IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA 
 
    Ha pronunciato, a scioglimento della riserva di  cui  al  verbale
d'udienza in data 5 luglio 2022, sentiti P.M. e difesa,  la  seguente
ordinanza letto il reclamo n. SIUS 2021/5996 presentato da F M , nato
... a ...  il ..., detenuto presso la Casa Circondariale di Terni  in
regime  differenziato  ex  art.  41-bis  ord.  pen.,  con  il   quale
l'interessato si duole del divieto,  impostogli  dall'amministrazione
penitenziaria in ragione della sua sottoposizione al predetto regime,
di svolgere colloqui visivi senza vetro divisorio con il  suo  figlio
maggiore, che ha compiuto i dodici  anni  di  eta'  mentre  erano  in
vigore le restrizioni determinate dalla pandemia da COVID19; 
 
                               Osserva 
 
    Il F... ,·si lamenta, nel suo reclamo poi precisato  in  udienza,
delle modalita' con le quali l'istituto penitenziario,  sulla  scorta
dei contenuti dell'art. 41-bis comma 2-quater  ord.  penit.  e  della
circolare ministeriale che regola la  vita  nella  sezione  a  regime
differenziato, gli consente di svolgere il colloquio  visivo  con  il
proprio figlio G..., nato l' ..., che ha compiuto dodici anni nel ...
dell'anno 2021, quando erano ancora in vigore le  restrizioni  dovute
all'esigenza  di  prevenire  il  pericolo  di  contagio  da   COVID19
all'interno degli istituti penitenziari. 
    Si ricorda infatti che l'amministrazione consente che il detenuto
in 41-bis svolga i  predetti  colloqui  in  locali  privi  del  vetro
divisorio, soltanto con i figli ed i nipoti minori  di  dodici  anni.
Tuttavia tra il 2020 ed il 2021 queste modalita' sono  state  sospese
per tutti, perche' rischiose sotto il descritto profilo del contagio. 
    Ne deriva che il reclamante ha cessato di abbracciare  il  figlio
quando questi aveva dieci anni e ora non puo'  piu'  farlo,  avendone
quest' ultimo compiuti dodici. Si chiede un intervento del magistrato
di sorveglianza, cui si ricorda che comunque anche l'altra figlia del
reclamante, I... , nata  il  ,  presto  compira'  dodici  anni  e  si
trovera' nella stessa condizione, della quale il reclamante chiede la
rimozione. L'interessato propone in subordine  almeno  un  intervento
che gli consenta, eccezionalmente, di fruire  di  ulteriori  colloqui
con il figlio ormai ultradodicenne, compensativi di quelli che non ha
potuto svolgere, eventualmente fintanto  che  lo  stesso  non  compia
quanto meno tredici anni, l' 
    Il reclamo  dell'interessato  trova  spazio  nell'ambito  segnato
dagli artt. 35-bis e 69 comma 6, lett. b) ord.  pen.,  ed  infatti  i
provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria  che,  eventualmente
inosservanti di disposizioni  dell'ordinamento  penitenziario  o  del
relativo regolamento di esecuzione, incidano in modo grave ed attuale
su  diritti  della  persona  detenuta  sono   sindacabili   in   sede
giurisdizionale  mediante  reclamo  al  magistrato  di  sorveglianza.
Quest'ultimo decide con ordinanza reclamabile dinanzi al Tribunale di
sorveglianza,  e  ricorribile  per   cassazione,   avente   carattere
immediatamente vincolante per l'amministrazione, anche in pendenza di
impugnazione alle predette a.g., in ragione delle finalita' di tutela
urgente che l'art. 69, comma 6, lett. b) ord.  pen.  persegue  e  per
come disposto in via generale dall'art. 666 comma 7 cod. proc. pen .. 
    Nel caso di specie l' interessato allega un pregiudizio  grave  e
perdurante all'esercizio del proprio diritto a subire  una  pena  non
disumana ai sensi dell'art. 27 Cost. e, ai sensi dell'art.  3  Cost.,
come consentito alle altre persone detenute  in  sezioni  diverse  da
quella a regime differenziato in cui si trova, mantenendo un  legame,
qui  innanzitutto  fisico,  con  il  proprio  nucleo   familiare,   e
segnatamente con i figli minori, diritto che trova una tutela,  nella
legge penitenziaria, ai sensi  dell'art.  28  ord.  penit.,  tra  gli
altri, e a livello costituzionale negli art. 29, 30 e 31 Cost. 
    I  diritti  allegati,  tutti  per  altro  addirittura  di   rango
costituzionale, sono quindi ampiamente riconosciuti  nell'ordinamento
penitenziario,  ed  e'  percio'  doveroso  per   il   magistrato   di
sorveglianza utilizzare le movenze procedimentali previste nel citato
art. 35-bis ord. pen .. 
    Ai fini istruttori e' stata richiesta alla Casa Circondariale  di
Terni una relazione circa le ragioni poste a base dei  divieti  sopra
descritti. 
    La Direzione  dell'istituto  penitenziario,  con  la  nota  fatta
pervenire per l'odierna udienza, ha evidenziato di attenersi a quanto
previsto nella circolare ministeriale che regola la vita  all'interno
delle sezioni 41-bis. 
    Infatti la circolare ministeriale 3626 del 2 ottobre 2017, che ha
per  oggetto  la  «organizzazione  del  circuito  detentivo  speciale
previsto dall'art. 41-bis  O.P.»,  si  occupa  in  particolare  della
materia nell'art. 16, nel quale si legge anche che: «(l)o svolgimento
dei colloqui visivi avviene presso locali all'uopo adibiti, muniti di
vetro a tutta altezza, tale da non consentire il passaggio di oggetti
di qualsiasi specie, tipo o dimensione. Il chiaro  ascolto  reciproco
da  parte  dei  colloquianti   sara'   garantito   con   le   attuali
strumentazioni  all'uopo   predisposte.   In   una   prospettiva   di
bilanciamento di interessi  di  pari  rilevanza  costituzionale,  tra
tutela del  diritto  del  detenuto/internato  di  mantenere  rapporti
affettivi con i figli e i nipoti e  quello  di  garantire  la  tutela
dell'ordine e della sicurezza pubblica, il detenuto/internato  potra'
chiedere che i colloqui con i figli e con i  nipoti  in  linea  retta
minori di anni 12, avvengano  senza  vetro  divisorio  per  tutta  la
durata, assicurando la presenza del minore nello spazio riservato  al
detenuto e la contestuale presenza degli altri  familiari  dall'altra
parte del vetro. Detto colloquio e' sottoposto  a  videoregistrazione
ed ascolto, previo provvedimento motivato dell'A.G. Il posizionamento
del  minore  nello  spazio  destinato  al  detenuto/internato  dovra'
avvenire evitando  forme  di  contatto  diretto  con  ogni  familiare
adulto. In ogni caso  il  predetto  posizionamento  e  la  successiva
riconsegna del minore ai  familiari  dovra'  avvenire  sotto  stretto
controllo da parte del personale di polizia addetto  alla  vigilanza,
con le cautele e gli accorgimenti del caso, al fine  di  contemperare
le esigenze di sicurezza con quelle del minore e lo stato di  disagio
in cui lo stesso puo' venirsi a trovare.» 
    Su  una  questione  largamente  sovrapponibile,  per  quanto  non
segnata  dall'ulteriore  criticita'  rappresentata  dall'interruzione
improvvisa  e  inaspettata  dei  colloqui  senza  vetro,  toccata  al
reclamante per via delle restrizioni connesse al COVID19, la S.C.  si
e' pronunciata con la sent. 3 novembre 2021, n. 46719. 
    Con quel provvedimento la cassazione rigetta il reclamo proposto,
avverso le contrarie pronunce del magistrato di sorveglianza prima  e
del Tribunale  di  sorveglianza  poi,  dall'interessato,  che  voleva
continuare a fruire di colloqui senza vetro con i figli minori  ormai
ultradodicenni. Nel  reclamo  si  sottolineava  in  particolare  come
l'attuale testo dell'art.  18  ord.  penit.,  modificato  con decreto
legislativo n. 123/2018, avesse introdotto  un  riferimento  espresso
alla particolare cura con la quale devono svolgersi  i  colloqui  dei
detenuti con i figli  infraquattordicenni,  invocando  l'applicazione
della disposizione anche per i figli e nipoti di  detenuti  che, come
lui, siano ristretti in regime differenziato. 
    La S.C. riconosce come i colloqui visivi costituiscano un diritto
fondamentale della persona detenuta al mantenimento  delle  relazioni
familiari (di cui si occupano, soprattutto, l'art. 28 e poi anche gli
art. 18, comma 3, 1 comma 6 e 15 ord. penit. - che definiscono  anche
il  significato  trattamentale  di  tali  relazioni).  Diritto  tanto
essenziale da  non  poter  essere  compromesso  neppure  in  caso  di
isolamento disciplinare (art. 73, comma 3, reg. es.  ord.  penit.)  e
radicato in principi costituzionali e convenzionali  (in  particolare
l'art. 8 CEDU che, secondo anche la giurisprudenza di Strasburgo,  in
caso di persone detenute,  persino  per  i  piu'  gravi  reati,  puo'
prevedere limitazioni all'esercizio del  diritto  al  rispetto  della
propria  vita  familiare,  ma  non   puo'   sopprimerlo   totalmente,
determinando un completo isolamento del detenuto). 
    Su  tale  scorta,  si  aggiunge,  il  diritto  ai   colloqui   e'
contemplato anche per i detenuti ristretti in  regime  differenziato,
pur essendo previste numerose limitazioni, che  concernono  tanto  la
durata e la frequenza dei colloqui visivi (e telefonici),  quanto  la
platea di soggetti ammessi al colloquio (di regola soltanto familiari
e conviventi), quanto ancora, per i colloqui visivi, le modalita'  di
svolgimento: in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di
oggetti e con ascolto e audio/videoregistrazione disposti dall'a.g. 
    Tali limitazioni, prosegue la S.C., devono  sempre  giustificarsi
per via di esigenze di tutela dell'ordine e della  sicurezza  sottese
al regime differenziato, pena un contrasto con gli art. 3 e 27  Cast.
(si citano in particolare, in passaggi successivi della  motivazione,
le pronunce della Consulta n. 97/2020 e 143/2013). 
    In tale ottica si deve leggere dunque, secondo la cassazione,  la
previsione contenuta nell'art. 16  della  Circolare  DAP  sulla  vita
detentiva presso  le  sezioni  a  regime  differenziato,  gia'  sopra
citata, quale scelta  organizzativa  non  irragionevole,  nell'ambito
della    discrezionalita'     che     si     afferma     riconosciuta
all'amministrazione, mediante la quale si contente di  derogare  alle
«cautele   ordinarie   previste   dalla    richiamata    disposizione
legislativa, ovvero (lo svolgimento del colloquio) in  locali  muniti
di vetro divisorio» quale «prudente contemperamento tra  esigenze  di
rango costituzionale in potenziale conflitto», quando i  colloqui  si
svolgano con figli e nipoti minori di eta' inferiore ai dodici anni. 
    Da un lato infatti i colloqui possono essere certamente occasione
privilegiata per  il  passaggio  di  possibili  ordini  e  istruzioni
all'esterno, e quindi le misure  restrittive  nella  generalita'  dei
casi sono legittime (si  cita  ampia  giurisprudenza  della  CEDU  in
proposito: c. Italia 2010, c. Italia, 2009,  c.  Italia  2010,  ...),
mentre  dall'altro  derogare  a  tale   criterio   per   i   soggetti
infradodicenni che, «in ragione dell'eta', piu' difficilmente possono
essere strumentalizzati per aggirare le finalita' proprie del  regime
differenziato» appare rispondere ad una esigenza  di  contemperamento
che impone il sacrificio minimo necessario dei diritti fondamentali. 
    Non invocabile sarebbe,  nel  caso  di  specie,  la  disposizione
contenuta nell'art. 18 ord. penit.  relativa  alla  particolare  cura
nello svolgimento dei  colloqui  con  i  minori  infraquattordicenni,
perche' nella legge delega 103 del 2017, nell'esercizio  della  quale
ha operato il decreto  legislativo  n. 123/2018,  apparivano  esclusi
interventi concernenti condannati per i delitti di  mafia,  e  dunque
non puo' ritenersi che la stessa novella  abbia  inciso  determinando
una      illegittimita'      della      antecedente       indicazione
dell'amministrazione: «infradodicenni». 
    Ad ogni modo, si conclude, sarebbe stata necessaria una  espressa
volonta' del legislatore per superare  il  principio,  normativamente
espresso, che impone che i colloqui dei detenuti sottoposti al 41-bis
avvengano con il vetro divisorio. 
    Ad  avviso  dello  scrivente  magistrato   di   sorveglianza   e'
necessario sottoporre  alla  Corte  Costituzionale  la  questione  di
legittimita' costituzionale, in rapporto agli art. 3, 27,  31  Cast.,
nonche' all'art. 117 Cast. in relazione all'art. 3 della  Convenzione
delle Nazioni Unite sui Diritti  dell'Infanzia  e  dell'Adolescenza e
all'art. 8 della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo,  della
limitazione contenuta nell'art. 41-bis comma 2-quater, lett. b)  ord.
penit. secondo la quale i colloqui visivi del detenuto con  i  propri
familiari, anche minori  di  eta',  si  svolgono  sempre  «in  locali
attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti». 
    Tale  questione  appare  innanzitutto   rilevante,   poiche'   lo
scrivente e' chiamato a valutare della legittimita' della limitazione
imposta dall'amministrazione penitenziaria al  reclamante  nel  poter
svolgere il  colloquio  visivo  con  il  figlio,  ultradodicenne,  ma
infraquattordicenne, soltanto in sale attrezzate con separazione  tra
familiare e detenuto mediante un vetro divisorio a tutta altezza. 
    Nonostante non si ignori, infatti, il  punto  di  vista  espresso
dalla S.C. con l'arresto giurisprudenziale sopra  ampiamente  citato,
che  ritiene  ragionevole  la  soluzione  intervenuta   mediante   la
circolare, appare  a  questo  magistrato  di  sorveglianza  dirimente
confrontarsi innanzitutto con una disposizione normativa  decisamente
tranciante in senso negativo,  che  sembra  interdire  sempre  e  con
chiunque i colloqui visivi senza vetro  divisorio,  e  rispetto  alla
quale non appare residuare una discrezionalita' amministrativa, anche
ove volta a  mitigare  gli  effetti  potenzialmente  incostituzionali
della lettera della legge. 
    Se  tale  disposizione   normativa   dovesse   dunque   ritenersi
compatibile   con   i   richiamati   profili   costituzionali,   cio'
comporterebbe inevitabilmente  il  rigetto  del  reclamo,  conducendo
invece ad una valutazione di segno opposto, nell'ipotesi  in  cui  la
questione di legittimita' costituzionale  sia  accolta.  Da  cio'  la
rilevanza. 
    La questione  appare  al  magistrato  di  sorveglianza  scrivente
inoltre  non  manifestamente  infondata.  Per  come  gia'  accennato,
nell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b) ord. penit.  e'  contenuta
una inequivocabile espressione, secondo la  quale  l'unico  colloquio
mensile consentito con i soli familiari e conviventi de  lla  persona
detenuta in regime differenziato si svolge in  locali  attrezzati  in
modo da impedire il passaggio di oggetti. 
    Si tratta di una disposizione cardine del 41-bis, costituendo  il
colloquio con il familiare  un  momento  essenziale,  per  come  gia'
ricordato, per  preservare  l'umanita'  della  pena  e  garantire  il
diritto della persona  detenuta  al  mantenimento  di  rapporti,  pur
fortemente  compressi  dalle  limitazioni  imposte,  con  la  propria
famiglia (ai sensi  dell'art.  8  Convenzione  Edu).  Al  contempo  i
colloqui   visivi   costituiscono   una    occasione) particolarmente
favorevole all'eventuale scambio di informazioni, in forma scritta  o
mediante il dialogo, tale quindi da  richiedere  speciali  accortezze
connesse  con  la  peculiare  pericolosita'  sociale   dei   detenuti
destinatari  di  un  decreto  ministeriale  impositivo   del   regime
differenziato,  tra  le  quali  e'  rilevantissima   la   particolare
conformazione della sala ove il colloquio si svolge. 
    Il legislatore, nel seguito della disposizione,  elenca  poi  due
altri accorgimenti, e cioe' la sottoposizione alla  registrazione  ed
all'ascolto,  previa  autorizzazione  dell'autorita'  giudiziaria,  e
comunque la videoregistrazione del colloquio. 
    La stessa lettera del testo, e sulla sua scorta la giurisprudenza
della S.C. (vd. la gia' citata sent. cass. 46719/2021 ), mostrano che
tali ultimi due fondamentali meccanismi di  controllo  si  aggiungono
all'accorgimento logistico relativo ai locali in cui  si  svolgono  i
colloqui. 
    La formula adoperata dal legislatore secondo la quale gli  stessi
si svolgono «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di
oggetti» e' stata univocamente interpretata nel  senso  che  si  deve
trattare di locali dotati di vetro a tutta altezza: l'unica struttura
fisica in grado di consentire ai familiari di guardarsi  e  parlarsi,
ma al  contempo  di  impedire  il  passaggio  di  oggetti,  per  come
richiesto dal testo normativa. 
    In questa chiave, dunque, a fronte della lettera,  non  equivoca,
della  legge,  la   circolare   ministeriale,   pur   particolarmente
apprezzabile nelle motivazioni sul  punto  fornite,  e  condivisibile
negli obbiettivi perseguiti, finisce  per  determinare  una  apertura
favorevole alle persone detenute e ai propri figli e nipoti minori di
dodici anni, ma in contrasto con la normativa primaria.  Non  residua
infatti all'amministrazione una discrezionalita' nel valutare se  una
limitazione, imposta  dal  legislatore,  si  riveli  giustificata  da
esigenze di ordine e sicurezza, e cio' si deduce per altro ampiamente
proprio dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale che, a fronte
di altre limitazioni, ritenute non giustificate in tal senso o frutto
di  un  mancato  adeguato  bilanciamento  tra  sacrificio  imposto  e
obbiettivo di sicurezza perseguito, e' dovuta intervenire a rimuovere
la disposizione normativa contrastante (si vedano proprio le pronunce
anche citate dalla S.C.  nella  sent.  46719/2021:  sent.  97/2020  e
143/2013, ma anche, da ultimo, 18/2022). 
    La S.C., occupandosi in passato, prima della  introduzione  della
circolare del 2017, del tema della durata del colloquio da  svolgersi
senza vetro divisorio con il minore infradodicenne (un tempo limitata
dall'amministrazione ai soli ultimi dieci minuti dell'ora complessiva
concessa dalla legge), e piu' di recente prendendo posizione in senso
affermativo sulla legittimita'  della  circolare  ministeriale  nella
parte in cui prevede un limite all'accesso al colloquio  senza  vetro
ai minori infradodicenni  (cfr.  ancora  una  volta  la  sent.  cass.
46719/2021), non evidenzia la sussistenza  di  un  contrasto  con  la
severa lettera del testo normativa, che appare invece  al  magistrato
di sorveglianza dirimente. 
    Di recente la sent. Corte Cost. 18/2022,  sempre  in  materia  di
limitazioni  al  trattamento  di   persone   sottoposte   al   regime
differenziato, e' intervenuta censurando la formulazione lacunosa del
comma 2-quater, lett. e) dell' art. 41-bis ord. penit.,  nella  parte
relativa  al  divieto  di  sottoporre  a  censura  la  corrispondenza
intrattenuta con i difensori, pur a fronte di una disposizione  della
circolare ministeriale in materia di quotidianita'  penitenziaria  al
41-bis che gia' raccoglieva l'interpretazione favorevole al  divieto,
che ha  pero'  richiesto  l'intervento  della  Corte  Costituzionale,
proprio a fronte di un testo normativo di segno  ritenuto  opposto  a
quello suggerito dalla circolare (e seguito, in quel caso,  anche  da
parte di alcune pronunce della cassazione). 
    Si  dubita   dunque   in   questa   sede   della   compatibilita'
costituzionale dell'attuale testo dell'art. 41-bis,  comma  2-quater,
lett. b) nella parte in cui non esclude i  minori  (e  resta  poi  da
approfondire se tutti o soltanto quelli di  eta'  infantile  o  della
prima adolescenza) dall'obbligo di rapportarsi con il genitore  o  il
nonno detenuti in regime differenziato unicamente all'interno di sale
colloqui approntate con un vetro divisorio a tutta altezza, e  dunque
senza alcun contatto fisico con gli stessi. 
    Viene in rilievo il diritto della persona  detenuta  a  mantenere
rapporti con il proprio  nucleo  familiare.  Secondo  le  espressioni
della  S.C.:  «(u)n  diritto,  quello  ai  colloqui,  che,  peraltro,
presenta un saldo radicamento  sul  piano  costituzionale  (cfr.  gli
artt. 29, 30 e 31 Cost. posti a tutela  della  famiglia  e  dei  suoi
componenti) e convenzionale (v. l'art.  8,  Convenzione  europea  dei
diritti dell'Uomo, il quale stabilisce che «ogni persona  ha  diritto
al rispetto della sua vita privata  e  familiare  ...»),  sicche'  le
limitazioni all'esercizio di  tale  diritto  devono  essere  previste
dalla legge e devono essere  giustificate  da  esigenze  di  pubblica
sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di  protezione
della salute, dei diritti e delle liberta' altrui (cosi' Sez.  1,  n.
23819 del  22  giugno  2020,  in  motivazione;  nella  giurisprudenza
sovranazionale v. Cedu, sez. II, 4 febbraio  2003,  Van  der  Ven  c.
Paesi Bassi, secondo cui la detenzione, per quanto giustificata dalla
condanna per gravi reati e da esigenze di tutela della collettivita',
non puo' sopprimere in modo assoluto  la  relazionalita'  e  la  vita
affettiva  mediante  l'isolamento  completo  del  detenuto).»  (cfr.,
ancora una volta la sent. 46719/2021). 
    In particolare e' qui in gioco il diritto  a  mantenere  rapporti
con i figli ed i nipoti, in eta' piu' giovane, e  a  non  subire  una
detenzione  inumana,  come  quella  che   deriverebbe   dall'assoluta
privazione di ogni contatto fisico con tali soggetti,  con  i  quali,
piu' e meglio di ogni dialogo, fondamentale e' il mantenimento di una
relazione fatta di fisicita' e di effusioni,  semplici  e  immediate,
come quelle che derivano dai baci e dagli abbracci che  costituiscono
il nucleo piu' intuitivo del rapporto tra  genitori  e  figli  e  tra
nonni e nipoti in piu' tenera eta'. 
    Si e' ben consci che  la  limitazione  prevista  dalla  legge  si
connette alle gia' evidenziate massime esigenze di sicurezza  e  che,
per quanto concerne il  mantenimento  di  rapporti  con  i  familiari
adulti, tale modalita' costituisce un  comprensibile  contemperamento
tra contrapposte esigenze. Cosi' non sembra potersi dire, pero'  -  e
la circolare ministeriale che gia' da tempo lo consente in parte, pur
a fronte di una contraria  lettera  del  testo  normativa,  evidenzia
esplicitamente la ratio di tale scelta -quando  ad  essere  coinvolti
sono i soggetti minori in piu' tenera eta'. 
    Innanzitutto  infatti   le   limitazioni   imposte   dal   regime
differenziato, intanto appaiono legittime, in quanto giustificate  da
esigenze di tutela dell'ordine e della  sicurezza  (vd.  sent.  Corte
Cost. 97/2020, 186/2018 e 143/2013, 351/10096) e, nel caso di specie,
i  minori  appaiono  soggetti  che  in  tenera   eta'   non   possono
ragionevolmente  ritenersi  strumentalizzabili   quali   veicoli   di
informazioni da e per l'esterno, in  questo  senso,  percio',  sembra
peccare di irragionevolezza, con un contrasto con gli  art.  3  e  27
Cost., la  disposizione  che  per  altro  potrebbe  accontentarsi  di
ascolto  e  audio  e  videoregistrazione  del   colloquio,   comunque
effettuati secondo le previsioni normative. 
    E' inoltre rilevante, ex art. 31 e  117  Cost.  e  3  Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per
indirizzare correttamente un giudizio di bilanciamento  tra  esigenze
di sicurezza, massime  per  come  detto,  e  diritti  in  gioco,  una
valutazione anche concernente il superiore interesse del fanciullo  e
dell'adolescente. 
    Tale  principio  fondamentale,  come  noto,  deve  orientare   il
legislatore prima,  e  l'interprete  poi,  nel  segno  di  una  netta
prevalenza dei diritti del minore sulle altre esigenze  confliggenti,
che  gia'  varie  volte  ha  indotto  la  Corte   Costituzionale   ad
intervenire, ad  esempio  in  materia  penitenziaria,  per  rimuovere
automatismi che ne impedivano il pieno esplicarsi in  funzione  della
speciale pericolosita' sociale dei genitori dei minori coinvolti  (si
veda, tra le piu' recenti, la sent. Corte Cost. 76/2017). 
    In tal senso, dunque, il momento del colloquio visivo appare come
l'unico in cui il rapporto con il genitore  puo'  esplicarsi,  se  la
persona e' detenuta, e tanto piu' se lo e' in  regime  differenziato,
situazione nella  quale  nello  stesso  mese  in  cui  si  svolge  un
colloquio visivo non e' poi possibile accedere neppure a  momenti  di
dialogo telefonico, e comunque lo stesso tempo del  colloquio  visivo
e' limitato alla durata massima di un'ora. 
    In questo contesto, quando il minore e' infante  o  ancora  nelle
fasi dello sviluppo, il rapporto fisico con il genitore  acquista  un
ruolo anche intuitivamente centrale, non sostituibile da  un  dialogo
che puo' non essere neppure possibile, con l'ostacolo  del  vetro,  o
comunque rivelarsi inefficace a sviluppare  un  rapporto  umano  gia'
tanto compromesso dalla condizione detentiva. 
    Rimuovere la limitazione concernente  il  vetro  divisorio,  come
gia' detto, non significa per altro affatto abdicare alle esigenze di
sicurezza citate, ma affidarne la tutela  agli  ulteriori  e  diversi
strumenti della video e audio  registrazione,  nonche'  dell'ascolto,
del colloquio, che puo' essere interrotto  in  qualsiasi  momento,  a
fronte di eventuali elementi di criticita'. 
    L'esperienza di questi anni, in cui e'  stato  consentito,  sulla
sola base della  circolare  amministrativa,  che  i  figli  e  nipoti
infradodicenni accedessero al colloquio senza vetro divisorio  ha  in
tal  senso  gia'  dimostrato  nella   pratica   quanto   massimamente
improbabile sia una capacita' del fanciullo  di  rendersi  latore  di
messaggi criminali o del genitore di strumentalizzare tale momento  a
questo scopo. 
    Anche avuto riguardo ai contenuti dell'art. 8 Convenzione europea
Diritti dell'uomo, si e' gia' avuto modo di ricordare come  eventuali
limitazioni ai  contatti  con  i  familiari  non  siano  di  per  se'
incompatibili con il diritto di ogni persona al rispetto  della  vita
familiare,  ma  le  stesse  debbano  sempre  essere  giustificate  da
esigenze,  altrimenti  insoddisfatte,  di  ordine   pubblico   e   di
prevenzione di reati, e comunque non possano mai spingersi fino a .un
completo isolamento della persona detenuta, anche quando si tratti di
detenuti di speciale pericolosita' sociale (vd. Van der Ven c.  Paesi
Bassi 2003; n. 2 c. Italia, 1994). In particolare, pero', mentre deve
emergere una genuina inevitabilita' della  limitazione  imposta  (nel
caso che ci occupa, per come detto, la possibilita'  di  ascoltare  e
video e audioregistrare il colloquio appare invece gia' .di  per  se'
idonea a neutralizzare i rischi di un uso fraudolento del momento del
colloquio con il minore), una speciale attenzione  deve  pure  essere
dedicata ai colloqui con i  minori,  con  l'imposizione  di  obblighi
positivi sullo Stato tali da assicurare che il  colloquio  si  svolga
anche con modalita' tali da evitare, per quanto possibile, condizioni
stressanti per i bambini. Secondo la Cedu, si tratta  di  un  obbligo
che non viene meno se si tratta di colloqui con  parenti  in  carcere
per reati di speciale gravita', anche ristretti in regime di  massima
sicurezza costretti, nel caso trattato, a svolgerli in sale con vetri
divisori a tutta  altezza,  raggiungibili  passando  attraverso  vari
locali detentivi ed esponendo i minori a  una  condizione  di  stress
emotivo e di sofferenza, al punto che il loro parente detenuto  aveva
poi deciso di non effettuare piu' colloqui con loro (si veda  Horych.
C. Polonia,  2012,  che  stigmatizza  la  lunga  privazione  di  ogni
contatto personale con le figlie per alcuni anni consecutivi). 
    Anche nel caso che ci occupa appare evidente come il  divieto  di
svolgimento del colloquio senza vetro divisorio da parte di  genitori
e nonni ristretti al 41-bis con i propri parenti  infanti  e  bambini
previsto nel testo  della  disposizione  normativa  non  realizzi  un
bilanciamento corretto tra le esigenze di  sicurezza  da  assicurare,
per le ragioni sopra richiamate, e il diritto della persona  detenuta
al rispetto della  propria  vita  familiare,  in  particolare  quando
riguardante i minori di eta'. 
    Si chiede dunque in questa  sede  alla  Corte  Costituzionale  di
intervenire   innanzitutto   per   verificare    la    compatibilita'
costituzionale del divieto, deducibile in modo non equivoco, a parere
dello scrivente, dalla disposizione normativa dell'art. 41-bis, comma
2-quater, lett. b) ord. penit., di effettuare il colloquio visivo  in
locale non attrezzato in modo da impedire il  passaggio  di  oggetti,
anche quando ad essere coinvolti siano minori. 
    Occorre poi  chiedersi  se  siano  rinvenibili  nella  legge,  in
particolare    penitenziaria,    parametri    cui    ancorare    piu'
ragionevolmente rispetto a quanto faccia la circolare amministrativa,
nel pur lodevole intento di mitigare gli effetti piu' severi  e  meno
rispettosi  del  necessario  contemperamento  di  esigenze  di  rango
costituzionale in conflitto, l'eta' del  minore  al  di  sotto  della
quale l'imposizione del vetro si risolva in un pregiudizio  grave  al
diritto dello stesso di mantenere un  contatto  fisico  significativo
con il genitore o il nonno detenuto. 
    Si tratta, d'altronde, di uno scrutinio suggerito, pur  in  altro
contesto, dalla stessa Corte Costituzionale  (cfr.  sent.  236/2016),
volto a rinvenire punti di riferimento  gia'  presenti  nel  «sistema
legislativo», affinche' il  Giudice  delle  leggi  possa  intervenire
riconducendo «a coerenza le scelte gia'  delineate  a  tutela  di  un
determinato bene giuridico, procedendo puntualmente,  ove  possibile,
all'eliminazione  di  ingiustificabili  incongruenze».  Un  approccio
anche in seguito ribadito, proprio in materia penitenziaria, piu'  di
recente con la sent. 113/2020, ove alla stessa  stregua  si  rinviene
nel sistema una soluzione gia' esistente  che,  ove  estesa,  risulta
«idone(a)  a  eliminare  il   vulnus   riscontrato,   ancorche'   non
costituente l'unica soluzione costituzionalmente obbligata». 
    Con la riforma del 2018, l'art. 18 della legge  penitenziaria  al
comma 3 fornisce un importante elemento  di  comparazione,  indicando
che una particolare cura deve  essere  dedicata  ai  colloqui  con  i
minori di anni quattordici. E' una soluzione  che  si  inserisce  nel
contesto di altre .previsioni contenute in differenti  periodi  dello
stesso comma, tutte relative a questioni  logistiche,  che  hanno  un
valore peculiare a fronte del coinvolgimento dei  minori,  e  che  ad
esempio impongono l'approntamento di locali  che  siano  collocati  e
strutturati nel modo meno traumatico per  l'utente  in  piu'  giovane
eta'. 
    In tal senso, per altro, e' noto che l'amministrazione si sia  da
anni particolarmente impegnata, anche sulla scorta di raccomandazioni
sovranazionali  (cfr.  Raccomandazione  Comitato  Ministri  Consiglio
d'Europa 4 aprile 2018, che detta principi fondamentali tra i  quali,
ad esempio, quelli secondo i quali i bambini  con  genitori  detenuti
non hanno commesso reati e non devono essere  considerati  alla  luce
delle  azioni  contro  la  legge  eventualmente  commesse  dai   loro
genitori;  tutti  i  bambini,  senza  discriminazioni  connesse  alla
posizione giuridica dei genitori,  hanno  diritto  al  godimento  dei
diritti riconosciuti dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia,
tra i quali quello a veder protetto  il  loro  miglior  interesse;  a
tutti i bambini, ancora, va riconosciuto il diritto, ed  il  bisogno,
di mantenere un contatto  personale  e  ricco  di  contenuti  emotivi
«emotional and continuing relationship» - con il familiare  detenuto,
che ha il diritto e il dovere di mantenere un ruolo parentale), anche
mediante la stipula di  un  protocollo,  di  recente  rinnovato,  con
l'Associazione  Onlus  Bambini  senza  sbarre,  che  ha  tra  i  suoi
obbiettivi anche  questo  percorso  di  accesso  il  meno  traumatico
possibile al momento del colloquio in contesto penitenziario. 
    E' noto, e la S.C. lo ha affermato espressamente (cfr. ancora  la
sent. 47619/2021), come la previsione normativa  contenuta  nell'art.
18, comma 3, ord.  penit.  non  sia  applicabile  nei  confronti  dei
detenuti in regime differenziato, poiche' la legge delega di  cui  il
decreto legislativo n. 123/2018 costituisce l'esercizio, impediva  di
incidere sul 41-bis per puntuale indicazione normativa (Cfr. legge 23
giugno 2017, n.  103,  art.  1,  comma  85:  «Fermo  restando  quanto
previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n.  354,  e
successive modificazioni, nell'esercizio della delega di cui al comma
82,  i  decreti   legislativi   recanti   modifiche   all'ordinamento
penitenziario, per i profili di seguito elencati, sono  adottati  nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi (...)». 
    Tuttavia e' evidente  come  il  legislatore  penitenziario  abbia
tracciato una asticella in relazione all'eta' al di sotto della quale
occorre tutelare specialmente i minori che debbano svolgere  colloqui
con i propri parenti detenuti, che non  puo'  che  prescindere  dalla
pericolosita'  del  congiunto  ristretto  e  che  impone,  a   prezzo
altrimenti di una irragionevole discriminazione,  un  trattamento  di
analoga attenzione anche nei confronti dei figli e  nipoti  minorenni
infraquattordicenni  di  genitori  e  nonni   ristretti   in   regime
differenziato. 
    Per altro, a differenza dell'eta' di dodici anni, indicata  nella
circolare ministeriale del 2017 per quanto qui ci occupa,  quella  di
quattordici  anni  costituisce  un  parametro  in  plurime  occasioni
adoperato dal legislatore a segnare una  linea  di  demarcazione.  Si
ricordi, nel contesto penale, come quell'eta' costituisca  la  soglia
dell'imputabilita'. Si pensi anche, e non appare in questo ambito  di
secondaria importanza, che quell'eta' coincide con la conclusione del
ciclo  di   scuola   secondaria   inferiore.   Appare   dunque   piu'
immediatamente comprensibile anche per il  minore  che  il  passaggio
alla scuola superiore, e ad una certa nozione di  adolescenza  piena,
coincida con quello in cui si e' trattati come gli adulti e, percio',
non si possa piu' spendere del tempo senza vetro con il genitore o il
nonno detenuti. 
    Si  tratta  di  una  soglia  di  eta',  dunque,  piu'  facilmente
ostensibile, anche nel caso della compresenza di piu' figli o nipoti,
come nel caso che ci occupa. In questi casi infatti, allo  stato,  si
determina per un minore al compimento del dodicesimo anno, in un'eta'
ancora pienamente infantile, l'esclusione dall'accesso  al  colloquio
senza vetro, che invece resta possibile per il fratello o la  sorella
ancora infradodicenni. 
    Questi due anni in piu', dunque, da un  lato  rispondono  ad  una
ratio  gia'  esplicitata  dal  legislatore   penitenziario   con   la
disposizione introdotta nell'art. 18 (che e' idonea per  la  fonte  a
prevalere  sulle   previgenti   disposizioni   del   regolamento   di
esecuzione,  che  indicano  a  volte,  e   non   univocamente,   eta'
inferiori),  ma  dall'altro  sono  particolarmente  utili  a  rendere
maggiormente comprensibile il passaggio, comunque traumatico, in  cui
cessano i colloqui visivi con contatto fisico, spingendo in avanti il
momento in cui si impone al minore questo sforzo, davvero  arduo,  di
accettazione della regola. 
    L'eta' piu' adulta puo' in tal modo rendere  meno  drammatico  il
rischio, che altrimenti si corre,  che  sia  il  minore  stesso,  non
abbastanza maturo per comprendere pienamente le ragioni del  divieto,
a  percepirsi  come  causa  dell'esclusione   subita,   con   effetto
potenzialmente assai negativo e certamente contrario al suo interesse
cui, per le ragioni gia' sopra cennate, occorre  invece  dare  sempre
priorita'. 
    Il legislatore, ed in particolare quello penitenziario, ha dunque
gia' segnato un sottogruppo di minori,  gli  infraquattordicenni,  ai
quali occorre rivolgere  particolare  attenzione,  quando  entrano  a
colloquio con il proprio congiunto detenuto e, se e' inevitabile che,
per le ragioni di massima sicurezza connesse al regime  differenziato
imposto al genitore o al nonno, gli stessi si vedano impediti momenti
trascorsi fuori dal contesto penitenziario con  i  propri  congiunti,
severamente ridotta la quantita' di tempo che possono trascorrere con
loro a colloquio dentro il carcere (un'ora  al  mese),  deprivata  la
dimensione intima del contatto (video e audioregistrato e ascoltato),
compressi  i  luoghi  dell'incontro  alla  sola  sala   colloqui,   a
differenza degli altri figli di detenuti, cui e' dato, dove esistono,
di fruire di aree all'aperto per incontrarsi con  i  congiunti,  deve
dubitarsi  che  sia  compatibile  con  i  principi  costituzionali  e
convenzionali sopra succintamente richiamati, che sia  loro  impedito
ogni contatto fisico con i congiunti ristretti mediante l'imposizione
del vetro divisorio a tutta altezza. Di fatto l'unica  cura  residua,
compatibile  con  le  esigenze  di  sicurezza  proprie   del   regime
differenziato, che si puo' avere  nei  confronti  di  questi  bambini
infraquattordicenni, congiunti di detenuti in 41 bis,  sembra  essere
quella di esonerarli almeno dall'ostacolo  del  vetro  divisorio  nel
corso del colloquio, in un momento ancora cosi' delicato  della  loro
crescita. 
    Nel bilanciamento tra esigenze di sicurezza  e  contenimento  nel
minimo, congruo e proporzionato, di sacrificio necessario  richiesto,
ma anche a fronte del diritto del minore al contatto  fisico  con  il
genitore o nonno detenuto, nel superiore interesse del primo,  appare
al magistrato di sorveglianza rimettente che possa considerarsi  come
significativo  punto  di  caduta  quello  che  consente   un   regime
derogatorio rispetto all'uso del  vetro  divisorio  a  tutta  altezza
quando   ilcolloquio    visivo    si    svolge    con    un    minore
infraquattordicenne. 
    Si viene cosi a delimitare un sottogruppo meno  vasto  di  quello
dei  minori  globalmente  intesi,  tutti  comunque  bisognosi  di  un
rapporto il piu'  possibile  intendo  con  il  proprio  congiunto  in
carcere, costituito da chi,  assai  meno  degli  altri,  possa  farsi
strumento o interprete di messaggi  veicolati  dal  contesto  esterno
verso il detenuto in regime differenziato e viceversa. Cio' per altro
tenuto anche conto  della  sussistenza  dei  meccanismi  di  audio  e
videoregistrazione,  e  di  ascolto,  che  comunque  garantiscono  la
possibilita'  di  monitorare  i  contenuti,  anche  gestuali,   della
comunicazione che si svolge tra i soggetti interessati. 
    L'attuale limitazione, leggibile nel testo normativo che  esclude
invece qualsiasi possibilita'  di  svolgere  il  colloquio  senza  il
vetro, anche quando  si  svolga  con  i  minori  infraquattordicenni,
appare in contrasto, per quanto gia' detto,  con  gli  art.  3  e  27
Cost., nella misura in cui si impone al detenuto una restrizione  che
ridonda in modo esiziale sull'umanita' della detenzione, deprivandolo
dal primo giorno di vita del figlio o del nipote  della  possibilita'
di  avere  con  lui  un   contatto   fisico   minimo   e   cio'   fa,
irragionevolmente,  senza   tener   conto   della   possibilita'   di
salvaguardare le esigenze di sicurezza, al contempo  garantendo  quel
contatto fisico cosi' indispensabile e infungibile, mediante la video
e audioregistrazione, nonche' l'ascolto, degli  indicati  momenti  di
colloquio, comunque gia' ridotti  al  minimo  indispensabile;  appare
inoltre in contrasto con l'art. 31 Cost. e con  l'art.  117  Cost,  3
della Convenzione delle Nazioni Unite  sui  Diritti  dell'Infanzia  e
dell'Adolescenza ONU  e  8  della  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo, poiche' costituisce una limitazione che da un lato appare,
per quanto  gia'  detto,  non  indispensabile  a  fronte  di  a  ltri
strumenti gia' sufficienti a garantire la  sicurezza,  ma  dall'altro
tale da vanificare il diritto della persona detenuta al  mantenimento
di un rapporto cosi' fondamentale come quello con il proprio figlio o
nipote, in una eta' in cui  il  contatto  fisico  non  e'  certamente
sostituibile dal mero colloquio al di la' del vetro, e  che  vanifica
il   superiore   interesse   del   minore,   a   prescindere    dalle
responsabilita'  del  padre  o  del  nonno  e  dal  suo  livello   di
pericolosita', a mantenere un pur minimo rapporto umano che, per  via
delle restrizioni necessarie per il detenuto  in  regime  di  41-bis,
resta comunque quasi  completamente  compresso  ma,  si  chiede,  non
privato dell'essenziale, che  risiede  almeno  nell'abbraccio  e  nel
contatto fisico, indispensabili nel corso dell'eta' infantile e·della
prima adolescenza del fanciullo. 
    Da cio' deriva, dunque, la non manifesta infondatezza, ad  avviso
del  magistrato  di  sorveglianza  scrivente,  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma  2-quater,  lett.
b) ord. pen., nella parte in cui  dispone  che  il  colloquio  visivo
mensile del  detenuto  in  regime  differenziato  avvenga  in  locali
attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, anche  quando
si svolga con i figli e i nipoti di  eta'  inferiore  ai  quattordici
anni, per contrasto con gli artt. 3, 27, 31 e 117 Cost.  in  rapporto
all'art. 3 Convenzione Nazioni  Unite  sui  diritti  dell'infanzia  e
all'art.  8  della  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,  e
pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno procedimento, deve
sollevarsi questione di legittimita' costituzionale  che  si  ritiene
non manifestamente infondata.