IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                            PER IL LAZIO 
                          (Sezione seconda) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  2379  del  2020,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto  da  Italian  Tobacco  Manufacturing  S.r.l.  e  Manifattura
Italiana  Tabacco  S.p.a.  in  fallimento,  in  persona  dei   legali
rappresentanti pro tempore, rappresentate  e  difese  dagli  avvocati
Pierluigi Piselli, Gianluca Sestini, con domicilio digitale  come  da
PEC da Registri di Giustizia; 
    contro  Agenzia  delle  dogane  e  dei   monopoli   e   Ministero
dell'economia e delle finanze, in persona dei  legali  rappresentanti
pro tempore, rappresentati e difesi  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    sul ricorso numero di registro generale 2960 del  2022,  proposto
da Yesmoke S.r.l., in persona del legale rappresentante pro  tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari, Chiara
Giubileo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Franco Ferrari in  Roma,
via di Ripetta 142; 
    contro Ministero dell'economia e delle finanze  e  Agenzia  delle
dogane e dei monopoli,  in  persona  dei  legali  rappresentanti  pro
tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    nei  confronti  British  American  Tobacco  Italia  S.p.a.,   non
costituita in giudizio; 
    per l'annullamento; 
      quanto al ricorso n. 2379 del 2020: 
        del provvedimento prot. n. 14359/RU del 13 gennaio 2020 e del
relativo allegato, con cui il direttore dell'Agenzia delle  dogane  e
dei monopoli ha stabilito che  «il  PMP-sigarette  per  l'anno  2020,
determinato sulla base del rapporto tra il valore  totale,  calcolato
con riferimento al prezzo di vendita comprensivo di tutte le imposte,
delle sigarette immesse in consumo, nell'anno solare precedente e  la
quantita' totale delle medesime sigarette, operato il troncamento dei
decimali, e' pari a euro 252,00 il  chilogrammo  convenzionale»,  che
«l'onere fiscale minimo, per effetto del valore del PMP-sigarette  di
cui al comma 1 e' pari a euro 188,73 il chilogrammo convenzionale»  e
che  «a  decorrere  dalla  data   di   pubblicazione   del   presente
provvedimento, sono rideterminate  le  tabelle  di  ripartizione  dei
prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati»; 
        della comunicazione riportante la  «Tabella  di  ripartizione
dei prezzi delle sigarette» adottata dall'Agenzia delle dogane e  dei
monopoli in virtu' del provvedimento sopra impugnato; 
        ove occorra del provvedimento prot. n. 27787 del  22  gennaio
2020 adottato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli; 
        ove occorra del provvedimento prot. n. 55291 del 17  febbraio
2020 adottato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli; 
        di ogni  ulteriore  atto  ad  esso  presupposto,  connesso  o
consequenziale che leda i  diritti  e/o  gli  interessi  dell'odierna
ricorrente; 
      per quanto riguarda i motivi  aggiunti  presentati  da  Italian
Tobacco Manufacturing S.r.l. il 9 marzo 2021: 
        della determinazione direttoriale prot. n.  16500/RU  del  14
gennaio 2021, con la quale il direttore generale  dell'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli ha sancito che «1. Il PMP-sigarette per  l'anno
2021, determinato sulla base  del  rapporto  tra  il  valore  totale,
calcolato con riferimento al prezzo di vendita comprensivo  di  tutte
le imposte, delle  sigarette  immesse  in  consumo  nell'anno  solare
precedente e la quantita' totale delle medesime sigarette, operato il
troncamento dei decimali,  e'  pari  a  euro  258,00  il  chilogrammo
convenzionale. 
        2.  L'onere  fiscale  minimo,  per  effetto  del  valore  del
PMP-sigarette di cui al comma 1 e' pari a euro 193,21 il  chilogrammo
convenzionale»; 
        della comunicazione riportante la  «Tabella  di  ripartizione
dei prezzi delle sigarette» adottata dall'Agenzia delle dogane e  dei
monopoli in virtu' del provvedimento sopra impugnato; 
        di ogni  ulteriore  atto  ad  esso  presupposto,  connesso  o
consequenziale che leda i  diritti  e/o  gli  interessi  dell'odierna
ricorrente; 
      per quanto riguarda i motivi  aggiunti  presentati  da  Italian
Tobacco Manufacturing S.r.l. il 15 marzo 2022: 
        della determinazione direttoriale prot. n.  16500/RU  del  14
gennaio 2021, con la quale il direttore generale  dell'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli ha sancito che «1. Il PMP-sigarette per  l'anno
2021, determinato sulla base  del  rapporto  tra  il  valore  totale,
calcolato con riferimento al prezzo di vendita comprensivo  di  tutte
le imposte, delle  sigarette  immesse  in  consumo  nell'anno  solare
precedente e la quantita' totale delle medesime sigarette, operato il
troncamento dei decimali,  e'  pari  a  euro  258,00  il  chilogrammo
convenzionale. 
        2.  L'onere  fiscale  minimo,  per  effetto  del  valore  del
PMP-sigarette di cui al comma 1 e' pari a euro 193,21 il  chilogrammo
convenzionale»; 
        della comunicazione riportante la  «Tabella  di  ripartizione
dei prezzi delle sigarette» adottata dall'Agenzia delle dogane e  dei
monopoli in virtu' del provvedimento sopra impugnato; 
        di ogni  ulteriore  atto  ad  esso  presupposto,  connesso  o
consequenziale che leda i  diritti  e/o  gli  interessi  dell'odierna
ricorrente»; 
      quanto al ricorso n. 2960 del 2022: 
        a. della determinazione direttoriale del  direttore  generale
dell'Agenzia delle dogane e  dei  monopoli  Prot.:  13069/RU  del  13
gennaio 2022, comunicata alla societa' ricorrente il 14 gennaio  2022
e pubblicata sul sito  internet  dell'Agenzia  il  16  gennaio  2022,
recante la tabella di ripartizione  dei  prezzi  delle  sigarette  in
vigore dal 16 gennaio 2022; 
        b. della tabella di ripartizione dei prezzi  delle  sigarette
allegata alla determinazione direttoriale sub a.; 
        c. della comunicazione del  14  gennaio  2022  alla  societa'
ricorrente della determinazione direttoriale sub a.; 
        d.  di  ogni  altro  atto  e/o   comportamento   preordinato,
conseguenziale e connesso; 
      nonche' per l'accertamento e la dichiarazione 
        del danno ingiusto subito e subendo dalla societa' ricorrente
per effetto degli impugnati provvedimenti, da risarcirsi mediante  il
pagamento di una cifra a ristoro da quantificarsi in corso  di  causa
anche in via equitativa,  unitamente  ad  interessi  e  rivalutazione
monetarie; 
      e per la condanna 
        delle amministrazioni resistenti al  risarcimento  del  danno
ingiusto subito e subendo dalla societa' ricorrente per effetto degli
impugnati provvedimenti. 
    Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di  costituzione  in  giudizio  di  Agenzia  delle
dogane e dei monopoli e di Ministero dell'economia e delle finanze; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  12  ottobre  2022  il
dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale; 
    Svolgimento dei giudizi 
    La Italian Tobacco Manufacturing S.r.l. e la Yesmoke S.r.l.  sono
due imprese italiane che producono  e  commercializzano  nel  mercato
nazionale sigarette a un prezzo inferiore a quello  della  classe  di
prezzo piu' richiesta. 
    Con il ricorso iscritto nel registro generale del 2020 con il  n.
2379 la Italian Tobacco Manufacturing S.r.l.,  quale  affittuaria  in
virtu' di un contratto di affitto di azienda stipulato nel  2019  del
complesso  aziendale  della  societa'  Manifattura  Italiana  Tabacco
S.p.a. in fallimento, ha impugnato il provvedimento  del  13  gennaio
2020, prot. 14359, con il quale l'Agenzia delle dogane e dei monopoli
(ADM) ha aggiornato e approvato, per  l'anno  2020,  la  «tabella  di
ripartizione del prezzo di vendita al pubblico  delle  sigarette»  ai
sensi dell'art. 39-quinquies del decreto legislativo 26 ottobre 1995,
n.  504,  previa  individuazione  dell'onere   fiscale   minimo   per
chilogrammo convenzionale nella misura pari a euro 188,73. 
    Con un articolato motivo di ricorso, evidenzia il contrasto della
disposizione dell'art.  39-octies,  decreto  legislativo  26  ottobre
1995, n. 504 (recante il «Testo unico delle disposizioni  legislative
concernenti le imposte sulla produzione  e  sui  consumi  e  relative
sanzioni penali  e  amministrative»)  sulla  cui  base  si  determina
l'onere fiscale minimo rispetto agli articoli 7, par. 2 e 8, par.  6,
direttiva 2011/64/UE del Consiglio del 21 giugno 2011 («relativa alla
struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato»)
che lo ha istituito e  di  cui  la  prima  e'  attuazione,  oltre  al
contrasto con il giudicato derivante dalla sentenza  della  Corte  di
giustizia del 9 ottobre 2014, causa C-428/13,  che  ha,  in  passato,
sanzionato  la  disciplina  italiana   sulla   c.d.   accisa   minima
penalizzante.  Analoga  frizione  viene  ravvisata  con   riferimento
disposizioni  del   Trattato   sull'Unione   europea   sulla   libera
concorrenza e  sul  principio  di  libera  circolazione  delle  merci
(articoli 26, 27, 28, 29, 34 e 35, 101, 102,  173  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione  europea),  oltre  che  in  relazione  alle
previsioni costituzionali (articolo  11  e  117  della  Costituzione)
volte a garantire l'efficacia delle  fonti  comunitarie  nel  sistema
giuridico interno. 
    La Italian Tobacco Manufacturing afferma  di  commercializzare  i
propri prodotti  ad  un  prezzo  al  pubblico  di  euro  4,50-4,70  a
pacchetto.  Sostiene,  quindi,  che  il  peso   economico   derivante
dall'«onere fiscale minimo» verrebbe ad incidere in  misura  maggiore
sui prodotti c.d. di «fascia bassa» che,  come  quelli  propri,  sono
venduti ad un prezzo al pubblico inferiore ad euro 4,80  a  pacchetto
(contenente 20 sigarette) e quindi ad un  prezzo  inferiore  al  c.d.
«prezzo di parita'» (ossia il prezzo medio ponderato di  vendita  per
chilogrammo convenzionale di sigarette vendute in Italia che  per  il
2020 e' pari a  euro  4,80  a  pacchetto  contenente  20  sigarette),
anziche' in maniera identica, come prevede il legislatore europeo; in
questo  modo,  verrebbe  introdotta   una   tassazione   inversamente
proporzionale rispetto al prezzo di vendita (piu' e' basso il  prezzo
di vendita maggiore e' la tassazione che grava sul produttore)  e  si
inciderebbe sulla liberta' dei produttori di  fissare  il  prezzo  di
vendita delle sigarette (che  sarebbero  costretti  ad  aumentare  il
prezzo per evitare di andare in perdita). 
    Invoca quindi la disapplicazione della disciplina  nazionale  per
contrasto   con   quella   europea   da   cui    poi    discenderebbe
l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati adottati  in  base  alle
disposizioni nazionali, salvo voler adire  in  via  pregiudiziale  la
Corte di giustizia dell'Unione ai sensi dell'art.  267  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea  chiamandola  a  stabilire  se  gli
articoli 7, par. 2, e 8, par. 6, della direttiva 2011/64/UE ostano  a
una normativa nazionale che introduce un onere fiscale minimo il  cui
aumento annuale produce  effetti  soltanto  su  alcuni  pacchetti  di
sigarette il cui costo di vendita e' piu' basso rispetto ad altri  ed
e' ancorato non piu' ad un importo predeterminato dal legislatore, ma
all'andamento  del  PMP,  elemento  condizionato  dalle  condotte  di
mercato degli operatori economici di maggiori dimensioni. 
    Con un secondo motivo di ricorso, censura  la  violazione  l'art.
107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, relativa alla
disciplina sugli aiuti di stato, ritenendo che la normativa  italiana
produrrebbe un trattamento fiscale vantaggioso in favore di soli  tre
grandi operatori che  detengono  di  fatto  il  90%  del  mercato  di
riferimento, dando cosi' luogo ad un aiuto di Stato  sotto  forma  di
sovvenzioni. Si invoca comunque la  disapplicazione  della  normativa
interna o in subordine la rimessione della questione  alla  Corte  di
giustizia  ai  sensi  dell'art.  267   Trattato   sul   funzionamento
dell'Unione europea sul se l'art. 107 del Trattato sul  funzionamento
dell'Unione europea osta a una normativa nazionale che  introduca  un
regime fiscale piu' favorevole  per  alcune  categorie  di  sigarette
rispetto ad altri e implica la possibilita', da parte degli operatori
economici di maggiori dimensioni, di determinare l'andamento del  PMP
e, per tale via, dell'onere fiscale minimo. 
    Con un  terzo  motivo  di  ricorso,  lamenta  la  violazione  dei
principi di proporzionalita' e progressivita' delle imposte (art.  53
della  Costituzione),  in  quanto  l'imposizione  dell'onere  fiscale
minimo finirebbe per penalizzare i prodotti  della  fascia  bassa  di
mercato a causa dell'assenza  di  progressivita'  e  proporzionalita'
delle modalita' di calcolo e  di  aggiornamento  delle  accise  sulle
sigarette; l'onere fiscale minimo,  cosi'  come  congegnato,  sarebbe
soggetto ad aumenti che gravano in misura  del  tutto  sproporzionata
sui pacchetti di sigarette dal prezzo di vendita piu'  basso,  mentre
toccano in misura del tutto marginale  quei  pacchetti  di  sigarette
pari o superiore al prezzo medio ponderato. Chiede inoltre che  venga
sollevata questione di costituzionalita' dell'art.  39-octies,  comma
6, decreto legislativo n. 504/1995, per violazione degli articoli 3 e
53 della Costituzione, nella  parte  la  modalita'  di  aggiornamento
automatico  dell'onere  fiscale  minimo,   del   tutto   estranea   a
valutazioni in ordine all'andamento del mercato  di  riferimento,  e'
sostanzialmente  rimessa  al  comportamento  dei   grandi   operatori
economici del settore, a discapito  delle  imprese  di  piu'  piccole
dimensioni destinate, per tale via, a fuoriuscire dal  settore  della
produzione e della vendita delle sigarette. 
    Con (un primo) ricorso per motivi aggiunti ha  poi  impugnato  il
provvedimento del 14 gennaio 2021, prot. 1600, con il quale l'ADM  ha
aggiornato e approvato, per l'anno 2021, la «tabella di  ripartizione
del prezzo di vendita al pubblico delle sigarette» ai sensi dell'art.
39-quinquies del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,  previa
individuazione   dell'onere   fiscale    minimo    per    chilogrammo
convenzionale nella misura  pari  a  euro  193,2  1,  facendo  valere
sostanzialmente  le  censure  sopra  indicate  rapportate  ai  valori
dell'onere  fiscale  minimo  stabiliti   dall'ADM   per   l'anno   di
riferimento. 
    Con un secondo ricorso per motivi aggiunti ha infine impugnato il
provvedimento del 13 gennaio 2022, prot. 13069, con il quale l'ADM ha
aggiornato e approvato, per l'anno 2022, la «tabella di  ripartizione
del prezzo di vendita al pubblico delle sigarette» ai sensi dell'art.
39-quinquies del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,  previa
individuazione   dell'onere   fiscale    minimo    per    chilogrammo
convenzionale  nella  misura  pari  a  euro  194,72,  facendo  valere
sostanzialmente  le  censure  sopra  indicate  rapportate  ai  valori
dell'onere  fiscale  minimo  stabiliti   dall'ADM   per   l'anno   di
riferimento. 
    Con il ricorso iscritto nel registro generale del 2022 con il  n.
2960 la Yesmoke S.r.l. ha impugnato il provvedimento del  13  gennaio
2022, prot. 13069, con il quale l'Agenzia delle dogane e dei monopoli
(ADM) ha aggiornato e approvato, per  l'anno  2022,  la  «tabella  di
ripartizione del prezzo di vendita al pubblico  delle  sigarette»  ai
sensi dell'art. 39-quinquies del decreto legislativo 26 ottobre 1995,
n.  504,  previa  individuazione  dell'onere   fiscale   minimo   per
chilogrammo convenzionale nella misura pari a euro 194,72. 
    Con un articolato motivo di ricorso evidenzia il contrasto  della
disposizione dell'art.  39-octies,  decreto  legislativo  26  ottobre
1995, n. 504 (recante il «Testo unico delle disposizioni  legislative
concernenti le imposte sulla produzione  e  sui  consumi  e  relative
sanzioni penali  e  amministrative»)  sulla  cui  base  si  determina
l'onere  fiscale  minimo  rispetto  all'art.  7,  par.  4,  direttiva
2011/64/UE del Consiglio del 21 giugno 2011 («relativa alla struttura
e alle aliquote dell' accisa applicata al tabacco lavorato»)  che  ha
istituito l'onere fiscale minimo  e  di  cui  la  prima  disposizione
costituisce attuazione, oltre al contrasto con il giudicato derivante
dalle sentenze della Corte di giustizia del  24  giugno  2010,  causa
C-571/08 e del 9 ottobre 2014, causa C428/13, che hanno, in  passato,
sanzionato la disciplina italiana sul c.d. prezzo minimo e sulla c.d.
accisa minima  penalizzante  avente  molte  similitudine  con  quella
l'attuale sull'onere fiscale minimo. Analoga frizione viene ravvisata
con riferimento disposizioni del Trattato sull'Unione  europea  sulla
libera concorrenza e sul principio di libera circolazione delle merci
(articoli 26, 27, 28, 29, 34 e 35, 101, 102,  173  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea) e  in  relazione  alle  previsioni
costituzionali  (articoli  11  e  117  della  Costituzione)  volte  a
garantire l'efficacia delle fonti comunitarie nel  sistema  giuridico
interno. 
    La Yesmoke afferma di commercializzare i propri  prodotti  ad  un
prezzo al pubblico di euro 4,34-4,80 a pacchetto.  Sostiene,  quindi,
che il peso economico derivante dall'«onere fiscale minimo»  verrebbe
ad incidere in misura maggiore sui prodotti c.d.  di  «fascia  bassa»
che, come quelli propri,  sono  venduti  ad  un  prezzo  al  pubblico
inferiore ad euro 5,20 a pacchetto (contenente 20 sigarette) e quindi
ad un prezzo inferiore al c.d. «prezzo di parita'» (ossia  il  prezzo
medio ponderato di vendita per chilogrammo convenzionale di sigarette
vendute in Italia che per il 2022 e' pari a euro 5,20  per  pacchetto
contenente 20 sigarette), anziche' in maniera identica, come  prevede
il legislatore europeo;  in  questo  modo,  verrebbe  introdotta  una
tassazione inversamente proporzionale rispetto al prezzo  di  vendita
(piu' e' basso il prezzo di vendita maggiore  e'  la  tassazione  che
grava sul produttore) e si inciderebbe sulla liberta' dei  produttori
di fissare il  prezzo  di  vendita  delle  sigarette  (che  sarebbero
costretti ad aumentare il prezzo per evitare di andare in perdita). 
    Invoca, quindi, la disapplicazione della disciplina nazionale per
contrasto   con   quella   europea   da   cui    poi    discenderebbe
l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati che sono stati  adottati
in base alle disposizioni nazionali. 
    Sotto un distinto profilo, la ricorrente  lamenta  la  violazione
dei principi di proporzionalita' e progressivita' delle imposte (art.
53 della Costituzione), in quanto l'imposizione fiscale sui prezzi di
vendita  delle  sigarette  di   fascia   bassa   determinerebbe   una
contrazione dei volumi prodotti che finirebbe per  inciderebbe  sulla
capacita'  contributiva  del  produttore,   penalizzando,   in   modo
irragionevole ed illogico, le imprese di piu' piccole dimensioni  che
non possono agevolmente delocalizzare e/o  diversificare  la  propria
produzione. 
    Infine, formula domanda di  risarcimento  del  danno  subito  nel
periodo   gennaio   2019-gennaio   2022,   in    quanto    a    causa
dell'introduzione dell'onere fiscale minimo la societa'  avrebbe  nel
tempo aumentato i prezzi di vendita dei propri  prodotti,  confidando
di anno in anno (invano) in provvedimenti migliorativi della  propria
situazione, subendo cosi' ingenti  perdite  dovute  alla  perdita  di
quote  di  mercato  rappresentate  dai  consumatori  interessati   ad
acquistare prodotti a costi piu' bassi. 
    La Sezione con ordinanza n. 4570/2022 (adottata  nell'ambito  del
giudizio rg. 2960/2022) ha ritenuto «necessario  accertare,  ai  fini
della decisione, in che modo l'Autorita' italiana  abbia  determinato
l'onere fiscale minimo ai sensi della disciplina europea e  nazionale
applicabile e abbia stabilito la tabella di ripartizione  dei  prezzi
delle sigarette .... in cui si dia evidenza:  i)  degli  accertamenti
istruttori compiuti dall'Autorita' italiana per  determinare  l'onere
fiscale minimo in relazione a tutte le sue componenti (accisa globale
e IVA calcolate con riferimento al "PMP-sigarette"); ii) in che  modo
l'onere fiscale minimo incide e opera con riferimento alla tabella di
ripartizione  dei  prezzi  delle  sigarette;  iii)  se  e  con  quale
modalita' l'onere fiscale minimo  varia  al  variare  del  prezzo  di
vendita al pubblico dei tabacchi lavorati». 
    L'ADM ha  riscontrato  l'incombente  istruttorio  depositando  la
relazione in data 10 giugno 2022 in cui si riferisce, in particolare,
che «In caso di variazione del PMP-sigarette,  vengono  rideterminate
le componenti specifica e proporzionale, con  conseguente  variazione
della fiscalita' dei prezzi non incisi  dall'OFM.  Il  meccanismo  di
mantenere l'onere  fiscale  minimo  come  percentuale  delle  imposte
complessive  (IVA  e  accisa)  calcolate  sul  PMP,  comporta  quindi
l'aumento dell'OFM nel caso di aumenti di prezzo o la riduzione dello
stesso nei casi in cui occorrano riduzioni di  prezzo  e  quindi  del
PMP. Come atteso, l'aumento dell'onere fiscale  minimo  incide  sulla
dinamica dei prezzi al di sotto  del  prezzo  oltre  il  quale  cessa
l'applicazione dell'onere fiscale minimo, non riguardando  invece  le
classi di prezzo superiori a tale livello ... L'onere fiscale  minimo
cosi' come attualmente determinato, pari a  194,72  -  corrispondente
alla percentuale attuale dell'accisa globale e dell'IVA gravanti  sul
"PMP- sigarette" (96,22%), si applica a tutti i prezzi  di  sigarette
per i quali la  somma  dell'  accisa,  calcolata  in  base  alle  due
componenti,  specifica  e  ad  valorem,  e  dell'IVA,  calcolata  con
l'applicazione  dell'aliquota  ordinaria,  sia  inferiore  a   194,72
euro/chilogrammo, cioe' fino al prezzo di circa 245 euro/chilogrammo.
Oltre tale livello di prezzo, infatti,  l'onere  fiscale  complessivo
(accisa piu' IVA) risulta  di  importo  superiore  all'onere  fiscale
minimo di 194,72 euro/chilogrammo». 
    Nel costituirsi  in  giudizio,  l'Agenzia  fiscale  ha  replicato
puntualmente  alle  censure  sollevate   in   entrambi   i   gravami,
evidenziando in particolare la conformita' della disciplina nazionale
con l'art. 7, comma 4 della direttiva 2011/64 (UE), che consente agli
Stati  membri,  laddove  necessario,  di  introdurre   in   relazione
all'accisa sulle sigarette «un onere fiscale minimo» e  sottolineando
come  lo  Stato,  tramite  tela  misura  fiscale,  intenda   altresi'
scoraggiare l'utilizzo dei prodotti da fumo per  tutelare  la  salute
collettiva e ridurre le frodi e il contrabbando. 
    Entrambe le cause sono state  chiamate  per  la  trattazione  nel
merito all'udienza del 12 ottobre 2022  e,  dopo  la  discussione  di
rito, sono passate in decisione. 
    Il Collegio ritiene di riunire i gravami, ai sensi  dell'art.  70
c.p.a., in quanto sussiste una stretta connessione  oggettiva,  sotto
il profilo del  petitum  immediato  e  della  causa  petendi,  tra  i
contenziosi  aventi  ad  oggetto  la  domanda  di  annullamento   dei
provvedimenti con i  quali  l'ADDM  ha  determinato  l'onere  fiscale
minimo negli anni 2020, 2021, 2022. 
    La questione centrale della controversia  attiene  alla  verifica
della conformita' della disciplina nazionale che ha previsto l'accisa
dell'onere  fiscale  minimo  (art.  39-octies,   comma   6,   decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, «Testo unico delle  disposizioni
legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui  consumi  e
relative sanzioni penali e amministrative») rispetto a quella europea
che lo ha istituito (art.  7,  par.  4,  direttiva  2011  /64/UE  del
Consiglio del 21 giugno 2011 «relativa alla struttura e alle aliquote
dell'accisa applicata al tabacco lavorato»). 
    In virtu' del principio del primato del diritto dell'UE e del suo
corollario del principio del pieno effetto del diritto europeo dotato
di efficacia diretta (sancito nella dichiarazione n. 17  al  Trattato
di Lisbona), laddove una disposizione europea (di fonte  primaria  o,
come le direttive, di fonte secondaria) abbia efficacia  diretta,  il
giudice nazionale, in caso di contrasto, qualora non possa effettuare
un'interpretazione   della   normativa   nazionale   conforme    alle
disposizioni del diritto dell'Unione, ha l'obbligo di disapplicare la
norma interna (cfr. il precedente n. 7830/2022 della Sezione). 
    Secondo la giurisprudenza della Corte  di  giustizia  l'efficacia
diretta degli atti normativi dell'Unione  e'  distinta  in  efficacia
verticale e efficacia orizzontale. E' verticale  laddove  riguarda  i
rapporti tra le persone fisiche e il Paese, il che significa  che  le
persone  fisiche  possono  invocare  una  disposizione  del   diritto
dell'Unione  nei  confronti  dello  Stato.  E'  orizzontale   laddove
riguarda i rapporti tra (le sole) persone fisiche, il  che  significa
che una persona fisica puo' invocare  una  disposizione  del  diritto
dell'Unione nei confronti di un'altra persona fisica. A seconda della
tipologia di atto adottato,  i  provvedimenti  normativi  dell'Unione
possono avere un'efficacia diretta piena (orizzontale e verticale)  o
un'efficacia diretta parziale (solo verticale). 
    Nel sistema  nazionale  di  gerarchia  delle  fonti,  laddove  la
disposizione europea abbia invece  efficacia  indiretta,  il  giudice
nazionale,  in  caso  di  contrasto  tra  le   due   disposizioni   e
nell'impossibilita' di risolvere il contrasto in via  interpretativa,
«deve sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale»  della
disposizione  interna  -  senza  dover  «delibare  preventivamente  i
profili di incompatibilita' con il diritto europeo» -  spettando  poi
alla Corte  costituzionale  «valutare  l'esistenza  di  un  contrasto
insanabile in via interpretativa  e,  eventualmente,  annullare  [con
efficacia  erga  omnes]  la  legge  incompatibile  con   il   diritto
comunitario» (cfr. Corte costituzionale, 14 dicembre 2017, n.  269  e
18 luglio 2013, n. 207) per violazione degli articoli 11 e 117  della
Costituzione,  quali   parametri   costituzionali   integrati   dalla
interposta disposizione europea priva di efficacia diretta. 
    Il Collegio e' dell'avviso che la disciplina  sull'onere  fiscale
minino prevista nell'art. 7,  par.  4,  della  direttiva  2011/64/UE,
individuata quale causa petendi delle censure  delle  ricorrenti  non
abbia efficacia diretta c.d. verticale. 
    Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia  «in  tutti  i
casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal  punto  di
vista sostanziale, categoriche e sufficientemente precise, i soggetti
dell'ordinamento possono farle valere  nei  confronti  di  uno  Stato
membro dinanzi ai suoi giudici nazionali, sia che  questo  non  abbia
recepito tempestivamente la direttiva nel proprio  diritto  nazionale
sia che l'abbia recepita in modo  scorretto».  Una  disposizione  del
diritto  dell'Unione  «e'  categorica  se  sancisce  un  obbligo  non
soggetto ad alcuna condizione ne' subordinato, per quanto riguarda la
sua esecuzione o i suoi effetti,  all'emanazione  di  alcun  atto  da
parte delle istituzioni dell'Unione o degli Stati membri ... Essa  e'
sufficientemente precisa quando l'obbligo da essa previsto e' sancito
in termini non equivoci» (cfr. Corte di giustizia, 10 dicembre  2020,
causa C-488/18; nello stesso senso  Corte  di  giustizia,  24  giugno
2019, causa C-573/17, secondo cui e' dotata  di  effetto  diretto  la
disposizione di una direttiva  «sufficientemente  chiara,  precisa  e
incondizionata» e, di recente, 22 febbraio 2022, causa C 430/21). 
    Come verra' di seguito esposto, la disciplina dell'art.  7  della
direttiva  2011/64/UE,  sull'onere  fiscale  minimo,  non  ha  natura
«categoria» e quindi non ha efficacia diretta. 
Quadro regolatorio 
    Il quadro regolatorio europeo della  tassazione  delle  sigarette
puo' sintetizzarsi, per quanto qui interessa, nel modo seguente. 
    L'Unione  europea ha  competenza  concorrente  nel  settore   del
«mercato interno» ed e' chiamata a realizzare l'obiettivo dell'unione
economica garantendo il corretto funzionamento del mercato attraverso
una  sana  concorrenza  (art.  4  del  Trattato   sul   funzionamento
dell'Unione europea). 
    Ai sensi dell'art. 113  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea «Il  Consiglio,  deliberando  all'unanimita'  ...  adotta  le
disposizioni  che  riguardano  l'armonizzazione  delle   legislazioni
relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte  di  consumo
ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta  armonizzazione
sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del
mercato interno ed evitare le distorsioni di concorrenza». 
    La politica fiscale e tributaria nell'ambito degli Stati  membri,
tradizionale espressione della sovranita' statale, non e' oggetto  di
cessione di sovranita' verso l'Unione europea ai sensi  dell'art.  11
della Costituzione. Gli  Stati  membri  rimangano  quindi  gli  unici
titolari della politica fiscale e tributaria nell'ambito del  proprio
territorio,  sicche',  con  riferimento  al  mercato   dei   tabacchi
lavorati, spetta loro determinare la relativa politica fiscale. 
    Il mercato del commercio delle sigarette e' caratterizzato  dalla
presenza di una domanda elastica rispetto al prezzo  di  vendita,  in
quanto le variazioni di prezzo incidono fortemente (in aumento  o  in
diminuzione)  sulla  domanda  per  la  presenza  di  molti   prodotti
sostituti (concorrenza nel mercato). 
    La leva fiscale  costituisce  uno  dei  principali  elementi  del
prezzo dei prodotti del  tabacco  che,  a  sua  volta,  influenza  le
preferenze dei fumatori e quindi determina l'incrocio tra  domanda  e
offerta, incidendo cosi' sulle dinamiche del «mercato interno». Sulla
base di  questo  presupposto  (cfr.  considerando  n.  16),  l'Unione
europea ha  dettato,  ai  sensi  dell'art.  113  del   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea, la  disciplina  di  armonizzazione
della  tassazione  della  vendita  dei  tabacchi  lavorati  nazionali
contenuta nella direttiva 2011/64/UE. 
    L'art. 1 della direttiva 2011/64/UE stabilisce, infatti,  «taluni
principi generali di armonizzazione della struttura e delle  aliquote
dell'accisa che gli Stati  membri  applicano  ai  tabacchi  lavorati»
(art. 1). 
    L'armonizzazione della tassazione e' finalizzata a garantire  una
«tassazione uniforme ed equa» e mira, in particolare, a «far si'  che
la competitivita' delle varie categorie di tabacchi lavorati ...  non
sia falsata dagli effetti dell'imposizione e che, di conseguenza, sia
realizzata l'apertura dei mercati nazionali degli Stati membri  (cfr.
considerando n. 9). 
    La direttiva 2011/64/UE ha  altresi'  sancito  il  principio  del
libero prezzo  dei  tabacchi  lavorati.  I  produttori  «stabiliscono
liberamente i prezzi massimi di vendita al  minuto  di  ciascuno  dei
loro prodotti per ciascuno Stato  membro  in  cui  sono  destinati  a
essere immessi in consumo» (art. 15, par. 1). 
    In sintesi, puo' osservarsi come, ferma la liberta' di fissare il
prezzo massimo di vendita da  parte  dei  produttori,  la  disciplina
sulla tassazione dei tabacchi lavorati  nazionali  e'  finalizzata  a
tutelare la libera concorrenza tra i vari produttori all'interno  del
«mercato comune» e  quindi  a  evitare  che  le  (diverse)  politiche
fiscali  nazionali  (di  competenza  esclusiva  degli  Stati  membri)
possano costituire fattore o  strumento  di  alterazione  della  sana
concorrenza  o  ostacolo  all'apertura  dei  mercati   nazionali   in
pregiudizio delle imprese degli altri Stati membri. 
    Con riferimento al regime della tassazione dei tabacchi lavorati,
l'art. 14, par. 1, direttiva 2011/64/UE, ha  previso  che  gli  Stati
membri possono scegliere di applicare un'accisa che puo'  essere:  a)
ad valorem, calcolata sui prezzi massimi  di  vendita  al  minuto  di
ciascun prodotto; b) specifica, calcolata in rapporto al  peso  o  al
numero dei pezzi dei prodotti; c) mista, contenente  un  elemento  ad
valorem e un elemento specifico (art. 14, par. 1). 
    In relazione  alla  specifica  categoria  dei  tabacchi  lavorati
costituita dalle  sigarette  (quale  unitaria  categoria  di  tabacco
lavorato), il  legislatore  europeo  ha  dettato,  all'art.  7  della
direttiva  2011/64/UE,  una  disciplina  ad   hoc   proprio   perche'
quest'ultime rappresentano di gran lunga la categoria piu' importante
di prodotti del tabacco. 
    Il par. 1 dell'art. 7 cit.  prevede  che  le  sigarette  prodotte
nell'Unione (e quelle importate da paesi terzi) «sono  soggette»,  in
ciascuno degli Stati membri, a due accise: i)  un'accisa  ad  valorem
calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto  (compresi  i  dazi
doganali); ii) un'accisa specifica calcolata per unita' di  prodotto.
L'accisa ad valorem varia in base al  prezzo  di  vendita  al  minuto
comprensivo di tutte le imposte, mentre  quella  specifica  varia  in
base all'unita' di prodotto venduto nel mercato. 
    Il successivo par. 2 dell'art. 7 cit. stabilisce che  «L'aliquota
dell'accisa ad  valorem  e  l'importo  dell'accisa  specifica  devono
essere uguali per tutte le sigarette». 
    Il par. 3 dell'art. 7 cit.  precisa  che  «e'  stabilito  per  le
sigarette in tutti gli Stati membri lo stesso rapporto  tra  l'accisa
specifica e la somma dell'accisa ad valorem e dell'imposta sul volume
d'affari, in modo che la  gamma  dei  prezzi  di  vendita  al  minuto
rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori». 
    Infine, il par. 4 dell'art.  7  cit.,  con  una  disposizione  di
chiusura, chiarisce che «Nella misura in cui cio' risulti necessario,
l'accisa sulle sigarette puo' comportare  un  onere  fiscale  minimo,
sempre  che  la  struttura  mista  della  tassazione  e   la   fascia
dell'elemento specifico dell'accisa,  ai  sensi  dell'art.  8,  siano
rigidamente rispettate». 
    La «fascia» dell'elemento specifico dell'accisa  (ossia  l'accisa
specifica calcolata per unita' di prodotto venduta  nel  mercato)  e'
fissata con riferimento al «prezzo  medio  ponderato  di  vendita  al
minuto» (c.d. PMP) che si ottiene  dalla  divisione  tra  il  «valore
totale di tutte le sigarette immesse in consumo, basato sul prezzo di
vendita al minuto comprensivo di tutte  le  imposte,  diviso  per  la
quantita' totale di sigarette immesse in consumo ... in base ai  dati
relativi  a  tutte  le  immissioni  in   consumo   dell'anno   civile
precedente» (cfr. art. 8 della direttiva 2011/64/UE). 
    Il regime di tassazione stabilito per la vendita delle  sigarette
e' quindi composto da tre voci: accisa specifica; accisa ad  valorem;
imposta sul valore aggiunto. Il ricavo che  i  produttori  ritraggono
dalla vendita delle sigarette (c.d. «quota per i fornitori») e'  dato
dalla differenza tra il prezzo di vendita al pubblico e la sommatoria
delle  accise,  dell'Iva  e  dell'agio  riconosciuto  per  legge   ai
rivenditori. 
    Il quadro regolatorio nazionale della tassazione delle sigarette,
con cui il legislatore ha attuato la  disciplina  europea  sull'onere
fiscale minimo, puo' sintetizzarsi nel modo seguente. 
    Ai sensi dell'art. 39-octies, comma  3,  decreto  legislativo  n.
504/1995, per le sigarette  «l'ammontare  dell'accisa  e'  costituito
dalla somma dei seguenti elementi»: a) un importo specifico fisso per
unita' di prodotto, pari all' 11 per cento  della  somma  dell'accisa
globale e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con  riferimento
al «PMP-sigarette» (c.d. accisa specifica); b) un importo  risultante
dall'applicazione di un'aliquota proporzionale al prezzo  di  vendita
al   pubblico   corrispondente    all'incidenza    percentuale    sul
«PMP-sigarette»  dell'accisa  globale  sul  medesimo  «PMP-sigarette»
diminuita dell'importo  di  cui  alla  lettera  a)  (c.d.  accisa  ad
valorem). 
    L'art. 39-octies, comma 3, precisa che l'accisa globale  «di  cui
alle lettere  a)  e  b)  del  comma  3»  viene  calcolata  applicando
l'aliquota di base prevista per legge che, oggi, e' stata  portata  a
59,80% dall'art. 1, comma 659, lettera b), della legge n. 160/2019. 
    Per quanto riguarda  l'onere  fiscale  minimo,  l'art.  39-octies
prevede che «6. ... l'onere fiscale minimo, di cui all'art. 7, n.  4,
della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, e' pari
a euro 180,14 il chilogrammo convenzionale. A decorrere dalla data di
applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di  vendita  al
pubblico  rideterminate,  per  l'anno   2019,   ai   sensi   all'art.
39-quinquies, il predetto onere fiscale minimo e' pari al  96,22  per
cento della somma  dell'accisa  globale  e  dell'imposta  sul  valore
aggiunto calcolate con riferimento al "PMP-sigarette". 
    7. L'onere fiscale minimo di cui  al  comma  6  e'  applicato  ai
prezzi di vendita per  i  quali  la  somma  dell'imposta  sul  valore
aggiunto, applicata ai  sensi  dell'art.  39-sexies,  e  dell'accisa,
applicata ai sensi del comma 3, risulti inferiore al  medesimo  onere
fiscale minimo. 
    8. L'accisa sui prezzi di vendita di cui al comma 7 e' pari  alla
differenza tra l'importo dell'onere fiscale minimo di cui al comma 6,
e l'importo dell'imposta  sul  valore  aggiunto  applicata  ai  sensi
dell'art. 39-sexies». 
    In breve, la disciplina nazionale introduce  l'accisa  dell'onere
fiscale minimo con un'aliquota  fissa  pari  al  96,22%  della  somma
dell'accisa globale  (calcolata  in  base  all'elemento  specifico  e
all'elemento ad valorem a loro volta calcolati applicando  l'aliquota
di base al 59,8%) e dell'IVA con aliquota al 22%, calcolate  entrambe
con riferimento al valore standard  del  prezzo  medio  ponderato  di
vendita  per  chilogrammo  convenzionale  di   sigarette   denominato
«PMP-sigarette» (dove il chilogrammo convenzionale  e'  pari  a  1000
sigarette, mentre il «PMP-sigarette» e'  dato  dal  rapporto  tra  il
valore totale e  la  quantita'  totale  delle  sigarette  immesse  in
consumo nell'anno solare precedente). 
    Il prelievo dell'onere fiscale minimo  viene  applicato  laddove,
partendo dal prezzo di vendita finale  indicato  dal  produttore,  la
somma dell'accisa globale e dell'Iva risulti inferiore alla soglia da
esso  rappresentata.  Per  le  sigarette  l'applicazione   dell'onere
fiscale minimo e' comunque dovuto qualora,  per  effetto  dei  prezzi
stabiliti dai produttori, dall'applicazione dell'accisa  ordinaria  e
dell'IVA si realizza un carico fiscale inferiore a quello  dell'onere
fiscale minimo previsto per  legge.  Sotto  il  profilo  del  sistema
fiscale, l'onere fiscale minimo  sostituisce  l'ordinario  regime  di
tassazione  delle  sigarette  che  e'  costituito   dall'applicazione
dell'accisa ordinaria e dell'IVA. La sostituzione avviene laddove  il
gettito che proveniente dal regime ordinario risulta essere inferiore
alla soglia dell'onere fiscale minimo determinata in  base  ai  commi
6-10 dell'art. 39-octies del decreto legislativo n. 504/1995. 
    Sotto il profilo della natura giuridica, l'onere  fiscale  minimo
ha struttura e natura di imposta indiretta in quanto si sostanzia  in
un prelievo coattivo avente come presupposto impositivo  la  cessione
delle sigarette. 
Attuazione della disciplina da parte dell'Agenzia delle dogane e  dei
monopoli 
    Con il provvedimento prot. 13069/2022, l'ADM  ha  determinato  il
«PMP-sigarette» per l'anno 2022 pari a euro  260,00  per  chilogrammo
convenzionale (in passato, il «PMP-sigarette» per l'anno 2020 era  di
euro 252,00 e per l'anno 2021 era di euro 258,00). Ha poi  stabilito,
in base al «PMP-sigarette» di  riferimento,  l'onere  fiscale  minimo
calcolato  nell'importo  pari   a   euro   194,72   per   chilogrammo
convenzionale (per l'anno 2020 era pari a euro 188,73  e  per  l'anno
2021 era pari a euro 193,21). In  riferimento  a  ciascun  prezzo  di
vendita delle sigarette comunicato dai fornitori, ha poi calcolato la
misura   dell'accisa,   dell'IVA,   dell'aggio   al   rivenditore   e
dell'importo residuale quale «quota  per  il  fornitore»,  computando
l'onere fiscale  minimo  in  base  al  «PMP-sigarette»  calcolato  in
precedenza. Quindi, ha  approvato  la  tabella  di  ripartizione  del
prezzo di vendita al pubblico delle sigarette in cui  compaiono,  per
ogni classe di prezzo, le seguenti voci: «quota al fornitore», «aggio
al rivenditore», «imposta sul valore aggiunto», «accisa», «prezzo  di
vendita al pubblico». 
    La relazione istruttoria depositata dall'ADM non chiarisce,  come
richiesto dalla Sezione [sub i) dell'ordinanza n. 4570/2022], in  che
modo e' stato individuato, in concreto, il  gettito  derivante  dalla
somma dell'accisa c.d. globale e dell'Iva,  sulla  cui  base  poi  e'
stato calcolato l'importo dell'accisa costituita  dall'onere  fiscale
minimo. 
    La relazione chiarisce, invece, come l'accisa dell'onere  fiscale
minimo «si applica a tutti i prezzi di sigarette per i quali la somma
dell'accisa, calcolata in base alle due componenti,  specifica  e  ad
valorem,  e  dell'IVA,  calcolata  con  l'applicazione  dell'aliquota
ordinaria, sia inferiore a 194,72  euro/chilogrammo,  cioe'  fino  al
prezzo di circa 245 euro/chilogrammo. Oltre tale livello  di  prezzo,
infatti, l'onere fiscale complessivo (accisa  piu'  IVA)  risulta  di
importo   superiore    all'onere    fiscale    minimo    di    194,72
euro/chilogrammo». Precisa, inoltre, che «Il meccanismo di  mantenere
l'onere fiscale minimo come  percentuale  delle  imposte  complessive
(IVA e accisa) calcolate sul PMP, comporta quindi l'aumento  dell'OFM
nel caso di aumenti di prezzo o la riduzione dello stesso nei casi in
cui occorrano riduzioni di prezzo e quindi del PMP». 
    Nel caso di specie, l'onere fiscale minimo e' stato applicato nel
modo seguente. 
    L'ADM ha dapprima determinato il «PMP-sigarette», che per il 2022
e' pari a euro 260,00, poi ha stabilito l'onere fiscale  minimo,  che
per il 2022, e' di euro 194,72. Nella «Tabella  di  ripartizione  dei
prezzi delle sigarette», alla classe di prezzo di vendita al pubblico
«euro 245,00» corrisponde il carico  fiscale  pari  a  «euro  194,72»
derivante dalla somma dell'accisa ordinaria + l'Iva. Tala  classe  di
prezzo (euro 245,00) costituisce la soglia al di  sotto  della  quale
l'operatore che vende sigarette ad una classe di prezzo inferiore  ad
essa e' tenuto comunque a sostenere un carico  fiscale  pari  a  euro
194,72 derivante dall'onere fiscale minimo (che, come detto, varia di
anno in anno e che per l'anno 2022 e' di euro 194,72). 
    Viceversa, laddove la classe di prezzo e' superiore  alla  soglia
di euro 245,00, la somma del gettito dell'accisa  +  l'Iva  risultata
superiore al carico fiscale di euro 194,72, per cui  non  si  applica
l'onere fiscale minimo in quanto il prelievo fiscale che  si  ottiene
con la tassazione ordinaria e' maggiore rispetto a  quello  derivante
dall'applicazione dell'onere fiscale minimo. 
    I produttori, partendo dal dato  del  prezzo  finale  di  vendita
delle sigarette da loro stessi  comunicati  all'ADM,  sono  tenuti  a
sostenere l'accisa pari a euro 194,72 (per il 2022) a titolo di onere
fiscale minimo  se  la  tassazione  ordinaria  restituisce  un'accisa
inferiore a tale importo; al contrario, se  la  tassazione  ordinaria
restituisce un'accisa superiore sono tenuti a sostenere  il  relativo
carico fiscale. 
    Cio' comporta che se la classe di prezzo di vendita  al  pubblico
e' pari a euro 245,00 per chilogrammo convenzionale (1000 sigarette),
il produttore e' tenuto a sostenere un  onere  fiscale  minimo  fisso
pari a euro 194,72 (gettito derivante dall'accisa + Iva);  se  invece
la classe di prezzo  e'  maggiore  di  euro  245,00  per  chilogrammo
convenzionale,  il  produttore  sosterra'  l'ordinario,  e  maggiore,
carico tributario in luogo di quello piu' basso derivante  dall'onere
fiscale minimo. 
    Poiche' le ricorrenti commercializzano  nel  2022  sigarette  che
rientrano in una classe di prezzo che si colloca nella forbice che va
da euro 217,00 a euro 245,00 per chilogrammo  convenzionale,  l'onere
fiscale minimo a loro carico e' sempre  uguale  all'importo  di  euro
194,72, a prescindere dal prezzo di vendita al pubblico. 
    Nel mercato del commercio delle sigarette,  dove  la  domanda  e'
elastica rispetto al prezzo, l'accisa richiesta dallo Stato a  titolo
di onere fiscale minimo erode, a causa del  suo  genetico  meccanismo
applicativo, la remunerazione  che  le  ricorrenti  ritraggono  dalla
vendita delle sigarette. 
    Analogo discorso puo' farsi, con le debite  differenze,  per  gli
anni 2020 e 2021 dove, in base  al  «PMP-sigarette»  di  riferimento,
l'onere fiscale minimo e' progressivamente aumentato passando da euro
188,73 nel 2020 a euro 193,21 nel 2021. 
Efficacia indiretta della disciplina europea 
    Come  si  e'  osservato,   l'istituzione   dell'accisa   prevista
dall'art. 7, par. 4, direttiva 2011/64/UE, e' rimessa  alla  volonta'
degli Stati  che  sono  chiamati  a  stabilire,  secondo  le  proprie
competenze, la disciplina specifica del tributo nazionale. Si  tratta
infatti  di  un'imposta  facoltativa  in  quanto  la   sua   concreta
previsione  spetta  agli  Stati  membri  (considerando  n.  12:   «e'
opportuno che gli Stati  membri  dispongano  di  mezzi  efficaci  per
applicare  accise  specifiche  o  minime  sulle  sigarette  cosi'  da
garantire l'applicazione  di  almeno  un  determinato  onere  fiscale
minimo in tutta l'Unione»; art. 7, par. 4: «l'accisa sulle  sigarette
puo' comportare un onere fiscale minimo»). 
    Poiche' la disposizione del diritto dell'UE che contempla l'onere
fiscale minimo prevede che la sua concreta istituzione rientra  nella
politica fiscale, e quindi nella discrezionalita', degli Stati membri
la disposizione in esame non  ha  efficacia  diretta  in  quanto  non
prevede un obbligo incondizionato e non subordinato  a  carico  degli
Stati e in favore dei cittadini europei. 
    Ne  consegue  che  non  e'  possibile  per  il  giudice  comunale
sperimentare l'istituto della disapplicazione della norma interna  in
contrasto con quella europea in quanto quest'ultima non ha  efficacia
diretta. 
    La mancata possibilita' di  disapplicare  la  norma  interna  non
esaurisce, tuttavia, gli strumenti di risoluzione delle antinomie tra
norme nazionali ed europee riconosciute dall'ordinamento. 
    Il giudice nazionale (comune o di  legittimita'  costituzionale),
anche in presenza di una disposizione  priva  di  efficacia  diretta,
deve   comunque   interrogarsi   sulla   possibilita'   di    fornire
un'interpretazione conforme della  disposizione  interna  con  quella
europea.  Rimane  fermo  pero'  che  non  e'  possibile   addentrarsi
nell'interpretazione  conforme   laddove   l'operazione   ermeneutica
condurrebbe ad un'interpretazione contra legem del diritto nazionale.
Ne deriva, allora, che, nel caso in cui il diritto nazionale non puo'
ricevere un'applicazione tale da sfociare in un risultato compatibile
con quello perseguito dalla direttiva,  l'attivita'  ermeneutica  del
giudice deve arrestarsi (cfr. Corte di  giustizia,  24  giugno  2019,
cit.). 
    Il Collegio ritiene che la via dell'interpretazione conforme  non
possa essere efficacemente percorsa poiche'  l'interpretazione  della
disciplina introdotta dal legislatore nazionale, ove  la  si  volesse
rendere compatibile con quella europea, condurrebbe ad  un  risultato
contra legem. 
    Difatti, la legislazione  nazionale  sulla  determinazione  della
misura  dell'onere  fiscale   minimo,   per   come   conformata,   e'
obiettivamente incompatibile con quella europea ponendosi, ad  avviso
del Collegio per quanto possa occorrere, in violazione del  principio
di libera  concorrenza  nel  settore  dei  tabacchi  lavorati  e,  in
particolare, del principio di libera  determinazione  dei  prezzi  di
vendita delle sigarette. 
    A tal fine va osservato che  la  facolta'  concessa  dal  diritto
dell'Unione agli Stati membri di introdurre  e  disciplinare  l'onere
fiscale minimo non e'  senza  limiti.  Al  contrario,  la  disciplina
nazionale  deve  rispettare  i  seguenti  parametri   sanciti   dalla
disciplina europea: 
      i) garantire «lo stesso rapporto tra l'accisa  specifica  e  la
somma dell'accisa ad valorem e dell'imposta sul volume  d'affari,  in
modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta  equamente
il divario dei prezzi di cessione dei produttori» (art.  7,  par.  3,
cit.); 
      ii) far si' che «la  struttura  mista  della  tassazione  e  la
fascia dell'elemento specifico dell'accisa,  ai  sensi  dell'art.  8,
siano rigidamente rispettate» (art. 7, par. 4, cit.); 
      iii) evitare che una normativa che, «allineando ai prezzi  piu'
elevati i prezzi di vendita al minuto delle sigarette che si  situano
nella parte inferiore della forcella di prezzi, tende a neutralizzare
le differenze di prezzo tra i vari prodotti» poiche' siffatto sistema
pregiudica  la  liberta'  dei  produttori  e  degli  importatori   di
stabilire il loro prezzo massimo di vendita  al  minuto  sancita  dal
diritto dell'Unione (cfr. cfr. Corte di giustizia,  24  giugno  2010,
causa C-571/08, par. 43 e 44); 
      iv) evitare che l'applicazione di «soglie d'imposta che variano
in funzione delle  caratteristiche  o  del  prezzo  delle  sigarette»
poiche' siffatta previsione comporta distorsioni alla concorrenza tra
le differenti sigarette ed e' contraria all'obiettivo di garantire il
corretto funzionamento del mercato interno  e  condizioni  neutre  di
concorrenza perseguito sancite  dalla  direttiva  2011  /64/UE  (cfr.
Corte di giustizia, 9 dicembre 2014, causa C-428/13, par. 31). 
    In  altri  termini,  la  disciplina  nazionale   che   accompagna
l'introduzione  dell'onere  fiscale  minimo  sulle   sigarette   deve
rispettare la disciplina generale della  tassazione  armonizzata  dal
diritto dell'Unione europea e interpretata dalla Corte di  giustizia,
con particolare riferimento al  precetto  normativo  secondo  cui  la
tassazione deve essere tale per cui «la gamma dei prezzi  di  vendita
al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi  di  cessione  dei
produttori». 
Distonie 
    Il  regime  giuridico  sulla  determinazione  dell'onere  fiscale
minimo attuato dal legislatore nazionale travalica i  limiti  sanciti
dal diritto dell'Unione. 
    Va ribadito che  la  direttiva  2011/64/UE  consente  agli  Stati
membri di introdurre un onere fiscale minimo  a  condizione  che  non
venga neutralizzato o eliminato «il divario dei  prezzi  di  cessione
dei produttori»  e  comunque  tale  onere  non  deve  incidere  sulla
«struttura  mista»   della   tassazione   costituita,   come   detto,
dall'accisa ad valorem e dall'accisa specifica. 
    La  disciplina  nazionale,   distorcendo   la   struttura   mista
dell'accisa europea, altera la concorrenza nel mercato e comprime  la
liberta' di impresa e le  politiche  economiche  degli  operatori  in
quanto  costringe  quelli  che  producono  sigarette  ad  un   prezzo
inferiore,  rispetto  al  c.d.  prezzo  di  parita',   a   sopportare
ingiustificatamente un onere fiscale che  aumenta  al  diminuire  del
prezzo di vendita. 
    Il congegno nazionale di determinazione dell'onere fiscale minino
comporta due principali distonie  rispetto  al  sistema  delineato  a
livello europeo. 
    Prima distonia. L'accisa globale di cui ai commi 3 e 4  dell'art.
39-octies del decreto legislativo n.  504/1995  e'  composta  da  una
componente ad valorem che varia proporzionalmente in base  al  prezzo
di vendita al consumatore e quindi e' rapportata alla base imponibile
di riferimento (prezzo). Per i prodotti a basso prezzo di vendita  l'
accisa ad valorem produce un gettito  inferiore  rispetto  alla  base
imponibile dei prodotti a piu' alto prezzo di vendita. Cio'  comporta
che, per tali prodotti di sigarette, la somma dell'accisa  globale  e
dell'IVA e' inferiore rispetto a quella che si ottiene  dai  prodotti
di prezzo maggiore, il che  conduce,  di  conseguenza,  ad  applicare
l'imposta minima. 
    Il meccanismo di calcolo dell'onere fiscale minimo restituisce un
carico fiscale che grava in misura maggiore su  quei  produttori  che
mettono in vendita sigarette ad un minore prezzo  rispetto  a  quello
stabilito da altri operatori. 
    Tale  conclusione  e'  supportata  dalla  relazione   istruttoria
prodotta dall'ADM come riferito in premessa. 
    Seconda distonia. Come detto, l'onere  fiscale  minimo  (pari  al
96,22%) si  calcola  sulla  somma  dell'accisa  globale  e  dell'IVA,
calcolate   entrambe   con   riferimento   al   «PMP-sigarette».   Il
«PMP-sigarette», ai sensi dell'art. 39-quinquies,  comma  2,  decreto
legislativo n. 504/1995,  viene  determinato  annualmente  (entro  il
primo marzo dell'anno solare successivo) «sulla  base  del  rapporto,
espresso in euro con troncamento dei decimali, tra il valore  totale,
calcolato con riferimento al prezzo di vendita comprensivo  di  tutte
le imposte, delle  sigarette  immesse  in  consumo  nell'anno  solare
precedente e la quantita' totale delle medesime sigarette». 
    Cio' comporta che il «PMP-sigarette» e'  ancorato  e  oscilla  in
base alla variazione dei prezzi totali  di  vendita  delle  sigarette
(fatturato dell'anno  precedente).  Di  conseguenza  all'aumento  del
prezzo di vendita delle sigarette accresce la base sui cui si calcola
l'aliquota dell'onere fiscale minimo. 
    Anche tale conclusione trova conferma nella relazione istruttoria
dell'ADM. 
    In questo modo pero' i produttori che  offrono  sigarette  ad  un
prezzo piu' elevato e quindi realizzano un maggior  fatturato  (ossia
le multinazionali) sono in grado di modificare la  soglia  dell'onere
fiscale minimo mediante il semplice aumento dei  prezzi  di  vendita.
Infatti, per effetto del sistema di calcolo delineato dal legislatore
italiano, aumentando il prezzo di vendita  dei  prodotti  si  innalza
automaticamente  il  denominatore  sulla  cui  base  si  effettua  il
rapporto tra fatturato e quantita' di sigarette vendute e  quindi  si
ottiene una soglia dell'onere fiscale minino piu' alta. 
    La  politica  dell'aumento  dei  prezzi  dei   grandi   operatori
determina in via diretta l'aumento  del  carico  fiscale  che  devono
sopportare i piccoli operatori. Ove la somma  dell'accisa  globale  e
quella sull'Iva sia inferiore alla soglia dell'onere  fiscale  minimo
(determinata   in   virtu'   delle   politiche   di   prezzo    delle
multinazionali), i produttori che vendono a prezzi minori (in  genere
piccoli operatori) subiscono un prelievo fiscale maggiore rispetto  a
quello che avrebbero subito applicando la tassazione ordinaria. 
Conseguenze delle distonie 
    Il risultato che la  leva  fiscale  collegata  all'onere  fiscale
minimo  determina  sulla  concorrenza  nel  «mercato  interno»  delle
sigarette e' quello  di  neutralizzare  i  vantaggi  competitivi  che
ottengono i produttori  che  riescono,  grazie  alle  loro  capacita'
imprenditoriali,  a   vendere   prodotti   a   prezzi   piu'   bassi,
intercettando cosi' la domanda  di  quei  consumatori  interessati  a
prodotti con prezzi piu' contenuti rispetto ad altri. 
    Ed invece, a seguito del meccanismo di calcolo dell'onere fiscale
minimo, i produttori sono  ora  costretti  a  modificare  le  proprie
strategie aumentando i prezzi di vendita per  remunerare  le  proprie
politiche economiche a causa dell'erosione nei guadagni derivante dal
prelievo fiscale costituito dall'onere fiscale minimo. In questo modo
i piccoli produttori perdono non solo le precedenti quote di  mercato
relative alla fascia dei consumatori interessati a prodotti  a  basso
costo, ma, dovendo  aumentare  il  prezzo  dei  propri  prodotti  per
rimanere nel mercato, risultano essere meno competitivi in  relazione
agli operatori che, non  subendo  gli  effetti  negativi  della  leva
fiscale (nei termini qui denunciati), offrono, alla stessa classe  di
prezzi, prodotti con standard migliori rispetto ai quali si indirizza
naturalmente la scelta del  consumatore  finale  nell'incrocio  della
domanda e dell'offerta. 
    La disciplina nazionale sull'onere fiscale minimo  finisce  cosi'
con l'appiattire verso l'alto «la gamma  dei  prezzi  di  vendita  al
minuto» i  quali  pertanto  non  riflettano  «equamente  il  divario»
esistente nei  «prezzi  di  cessione  dei  produttori»,  come  invece
richiede il diritto dell'Unione (par. 3 dell'art. 7  della  direttiva
2011/64/UE). L'onere fiscale minimo,  introducendo  un'accisa  fissa,
rende la domanda di  sigarette  sensibilmente  elastica  rispetto  al
prezzo di vendita. L'effetto che ne deriva sulla  concorrenza  e'  la
creazione di un regime simile ad un oligopolio. 
Conclusioni 
    In punto di rilevanza della  questione  sollevata,  si  evidenzia
che, nel caso di specie, le ricorrenti producono  e  commercializzano
sigarette ad una classe di prezzo di vendita al pubblico inferiore  a
euro 245,00 per chilogrammo convenzionale. Per  tutte  le  classi  di
prezzo che vanno  da  euro  217,00  a  euro  245,00  per  chilogrammo
convenzionale l'onere fiscale minimo e' sempre pari  a  euro  194,72.
Per cui, in base alla disciplina interna sull'onere  fiscale  minimo,
le ricorrenti sono tenute a sostenere un'accisa, a  titolo  di  onere
fiscale minimo, ad importo fisso stabilito annualmente che  tende  ad
aumentare di anno in anno  in  base  alle  politiche  sui  prezzi  di
vendite dei maggiori operatori del mercato (nel 2020 e' euro  188,73;
nel 2021 e' di euro 193,21; nel 2022 e'  di  euro  194,72).  L'accisa
finisce con il rendere la domanda di sigarette ancora  piu'  elastica
rispetto al prezzo.  Una  simile  imposta  elide,  a  causa  del  suo
genetico meccanismo applicativo, la remunerazione che  le  ricorrenti
ritraggono  dalla  vendita  delle  sigarette.  I  provvedimenti,  che
determinato l'onere fiscale minimo, sono  direttamente  lesivi  della
posizione giuridica soggettiva delle ricorrenti e  piu'  in  generale
del diritto alla libera di iniziativa  economica  privata  (art.  41,
comma 1 della Costituzione). 
    I provvedimenti gravati trovano il proprio fondamento  normativo,
alla luce del principio di legalita' formale e sostanziale, nell'art.
39-octies del decreto legislativo n. 504/1995 che attua, a sua volta,
l'onere fiscale minimo sancito nell'art. 7, par. 4,  della  direttiva
2011/64/UE. In caso  di  declaratoria  di  incostituzionalita'  della
legge nazionale,  qui  denunciata,  quest'ultima  non  potrebbe  piu'
costituire la base giuridica dei provvedimenti impugnati. 
    Nei giudizi pendenti la pronuncia di illegittimita'  della  Corte
comporterebbe  l'invalidita'  (sub   species   di   nullita'   o   di
annullabilita') dei provvedimenti lesivi  della  posizione  giuridica
soggettiva dedotta in causa. 
    In punto di non manifesta infondatezza della questione sollevata,
si  evidenzia  come  la  disciplina  nazionale  nella  parte  in  cui
introduce un meccanismo di determinazione dell'onere  fiscale  minimo
che, in quanto agganciato all'accisa ad valorem, comporta, alla  luce
delle  considerazioni  esposte  in  precedenza,  un  carico   fiscale
maggiore sui produttori che commercializzano sigarette ad una  classe
di prezzo piu' bassa rispetto a quella c.d.  di  parita',  viola  gli
articoli 1 e 117 della Costituzione per il tramite  della  disciplina
interposta degli articoli 7, par. 3 e 4, 14, par. 1  e  15,  par.  1,
della direttiva 2011 /64/UE, prevista al fine di tutelare i  principi
di  libera  concorrenza  nel  mercato  interno  e  quindi  di  libera
determinazione del prezzo di  vendita  nel  settore  economico  della
produzione delle sigarette. 
    Il contrasto tra la disciplina europea  e  quella  nazionale  non
puo' essere superato in via  interpretativa,  ostandovi  a  tanto  la
obiettiva diversita' dei  presupposti  applicativi  della  disciplina
nazionale rispetto a quella europea. Il contrato  non  e'  risolubile
con  la  non  applicazione  della  normativa  interna  in  quanto  le
conferenti disposizioni della direttiva non hanno efficacia  diretta.
Trattandosi di disciplina europea priva di efficacia  diretta  e  non
potendosi  risolvere  il  contrasto   in   via   interpretativa,   e'
indispensabile sollevare la questione di legittimita' costituzionale. 
    In conclusione, il  Collegio  ritiene  rilevante  ai  fini  della
decisione delle presenti controversie e non manifestamente  infondata
la questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  39-octies,
commi 1-8, del decreto legislativo n.  504/1995,  in  relazione  alla
violazione degli articoli 11  e  117  della  Costituzione,  integrati
dalla disciplina interposta dettata dagli articoli 7, par. 3 e 4, 14,
par. 1 e 15, par. 1, della direttiva  2011/64/UE  sull'onere  fiscale
minimo e, pertanto, sottopone e rimette alla Corte costituzionale  la
relativa questione  di  legittimita'  costituzionale,  salvo  che  il
giudice costituzionale ritenga di interpellare la Corte di  giustizia
sulla corretta interpretazione della disciplina europea in esame. 
    Conseguentemente dispone la sospensione del presente giudizio  ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.