Ricorso ex art. 127 Costituzione per il Presidente del  Consiglio
dei ministri  (c.f.  80188230587),  in  persona  del  Presidente  del
Consiglio in carica, rappresentato  e  difeso  per  mandato  ex  lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587), presso i cui
uffici  ha  domicilio  in  Roma,  via   dei   Portoghesi   12   (pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it); ricorrente 
    contro Regione Siciliana, in persona del Presidente pro  tempore;
resistente 
    per la dichiarazione di incostituzionalita'  degli  articoli  12,
comma 5 e 34 della Legge Regionale  3  agosto  2022  n.  15,  recante
«Norme per la tutela degli animali e la prevenzione del  randagismo»,
pubblicata sul B.U.R. n. 35 del 5 agosto 2022. 
    L'Assemblea regionale della Regione Siciliana ha approvato  il  3
agosto 2022 la legge n. 15, composta da 37 articoli,  con  cui  detta
disposizioni varie a tutela degli animali quali esseri senzienti,  al
fine di assicurare  loro  un'esistenza  compatibile  con  le  proprie
caratteristiche biologiche ed etologiche e  condannare  gli  atti  di
crudelta' verso gli animali ed il loro abbandono. 
    Ad avviso del Consiglio dei ministri, che in  data  28  settembre
2022 ha deliberato per la sua impugnazione, la legge presenta profili
di incompatibilita' con le norme costituzionali. 
    Pertanto, con il presente  atto  se  ne  deduce  l'illegittimita'
costituzionale sulla base dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della  Legge  della
Regione Siciliana n. 15 del 3 agosto 2022, per  violazione  dell'art.
117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    La  norma  qui  censurata,  rubricata  «Obblighi  e  divieti  dei
proprietari e dei detentori», dopo aver previsto, nei commi da 1 a 4,
una serie di obblighi a carico del proprietario e  del  detentore  di
animali di affezione, al comma 5 prevede i seguenti divieti: 
      «a) l'abbandono dei  cani,  dei  gatti  e  di  qualsiasi  altro
animale domestico o di affezione custodito; 
      b) vendere o cedere, a qualsiasi titolo ed anche sul web,  cani
e gatti non identificati e non registrati in anagrafe; 
      c) vendere o cedere,  a  qualsiasi  titolo,  o  separare  dalla
madre, per qualsiasi finalita', cani e gatti di eta' inferiore ai due
mesi, fatti salvi i casi in cui i cuccioli devono essere  allontanati
dalla madre per motivi sanitari; 
      d) offrire, direttamente o indirettamente, animali  d'affezione
come premio, vincita, omaggio o regalo per giochi,  sottoscrizioni  o
altre attivita' che si svolgono in occasione di  qualsivoglia  evento
pubblico  o  privato  e  segnatamente   di   mostre,   manifestazioni
itineranti, feste, sagre, lotterie, fiere e mercati; 
      e) il commercio ambulante di cani e gatti; 
      f) esercitare la pratica  dell'accattonaggio  esibendo  animali
come oggetto delle richieste; 
      g) detenere gli animali in spazi  inadeguati,  in  relazione  a
specie, razza, eta' e stato fisiologico, o in condizioni comunque non
compatibili con il loro benessere psico-fisico; 
      h) lasciare stabilmente o incustoditi,  senza  possibilita'  di
accedere all'abitazione, cani e gatti su terrazze e balconi privi  di
adeguata copertura da agenti atmosferici e protezione con ringhiere; 
      i) privare stabilmente gli animali della  quotidiana  attivita'
motoria adeguata alla loro indole; 
      j) utilizzare apparecchiature chiuse per lavaggio e asciugatura
di animali che non permettano all'animale di essere a contatto con il
detentore; 
      k) vendere, esporre e  commercializzare  animali  sottoposti  a
interventi chirurgici con finalita' diverse da quelle sanitarie; 
      l) commercializzare animali in locali privi di idoneo luogo  di
detenzione degli stessi,  anche  durante  l'orario  di  chiusura.  E'
altresi' vietata l'esposizione degli animali in vetrina o all'esterno
del negozio». 
    Per  punire  la  violazione  di  tali  divieti,  il   legislatore
regionale  ha  previsto -  nel  successivo  articolo  34,   rubricato
«sanzioni» -  una  sanzione  amministrativa,  pur  facendo  salve  le
sanzioni previste dalla normativa nazionale. 
    Al riguardo, si rileva che varie  condotte  elencate  nel  citato
comma 5, dell'art. 12,  corrispondono  a  specifiche  fattispecie  di
reato  previste  dalla  legislazione  penale:   art.   544-bis   c.p.
(Uccisione  di  animali),  art.  544-ter  c.p.   (Maltrattamento   di
animali), art.  544-quinquies  c.p.  (Divieto  di  combattimenti  tra
animali), art. 672 c.p. (Omessa custodia e  malgoverno  di  animali),
art. 727 c.p. (Abbandono di animali) e art. 2 della legge  20  luglio
2004, n. 189 (Divieto di utilizzo  a  fini  commerciali  di  pelli  e
pellicce). 
    Pertanto, la norma  impugnata  determina  uno  sconfinamento  nel
campo  della  disciplina  penale,  sottratto  alla   competenza   del
legislatore regionale ai  sensi  dell'articolo  117,  secondo  comma,
lettera l) della Costituzione. 
    Tale sconfinamento sussiste nonostante la previsione di  clausola
di salvezza della normativa nazionale di cui  all'articolo  34  della
stessa legge regionale, che al comma 1 dispone che  «fatte  salve  le
sanzioni previste dalla normativa  nazionale,  chiunque  contravviene
alle disposizioni previste dalla presente  legge  e'  punito  con  la
sanzione amministrativa da euro 75 ad euro 450». 
    Infatti,  il  combinato  disposto  delle  due   norme   regionali
impugnate appresta delle sanzioni amministrative, che  finiscono  per
sovrapporsi parzialmente  ad  aree  gia'  presidiate  da  fattispecie
incriminatrici da parte della disciplina statale. 
    La clausola  di  salvezza  che  apre  l'articolo  34  non  appare
sufficiente, a fronte del possibile concorso tra  sanzione  penale  e
sanzione amministrativa regionale, difettando di una formulazione che
affermi in modo espresso e chiaro che le sanzioni di cui al  comma  1
dell'art. 34 non si applicano laddove un fatto, rientrante tra quelli
oggetto di divieto  elencati  nell'art.  12,  comma  5,  della  legge
regionale in esame, sia gia' previsto  come  reato  o  come  illecito
amministrativo dalla normativa nazionale. 
    Pertanto, l'articolo 12, legge della Regione Siciliana  3  agosto
2022,  n.  15  eccede  i  limiti  delle  competenze   statutariamente
previste, violando la riserva di competenza statale nel  campo  della
disciplina  penale,  sottratto  alla   competenza   del   legislatore
regionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l) della
Costituzione, nella parte in cui, al comma  5,  prevede  divieti  per
condotte che corrispondono a specifiche fattispecie di reato previste
dalla legislazione penale: art. 544-bis c.p. (Uccisione di  animali),
art. 544-ter c.p. (Maltrattamento  di  animali),  art.  544-quinquies
c.p. (Divieto di combattimenti tra animali), art.  672  c.p.  (Omessa
custodia e malgoverno  di  animali),  art.  727  c.p.  (Abbandono  di
animali) e art. 2 della legge 20 luglio  2004,  n.  189  (Divieto  di
utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce). 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 34 della  Legge  della
Regione Siciliana n. 15 del 3 agosto 2022, per  violazione  dell'art.
117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 4,  prot.  7,
Convenzione EDU e 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 
    La norma qui  censurata,  rubricata  «sanzioni»,  stabilisce  che
«fatte salve le sanzioni previste dalla normativa nazionale, chiunque
contravviene alle  disposizioni  previste  dalla  presente  legge  e'
punito con la sanzione amministrativa da euro 75 ad euro 450». 
    La formulazione di detto  articolo,  in  combinato  disposto  con
l'articolo 12 sopra impugnato, ingenera il rischio  di  una  indebita
commistione   con   la   normativa   statale,   per   la   potenziale
sovrapposizione dei divieti introdotti dalla legge regionale rispetto
a talune fattispecie di reato, come in particolare per la fattispecie
di omessa custodia e mal governo di animali di cui all'art. 672  c.p.
o come per quella di abbandono di animali di cui all'art. 727 c.p. 
    Pertanto, mancando nel  predetto  articolo  34  una  clausola  di
salvezza che chiaramente affermi che le sanzioni di cui al comma 1 di
tale articolo non si applicano laddove un  fatto  sia  gia'  previsto
come reato o come illecito amministrativo dalla normativa  nazionale,
le disposizioni dello stesso articolo 34, in combinato  disposto  con
l'articolo 12, comma  5,  possono  costituire  un'interferenza  della
legge regionale nella materia dell'ordinamento penale, esclusivamente
riservata alla competenza della legge  statale,  ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 
    Peraltro,  la  previsione  di   sanzione   amministrativa   nella
normativa regionale qui impugnata integra anche violazione  dell'art.
117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 4, prot. 7, della CEDU  e,
quindi, del noto divieto del bis in idem ivi  previsto,  dal  momento
che - in  base  alla  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  a
partire dalle c.d. sentenze gemelle n. 348 e  n.  349  del  2007 -  i
Trattati internazionali, attraverso il rinvio mobile contenuto  nella
norma costituzionale citata, possono diventare  parametro  mediato  o
indiretto della legittimita'  costituzionale  delle  fonti  primarie,
ossia norma interposta. 
    Infatti, l'irrogazione della  sanzione  amministrativa  regionale
potrebbe comportare l'impossibilita' di applicare  legittimamente  le
norme penali statali, stante la natura sostanzialmente punitiva delle
sanzioni amministrative, che si andrebbero a sommare alle  pene  gia'
previste dal legislatore statale, cosi' incontrando  il  noto  limite
del principio del ne bis  in  idem -  per  cui  nessuno  puo'  essere
sanzionato due volte per lo stesso fatto -, come  interpretato  dalla
giurisprudenza della Corte EDU sull'art. 4, prot. 7, Convenzione  EDU
(da ultimo,  nella  Causa  A  e  B  c.  Norvegia  15  novembre  2016,
costituente «diritto vivente europeo» secondo la sentenza della Corte
Costituzionale 24 gennaio 2018, n. 43) e dalla stessa  giurisprudenza
costituzionale,  che  si  e'  anche  di  recente  pronunciata   sulla
illegittimita' del doppio binario sanzionatorio con  la  sentenza  16
giugno 2022, n. 149. 
    Cio' posto, l'articolo 34, legge della Regione Siciliana 3 agosto
2022, n. 15, viola l'art. 117, comma 1,  Costituzione,  in  relazione
all'art. 4, prot.  7,  CEDU  ed  eccede  i  limiti  delle  competenze
statutariamente previste, violando la riserva di  competenza  statale
nel campo della disciplina  penale,  sottratto  alla  competenza  del
legislatore regionale ai  sensi  dell'articolo  117,  secondo  comma,
lettera l) della Costituzione.