CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima sezione civile Composta dagli Illustrissimi signori magistrati: Maria Acierno - Presidente - rel.; Marco Vannucci - Consigliere; Andrea Fidanzia - Consigliere; Paolo Catallozzi - Consigliere; Roberto Amatore - Consigliere. Ordinanza interlocutoria sul ricorso 4642-bis 2021 proposto da: Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano; - ricorrente - contro B. M. N., K. A., Z. H., nella qualita' rispettivamente di zii e prozio dei minori Z. S. A e Z. S. R., rappresentati e difesi dall'avvocato Chiari Marina, del Foro di Brescia (elezione di domicilio digitale: marina.chiari@brescia.pecavvocati.it) controricorrente Z. S. R., Z. S. A., in persona del sindaco p. t. C. R. del Comune di ... quale tutore provvisorio dei minori, elettivamente domiciliati in Roma, viale Carso n. 43, presso lo studio dell'avvocato Izzo Adriano, rappresentati e difesi dal predetto avvocato Di Nella Maria Grazia, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrenti - S. D., rappresentata e difesa dall'avvocato Omazzi Lucia Carla, giusta procura in calce al controricorso, con studio in Roma, piazza del Popolo n. 14, presso cui ha eletto domicilio - controricorrente - Z. S., domiciliato in Roma, piazza Cavour, rappresentato e difeso dall'avvocato Chiari Marina, giusta procura in calce al controricorso del Foro di Brescia (elezione di domicilio digitale: marina.chiari@brescia.pecavvocati.it); - controricorrente - controricorrenti - udito il procuratore generale: sul ricorso P.G. presso la Corte di appello il quale ha concluso per l'inammissibilita' per tardivita' notificazione ricorso in Cassazione, con affermazione di un principio di diritto ex art. 363 del codice di procedura civile In subordine remissione della causa alle SS.UU. Corte e/o Corte costituzionale; udito, per i ricorrenti, l'avvocato Chiari Marina che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso P.G. Corte di appello di Milano; udito, per i controricorrenti, l'avvocato Di Nella Maria Grazia che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso P.G. Corte di appello di Milano; udito, per la controricorrente Sabini, l'avvocato Omazzi Lucia Carla che ha chiesto l'inammissibilita' del ricorso P.G. Corte di appello di Milano. Fatto 1. Il Tribunale per i minorenni di Milano, ha dichiarato il non luogo a provvedere in ordine alla dichiarazione di adottabilita' dei due minori R. ed A. la cui madre era stata uccisa dal loro padre Z. S., condannato per omicidio in primo grado a sedici anni di reclusione. Il medesimo tribunale ha dichiarato decaduto dalla responsabilita' genitoriale il padre ed ha disposto l'interruzione dei rapporti tra quest'ultimo ed i minori. Questi ultimi sono stati affidati ai prozii paterni Z. H. B. e R. N., residenti in Gran Bretagna, con previsione di coordinamento tra servizi sociali italiani che avevano preso in carico i minori con quelli britannici al fine di preparare i minori stessi al trasferimento con le modalita' piu' adeguate. In particolare era stato previsto che i servizi sociali britannici prendessero in carico l'intero nucleo familiare composto dai prozii e zii paterni, di conservare periodiche frequentazioni con la nonna materna, anche con contatti telefonici e video chiamate, di garantire l'apprendimento della lingua italiana. 2. Avverso tale pronuncia avevano proposto appello il tutore dei minori, con richiesta di sospensiva dell'efficacia del provvedimento di primo grado e la nonna materna chiedendo entrambi che fosse dichiarato lo stato di adottabilita' dei minori con possibilita' d'incontri con i familiari. 3. La Corte d'appello, in accoglimento dell'istanza di sospensiva, ha accertato che la coppia di prozii affidatari si era disgregata da molti mesi e che dal febbraio 2019 non incontrava piu' i bambini i quali avevano sporadici contatti con gli zii paterni, ritenuti gia' dal Tribunale per i minorenni inadeguati ad occuparsi dei minori. 4. In sede di decisione, la Corte d'appello ha dichiarato lo stato di adottabilita' dei minori. Dopo aver acquisito relazioni di aggiornamento sulla situazione dei bambini e dei loro rapporti con i parenti paterni e materni, a sostegno della decisione la Corte ha affermato per quel che interessa: la nonna materna ha chiesto che i minori fossero collocati mediante adozione legittimante in una famiglia che potesse occuparsi adeguatamente di loro precisando che ne' la famiglia del prozio paterno ne' gli zii avevano relazioni significative con i minori prima dell'omicidio commesso dal loro congiunto e che non disponevano delle capacita' relazionali ed emotive per garantire ai due bambini quel contesto familiare solido, sicuro ed attrezzato di cui avevano urgente bisogno dopo anni di comunita' educativa; il prozio paterno ha tenuto una condotta gravemente irresponsabile nei confronti dei minori, avendo tenuto nascosto agli operatori che dalla moglie, ritenuta figura idonea e competente ad occuparsi dei minori in funzione vicariante, capace di sostenere la giovane moglie del fratello del padre degli stessi, aveva divorziato. Non si e' reso conto che ai minori non serviva una famiglia qualsiasi fondata sul legame di sangue, ma avevano la estrema necessita' di vivere e crescere con adulti a loro del tutto dediti al fine di riparare il trauma gravissimo subito, non dovendosi trascurare che proprio dal contesto familiare paterno proveniva il padre, responsabile della morte della madre, ragione per cui serviva un distacco definitivo ed una ferma presa di posizione del nucleo di riferimento che la ex prozia si era dimostrata in grado di sostenere ma che nella nuova situazione mancava del tutto; gli zii paterni (il fratello del padre e sua moglie) all'osservazione degli operatori sono risultati fragili e meno capaci di differenziare i bisogni dei nipoti da quelli dei propri figli e di elaborare un pensiero netto e definito del gravissimo agito del congiunto. Il miglioramento intervenuto con l'arrivo della ex prozia ha subito un arresto e le criticita' principali del prozio e degli zii consistono nell'incapacita' di accogliere gli aspetti depressivi dei bambini e di riferirli al trauma, cercando di porre fine in fretta ai momenti di crisi riportando ad altro le cause delle predette criticita'; i minori rappresentano il bisogno di figure genitoriali forti ed un nucleo all'interno del quale sperimentare un'esperienza di attaccamento che possa essere anche riparativa e di cura per gli aspetti traumatici del loro vissuto. Per rivestire questo ruolo di cura esclusiva, gli zii paterni, pur sinceramente affezionati ai nipoti non hanno le risorse adeguate. Lo zio, in qualita' di custode dell'unita' familiare non e' in grado di contenere i momenti di fatica dei minori ed e' incapace di una relazione costruttiva e rassicurante; ha dimostrato scarsa empatia per il dolore dei nipoti essendo impegnato a garantire l'unita' della famiglia; la moglie, pur molto intelligente e riflessiva e' in difficolta' nel trovare strategie di avvicinamento emotivo con i minori, preoccupandosi di aspetti concreti. Inoltre dopo la scomparsa dalla scena familiare della prozia la moglie dello zio paterno non e' piu' riuscita a vedere i nipoti, sia per la difficolta' di venire in Italia come cittadina straniera, sia per l'indicazione degli operatori dei servizi territoriali. Anche il complessivo progetto di vita dei minori in Inghilterra in una grande casa in cui il nucleo familiare allargato dovrebbe coabitare sembra inadeguato ai minori che hanno urgente bisogno di accudimento specifico, personale e non indifferenziato. 5. In conclusione la Corte d'appello ha ritenuto che lo strumento piu' adeguato alla tutela dei minori in questione all'interno del panorama normativo italiano sia l'adozione legittimante da parte di famiglia scelta tra quelle adatte e selezionate dal Tribunale per i minorenni di Milano. Tuttavia, poiche' i minori conservano una relazione significativa con la nonna materna ed e' nel loro interesse conservare in futuro relazioni con i familiari del ramo paterno i quali hanno mostrato affetto verso di loro e che fanno parte della loro storia personale, anche in funzione dell'elaborazione del trauma subito che richiede non negazione od evitamento ma rivisitazione in tempi e con strumenti opportuni, la Corte territoriale ha considerato nel prevalente interesse dei minori conservare tali relazioni, attraverso l'intervento dei servizi territoriali che dovranno stabilire tempi (anche futuri) e modalita' d'incontri nel rispetto della privacy dei genitori adottivi e con la massima protezione dei bambini da interferenze esterne dannose per il loro benessere psico fisico. 6. Il Collegio ha provveduto alla separazione del ricorso proposto dal prozio e dagli zii paterni dei minori da quello proposto dal Procuratore generale presso la Corte d'appello. Il ricorso proposto dal prozio e dagli zii paterni e' stato deciso con sentenza n. ... del ... Diritto 7. L'inammissibilita' del ricorso Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano, cui e' stato dato regolare avviso dell'udienza del 19 settembre 2022, e' stato tardivamente notificato. La sentenza della Corte d'appello di Milano e' stata comunicata via Pec in forma integrale, il giorno 8 gennaio 2021, ma la notificazione del ricorso alle controparti risulta perfezionata il giorno 9 marzo 2021, ben oltre il termine di trenta giorni previsto dalla norma speciale (art. 17, legge n. 184 del 1983) che stabilisce per questa tipologia di procedimenti un percorso accelerato in funzione dell'urgenza della tutela da accordare ai minori (Cass. 30000 del 2020; per la equiparazione della comunicazione o notificazione via Pec a quella cartacea Cass. 10106 del 2018). 8. La richiesta di formulare principio di diritto ex art. 363, terzo comma del codice di procedura civile. 8.1 La questione sottoposta all'esame del Collegio dal ricorso del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano, come sottolineato anche dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione nella sua requisitoria, ha indubbia valenza nomofilattica. Con unico motivo di ricorso e' stata dedotta la violazione degli articoli 7 e ss e 44 e ss della legge n. 184 del 1983, per avere la Corte d'appello di Milano, innestato illegittimamente sull'adozione legittimante le caratteristiche proprie dell'adozione mite, con la previsione della conservazione dei legami con la famiglia di origine, nonostante la espressa previsione contraria contenuta nell'art. 27, legge n. 184 del 1983. La censura ha posto, in concreto, il problema della compatibilita', nel quadro della genitorialita' adottiva, ed in particolare nel sistema normativo relativo all'adozione legittimante, della previsione di non recidere i legami con la famiglia di origine, attualmente esclusa dall'art. 27, legge n. 184 del 1983. 8.2. Gia' nell'ordinanza interlocutoria n. 8450 del 2022 di rimessione di entrambi i ricorsi alla p.u. era stato sottolineato il rilievo nomofilattico della questione sottoposta all'attenzione della Corte di cassazione dal ricorso del P.G. presso la Corte d'appello. Era stata evidenziata la necessita' di approfondire il tema della configurabilita' nel nostro ordinamento di una pluralita' di modelli di adozione anche diversi da quello che determina la cessazione dei rapporti con la famiglia di origine. 8.3. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione condivide la valutazione gia' espressa nell'ordinanza interlocutoria ed evidenzia che la particolare importanza della questione si coglie non solo nella sua novita' ma anche nella preminente esigenza di regolare un settore nevralgico della vita sociale (gli orfani dei femminicidi come orfani «speciali») «nel quale vengono in gioco i diritti fondamentali della persona minore di eta' che ha vissuto gravi traumi emozionali». Per questa ragione il P.G. ha ritenuto che l'art. 27, legge n. 184 del 1983 nella parte in cui recita: «con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali» meriti un'attenta riflessione nei casi in cui non vi siano, come nella specie (il ricorso principale e' stato rigettato) regimi giuridici alternativi all'adozione legittimante e nello stesso tempo sia stato accertato il pregiudizio per lo sviluppo psico fisico dei minori conseguente alla recisione dei legami con le famiglie di origine. In alcune particolari ipotesi e' stata sottolineata la necessita' di scongiurare l'esclusione dall'accesso alla storia del ramo familiare materno e paterno «allo scopo di preservarne la memoria e preservare l'integrazione di tale dimensione nel processo necessario alla cura del trauma, posto che la memoria traumatica non puo' essere ne' negata ne' evitata ma rivisitata con tempi e strumenti opportuni» (cosi' la Corte d'appello di Milano nella sentenza impugnata). Occorre evitare, sottolinea il P.G. nella sua requisitoria, che il trauma derivato dalla perdita di entrambe le figure genitoriali diventi ancora piu' radicato con l'aggiunta della definitiva recisione di legami con importanti figure di riferimento che non sono dannose per lo sviluppo psicologico dei bambini ma non possono assumere funzione vicariante. 8.4. per le ragioni sopresposte il P.G. chiede, in via principale, che la Corte affermi ex art. 363 del codice civile che l'assolutezza del divieto contenuta nell'art. 27, legge n. 184 del 1983 possa fare salvo «il superiore interesse del minore» a non recidere per il suo benessere psicologico il legame con i rami familiari d'origine. Cio' ove si riveli necessario all'esito di accurato accertamento giudiziale. 9. La richiesta subordinata del P.G. di rimessione alla Corte costituzionale In via subordinata viene sollecitata la rimessione alla Corte costituzionale ove il divieto sopraevidenziato non si ritenga superabile alla luce di un'interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma, al fine di valutare «la tenuta costituzionale di una norma (l'art. 27) in un contesto sociale profondamente mutato, quale quello attuale, dove la recisione dei legami con i nuclei familiari originari, pur essendo frequentemente necessaria, non sempre e' criterio adeguato per fornire una tutela sostitutiva ed effettiva alle situazioni dolorose generate da forme di violenza familiare ed assistita». 10. La via obbligata della rimessione alla Corte costituzionale 10.1 Il Collegio ritiene che non possa essere affermato il principio di diritto nell'interesse della legge cosi' come richiesto dalla Procura generale, pur condividendo la valutazione relativa alla rilevanza nomofilattica della questione anche in considerazione della sua novita' e forte attitudine a presentarsi in casi futuri. L'art. 27, legge n. 184 del 1983, pur essendo collocato nel Capo IV (della dichiarazione di adozione) e non nel capo II (della dichiarazione di adottabilita') fissa al comma 3 una regola che, allo stato, imprime all'adozione legittimante un tratto peculiare, prevedendo una radicale soluzione di continuita' tra la famiglia di origine e la famiglia adottiva. La ratio si colloca nell'accertamento posto alla base della dichiarazione di adottabilita' che consegue ad una valutazione di totale inadeguatezza dei genitori e dei parenti fino al quarto grado (art. 10, comma 2) che si propongano come figure vicarianti. La genitorialita' adottiva nel modello dell'adozione legittimante si pone come pienamente sostitutiva di quella biologica in modo da creare una netta discontinuita' rispetto al quadro familiare dal quale e' scaturita la situazione di abbandono. Questa impostazione iniziale, tuttavia, e' stata temperata gia' in via legislativa a partire dalla riforma introdotta con la legge 149 del 2001 che ha stabilito il diritto del figlio adottivo a conoscere le proprie origini a partire dall'eta' di 25 anni formulando un'istanza al tribunale per i minorenni che provvede, adottando le cautele di riservatezza necessarie, (art. 28, commi 5 e 6) oltre che un dovere per i genitori adottivi di informare il figlio con le modalita' ritenute piu' opportune del suo peculiare status filiale. La necessita' di non escludere o cancellare il passato nella costruzione dell'identita' e della personalita' del minore ha, infine, dato luogo a forme e modelli adottivi che, ispirandosi a quelli tipizzati nell'art. 44, legge n. 184 del 1983 hanno inteso proprio escludere quella soluzione di continuita' che il legislatore del 1983 aveva voluto realizzare con il modello esclusivo o dominante dell'adozione legittimante che, a parte il diritto all'acquisizione delle informazioni sulle proprie origini una volta raggiunta la maggiore eta', e' rimasta ferma pur essendo profondamente cambiato il contesto sociale e culturale all'interno del quale la norma si trova ad operare. La sua formulazione, tuttavia, non lascia spazio interpretativo ad una applicazione che possa conformarsi all'effettivo interesse del minore. La previsione della recisione dei legami con la famiglia di origine ha carattere assoluto, nell'adozione legittimante in quanto il legislatore ancorche' con valutazione predeterminata, generale ed astratta ha ritenuto che solo la cancellazione della famiglia di origine possa garantire la realizzazione della piena tutela e del pieno interesse del minore, senza lasciare spazio ad una valutazione in concreto. La salvezza dei divieti matrimoniali, una previsione sostanzialmente pleonastica, conferma la scelta del legislatore in ordine all'intangibilita' in via interpretativa del divieto (di conservare, nel caso sia corrispondente all'interesse del minore, i legami con la famiglia di origine). Il sistema normativo disciplinato ai capi II e IV della legge n. 184 del 1983 si fonda su un inscindibile nesso causale sussistente tra dichiarazione di adottabilita' e dichiarazione di adozione con automatico effetto di recisione dei legami, non superabile in via interpretativa. Alla luce di queste premesse ritiene il Collegio che sia impossibile un'interpretazione costituzionale della norma (Corte costituzionale n. 356 del 1996; n. 21 del 2013). 10.2. L'inderogabilita' della recisione dei legami con la famiglia di origine, intesa come tratto distintivo dell'adozione legittimante rispetto ai modelli adottivi previsti dall'art. 44, legge n. 184 del 1983, non costituisce sempre, per le ragioni gia' esposte, la soluzione preferibile per il minore, anche qualora non sussistano le condizioni per intraprendere un percorso adottivo diverso da quello che conduce a questa scelta. Ritenere, come previsto nell'art. 27, il modello dell'adozione legittimante (che ha come presupposto necessario indefettibile la dichiarazione di adottabilita') incompatibile con la conservazione di legami con il nucleo familiare e parentale di origine (da definirsi nel contenuto e nel tempo secondo il monitoraggio disposto dal giudice specializzato) puo' non corrispondere in talune situazioni all'interesse del minore, ponendolo cosi' nella condizione di ricevere un profilo di tutela ingiustificatamente inferiore a quello che potrebbe avere ove il divieto non fosse vigente ed ad essere discriminato per l'impossibilita' di accedere a forme di adozione cd. mite per la mancanza di effettive figure vicarianti o di riferimento. 10.3 Si ritiene, di conseguenza, di condividere la richiesta formulata in via subordinata dalla Procura generale di rimessione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 3, legge n. 184 del 1983, dal momento che la recisione definitiva dei legami con la famiglia di origine puo' non essere il modo adeguato per affrontare situazioni particolari di abbandono, una volta che l'applicazione rigida della norma possa rivelarsi alla luce di indagine specifica, contrastante con l'interesse del minore. 11. La rilevanza 11.1 La questione di costituzionalita' che s'intende sollevare e' rilevante in funzione dell'intervento nomofilattico che la Corte intende svolgere ex art. 363 del codice di procedura civili nell'interesse della legge, ricorrendone i presupposti dell'inammissibilita' del ricorso e della particolare importanza della questione cui deve aggiungersi l'attualita', attestata dalla sempre piu' frequente emersione giurisprudenziale di situazioni di confine nei giudizi volti ad accertare i presupposti per la dichiarazione di adottabilita'. La Corte costituzionale con la sentenza n. 119 del 2015 ha riconosciuto che puo' essere sollevato incidente di costituzionalita' anche in sede di procedimento volto all'enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge, ove la questione, nella specie consistente nella compatibilita' costituzionale della recisione dei legami con la famiglia di origine come conseguenza automatica ed inderogabile della dichiarazione di adottabilita' (ancorche' formalmente contenuta nella norma relativa agli effetti della dichiarazione di adozione) costituisca «per il giudice rimettente un passaggio ineludibile ai fini della formulazione del principio di diritto ai sensi dell'art. 363, terzo comma del codice di procedura civile, ossia ai fini della pronuncia di quella regola di giudizio che - sebbene non influente nella concreta vicenda processuale - e' destinata a valere come criterio di decisione di casi futuri». Al riguardo, non e' un ostacolo l'astrazione del giudizio a quo rispetto alla composizione degli interessi sostanziali fatti valere nelle sue precedenti fasi, conclusi, nella specie, con il rigetto del ricorso principale. La nozione di concretezza cui e' legata la rilevanza della questione non si traduce, infatti, nella necessita' di una concreta utilita' per le parti del giudizio di merito ma nell'affermazione del corretto principio di diritto di rilievo nomofilattico nell'interesse della legge. Infine non puo' escludersi la legittimazione della Corte di cassazione, in sede di enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge, a sollevare la questione di costituzionalita'. Afferma espressamente la Corte costituzionale nella sentenza n. 119 del 2015 che: «cosi' com'e' indubitabile che la Corte di cassazione sia organicamente inserita nell'ordine giudiziario, altrettanto indubitabile e' l'inerenza alla funzione giurisdizionale dell'enunciazione del principio di diritto». 12. La non manifesta infondatezza 12.1 Il dubbio di legittimita' costituzionale relativo all'art. 27, comma 3, legge n. 184 del 1983 nella parte in cui afferma che con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvo i divieti matrimoniali si rileva, inoltre, non manifestamente infondato in riferimento agli articoli 2, 3, 30 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 Cedu e agli articoli 3 e 21 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 21 novembre 1989 e ratificata con legge n. 176 del 1991 ed art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La centralita' del preminente interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano assume un'angolazione peculiare, all'interno del sistema normativo della genitorialita' adottiva, introdotta dalla legge n. 184 del 1983 e successive modificazioni, perche' i modelli di genitorialita' adottiva sono predeterminati in modo rigido sia in relazione alle condizioni di accesso che in relazione agli effetti del conseguimento dello status filiale. Questo impianto normativo non ha, tuttavia, impedito un'interpretazione estensiva dei modelli di genitorialita' adottiva diversi dall'adozione legittimante tanto da identificare nella fattispecie astratta prevista nell'art. 44, lettera d) una sorta di clausola residuale, (Corte costituzionale n. 388 del 1999) che ha consentito l'emersione e l'attuale affermazione della cd. adozione mite fino all'adeguamento del modello, (riprodurre testo norma), alle coppie omogenitoriali (Corte costituzionale n. 79 del 2022; Cass. 12692 del 2016; S.U. 12193 del 2019). La flessibilita' e' stata imposta dal rilievo crescente della concreta considerazione del preminente interesse del minore nell'esame delle singole situazioni e nella ricerca delle soluzioni piu' adeguate. La tutela del preminente interesse del minore, cosi' come affermata nella Convenzione di New York (art).3 e successivamente riprodotta nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (art. 24) ed in numerose norme di recente introduzione di diritto interno (art. 155-sexies e 337-octies del codice civile), da ratio conformatrice del sistema legislativo di tutela dei minori, interamente inverata attraverso il paradigma normativo, in modo predeterminato ed astratto, e' divenuto criterio determinante nelle decisioni relative ai minori. Con l'aiuto delle scienze psicologiche e sociali, sempre piu' attente a considerare il minore nella integralita' della sua vicenda umana, il criterio del preminente interesse ha acquistato concretezza ed effettivita' ed e' divenuto il metodo di valutazione delle scelte piu' adeguate per il suo sviluppo psico fisico. Questa specifica attitudine, mal si concilia con un sistema normativo che non presenti margini di flessibilita' quale quello relativo al complesso procedimento che dall'accertamento dello stato di abbandono, conduce alla dichiarazione di adottabilita' ed infine con separato procedimento all'adozione legittimante. L'art. 27, comma 3 della legge n. 184 del 1983 che di questo sistema e' una norma cardine costituisce un esempio paradigmatico di norma apertamente contrastante con la necessita' di valutare in concreto il preminente interesse del minore. Pur essendo in un capo diverso (Capo IV) rispetto a quello che disciplina la dichiarazione di adottabilita', influenza in modo determinante la precedente fase processuale che conduce alla dichiarazione di adottabilita', dal momento che a partire da essa cessano i rapporti con la famiglia di origine pur essendo necessario il successivo procedimento volto alla dichiarazione di adozione. 13 L'orientamento della giurisprudenza di legittimita' 13.1 Ove le indagini tecniche, le relazioni dei servizi territoriali ed infine il convincimento sorretto da motivazione adeguata del giudice del merito convergano sulla necessita', per il minore, in un procedimento volto all'accertamento dello stato di abbandono ed alla conseguente dichiarazione di adottabilita', di non recidere il legame con i genitori o il genitore biologico perche' questa determinazione arrecherebbe pregiudizio al minore stesso, la giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto che non possa dichiararsi l'adottabilita' del minore e che debba vagliarsi la possibilita' di un regime di affidamento o di un modello adottivo mite. Le fattispecie esaminate hanno riguardato situazioni in cui vi era un forte e continuativo legame del minore con uno od entrambi i genitori biologici, nonostante rilevate carenze in campo educativo e di assistenza erano presenti figure parentali che avevano rapporti significativi con il minore. In queste ipotesi si rendeva necessario accertare l'esistenza di un'alternativa all'adozione legittimante, proprio perche' modello rigido ed incapace di contenere la complessita' della condizione del minore e di non produrre, per questa ragione pregiudizio al suo sviluppo psico fisico dovuto a distacchi o lontananze traumatiche. L'affermazione di questo orientamento (Cass. 3643 del 2020; 1476 e 35840 del 2021; 21024 del 2022), fondato sulla stretta correlazione tra dichiarazione di adottabilita' e necessita' di non recidere i legami con il genitore o i genitori biologici non contrasta con la diversa esigenza posta dalla questione sottoposta al vaglio di costituzionalita', dal momento che con essa non si vuole sottolineare la necessita' di circoscrivere ulteriormente il ricorso all'adozione legittimante proponendo una ulteriore limitazione (la necessita' di conservare i legami con i genitori biologici in funzione del preminente interesse del minore), ma di evidenziare che ove non sia praticabile una strada diversa dall'adozione legittimante, il modello normativo puo' rivelarsi, in determinate situazioni, non piu' coerente con il quadro costituzionale e convenzionale di riferimento a causa dell'inderogabile prescrizione della recisione dei legami non solo con i genitori ma con l'intero nucleo parentale cosi' come delineato dall'art. 10, comma 2, legge n. 184 del 1983. 13.2 Il caso di specie e' emblematico al riguardo. Si iscrive nel catalogo delle esperienze piu' traumatiche che un minore possa vivere: la perdita immediata ed improvvisa del rapporto con entrambi i genitori, dovuta ad una vicenda tragica ed inemendabile. In questa o in altre situazioni analoghe in cui la relazione con i genitori non abbia margini di recuperabilita' e non vi siano figure effettivamente sostitutive nell'ambito dei parenti ex art. 10, comma 2, legge n. 184 del 1983, il ricorso alla dichiarazione di adottabilita' ed al modello adottivo di cui all'art. 27, legge n. 184 del 1983 puo' essere inevitabile. Cio' tuttavia non esclude che debba essere lasciata al giudice minorile la possibilita' d'indagare in concreto se la definitiva recisione dei legami con i nuclei familiari di origine, all'interno dei quali il minore abbia vissuto la relazione con i propri genitori, sia una soluzione che corrisponda al suo interesse o vi arrechi pregiudizio. 14. I parametri costituzionali violati. 14.1 L'inderogabilita' dell'art. 27, comma 3, esclude questa possibilita' e consegna esclusivamente alla norma la valutazione in modo predeterminato ed astratto di tutte le variabili che compongono il cd. preminente interesse del minore. Cosi' facendo la norma contrasta con gli articoli 2, 3 da leggersi unitamente all'art. 30 e 117 con riferimento all'art. 8 Cedu. ed agli gli articoli 3 e 21 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 21 novembre 1989 e ratificata con legge n. 176 del 1991 ed art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 14.2 Con l'art. 2 perche' non consente di mettere in campo tutte le energie affettive e relazionali (ove ritenute produttive di benefici all'esito di rigoroso accertamento giudiziale) che possono contribuire alla costruzione dell'identita' ed allo sviluppo equilibrato della personalita' di minori che hanno subito deprivazioni affettive di particolare gravita' ed impatto traumatico. 14.3 Con l'art. 3 perche' determina un'ingiustificata disparita' di trattamento con gli altri modelli di genitorialita' adottiva, previsti dall'art. 44, legge n. 184 del 1983, per i quali non e' normativamente prevista la recisione dei legami con i nuclei familiari di origine pur essendo, anche grazie ad un recente intervento della Corte costituzionale (sent. n. 79 del 2022) i diritti del minore nella famiglia adottiva sostanzialmente equiparati a quelli previsti nel modello dell'adozione legittimante. La inderogabilita' della recisione dei legami esclude a priori la valutazione del concreto interesse del minore in una situazione nella quale massima dovrebbe essere l'attenzione a tutti gli aspetti ed interventi che possano concorrere a non complicarne ulteriormente il fragile percorso di crescita. L'omissione in via generale di ogni considerazione relativa alla natura ed effetti dei legami endofamiliari anche con figure diverse dai genitori, determina, per la sua rigidita', una discriminazione tra minori destinati univocamente all'adozione legittimante e minori ai quali non e' precluso il ricorso ai modelli adottivi di cui all'art. 44, legge n. 184 del 1983, ove per entrambe le tipologie si riveli necessario, alla luce della indagine giudiziale condotta caso per caso, non recidere i legami con il contesto familiare di provenienza. 14.3 Con l'art. 117 della Costituzione in relazione alla violazione dell'art. 8 Cedu per la costante ed univoca inclusione nell'ambito del diritto alla vita familiare del diritto del minore a non vedere recisi i legami con il nucleo familiare di origine quando cio' sia coerente con il perseguimento del suo preminente interesse, da accertarsi in relazione alla natura ed effettivita' delle relazioni instaurate prima della legittima dichiarazione di adottabilita' (caso Zhou c. Italia, sentenza del 21 gennaio 2014; caso R.V. ed altri c. Italia sentenza del 18 luglio 2019 ricorso n. 37748 del 2013; Caso A.I. c. Italia sentenza 1° aprile 2021, ricorso n. 70896 del 2017; caso Omorefe c Spagna, sentenza del 23 giugno 2020 ricorso n. 69339 del 2016; caso Pedersen ed altri contro Norvegia, sentenza del 7 settembre 2020 ricorso n. 39710 del 2015; caso Fiagbe c. Italia, sentenza del 28 aprile 2022 ricorso n. 18549 del 2020 ed infine Sentenza della Grande camera del 10 settembre 2019 caso Strand Lobben contro Norvegia, ricorso n. 37283 del 2013). nonche' del suo diritto alla vita privata, ove la provenienza geopolitica e culturale del contesto familiare originario costituisca, come nel caso di specie, un profilo non cancellabile della identita' personale del minore stesso. Pur nella consapevolezza che l'interpretazione dell'art. 8 Cedu, fornita dalla Corte di Strasburgo in tema di proporzionalita' dell'ingerenza nel diritto alla vita privata e familiare del minore, nelle decisioni giudiziali in tema di adozione, riguarda prevalentemente la conservazione del legame con i genitori o il genitore biologici, le indicazioni provenienti dalle pronunce della Corte Edu sono univocamente dirette a superare gli ostacoli normativi (o procedimentali) che impediscano, anche a fronte di irreversibile inidoneita' genitoriale (o del nucleo parentale che si propone come vicariante), la concreta valutazione degli effetti della recisione dei legami endofamiliari cosi' da adattare i modelli normativi all'obiettivo del perseguimento effettivo del preminente interesse del minore. L'esigenza di verificare, caso per caso, la condizione del minore che nei procedimenti in esame si presenta sempre caratterizzata da forti criticita', esclude la compatibilita' costituzionale con la declinazione del diritto alla vita privata e familiare cosi' come univocamente espresso nei principi della Corte Edu, dell'automatismo contenuto nell'art. 27, comma 3, legge n. 184 del 1983, in relazione all'inderogabile effetto della recisione di tutti i legami familiari pregressi (anche relativi ai parenti fino al quarto grado di cui all'art. 10, comma 2, legge n. 184 del 1983), derivante dalla dichiarazione di adottabilita'. Il determinismo della norma censurata contrasta con la necessita' di una pluralita' di modelli adottivi flessibili pur nella predeterminazione legislativa che consentano di adeguare alla concretezza delle situazioni, lo statuto protettivo del minore da adottare, tenuto conto dell'evoluzione del contesto sociale e degli approdi piu' accreditati e recenti delle scienze sociali (questi ultimi largamente richiamati dalla Corte Edu, in particolare nella decisione della Grande camera sopra richiamata, caso Strand Lobben contro Norvegia) nonche' del contesto culturale e geografico di provenienza del minore che in molte situazioni costituisce un tratto ineliminabile della sua identita'. 14.4 Con gli articoli 3 e 21 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 21 novembre 1989 e ratificata con legge n. 176 del 1991 ed art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea per la centralita' che la valutazione del preminente interesse del minore assume nel diritto convenzionale internazionale, con riferimento al contesto familiare ed affettivo di riferimento. In primo luogo l'art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (fatta a New York il 24 ottobre 1989 e ratificata) con il quale e' stata sancita la necessita' di valutare il preminente interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano. In secondo luogo l'art. 20, comma 3, della medesima Convenzione, che impone di valutare nella selezione dei modelli di sostituzione o di sostegno alla genitorialita' biologica, la continuita' educativa e la considerazione per l'origine etnica, religiosa, culturale e linguistica. Di pari rilievo l'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che ribadisce la preminenza dell'interesse del minore. 15. Le lacune del quadro attuale 15.1 La giurisprudenza di legittimita' e di merito ha da tempo intrapreso il percorso di avvicinamento delle norme in tema di adozione, fondate su un sistema sostanzialmente monista (con il microsistema delle adozioni in caso particolare in posizione marginale rispetto all'adozione legittimante) ad un sistema pluralistico che, valorizzando proprio le aperture normative dell'adozione in casi particolari, sia capace di adeguare i modelli di genitorialita' adottiva alla molteplicita' delle nuove situazioni che vengono ad emersione giurisprudenziale, sia che si tratti di situazioni legate ad una condizione di carenza di cure o di semi abbandono del minore; sia che si tratti di nuovi modelli di genitorialita' sociale (coppie omoaffettive) cui dare riconoscimento e tutela. 15.2 La Corte costituzionale con la sentenza n. 79 del 2022 ha reso omogeneo lo statuto dei diritti del minore eliminando quasi interamente le differenze di tutela tra i vari modelli adottivi. 15.3 Manca tuttavia un ulteriore tassello al consolidamento di un sistema di tutela realmente uniforme del minore, in mancanza del quale risultano violati i paradigmi costituzionali sopra illustrati. Occorre rimuovere la rigidita' e la assolutezza delle conseguenze della dichiarazione di adozione (legittimante) in relazione alla cessazione dei rapporti con la famiglia di origine, intesa, con riferimento all'adozione piena, non solo in senso nucleare (i genitori od il genitore biologico,) ma anche con riferimento ai parenti entro il quarto grado con il quale il minore abbia avuto rapporti significativi (art. 10, comma 2, legge n. 184 del 1983). La concreta valutazione del preminente interesse del minore anche in condizioni di particolare criticita', da svolgersi all'esito di un esame accurato del contesto familiare puo' condurre, anche quando si decida per il modello piu' radicale di genitorialita' adottiva, a dover preservare la continuita' relazionale, nei limiti imposti dalle esigenze del caso concreto, con i parenti entro il quarto grado, pur se ritenuti inidonei a svolgere un'effettiva funzione vicariante ove la definitiva recisione di tutti i legami con tale contesto familiare originario risulti pregiudizievole per lo sviluppo della personalita' del minore. 16. La questione di legittimita' costituzionale 16.1 In conclusione il Collegio, visto l'art. 134 della Costituzione; l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 2, 3, 30 della Costituzione ed all'art. 117 della Costituzione con riferimento all'art. 8 Cedu; agli articoli 3 e 21 della Convenzione Onu fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata con legge 20 maggio 1991, n. 176; all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la questione di costituzionalita' riguardante l'art. 27, comma 3, legge n. 184 del 1983 nella parte in cui stabilisce che con l'adozione legittimante derivante dall'accertamento dello stato di abbandono e dalla dichiarazione di adottabilita' cessano irreversibilmente i rapporti dell'adottato (e conseguentemente del minore adottabile per effetto della dichiarazione di adottabilita') con la famiglia di origine estesa ai parenti entro il quarto grado (art. 10, comma 4, legge n. 184 del 1983), escludendo la valutazione in concreto del preminente interesse del minore a non reciderli secondo modalita' stabilite in via giudiziale.