Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia (codice fiscale n. 80014930327), in persona del Presidente della Regione pro-tempore dott. Massimiliano Fedriga, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale 23 settembre 2022, n. 1361 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale in calce al presente ricorso, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (codice fiscale FLCGDM45C06L736E) del Foro di Padova, con studio in Padova, via San Gregorio Barbarigo n. 4 - tel. 049-660231, telefax 049-8776503, PEC giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it e dagli avvocati Daniela Iuri (cod. fisc. RIUDNL63M56L483B, PEC daniela.iuri@certregione.fvg.it), Avvocato della Regione, e Beatrice Croppo (codice fiscale CRPBRC62L47C758R, Pec beatrice.croppo@certregione.fvg.it) dell'Avvocatura Regionale, entrambe con sede a Trieste, piazza Unita' d'Italian. 1, tel. 040-3772913, telefax 0403772929, con domicilio eletto presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia in 00186 Roma, piazza Colonna, n. 355 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli: 5, comma 6; 6, comma 2, lett. c); 7, comma 1, primo periodo; 7, comma 1, secondo periodo; 7, comma 1, lett. c), della legge 15 luglio 2022, n. 106 recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 180 del 3 agosto 2022, per violazione degli artt. 4, primo comma nn. 1), 1-bis) e 14), e 8 dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in particolare dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902; anche in combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, degli artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, e 118, primo e secondo comma, Cost.; del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.); del principio di legalita' (art. 97, secondo comma, Cost.); dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza (art. 3 Cost.). Fatto Nella Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2022, n. 180, e' stata pubblicata la legge 15 luglio 2022, n. 106, recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo». Come enuncia il titolo stesso della legge, essa contiene, accanto alle norme di delega (che non formano oggetto della presente controversia), altre disposizioni, destinate a trovare applicazione immediata e in parte dirette alle Regioni, comprese quelle ad autonomia speciale. Alcune di esse risultano, ad avviso della ricorrente Regione, lesive delle proprie attribuzioni costituzionali. Si tratta, in particolare, di talune disposizioni degli artt. 5, 6 e 7 della legge. Conviene tuttavia premettere, per chiarezza in relazione all'oggetto del presente giudizio, che non si contestano in quanto tali, in questa sede, ne' l'Osservatorio nazionale dello spettacolo e i compiti ad esso attribuiti, ne' il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo; si contestano, invece, da un lato difetti di leale collaborazione nel delineare il ruolo delle Regioni, e in particolare della Regione Friuli Venezia Giulia, nel sistema cosi' istituito, dall'altro talune interferenze, ad avviso della ricorrente Regione indebite, che la legge statale prevede sulle modalita' di esercizio delle competenze legislative e amministrative della Regione. Le disposizioni oggetto del presente giudizio. Gli artt. 5 e 6 della legge n. 106 del 2022 innovano profondamente la natura dell'Osservatorio dello spettacolo, organo gia' istituito dall'art. 5 della legge 30 aprile 1985, n. 163. Questo era un organismo meramente interno, istituito nell'ambito dell'ufficio studi e programmazione dell'allora Ministero del turismo e dello spettacolo. Il nuovo Osservatorio, invece, e' istituito «al fine di promuovere le iniziative nel settore dello spettacolo» quale baricentro del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo istituito dall'art. 6 del quale «fanno parte» - ai sensi del primo comma - «l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'art. 5, egli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7». Si tratta, dunque, di un sistema integrato e condiviso tra Stato e Regioni. Esso e' ora chiamato, oltre che a raccogliere i dati e gli elementi di conoscenza di cui all'art. 5, comma 2, ad «individuare le linee di tendenza dello spettacolo nel suo complesso e dei singoli settori nei mercati nazionali e internazionali» , a promuovere «il coordinamento con le attivita' degli osservatori istituiti dalle regioni con finalita' analoghe, anche alfine di favorire l'integrazione di studi, ricerche e iniziative scientifiche in tema di promozione nel settore dello spettacolo» (art. 5, comma 3) e a provvedere «alla realizzazione del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, al quale concorrono tutti i sistemi informativi esistenti». In questo quadro, ad avviso della ricorrente Regione e come meglio si dira' nella parte in diritto, la compartecipazione delle Regioni mediante il meccanismo dell'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, come disciplinato dalla legge n. 281 del 1997, risulta costituzionalmente necessaria non solo per la definizione delle «modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale», come previsto dall'art. 6, comma 2, bensi' - ed in primo luogo - per la definizione della «composizione e delle modalita' di funzionamento dell'Osservatorio nazionale». Invece, l'art. 5, comma 6, prevede che le Regioni siano semplicemente sentite, e dunque coinvolte soltanto mediante l'espressione di un parere espresso. Di qui la presente impugnazione. L'art. 6 della legge istituisce, come detto, il «sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo», integrato tra Stato e Regioni: al fine di «assicurare omogeneita' ed efficacia all'azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attivita', e' istituito il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo, di seguito denominato «Sistema nazionale», del quale fanno parte l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7». Il comma 2 affida ad un decreto del Ministro della cultura, adottato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione delle modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale. La presente impugnazione non solo non contesta tale meccanismo, ma al contrario ne chiede l'estensione alla stessa disciplina dell'Osservatorio nazionale. Il comma 3 prevede che lo stesso decreto regoli anche: a) le modalita' operative per lo svolgimento di attivita' a supporto degli osservatori regionali o in collaborazione con essi, nel territorio di rispettiva competenza; b) le modalita', gli strumenti e i criteri per il monitoraggio delle attivita' dello spettacolo, nonche' per la raccolta, la valutazione e l'analisi dei relativi dati, anche a supporto delle attivita' di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi; c) le modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale. La presente impugnazione si riferisce alla lettera c), ed ha natura cautelativa. Infatti, l'ambito delle «modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale» risulta indeterminato, e potrebbe essere inteso nel senso di includere la stessa disciplina degli Osservatori regionali dello spettacolo. L'art. 7 e' dedicato agli Osservatori regionali dello spettacolo. Esso si apre, in realta', con una enunciazione generale concernente la materia dello spettacolo, secondo la quale «nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 , terzo comma, della Costituzione» (comma 1, primo periodo). La ricorrente Regione ritiene che tale formulazione sia in evidente contrasto con le sue competenze costituzionali. Il secondo periodo riguarda specificamente gli Osservatori regionali, disponendo che le Regioni, «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: a) promuovono l'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; c) promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». La ricorrente Regione ritiene che il vincolo della propria legislazione agli accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non sia conforme ne' allo Statuto di autonomia ne' alla Costituzione. Ritiene inoltre che sia costituzionalmente illegittima, in particolare, la lettera c), nella parte in cui dispone che la promozione regionale e sostegno delle attivita' dello spettacolo dal vivo sia svolta «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato». Cosi' precisato l'oggetto della presente impugnazione, la Regione autonoma ritiene che le disposizioni indicate in epigrafe siano costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di Diritto Le competenze della Regione autonoma in materia di spettacolo. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha potesta' legislativa primaria in materia di spettacolo, oggetto compreso nella materia «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale», indicata nell'art. 4, numero 14, dello statuto speciale (legge cost. n. 1 del 1963). Ai sensi dell'art. 8 dello statuto la Regione dispone delle competenze amministrative nelle materie di competenza legislativa, secondo il principio del parallelismo che tuttora governa le materie statutarie (sentenza n. 112 del 2022, punto 2.1; sentenze n. 238 del 2007, punto 3, e n. 286 del 2007, punto 2). La Regione autonoma esercita le funzioni legislative ed amministrative nella materia da oltre cinquant'anni, considerando che sin dal decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902, recante «Adeguamento ed integrazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia», sono state «trasferite alla regione Friuli-Venezia Giulia tutte le funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato, in materia di istituzioni culturali, che abbiano sede nel territorio regionale e vi svolgano prevalentemente la loro attivita'» (art. 3), e che anche in precedenza la Regione interveniva con misure di sostegno allo spettacolo. La posizione della Regione autonoma, al pari di quella degli altri enti ad autonomia differenziata, e' stata riconosciuta anche dalla legislazione statale successiva, tant'e' che la stessa legge 22 novembre 2017, n. 175, «Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia», al cui art. 1 rinvia il qui impugnato art. 7, comma 1, reca una specifica «clausola di salvaguardia» nel suo art. 6, a mente del quale «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». Nell'esercizio della ridetta competenza la Regione autonoma si e' dotata, per quanto qui di interesse, di un Osservatorio regionale della cultura, istituito con la legge regionale 11 agosto 2014, n. 16, recante «Norme regionali in materia di attivita' culturali». L'art. 7 della legge citata, infatti, dispone che «e' istituito l'Osservatorio regionale della cultura nel Friuli Venezia Giulia, di seguito denominato Osservatorio, con sede presso la direzione centrale competente in materia di cultura» (comma 1) ed affida a tale ufficio il compito di «raccoglie [re] informazioni statistiche attinenti alla domanda e all'offerta di servizi e attivita' culturali e di spettacolo e alla consistenza dei beni culturali nella Regione, suscettibili di raffronto e comparazione con le informazioni provenienti da analoghe rilevazioni sviluppate a livello sovranarionale, nazionale e in altre Regioni, redige[re] le relazioni di cui all'art. 5, comma 1, lettera a), ed elabora [re] studi utili a conoscere e documentare lo stato e l'evoluzione delle attivita' del settore a servizio delle amministrazioni pubbliche competenti per la definizione delle politiche e la programmazione degli interventi in materia». Il comma 3 prevede che «le funzioni di Osservatorio sono esercitate dall'Amministrazione regionale, avvalendosi dei dati forniti dal Servizio regionale competente in materia di statistica ovvero da Promoturismo FVG o da altro soggetto incaricato dall'Amministrazione regionale della raccolta dei dati. Con specifico riferimento alle sovvenzioni per gli spettacoli dal vivo, inteso, ai sensi dell'art. 8 della legge regionale n. 16 del 2014, come «l'attivita' di rappresentazione teatrale, musicale, di danza, anche in forme integrate tra loro, che avviene alla presenza diretta del pubblico», la medesima legge regionale n. 16 del 2014 ha disciplinato, nel capo I (articoli da 8 a 17-ter), i diversi canali di finanziamento, allocando a livello regionale la funzione di finanziamento e promovendo la diffusione della cultura musicale e sinfonica nel territorio regionale (art. 17-bis) anche nel quadro della promozione del principio di sussidiarieta' in senso orizzontale (art. 118, ultimo comma, Cost.). Trattasi del resto, di funzione disciplinata dalla Regione autonoma fin dalla legge regionale luglio 1969, n. 11, «Interventi regionali per lo sviluppo delle attivita' culturali e contributi per la conservazione, la valorizzazione e l' incremento del patrimonio bibliografico, storico ed artistico e per lo sviluppo dell' istruzione universitaria e per la ricerca scientifica nella Regione Friuli - Venezia Giulia», il cui art. 4 impegnava la Regione ad incoraggiare e sostenere nelle loro varie manifestazioni: anche «b) le attivita' musicali, liriche e concertistiche, e le iniziative miranti ad incrementare ed a divulgare gli ipettacoli e la cultura musicali; c) le attivita' dei teatri di prosa e le iniziative intese ad incrementare ed a divulgare gli ipettacoli teatrali e la cultura teatrale e cinematografica». Ignorando - oltre che le comuni competenze del sistema regionale disegnato nel titolo V - la specifica competenza statutaria primaria, la legge n. 106 del 2022 si rivolge a tutte le regioni, e dunque anche alla Regione autonoma, senza far salve, a mezzo di apposita clausola di salvaguardia, le attribuzioni dell'ente ricorrente, che non sono meramente astratte, bensi' attivamente e concretamente esercitate. I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione degli artt. 4, numero 14), e 8 dello statuto, dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902, e dell'art. 117, terzo comma, Cost., nonche' del principio di ragionevolezza (art. 3). In subordine: per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. La Regione autonoma impugna in primo luogo l'art. 7, primo comma, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione degli artt. 4, numero 14, e 8 dello statuto, del principio di ragionevolezza, e in subordine per violazione degli art. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. La disposizione impugnata stabilisce quanto segue: «Nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione». Come si e' esposto in narrativa, la disposizione segna la dichiarazione programmatica con cui il legislatore della legge n. 106 del 2022 definisce riduttivamente la posizione costituzionale della Regione nella materia dello spettacolo. 1.1. La Regione ricorrente osserva che qualora la norma comprendesse nel suo campo di applicazione anche la Regione Friuli-Venezia Giulia essa sarebbe palesemente illegittima (i) in primo luogo per violazione dell'art. 4, numero 14), dello statuto speciale, perche' pretenderebbe di degradare la potesta' primaria della Regione autonoma in punto di «istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale», descritta al punto precedente, in una potesta' concorrente; (ii) in secondo luogo, per violazione dello stesso art. 117, terzo comma, Cost., perche' declasserebbe una potesta' concorrente, caratterizzata dal concorso vincolato tra principi statali e disciplina di svolgimento di spettanza regionale, ad una minore potesta' legislativa regionale, in cui lo Stato detta non solo i principi ma concorre esso stesso nella adozione della disciplina di completamento, e dunque assimilabile alla c d potesta' integrativa. 1.1.2 La norma, sempre se e in quanto sia applicabile alla Regione autonoma, sarebbe incostituzionale per un terzo e distinto motivo, e cioe' per violazione del principio di ragionevolezza e del connesso principio di certezza del diritto. Infatti, la norma sarebbe del tutto irragionevole e contraddittoria, perche' essa imporrebbe all'osservanza del legislatore friulano-giuliano le norme di principio contenute nell'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, legge che invece all'art. 6, rubricato «Clausola di salvaguardia», fa espressamente salve le competenze statutarie delle Regioni e delle Province autonome. Chiara la ridondanza del vizio denunciato sulla competenza legislativa primaria in materia di istituzioni culturali e ricreative, ai sensi dell'art. 4, numero 14), dello statuto, e delle corrispondenti funzioni amministrative che spettano alla Regione ai sensi dell'art. 8 dello stesso statuto: competenze che la Regione ha esercitato in condizioni di autonomia speciale riconosciuta dalla clausola di salvaguardia e che ora, per decisione di una legge ordinaria di carattere generale, si troverebbe sottoposta ad un regime, come di seguito si dira', non corrispondente a Costituzione neppure per le Regioni ordinarie. 1.2. Nella denegata (e non creduta) ipotesi che codesta ecc.ma Corte ritenesse, invece, che la Regione autonoma disponga, a dispetto di quanto stabilisce l'art. 4, numero 14), dello statuto, di mere competenze concorrenti, acquisite ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., la disposizione impugnata dell'art. 7, primo comma, sarebbe ugualmente illegittima nella parte in cui prevede che le Regioni «concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione», anziche' «attuano i principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione». Le ragioni di illegittimita', evidenziabili in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, sono state gia' anticipate sopra al punto 1.1., sub (ii), vale a dire il contrasto con la regola costituzionale di riparto nelle materie di competenza concorrente, nelle quali «spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato», secondo quanto recita il secondo periodo del terzo comma dell'art. 117 Cost.: formulazione che, come ha osservato codesta Corte a ridosso della entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, «rispetto a quella previgente dell'art. 117, comma 1, esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282 del 2002, piu' volte ripresa in seguito, da ultimo nelle sentenze n. 231 del 2017, punto 9.3.2 e n. 126 del 2017, punto 4.1.). Sembra evidente, infatti, in primo luogo che la titolarita' regionale della materia, salvo il solo limite dei principi fondamentali posti dalla legge dello Stato, non puo' essere descritta in termini di mero «concorso» all'attuazione di tali principi; in secondo luogo che ove e nei limiti in cui il principio di sussidiarieta' imponesse l'attrazione di funzioni allo Stato, cio' dovrebbe avvenire nel quadro delle regole sancite sin dalla sentenza n. 303 del 2003; in terzo luogo che, per quanto riguarda la disciplina e la distribuzione delle funzioni nel territorio della Regione, ogni valutazione di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia compete al legislatore regionale; infine, che il limite «delle risorse disponibili» puo' riferirsi soltanto alle assegnazioni sull'apposito fondo, ma non puo' incidere sull'autonomia di spesa della Regione. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art. 4, numero 14) e dell'art. 8 dello statuto e dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., anche in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.) La Regione autonoma censura anche l'art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, nella parte in cui prevede che i decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro, diretti a regolare la composizione e le modalita' di funzionamento dell'Osservatorio sono adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome», anziche' «d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome». Precisamente, la disposizione impugnata prevede che «la composizione e le modalita' di funzionamento dell'Osservatorio sono definite con uno o piu' decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano entro quaranta giorni dalla trasmissione degli schemi di decreto, trascorsi i quali i decreti possono essere adottati anche in mancanza del parere. Con i medesimi decreti sono stabilite le modalita' di raccolta e pubblicazione delle informazioni di cui al comma 2 e di tenuta del registro di cui al comma 5, le modalita' operative di realizzazione, gestione e funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, nonche' la composizione e le modalita' di funzionamento, senza oneri per la finanza pubblica, della Commissione tecnica di cui al comma 5». La Regione autonoma, nel presente ricorso, non contesta la determinazione del legislatore statale di istituire, ben oltre il mero coordinamento informativo, un sistema a rete complessivamente orientato alla promozione delle iniziative nel settore dello spettacolo, ne' contesta il ruolo generale assegnato all'Osservatorio nazionale nel sistema a rete. Essa ritiene, tuttavia, che la condivisione debba operare anche in relazione alla struttura e composizione del baricentro del sistema comune, nel momento in cui la relativa disciplina viene affidata ad una fonte secondaria. La Regione ricorrente deve infatti evidenziare che nel momento in cui lo Stato si intitola funzioni in una materia regionale eccedenti la competenza statale sul coordinamento informativo dei dati delle amministrazioni territoriali, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. t), Cost. (di per se', per vero, in quanto tale non opponibile alla Regione autonoma in presenza di competenza statutaria), l'incisione delle attribuzioni legislative ed amministrative regionali puo' passare soltanto per le forme costituzionalmente ammesse dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, vale a dire in applicazione del principio di sussidiarieta' nella sua valenza ascendente e nel rispetto del principio di leale collaborazione, sancito dall'art. 120, secondo comma, Cost. Si noti che le scelte che il decreto interministeriale e' chiamato ad operare sono di carattere politico-discrezionale, e non meramente tecnico, considerato che esso dovra' regolare anche e prima di tutto la composizione dell'organo, e che la legge non da' indicazione alcuna su questo punto. Di qui la necessita' che il principio di leale collaborazione sia declinato nella forma della intesa e non in quella minimale della mera consultazione. Allo stesso risultato si perviene anche in considerazione della competenza statutaria della Regione autonoma ai sensi degli artt. 4, numero 14) ed 8, dello statuto, dal momento che ogni «ritaglio» di funzioni in materia statutaria, quando si tratti di materia che e' regionale anche nell'art. 117 Cost. novellato, deve essere rispettoso anche dei principi strutturali che reggono il nuovo riparto del titolo V (e dunque, nel presente caso, sussidiarieta' e leale collaborazione), giusta l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 303 del 2003). III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, lett. c), della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art, 4, numeri 1), e 14) dello statuto, dell'art. 117, sesto comma, Cost., e dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione del principio di legalita' (art. 97, secondo comma, Cost.). La Regione autonoma impugna anche l'art. 6, comma 2, lett. c), della legge n. 106 del 2022. L'art. 6, comma 2, della legge, dopo aver previsto che «con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale», aggiunge che «con il medesimo decreto sono stabiliti: a) le modalita' operative per lo svolgimento di attivita' a supporto degli osservatori regionali o in collaborazione con essi, nel territorio di rispettiva competenza; b) le modalita', gli strumenti e i criteri per il monitoraggio delle attivita' dello spettacolo, nonche' per la raccolta, la valutazione e l'analisi dei relativi dati, anche a supporto delle attivita' di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi; c) le modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale». Come si e' anticipato nella parte narrativa, la censura della Regione e' diretta contro la lett. c), per l'ipotesi che l'oggetto «modalita' operative di realizzazione e funzionamento del Sistema nazionale» - Sistema del quale, come pure si e' ricordato, fanno parte l'Osservatorio nazionale dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli Osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7 - comprenda anche la disciplina degli Osservatori regionali. La ricorrente Regione non ritiene che tale ipotesi sia fondata, e che la legge statale nel suo insieme debba essere intesa nel senso che la disciplina degli osservatori regionali dello spettacolo rimane - come e' sempre stata - rimessa al legislatore regionale. Ove cosi' non fosse, la disposizione sarebbe invece illegittima in parte qua, sotto diversi profili. 3.1. Anzitutto, la norma andrebbe ad invadere la competenza primaria in materia «ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione», ai sensi dell'art. 4, numero 1, dello statuto, ovvero, se piu' favorevole, della potesta' residuale in materia di organizzazione regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., applicabile in forza della clausola di maggior favore dettata dall'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Infatti, l'organizzazione di un ufficio regionale verrebbe regolata da una fonte statale, priva di competenza in materia di organizzazione regionale. 3.2. Sotto un secondo profilo, trattandosi di fonte statale secondaria, di carattere sostanzialmente regolamentare, l'incompetenza dell'atto e' evidenziabile anche in riferimento all'art. 117, sesto comma, Cost., che riconosce alla Stato competenza regolamentare solo «nelle materie di legislazione esclusiva»: cio' che non si puo' dire, all'evidenza, per la disciplina degli Osservatori regionali dello spettacolo, peraltro in molti casi gia' istituiti e disciplinati con legge regionale, come e' avvenuto, ad esempio, nel caso della Regione Veneto, che ha istituito l'Osservatorio dello spettacolo dal vivo, con sede presso la Giunta regionale (art. 38 della legge regionale 16 maggio 2019, n. 17, «Legge per la cultura»). 3.3. Anche se si volesse prescindere da tale limitazione, la norma, ove consentisse alla fonte regolamentare di condizionare la legge regionale sulla organizzazione dell'osservatorio regionale dello spettacolo, risulterebbe illegittima per contrasto con i principi costituzionali in materia di rapporti tra fonti statali e fonti regionali, secondo i principi derivanti comunque dalla natura della legge regionale come legge in senso proprio assoggettata ad uno specifico sistema di limiti almeno legislativi (art. 117, primo, terzo e quarto comma, Cost.; art. 4 dello statuto), di modo che sono in ogni caso esclusi regolamenti statali nelle materie di competenza concorrente. Si noti che, anche prima della riforma del titolo V, l'eventuale vincolo a carico della legge regionale derivante dagli atti di indirizzo e coordinamento statali adottati in forma non legislativa era condizionato, secondo il chiaro insegnamento di codesta Corte, dal rispetto del principio di legalita' in senso sostanziale, sul presupposto che la fonte del vincolo fosse la legge stessa, tenuta dunque a conformare nel contenuto l'atto amministrativo rivolto alle regioni. La giurisprudenza costituzionale aveva altresi' detto, con altrettanta chiarezza, che «un regolamento (governativo o ministeriale) non puo' contenere norme miranti a limitare la sfera di competenza delle Regioni nelle materie loro attribuite, in quanto esse 'non sono soggette, in linea di principio, alla disciplina dettata con i regolamenti governativi' (sentenze n. 507 del 2000 e n. 352 del 1998)» (sentenza n. 84 del 2001, punto 4). Anche (e a maggior ragione) nel nuovo riparto - ha precisato codesta Corte nella sentenza n. 303 del 2003, al punto 7 - «alla fonte secondaria statale e' inibita in radice la possibilita' di vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario»: a tali principi, infatti, non puo' essere riconosciuta «l'attitudine a vanificare la collocazione sistematica delle fonti conferendo primarieta' ad atti che possiedono lo statuto giuridico di fonti secondarie e a degradare le fonti regionali a fonti subordinate ai regolamenti statali o comunque a questi condizionate». E in questo senso si e' attestata anche la giurisprudenza costituzionale successiva: si veda, da ultimo, la sentenza n. 180 del 2020, al punto 4.1, in cui si ribadisce che alle «finti normative secondarie ..., in quanto tali, «e' inibita in radice la possibilita' di vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario» (sentenza n. 303 del 2003)» e si aggiunge che «le norme regolamentari, infatti, non possono essere ascritte «all'area dei principi fondamentali» delle materie concorrenti, «in quanto la fonte regolamentare, anche in forza di quanto previsto dall'art. 117, sesto comma, Cost., sarebbe comunque inidonea a porre detti principi» (sentenza n. 92 del 2011) e, quindi, a vincolare il legislatore regionale (sentenza n. 162 del 2004)». 3.4. Sotto un quarto profilo, considerato che la norma affida ad un atto sublegislativo la disciplina della organizzazione degli uffici, sarebbe violato anche il principio di legalita' fondato nella riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici, sancita dall'art. 97, secondo comma, Cost. Se e' vero che si tratta di una riserva di legge relativa, e' anche vero che, ove vi fosse una competenza statale, almeno le regole di base dovrebbero essere dettate dal legislatore. Evidente e' anche la ridondanza del vizio sulle competenze legislative della Regione autonoma in materia di organizzazione amministrativa (art. 4, numero 1, dello statuto o se piu' favorevole art. 117, quarto comma, Cost.), peraltro riferite ad una materia, lo spettacolo, anch'essa di competenza regionale (art. 4, numero 14, dello statuto e in subordine art. 117, terzo comma, Cost.). Trattasi, come si e' gia' esposto sopra nella parte introduttiva del «Diritto», di competenze gia' esercitate, che la Regione autonoma si troverebbe a dover attivare nuovamente sulla base di un condizionamento che non e' ammesso dal principio costituzionale da ultimo richiamato. Per mero scrupolo di difesa si osserva che i profili di illegittimita' evidenziati nel presente punto non sono eliminati dalla previsione della intesa con la Conferenza permanente, che non e' un succedaneo ne' dell'autonomia normativa, riconosciuta a ciascun ente, ne' dei principi in materia di fonti, ne' del principio di legalita'. A conferma di cio' e' sufficiente il rilievo secondo il quale le competenze costituzionali, riguardino esse i poteri dello Stato o le attribuzioni di Stato e Regioni, non sono disponibili neppure da parte dei titolari delle stesse. IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, secondo periodo, per violazione dell'art. 4, numeri 1 e 14, dello statuto o se piu' favorevoli dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione dei principi costituzionali in materia dei rapporti tra atti nazionali e regionali, confermati anche dall'art. 117, sesto comma, Cost., e del principio di legalita' (art. 97, secondo comma, Cost.). Le argomentazioni esposte al punto precedente valgono anche a dimostrare i profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, secondo periodo. Tale disposizione stabilisce che «le regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: a) promuovono l'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; c) promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». Oggetto di contestazione, rispetto a tale disposizione, e' in primo luogo la previsione secondo la quale le regioni disciplinano gli oggetti indicati alle lettere a), b) e c) «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». Attraverso questa prescrizione, infatti, la norma impugnata pretende di assoggettare l'esercizio della legislazione regionale ad un presupposto e un vincolo derivante da un atto amministrativo di carattere politico, qual e' l'accordo raggiunto in Conferenza. Benche' la disposizione non lo precisi espressamente, gli accordi cui essa fa rifermento sono - sembra alla Regione si debba ritenere - gli accordi previsti dall'art. 4 del d.lgs. n. 281 del 1997, ai sensi del quale «Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalita', economicita' ed efficacia dell'azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato-regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attivita' di interesse comune», accordi che «si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano». Ora, interpretando tale disposizione, codesta ecc.ma Corte ha stabilito che gli accordi raggiunti ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997 non sono idonei a vincolare la funzione legislativa, limitandone l'efficacia al piano politico e negandone ogni effetto di vincolo giuridico, come afferma con nettezza la sentenza n. 437 del 2001. In tale sentenza, la Corte conclude che le procedure di cooperazione o di concertazione possono rilevare ai fini dello scrutinio di legittimita' di atti legislativi, solo in quanto l'osservanza delle stesse sia imposta direttamente o indirettamente (punto 3 del diritto): concetto, questo, ripreso anche dalla giurisprudenza successiva (sentenza n. 237 del 2017, punto 9; sentenza n. 137 del 2018, punto 3.5.3), che ha altresi' ribadito che «un accordo non puo' condizionare l'esercizio della funzione legislativa (sentenze n. 160 del 2009 e n. 437 del 2001)» (sentenza n. 176 del 2016, punto 4.2.2). Analoghe considerazioni varrebbero per gli accordi ex art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003 (che pero' fa riferimento ad atti di intesa), ove si ritenesse che a tale disposizione possa riferirsi il richiamo operato dalla disposizione impugnata. La norma impugnata, invece, imprime a tale accordo carattere cogente, attribuendo a tale atto una forza che esso non ha di per se' e che nemmeno la legge statale gli puo' conferire, dato che si verrebbe in questo modo da un lato ad alterare i normali rapporti tra atti non legislativi e atti legislativi, dall'altro, si inciderebbe anche sui rapporti tra organi della Regione, perche' si trasformerebbe un atto di assenso del vertice dell'esecutivo regionale in un limite alla potesta' legislativa assegnata al consiglio regionale. Non a caso, lo stesso art. 117, ottavo comma, della Costituzione, riserva alla legge regionale la «ratifica [del]e intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni». D'altronde, neppure sotto altro profilo vi e' ragione e titolo giustificativo per l'assoggettamento della legislazione regionale a previ accordi con lo Stato. L'accordo, infatti, interviene nella materia della organizzazione amministrativa dell'ente, materia in cui la Regione autonoma dispone di potesta' esclusiva (art. 4, numero 1) o, se piu' favorevole, residuale (art. 117, quarto comma, Cost., insieme con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), sicche' la legge statale non ha titoli di intervento, trattandosi, peraltro, di organizzazione di funzioni all'interno di un settore materiale anch'esso di competenza regionale qual e' lo spettacolo (di competenza primaria, ai sensi dell'art. 4, numero 14, dello statuto, o di competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., se piu' favorevole). In sintesi, la disposizione risulta illegittima sotto plurimi profili. Anzitutto, e' illegittima per contrasto con l'art. 4, numero 14, dello statuto, ovvero con l'art. 117, quarto comma, Cost., ove applicabile per effetto clausola di maggior favore di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, perche' la norma interferisce con la potesta' legislativa primaria in materia di organizzazione degli uffici o con quella residuale sulla organizzazione regionale: interferenza che e' evidente ove si rammenti che la Regione Friuli-Venezia Giulia ha gia' istituito un suo Osservatorio sulla cultura, adottando specifiche soluzioni organizzative. In secondo luogo, la norma viola, per i motivi esposti sopra, i principi costituzionali che regolano i rapporti tra atti statali e fonti regionali, impliciti nella attribuzione alla Regione di potere legislativo (art. 4 dello statuto, art. 117, primo, terzo e quarto comma, Cost.) e nella regola costituzionale sul riparto della potesta' regolamentare (art. 117, sesto comma, Cost.). Ancora, la norma contrasta con il principio di legalita' e della riserva di legge di cui all'art. 97, secondo comma, Cost., stante l'inversione del corretto rapporto tra legge e atti amministrativi, sia pure di carattere politico. Tale vizio ridonda in lesione della autonomia regionale, che e' prima di tutto una autonomia legislativa; incide, all'interno della Regione, sui rapporti tra esecutivo e legislativo, per i motivi gia' esposti sopra; consente una conformazione illegittima di un settore materiale, quello della organizzazione amministrativa e dello spettacolo, riservati alla Regione. Risulta dunque evidente che, ove lo Stato ritenesse essenziale condizionare la legislazione regionale a determinati criteri organizzativi o operativi, dovrebbe provvedervi con legge, nei limiti entro i quali anche al legislatore e' consentito, come precisato da codesta Corte, ad esempio nella sentenza n. 87 del 2018, nella quale essa ha ritenuto illegittima l'imposizione da parte del legislatore statale di un determinato modello organizzativo in relazione alla garanzia del diritto sociale allo studio. V. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, secondo periodo, lett. c), per violazione dell'art. 4, numeri 1), 1-bis) e 14), e dell'art. 8 dello statuto o se piu' favorevoli degli artt. 117, terzo e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione del principio di proporzionalita' e di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.). La Regione autonoma, infine, impugna l'art. 7, primo comma, secondo periodo, lett. c), della legge, per violazione della sua autonomia organizzativa e della competenza ad allocare le funzioni amministrative ai diversi enti territoriali, nonche' in quanto norma irragionevole e sproporzionata. La disposizione vincola le Regioni a promuovere e sostenere, «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». La ricorrente non puo' non contestare l'intromissione del legislatore statale nella propria organizzazione e nell'ordinamento della propria azione, operata mediante l'attribuzione di funzioni direttamente ad un proprio ufficio e la previsione secondo cui le funzioni di sostegno allo spettacolo al vivo debbono avvenire «anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni». Entrambe le norme sono, ad avviso della Regione, illegittime, per ragioni che prescindono completamente anche dalla fondatezza dei precedenti motivi di ricorso. La presente censura e' dunque autonoma dalle precedenti, ed e' diretta contro una disposizione che e' eccentrica anche rispetto alla logica delle altre disposizioni oggetto della presente impugnazione. 5.1. E' giurisprudenza costante di codesta Corte che quando lo Stato intesta funzioni alla regione deve assegnarle all'ente, e non all'organo, pena la violazione della autonomia organizzativa della Regione, garantita nell'ambito della competenza residuale (art. 117, quarto comma, Cost., e nel caso della Regione Friuli-Venezia Giulia anche art. 4, numero 1, dello statuto). In questo senso si veda, tra le molte, la sentenza n. 293 del 2012, in cui la Corte segnala di aver «gia' concluso per l'illegittimita' di norme statali che provvedevano a indicare specificamente l'organo regionale titolare della funzione amministrativa, trattandosi di «normativa di dettaglio attinente all'organizzazione interna della Regione» (sentenza n. 387 del 2007; inoltre, sentenze n. 22 del 2012 e n. 95 del 2008) e nel caso di specie non si ravvisano ragioni che possano consentire al legislatore statale non solo di porre a carico della Regione un obbligo collaborativo di raccolta dati, ma anche di selezionare il soggetto regionale deputato a svolgerlo»; nello stesso senso anche la sentenza n. 387 del 2007. La legge statale, dunque, deve rispettare le scelte regionali circa l'intestazione delle funzioni ai diversi organi o uffici, con la limitata eccezione - confermativa della regola generale - della attribuzione di funzioni al Consiglio regionale, eventualita', questa, non a caso autorizzata direttamente dalla Costituzione nell'art. 121, primo comma, Cost., a mente del quale «il Consiglio regionale esercita le potesta' legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi», se per «leggi» si intendono qui (anche) le leggi statali. Nel presente caso la legge statale assegna le funzioni di promozione dello spettacolo dal vivo all'Osservatorio regionale dello spettacolo, precludendo diverse soluzioni organizzative, quali ad esempio quelle prescelte dalla Regione autonoma nel capo I della legge regionale n. 14 del 2016, che non attribuisce all'Osservatorio della cultura funzioni di amministrazione attiva e prevede altri canali di finanziamento per le sovvenzioni dello spettacolo dal vivo. La norma si dimostra poi del tutto irragionevole e sproporzionata, anche ai fini dei raccordi e del coordinamento che la legge vuole costruire, considerato che la promozione ed il sostegno sono una funzione finale, interna alla Regione, mentre le norme di cui agli articoli 5 e 6 sono rivolti ad organizzare il coordinamento tra i sistemi regionali e lo Stato. La lesione di tali principi, radicati nell'art. 3 Cost., ridonda in lesione della autonomia organizzativa della Regione, assoggettata ad un vincolo non giustificato, e in lesione della autonomia legislativa ed amministrativa della Regione in materia di spettacolo. 5.2. Premesso che in Friuli-Venezia Giulia non vi sono Citta' metropolitane, e nemmeno piu' le Province (in forza dell'art. 12 della legge costituzionale n. 1 del 2016 e della legge regionale n. 20 del 2016), la norma che prevede come necessaria la partecipazione di province, citta' metropolitane e comuni all'esercizio delle funzioni di promozione e sostegno dello spettacolo e' ad avviso della ricorrente Regione, anch'essa illegittima, in quanto predetermina una scelta di allocazione delle funzioni che compete invece alla Regione in forza delle competenze legislative ex art. 4, numeri 1), 1-bis) e 14) dello statuto, rispettivamente sulla organizzazione regionale, sull'ordinamento degli enti locali e sulle istituzioni culturali e ricreative, e della titolarita' delle corrispondenti funzioni amministrative nella materia di cui al numero 14), secondo il principio del parallelismo sancito dall'art. 8 dello statuto. Le medesime conclusioni, peraltro, si impongono in applicazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., e dell'art. 118, secondo comma, Cost., combinati con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, se si considera che il potere di allocare le funzioni segue la competenza a disciplinare legislativamente la materia. Tale scelta allocativa e' stata anche esercitata, attualmente con la legge regionale 11 agosto 2014, n. 16, recante Norme regionali in materia di attivita' culturali, che attribuisce la promozione dello spettacolo dal vivo alla stessa Regione, salve ovviamente le azioni che i comuni intraprendono nel quadro della propria autonomia.