TRIBUNALE DI MACERATA ufficio GIP/GUP Il Tribunale penale di Macerata, ufficio GIP/GUP, nella persona del giudice dott. Giovanni Manzoni, Premesso che: con decreto di archiviazione 28 aprile 2022 questo giudice per le indagini preliminari disponeva la archiviazione per intervenuta oblazione del procedimento pendente nei confronti di R S, iscritto per i reati di cui agli articoli 703, 697 cp e 17-38 RD RD773/31 per avere lo stesso trasferito una pluralita' di armi e della polvere da sparo da una abitazione ad altra senza fare la doverosa denunzia e per avere, verosimilmente con una di tali armi, esploso dei colpi di arma da fuoco dalla sua abitazione verso l'esterno; in tale decreto si disponeva la confisca e versamento alla Direzione di artiglieria delle armi e munizioni oggetto di trasferimento non denunziato, conformemente alla costante giurisprudenza secondo la quale la confisca prevista dall'art. 6, legge n. 152/1975 e' obbligatoria per tutti i reati concernenti le armi, anche nel caso di declaratoria di estinzione del reato per oblazione (ex multis Cassazione 33982/16); avverso tale decreto proponeva incidente di esecuzione la difesa: lamentando che la confisca obbligatoria non era prevista in caso di sola omessa denunzia di spostamento armi; evidenziando che pende questione di legittimita' costituzionale avverso l'automatismo della confisca in caso di integrazione di reati concernenti armi. Chiedeva pertanto revocarsi la confisca o, in subordine, attendere le decisioni della Corte costituzionale e nelle more sospendere la confisca, salva la valutazione di proporre analoga questione alla Corte; su tale incidente di esecuzione questo giudice per le indagini preliminari avanzava istanza di astensione, , «trattandosi di richiesta di rivisitare le proprie determinazioni gia' assunte in sede di archiviazione solo sulla base di considerazioni in diritto e senza deduzione di fatti nuovi rispetto a quelli gia' valutati. Trattandosi di istanza sostanzialmente impugnatoria ravviso quantomeno gravi ragioni di convenienza in ordine alla astensione»; detta istanza era rigettata, rilevandosi che «nella fase esecutiva unica esigenza tutelata dal sistema e' che la esecuzione sia conforme al giudicato. Tale competenza e' ovviamente conferita allo stesso ufficio giudiziario .. ma in un contesto sistematico che non esclude l'attribuzione della decisione al giudice persona fisica che si e' gia' pronunziato (cfr Cassazione sez VI sentenza 32419 del 15 luglio 2009)»; Osserva Ritiene questo giudice per le indagini preliminari la possibile incostituzionalita', dell'art. 34 del codice di procedura penale, la' ove non prevede, tra le cause di incompatibilita', la incompatibilita' del giudice che ha emesso pronunzia nel merito a decidere incidente di esecuzione che contesti la correttezza delle decisioni in tale sede assunte. Si deve infatti osservare che se e' pienamente condivisibile che alcuna incompatibilita' possa configurarsi quando si tratti solo garantire che la «esecuzione sia conforme al giudicato» (qui il giudice attua e conferma la propria precedente pronuncia) oppure vengano dedotte circostanze nuove, non gia' oggetto di valutazione (ad es asserzione del terzo di essere proprietario dei beni confiscati; profilo mai affrontato in pronuncia di merito), lo stesso non puo' dirsi quando l'incidente di esecuzione sia volto a contestare il merito della decisione assunta in sede di cognizione. Al riguardo si osserva che la Consulta con sentenza 7/22 ha evidenziato che «dall'art. 34 del codice di procedura penale, ... sono disciplinate le incompatibilita' che attengono alla progressione «in verticale» del processo, determinata dall'articolazione e dalla sequenzialita' dei diversi gradi di giudizio. Vi sono poi i casi di incompatibilita' relativi allo sviluppo «orizzontale» del processo, attinenti, cioe', alla relazione tra la fase del giudizio e quella immediatamente precedente (art. 34, comma 2, del codice di procedura penale), e i casi di incompatibilita' del giudice, derivanti dall'aver esercitato, nel medesimo procedimento, altre funzioni o uffici (art. 34, comma 3, del codice di procedura penale). Con specifico riferimento alla disposizione di cui all'art. 34, comma 1, del codice di procedura penale, questa Corte ha affermato che essa «dettando la regola primaria in tema di incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, delinea una incompatibilita' di tipo «verticale» - in senso tanto «ascendente» quanto «discendente» - escludendo segnatamente che il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento possa esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, ovvero partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o al giudizio per revisione» (sentenza n. 224 del 2001). Tale norma, secondo l'orientamento costante della giurisprudenza di questa Corte, mira ad assicurare la tutela del principio fondamentale dell'imparzialita' del giudice, obiettivo cui tendono anche gli istituti dell'astensione e della ricusazione. Come affermato da questa Corte (sentenza n. 131 del 1996), il «giusto processo» comprende l'esigenza di imparzialita' del giudice, la quale non e' che «un aspetto di quel carattere di "terzieta'" che connota nell'essenziale tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice, distinguendola da quella di tutti gli altri soggetti pubblici, e condiziona l'effettivita' del diritto di azione e di difesa in giudizio»; pertanto - ha sottolineato questa Corte - «[l]e norme sulla incompatibilita' del giudice sono funzionali al principio di imparzialità-terzieta' della giurisdizione e cio' ne chiarisce il rilievo costituzionale». In questa prospettiva, la disciplina sulla incompatibilita' del giudice e' volta a evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla «forza della prevenzione» - ovvero dalla naturale propensione a confermare una decisione gia' presa o a mantenere un atteggiamento gia' assunto - derivante da valutazioni che il giudice abbia precedentemente svolto in ordine alla medesima res iudicanda (ex plurimis, sentenze n. 66 del 2019, n. 18 del 2017, n. 183 del 2013, n. 153 del 2012, n. 177 del 2010, n. 224 del 2001, n. 283 del 2000 e n. 241 del 1999). E perche' possa configurarsi una situazione di incompatibilita', nel senso della esigenza costituzionale della relativa previsione, e' necessario che la valutazione «contenutistica» sulla medesima res iudicanda si collochi in una precedente e distinta fase del procedimento, rispetto a quella della quale il giudice e' attualmente investito (sentenza n. 66 del 2019). A tal riguardo, si e' costantemente affermato che «[e'] del tutto ragionevole, infatti, che, all'interno di ciascuna delle fasi - intese come sequenze ordinate di atti che possono implicare apprezzamenti incidentali, anche di merito, su quanto in esse risulti, prodromici alla decisione conclusiva - resti, in ogni caso, preservata l'esigenza di continuita' e di globalita', venendosi altrimenti a determinare una assurda frammentazione del procedimento, che implicherebbe la necessita' di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere (ex plurimis, sentenze n. 153 del 2012, n. 177 e n. 131 del 1996; ordinanze n. 76 del 2007, n. 123 e n. 90 del 2004, n. 370 del 2000, n. 232 del 1999)» (sentenza n. 18 del 2017). In pronunce piu' risalenti, questa Corte ha anche chiarito che non e' sufficiente per determinare una situazione di incompatibilita' la semplice conoscenza degli atti anteriormente compiuti riguardanti lo svolgimento del processo, ma occorre che il giudice sia stato chiamato a compiere «una valutazione non formale, di contenuto» di essi, strumentale alla decisione da assumere che riguardi il merito dell'accusa (sentenza n. 177 del 2010; nello stesso senso, ex multis, sentenze n. 153 del 2012 e n. 131 del 1996).». Nel caso di specie questo giudice: ha deciso in fase differente del procedimento (fase di merito - fase esecutiva); e' stato chiamato a compiere «una valutazione non formale, di contenuto» degli atti del procedimento, avendo motivatamente aderito alla giurisprudenza che riteneva applicabile la confisca delle armi in caso di estinzione del reato per ablazione e non avendo ravvisato alcun profilo di incostituzionalita' in tale disciplina. Si ritiene, pertanto, «pregiudicata» la propria imparzialita' a decidere. Non appare poi fuori luogo ricordare che la competenza a decidere sulla presente istanza e' correlata solo alla natura del provvedimento conclusivo adottato, che non consente gravame sul punto e impone pertanto incidente di esecuzione («la confisca, disposta con provvedimento di archiviazione, che e' inoppugnabile, e' soggetta ad incidente di esecuzione davanti al giudice che l'ha disposta (sez. 2, n. 2237 del 27 marzo 1991, P., rv. 187551). E si era ribadito che il decreto di archiviazione, che contestualmente dispone la confisca di un bene, non e' impugnabile come atto abnorme, ma e' soggetto al rimedio dell'incidente di esecuzione, conseguendone che, in tale senso qualificata l'impugnazione dello imputato a norma dell'art. 568 nuovo del codice di procedura penale, comma 5, gli atti vanno rimessi al giudice competente (cosi' sez. 1, n. 1638 dell'8 aprile 1991, Z «-Cass 15.5.15) mentre se identica pronunzia (estinzione del reato per ablazione e confisca armi) fosse stata adottata in sede di primo grado il (solo) rimedio avverso la disposta confisca sarebbe stato l'appello sul punto; appello alla decisione del quale questo giudice sarebbe stato pacificamente incompatibile. Uguale petitum, diverse discipline di incompatibilita'. Si ritiene, pertanto che le norma censurata contrasti: con l'art. 3, primo comma, Cost., perche', quanto al regime dell'incompatibilita' del giudice, determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra le fasi della cognizione e dell'esecuzione; con l'art. 111, secondo comma, Cost., in quanto la norma censurata, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' per il caso considerato, si pone in contrasto con il principio di imparzialita' e di terzi eta' del giudice. Si impone poi intervento della Corte adita in quanto tale ipotesi non potrebbe neppure costituire motivo di ricusazione a norma dell'art. 37, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, non trattandosi di una manifestazione indebita del convincimento del giudice sui fatti oggetto dell'imputazione; ne', d'altra parte, risulterebbe appagante il ricorso all'istituto dell'astensione per «gravi ragioni di convenienza» (art. 36, comma 1, lettera h, del codice di procedura penale), non potendo essere rimessa alla discrezionalita' del singolo magistrato la autovalutazione della propria capacita' professionale di non lasciarsi influenzare da giudizi gia' espressi ritualmente e comunque, nel caso di specie, essendo stata respinta la richiesta di astensione, con provvedimento avverso il quale non appare sussistere rimedio (da ultimo Corte di cassazione - II sez. pen. - sentenza n. 31448 del 10 agosto 2021) se non la presente remissione atti alla Consulta. La questione appare: ammissibile in quanto inerente attivita' pacificamente di natura giurisdizionale; rilevante, inerendo la individuazione della persona fisica del giudice chiamato a decidere dell'incidente di esecuzione.