IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE MARCHE (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 580 del 2021, proposto da..., rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Sartini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'Interno e U.T.G. - Prefettura di Ascoli Piceno, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege, in Ancona, corso Mazzini n. 55; per l'annullamento - previa sospensione del provvedimento dello Sportello Unico per l'Immigrazione di Ascoli Piceno, prot. n..., mai notificato, esclusivamente comunicato via email in pari data del provvedimento, nel quale si dispone il rigetto della dichiarazione dal lavoro irregolare, presentata dal sig... in favore del sig... Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Ascoli Piceno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2022 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale. 1. Il ricorrente, cittadino marocchino irregolarmente soggiornante in Italia, impugna il provvedimento con cui la Prefettura di Ascoli Piceno - Sportello Unico per l'Immigrazione ha rigettato la domanda di «emersione», presentata in suo favore dal connazionale sig..., ai sensi dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e in seguito ulteriormente modificato (nella specie, per inciso, rileva la versione della norma vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato, ossia il...). Il rigetto della domanda di «emersione» e' fondato sulla seguente motivazione, espressa dalla Prefettura per relationem al parere reso dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro: «Dagli accertamenti esperiti dallo scrivente ufficio attraverso la consultazione delle banche dati in uso e dalla consultazione della documentazione esibita, vagliati gli scritti difensivi prodotti ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990, si rappresenta quanto segue: visto che la famiglia anagrafica del datore di lavoro risulta formata da piu' componenti; considerato che i redditi dichiarati dal datore di lavoro non risultano conformi alle disposizioni di cui all'art. 9 del decreto interministeriale del 27 maggio 2020, come chiarito anche dalle circolari ministeriali, in particolare dalla circolare del Ministero dell'Interno del 30 maggio 2020; tenuto conto delle indicazioni fornite dalle circolari ministeriali e degli Enti previdenziali ed in particolare dal messaggio INPS n. 2327 del 4 giugno 2020, nonche' dalla circolare del Ministero dell'Interno prot. n. 4623 del 17 novembre 2020 la quale espressamente prevede che "nel caso di nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta da piu' soggetti conviventi, il reddito del datore di lavoro non deve essere inferiore a 27.000 euro annui anche se quest'ultimo sia l'unico percettore di reddito"; vagliati gli scritti difensivi prodotti ai sensi dell'art. bis della legge n. 241/1990 e tenuto conto che non e' stato comunicato alcun soggetto che integri tali redditi; si esprime parere negativo». 2. Il sig. ... censura il suddetto provvedimento per il seguente articolato motivo, rubricato «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonche' violazione ed errata applicazione delle norme di diritto» e cosi' declinato: - la circolare ministeriale del 30 maggio 2020, richiamata in motivazione per dare fondamento al parere negativo dell'Ispettorato del Lavoro, alla pag. 9 prevede «... per il lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza alla persona - che il reddito non sia inferiore a 20.000,00 euro, se il nucleo familiare e' composto da un solo percettore di reddito...», mentre nelle risposte rese dal Dicastero alle c.d. FAQ si dice che «... se invece il datore di lavoro e' una persona fisica, il reddito imponibile non puo' essere inferiore a 20.000 euro annui. Nel caso in cui il datore di lavoro non raggiunga autonomamente tale soglia di reddito, questo potra' essere integrato dal reddito percepito da altro soggetto del nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta da piu' soggetti conviventi. In tal caso la soglia di reddito si eleva a 27.000 euro. Il coniuge ed i parenti entro il 2° grado possono concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi» (domanda n. 10 FAQ del Ministero dell'Interno del 4 agosto 2020); - alla luce di tali arresti ministeriali si deve dunque concludere nel senso che la soglia di reddito che il datore di lavoro doveva possedere per poter utilmente presentare la domanda di emersione nel caso di specie era pari a € 20.000,00 (visto che il sig. ... all'epoca dei fatti era l'unico percettore di reddito nell'ambito del proprio nucleo familiare); - oltre a cio', rileva il fatto che nel format di compilazione della domanda disponibile all'epoca di presentazione dell'istanza si legge che «Ai fini della richiesta il datore di lavoro dichiara: Persona Fisica... attesta il possesso di un reddito imponibile annuo risultante dall'ultima dichiarazione redditi non inferiore a 20.000 in quanto unico percettore di reddito nell'ambito del nucleo familiare...». Dunque era lo stesso programma telematico implementato dal Ministero dell'Interno a prevedere che, laddove il datore di lavoro fosse l'unico percettore di reddito nell'ambito del proprio nucleo familiare, la soglia di reddito minima ai fini della presentazione della domanda di emersione fosse di euro 20.000,00 annui (mentre la soglia di euro 27.000,00 veniva in rilievo solo se nell'ambito del nucleo familiare vi fossero altri percettori di reddito); - peraltro, poiche' il termine di scadenza per l'invio telematico della dichiarazione dei redditi per le persone fisiche 2021, relativa all'anno 2020, era fissata per il 30 novembre 2021 (e anche oltre, seppure con il pagamento di una minima sanzione pecuniaria), il datore di lavoro sig... avrebbe potuto attingere la soglia di reddito «richiesto» dall'I.T.L. entro il 30 novembre 2021. Ne consegue che, sotto questo punto di vista, il provvedimento impugnato e' «prematuro», dovendo la Prefettura attendere quantomeno la scadenza del 30 novembre 2021 prima di definire la pratica; - con una nuova circolare, ovvero la n. 3625 dell'11 maggio 2021, il Dipartimento per le Liberta' Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno rettificava i contenuti della precedente nota del 21 aprile 2021 con la quale, in modo del tutto illegittimo, si escludeva la possibilita' di rilasciare un permesso di soggiorno per attesa occupazione ai lavoratori e lavoratrici migranti titolari di un rapporto di lavoro che si e' concluso durante la procedura di emersione ovvero alla riapertura della pratica attraverso una nuova istruttoria, tranne nel caso di accertato rapporto di lavoro fittizio, anche nel caso di cessazione o di rigetto, per causa anche non riconducibile a forza maggiore. Questo e' avvenuto a seguito delle pressioni esercitate da numerose associazioni e realta' sociali che avevano segnalato i notevoli ritardi nella definizione delle pratiche di emersione; - nella specie, inoltre, il datore di lavoro ha versato regolarmente tutti i contributi previdenziali e fiscali previsti dalla legge, compresi quelli forfettari di euro 500,00 e di euro 624,00. Pertanto, assodato che il rapporto di lavoro per cui e' causa non era fittizio e rilevata l'assenza di qualsiasi colpa in capo al ricorrente sig..., non appare giusto privare il lavoratore straniero del titolo di soggiorno per eventuali mancanze o inadempimenti che dipendono dalla condotta di altri soggetti. Nella specie, infatti, il rigetto della domanda di emersione e' stato dovuto esclusivamente a fatti ascrivibili al datore di lavoro, per cui il lavoratore ha diritto in ogni caso al rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione o di altro tipo, se vi e' prova certa, come nel caso odierno, della sussistenza del rapporto di lavoro (fatto peraltro mai contestato dallo Sportello Unico per l'Immigrazione di Ascoli Piceno). 3. Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Ascoli Piceno. Con ordinanza n. 383/2021 il Tribunale, come e' accaduto in numerose analoghe vicende, ha accolto la domanda cautelare, ordinando all'amministrazione di rilasciare in favore del ricorrente un permesso di soggiorno per attesa occupazione valido fino alla pubblicazione della sentenza di merito e fissando per la trattazione del merito del ricorso l'udienza pubblica del 26 ottobre 2022. In data 2 febbraio 2022 l'amministrazione ha depositato la documentazione comprovante l'esecuzione della predetta ordinanza cautelare. In data 25 ottobre 2022 il ricorrente ha depositato una memoria difensiva e documentazione comprovante l'attuale situazione lavorativa. All'udienza del 26 ottobre 2022 la causa e' passata in decisione sugli scritti delle parti. 4. Il Tribunale ritiene che la causa non possa essere definita se non previa sottoposizione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020. 4.1. Conviene subito riportare i pertinenti stralci dell'art. 103, nella versione vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato (...): «1. Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamita' derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalita' di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 , per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall'8 marzo 2020. 2. [...] 3. Le disposizioni di cui al presente articolo, si applicano ai seguenti settori di attivita': a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attivita' connesse; b) assistenza alla persona per il datore di lavoro o per componenti della sua famiglia, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza; c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. 4. Nell'istanza di cui al comma 1 sono indicate la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, al fine dello svolgimento di ulteriore attivita' lavorativa. 5. Le istanze di cui ai commi 1 e 2 sono presentate dal 1° giugno 2020 al 15 agosto 2020, con le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali da adottarsi entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, presso: a) l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per i lavoratori italiani o per i cittadini di uno stato membro dell'Unione europea; b) lo sportello unico per l'immigrazione, di cui all'art. 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni per i lavoratori stranieri, di cui al comma 1; c) la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno, di cui al comma 2. 6. Con il medesimo decreto di cui al comma 5 sono altresi' stabiliti i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per l'instaurazione del rapporto di lavoro, la documentazione idonea a comprovare l'attivita' lavorativa di cui al comma 16 nonche' le modalita' di dettaglio di svolgimento del procedimento. Nelle more della definizione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2 la presentazione delle istanze consente lo svolgimento dell'attivita' lavorativa; nell'ipotesi di cui al comma 1 il cittadino straniero svolge l'attivita' di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l'istanza. 7. Le istanze sono presentate previo pagamento, con le modalita' previste dal decreto interministeriale di cui al comma 5, di un contributo forfettario stabilito nella misura di 500 euro per ciascun lavoratore; per la procedura di cui al comma 2, il contributo e' pari a 130 euro, al netto dei costi di cui al comma 16 che restano comunque a carico dell'interessato. E' inoltre previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, la cui determinazione e le relative modalita' di acquisizione sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'interno ed il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. 8. [...]. 9. [...]. 10. [...]. 11. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, rispettivamente: a) per l'impiego di lavoratori per i quali e' stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale: b) per l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con esclusione degli illeciti di cui all'art. 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. 12. [...]. 13. La sospensione di cui al comma 11 cessa nel caso in cui non venga presentata l'istanza di cui ai commi 1 e 2, ovvero si proceda al rigetto o all'archiviazione della medesima, anche per mancata presentazione delle parti di cui al comma 15. Si procede comunque all'archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro se l'esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla volonta' o dal comportamento del datore medesimo. 14. [...]. 15. Lo sportello unico per l'immigrazione, verificata l'ammissibilita' della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonche' il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacita' economica del datore di lavoro e alla congruita' delle condizioni di lavoro applicate, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento. 16. L'istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 e' presentata dal cittadino straniero al Questore, dal 1° giugno al 15 luglio 2020, unitamente alla documentazione in possesso, individuata dal decreto di cui al comma 6, idonea a comprovare l'attivita' lavorativa svolta nei settori di cui al comma 3 e riscontrabile da parte dell'Ispettorato Nazionale del lavoro cui l'istanza e' altresi' diretta. All'atto della presentazione della richiesta, e' consegnata un'attestazione che consente all'interessato di soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell'Autorita' di pubblica sicurezza, di svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di attivita' di cui al comma 3, nonche' di presentare l'eventuale domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. [...] 17. Nelle more della definizione dei procedimenti di cui al presente articolo, lo straniero non puo' essere espulso, tranne che nei casi previsti al comma 10. Nei casi di cui al comma 1, la sottoscrizione del contratto di soggiorno congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione di cui al comma 15 e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 11. Nel caso di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, la relativa presentazione ai sensi del comma 5, lettera a) comporta l'estinzione dei reati e degli illeciti di cui al comma 11, lettera a). Nei casi di cui al comma 2, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 11 consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro. 18. Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di un'istanza contenente dati non rispondenti al vero e' nullo ai sensi dell'art. 1344 del codice civile. In tal caso, il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato e' revocato ai sensi dell'art. 5, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. 19. [...]. 20. [...]. 21. [...]. 22. Salvo che il fatto costituisca reato piu' grave, chiunque presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre al fatto nell'ambito delle procedure previste dal presente articolo, e' punito ai sensi dell'art. 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Se il fatto e' commesso attraverso la contraffazione o l'alterazione di documenti oppure con l'utilizzazione di uno di tali documenti, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni. La pena e' aumentata fino ad un terzo se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale. 23. [...]. 24. [...]. 25. [...]. 26. [...]». 4.2. Il regolamento attuativo previsto dai commi 5 e 6 dell'art. 103 e' stato emanato con il decreto ministeriale 27 maggio 2020, il cui art. 9 (rubricato «Requisiti reddituali del datore di lavoro») stabilisce quanto segue: «1. L'ammissione alla procedura di emersione e' condizionata all'attestazione del possesso, da parte del datore di lavoro persona fisica, ente o societa', di un reddito imponibile o di un fatturato risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi o dal bilancio di esercizio precedente non inferiore a 30.000,00 euro annui, salvo quanto previsto al comma 2. 2. Per la dichiarazione di emersione di un lavoratore addetto al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o disabilito' che ne limitino l'autosufficienza, il reddito imponibile del datore di lavoro non puo' essere inferiore a 20.000,00 euro annui in caso di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero non inferiore a 27.000,00 euro annui in caso di nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta da piu' soggetti conviventi. Il coniuge ed i parenti entro il secondo grado possono concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi. 3. Nella valutazione della capacita' economica del datore di lavoro puo' essere presa in considerazione anche la disponibilita' di un reddito esente da dichiarazione annuale e/o CU (es: assegno di invalidita'). Tale reddito deve comunque essere certificato. 4. In caso di dichiarazione di emersione presentata allo Sportello unico dal medesimo datore di lavoro per piu' lavoratori, ai fini della sussistenza del requisito reddituale di cui ai commi 1 e 2, la congruita' della capacita' economica del datore di lavoro in rapporto al numero delle richieste presentate, e' valutata dall'Ispettorato territoriale del lavoro, ai sensi del comma 8 dell'art. 30-bis del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, sulla base dei contratti collettivi di lavoro indicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle tabelle del costo medio orario del lavoro emanate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali adottate ai sensi dell'art. 23, comma 16 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel caso in cui la capacita' economica del datore di lavoro non risulti congrua in relazione alla totalita' delle istanze presentate, le stesse possono essere accolte limitatamente ai lavoratori per i quali, in base all'ordine cronologico di presentazione delle istanze, i requisiti reddituali risultano congrui. Per l'imprenditore agricolo possono essere valutati anche gli indici di capacita' economica di tipo analitico risultanti dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d'affari al netto degli acquisti, o dalla dichiarazione Irap e i contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori. 5. La verifica dei requisiti reddituali di cui al comma 2 non si applica al datore di lavoro affetto da patologie o disabilita' che ne limitano l'autosufficienza, il quale effettua la dichiarazione di emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza». 5. Cio' premesso, il Collegio, in relazione ad alcune delle censure dedotte dal ricorrente, osserva quanto segue: 5.1. Seppure e' vero che in sede di prima applicazione della normativa sulla c.d. emersione del 2020 sono emerse incertezze dovute anche alla discutibile ma inveterata prassi delle amministrazioni centrali dello Stato di accompagnare qualsiasi disposizione di legge o regolamentare da un profluvio di circolari e altri atti similari (a cui si aggiungono anche le risposte rese alle c.d. FAQ) spesso contraddittorie o comunque non del tutto chiare, e' altrettanto vero che nel corso del tempo tali incertezze, almeno per quanto riguarda la questione di diritto odiernamente controversa, sono state superate dalla giurisprudenza, la quale ha chiarito che, alla luce della ratio legis (di cui si dira' infra), il reddito minimo del datore di lavoro necessario per accedere alla procedura di «emersione» e' di 20.000,00 euro nel caso di nucleo familiare composto solo dal dichiarante, mentre e' pari a 27.000,00 euro nel caso di nuclei familiari composti da due o piu' soggetti (ex plurimis, TAR Campania, Napoli, sentenze nn. 973 e 1283 del 2022; TAR Toscana, n. 126/2022). La norma di cui all'art. 9, comma 2, del decreto ministeriale 27 maggio 2020, in effetti, non e' scritta in maniera irreprensibile, ma e' del tutto evidente che, se l'intento del legislatore era quello di evitare le denunce di rapporti di lavoro fittizi (finalizzate, cioe', unicamente a consentire a cittadini extracomunitari irregolarmente soggiornanti sul T.N. di procurarsi un titolo di soggiorno), allora il reddito del nucleo familiare del datore di lavoro deve essere sufficiente non solo a retribuire il lavoratore regolarizzato, ma anche a sostenere le esigenze di vita dei componenti il nucleo familiare. Ed e' dunque assurdo ritenere che la norma possa interpretarsi nel senso che un nucleo familiare composto, in ipotesi, da cinque soggetti (di cui uno solo percettore di un reddito annuale compreso fra 20.000,00 euro e 27.000,00 euro), possa sostenere l'assunzione di un lavoratore domestico. In parte qua, dunque il ricorso e' infondato. 5.2. Ne' rileva il pur suggestivo argomento secondo cui l'intimata Prefettura, prima di definire la pratica dell'odierno ricorrente, avrebbe dovuto attendere la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi del 2020 (ossia il 30 novembre 2021), visto che: - in primo e dirimente luogo, il sig... non ha provato in corso di causa che il datore di lavoro sig... abbia effettivamente conseguito, nel 2020, un reddito pari ad almeno 27.000,00 euro (da solo o in concorso con altri familiari, anche non conviventi). La censura, dunque, e' inammissibile in quanto ipotetica; - in secondo luogo, in assenza di una specifica disposizione derogatrice vale il principio generale secondo cui il requisito previsto dalla legge per l'accesso ad un determinato beneficio (nella specie la c.d. «emersione») deve sussistere alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda. Nella specie, dunque, tenuto conto della tempistica prevista per la presentazione della domanda di emersione e di quella prevista invece dalla legislazione fiscale per l'inoltro delle dichiarazioni dei redditi, il reddito da considerare era quello relativo all'anno 2019. 5.3. Ugualmente irrilevanti sono le «aperture» manifestate dal Ministero dell'Interno nella circolare n. 3625 dell'11 maggio 2021, perche' essa riguarda fattispecie particolari, non estensibili analogicamente (anche a questo proposito il Collegio richiama la suddetta sentenza del TAR Napoli n. 973/2022, nella parte in cui si evidenzia che «...b) la circolare del 24 luglio 2020 nel disciplinare gli effetti della cessazione del rapporto di lavoro "per causa di forza maggiore" identifica la forza maggiore con la morte dell'assistito o del datore di lavoro (per i settori dell'assistenza ai disabili e del lavoro domestico) e con la cessazione o fallimento dell'azienda (per i settori indicati nella lettera a) del comma 3 dell'art. 103, cioe' agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attivita' connesse) e prevede la possibilita' di subentro di altro datore, espressamente subordinandola alla condizione che " ... sussistano gli altri requisiti previsti dalla norma" (tra cui evidentemente il reddito); solo nel caso in cui il subentro non sia possibile per fatto non dipendente dalla volonta' del lavoratore, tale circolare prevede la possibilita' di richiedere il permesso per attesa occupazione; c) la circolare 17 novembre 2020 conferma la indefettibilita' del requisito reddituale ai fini anche del rilascio del permesso per attesa occupazione; essa infatti prevede quale condizione per il rilascio del permesso per attesa occupazione "una valutazione da parte degli Sportelli Unici volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente, proprio per far ottenere al cittadino straniero il permesso di soggiorno"; il presupposto reddituale si colloca in questo ordine di idee avendo il chiaro scopo di impedire la regolarizzazione in presenza di rapporti di lavoro non sostenibili economicamente (e quindi presuntivamente dichiarati strumentalmente al fine di permettere la regolarizzazione in assenza di effettivita' del rapporto di lavoro); d) la circolare del 11 maggio 2021 ribadisce che la possibilita' di rilascio del permesso per attesa occupazione nel caso di mancato subentro di altro datore di lavoro e' subordinata agli "opportuni accertamenti ai fini di una valutazione volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente e che il rapporto di lavoro si sia instaurato in modo fittizio" e prescrive che in ogni caso sia "necessario procedere alla convocazione presso lo Sportello sia del datore di lavoro che aveva avanzato istanza di emersione che del lavoratore per il perfezionamento della procedura di sottoscrizione del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato", il che implica che il datore di lavoro fosse in possesso dei requisiti anche reddituali richiesti per il buon esito della procedura»). Tutto questo al netto della questione fondamentale, ossia che una circolare amministrativa non puo' modificare o integrare una norma di legge o regolamentare (e nella specie l'intimata Prefettura di Ascoli Piceno si e' correttamente limitata ad applicare la norma primaria e la norma regolamentare). 6. Resta dunque l'ultimo profilo sollevato dal sig..., ossia il fatto che, in assenza di prova circa la fittizieta' del rapporto lavorativo oggetto di denuncia di «emersione», il lavoratore straniero non dovrebbe subire le conseguenze derivanti da fatti ostativi ascrivibili unicamente al datore di lavoro e, oltretutto, sottratti al potere di verifica del lavoratore. E a questo riguardo emerge la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020, la cui rilevanza nella specie discende dal fatto che, in assenza di una pronuncia della Consulta che accolga le prospettazioni che si andranno a sviluppare, il ricorso dovrebbe essere respinto nel merito. Quanto invece alla non manifesta infondatezza della questione, il Tribunale evidenzia i seguenti profili, non senza premettere che, seppure la c.d. emersione riguarda teoricamente anche lavoratori italiani o comunitari, in pratica la gran parte delle controversie giudiziali attiene alla posizione di cittadini extracomunitari, visto che, in disparte i profili inerenti la legislazione lavoristica (e i conseguenti risvolti penali), per questi ultimi l'accoglimento della dichiarazione di emersione implica soprattutto l'ottenimento di un titolo di soggiorno e, dunque, la cessazione della condizione di irregolarita'. 6.1. Cio' detto, in primo luogo, emerge l'assenza nel comma 6 dell'art. 103 di qualsivoglia criterio direttivo per il legislatore secondario delegato, il che si pone in contrasto con il principio desumibile dall'art. 76 della Costituzione, nonche' con l'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Al riguardo va osservato che, alla luce del principio generale espresso dall'art. 76 della Costituzione (e cioe' la necessita' che, laddove l'organo titolare del potere legislativo decida di delegare tale potere, al legislatore delegato, sia esso primario che secondario, devono pur sempre essere imposti limiti all'esercizio della delega, pena la possibile arbitrarieta' delle norme delegate), anche nel caso di specie sarebbe stato necessario, ad avviso del Tribunale, che il legislatore ordinario indicasse quantomeno alcuni principi direttivi in merito alle modalita' di individuazione del reddito minimo previsto per l'accesso alla procedura di emersione. Del resto all'interno del T.U. 25 luglio 1998, n. 286 e successive modifiche e integrazioni. si rinvengono numerose disposizioni che stabiliscono di volta in volta i requisiti reddituali che i cittadini extracomunitari debbono comprovare al fine di ottenere il rilascio del titolo di soggiorno (si vedano, ad esempio, l'art. 4, comma 3, primo periodo, o l'art. 29, comma 3, lettera b), per cui non si comprende la ragione per la quale il legislatore del 2020 non abbia ritenuto di dover indicare - eventualmente anche per relationem alle disposizioni del T.U. - i parametri a cui il Ministro dell'Interno avrebbe dovuto attenersi nell'esercizio, in parte qua, della delega. Il Collegio, dunque, dubita della costituzionalita' dell'art. 103, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione e con l'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 6.2. In via subordinata, rilevano invece i seguenti ulteriori profili, rispetto ai quali va operata una precisazione preliminare. In effetti, e a differenza di quanto accaduto per le precedenti «emersioni» (art. 1-ter del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, e art. 5 del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109), l'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 si applica non solo ai rapporti di lavoro irregolari gia' essere ad una certa data, ma anche a contratti di lavoro ancora da stipulare (il comma 1, infatti, parla di « ...istanza ... per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale...»). In disparte la singolarita' di una disposizione che, in sostanza, «sana in anticipo» un possibile illecito, la suddetta distinzione appare rilevante al Collegio ai fini della questione oggetto della presente decisione. In effetti, va osservato che: laddove il rapporto di lavoro sia ancora da iniziare alla data di presentazione della domanda di emersione, e' certamente necessario che il datore di lavoro, per le ragioni esposte in precedenza, dimostri la «sostenibilita'» dell'assunzione, mentre, per converso, non viene logicamente in rilievo la possibile fittizieta' del rapporto (se non nel caso-limite di soggetti assolutamente inabili al lavoro, con i quali non potrebbe dunque essere concluso alcun contratto di lavoro); ma se il rapporto di lavoro e' gia' in essere, in forma irregolare, al momento della presentazione della domanda di emersione, il rapporto fra i due termini si rovescia, essendo preliminare l'accertamento della eventuale fittizieta' del rapporto, mentre, con riguardo al requisito reddituale, va solo accertato se il datore di lavoro abbia onorato i propri impegni, tanto in termini di retribuzione quanto in termini di contributi previdenziali. Nel caso dell'odierno ricorrente viene in rilievo questa seconda fattispecie, visto che, come risulta dalla domanda presentata dal sig..., il rapporto di lavoro era in essere in forma irregolare alla data del ... 6.3. Alla luce delle prefate considerazioni, il Tribunale dubita della costituzionalita' dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020, nella parte in cui il legislatore, a differenza di quanto era accaduto per la c.d. emersione del 2012, non ha previsto che, laddove il rigetto della dichiarazione di emersione sia dovuta esclusivamente a fatti e condotte ascrivibili al datore di lavoro (quale e', con riferimento al caso di specie, il mancato possesso del requisito reddituale minimo di cui all'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020), al lavoratore vada comunque rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione o un altro titolo corrispondente alla situazione lavorativa - anche sopravvenuta - che l'interessato riesca a comprovare. Al riguardo va evidenziato che: nel caso dell'emersione del 2012 tale disposizione fu introdotta ad opera dell'art. 9, comma 10, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 (si veda il comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo n. 109/2012, il quale, per la parte di interesse, dispone che «Nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione...»); il Tribunale, in cio' concordando con la giurisprudenza maggioritaria (si veda sempre la citata sentenza del TAR Napoli n. 973/2022), non ritiene che il giudice possa introdurre ex officio nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 una disposizione analoga, sia perche', in generale, non e' ammissibile tale opera di creazione pretoria, sia perche' la norma in questione non e' «necessaria» nell'economia della disciplina dell'emersione 2020 e dunque non e' evincibile dal contesto normativo. 6.4. Nel merito della questione, vanno invece svolte le seguenti considerazioni. 6.4.1. Nelle sentenze di rigetto di ricorsi analoghi a quello proposto dal sig... sinora intervenute si assume che: - «... la tesi ... secondo cui - ove il reddito del datore di lavoro sia inferiore al minimo previsto (ovvero non risulti congruo in relazione al numero di richieste presentate) - non perfezionandosi la procedura per fatto del datore di lavoro cui e' estranea la volonta' del lavoratore quest'ultimo avrebbe titolo al rilascio di un permesso per attesa occupazione non e' persuasiva. In particolare va anzitutto negato che alla fattispecie possa applicarsi la normativa del comma 11-bis dell'art. 5 del decreto legislativo n. 109 del 2012 (norma che stabilisce, con riferimento alla sanatoria degli stranieri irregolari da essa prevista, che "nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l'immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione"). La previsione in questione ha infatti carattere eccezionale e per regola generale le norme eccezionali - quali quelle disciplinanti sanatorie e/o condoni - non si applicano oltre casi e tempi da esse considerati...»; - «...la mancanza nell'art. 103 di una previsione analoga a quella della norma citata e la previsione nel comma 4 dell'art. 103 della possibilita' di concessione del permesso per attesa occupazione solo nel caso di interruzione del rapporto di lavoro trova la sua presumibile giustificazione - oltre che nella circostanza che la "emersione" 2020 trova applicazione anche nel caso di datore di lavoro che intenda sottoscrivere un contratto di lavoro con uno straniero (che potrebbe oltretutto essere regolarmente presente nel territorio nazionale e titolare di un permesso di soggiorno che permetta lo svolgimento di attivita' lavorativa e che non sia convertibile in permesso di soggiorno per lavoro dipendente) - nella volonta' del legislatore del 2020 di prevenire facili abusi dello strumento in esame; del resto la giurisprudenza formatasi sul significato del comma 11-bis citato non era univoca dato che - a fronte di precedenti che avevano ricompreso il reddito insufficiente tra le "inadempienze imputabili esclusivamente al datore di lavoro" in presenza delle quali sarebbe stato consentito il rilascio del permesso per attesa occupazione alla sola condizione che fosse stata interamente pagata ogni somma dovuta a titolo contributivo, retributivo e fiscale (il pagamento infatti era configurato come prova sufficiente della effettivita' del rapporto di lavoro; cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. III, 27 luglio 2017, n. 3935) - si ritrovano anche precedenti, invero piu' rigorosi, secondo i quali per "cause esclusivamente imputabili al datore di lavoro che non consentono la regolarizzazione debbono intendersi solo i comportamenti del datore di lavoro, o le circostanze al medesimo riferibili, diversi da quelli gia' considerati dal legislatore quale condizione ostativa (...), che si siano verificati in epoca posteriore alla presentazione della domanda di regolarizzazione, in un momento, cioe', in cui il lavoratore aveva virtualmente gia' maturato il diritto alla regolarizzazione sussistendone le condizioni" (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. III, 28 maggio 2018, n. 3183, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 15 giugno 2020, n. 116, T.A.R. Piemonte, sez. I, 4 luglio 2018, n. 815)...»; - «... dalla normativa e dalle circolari che sono state emanate per disciplinare la sanatoria del 2020 non si traggono elementi a sostegno della tesi del ricorrente. Premesso infatti che, ..., la titolarita' in capo al datore di lavoro di reddito nella misura indicata dall'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020 costituisce un presupposto indefettibile per la definizione in senso positivo della procedura dato che la titolarita' di tali redditi ha la funzione di dimostrare l'effettivita' e/o sostenibilita' del rapporto di lavoro da parte di colui che si afferma datore di lavoro ovvero si propone come tale va rilevato che: a) la possibilita' di rilasciare il permesso per attesa occupazione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro prevista dal comma 4 dell'art. 103 e dalle circolari (che e' comunque fattispecie diversa da quella all'esame di datore di lavoro privo di redditi sufficienti) ha comunque come presupposto una istanza di emersione presentata da un datore di lavoro in possesso dei requisiti richiesti; b) la circolare del 24 luglio 2020 nel disciplinare gli effetti della cessazione del rapporto di lavoro "per causa di forza maggiore" identifica la forza maggiore con la morte dell'assistito o del datore di lavoro (per i settori dell'assistenza ai disabili e del lavoro domestico) e con la cessazione o fallimento dell'azienda (per i settori indicati nella lettera a) del comma 3 dell'art. 103, cioe' agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attivita' connesse) e prevede la possibilita' di subentro di altro datore, espressamente subordinandola alla condizione che " ... sussistano gli altri requisiti previsti dalla norma" (tra cui evidentemente il reddito); solo nel caso in cui il subentro non sia possibile per fatto non dipendente dalla volonta' del lavoratore, tale circolare prevede la possibilita' di richiedere il permesso per attesa occupazione; c) la circolare 17 novembre 2020 conferma la indefettibilita' del requisito reddituale ai fini anche del rilascio del permesso per attesa occupazione; essa infatti prevede quale condizione per il rilascio del permesso per attesa occupazione "una valutazione da parte degli Sportelli Unici volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente, proprio per far ottenere al cittadino straniero il permesso di soggiorno"; il presupposto reddituale si colloca in questo ordine di idee avendo il chiaro scopo di impedire la regolarizzazione in presenza di rapporti di lavoro non sostenibili economicamente (e quindi presuntivamente dichiarati strumentalmente al fine di permettere la regolarizzazione in assenza di effettivita' del rapporto di lavoro); d) la circolare del 11 maggio 2021 ribadisce che la possibilita' di rilascio del permesso per attesa occupazione nel caso di mancato subentro di altro datore di lavoro e' subordinata agli "opportuni accertamenti ai fini di una valutazione volta ad escludere che la domanda di emersione sia stata inoltrata strumentalmente e che il rapporto di lavoro si sia instaurato in modo fittizio" e prescrive che in ogni caso sia "necessario procedere alla convocazione presso lo Sportello sia del datore di lavoro che aveva avanzato istanza di emersione che del lavoratore per il perfezionamento della procedura di sottoscrizione del contratto relativo al rapporto di lavoro cessato", il che implica che il datore di lavoro fosse in possesso dei requisiti anche reddituali richiesti per il buon esito della procedura. ... dunque ne' dalla normativa di legge ne' dalle circolari si trae alcuna indicazione a sostegno della tesi della possibilita' di rilascio del permesso per attesa occupazione nel caso di datore di lavoro privo del reddito richiesto...»; - «...ove si ritenesse che in caso di insufficienza del reddito del datore di lavoro sia possibile e doveroso il rilascio di permesso di lavoro per attesa occupazione, si priverebbe di ogni rilevanza la previsione di un reddito minimo del datore di lavoro (previsione - si e' detto - contenuta nel comma 6 dell'art. 103 che ha la evidente funzione di prevenire elusioni e di garantire - fissando una sorta di presunzione - la sostenibilita' del costo del lavoratore da parte del datore di lavoro) e si porrebbe quale unica condizione per ottenere la emersione la presentazione della istanza da parte di un soggetto che asserisca di impiegare o voler impiegare il lavoratore straniero in uno dei settori indicati nel comma 3 dell'art. 103 e l'assenza di precedenti penali ostativi in capo al datore e al lavoratore, il tutto in contrasto con il carattere eccezionale della norma di sanatoria; in definitiva, la possibilita' di rilascio nel caso in cui la procedura di emersione non possa concludersi favorevolmente di un permesso per attesa occupazione presuppone che il mancato perfezionamento non dipenda dall'originario difetto di presupposti previsti dalla legge (tra cui il reddito minimo del datore di lavoro) ma da fatti successivi relativi al datore di lavoro e totalmente da lui dipendenti quali possono essere la forza maggiore (cfr. circolare del 24 luglio 2020) e la cessazione del rapporto di lavoro (cfr. circolare del 17 novembre 2020)...»; - «...la giurisprudenza si va orientando nel senso sopra indicato; in particolare e' stato affermato che la disciplina della emersione dettata nel 2020 - a differenza di quella di cui all'art. 5, comma 11-bis, decreto legislativo 16 luglio 2012 n. 109 - "limita l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 22, comma 11, decreto legislativo n. 286/1998 al solo caso di cessazione del rapporto di lavoro (cfr. art. 103, comma 4, decreto-legge n. 34/2020) e non contempla la possibilita' di rilasciare il permesso in esame nel diverso caso in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro: ebbene, il carattere eccezionale della disciplina de qua, derogatoria di quella ordinaria, ne impone un'applicazione restrittiva, nel rispetto dei casi e dei tempi in essa contemplati" (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 17 dicembre 2021 n. 8422, T.A.R. Toscana, sez. II, 14 gennaio 2022, n. 15, id, 22 dicembre 2021, n. 1686, T.A.R. Calabria, Catanzaro, 17 gennaio 2022, n. 41, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 4 novembre 2021, n. 2424) ed e' sintomatico che i precedenti citati si riferiscano a fattispecie del tutto analoghe a quella in esame di insufficienza del reddito del datore di lavoro...» (cosi' TAR Napoli, n. 973/2022). 6.4.2. Il Collegio, pur condividendo in parte le suddette argomentazioni (come si e' detto nei precedenti § 5.1. e 5.3.), evidenzia che il pre-requisito essenziale della veridicita' della dichiarazione di emersione non e' in discussione, il che e' confermato da numerose sentenze di questo Tribunale relative alle precedenti emersioni del 2009 e del 2012, laddove si e' ritenuto legittimo il rigetto della domanda di emersione ogni qualvolta l'autorita' di P.S. abbia comprovato nei limiti delle proprie possibilita' (e quindi anche in assenza di una sentenza penale che avesse accertato la falsita' della dichiarazione) la fittizieta' del rapporto lavorativo oggetto di emersione (ex multis, TAR Marche, sentenze nn. 284, 374 e 797 del 2013). Il problema scaturisce invece dal fatto che, come si e' gia' accennato, il lavoratore non e' in grado di verificare se il datore di lavoro sia in possesso o meno del requisito reddituale minimo previsto dal decreto ministeriale 27 maggio 2020, per cui egli viene a subire (oltretutto in un momento in cui ha accettato di rivelare all'autorita' di P.S. la propria posizione di irregolare) le conseguenze sfavorevoli di una vicenda che attiene esclusivamente al datore di lavoro. A questo riguardo non rileva la considerazione, emergente dall'orientamento giurisprudenziale, piu' rigoroso ma minoritario, richiamato anche dalla predetta sentenza del TAR Napoli n. 973/2022, secondo cui l'assenza del requisito relativo al reddito non rientrerebbe fra i fatti imputabili esclusivamente al datore di lavoro, ai sensi e per gli effetti del comma 11-bis del decreto legislativo n. 109/2012. In effetti, in disparte l'opinabilita' di tale orientamento, resta il fatto che la corretta interpretazione della predetta disposizione e' una questione di merito (questione che nel caso dell'emersione 2020 non puo' nemmeno porsi mancando nell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 una disposizione analoga). Pertanto, ferma restando la necessita' di accertare la veridicita' del rapporto di lavoro, sembra al Tribunale che l'art. 103, comma 6, del decreto-legge n. 34/2020 sia confliggente con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non contiene una disposizione analoga a quella del comma 11-bis del decreto legislativo n. 109/2012. La questione riguarda entrambe le fattispecie di cui si e' detto al precedente § 6.2. o, in via subordinata, quantomeno quella che interessa l'odierno ricorrente, visto che nella specie l'intimata Prefettura non ha mai messo in discussione la veridicita' del rapporto di lavoro denunciato dal sig... (ma, in ogni caso, tale profilo ben potrebbe essere approfondito dall'amministrazione in sede di riesercizio del potere conseguente all'annullamento del provvedimento odiernamente impugnato). 6.4.3. Da ultimo va osservato che un altro dato normativo da considerare e' la disposizione di cui all'art. 9, comma 5, del decreto ministeriale 27 maggio 2020, il quale, come si e' visto, dispone che «La verifica dei requisiti reddituali di cui al comma 2 non si applica al datore di lavoro affetto da patologie o disabilita' che ne limitano l'autosufficienza, il quale effettua la dichiarazione di emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza». Tale disposizione mette in discussione la ratio legis esaminata supra, non essendo agevolmente comprensibile la ragione per cui un datore di lavoro affetto da patologie o disabilita' che lo rendono non autosufficiente non sia tenuto a comprovare il possesso di un requisito reddituale minimo che renda «sostenibile» l'assunzione di un lavoratore addetto all'assistenza personale. Si potrebbe certamente sostenere che i soggetti non autosufficienti di solito percepiscono indennita' (il c.d. accompagnamento) o trattamenti pensionistici che garantiscono loro un «reddito» annuo adeguato oppure fruiscono di aiuti economici da parte dei familiari e dei congiunti, ma questo non e' sempre vero, esistendo, come e' noto, numerosi soggetti che, pur avendo presentato domanda di accertamento dello stato di handicap, si sono visti denegare l'indennita' di accompagnamento o la pensione oppure soggetti non autosufficienti che non hanno familiari o congiunti in grado di supportarli dal punto di vista economico. Inoltre non sempre l'importo periodico dell'indennita' o della pensione consentono a tali soggetti di attingere un livello di reddito pari a quello previsto dall'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020. Se lo scopo delle norme qui in commento e' quello di evitare la presentazione di dichiarazioni di emersione aventi ad oggetto rapporti lavorativi fittizi, non si comprende perche' tale deprecabile fenomeno non dovrebbe riguardare anche le fattispecie di cui al comma 5 dell'art. 9 del decreto ministeriale 27 maggio 2020 (essendo al contrario gia' accaduto in occasione delle precedenti emersioni che fossero presentate domande di regolarizzazione relativi a rapporti di lavoro fittizi di c.d. badanti, a volte redatte e sottoscritte all'insaputa del presunto assistito). Questo, ad avviso del Collegio, conferma che prioritario e' sempre l'accertamento dell'effettiva esistenza del rapporto di lavoro, mentre la questione del reddito non puo' andare a detrimento del lavoratore per il quale e' stata presentata la domanda di emersione. 7. Per le suesposte ragioni va sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020, per contrasto con gli articoli 3 e 76 della Costituzione (nonche' con l'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400) e va di conseguenza sospeso il giudizio in attesa della pubblicazione della decisione della Corte costituzionale.