UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI SPOLETO per i Circondari dei Tribunali di Spoleto e Terni Il Magistrato di sorveglianza, ha pronunciato, a scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza in data 5 luglio 2022, sentiti I ... difesa, la seguente Ordinanza; Letto il reclamo n. SIUS 2019/8900 presentato da P. G., nato a ... il ..., detenuto presso la Casa Circondariale di Terni in regime differenziato ex art. 41-bis ord. pen., con il quale l'interessato si duole del divieto, impostogli dall'amministrazione penitenziaria in ragione della sua sottoposizione al predetto regime, di svolgere colloqui visivi senza vetro divisorio con i nipoti in linea retta, che hanno compiuto i dodici anni di eta' e con cui chiede inoltre di poter almeno abbracciare la moglie, visto che con lei non puo' svolgersi il colloquio senza vetro; Osserva Il P. ... si lamenta, nel suo reclamo, delle modalita' con le quali l'istituto penitenziario, sulla scorta dei contenuti dell'art. 41-bis, comma 2-quater ord. penit. e della circolare ministeriale che regola la vita nella sezione a regime differenziato, gli consente di svolgere il colloquio visivo con i propri nipoti in linea retta, che hanno compiuto dodici anni di eta': si tratta in particolare di P. G., che ne ha compiuti tredici e G., che ne ha compiuti quattordici. Si ricorda infatti che l'amministrazione consente che il detenuto in 41-bis svolga i predetti colloqui in locali privi del vetro divisorio, soltanto con i figli ed i nipoti minori di dodici anni. Il piu' piccolo, per altro, li ha compiuti nel ..., quando le modalita' senza vetro erano state gia' sospese per tutti, perche' rischiose sotto il profilo del contagio da COVID-19. Ne deriva che il reclamante ha cessato di abbracciare tale nipote quando questi aveva undici anni e ora non puo' piu' farlo, avendone quest'ultimo compiuti tredici. Si chiede un intervento del magistrato di sorveglianza, mentre la nota pervenuta dall'istituto penitenziario ricorda che comunque il terzo nipote in linea retta dell'interessato, F. J. (cl. ...) svolge ancora colloqui senza vetro, non avendo raggiunto i dodici anni di eta' (accadra' il ... ed allora questi si trovera' nella stessa condizione degli altri fratelli, dovendo subire l'imposizione del vetro divisorio del quale il reclamante chiede oggi la rimozione). Il reclamo dell'interessato trova spazio nell'ambito segnato dagli articoli 35-bis e 69, comma 6, lettera b), ord. pen., ed infatti i provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria che, eventualmente inosservanti di disposizioni dell'ordinamento penitenziario o del relativo regolamento di esecuzione, incidano in modo grave ed attuale su diritti della persona detenuta sono sindacabili in sede giurisdizionale mediante reclamo al magistrato di sorveglianza. Quest'ultimo decide con ordinanza reclamabile dinanzi al Tribunale di sorveglianza, e ricorribile per cassazione, avente carattere immediatamente vincolante per l'amministrazione, anche in pendenza di impugnazione alle predette a.g., in ragione delle finalita' di tutela urgente che l'art. 69, somma 6, lettera b), ord. pen. persegue e per come disposto in via generale dall'art. 666, comma 7 del codice di procedura penale. Nel caso di specie l'nteressato allega un pregiudizio grave e perdurante all'esercizio del proprio diritto a subire una pena non disumana ai sensi dell'art. 27 della Costituzione e, ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, come consentito alle altre persone detenute in sezioni diverse da quella a regime differenziato in cui si trova, mantenendo un legame, qui innanzitutto fisico, con il proprio nucleo familiare, e segnatamente con i nipoti minorenni, diritto che trova una tutela, nella legge penitenziaria, ai sensi dell'art. 28 ord. penit., tra gli altri, e a livello costituzionale negli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. I diritti allegati, tutti per altro addirittura di rango costituzionale, sono quindi ampiamente riconosciuti nell'ordinamento penitenziario, ed e' percio' doveroso per il magistrato di sorveglianza utilizzare le movenze procedimentali previste nel citato art. 35-bis ord. pen.. Ai fini istruttori e' stata richiesta alla Casa circondariale di Terni una relazione circa le ragioni poste a base dei divieti sopra descritti. La direzione dell'istituto penitenziario, con la nota fatta pervenire per l'odierna udienza, ha evidenziato di attenersi a quanto previsto nella circolare ministeriale che regola la vita all'interno delle sezioni 41-bis. Infatti la circolare ministeriale 3626 del 2 ottobre 2017, che ha per oggetto la «organizzazione del circuito detentivo speciale previsto dall'art. 41-bis O.P.», si occupa in particolare della materia nell'art. 16, nel quale si legge anche che: "(I)o svolgimento dei colloqui visivi avviene presso locali all'uopo adibiti, muniti di vetro a tutta altezza, tale da non consentire il passaggio di oggetti di qualsiasi specie, tipo o dimensione. Il chiaro ascolto reciproco da parte dei colloquianti sara' garantito con le attuali strumentazioni all'uopo predisposte. In una prospettiva di bilanciamento di interessi di pari rilevanza costituzionale, tra tutela del diritto del detenuto/internato di mantenere rapporti affettivi con i figli e i nipoti e quello di garantire la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, il detenuto/internato potra' chiedere che i colloqui con i figli e con i nipoti in linea retta minori di anni 12, avvengano senza vetro divisorio per tutta la durata, assicurando la presenza del minore nello spazio riservato al detenuto e la contestuale presenza degli altri familiari dall'altra parte del vetro. Detto colloquio e' sottoposto a videoregistrazione ed ascolto, previo provvedimento motivato dell'A.G. Il posizionamento del minore nello spazio destinato al detenuto/internato dovra' avvenire evitando forme di contatto diretto con ogni familiare adulto. In ogni caso il predetto posizionamento e la successiva riconsegna del minore ai familiari dovra' avvenire sotto stretto controllo da parte del personale di polizia addetto alla vigilanza, con le cautele e gli accorgimenti del caso, al fine di contemperare le esigenze di sicurezza con quelle del minore e lo stato di disagio in cui lo stesso puo' venirsi a trovare.» Su una questione largamente sovrapponibile, per quanto non segnata dall'ulteriore criticita' rappresentata dall'interruzione improvvisa e inaspettata dei colloqui senza vetro, toccata al reclamante per via delle restrizioni connesse al COVID-19, la S.C. si e' pronunciata con la sent. 3 novembre 2021, n. 46719. Con quel provvedimento la cassazione rigetta il reclamo proposto, avverso le contrarie pronunce del magistrato di sorveglianza prima e del Tribunale di sorveglianza poi, dall'interessato, che voleva continuare a fruire di colloqui senza vetro con i figli minori ormai ultradodicenni. Nel reclamo si sottolineava in particolare come l'attuale testo dell'art. 18 ord. penit., modificato con decreto legislativo n. 123/2018, avesse introdotto un riferimento espresso alla particolare cura con la quale devono svolgersi colloqui dei detenuti con i figli infraquattordicenni, invocando l'applicazione della disposizione anche per i figli e nipoti di detenuti che, come lui, siano ristretti in regime differenziato. La S.C. riconosce come i colloqui visivi costituiscano un diritto fondamentale della persona detenuta al mantenimento delle relazioni familiari (di cui si occupano, soprattutto, l'art. 28 e poi anche gli art. 18, comma 3, 1 comma 6 e 15 ord. penit. - che definiscono anche il significato trattamentale di tali relazioni). Diritto tanto essenziale da non poter essere compromesso neppure in caso di isolamento disciplinare (art. 73, comma 3 reg. es. ord. penit.) e radicato in principi costituzionali e convenzionali (in particolare l'art. 8 CEDU che, secondo anche la giurisprudenza di Strasburgo, in caso di persone detenute, persino per i piu' gravi reati, puo' prevedere limitazioni all'esercizio del diritto al rispetto della propria vita familiare, ma non puo' sopprimerlo totalmente, determinando un completo isolamento del detenuto). Su tale scorta, si aggiunge, il diritto ai colloqui e' contemplato anche per i detenuti ristretti in regime differenziato, pur essendo previste numerose limitazioni, che concernono tanto la durata e la frequenza dei colloqui visivi (e telefonici), quanto la platea di soggetti ammessi al colloquio (di regola soltanto familiari e conviventi), quanto ancora, per i colloqui visivi, le modalita' di svolgimento: in locali attrezzati in modo da impedire passaggio di oggetti e con ascolto e audio/videoregistrazione disposti dall'a.g. Tali limitazioni, prosegue la S.C., devono sempre giustificarsi per via di esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza sottese al regime differenziato, pena un contrasto con gli art. 3 e 27 della Costituzione (si citano in particolare, in passaggi successivi della motivazione, le pronunce della consulta n. 97/2020 e 143/2013). ln tale ottica si deve leggere dunque, secondo la cassazione, la previsione contenuta nell'art. 16 della Circolare DAP sulla vita detentiva presso le sezioni a regime differenziato, gia' sopra citata, quale scelta organizzativa non irragionevole, nell'ambito della discrezionalita' che si afferma riconosciuta all'amministrazione, mediante la quale si contente di derogare alle «cautele ordinarie previste dalla richiamata disposizione legislativa, ovvero (lo svolgimento del colloquio) in locali muniti di vetro divisorio» quale «prudente contemperamento tra esigenze di rango costituzionale in potenziale conflitto», quando i colloqui si svolgano con figli e nipoti minori di eta' inferiore ai dodici anni. Da un lato infatti i colloqui possono essere certamente occasione privilegiata per il passaggio di possibili ordini e istruzioni all'esterno, e quindi le misure restrittive nella generalita' dei casi sono legittime (si cita ampia giurisprudenza della CEDU in proposito: ... c. Italia 2010, ... c. Italia, 2009, .... c. Italia 2010, ...), mentre dall'altro derogare a tale criterio per i soggetti infradodicenni che, «in ragione dell'eta', piu' difficilmente possono essere strumentalizzati per aggirare le finalita' proprie del regime differenziato» appare rispondere ad una esigenza di contemperamento che impone il sacrificio minimo necessario dei diritti fondamentali. Non invocabile sarebbe, nel caso di specie, la disposizione contenuta nell'art. 8 ord. penit. relativa alla particolare cura nello svolgimento dei colloqui con i minori infraquattordicenni, perche' nella legge delega 103 del 2017, nell'esercizio della quale ha operato il decreto legislativo n. 123/2018, apparivano esclusi interventi concernenti condannati per i delitti di mafia, e dunque non puo' ritenersi che la stessa novella abbia inciso determinando una illegittimita' della antecedente indicazione dell'amministrazione: «infradodicenni». Ad ogni modo, si conclude, sarebbe stata necessaria una espressa volonta' del legislatore per superare il principio, normativamente espresso, che impone che i colloqui dei detenuti sottoposti al 41-bis avvengano con il vetro divisorio. Ad avviso dello scrivente magistrato di sorveglianza e' necessario sottoporre alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale, in rapporto agli articoli 3, 27, 31 della Costituzione, nonche' all'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e all'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, della limitazione contenuta nell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b) ord. penit. secondo la quale i colloqui visivi del detenuto con i propri familiari, anche minori di eta', si svolgono sempre «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti». Tale questione appare innanzitutto rilevante, poiche' lo scrivente e' chiamato a valutare della legittimita' della limitazione imposta dall'amministrazione penitenziaria al reclamante nel poter svolgere il colloquio visivo con il figlio, ultradodicenne, rna infraquattordicenne, soltanto in sale attrezzate con separazione tra familiare e detenuto mediante un vetro divisorio a tutta altezza. Nonostante non si ignori, infatti, il punto di vista espresso dalla S.C. con l'arresto giurisprudenziale sopra ampiamente citato, che ritiene ragionevole la soluzione intervenuta mediante la circolare, appare a questo magistrato di sorveglianza dirimente confrontarsi innanzitutto con una disposizione normativa decisamente tranciante in senso negativo, che sembra interdire sempre e con chiunque i colloqui visivi senza vetro divisorio, e rispetto alla quale non appare residuare una discrezionalita' amministrativa, anche ove volta a mitigare gli effetti potenzialmente incostituzionali della lettera della legge. Se tale disposizione normativa dovesse dunque ritenersi compatibile con i richiamati profili costituzionali, cio' comporterebbe inevitabilmente il rigetto del reclamo, conducendo invece ad una valutazione di segno potenzialmente opposto, nell'ipotesi in cui la questione di legittimita' costituzionale sia accolta. Da cio' la rilevanza. La questione appare al magistrato di sorveglianza scrivente inoltre non manifestamente infondata. Per come gia' accennato, nell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b) ord. penit. e' contenuta una inequivocabile espressione, secondo la quale l'unico colloquio mensile consentito con i soli familiari e conviventi della persona detenuta in regime differenziato si svolge in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Si tratta di una disposizione cardine del 41-bis, costituendo il colloquio con il familiare un momento essenziale, per come gia' ricordato, per preservare l'umanita' della pena e garantire il diritto della persona detenuta al mantenimento di rapporti, pur fortemente compressi dalle limitazioni imposte, con la propria famiglia (ai sensi dell'art. 8 Convenzione Edu). Al contempo i colloqui visivi costituiscono una occasione particolarmente favorevole all'eventuale scambio di informazioni, in forma scritta o mediante il dialogo, tale quindi da richiedere speciali accortezze connesse con la peculiare pericolosita' sociale dei detenuti destinatari di un decreto ministeriale impositivo del regime differenziato, tra le quali e' rilevantissima la particolare conformazione della sala ove colloquio si svolge. Il legislatore, nel seguito della disposizione, elenca poi due altri accorgimenti, e cioe' la sottoposizione alla registrazione ed all'ascolto, previa autorizzazione dell'autorita' giudiziaria, e comunque la videoregistrazione del colloquio. La stessa lettera del testo, e sulla sua scorta la giurisprudenza della S.C. (vd. la gia' citata sent. cass. 46719/2021), mostrano che tali ultimi due fondamentali meccanismi di controllo si aggiungono all'accorgimento logistico relativo ai locali in cui si svolgono colloqui. La formula adoperata dal legislatore secondo la quale gli stessi si svolgono «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti» e' stata univocamente interpretata nel senso che si deve trattare di locali dotati di vetro a tutta altezza: l'unica struttura fisica in grado di consentire ai familiari di guardarsi e parlarsi, ma al contempo di impedire passaggio di oggetti, per come richiesto dal testo normativa. In questa chiave, dunque, a fronte della lettera, non equivoca, della legge, la circolare ministeriale, pur particolarmente apprezzabile nelle motivazioni sul punto fornite, e condivisibile negli obbiettivi perseguiti, finisce per determinare una apertura favorevole alle persone detenute e ai propri figli e nipoti minori di dodici anni, ma in contrasto con la normativa primaria. Non residua infatti all'amministrazione una discrezionalita' nel valutare se una limitazione, imposta dal legislatore, si riveli giustificata da esigenze di ordine e sicurezza, e cio' si deduce per altro ampiamente proprio dalla giurisprudenza della Corte costituzionale che, a fronte di altre limitazioni, ritenute non giustificate in tal senso o frutto di un mancato adeguato bilanciamento tra sacrificio imposto e obbiettivo di sicurezza perseguito, e' dovuta intervenire a rimuovere la disposizione normativa contrastante (si vedano proprio le pronunce anche citate dalla S.C. nella sent. 46719/2021: sent. 97/2020 e 143/2013, ma anche, da ultimo, 18/2022). La S.C., occupandosi in passato, prima della introduzione della circolare del 2017, del tema della durata del colloquio da svolgersi senza vetro divisorio con minore infradodicenne (un tempo limitata dall'amministrazione ai soli ultimi dieci minuti dell'ora complessiva concessa dalla legge), e piu' di recente prendendo posizione in senso affermativo sulla legittimita' della circolare ministeriale nella parte in cui prevede un limite all'accesso al colloquio senza vetro ai minori infradodicenni (cfr. ancora una volta la sent. cass. 46719/2021), non evidenzia la sussistenza di un contrasto con la severa lettera del testo normativa, che appare invece al magistrato di sorveglianza dirimente. Di recente la sent. della Corte costituzione 18/2022, sempre in materia di limitazioni al trattamento di persone sottoposte al regime differenziato, e' intervenuta censurando la formulazione lacunosa del comma 2-quater, lettera e) dell'art. 41-bis ord. penit., nella parte relativa al divieto di sottoporre a censura la corrispondenza intrattenuta con i difensori, pur a fronte di una disposizione della circolare ministeriale in materia di quotidianita' penitenziaria al 41-bis che gia' raccoglieva l'interpretazione favorevole al divieto, che ha pero' richiesto l'intervento della Corte costituzionale, proprio a fronte di un testo normativo di segno ritenuto opposto a quello suggerito dalla circolare (e seguito, in quel caso, anche da parte di alcune pronunce della cassazione). Si dubita dunque in questa sede della compatibilita' costituzionale dell'attuale testo dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b) nella parte in cui non esclude i minori (e resta poi da approfondire se tutti o soltanto quelli di eta' infantile o della prima adolescenza) dall'obbligo di rapportarsi con il genitore o il nonno detenuti in regime differenziato unicamente all'interno di sale colloqui approntate con un vetro divisorio a tutta altezza, e dunque senza alcun contatto fisico con gli stessi. Viene in rilievo il diritto della persona detenuta a mantenere rapporti con il proprio nucleo familiare. Secondo le espressioni della S.C.: «(u)n diritto, quello ai colloqui, che, peraltro, presenta un saldo radicamento sul piano costituzionale (cfr. gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione posti a tutela della famiglia e dei suoi componenti) e convenzionale (v. l'art. 8, Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il quale stabilisce che "ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare ..."), sicche' le limitazioni all'esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e devono essere giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione della salute, dei diritti e delle liberta' altrui (cosi' Sez. 1, n. 23819 del 22 giugno 2020, ...., in motivazione; nella giurisprudenza sovranazionale v. Cedu, sezione II, 4 febbraio 2003, Van der Ven c. Paesi Bassi, secondo cui la detenzione, per quanto giustificata dalla condanna per gravi reati e da esigenze di tutela della collettivita', non puo' sopprimere in modo assoluto la relazionalita' e la vita affettiva mediante l'isolamento completo del detenuto).» (cfr., ancora una volta la sent. 46719/2021). In particolare e' qui in gioco il diritto a mantenere rapporti con i figli ed i nipoti, in eta' piu' giovane, e a non subire una detenzione inumana, come quella che deriverebbe dall'assoluta privazione di ogni contatto fisico con tali soggetti, con i quali, piu' e meglio di ogni dialogo, fondamentale e' il mantenimento di una relazione fatta di fisicita' e di effusioni, semplici e immediate, come quelle che derivano dai baci e dagli abbracci che costituiscono il nucleo piu' intuitivo del rapporto tra genitori e figli e tra nonni e nipoti in piu' tenera eta'. Si e' ben consci che la limitazione prevista dalla legge si connette alle gia' evidenziate massime esigenze di sicurezza e che, per quanto concerne il mantenimento di rapporti con i familiari adulti, tale modalita' costituisce un comprensibile contemperamento tra contrapposte esigenze. Cosi' non sembra potersi dire, pero' - e la circolare ministeriale che gia' da tempo lo consente in parte, pur a fronte di una contraria lettera del testo normativo, evidenzia esplicitamente la ratio di tale scelta - quando ad essere coinvolti sono i soggetti minori in piu' tenera eta'. Innanzitutto infatti le limitazioni imposte dal regime differenziato, in tanto appaiono legittime, in quanto giustificate da esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza (vd. sent. della Corte costituzionale 97/2020, 186/2018 e 143/2013, 351/10096) e, nel caso di specie, i minori appaiono soggetti che in tenera eta' non possono ragionevolmente ritenersi strumentalizzabili quali veicoli di informazioni da e per l'esterno, in questo senso, percio', sembra peccare di irragionevolezza, con un contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, la disposizione che per altro potrebbe accontentarsi di ascolto e audio e videoregistrazione del colloquio, comunque effettuati secondo le previsioni normative. E' inoltre rilevante, ex art. 31 e l 17 della Costituzione e 3 Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per indirizzare correttamente un giudizio di bilanciamento tra esigenze di sicurezza, massime per come detto, e diritti in gioco, una valutazione anche concernente il superiore interesse del fanciullo e dell'adolescente. Tale principio fondamentale, come noto, deve orientare il legislatore prima, e l'interprete poi, nel segno di una netta prevalenza dei diritti del minore sulle altre esigenze confliggenti, che gia' varie volte ha indotto la Corte costituzionale ad intervenire, ad esempio in materia penitenziaria, per rimuovere automatismi che ne impedivano il pieno esplicarsi in funzione della speciale pericolosita' sociale dei genitori dei minori coinvolti (si veda, tra le piu' recenti, la sent. della Corte costituzionale 76/2017). In tal senso, dunque, il momento del colloquio visivo appare come l'unico in cui il rapporto con il genitore puo' esplicarsi, se la persona e' detenuta, e tanto piu' se lo e' in regime differenziato, situazione nella quale nello stesso mese in cui si svolge un colloquio visivo non e' poi possibile accedere neppure a momenti di dialogo telefonico, e comunque lo stesso tempo del colloquio visivo e' limitato alla durata massima di un'ora. In questo contesto, quando il minore e' infante o ancora nelle fasi dello sviluppo, il rapporto fisico con il genitore acquista un ruolo anche intuitivamente centrale, non sostituibile da un dialogo che puo' non essere neppure possibile, con l'ostacolo del vetro, o comunque rivelarsi inefficace a sviluppare un rapporto umano gia' tanto compromesso dalla condizione detentiva. Rimuovere la limitazione concernente il vetro divisorio, come gia' detto, non significa per altro affatto abdicare alle esigenze di sicurezza citate, ma affidarne la tutela agli ulteriori e diversi strumenti della video e audio registrazione, nonche' dell'ascolto, del colloquio, che puo' essere interrotto in qualsiasi momento, a fronte di eventuali elementi di criticita'. L'esperienza di questi anni, in cui e' stato consentito, sulla sola base della circolare amministrativa, che i figli e nipoti infradodicenni accedessero al colloquio senza vetro divisorio ha in tal senso gia' dimostrato nella pratica quanto massimamente improbabile sia una capacita' del fanciullo di rendersi latore di messaggi criminali o del genitore di strumentalizzare tale momento a questo scopo. Anche avuto riguardo ai contenuti dell'art. 8 Convenzione europea Diritti dell'uomo, si e' gia' avuto modo di ricordare come eventuali limitazioni ai contatti con i familiari non siano di per se' incompatibili con diritto di ogni persona al rispetto della vita familiare, ma le stesse debbano sempre essere giustificate da esigenze, altrimenti insoddisfatte, di ordine pubblico e di prevenzione di reati, e comunque non possano mai spingersi fino a un completo isolamento della persona detenuta, anche quando si tratti di detenuti di speciale pericolosita' sociale (vd. Van der Ven c. Paesi Bassi 2003; .... n. 2 c. Italia, 1994). In particolare, pero', mentre deve emergere una genuina inevitabilita' della limitazione imposta (nel caso che ci occupa, per come detto, la possibilita' di ascoltare e video e audioregistrare il colloquio appare invece gia' di per se' idonea a neutralizzare i rischi di un uso fraudolento del momento del colloquio con il minore), una speciale attenzione deve pure essere dedicata ai colloqui con i minori, con l'imposizione di obblighi positivi sullo Stato tali da assicurare che il colloquio si svolga anche con modalita' tali da evitare, per quanto possibile, condizioni stressanti per i bambini. Secondo la Cedu, si tratta di un obbligo che non viene meno se si tratta di colloqui con parenti in carcere per reati di speciale gravita', anche ristretti in regime di massima sicurezza costretti, nel caso trattato, a svolgerli in sale con vetri divisori a tutta altezza, raggiungibili passando attraverso vari locali detentivi ed esponendo i minori a una condizione di stress emotivo e di sofferenza, al punto che il loro parente detenuto aveva poi deciso di non effettuare piu' colloqui con loro (si veda Horych. C. Polonia, 2012, che stigmatizza la lunga privazione di ogni contatto personale con le figlie per alcuni anni consecutivi). Anche nel caso che ci occupa appare evidente come il divieto di svolgimento del colloquio senza vetro divisorio da parte di genitori e nonni ristretti al 41-bis con i propri parenti infanti e bambini previsto nel testo della disposizione normativa non realizzi un bilanciamento corretto tra le esigenze di sicurezza da assicurare, per le ragioni sopra richiamate, e il diritto della persona detenuta al rispetto della propria vita familiare, in particolare quando riguardante i minori di eta'. Si chiede dunque in questa sede alla Corte costituzionale di intervenire innanzitutto per verificare la compatibilita' costituzionale del divieto, deducibile in modo non equivoco, a parere dello scrivente, dalla disposizione normativa dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b) ord. penit., di effettuare il colloquio visivo in locale non attrezzato in modo da impedire il passaggio di oggetti, anche quando ad essere coinvolti siano minori. Occorre poi chiedersi se siano rinvenibili nella legge, in particolare penitenziaria, parametri cui ancorare piu' ragionevolmente rispetto a quanto faccia la circolare amministrativa, nel pur lodevole intento di mitigare gli effetti piu' severi e meno rispettosi del necessario contemperamento di esigenze di rango costituzionale in conflitto, l'eta' del minore al di sotto della quale l'imposizione del vetro si risolva in un pregiudizio grave al diritto dello stesso di mantenere un contatto fisico significativo con il genitore o il nonno detenuto. Si tratta, d'altronde, di uno scrutinio suggerito, pur in altro contesto, dalla stessa Corte costituzionale (cfr. sent. 236/2016), volto a rinvenire punti di riferimento gia' presenti nel «sistema legislativo», affinche' il Giudice delle leggi possa intervenire riconducendo «a coerenza le scelte gia' delineate a tutela di un determinato bene giuridico, procedendo puntualmente, ove possibile, all'eliminazione di ingiustificabili incongruenze». Un approccio anche in seguito ribadito, proprio in materia penitenziaria, piu' di recente con la sent. 113/2020, ove alla stessa stregua si rinviene nel sistema una soluzione gia' esistente che, ove estesa, risulta «idone(a) a eliminare il vulnus riscontrato, ancorche' non costituente l'unica soluzione costituzionalmente obbligata». Con la riforma del 2018, l'art. 18 della legge penitenziaria al comma 3 fornisce un importante elemento di comparazione, indicando che una particolare cura deve essere dedicata ai colloqui con i minori di anni quattordici. E' una soluzione che si inserisce nel contesto di altre previsioni contenute in differenti periodi dello stesso comma, tutte relative a questioni logistiche, che hanno un valore peculiare a fronte del coinvolgimento di minori, e che ad esempio impongono l'approntamento di locali che siano collocati e strutturati nel modo meno traumatico per l'utente in piu' giovane eta'. In tal senso, per altro, e' noto che l'amministrazione si sia da anni particolarmente impegnata, anche sulla scorta di raccomandazioni sovranazionali (cfr. Raccomandazione comitato Ministri consiglio d'Europa 4 aprile 2018, che detta principi fondamentali tra i quali, ad esempio, quelli secondo i quali i bambini con genitori detenuti non hanno commesso reati e non devono essere considerati alla luce delle azioni contro la legge eventualmente commesse dai loro genitori; tutti i bambini, senza discriminazioni connesse alla posizione giuridica dei genitori, hanno diritto al godimento dei diritti riconosciuti dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, tra i quali quello a veder protetto il loro miglior interesse; a tutti i bambini, ancora, va riconosciuto il diritto, ed il bisogno, di mantenere un contatto personale e ricco di contenuti emotivi - «emotional and continuing relationship» - con il familiare detenuto, che ha il diritto e il dovere di mantenere un ruolo parentale), anche mediante la stipula di un protocollo, di recente rinnovato, con l'Associazione Onlus Bambini senza sbarre, che ha tra i suoi obbiettivi anche questo percorso di accesso il meno traumatico possibile al momento del colloquio in contesto penitenziario. E' noto, e la S.C. lo ha affermato espressamente (cfr. ancora la sent. 47619/2021), come la previsione normativa contenuta nell'art. 18, comma 3 ord. penit. non sia applicabile nei confronti dei detenuti in regime differenziato, poiche' la legge delega di cui il decreto legislativo n. 123/2018 costituisce l'esercizio, impediva di incidere sul 41-bis per puntuale indicazione normativa (Cfr. legge 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 85: «Fermo restando quanto previsto dall'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nell'esercizio della delega di cui al comma 82, i decreti legislativi recanti modifiche all'ordinamento penitenziario, per i profili di seguito elencati, sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi (...)». Tuttavia e' evidente come il legislatore penitenziario abbia tracciato una asticella in relazione all'eta' al di sotto della quale occorre tutelare specialmente i' minori che debbano svolgere colloqui con i propri parenti detenuti, che non puo' che prescindere dalla pericolosita' del congiunto ristretto e che impone, a prezzo altrimenti di una irragionevole discriminazione, un trattamento di analoga attenzione anche nei confronti dei figli e nipoti minorenni infraquattordicenni di genitori e nonni ristretti in regime differenziato. Per altro, a differenza dell'eta' di dodici anni, indicata nella circolare ministeriale del 2017 per quanto qui ci occupa, quella di quattordici anni costituisce un parametro in plurime occasioni adoperato dal legislatore a segnare una linea di demarcazione. Si ricordi, nel contesto penale, come quell'eta' costituisca la soglia dell'imputabilita'. Si pensi anche, e non appare in questo ambito di secondaria importanza, che quell'eta' coincide con la conclusione del ciclo di scuola secondaria inferiore. Appare dunque piu' immediatamente comprensibile anche per il minore che il passaggio alla scuola superiore, e ad una certa nozione di adolescenza piena, coincida con quello in cui si e' trattati come gli adulti e, percio', non si possa piu' spendere del tempo senza vetro con il genitore o il nonno detenuti. Si tratta di una soglia di eta', dunque, piu' facilmente ostensibile, anche nel caso della compresenza di piu' figli o nipoti, come nel caso che ci occupa. In questi casi infatti, allo stato, si determina per un minore al compimento del dodicesimo anno, in un'eta' ancora pienamente infantile, l'esclusione dall'accesso al colloquio senza vetro, che invece resta possibile per il fratello o la sorella ancora infradodicenni. Questi due anni in piu', dunque, da un lato rispondono ad una ratio gia' esplicitata dal legislatore penitenziario con la disposizione introdotta nell'art. 18 (che e' idonea per la fonte a prevalere sulle previgenti disposizioni del regolamento di esecuzione, che indicano a volte, e non univocamente, eta' inferiori), ma dall'altro sono particolarmente utili a rendere maggiormente comprensibile il passaggio, comunque traumatico, in cui cessano i colloqui visivi con contatto fisico, spingendo in avanti il momento in cui si impone al minore questo sforzo, davvero arduo, di accettazione della regola. L'eta' piu' adulta puo' in tal modo rendere meno drammatico il rischio, che altrimenti si corre, che sia il minore stesso, non abbastanza maturo per comprendere pienamente le ragioni del divieto, a percepirsi come causa dell'esclusione subita, con effetto potenzialmente assai negativo e certamente contrario al suo interesse cui, per le ragioni gia' sopra cennate, occorre invece dare sempre priorita'. Il legislatore, ed in particolare quello penitenziario, ha dunque gia' segnato un sottogruppo di minori, gli infraquattordicenni, ai quali occorre rivolgere particolare attenzione, quando entrano a colloquio con il proprio congiunto detenuto e, se e' inevitabile che, per le ragioni di massima sicurezza connesse al regime differenziato imposto al genitore o al nonno, gli stessi si vedano impediti momenti trascorsi fuori dal contesto penitenziario con i propri congiunti, severamente ridotta la quantita' di tempo che possono trascorrere con loro a colloquio dentro il carcere (un'ora al mese), deprivata la dimensione intima del contatto (video e audioregistrato e ascoltato), compressi i luoghi dell'incontro alla sola sala colloqui, a differenza degli altri figli di detenuti, cui e' dato, dove esistono, di fruire di aree all'aperto per incontrarsi con i congiunti, deve dubitarsi che sia compatibile con i principi costituzionali e convenzionali sopra succintamente richiamati, che sia loro impedito ogni contatto fisico con congiunti ristretti mediante l'imposizione del vetro divisorio a tutta altezza. Di fatto l'unica cura residua, compatibile con le esigenze di sicurezza proprie del regime differenziato, che si puo' avere nei confronti di questi bambini infraquattordicenni, congiunti di detenuti in 41-bis, sembra essere quella di esonerarli almeno dall'ostacolo del vetro divisorio nel corso del colloquio, in un momento ancora cosi' delicato della loro crescita. Nel bilanciamento tra esigenze di sicurezza e contenimento nel minimo, congruo e proporzionato, di sacrificio necessario richiesto, ma anche a fronte del diritto del minore al contatto fisico con il genitore o nonno detenuto, nel superiore interesse del primo, appare al magistrato di sorveglianza rimettente che possa considerarsi come significativo punto di caduta quello che consente un regime derogatorio rispetto all'uso del vetro divisorio a tutta altezza quando il colloquio visivo si svolge con un minore infraquattordicenne. Si viene cosi' a delimitare un sottogruppo meno vasto di quello dei minori globalmente intesi, tutti comunque bisognosi di un rapporto il piu' possibile intenso con il proprio congiunto in carcere, costituito da chi, assai meno degli altri, possa farsi strumento o interprete di messaggi veicolati dal contesto esterno verso il detenuto in regime differenziato e viceversa. Cio' per altro tenuto anche conto della sussistenza dei meccanismi di audio e videoregistrazione, e di ascolto, che comunque garantiscono la possibilita' di monitorare i contenuti, anche gestuali, della comunicazione che si svolge tra i soggetti interessati. L'attuale limitazione, leggibile nel testo normativo, che esclude invece qualsiasi possibilita' di svolgere il colloquio senza il vetro, anche quando si svolga con i minori infraquattordicenni, appare in contrasto, per quanto gia' detto, con gli art. 3 e 27 della Costituzione, nella misura in cui si impone al detenuto una restrizione che ridonda in modo esiziale sull'umanita' della detenzione, deprivandolo dal primo giorno di vita del figlio o del nipote della possibilita' di avere con lui un contatto fisico minimo e cio' fa, irragionevolmente, senza tener conto della possibilita' di salvaguardare le esigenze di sicurezza, al contempo garantendo quel contatto fisico cosi' indispensabile e infungibile, mediante la video e audioregistrazione, nonche' l'ascolto, degli indicati momenti di colloquio, comunque gia' ridotti al minimo indispensabile; appare inoltre in contrasto con l'art. 31 della Costituzione e con l'art. 117 della Costituzione 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ONU e 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, poiche' costituisce una limitazione che da un lato appare, per quanto gia' detto, non indispensabile a fronte di altri strumenti gia' sufficienti a garantire la sicurezza, ma dall'altro tale da vanificare il diritto della persona detenuta al mantenimento di un rapporto cosi' fondamentale come quello con il proprio figlio o nipote, in una eta' in cui contatto fisico non e' certamente sostituibile dal mero colloquio al di la' del vetro, e che vanifica il superiore interesse del minore, a prescindere dalle responsabilita' del padre o del nonno e dal suo livello di pericolosita', a mantenere un pur minimo rapporto umano che, per via delle restrizioni necessarie per il detenuto in regime di 41-bis, resta comunque quasi completamente compresso ma, si chiede, non privato dell'essenziale, che risiede almeno nell'abbraccio e nel contatto fisico, indispensabili nel corso dell'eta' infantile e della prima adolescenza del fanciullo. Da cio' deriva, dunque, la non manifesta infondatezza, ad avviso del magistrato di sorveglianza scrivente, della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b) ord. pen., nella parte in cui dispone che il colloquio visivo mensile del detenuto in regime differenziato avvenga in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, anche quando si svolga con i figli e i nipoti di eta' inferiore ai quattordici anni, per contrasto con gli articoli 3, 27, 31 e 117 della Costituzione in rapporto all'art. 3 Convenzione Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e all'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno procedimento, deve sollevarsi questione di legittimita' costituzionale che si ritiene non manifestamente infondata.