Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, ricorrente; 
    contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della Regione
pro tempore, con sede legale in Bari, lungomare Nazario Sauro n.  33,
intimata; 
    per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 2 comma 1, 3 comma 4, 5 comma 4, 16 e 17 comma 3 lettera  a)
e b), della legge  della  Regione  Puglia  12  agosto  2022,  n.  14,
pubblicata nel B.U.R. del 16 agosto 2022, n. 90, recante  «Tumore  al
colon-retto.  Misure  per  il  potenziamento   dello   screening   di
popolazione  e  consulenza  oncogenetica»,  come  da   delibera   del
Consiglio dei ministri in data 10 ottobre 2022. 
    Nel B.U.R. della Regione Puglia n. 90 del 16 agosto 2022 e' stata
pubblicata la legge n. 14 del  12  agosto  2022  recante  «Tumore  al
colon-retto.  Misure  per  il  potenziamento   dello   screening   di
popolazione e consulenza oncogenetica». 
    Il Governo ritiene che le disposizioni introdotte dagli  articoli
2 comma 1, 3 comma 4, 5 comma 4, 16 e 17 comma 3  lettera  a)  e  b),
della legge in esame, violino principi  fondamentali  in  materia  di
«tutela della salute» e in materia di  «coordinamento  della  finanza
pubblica», ai sensi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione,  oltre
che l'art. 3, l'art. 32 comma 2 e l'art. 117, comma  2,  lettera  l),
della Costituzione, per le ragioni che si andranno ad esporre. 
    Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. Illegittimita' degli articoli 2 comma 1, 3 comma 4 e  5  comma
4, l.r. n. 14/2022, per violazione dell'art.  3  della  Costituzione,
dei principi generali in materia di  «tutela  della  salute»  di  cui
all'art. 117 comma 3 della Costituzione, nonche' dell'art. 117, comma
2, lettera l)  della  Costituzione  e  dell'art.  32  comma  2  della
Costituzione. 
    Le disposizioni della legge regionale in esame  sono  finalizzate
all'apprezzabile obiettivo di potenziare il programma di screening di
popolazione per la diagnosi precoce del tumore al colon-retto. 
    L'intento del legislatore regionale e' quello  di  costituire  un
percorso per lo screening della popolazione all'interno di  strutture
di riferimento e di laboratori  che  collaborano  alla  realizzazione
della sorveglianza, inclusa l'istituzione delle consulenze  genetiche
oncologiche (cd. «CGO»), presso apposite strutture all'interno  delle
Breast Unit. 
    In via  preliminare,  si  ritiene  opportuno  rammentare  che  le
prestazioni relative allo screening del tumore  al  colon-retto  rese
alle popolazioni «target» e,  piu'  in  generale,  quelle  rientranti
nell'ambito dei livelli di prevenzione collettiva e sanita'  pubblica
di cui all'art.  2  del  Capo  II  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 e all'allegato  1  al  decreto
medesimo,  secondo  i  principi  fissati  a   livello   statale,   si
caratterizzano per l'erogazione in regime di gratuita' a  seguito  di
chiamata attiva, non rendendosi necessaria alcuna prescrizione e  non
dovendosi prevedere alcun codice di esenzione. 
    Tanto  premesso,  il  percorso  disciplinato  dalla  regione  non
rientra nell'ambito dell'assistenza specialistica ambulatoriale, come
sembrerebbe evincersi dalla medesima legge  regionale  (cfr.  art.  2
comma 1), ma in quello della prevenzione. 
    Infatti, l'art. 2,  comma  1,  lettera  f),  rubricato  «Aree  di
attivita' della prevenzione collettiva e sanita' pubblica», del  Capo
II del decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  12
gennaio 2017 («Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali  di
assistenza, di cui all'art. 1, comma 7, del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502»), dispone che, nell'ambito  della  prevenzione
collettiva  e  sanita'  pubblica,  il  Servizio  sanitario  nazionale
garantisce, attraverso i  propri  servizi,  nonche'  avvalendosi  dei
medici e dei pediatri convenzionati, tra le altre,  le  attivita'  di
sorveglianza  e  prevenzione  delle  malattie  croniche,  inclusi  la
promozione di stili di  vita  sani  ed  i  programmi  organizzati  di
screening, nonche' di sorveglianza e prevenzione nutrizionale. 
    Il secondo comma della norma appena menzionata prevede,  inoltre,
che «Nell'ambito delle attivita' di  cui  al  comma  1,  il  Servizio
sanitario nazionale garantisce le prestazioni indicate  nell'allegato
1 al presente decreto». 
    Il punto F8 dell'allegato  1  al  decreto,  include,  nell'ambito
dello «Screening del cancro del colon-retto», la cui  periodicita'  e
le  cui  caratteristiche  sono  definite  dalle  raccomandazioni  del
Ministero della salute, predisposte  in  attuazione  dell'art.  2-bis
della legge n. 138 del 2004 e dal Piano nazionale  della  prevenzione
2014-2018, le seguenti prestazioni: 
        informazione   sui   benefici   per   la   salute   derivanti
dall'adesione ai programmi di screening; 
        chiamata attiva ed esecuzione dei test di screening di  primo
e secondo livello alle popolazioni target; 
        invio ad altro setting assistenziale per la presa  in  carico
diagnosticoterapeutica in relazione alla patologia neoplastica. 
    L'art. 2, comma 1, della l.r. n. 14/2022 stabilisce, invece,  che
gli inviti per eseguire i test  di  selezione  sono  «equiparati  per
natura  giuridica  alle  prenotazioni   ordinarie   per   prestazioni
diagnostiche a richiesta». 
    L'assimilazione ex lege degli inviti delle ASL ad eseguire i test
di screening alle prestazioni diagnostiche a richiesta  del  paziente
e' incostituzionale per violazione dell'art. 3 della Costituzione, in
quanto assoggetta allo stesso trattamento giuridico,  sulla  base  di
una mera finzione normativa, due situazioni assolutamente  differenti
ed anzi, opposte. 
    L'assimilazione operata dall'art. 2, comma 1, l.r. n. 14/2022 tra
i test di screening su invito delle ASL alle prestazioni diagnostiche
a  richiesta  del  paziente  fa  insorgere,  infatti,   problemi   di
compatibilita' costituzionale in relazione  alle  disposizioni  della
stessa legge regionale di seguito indicate. 
    Si fa riferimento: 
        all'art. 3, comma  4:  «...  in  caso  di  mancato  ritiro  e
consegna del kit nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento
dell'invito di cui all'art. 2, comma 1, o dalla data di scadenza  del
test  successivo  ai   sensi   dell'art.   2,   comma   3,   la   Asl
territorialmente competente irroga la  sanzione  pecuniaria  prevista
per le mancate disdette»; 
        all'art. 5, comma 4: «... in caso  di  mancata  presentazione
nella data fissata per il test con la lettera invito di cui al  comma
2 e con le modalita' di cui  al  comma  3,  la  Asl  territorialmente
competente irroga la sanzione  pecuniaria  prevista  per  le  mancate
disdette»; 
        laddove prevedono  che  la  ASL  territorialmente  competente
irroghi la sanzione pecuniaria prevista per le mancate disdette. 
    Non  trattandosi,  infatti,  nella  realta' -  ed  a  prescindere
dall'incostituzionale equiparazione  normativa -  di  prestazioni  di
assistenza specialistica ambulatoriale prenotate  dall'assistito,  ma
di una chiamata attiva da parte della ASL,  la  legge  regionale  non
poteva introdurre la sanzione amministrativa prevista per la  mancata
disdetta dell'appuntamento prenotato su richiesta. 
    Tale sanzione si  applica,  difatti,  alle  sole  prestazioni  di
assistenza  specialistica  ambulatoriale   prenotate   dall'assistito
tramite CUP regionale e, come noto, trova la propria fonte  normativa
nell'art.  3,  comma  15,  del  decreto  legislativo   n.   124/1998,
«Ridefinizione  del  sistema  di  partecipazione   al   costo   delle
prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell'art.
59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449», in base al quale
«l'utente che non si presenti ovvero non preannunci  l'impossibilita'
di fruire della prestazione prenotata e' tenuto, ove non  esente,  al
pagamento della quota di partecipazione al costo della prestazione». 
    Il richiamato art.  3,  comma  15,  del  decreto  legislativo  n.
124/1998, riveste la portata di  principio  generale  in  materia  di
«tutela  della  salute»,  ai  sensi  dell'art.  117  comma  3   della
Costituzione, come si evince dal fatto che la norma e'  contenuta  in
una fonte normativa dello  Stato  che,  come  chiarito  dall'art.  1,
«fissa i criteri, gli ambiti  e  le  modalita'  di  applicazione  del
sistema di partecipazione al costo delle prestazioni» (comma 2),  con
la  finalita'  di  «promuovere  la  consapevolezza  del  costo  delle
prestazioni stesse» e «in modo da  evitare  l'uso  inappropriato  dei
diversi regimi di erogazione dei servizi e delle prestazioni»  (comma
1). 
    La citata disposizione statale prevede, dunque,  la  possibilita'
di imporre un onere economico  a  carico  degli  utenti  che  mancano
all'appuntamento sanitario prenotato e non disdetto,  o  disdetto  in
ritardo, senza produrre giustificazione idonea. 
    Ben diverso e' il  caso,  contemplato  dalle  disposizioni  della
legge regionale impugnata,  in  cui  l'utente  non  risponda  ad  una
chiamata attiva da parte della ASL, senza che a nulla possa  rilevare
la forzata assimilazione normativa, posta dall'art. 2, comma 1, della
l.r. in esame, che equipara l'invito della ASL ad una prenotazione su
richiesta del paziente, considerata la  palese  incostituzionalita' -
per  violazione  dell'art.  3  della   Costituzione -   di   siffatta
equiparazione da  parte  della  legge  regionale  che  assoggetta  al
medesimo trattamento giuridico fattispecie ontologicamente diverse. 
    In conclusione, gli articoli 2 comma 4  e  5  comma  4,  l.r.  n.
14/2022 appaiono illegittimi per la violazione dei principi  generali
in materia di «tutela della salute», di  cui  all'art.  117  comma  3
della  Costituzione,  prevedendo  l'applicazione  di   una   sanzione
amministrativa in un caso, come la  mancata  risposta  dell'assistito
all'invito per l'effettuazione del test sanitario, diverso da  quello
contemplato  dalla  normativa  nazionale  interposta  e,  quindi,  da
quest'ultima implicitamente escluso. 
    A nulla varrebbe obiettare da parte della regione che la chiamata
delle ASL e' equiparata dalla medesima legge (art. 2, comma  1)  alla
prenotazione di una prestazione diagnostica da parte dell'utente,  in
quanto detta assimilazione viola il principio di uguaglianza, nonche'
quello di ragionevolezza, sancito dall'art. 3 della Costituzione. 
    Come noto la lettura che la giurisprudenza della  Corte  ha  dato
del principio di eguaglianza ha portato  ad  enucleare  un  principio
generale di «ragionevolezza»  alla  luce  del  quale  la  legge  deve
regolare  in  maniera  uguale  situazioni  uguali   ed   in   maniera
razionalmente  diversa  situazioni  diverse  (Corte   costituzionale,
sentenza n. 46/1959, sentenza 150/2020). 
    Nel caso di specie la  forzata  assimilazione  normativa  operata
dall'art. 1 comma 2 della l.r.  n.  14/2022  viola  il  principio  di
uguaglianza in quanto va contro  la  realta'  dei  fatti  e  la  piu'
elementare ragionevolezza equiparare - agli  effetti  delle  sanzioni
previste per la mancata disdetta -  la  convocazione  della  ASL  per
eseguire un  test  sanitario  alla  prenotazione  di  una  visita  su
richiesta dell'assistito. 
    Sotto distinto ma concorrente profilo gli articoli 3, comma 4 e 5
comma 4, della l.r. n. 14/2022 introducono un'obbligazione pecuniaria
di  fonte  legale  a  carico  degli  utenti  del  Servizio  sanitario
nazionale. 
    Al riguardo, spetta alla competenza statale  individuare  sia  le
fattispecie di illecito amministrativo e sia la misura delle sanzioni
corrispondenti che impongono obbligazioni  pecuniarie  a  carico  dei
privati. 
    E' di tutta evidenza,  infatti,  che  la  stessa  imprescindibile
esigenza  di  uniformita',  che  vale  a  qualificare  le  norme  che
individuano  le  fattispecie  di  illecito,  e'  sottesa  anche  alle
relative sanzioni. 
    Pertanto, gli articoli 3, comma 4 e 5  comma  4,  della  l.r.  n.
14/2022 violano anche l'art. 117, secondo comma,  lettera  l),  della
Costituzione in materia di ordinamento civile. 
    Infine, corredando  con  un  apparato  sanzionatorio  la  mancata
presentazione dell'assistito all'invito delle  ASL,  gli  articoli  3
comma 4 e 5 comma 4, della l.r. n.  14/2022  violano  la  riserva  di
legge in materia di trattamenti sanitari obbligatori, posta dall'art.
32 comma 2 della Costituzione, da intendersi come  riserva  di  legge
esclusivamente statale in  quanto,  trattandosi  di  una  restrizione
della liberta' personale, entra in gioco  un  livello  essenziale  di
prestazione di un  diritto  che  va  disciplinato  in  modo  uniforme
sull'intero territorio nazionale  e  tale  materia  non  puo'  essere
regolata con legge regionale  (Corte  costituzionale,  sentt.  numeri
282/2002 e 338/2003). 
    2. Illegittimita' dell'art. 16 l.r. n. 14/2022 per violazione del
principio del contenimento della spesa sanitaria per  le  regioni  in
Piano di rientro, quale  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. 
    Come precisato  al  punto  F8  dell'allegato  1  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 («Definizione e
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di  cui  all'art.
1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992,  n.  502»),  le
attivita' di screening  svolte  a  livello  regionale  devono  essere
coerenti  con  le  raccomandazioni   del   Ministero   della   salute
predisposte in attuazione dell'art. 2-bis della legge n.  138/2004  e
del Piano nazionale della prevenzione 2014-2018, che  definiscono  le
caratteristiche tecniche per ciascuno screening. 
    La sorveglianza deve essere finanziata con risorse proprie  della
regione qualora le attivita' esulino da tali indicazioni. 
    Tuttavia, la Regione  Puglia,  in  quanto  regione  in  Piano  di
rientro, non puo' garantire livelli ulteriori di assistenza. 
    In tale prospettiva appare meritevole di censura l'art. 16  della
l.r. n. 14/2022, rubricato «Istituzione del codice di esenzione 098»,
il quale prevede che «La CGO e l'eventuale  test  molecolare  per  le
persone di cui all'art. 8, comma 2, nonche' gli  eventuali  programmi
di sorveglianza clinico-strumentale di cui all'art. 13, sono disposti
con il codice  di  esenzione  098,  per  prestazione  "test  genetico
mirato" e prescrizione "probando sano a rischio familiare"». 
    La disposizione  in  esame  configura  un  livello  ulteriore  di
assistenza sanitaria, non previsto dal citato decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che, peraltro, la Regione
Puglia,  essendo  impegnata  nel  Piano  di  rientro  dal   disavanzo
sanitario, non puo' garantire, neppure con risorse di natura  sociale
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 104/2013). 
    Infatti, alle regioni impegnate in piani di rientro dal disavanzo
sanitario, come la Puglia, e' vietato effettuare  spese  e  stabilire
misure  sanitarie  non  riconducibili  ai   livelli   essenziali   di
assistenza fissati a livello nazionale dal decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 («Definizione e  aggiornamento
dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'art. 1, comma 7, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»). 
    In proposito, codesta ecc.ma  Corte  ha  ripetutamente  sostenuto
che, tanto l'art. 1, comma 796, lettera b), della legge  27  dicembre
2006, n. 296, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria  2007)»,  quanto
l'art. 2, commi 80 e 95, della successiva legge 23 dicembre 2009,  n.
191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge  finanziaria  2010)»,  possono  essere
qualificati «come espressione di un principio fondamentale diretto al
contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di
un correlato  principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica»
(sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e  n.  100
del 2010). 
    Tali norme hanno reso vincolanti per le  regioni  gli  interventi
individuati negli accordi di cui all'art. 1, comma 180,  della  legge
30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)»,
finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria  ed  a
ripianare  i  debiti  anche  mediante  la  previsione   di   speciali
contributi finanziari dello Stato (sentenza n. 91 del 2012). 
    La Regione Puglia, in particolare, ha stipulato  il  29  novembre
2010  un  accordo  con  il  Ministro  della  salute  ed  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, comprensivo del Piano di  rientro  del
disavanzo sanitario (Piano  di  rientro  e  di  riqualificazione  del
sistema sanitario regionale 2010-2011) ed  ha,  poi,  approvato  tale
Piano con la l.r. Puglia 9 febbraio 2011, n.  2,  («Approvazione  del
Piano di rientro della Regione Puglia 2010-2012»). 
    Per le regioni  impegnate  in  piani  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario  vige,  quindi,  il  divieto  di   effettuare   spese   non
obbligatorie, ai  sensi  dell'art.  1,  comma  174,  della  legge  30
dicembre 2004, n. 311; coerentemente a  cio',  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale   ha   evidenziato   che   «l'autonomia    legislativa
concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in
particolare nell'ambito della gestione del  servizio  sanitario  puo'
incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica  e
del contenimento della spesa» (sent. n. 104 del 2013), specie «in  un
quadro  di  esplicita  condivisione  da  parte  delle  regioni  della
assoluta necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario». 
    Da cio' consegue che l'art. 16 della legge  regionale  in  esame,
disponendo l'assunzione a carico  del  bilancio  regionale  di  oneri
aggiuntivi per garantire  un  livello  di  assistenza  supplementare,
viola il principio di contenimento della  spesa  pubblica  sanitaria,
quale  principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e,  in
definitiva, l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    3. Illegittimita' dell'art. 17, comma 3, lettera a) e b), l.r. n.
14/2022, per violazione del  principio  che  vincola  la  regione  ad
attuare gli interventi  previsti  dal  Piano  di  rientro  ed  a  non
adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla  piena  attuazione  del
Piano, e  del  contenimento  della  spesa  per  il  personale,  quali
principi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  dell'art.
117, terzo comma, della Costituzione, nonche' dell'art. 117, comma 2,
lettera l) della Costituzione. 
    E' opportuno premettere  che  la  Regione  Puglia,  a  causa  del
mancato rispetto del patto di stabilita' interno per gli anni 2006  e
2008, e' stata dichiarata inadempiente dal tavolo politico  istituito
a  seguito  dell'intesa  Stato-Regioni   del   23   marzo   2005   e,
conseguentemente, alla regione non e' stato consentito  l'accesso  al
finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale  a  carico
dello Stato per quegli stessi anni. 
    Alla  regione  e'  stata  data,  tuttavia,  la  possibilita'   di
recuperare le suddette somme (pari a circa 500 milioni di  euro)  con
l'invio di una proposta di Piano di rientro,  da  sottoscriversi  con
accordo ai sensi dell'art. 1, comma 180,  della  legge  n.  311/2004,
secondo quanto  disposto  dalla  legge  finanziaria  2008  (legge  n.
244/2007, art. 2, comma 49). 
    Tale legge prevede la possibilita' per le regioni che  non  hanno
rispettato  il  Patto  di  stabilita'  interno  in  uno  degli   anni
precedenti  il  2007  di  recuperare  la  quota   premiale   con   la
sottoscrizione di un accordo su un Piano  di  rientro  dai  disavanzi
sanitari. 
    La Regione Puglia ha pertanto stipulato il 29 novembre 2010,  nei
termini previsti dall'art. 2, comma 2, del decreto-legge n.  125  del
2010, convertito in legge n. 163 del 2010, l'accordo con il  Ministro
della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze  comprensivo
del Piano di rientro dal disavanzo sanitario («Piano di rientro e  di
riqualificazione del  sistema  sanitario  regionale  2010-2011»)  che
individua   gli   interventi   necessari   per    il    perseguimento
dell'equilibrio economico nel  rispetto  dei  livelli  essenziali  di
assistenza, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge n.  311  del
2004 (legge finanziaria 2005). 
    Detto accordo con  l'allegato  Piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario e' stato successivamente approvato dalla Regione Puglia con
la l.r. n. 2 del 2011. 
    Cio' premesso l'art. 17, comma 3, l.r.  n.  14/2022  prevede  che
l'Assessorato regionale alle politiche della salute provvede -  entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore  della  legge  regionale  in
esame - a fornire indicazioni alle aziende sanitarie della regione al
fine di: 
        a) potenziare le risorse umane e strumentali delle  strutture
di gastroenterologia ed endoscopia digestiva coinvolte nel  programma
di screening; 
        b) organizzare una rete regionale hub e  spoke  in  grado  di
adempiere  alle  maggiori   necessita'   di   colonscopie   derivanti
dall'incremento delle lesioni diagnosticate. 
    Tali previsioni devono essere coerenti con il redigendo Programma
operativo 2022-2024 di prosecuzione del Piano di rientro sanitario da
parte della regione, come richiesto dai competenti tavoli tecnici, in
ultimo nella  riunione  del  10  giugno  2022,  sia  con  riferimento
all'impatto economico e sia con riferimento alla programmazione della
rete assistenziale regionale. 
    Invero, gli interventi in materia sanitaria della Regione  Puglia
devono essere sottoposti alla  valutazione,  nell'ambito  dei  canali
dedicati del  Piano  di  rientro,  dei  Ministeri  affiancanti,  come
riportato nell'accordo sottoscritto tra  la  regione  e  i  Ministeri
della salute e dell'economia e delle  finanze  in  data  29  novembre
2010. 
    Pertanto, l'art. 17 comma 3, lettera a) e b), e' suscettibile  di
pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di  risparmio  previsti
dal  medesimo  Piano  e,  quindi,  di  porsi  in  contrasto  con   le
disposizioni di cui all'art.  2,  commi  80  e  95,  della  legge  n.
191/2009, che si  configurano  quali  norme  di  coordinamento  della
finanza  pubblica  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo   comma,   della
Costituzione. 
    Al riguardo codesta ecc.ma Corte costituzionale, con le  sentenze
n. 91 del 2011 e n. 100 e n. 141 del 2010, ha ripetutamente affermato
che «l'autonomia legislativa concorrente delle  regioni  nel  settore
della  tutela  della  salute  ed  in  particolare  nell'ambito  della
gestione del servizio sanitario  puo'  incontrare  limiti  alla  luce
degli obiettivi della  finanza  pubblica  e  del  contenimento  della
spesa», peraltro in un «quadro di  esplicita  condivisione  da  parte
delle regioni della assoluta necessita' di contenere i disavanzi  del
settore  sanitario»  (sentenza  n.  193  del  2007).   Pertanto,   il
legislatore statale puo' «legittimamente imporre alle regioni vincoli
alla  spesa  corrente  per  assicurare  l'equilibrio  unitario  della
finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento  di
obbiettivi nazionali,  condizionati  anche  da  obblighi  comunitari»
(sentenza n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010). 
    Su queste premesse, codesta ecc.ma  Corte  ha  anche  piu'  volte
ribadito che la norma di cui all'art. 1, comma 796, lettera b), della
legge n. 296 del 2006, «puo' essere qualificata come  espressione  di
un  principio  fondamentale  diretto  al  contenimento  della   spesa
pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un  correlato  principio
di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 163  del  2011;
n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). 
    Tale norma, infatti, ha reso vincolanti - al  pari  dell'art.  2,
commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 - per le  regioni  che  li
abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui
all'art.  1,  comma  180,  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311
(«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2005»), finalizzati a  realizzare  il
contenimento della spesa sanitaria ed  a  ripianare  i  debiti  anche
mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato. 
    Inoltre, con particolare riferimento alle disposizioni di cui  al
comma 3, lettera a), dell'art. 17 l.r. n. 14/2022, si  evidenzia  che
gli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni  sono  tenuti
al rispetto del limite di spesa per il personale  previsto  dall'art.
11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con
modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, le cui disposizioni
costituiscono  principi  fondamentali  per  il  coordinamento   della
finanza pubblica (ex plurimis, sentenze n. 1  del  2018,  n.  41  del
2018, n. 72 del 2017, n. 251 del 2016, n. 218 e n. 153 del 2015). 
    In conclusione, il previsto potenziamento delle risorse  umane  e
strumentali di cui all'art. 17, comma 3, lettera a)  e  b),  l.r.  n.
14/2022 - essendo svincolato dai limiti summenzionati -  si  pone  in
contrasto i sopra invocati principi di  coordinamento  della  finanza
pubblica di cui l'art. 117,  comma  3,  della  Costituzione,  per  il
tramite della violazione della citata normativa interposta. 
    Ferma restando la violazione del parametro su indicato, l'art. 17
comma 3,  lettera  a),  l.r.  n.  14/2022,  laddove  si  prefigge  di
«potenziare le risorse umane delle strutture di gastroenterologia  ed
endoscopia digestiva coinvolte nel programma di  screening»,  e'  una
norma suscettibile di determinare  un  aumento  della  spesa  per  il
trattamento retributivo del personale  sanitario,  in  contrasto  con
l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva alla
competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile  e,  quindi,  i
rapporti di diritto privato regolati dalla contrattazione collettiva. 
    Codesta ecc.ma Corte,  infatti,  ha  ripetutamente  affermato  la
riconducibilita' della  regolamentazione  del  rapporto  di  pubblico
impiego privatizzato ovvero contrattualizzato,  ivi  compreso  quello
relativo  al  personale  delle  regioni,  alla  materia  «ordinamento
civile» di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione (ex plurimis, sentenze n. 194 e n. 16 del  2020,  n.  81
del 2019, n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014,  n.  151
del 2010 e n. 189 del 2007). 
    Per i motivi  dedotti,  si  promuove  questione  di  legittimita'
costituzionale dinanzi a  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  gli
articoli 2, comma 1, 3 comma 4, 5 comma 4, 16 e  17  comma  3,  della
legge della Regione Puglia 12 agosto 2022, n. 14.