  (la  scheda  telefonica  e'  un  bene
personale, cui e' collegato il proprio numero di telefono  e  da  cui
sono ricavabili telefonate passate, contatti telefonici, ecc. per cui
si deve escludere che un  soggetto  venda  a  terzi  o  abbandoni  il
proprio telefono con  all'interno  la  propria  scheda);  era  dunque
evidente che la persona offesa, agevolmente individuabile e nel  caso
di specie addirittura entrata in contatto telefonico  con  l'imputato
(con cio' che ne  consegue  in  termini  di  mantenimento  dei  segni
esteriori del legittimo possesso da parte della proprietaria e  della
qualificazione della condotta di colui che si  appropri  dell'oggetto
secondo  la  consolidata  giurisprudenza  di  legittimita'),   avesse
diritto a tornare in possesso del bene senza dover  pagare  alcunche'
in cambio. Non e' condivisibile la  tesi  difensiva  secondo  cui  il
fatto dovrebbe riqualificarsi come esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, dovendo il bene essere  in  ogni  caso  e  senza  condizioni
restituito all'avente diritto. 
    Correttamente il pubblico ministero ha  contestato  un'estorsione
consumata. Preliminarmente occorre ribadire il principio di  diritto,
affermato in piu' occasioni dalla giurisprudenza di legittimita', per
cui integra il  delitto  di  estorsione  la  condotta  di  colui  che
richieda e ottenga, dalla persona offesa di un  precedente  illecito,
il pagamento di  una  somma  di  denaro  come  corrispettivo  per  la
restituzione di quanto illecitamente sottrattole, in quanto colui che
sia stato privato illecitamente di un bene conserva il  diritto  alla
restituzione,   sicche'   la   richiesta   di   denaro   in    cambio
dell'adempimento dell'obbligo giuridico di  restituire,  che  incombe
sull'agente, influisce sulla liberta' di determinazione del  soggetto
passivo ed integra, di per se', minaccia rilevante ai sensi dell'art.
629, codice penale (cfr Cass.  sez.  2,  sentenza  n.  25213  dell'11
aprile 2019 Rv. 276572 - 01; Cass. sez. 2, sentenza n. 25675  del  23
maggio  2014  Rv.  259565  -  01.  Nel  caso  di  specie,  e'  emerso
chiaramente dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa (di per se'
credibile, in assenza di qualsivoglia motivo di ritorsione o  intento
calunniatorio nei confronti dell'imputato) e comunque dal verbale  di
arresto come l'imputato abbia rivolto la minaccia di un male ingiusto
alla persona offesa - ossia la mancata restituzione del  telefono  in
suo possesso - costringendola a realizzare l'atto dispositivo di euro
40 a suo favore, con pari danno per la predetta. 
    Non  puo'  condividersi  la  tesi  difensiva   della   necessaria
riqualificazione del reato  da  estorsione  consumata  in  estorsione
tentata, fondata sulla natura «controllata»  dello  scambio  avvenuto
tra vittima ed estorsore. Ed infatti, sul punto la giurisprudenza  di
legittimita' ha  chiarito  che  «ricorre  il  delitto  di  estorsione
consumata e non tentata nel caso di consegna da parte  della  vittima
all'estorsore di una somma di denaro sotto il diretto controllo della
polizia giudiziaria, che immediatamente dopo provveda all'arresto del
responsabile, in  quanto  l'adoperarsi  della  vittima  affinche'  si
giunga all'arresto dell'autore della condotta  illecita  integra  una
delle molteplici  modalita'  di  reazione  soggettiva  della  persona
offesa allo stato di costrizione in  cui  versa,  senza  eliminarlo.»
(Cass. sez. 2, sentenza n. 12675 del 20 dicembre 2018  Rv.  275417  -
01; nello stesso senso  Cass.,  sez.  2,  sentenza  n.  1619  del  12
dicembre 2012 Rv. 254450 - 01 e Cass. sez. 2, sentenza n.  27601  del
19 giugno 2009 Rv. 244671 - 01). 
        D) Quanto alla determinazione del  trattamento  sanzionatorio
per il reato di estorsione, per  poter  addivenire  ad  una  corretta
decisione   appare   necessario   il   pronunciamento   della   Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma
di cui all'art. 629 codice penale, nella parte in cui non prevede che
la pena da esso comminata sia diminuita in misura non eccedente i due
terzi - o, in subordine, fino al terzo - quando il fatto  risulti  di
lieve entita'; 
    Cio' premesso; 
 
                               osserva 
 
    1. Rilevanza della questione. 
    1.1 L'art. 629 codice penale, al  primo  comma,  prevede  per  il
reato di estorsione la pena della reclusione da cinque a dieci anni e
della multa da euro 1.000 ad euro 4.000.  Il  minimo  edittale  della
pena detentiva, precedentemente fissato in anni tre di reclusione, ha
subito un incremento mediante la modifica intervenuta con  l'art.  8,
decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con  modificazioni
nella legge 18 febbraio 1992, n. 172. Anche  la  pena  pecuniaria  ha
subito un considerevole aumento, mediante l'introduzione dell'art. 4,
comma 1, lettera a) della  legge  27  gennaio  2012,  n.  3,  essendo
prevista in precedenza la multa da euro 516 ad euro 2.065. 
    1.2 Il  fatto  oggetto  del  presente  procedimento  deve  essere
qualificato, come gia'  detto,  quale  estorsione  consumata,  avendo
l'imputato costretto la persona offesa, mediante minaccia, a compiere
un atto di disposizione patrimoniale, cosi'  determinando  a  proprio
favore un ingiusto profitto con relativo danno per la vittima. 
    1.3 In ragione del modestissimo danno patrimoniale cagionato alla
persona offesa con il reato in questione (40 euro), con pari profitto
per l'imputato, potrebbe riconoscersi a quest'ultimo  la  circostanza
attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale 
    1.4 Oltre all'esiguita' del danno,  nel  caso  in  esame  vengono
pero' in considerazione ulteriori aspetti, ancor piu' rilevanti,  che
inducono a ritenere il fatto nel suo complesso di lieve  entita'.  In
particolare, a questo riguardo rilevano il carattere estemporaneo del
fatto e, soprattutto, la tipologia di condotta posta in essere,  vale
a dire la minaccia della mancata restituzione del telefono  cellulare
(di  cui  la  persona  offesa  aveva  gia'  perso  la  disponibilita'
materiale). 
    Il prevenuto cioe' in primo luogo non poneva in  essere  atti  di
violenza fisica. 
    In secondo  luogo,  le  minacce  non  concernevano  l'incolumita'
fisica della persona offesa (o di altri  soggetti);  ne'  investivano
altri beni fondamentali della persona (si pensi  alla  prospettazione
della possibile diffusione di fotografie compromettenti  o  di  video
intimi),  la  cui  violazione  assumerebbe  comunque   connotati   di
gravita'; ne', limitandosi al possibile danno economico,  avevano  ad
oggetto un pregiudizio di entita' tale da compromettere  comunque  la
sicurezza economica della persona offesa (si pensi alle estorsioni in
cui si paventi un danno irreparabile per un'attivita' d'impresa). 
    Al contrario, nella fattispecie in esame, le minacce concernevano
un oggetto che aveva un valore - da nuovo - di  alcune  centinaia  di
euro (il valore effettivo era certamente  inferiore  in  ragione  del
normale  decremento  per  effetto  dell'uso  e  comunque  del   tempo
trascorso)  e  di  cui  la  persona  offesa  aveva  gia'   perso   la
disponibilita' materiale (per cui tra l'altro il  danno  -  afferendo
alla cristallizzazione di una situazione di fatto gia'  in  essere  -
era inferiore rispetto alla nuova privazione di un bene). 
    Da  ultimo,  pur  dovendosi  ribadire  la   qualificazione   come
estorsione consumata, anche la natura  «controllata»  della  consegna
del denaro incide sul livello di lesione della liberta' morale  della
persona offesa. 
    1.5 Il disvalore del  fatto  oggetto  del  presente  procedimento
risulta in definitiva estremamente ridotto, per cui  anche  una  pena
che si attesti sul minimo edittale, eventualmente ridotta ex art. 62,
n. 4 codice penale, risulterebbe eccessiva. Qualora fosse introdotta,
come auspicato, una fattispecie attenuata per l'ipotesi del fatto  di
lieve entita', tale circostanza potrebbe  senz'altro  applicarsi  nel
caso di specie (fatta salva l'ulteriore questione circa il  possibile
concorso o meno tra l'attenuante di cui si auspica  l'introduzione  e
l'attenuante comune ex art. 62, n. 4 codice  penale:  in  materia  di
ricettazione ad es. il concorso e' escluso dalla sentenza Cass.  sez.
2 - n. 2890 del 15 novembre 2019 Rv. 277963 - 01, mentre e'  ritenuto
ammissibile, a certe condizioni, da Cass. sez. 7,  n.  19744  del  26
gennaio 2016 Rv. 266673 - 01). 
    2. Non manifesta infondatezza. 
    2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 629 codice penale nella parte in cui non prevede che  la
pena da esso comminata sia diminuita, in misura non eccedente  i  due
terzi,  quando  il  fatto  risulti  di  lieve  entita'.   La   citata
disposizione,  infatti,  pare  costituzionalmente  illegittima  nella
misura in cui non  prevede  un'attenuazione  del  severo  trattamento
sanzionatorio (minimo edittale di cinque anni  di  reclusione,  oltre
multa) in relazione a condotte delittuose che, per quanto conformi al
tipo,  risultino  di  gravita'  assai  limitata  per   le   modalita'
dell'azione, per il contesto in cui la condotta  e'  maturata  e  per
l'entita' dell'offesa arrecata alla vittima. 
    2.1.1 Lo scrivente e' consapevole del fatto che questioni simili,
inerenti  proprio  all'art.  629  codice  penale,  sono  gia'   state
affrontate in precedenza  dalla  Corte  costituzionale  e  dichiarate
inammissibili (ordinanze n. 368/1995 e 460/1997). 
    Da un lato pero' la questione  che  ora  s'intende  sollevare  e'
parzialmente diversa; dall'altro appare comunque possibile  auspicare
una rivisitazione delle considerazioni svolte dalla Corte negli  anni
novanta,  anche  alla  luce  del  mutato  approccio  della   relativa
giurisprudenza in tema di proporzionalita' della pena e  di  pronunce
di costituzionalita' di tipo additivo. 
    2.1.2   Pare   necessaria   un'ulteriore   premessa.   La   Corte
costituzionale con piu' sentenze negli ultimi  anni  ha  sottolineato
che «la pressione punitiva attualmente esercitata riguardo ai delitti
contro il patrimonio e' ormai diventata estremamente rilevante.  Essa
richiede percio' attenta considerazione  da  parte  del  legislatore,
alla luce di una valutazione, complessiva  e  comparativa,  dei  beni
giuridici tutelati dal diritto penale e  del  livello  di  protezione
loro assicurato» (cosi' la sentenza 190/2020; nello stesso  senso  la
sentenza 117/2021). 
    Se una riforma di  carattere  sistematico  dei  reati  contro  il
patrimonio - tale da adeguare la disciplina codicistica alla scala di
valore dei vari beni giuridici recepita nella nostra  Costituzione  -
e' certamente auspicabile,  tuttavia  nell'attesa  (ormai  decennale,
come rilevato dalla stessa  Corte  nella  sentenza  259/2021)  appare
comunque possibile un intervento della Corte  costituzionale  teso  a
correggere gli eccessi piu' macroscopici. 
    Inoltre,  con  riguardo  a  taluni  reati  come  il   furto,   il
particolare  rigore  sanzionatorio  deriva  dall'innalzamento   della
cornice  edittale  legato  alla  sussistenza  (assai  frequente)   di
circostanze aggravanti  indipendenti  ad  effetto  speciale,  con  la
conseguenza che - per effetto della possibilita' di bilanciamento con
una qualunque circostanza attenuante di dette aggravanti  (introdotta
con la modifica dell'art. 69 codice penale) - «la gravita' di  questo
delitto e' attualmente, percio', soltanto nell'astratta  comminazione
della  pena,  ma  non  lo  e'  piu'  nella  realta'   dell'esperienza
giuridica, come ben dimostra la casistica  giudiziaria,  ispirata  ai
nuovi principi costituzionali» (sentenza 268/1986,  richiamata  dalla
sentenza 259/2021). 
    In relazione al delitto di estorsione,  viceversa,  l'eccezionale
asprezza del trattamento sanzionatorio si esprime gia' nella  cornice
edittale  di   base,   sicche'   l'eventuale   riconoscimento   delle
circostanze attenuanti gia' previste dall'ordinamento - pur possibile
-  non  pare  sufficiente  a  rendere  tale   eccesso   sanzionatorio
compatibile coi principi costituzionali. 
    2.2 La norma di cui all'art. 629 codice  penale  pare  violare  i
precetti di cui agli articoli 3 e 27,  comma  3  della  Costituzione.
L'estremo rigore del minimo edittale previsto per il  predetto  reato
viola,  a  parere  dello  scrivente;  il  principio   di   necessaria
ragionevolezza  nella  determinazione  della  pena,  soprattutto   se
ricollegato alla fondamentale funzione rieducativa che la stessa deve
perseguire per espresso dettato costituzionale.  In  assenza  di  una
previsione specifica che contempli una pena piu' mite  per  fatti  di
entita' piu' lieve - come invece disposto per altre fattispecie -  in
casi come quello in esame (in cui per  modalita'  della  condotta  ed
entita' dell'offesa il fatto concretamente realizzato sia di gravita'
estremamente contenuta) non pare possibile adeguare correttamente  il
trattamento sanzionatorio alla gravita' del fatto, alla  colpevolezza
dell'autore del reato e alla sua necessaria rieducazione. 
    2.3 Se e' certamente vero che la  commisurazione  delle  sanzioni
per  ciascuna  fattispecie  di  reato  e'   materia   affidata   alla
discrezionalita'  del  legislatore,  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale ha piu' volte affermato che le scelte legislative sono
tuttavia sindacabili ove trasmodino nella manifesta  irragionevolezza
o nell'arbitrio. 
    Con riguardo all'art. 629 codice penale, la mancata previsione di
una fattispecie attenuata per le  ipotesi  di  lieve  entita'  appare
censurabile sia in punto di ragionevolezza intrinseca del trattamento
sanzionatorio, sia sotto il piu' generale profilo  del  principio  di
uguaglianza in relazione a  quanto  previsto  per  altre  fattispecie
delittuose. 
    2.4.1 Sotto il primo profilo, a fronte di  una  cornice  edittale
che prevede una pena minima  di  cinque  anni  di  reclusione  (oltre
multa), pare irragionevole la mancata previsione  di  un'attenuazione
della pena per i  fatti  di  estorsione  che  -  lungi  dall'avere  i
connotati  classici  dei  piu'  gravi   episodi   estorsivi,   magari
realizzati anche nell'ambito di fenomeni di criminalita'  organizzata
-  abbiano  piuttosto  una  gravita'  modesta,  se  non   addirittura
bagatellare. 
    Per tali fatti una pena che pur si attesti  sul  minimo  edittale
risulta comunque esageratamente sproporzionata. 
    2.4.2 Occorre tenere  presente  infatti  che  -  messa  da  parte
l'ipotesi della violenza  -  e'  idonea  ad  integrare  il  reato  di
estorsione qualsiasi  condotta  di  minaccia,  indipendentemente  dal
fatto che la stessa sia rivolta o meno alla persona o che comunque si
traduca in una minaccia «grave». Cio' che  rileva,  infatti,  secondo
quanto  ormai   chiarito   piu'   volte   dalla   giurisprudenza   di
legittimita', e' che il male  ingiusto  paventato  alla  vittima  sia
idoneo - in base alle  circostanze  del  fatto  e  soprattutto  delle
caratteristiche della vittima stessa - ad ingenerare in  quest'ultima
un   timore   tale   da   limitare   la    relativa    liberta'    di
autodeterminazione, in particolare mediante la  sottoposizione  della
stessa alla scelta tra subire il male minacciato o acconsentire  alla
prestazione richiesta. Ed infatti, in  tema  di  minaccia  idonea  ad
integrare il reato di estorsione, la giurisprudenza  di  legittimita'
ha  chiarito  che   «non   e'   necessario   che   la   liberta'   di
autodeterminazione della vittima sia del  tutto  annullata,  essendo,
invece, sufficiente che la richiesta, con il pregiudizio patrimoniale
che ne consegue, sia accolta anche soltanto per mera convenienza, per
evitare un male che agli  occhi  della  vittima  appaia  piu'  grave»
(Cass. sez. 2, sentenza n. 32033 del 21 marzo 2019 Rv. 277512 - 04). 
    2.4.3 Nell'ambito dell'art. 629 codice penale il  legislatore  ha
scelto di equiparare, in termini di pena, i fatti estorsivi in cui la
minaccia attenga esclusivamente al patrimonio della vittima, a  fatti
che, seppur comunque di modesta gravita', incidano direttamente sulla
persona (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di una violenza non
grave o ad una minaccia diretta alla  vittima  o  a  terzi,  prossimi
congiunti). 
    2.4.4 Una pena edittale minima di tale entita'  appare  porsi  in
contrasto con l'art. 27, comma 3  della  Costituzione,  in  combinato
disposto con l'art. 3 della Costituzione, laddove la  stessa  prevede
che  le  pene  previste  dal   legislatore   debbano   tendere   alla
rieducazione del condannato.  Tale  finalita'  appare  del  tutto  ed
irragionevolmente vulnerata ogniqualvolta il  fatto  estorsivo  abbia
una gravita' contenuta, per cui una pena  cosi'  elevata,  del  tutto
sproporzionata  rispetto   al   fatto   concreto,   sara'   avvertita
inevitabilmente dal condannato come ingiusta. 
    2.4.5 Pare dunque possibile auspicare il  «ritaglio»  nell'ambito
della  fattispecie  di  cui  all'art.  629  codice  penale   di   una
fattispecie attenuata di lieve entita'. 
    La tecnica legislativa c.d. del «ritaglio» della  fattispecie  di
minore gravita' e' utilizzata dal legislatore in relazione a  plurime
fattispecie  incriminatrici.  La  stessa  Corte   costituzionale   ha
rilevato che tale tecnica «in funzione di un riequilibrio complessivo
della disciplina penale, si' addica essenzialmente alle ipotesi nelle
quali  il  reato-base  ha  una  formulazione  molto  ampia,  come  lo
«spaccio» di  stupefacenti,  la  ricettazione,  la  bancarotta  o  la
violenza sessuale» (Corte costituzionale,  sentenza  n.  117  del  12
maggio 2021). 
    Ebbene la fattispecie  dell'estorsione  delineata  dall'art.  629
codice penale pare soddisfare il citato  requisito:  da  un  lato  si
caratterizza per un concetto molto ampio di  violenza  o  minaccia  e
dall'altro la minaccia (per quel che qui rileva)  puo'  indirizzarsi,
indifferentemente e con le modalita' piu'  disparate,  all'integrita'
fisica della persona o ad altri beni  afferenti  alla  persona  o  al
patrimonio o anche ad altri beni giuridici (si  e'  ritenuta  ad  es.
idonea ad integrare l'estorsione, a determinate condizioni, anche  la
minaccia di agire in giudizio  o  di  attivare  procedure  bancarie).
Proprio in ragione di tale ampiezza, si ritiene che anche nell'ambito
della fattispecie di cui all'art. 629 codice penale sia operabile  il
ritaglio  di  una  fattispecie  di  lieve  entita',  con  particolare
riguardo alla modalita' della minaccia e al  bene  giuridico  attinto
dalla stessa, la cui tutela, come si e'  gia'  sottolineato,  e'  ben
suscettibile  di  graduazione  in  base  alla  gerarchia  dei  valori
recepita nella Costituzione. 
    2.4.6 Il dato per cui nelle  ipotesi  di  danno  patrimoniale  di
speciale tenuita' sia applicabile la circostanza attenuante  ex  art.
62, n. 4 codice penale non pare  poter  escludere  l'introduzione  di
un'attenuante speciale per le ipotesi di estorsione di lieve entita'. 
    Da  un  lato,  come  si  e'  gia'  sottolineato,  la  circostanza
attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale ha riguardo  al  solo  dato
del danno patrimoniale arrecato alla persona offesa, laddove la lieve
entita' dell'estorsione puo' dipendere da  fattori  ulteriori,  anche
piu' rilevanti, quali per  l'appunto  il  bene  cui  ha  riguardo  la
minaccia e le modalita' della minaccia stessa. 
    Dall'altro lato, esistono altre fattispecie di  reati  contro  il
patrimonio  -  per  le  quali  sarebbe  applicabile  la   circostanza
attenuante ex art. 62, n. 4 codice penale - in relazione  alle  quali
e' stata comunque prevista una circostanza attenuante speciale per le
ipotesi di minore gravita'. E' il caso ad esempio della  ricettazione
per la quale l'art. 648, comma 4, codice penale prevede per  i  fatti
di particolare tenuita' una riduzione anche molto  superiore  ai  due
terzi (pena minima di  quindici  giorni  di  reclusione  oltre  multa
anziche' di due anni di reclusione oltre multa, nel caso  in  cui  la
cosa provenga da delitto; quindici giorni di reclusione  oltre  multa
anziche' un  anno  di  reclusione  oltre  multa,  nel  caso  di  cosa
proveniente da contravvenzione). Il legislatore ha dunque ritenuto di
introdurre una  fattispecie  attenuata,  con  una  pena  notevolmente
inferiore rispetto a quella prevista per il reato base, nell'evidente
intento di tenere in considerazione le molteplici modalita'  concrete
con le quali possono configurarsi i tipi delittuosi. 
    2.4.7   Una   riflessione   a   parte    merita    l'introduzione
dell'attenuante per i fatti di  lieve  entita'  operata  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 68/2012 per il reato  di  sequestro
di persona a scopo di estorsione. 
    Anche  se  il  conseguimento  del  profitto  con   altrui   danno
costituisce, in questo caso,  l'oggetto  del  dolo  (specifico),  non
essendo richiesti tali elementi per la  consumazione  del  reato,  e'
evidente che la privazione della liberta' personale costituisca,  nei
fatti, un particolare tipo  di  condotta  costrittiva,  sviluppandosi
dunque il delitto di cui all'art.  630  codice  penale  come  ipotesi
speciale dell'art. 629 codice  penale  (a  consumazione  anticipata).
Anche in merito all'art. 630 codice penale si era compiuta -  tra  le
altre - una riflessione in merito alla gravita' delle  pene  previste
per la fattispecie base (in particolare, proprio il minimo edittale),
giungendo alla conclusione per cui sarebbe stato iniquo applicare  la
pena di venticinque anni di reclusione anche ai  fatti  che  avessero
determinato un pericolo o un danno contenuti. Tale conclusione appare
mutuatile anche per la fattispecie di cui all'art. 629 codice penale,
nei casi in  cui  appunto  -  per  le  modalita'  e  l'oggetto  della
condotta, per i mezzi usati o per altre circostanze del caso concreto
- il fatto risulti di lieve entita'. 
    2.5. Sotto il profilo  del  principio  di  uguaglianza,  poi,  si
rileva una irragionevole disparita' punitiva in  relazione  ad  altre
fattispecie di reato, assimilabili all'estorsione  sotto  il  profilo
strutturale, per le quali il legislatore ha  opportunamente  previsto
una mitigazione della pena per i fatti meno gravi, ovvero  un  limite
edittale  minimo   inferiore   rispetto   a   quello   indicato   per
l'estorsione. 
    2.5.1 Un trattamento irragionevolmente diverso  e'  riscontrabile
nel raffronto con il delitto di violenza  sessuale  di  cui  all'art.
609-bis codice penale . 
    Questo  giudice  e'  consapevole  del  fatto  che  i  due   reati
presentano significativi  aspetti  di  diversita'  e  che  quindi  il
delitto di violenza sessuale possa apparire un tertium  comparationis
non idoneo, in quanto eterogeneo. 
    Pare tuttavia di poter affermare che - a fronte di una  struttura
comune ai due reati - gli elementi di diversita' siano proprio quelli
che denotino l'irragionevolezza delle scelte legislative. 
    In particolare, entrambi  i  delitti  di  estorsione  e  violenza
sessuale si qualificano come ipotesi speciali del delitto di violenza
privata  di  cui  all'art.  610  codice  penale.  Tale  rapporto   di
specialita' emerge chiaramente  dall'analisi  strutturale  delle  tre
fattispecie,  tutte  fondate  su  una  condotta,  incentrata  su  una
violenza o minaccia  (o  anche  mediante  abuso  di  autorita'  nella
violenza sessuale) volta a costringere la vittima a fare, tollerare o
omettere qualcosa. 
    Gli elementi di specialita', rispetto alla violenza  privata,  si
colgono nella peculiarita' delle prestazioni cui le vittime  di  tali
reati vengono forzate - di tipo sessuale, nel caso dell'art.  609-bis
codice penale , e di tipo patrimoniale, nel caso dell'art. 629 codice
penale - e, conseguentemente, nella tipologia di pregiudizio prodotto
alla vittima, con correlativo «vantaggio» per l'autore del  reato,  e
quindi anche nel bene giuridico tutelato dalla norma  incriminatrice.
Nella violenza sessuale e' lesa  la  liberta'  di  autodeterminazione
sessuale della vittima  a  fronte  della  soddisfazione  dell'impulso
sessuale dell'autore, mentre nell'estorsione il pregiudizio  consiste
in un danno economico, con corrispondente profitto per l'agente. 
    Corroborano tali riflessioni gli approdi della giurisprudenza  di
legittimita', che in piu' occasioni ha avuto modo di rilevare, piu' o
meno  apertamente,  il  rapporto  genere/specie  esistente   tra   la
struttura della violenza privata e quella dei delitti  di  estorsione
(1) e violenza sessuale (2) e che, recentemente, ha  sottolineato  il
rapporto esistente proprio tra gli  articoli  609-bis  e  629  codice
penale  ,  evidenziando  che  «in  applicazione  del   principio   di
specialita', quando la costrizione abbia ad oggetto  la  sfera  della
liberta' sessuale e non cagioni, neppure in via mediata, un'offesa al
patrimonio del  soggetto  passivo,  la  condotta  dell'imputato  deve
essere ricondotta all'art. 609-bis codice penale  »  (Cass.  sez.  2,
sentenza n. 41985 del 9 settembre 2021 Ud. (dep.  17  novembre  2021)
Rv. 282205 - 01). 
    2.5.2 I due citati delitti hanno dunque una struttura analoga, ma
postulano diverse condotte forzate in capo alle vittime  e  offendono
in definitiva beni giuridici differenti. 
    Di  tali  beni,  tuttavia,  la  liberta'  sessuale   si   colloca
certamente ad un livello superiore di tutela rispetto  al  patrimonio
nella gerarchia di valori recepita dalla Costituzione. 
    La  liberta'  sessuale,  «essendo  la   sessualita'   uno   degli
essenziali modi di espressione della persona umana» e' «senza  dubbio
un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso  tra  le  posizioni
soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra
i  diritti  inviolabili  della  persona  umana  che  l'art.  2  della
Costituzione impone di garantire» (Corte costituzionale  sentenza  n.
561/1987, richiamata da ultimo anche dalla sentenza n. 141/2019). 
    La proprieta' privata viceversa - fatta eccezione per quel nucleo
essenziale  volto  a  garantire  il   soddisfacimento   dei   bisogni
essenziali dell'essere umano, come il diritto  all'abitazione  -  nel
nostro sistema costituzionale non costituisce un diritto fondamentale
inviolabile, ma un diritto che la legge riconosce  e  garantisce,  ma
puo' anche regolare e comprimere al fine di assicurarne  la  funzione
sociale e di renderla accessibile a tutti. 
    In tale quadro, in cui le due fattispecie di violenza sessuale  e
di estorsione presentano una struttura analoga e  beni  giuridici  di
rango  diverso,  risulta  del  tutto  iniqua  ed   irragionevole   la
disparita' operata tra le stesse. 
    Il legislatore infatti,  pur  prevedendo  (correttamente,  stante
l'indubbio maggior rilievo del bene giuridico tutelato) una pena piu'
grave per il delitto di violenza sessuale (da sei a  dodici  anni  di
reclusione), (3) ha previsto all'art. 609-bis, comma 3, codice penale
una diminuzione di pena in misura non eccedente i  due  terzi  per  i
casi di minore gravita', senza contemplare una riduzione analoga  per
i fatti di estorsione di lieve entita'. 
    Cosi', di fatto, nelle ipotesi di  violenza  sessuale  di  minore
gravita' la pena minima applicabile dal giudice e'  di  anni  due  di
reclusione (fatte salve  le  ulteriori  eventuali  riduzioni  per  le
circostanze attenuanti generiche o per il  rito).  Nelle  ipotesi  di
estorsione, pur lievi, la pena minima e' viceversa di anni cinque  di
reclusione, al piu' ridotta ai  sensi  dell'art.  62,  n.  4,  codice
penale ad anni tre e mesi quattro di reclusione  oltre  multa  (fatte
salve le ulteriori eventuali riduzioni per le circostanze  attenuanti
generiche o per il rito). 
    Guardando al caso concreto, se in funzione della restituzione del
telefono l'imputato avesse preteso e ottenuto un  atto  sessuale,  si
sarebbe potuta applicare - qualora il fatto fosse risultato di minore
gravita' - la pena di anni due di reclusione.  Viceversa,  posto  che
egli ha chiesto e ottenuto la somma di 40 euro, la pena minima e'  di
anni cinque di reclusione, riducibile ai sensi  dell'art.  62,  n.  4
codice penale ad anni tre e mesi quattro di reclusione oltre multa. 
    Si tratta di un risultato inaccettabile alla luce della  premessa
svolta circa il diverso rango dei beni giuridici. 
    2.5.3 Nel caso della violenza sessuale la tecnica del  «ritaglio»
della fattispecie attenuata trova la  propria  giustificazione,  come
piu'  volte  ribadito  dalla  stessa  giurisprudenza  costituzionale,
nell'ampiezza del concetto di «atti sessuali» che,  in  seguito  alla
confluenza nella medesima fattispecie  dei  c.d.  «atti  di  libidine
violenti» e della «violenza  carnale»,  si  qualifica  come  concetto
notevolmente ampio, tale da necessitare un  contemperamento,  operato
mediante la suddetta  fattispecie,  per  le  ipotesi  meno  gravi  ad
esempio di «sfioramento» e «toccamento» di zone erogene. 
    Come  gia'  detto,  pero',  anche  il  reato  di  estorsione   si
caratterizza per un concetto molto ampio di violenza o minaccia,  che
puo' rivolgersi, indifferentemente e con le modalita' piu' disparate,
alla persona o  al  patrimonio,  rendendo  cosi'  possibile  -  anche
nell'ambito della fattispecie di cui all'art. 629 codice penale -  il
ritaglio di una fattispecie di lieve entita'. 
    2.6.  Appare  opportuno,  poi,  sottolineare  come  altri  reati,
caratterizzati dalla  struttura  tipica  della  costrizione  mediante
violenza o minaccia, e dunque sempre da un  rapporto  di  specialita'
con la violenza privata, siano puniti in  maniera  significativamente
piu' ridotta dell'estorsione, pur essendo  posti  a  tutela  di  beni
giuridici di sicura e significativa rilevanza nella scala  gerarchica
costituzionale. Si pensi, ad esempio, alla violenza o minaccia  a  un
pubblico ufficiale (punito con la reclusione da  sei  mesi  a  cinque
anni) che tutela  non  solo  il  buon  funzionamento  della  pubblica
amministrazione, ma anche la liberta' morale e  l'incolumita'  fisica
del  singolo  pubblico  ufficiale;  oppure  alla  stessa  violenza  o
minaccia per costringere a commettere un reato, di cui  all'art.  611
codice penale (punito con la reclusione fino a cinque anni), che  pur
essendo inserito fra i delitti contro la  persona,  e'  evidentemente
volto anche a prevenire la realizzazione di ulteriori reati. 
    Non pare ragionevole la scelta di punire il delitto di estorsione
con una pena notevolmente superiore rispetto a tali reati  anche  nel
caso in  cui  il  fatto  -  lungi  dal  ricollegarsi  a  fenomeni  di
criminalita' organizzata  (ipotesi  che  ha  ispirato  l'inasprimento
delle pene nel 1991, ritenuto giustificato dalla Corte costituzionale
nella sentenza 368/1995) - risulti di lieve entita'. 
    2.7. Lo scrivente e' consapevole del fatto che,  a  fronte  della
situazione censurata,  la  soluzione  prospettata  non  sia  a  «rime
obbligate». 
    Tuttavia la Corte costituzionale ha ormai piu' volte affermato il
principio in forza del quale «una volta  accertato  un  vulnus  a  un
principio o a un diritto riconosciuti dalla Costituzione - "non  puo'
essere  di  ostacolo  all'esame  nel  merito   della   questione   di
legittimita' costituzionale l'assenza di un'unica soluzione  a  'rime
obbligate'   per   ricondurre   l'ordinamento   al   rispetto   della
Costituzione,  ancorche'  si  versi   in   materie   riservate   alla
discrezionalita'  del  legislatore"  (sentenza  n.  62   del   2022),
risultando a tal fine sufficiente la presenza nell'ordinamento di una
o piu' soluzioni "costituzionalmente adeguate",  che  si  inseriscano
nel tessuto normativo coerentemente  con  la  logica  perseguita  dal
legislatore (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2022, n. 63 del 2021, n.
252 e n. 224 del 2020, n. 99 e n. 40 del 2019, n. 233 e  n.  222  del
2018).» (Corte Costituzionale sentenza n. 95 del 9 marzo 2022). 
    Tale  riflessione  conforta  dunque  nel  ritenere  correttamente
praticabile una dichiarazione di  incostituzionalita'  additiva,  che
permetta di introdurre una fattispecie attenuata per i fatti di lieve
entita' anche nell'alveo dell'art. 629 codice  penale  ,  utilizzando
come parametro  di  riferimento  quanto  gia'  previsto  in  tema  di
violenza sessuale. Si chiede dunque l'introduzione  della  previsione
che la pena sia diminuita in misura non eccedente i due terzi  quando
il fatto risulti di lieve entita'. Tale soluzione, pur non obbligata,
appare costituzionalmente  adeguata,  considerato  che,  come  si  e'
prospettato, le riflessioni poste a base  dell'introduzione  di  tale
fattispecie paiono coerentemente mutuabili anche per  la  fattispecie
di estorsione, ferma  restando  ovviamente  la  possibilita'  che  il
legislatore, ove  di  diverso  avviso,  intervenga  per  disciplinare
differentemente   la    materia    nell'esercizio    della    propria
discrezionalita'. 
    In via subordinata, si chiede che sia introdotta per i  fatti  di
minore gravita' una  circostanza  attenuante  ad  effetto  comune  (e
dunque in misura non eccedente un terzo) secondo la  regola  generale
di cui all'art. 65 codice penale e secondo quanto operato dalla Corte
nella sentenza 68/2012. 
    3. Possibilita' di un'interpretazione conforme. 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione,  chiaro  e
univoco essendo il dato letterale. 
 
__________ 

(1) Cass. sez. 1, sentenza n. 7856 del 10 giugno  1997  Ud.  (dep.  9
    agosto 1997) Rv. 208262 - 01, che ha esplicitamente statuito  «Il
    delitto di estorsione costituisce ipotesi  speciale  rispetto  al
    delitto di violenza privata, fungendo da elementi specializzanti,
    oltre al conseguimento di un ingiusto  profitto,  il  correlativo
    danno per la persona offesa.»; ma si vedano anche  pronunce  piu'
    recenti che, pur non esprimendosi in  maniera  esplicita  in  tal
    senso, hanno sempre ritenuto  integrata  l'estorsione,  piuttosto
    che  la  violenza  privata   (e   viceversa)   ogniqualvolta   si
    configurasse (o meno) l'elemento  del  danno  patrimoniale  della
    vittima ed il correlativo profitto per l'agente: ex  multis  sez.
    2, sentenza n. 3371 del 18 dicembre 2012  Ud.  (dep.  23  gennaio
    2013) Rv. 254781 - 01; sez. 2, sentenza n. 9024  del  5  novembre
    2013 Ud. (dep. 25  febbraio  2014)  Rv.  259065  -  01;  sez.  5,
    sentenza n. 8639 del 20 gennaio 2016 Ud. (dep. 2 marzo 2016)  Rv.
    266079 - 01; sez. 2, sentenza n. 17288 del 18  gennaio  2019  Ud.
    (dep. 19 aprile 2019) Rv. 276622 - 04. 

(2) In tal senso, si veda il principio di diritto in forza del  quale
    deve ritenersi configurata in ogni caso la  violenza  sessuale  e
    non la violenza privata, ogniqualvolta la condotta  violenta  e/o
    minacciosa costrittiva sia  direttamente  volta  ad  ottenere  la
    prestazione sessuale, non rappresentando un quid pluris  rispetto
    all'attivita' sessuale coatta (Cass. Sez. 3,  Sentenza  n.  29901
    del 9 giugno 2011 Ud. (dep. 26 luglio  2011)  Rv.  250660  -  01;
    Cassazione sez. 3, sentenza n. 37367 del 6 giugno 2013 Ud.  (dep.
    12 settembre 2013) Rv. 256965 - 01); ma  anche  il  principio  in
    forza del quale, in assenza di contatto fisico tra la  vittima  e
    l'agente, possa configurarsi esclusivamente la violenza  privata,
    qualora  questa  sia  stata  costretta  a   tollerare   atti   di
    esibizionismo a sfondo sessuale da parte dell'agente (Cass.  sez.
    4, sentenza n. 36742 del 4 maggio 2018 ud. (dep. 31 luglio 2018),
    non massimata.) 

(3) A seguito  della  modifica  apportata  dalla  legge  69/2019  (in
    precedenza era prevista  la  pena  da  cinque  a  dieci  anni  di
    reclusione).