TRIBUNALE DI NAPOLI 
                        Ufficio G.I.P./G.U.P. 
                             Sezione 24 
 
    Ordinanza ai sensi degli articoli 134 della  Costituzione,  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11  marzo  1953,  n.
87. 
    Il  giudice,  dott.  Antonino  Santoro,  sciogliendo  la  riserva
assunta all'udienza del 10 novembre 2022 nel  procedimento  penale  a
carico di: 
        1) D.....  E.....  nato  a  .....  il  .....,  alias  G.....,
attualmente detenuto per questo procedimento penale  presso  la  Casa
circondariale di .....; difeso di fiducia dall'avv. Francesco  Anelli
del Foro di Roma, con studio in Roma alla piazza  della  Liberta,  n.
20; 
        2) G..... G....., nato a ..... (..) il ....., alias  pa.....,
attualmente agli arresti domiciliari presso il Servizio  speciale  di
protezione in regime dei collaboratori di giustizia per altro; difeso
di fiducia dall'avv. Valeria Maffei del Foro di Roma, con  studio  in
Roma alla piazza Conca d'Oro, n. 25; 
        3) N..... C..... nato a ..... il ....., attualmente  detenuto
allo speciale regime dei collaboratori di giustizia per altro; difeso
di fiducia dall'avv. Eleonora Appolloni del Foro di Roma, con  studio
in Roma alla via Pietro Sterbini, n. 4; 
        4) T..... E....., nato ad  .....  il  .....,  alias  pi.....,
libero,  sottoposto  allo  speciale  regime  dei   collaboratori   di
giustizia; difeso di fiducia dall'avv. Domenico Esposito del Foro  di
Torre Annunziata; 
    Imputati (unitamente ai seguenti soggetti, per i quali si procede
separatamente con rito abbreviato: 
        A..... G....., A..... A....., B..... S.....,  C.....  E.....,
C..... C....., C..... F....., D'A..... P....., D..... F.....  L.....,
E..... M....., F..... E....., M..... A.....,  M.....  G.....,  M.....
M....., M..... C..... N..... A....., N.....  P.....,  O.....  S.....,
P..... P....., P..... M....., Q..... C.....,  R.....  R.....,  R.....
S....., S..... S....., V..... R....., V.....  A.....  J.....,  V.....
P.....) 
    1) del delitto p. e p. dagli articoli 74, commi 1, 2 e 3  decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990,  61  n.  9)  del  codice
penale, per essersi associati tra loro e con M..... S.....  e  R.....
G....., per i quali si procede  con  giudizio  ordinario,  in  numero
superiore a dieci,  alcuni  dei  quali  dediti  all'uso  di  sostanze
stupefacenti, al fine di compiere attivita' di  acquisto,  detenzione
ai fini di spaccio e  spaccio  di  sostanza  stupefacente,  del  tipo
marijuana, hashish e  cocaina,  all'interno  del  Reparto  .....  del
Centro penitenziario di ....., con divisione di compiti e funzioni. 
    In particolare: 
        V..... A.....  J.....,  in  qualita'  di  promotore,  capo  e
organizzatore del sodalizio criminoso, con la funzione di dirigere  i
partecipi  e  di  organizzare  l'attivita'  di  approvvigionamento  e
spaccio della sostanza stupefacente, nonche'  con  l'ulteriore  ruolo
della gestione organizzativa e  direttiva  dei  compiti  degli  altri
associati  in  relazione  ai  tempi,  ai  luoghi  e  alle   modalita'
dell'attivita'   illecita   e   della   ripartizione   dei   proventi
dell'attivita' illecita; 
        S..... S.....,  in  qualita'  di  capo  e  organizzatore  del
sodalizio, come diretto collaboratore di V..... A..... J....., con la
funzione di dirigere  i  partecipi,  di  organizzare  l'attivita'  di
approvvigionamento e spaccio della sostanza stupefacente tra le varie
sezioni del Reparto ..... e di raccogliere dai responsabili dei  vari
gruppi di spaccio il pagamento della droga loro consegnata; 
        M..... A....., in qualita' di  capo  del  gruppo  di  spaccio
operante  all'interno  del   Reparto   .....   Sezione,   e   diretto
collaboratore di V..... A.....  J.....,  occupandosi  in  particolare
della gestione e organizzazione dell'attivita' di  approvvigionamento
della droga e delle consegne di droga ai  vari  spacciatori,  nonche'
organizzando nell'ambito del proprio gruppo lo spaccio  al  dettaglio
delle singole dosi tra i vari detenuti; 
        T..... E....., P..... M..... e G..... G....., in qualita'  di
capi del gruppo di spaccio operante  all'interno  del  Reparto  .....
Sezione, soprattutto dopo il trasferimento di V..... A..... J..... ad
altro  Reparto,  occupandosi  in   particolare   della   gestione   e
organizzazione dell'attivita' di  approvvigionamento  della  sostanza
stupefacente e delle consegne di droga ai vari  spacciatori,  nonche'
organizzando nell'ambito del proprio gruppo lo spaccio  al  dettaglio
delle singole dosi tra i vari detenuti; 
        A..... A....., in qualita' di  capo  del  gruppo  di  spaccio
operante  all'interno  del  Reparto  .....  Sezione,   alle   dirette
dipendenze di V.....  A.....  J.....,  organizzando  nell'ambito  del
proprio gruppo le attivita' di approvvigionamento della  droga  e  lo
spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; 
        N..... C..... e N..... A....., in qualita' di capi del gruppo
di  spaccio  operante  all'interno   del   Reparto   .....   Sezione,
organizzando  nell'ambito  del  proprio  gruppo   le   attivita'   di
approvvigionamento della  droga  e  lo  spaccio  al  dettaglio  delle
singole dosi tra i vari detenuti; 
        R..... R....., in qualita' di  capo  del  gruppo  di  spaccio
operante  all'interno  del  Reparto   .....   Sezione,   organizzando
nell'ambito del proprio gruppo lo spaccio al dettaglio delle  singole
dosi tra i vari detenuti; 
        M..... S....., in qualita' di capo  ed  organizzatore,  quale
guardia penitenziaria che collaborava direttamente con V.....  A.....
J..... e M..... A....., con il compito di ricevere la droga da D.....
F.....  L.....  che   poi   introduceva   illecitamente   all'interno
dell'Istituto penitenziario e consegnava agli  stessi  V.....  A.....
J..... e M..... A.....; 
        D..... F..... L....., in qualita' di capo ed  organizzatrice,
come diretta  collaboratrice  del  compagno  M.....  A.....,  con  il
compito di ritirare a ....., la sostanza  stupefacente  ordinata  dal
carcere dallo stesso M..... ai propri fornitori e di consegnarla alla
guardia penitenziaria  M.....  S.....,  che  dopo  averla  introdotta
illegalmente all'interno dell'Istituto penitenziario, la consegnava a
V..... A..... j..... e allo stesso M.....; 
        D'A..... P....., in qualita' di capo ed organizzatrice,  come
diretta collaboratrice del compagno T..... E....., con il compito  di
ritirare a ....., anche in compagnia  di  D.....  F.....  L.....,  la
sostanza stupefacente ordinata dal carcere dallo stesso M....., e poi
anche dal compagno T..... ai propri fornitori e di  consegnarla  alla
guardia penitenziaria  M.....  S.....,  che  dopo  averla  introdotta
illegalmente all'interno dell'Istituto penitenziario, la consegnava a
V..... A..... j..... e poi allo stesso T.....; 
        e gli altri quali partecipi del sodalizio criminoso; 
    in particolare: 
        V..... P....., A..... G..... e B..... S.....,  quali  diretti
collaboratori di A..... A....., addetti all'interno del Reparto .....
Sezione, al taglio della sostanza  stupefacente  e  allo  spaccio  al
dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; 
        C..... E....., E..... M....., O..... S..... e M.....  G.....,
quali diretti collaboratori di A..... A....., addetti all'interno del
Reparto .....  Sezione,  alla  custodia  della  droga  e  in  qualche
occasione anche allo spaccio al dettaglio delle singole  dosi  tra  i
vari detenuti; 
        R..... G..... e D'A..... E....., quali detenuti  con  compiti
di  spesini,  addetti  all'interno  del  Reparto  .....  Sezione,  al
trasporto e alla consegna della droga ai  vari  detenuti,  incaricati
dello spaccio al dettaglio delle singole dosi; 
        C..... C....., V..... R....., quali diretti collaboratori  di
N..... C..... e N..... A....., addetti all'interno  del  Reparto.....
Sezione, alla custodia della droga e in qualche occasione anche  allo
spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; 
        F..... E....., quale detenuto con compito di spesino, addetto
all'interno del Reparto ..... Sezione, al trasporto e  alla  consegna
della droga ai vari detenuti, incaricati dello spaccio  al  dettaglio
delle singole dosi; 
        N..... P....., M..... M....., Q..... C.....,  M.....  C.....,
R..... S.....; C..... F....., quali diretti collaboratori  di  M.....
A....., addetti all'interno del  Reparto  .....  Sezione,  al  taglio
della sostanza stupefacente e allo spaccio al dettaglio delle singole
dosi tra i vari detenuti; 
        P..... P....., quale detenuto con compito di spesino, addetto
all'interno del Reparto ..... Sezione, al trasporto e  alla  consegna
della droga ai vari detenuti, incaricati dello spaccio  al  dettaglio
delle singole dosi. 
    Con  l'ulteriore  aggravante  dell'aver  commesso  il  fatto  con
l'abuso della qualita' di  pubblico  ufficiale  rivestita  da  M.....
S....., nota agli altri associati. 
    In ..... all'interno del Centro penitenziario di ..... e in altri
luoghi anche in comuni limitrofi con condotta perdurante almeno  fino
al dicembre 2019. 
        T..... E..... (unitamente a M..... A.....,  D'A.....  P.....,
V..... A..... J....., D..... F..... L....., per i  quali  si  procede
separatamente con rito abbreviato). 
    2) del reato di cui agli articoli 110, 81  cpv,  319  e  321  del
codice penale, perche', in concorso e previo accordo tra loro  e  con
M..... S....., per il quale si procede con  giudizio  ordinario,  con
piu' atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, anche in  tempi
diversi, M..... A....., V..... A..... J.....,  T.....  E.....,  quali
detenuti presso il Reparto ..... del Centro penitenziario  di  .....,
in  concorso  con   D'A.....   P.....   e   D.....   F.....   L.....,
rispettivamente compagne di T..... E..... e M..... A.....,  davano  a
M..... S....., quale agente della polizia penitenziaria  in  servizio
presso il suddetto Centro penitenziario  di  .....,  denaro  o  altre
utilita', in particolare la somma di denaro di 300/400 euro per  ogni
carico di droga, la somma di denaro di 300 euro  per  ogni  pacchetto
contenente telefoni cellulari e la somma di denaro  di  200/250  euro
per quelli contenenti profumi, per compiere atti contrari  ai  doveri
del suo ufficio, consistiti nel far entrare all'interno del  suddetto
Istituto penitenziario sostanza stupefacente,  telefoni  cellulari  e
altri oggetti del genere non consentiti, soprattutto profumi. 
    In ..... almeno fino al dicembre 2019, 
        N..... C..... (unitamente a R..... S.....  e  F.....  E.....,
per i quali si procede separatamente con rito abbreviato). 
    3) del reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v. e 321 del codice
penale, perche', in concorso e previo accordo tra  loro,  con  G.....
F.....  e  F.....  M.....,  per  i  quali  si  procede  con  giudizio
ordinario, e con altri soggetti allo stato non identificati, con piu'
atti esecutivi di un  medesimo  disegno  criminoso,  anche  in  tempi
diversi, N..... C....., R..... S....., F..... E..... e altri soggetti
allo stato non identificati, quali detenuti presso il  Reparto  .....
del Centro penitenziario di ....., davano a G.....  F.....  e  F.....
M....., quali agenti della polizia penitenziaria in  servizio  presso
il suddetto Centro penitenziario di ....., denaro o  altre  utilita',
tra cui la somma di denaro  di  3000/4000  euro,  per  compiere  atti
contrari ai doveri del  loro  ufficio,  consistiti  nel  disporre  lo
spostamento dei detenuti  anche  tra  diversi  Reparti  dell'Istituto
penitenziario, per consentire agli appartenenti allo stesso sodalizio
criminale di essere allocati nelle stesse celle. 
    In ..... almeno fino al dicembre 2019, 
        Per R..... S....., fino al luglio 2017. 
        (F.....  E.....,  T.....  G.....,  per  i  quali  si  procede
separatamente con rito abbreviato). 
    4) del reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 319 e  321  del
codice penale, omissis. 
        D'A..... E..... 
    5) del reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 319 e  321  del
codice penale, perche', in  concorso  e  previo  accordo  con  M.....
S....., per il quale si procede con giudizio ordinario, con piu' atti
esecutivi di un medesimo disegno criminoso, anche in  tempi  diversi,
D'A..... E..... e altri soggetti  non  identificati,  quali  detenuti
presso il Reparto ..... del Centro penitenziario di .....,  davano  a
M..... S....., quale agente della polizia penitenziaria  in  servizio
presso il suddetto Centro penitenziario  di  .....,  denaro  o  altre
utilita', in particolare la somma di denaro  di  500  euro  per  ogni
carico di droga, la  somma  di  denaro  di  circa  1000  euro  per  i
pacchetti contenenti telefoni cellulari, per compiere  atti  contrari
ai doveri del suo ufficio, consistiti nel far entrare all'interno del
suddetto  Istituto  penitenziario  sostanza  stupefacente,   telefoni
cellulari e altri oggetti  del  genere  non  consentiti,  soprattutto
profumi. 
    In ..... nell'anno 2018 fino al gennaio 2019, 
        Con la recidiva infraquinquennale per M.....  C.....,  V.....
A..... J....., V..... P..... 
        Con la recidiva specifica F..... E..... 
        Con recidiva specifica e infraquinquennale per A..... G..... 
        Con recidiva reiterata e infraquinquennale per C..... E.....,
M..... A....., M..... G....., N.....  A.....,  N.....  C.....  Q.....
C....., S..... S..... 
        Con recidiva reiterata per C..... F....., P..... M..... 
        Con la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale  per
B..... S....., C..... C....., D'A..... E....., E..... M.....,  G.....
G....., M..... M.....,N..... P....., O.....  S.....,  P.....  P.....,
R..... R....., R..... S.....,T..... E....., V..... R..... 
 
                               Osserva 
 
    Il  presente  procedimento  scaturisce  dalla  separazione  delle
posizioni  di  G.....  G.....,   N.....   C.....,   T.....   E..... -
collaboratori  di  giustizia -  e  D'A.....  E.....  dal  piu'  ampio
procedimento recante n. RGNR 15664/22 e n. RG GIP 12653/22, avente ad
oggetto una complessa attivita' investigativa posta in essere dai  CC
del Comando provinciale  di  .....  in  relazione  a  un'associazione
finalizzata allo spaccio di  stupefacenti  operante  all'interno  del
carcere di ....., segnatamente  nel  Reparto  .....,  che  vedeva  la
partecipazione non solo di detenuti ma anche appartenenti al Corpo di
polizia penitenziaria, i quali facevano accedere lo stupefacente  nel
penitenziario dietro corrispettivo. 
    Il  materiale   probatorio   e' composto   essenzialmente   dalle
dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, dall'attivita' di
riscontro  (sequestri,  accertamenti  di  PG),   da   intercettazioni
telefoniche e ambientali. 
    In particolare, di primaria importanza ai fini  della  prova  dei
fatti contestati risulta l'imponente apporto dichiarativo  di  natura
auto ed etero accusatoria dei seguenti  collaboratori  di  giustizia:
oltre ai gia' citati G..... G....., N..... C..... e T..... E..... e a
R..... S....., imputati nel p.p. RGNR 15664/22 e n. RG GIP  12653/22,
hanno riferito sui fatti in esame anche P..... M....., P..... F.....,
P..... C....., A..... V....., S..... T.....,  D.....  R.....  A......
(1) 
    Si tratta di soggetti che hanno dimostrato di essere pienamente a
conoscenza dei fatti di spaccio, sia sotto il profilo delle  condotte
illecite poste in essere da vari detenuti del  Carcere  di  ..... che
con  riguardo  al  ruolo  svolto  dagli  appartenenti  alla   polizia
penitenziaria corrotti. 
    Lo spaccato emerso e' di evidente  gravita'  e,  sia  consentito,
induce un senso di cieca desolazione, non solo per la ragione che nel
traffico di stupefacenti (essenzialmente  hashish,  anche  se  alcuni
sequestri hanno portato alla luce in qualche occasione anche cocaina,
oppio e altro) erano coinvolti anche poliziotti penitenziari -  cioe'
servitori  dello  Stato  che  hanno  la  funzione  delicatissima   di
sovraintendere alla fase della esecuzione della pena e della  cautela
penale,  ove,  come  noto,  si  intrecciano  esigenze  di   carattere
rieducativo e retributivo con quelle generai e special  preventive  -
ma anche e soprattutto perche' e' emerso  che  un  carcere  ove  sono
detenuti    soggetti    dalla    elevatissima    pericolosita'    era
sostanzialmente sotto il controllo dei detenuti stessi, i  quali  non
solo avevano la possibilita' di far entrare droga, cellulari, cibo  e
altri oggetti non ammessi ma addirittura potevano chiedere e ottenere
trattamenti di favore come i cambi reparto e i cambi cella, cosi'  da
essere in condizione di continuare a decidere le sorti  del  clan  di
appartenenza all'esterno. 
    Si pensi,  a  titolo  meramente  esemplificativo,  alla  vicenda,
narrata dal collaboratore N....., di A..... U....., figura di vertice
del clan della V..... G....., gia' latitante  per  omicidio,  che  ha
ottenuto,  dietro  compenso  di  4000  euro,   di   essere   spostato
dall'isolamento (ove era stato allocato a seguito dell'arresto)  alla
5° sezione, potendo in questo modo continuare a  gestire  gli  affari
del clan; o all'imprenditore A..... F....., proprietario di un grosso
centro commerciale nell'.....  (il  .....)  che,  grazie  all'ausilio
dell'ispettore G..... F..... (che ha scelto di procedere con il  rito
ordinario), incontrava all'interno del carcere imprenditori ed  altre
persone non autorizzati ai colloqui e in cambio aveva assunto persone
che gli erano state indicate direttamente dall'ispettore G..... 
    Il fenomeno corruttivo era di disarmante portata,  tanto  che  vi
erano addirittura casi di agenti tenuti «a libro paga» dai clan,  che
pagavano la cd. mesata come a un qualsiasi detenuto. 
    Insomma un Istituto penitenziario la cui funzione rieducativa era
completamente  trasfigurata,  finendo  per  diventare   simbolo   del
perpetuarsi del potere camorristico  e  del  sostanziale  svuotamento
dell'azione di repressione posta in essere dallo Stato. 
    Siamo di fronte, infatti, non gia' a un  fenomeno  occasionale  o
temporalmente limitato bensi' a  una  struttura  ben  rodata  che  ha
operato almeno dal 2014 al 2021. 
    Lo testimoniano i sequestri effettuati nel penitenziario, su  cui
si tornera'  specificamente  nel  prosieguo  della  trattazione:  ben
quarantaquattro dal 2014 al 2019,  arco  temporale  sul  quale  hanno
riferito i collaboratori, cui si  aggiungono  ulteriori  ventiquattro
sequestri effettuati nel 2020 e fino a inizio 2021. 
    Un vero e proprio sistema,  una  prassi  reiterata  nonostante  i
singoli interventi ablativi e venuta meno  -  almeno  cosi'  dovrebbe
essere - solo con l'indagine in esame e l'applicazione  delle  misure
cautelari.  Le  intercettazioni  hanno  confermato  la  permeabilita'
dell'Istituto non solo alla droga ma anche ai cellulari  e  ad  altri
oggetti vietati. 
    E' emerso non solo che era possibile «ordinare» droga e cellulari
dall'interno del carcere ma addirittura che il detenuto M..... A.....
soggetto vicino al  clan  V.....  di  .....  e  figura  centrale  nel
presente procedimento, curava, grazie ai contatti telefonici  con  la
compagna D..... F..... L....., anche i suoi interessi all'esterno del
carcere e, piu' precisamente, la gestione di una  piazza  di  spaccio
gestita dallo  stesso  M.....  A.....  prima  del  suo  arresto,  che
verosimilmente era anche la fonte alla quale i  due  attingevano  per
procurarsi  la   droga   che   poi   veniva   immessa   nell'Istituto
penitenziario (cfr. informative n. 173/1-11 del 27 maggio 2019  e  n.
173/1-1-11 del 9 luglio 2019 redatta dai CC  Comando  provinciale  di
.....). 
    Gravissimo, quindi, il messaggio che ne risultava,  vale  a  dire
che la criminalita' organizzata era capace di  controllare  anche  la
fase della detenzione, orientando a  piacimento  le  piu'  importanti
scelte dell'Istituto e garantendo ai reclusi un trattamento di favore
che gli consentiva di continuare  a  gestire  le  attivita'  illecite
all'esterno. 
    Sulla  base  del  compendio   indiziario   cosi'   sinteticamente
descritto, il  giudice  per  le  indagini  preliminari  emetteva  una
corposa ordinanza  applicativa  di  varie  misure  cautelari  (o.c.c.
86/2022),  sia  a  carico  dei  detenuti   che   di   alcuni   agenti
penitenziari, che il Tribunale del riesame  confermava  per  la  gran
parte degli allora indagati. Come detto,  l'o.c.c.  in  questione  si
fondava essenzialmente sull'apporto dichiarativo dei collaboratori di
giustizia,  tra  i  quali  di  decisiva  importanza  risultavano   le
dichiarazioni degli odierni imputati G....., N..... C.....  e  T.....
E..... (per i quali non veniva richiesta alcuna misura). 
    Sempre per quanto qui di  interesse,  a  seguito  della  notifica
della   o.c.c.   n.   8612022,    D'A.....    E.....,    nel    corso
dell'interrogatorio del 20 aprile  2022,  ammetteva  gli  addebiti  e
rendeva una serie di dichiarazioni etera accusatorie nei confronti di
altri coimputati, arricchendo ulteriormente il  materiale  indiziario
raccolto fino a quel momento. 
    Con richiesta datata 13 giugno 2022, il pubblico ministero  della
DDA di ..... chiedeva il rinvio a giudizio  per  trentasei  imputati,
tra detenuti ritenuti capi o  partecipi  dell'associazione  e  agenti
penitenziari asseritamente corrotti, di  cui  quattro  chiedevano  di
procedere con rito ordinario e,  all'esito  dell'udienza  preliminare
del 18 luglio 2022, venivano rinviati a giudizio. 
    Tutti gli altri trentadue imputati chiedevano procedersi con rito
abbreviato. 
    Alle udienze del 22 settembre 2022, 13 ottobre 2022,  26  ottobre
2022, 4 novembre 2022, le parti effettuavano le discussioni. 
    All'udienza finale del 10 novembre 2022 (resasi necessaria per lo
slittamento di alcune discussioni) lo scrivente, raccolte  le  ultime
arringhe difensive,  si  ritirava  in  Camera  di  consiglio  per  la
decisione. 
    All'esito disponeva  lo  stralcio  delle  posizioni  di  D'A.....
E....., N..... C.....,  G.....  G.....  e  T.....  E.....,  dovendosi
valutare, in relazione  a  tali  imputati,  la  rilevanza  e  la  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
relativa all'art. 69, comma 4 del codice penale nella  parte  in  cui
prevede il divieto di prevalenza dell'attenuante della  dissociazione
di cui all'art. 74, comma 7 decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 309/1990 sulla recidiva reiterata. 
    Indi dava la lettura del dispositivo per gli altri imputati. 
1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Con  la  sentenza  pronunciata  in  data  10  novembre  2022  nel
procedimento «principale», lo  scrivente  condannava,  all'esito  del
rito abbreviato, A..... G....., A..... A....., B..... S.....,  C.....
E....., C..... C....., D'A..... P....., D..... F..... L.....,  E.....
M....., F..... E....., M..... A....., M..... G.....,  M.....  M.....,
M..... C....., N..... A....., O..... S.....,  P.....  P.....,  P.....
M....., Q..... C....., R..... S....., R..... S.....,  S.....  S.....,
V..... R....., V..... A..... J....., V..... P....., a pene  detentive
fino a un massimo di anni  14  di  reclusione  (2)  (si  veda,  nello
specifico la sentenza depositata in data 7 dicembre 2022, in atti). 
    Venivano ovviamente differenziate le singole  posizioni,  tenendo
conto del ruolo  (capo  o  partecipe  dell'associazione  ex  art.  74
decreto Presidente della Repubblica n. 309/90) e dei singoli apporti. 
    Per tutti - salvo alcune  posizioni  di  soggetti  ai  quali  era
contestato il ruolo di partecipi e che avevano avuto  un  ruolo  piu'
pregnante nel  contesto  associativo,  segnatamente  A.....,  B.....,
M....., R....., V..... P..... e, tra gli spesini, F..... e  P.....  -
si decideva di partire dalla pena minima, apparendo il (gia' elevato)
minimo edittale adeguato alle singole condotte (come noto, per i capi
la pena parte da un  minimo  di  venti  anni  di  reclusione;  per  i
partecipi, da un minimo di dieci  anni).  A  tutti  -  e'  importante
evidenziarlo - venivano concesse le attenuanti generiche in  rapporto
di equivalenza con le contestate  aggravanti,  vale  a  dire  con  le
rispettive   recidive   (sopra   dettagliatamente   riportate),   con
l'aggravante di cui all'art. 74, comma 3 decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 e con l'aggravante di cui  all'art.  61  n.  9
c.p. 
    Alle sole imputate D..... F..... L..... e D'A.....  P.....  -  le
quali non annoveravano  alcuna  recidiva  -  le  predette  attenuanti
generiche  venivano   concesse   in   rapporto   di   prevalenza   in
considerazione del fatto che esse erano le  compagne  rispettivamente
di M..... A..... e T..... E.....  e  quindi  sono  state  da  costoro
coinvolte  nelle  condotte  illecite  in  questione  con   un   ruolo
subordinato ai compagni. 
    La concessione delle attenuanti generiche si  rendeva  necessaria
per adeguare la pena al caso concreto. (3) 
    Sul punto, ferma restando la  rilevante  gravita'  dei  fatti  di
spaccio, sia in quanto  commessi  in  carcere  da  soggetti  detenuti
corrompendo agenti penitenziari, sia  per  la  valenza  simbolica  in
termini di sostanziale controllo del Reparto ....., non si  puo'  non
rilevare  che,  sebbene  la  contestazione   di   cui   all'art.   74
contemplasse  anche  la  cocaina   tra   gli   stupefacenti   oggetto
dell'attivita' del sodalizio, in  concreto  si  e'  appurato  che  il
traffico illecito aveva ad oggetto essenzialmente hashish. 
    Il  dato  risulta  dalle  dichiarazioni  dei  collaboratori,  che
parlano esclusivamente del «fumo», ed  e'  confermato  dai  sequestri
effettuati nel penitenziario, i' quali nella  stragrande  maggioranza
dei casi avevano ad oggetto hashish o marijuana  (si  contano  «solo»
tre  o  quattro  sequestri  di  piccole  quantita'  di  cocaina,  non
collegata, pero', direttamente ai fatti in questione). 
    Lo stesso D....., sentito dopo l'esecuzione dell'o.c.c.  in  data
20 aprile 2022, ha confermato che oggetto del traffico illecito tra i
detenuti era essenzialmente l'hashish, mentre la cocaina che veniva a
volte introdotta era destinata ai singoli detenuti per uso  personale
e, dunque, non investe direttamente i fatti in questione (ADR:  nella
I sezione entrava esclusivamente hashish, ma so che nella LI  sezione
qualche volta e' entrata cocaina,  ma  solo  per  uso  personale;  la
vendita  riguardava  esclusivamente  hashish).  Ora,  l'art.  74  non
consente di distinguere, quoad poenam, a seconda  che  l'associazione
traffichi in droghe pesanti  o  droghe  leggere,  ancorche'  a  mente
dell'art. 73, comma 1 e comma 4 stesso decreto del  Presidente  della
Repubblica e' evidente il differente disvalore ricollegato all'una  o
all'altra condotta. 
    La Corte di cassazione ha, di recente, dichiarato  manifestamente
infondata, con riferimento agli arti. 3 e 27 della  Costituzione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309,  nella  parte  in
cui non configura un  distinto  reato  associativo,  meno  gravemente
sanzionato, per il caso di gruppi finalizzati al traffico di sostanze
riconducibili alla II ed alla IV delle tabelle previste dall'art.  14
del T.U.,  costituendo  legittimo  esercizio  della  discrezionalita'
legislativa  la   scelta   di   non   differenziare   le   pene   per
l'associazione, riguardata nella sua  essenza  unitaria  di  fenomeno
organizzativo per scopi  criminali,  a  seconda  della  natura  dello
stupefacente che ne costituisce  l'oggetto,  quanto  alle  specifiche
condotte di narcotraffico (cfr. Cassazione n. 11526 del  16  febbraio
2022). 
    Pertanto, onde tener  conto  della  circostanza  che  oggetto  di
traffico era essenzialmente droga leggera, del limitato «mercato»  di
riferimento (i detenuti del  reparto  .....),  dei  quantitativi  non
elevatissimi  (si  parla  di  pacchettini  introdotti   con   cadenza
settimanale dalla guardia  penitenziaria  infedele,  segnatamente,  a
dire del G....., in occasione del colloquio del giovedi' tra M..... e
la compagna  F.....  L.....),  di  un  «giro  di  affari»  valutabile
nell'ordine  delle  centinaia  di  euro  (non  quindi  di  un  affare
lucrosissimo, come invece accade per le piazze di spaccio gestite  in
ambito cittadino, in cui il profitto illecito arriva a molte migliaia
di euro al giorno), si e' reputato di dover concedere  le  attenuanti
generiche a tutti gli imputati  condannati,  nella  estensione  sopra
descritta. 
    Tale  operazione  ha  consentito  di  elidere  l'aumento  per  le
contestate aggravanti, in particolare il grave aumento  previsto  per
la recidiva reiterata contestata a vari imputati: si  consideri,  per
fare un esempio, che per M..... A....., che  indubbiamente  aveva  un
ruolo apicale all'interno dell'organizzazione, doveva partirsi da una
pena base di almeno venti anni di reclusione, sulla quale procedere a
un aumento di 2/3 per la recidiva reiterata e infraquinquennale e per
le altre aggravanti contestate, con il risultato che la pena  finale,
applicata la diminuente per il rito, sarebbe stata di venti  anni  di
reclusione. 
    Una pena,  cioe',  del  tutto  sproporzionata,  ad  avviso  dello
scrivente, in relazione ai pur gravi fatti contestati. 
    Analoghe considerazioni per  le  posizioni  di  N.....  A.....  e
S.....  S.....,  anch'essi  gravati  da  una  recidiva  reiterata   e
raggiunti dalla contestazione del ruolo di capo. 
    Ma il problema della sproporzione della pena si sarebbe  posto  a
cascata, anche per le altre posizioni degli imputati,  i  quali,  pur
avendo ruoli minori, avrebbero viste applicate pene eccessive qualora
la concessione delle  generiche  non  avesse  eliso  l'effetto  della
recidiva e delle altre aggravanti. 
    Ad esempio, si prenda  la  posizione  di  M.....  M.....  che  e'
assimilabile a quella di altri imputati con il  ruolo  di  partecipe:
partendo dalla pena minima di anni 10 di reclusione, agli aumenti per
l'aggravante di cui all'art. 74, comma 3 del decreto  del  Presidente
della  Repubblica  n.  309/1990  (valutabile  in  un  anno)   e   per
l'aggravante di cui all'art. 61, n. 9 del codice  penale  (valutabile
in un anno) si sarebbe aggiunto l'ulteriore aumento  di  2/3  per  la
recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, col risultato  che
la pena sarebbe stata di anni venti di reclusione, ridotta  ad  oltre
tredici anni (precisamente anni tredici e mesi quattro) per il rito. 
    Un risultato che e' apparso ingiusto ed eccessivo, tanto vero che
neppure il pubblico ministero ha chiesto tali pene  per  i  partecipi
(ne ha chiesto la condanna ad anni dodici di reclusione). 
    La concessione delle generiche ha,  in  sostanza,  consentito  di
ottenere un duplice risultato: tener conto della  offensivita'  delle
condotte nell'ottica del necessario adeguamento della  pena  al  caso
concreto ed elidere l'aumento per le recidive e per le aggravanti  di
cui all'art. 74, comma 3 del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 309/1990 e per l'aggravante di cui all'art. 61, n.  9  del  codice
penale, consentendo di ottenere un risultato piu' «equo». 
    D'altro canto, e' importante evidenziare che si  e'  ritenuto  di
non poter percorrere la strada  alternativa  della  esclusione  delle
contestate recidive. 
    In primis, i soggetti raggiunti da condanna erano  gia'  detenuti
in carcere e annoverano tutti un «curriculum»  criminale  di  elevato
spessore, trattandosi in gran parte  di  soggetti  affiliati  a  clan
camorristici e comunque condannati per reati gravissimi. 
    Nello specifico, solo per citare  i  reati  di  maggiore  allarme
sociale: 
        A..... e'  stato  recentemente  condannato  per  associazione
mafiosa; 
        B..... annovera precedenti  in  materia  di  droga,  di  armi
aggravato dall'art. 7, legge n. 203/1991 e furto; 
        C..... ha precedenti per rapina, estorsione con l'art. 7; 
        C..... annovera i reati di rapina, spaccio  e  detenzione  di
armi; 
        E.....: spaccio, violenza sessuale, tentato omicidio  e  armi
con l'art. 7; 
        F..... ha riportato una condanna per il reato di cui all'art.
74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90; 
        M..... annovera due precedenti per rapina  e  due  precedenti
per estorsione aggravata dall'art. 7; 
        M..... e' stato condannato, tra gli altri, per rapina, furto,
estorsione aggravata dall'art. 7; 
        M....., come F....., ha riportato gia' una  condanna  per  il
reato di cui all'art. 74; 
        M..... annovera una tentata estorsione con l'art. 7; 
        N..... ha precedenti per armi e altro; 
        O..... ha, tra gli altri  reati,  quelli  di  rapina,  furto,
estorsione, spaccio di stupefacenti ecc.; 
        P....., oltre a reati  predatori  e  in  materia  di  armi  e
stupefacenti, e' stato condannato per il reato di cui all'art.  74  e
per il reato di associazione mafiosa; 
        P..... annovera rapine e una tentata estorsione; 
        Q....., tra i numerosissimi precedenti,  annovera  quello  di
associazione mafiosa; 
        R..... ha riportato plurime condanne per rapina e cessione di
stupefacenti; 
        S..... annovera, tra le  altre,  una  condanna  per  violenza
privata aggravata dall'art. 7; 
        V....., oltre a reati predatori e in materia di stupefacenti,
e' stato condannato per associazione a delinquere e per  associazione
mafiosa; 
        V.....  P.....  ha  riportato  una  condanna  per  estorsione
continuata aggravata dall'art. 7. 
    Dalla «carrellata» che precede - che, ripetesi, mette in  rilievo
solo i piu' gravi tra i  vari  precedenti  che  ciascuno  annovera  -
risulta l'assoluta pericolosita' e spregiudicatezza  degli  imputati,
molti dei quali gia' condannati per associazione mafiosa o per  reati
aggravati  dall'art.   7   e   comunque   intranei   alle   dinamiche
camorristiche o associative. 
    In tale quadro e' evidente che la  ricaduta  in  un  reato  cosi'
grave come quello di cui all'art. 74 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/90, commesso per giunta in carcere, e'  sintomo  di
una irriducibile tendenza a  delinquere  che  neppure  la  detenzione
definitiva e' riuscita a neutralizzare. 
    E', in altri termini, chiaramente  espressione  di  una  maggiore
pericolosita'   e   di   una   propensione   a   delinquere   davvero
incontenibile. 
    Si consideri, ad esempio, che alcuni  soggetti  (F.....,  M.....,
P..... ma anche D'A..... e G....., come si vedra')  sono  stati  gia'
condannati recentemente proprio per il  reato  di  cui  all'art.  74,
oltre che per altri gravissimi reati (omicidi, estorsioni ecc.). 
    Sarebbe stato impossibile escludere la recidiva sostenendo che il
nuovo  reato  (art.  74)  non  era  espressione   di   una   maggiore
pericolosita' discendente dai precedenti  reati,  peraltro  in  molti
casi della stessa indole. 
    Si pensi a tutti gli imputati  che  annoveravano  precedenti  per
spaccio o, come detto, addirittura per lo stesso art. 74 e  che,  pur
detenuti, hanno continuato a porre in essere  le  medesime  condotte,
forti della loro pregressa esperienza criminale e dei  loro  contatti
con le organizzazioni di provenienza, corrompendo agenti penitenziari
e prendendo in tal modo il controllo del reparto. 
    E' apparso evidente che quelle recidive sussistevano  e  andavano
considerate. 
    Cio' in linea con il consolidato orientamento della Suprema Corte
(da ultimo espresso da Cassazione Sez. Un. 42414/2021),  secondo  cui
la recidiva e' una circostanza pertinente al reato  che  richiede  un
accertamento, nel caso  concreto,  della  relazione  qualificata  tra
l'autore e il fatto che deve risultare  sintomatico,  in  riferimento
alla  tipologia  dei  reati  pregressi   e   all'epoca   della   loro
consumazione, sia sul piano della colpevolezza che  su  quello  della
pericolosita' sociale (Sez. U, n. 35738 del 27 maggio 2010,  Calibe';
Sez. U, n. 20798 del 24 febbraio 2011, Indelicato). 
    Se  e'  vero  che,  alla  luce   della   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 185/2015, l'applicazione della recidiva in caso  di
delitti  (quale  quello  in  esame)  rientranti  nell'elenco  di  cui
all'art. 407, comma 2, lettera a del codice di procedura  penale  non
e' obbligatoria, e' anche vero che nel caso  di  specie,  per  quanto
sopra detto, le recidive erano sussistenti e avevano  avuto  concreta
operativita' nei fatti in esame,  che  solo  soggetti  dalla  elevata
caratura criminale avrebbero potuto porre in essere in un carcere. 
1.1. (segue) Le posizioni di D'A....., G....., T..... e N.....  e  la
valorizzazione delle loro dichiarazioni nell'ottica della concessione
dell'attenuante della dissociazione. 
    Per le quattro posizioni  qui  in  esame  si  pone  un  ulteriore
problema, dal quale discende, ad avviso dello scrivente, la rilevanza
della  questione  di  costituzionalita':   quello   dell'applicazione
dell'attenuante  di  cui  all'art.  74,  comma  7  del  decreto   del
Presidente della Repubblica n. 309/90, trattandosi  dei  soggetti  le
cui dichiarazioni hanno consentito di  ricostruire  le  condotte  dei
coimputati e di pervenire a sentenza di condanna nei loro confronti. 
    Prima di affrontarlo, va descritta la situazione  che,  all'esito
delle discussioni, si e' cristallizzata circa le loro posizioni. 
    Va premesso che anche per tali imputati risulta provato il  reato
di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. 
    Al   riguardo   va   richiamato    il    costante    orientamento
giurisprudenziale secondo cui «l'elemento differenziale tra l'ipotesi
associativa ex art. 74 d.p.r. 309/1990 e quella del concorso ai sensi
degli articoli 110 cod. pen. e 73  d.p.r.  cit.  risiede  soprattutto
nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a  titolo
di associazione finalizzata al  traffico  di  stupefacenti  non  puo'
ridursi ad un semplice accordo delle volonta', ma deve consistere  in
un quid pluris, che  si  sostanzia  nella  predisposizione  di  mezzi
concretamente  finalizzati  alla  commissione  di  delitti  e  in  un
contributo effettivo da parte dei singoli per il raggiungimento dello
scopo illecito: la costituzione dell'associazione  non  coincide  con
l'accordo  dei  compartecipi,  ma  con  quello   della   nascita   di
un'organizzazione permanente, frutto del concerto  di  intenti  e  di
azione tra gli associati. Solo nel momento in cui diviene operativa e
permanente la  struttura  organizzativa  si  realizza  la  situazione
antigiuridica che caratterizza il reato  associativo,  in  quanto  e'
proprio il dato organizzativo che rappresenta una minaccia grave  per
l'ordinamento, tanto da giustificare le  singole  incriminazioni  con
sanzioni penali piu' incisive. In altri termini,  e'  il  particolare
allarme  sociale  derivante   dalla   struttura   organizzativa   che
giustifica   la   previsione   di   un'autonoma   figura   di   reato
contrassegnata,  sul  piano  delle  finalita'  repressive  perseguite
dall'ordinamento, dal pericolo  per  l'ordine  pubblico  per  il  cui
concretizzarsi la legge non richiede, a differenza di  quanto  accade
per l'accordo, che i delitti per la commissione dei quali la societas
sceleris e' stata costituita vengano effettivamente realizzati  [...]
Il riferimento alla possibilita' che l'associazione di  cui  all'art.
74 cit. possa avere anche un carattere "rudimentale", consegue ad una
osservazione pratica  su  tali  forme  di  sodalizi,  in  cui  spesso
l'elemento organizzativo di  maggiore  significato  e'  rappresentato
dalle risorse  umane,  cioe'  dalla  rete  dei  piccoli  spacciatori,
anziche' dalle dotazioni materiali, ma cio' non puo' portare  ad  una
totale dequotazione del momento organizzativo, che  deve  pur  sempre
qualificare  questo  tipo  di  associazione.  E'   cioe'   necessario
individuare il requisito della stabilita', da intendere come abituale
e consolidata predisposizione di un insieme di persone e di mezzi per
la realizzazione di uno specifico programma criminoso, nell'ambito di
una  struttura  organizzativa  che,  per   quanto   snella,   preveda
quantomeno una ripartizione di  ruoli  tra  gli  associati.  Insomma,
l'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto  di  cui  all'art.  74
d.p.r. n. 309 del 1990 rispetto  alla  fattispecie  del  concorso  di
persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di  stupefacenti
va individuato non solo nel carattere dell'accordo criminoso,  avente
ad  oggetto  la  commissione  di  una   serie   non   preventivamente
determinata di delitti, e nella permanenza  del  vincolo  associativo
tra i partecipanti, che devono assicurare la  propria  disponibilita'
duratura ed indefinita  nel  tempo  al  perseguimento  del  programma
criminoso   del   sodalizio,   ma   anche   nell'esistenza   di   una
organizzazione che consenta la realizzazione  concreta  dello  stesso
programma criminoso» (Cass., Sez. VI, 10 gennaio 2017, n. 27433). 
    Alla luce di tali coordinate ermeneutiche,  puo'  affermarsi  che
l'associazione di cui all'art. 74 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 richiede necessariamente  ai  fini  della  sua
sussistenza  un  numero  minimo  di  persone  aderenti  (tre  o  piu'
individui)  e  l'esistenza  di  un  vincolo  associativo   permanente
(affectio societatis) per l'attuazione del comune programma criminoso
(pactum sceleris) legato al traffico di sostanze stupefacenti. 
    In particolare, elemento indefettibile  del  reato  e'  l'accordo
associativo che, ancorche' non abbisognevole di rituali o  formalita'
ovvero di manifestazioni espresse, ha in se' la  cosiddetta  affectio
societatis e la stabilita' del vincolo, tale che tutti  gli  aderenti
operano nella consapevolezza che le rispettive attivita' e la singola
partecipazione ricevano vicendevole  ausilio,  contribuendo  ciascuno
alla realizzazione del programma criminale. Pertanto, cio' che rileva
non e' tanto un accordo formalmente consacrato o  una  manifestazione
di formale adesione ad esso, bensi' l'esistenza,  in  fatto,  di  una
struttura permanente, ancorche' rudimentale, in  cui  si  innesta  il
contributo apportato dal singolo nella prospettiva del  perseguimento
dello scopo comune illecito (cfr. Cassazione,  Sez.  I,  23  dicembre
1999, n. 14578; Cassazione, Sez. I, 12 marzo 1998, n. 3133). 
    Quanto  al  profilo   probatorio,   pur   sussistendo   autonomia
ontologica tra il reato-mezzo e i reati-fine,  l'accordo  associativo
richiede  il  requisito  della  permanenza  e  della  stabilita'   di
un'organizzazione, elementi desumibili  anche  dall'osservazione  dei
reati-fine, dalle modalita' esecutive degli stessi, dal loro numero e
dalla loro reiterazione, nonche' dai comportamenti  degli  autori  di
detti reati (contatti costanti tra i vari  aderenti,  uniformita'  ed
identita'  delle  loro  condotte,  protrarsi  nel  tempo  delle  loro
condotte), ovvero da  altre  circostanze  fattuali  indicative  della
sussistenza di una struttura associativa stabile, quali  i  frequenti
viaggi  per  il  rifornimento  della  droga,   le   basi   logistiche
consolidate, le forme di  copertura  e  la  predisposizione  di  beni
necessari per le operazioni, infine la  capacita'  organizzativa  del
gruppo con sistemi di tipo  gerarchico  e  mediante  suddivisione  di
compiti e ruoli (cfr. Cassazione, Sez. VI, 16 marzo 2001, n. 10781). 
    In  altri  termini,  la  prova  dell'associazione   richiede   la
dimostrazione della sussistenza di una organizzazione stabile  -  sia
pur rudimentale - con apprestamento di mezzi e divisione  di  compiti
tra piu' soggetti nella consapevolezza per ciascun associato  di  far
parte del sodalizio criminoso. 
    Ne   discende   che   non   necessariamente    deve    sussistere
un'organizzazione complessa e ben  articolata  nelle  sue  componenti
strutturali dotata di gerarchie interne e distribuzioni di specifiche
cariche, ben  potendo  tali  elementi  mancare  ed  esservi  ruoli  e
contributi individuali non ben definiti e  scambievoli,  purche'  sia
dimostrata l'esistenza di  un  vincolo  permanente  finalizzato  alla
commissione di una molteplicita'  indefinita  di  condotte  criminose
attinenti alla distribuzione dello stupefacente. 
    D'altro canto, «la commissione di ripetuti reati di "spaccio"  ex
art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, non puo'  da  sola  costituire
prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu'
indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione» (Cass., Sez. VI,
4 febbraio 2015, n. 24379), ma al tempo stesso «a fronte  di  plurime
commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti  integranti  i
reati-fine dell'associazione, grava sul singolo la prova che  il  suo
contributo non e' dovuto ad un vincolo  preesistente  con  i  correi,
fermo restando che,  a  motivo  della  natura  permanente  del  reato
associativo, detta prova non puo' consistere  nella  limitata  durata
dei rapporti con costoro» (Cass.,  Sez.  III,  3  febbraio  2015,  n.
42228). 
    L'affectio societatis nel reato in esame  e'  dunque  molto  piu'
sfumata rispetto ad altri reati associativi, non occorrendo comunanza
di interessi fra i  soggetti  interessati  al  traffico  di  sostanze
stupefacenti, e neppure che il traffico illecito procuri un  profitto
unitario che venga distribuito agli associati,  giacche'  quello  che
rileva e' che l'accordo associativo riguardi il rapporto stabile  per
l'approvvigionamento e la commercializzazione della droga. 
    L'associazione di cui all'art 74 del decreto del Presidente della
Repubblica  n.  309/1990  puo'  articolarsi  in  piu'  gruppi   anche
distinti, ed operanti in ambienti diversi e con  distinta  clientela,
purche' tra  i  componenti  dell'organizzazione  vi  sia  un  accordo
complessivo, con assunzione di funzioni o di compiti in vista  di  un
programma  indeterminato  di  commissione  di  reati  in  materia  di
stupefacenti. 
    Quanto,  poi,   ai   diversi   ruoli   giuridicamente   rilevanti
all'interno di una compagine associativa, va evidenziato che  «mentre
per il delitto di partecipazione ad associazioni per delinquere, come
reato a forma libera, si richiede una qualsiasi azione, con qualsiasi
modalita' eseguita, purche' causale rispetto all'evento tipico, cioe'
idonea a  cagionarlo,  la  qualita'  di  promotore,  organizzatore  e
finanziatore dell'associazione richiedono ben diverse azioni; infatti
promotore e' colui che da solo con altri si faccia  iniziatore  della
"societas  sceleris";  organizzatore  e'  colui  il  quale   coordina
l'attivita'  degli  associati  ed  assicura  la  funzionalita'  delle
strutture; finanziatore  e'  colui  il  quale  investa  capitali  nel
sodalizio con la consapevolezza del fine criminoso» (Cass., Sez.  VI,
16 gennaio 1991, n.  403).  Ne  consegue  che,  se  promotore  e'  da
intendersi   non   solo   «colui   che    e'    stato    l'iniziatore
dell'associazione, coagulando intorno  a  se'  le  prime  adesioni  e
consensi partecipativi, ma anche colui che,  rispetto  ad  un  gruppo
gia'  costituito,  provochi  ulteriori  adesioni,  sovraintenda  alla
complessa attivita' di gestione di esso, assuma funzioni decisionali»
(Cass., Sez. VI, 4 giugno 1996, n. 5301), organizzatore e' colui  che
«coordina l'attivita' degli associati ed  assicura  la  funzionalita'
delle strutture del sodalizio» (Cass., Sez. III, 28  settembre  2016,
n. 40348), nonche' colui che «assume poteri di gestione,  quand'anche
non  pienamente  autonomi,  in  uno  specifico  e  rilevante  settore
operativo del gruppo» (Cass., Sez. IV, 3 dicembre 2008, n. 45018). 
    Tali coordinate ermeneutiche sono stati di recente ribadite dalla
Suprema Corte (Cass. n. 3993 del 1° dicembre 2020),  secondo  cui  ai
fini  della  configurabilita'  di  un'associazione   finalizzata   al
narcotraffico, e' necessario: 
        a) che almeno tre persone siano  tra  loro  vincolate  da  un
patto associativo (sorto anche in modo informale e  non  contestuale)
avente  ad  oggetto  un  programmi  criminoso   nel   settore   degli
stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti
personali; 
        b) che il sodalizio abbia  a  disposizione,  con  sufficiente
stabilita', risorse umane e  materiali  adeguate  per  una  credibile
attuazione del programma associativo; 
        c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei  tratti
essenziali del sodalizio, si  metta  stabilmente  a  disposizione  di
quest'ultimo (Sez. 6, n. 7387/2014 del 3 dicembre 2013,  Pompei,  Rv.
258796; Sez. 4, n. 44183 del 2 ottobre 2013, Alberghini, Rv. 257582). 
    La commissione di ripetuti reati di spaccio  di  stupefacenti  ex
art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309  del  1990
non  puo'  da  sola  costituire  prova  dell'integrazione  del  reato
associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza
dell'associazione, che pero' va accertata con riferimento all'accordo
tra i sodali, alla struttura organizzativa ed all'affectio societatis
(Sez. 6, n. 24379 del 4 febbraio 2015, Bilacaj e aa., Rv.  264177)  e
non e' necessaria l'esistenza di una struttura di tipo  verticistico,
ma  e'  sufficiente   un   minimo   rostrato   organizzativo,   anche
«orizzontale», purche' strumentale alla realizzazione  di  uno  scopo
che si proietta oltre la consumazione dei singoli reati-fine (Sez. 3,
n. 9457/2016 del 6 novembre 2015 Rv. 266286).  Non  e'  richiesta  la
presenza di una  complessa  e  articolata  organizzazione  dotata  di
notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza  di
strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione  di
mezzi, per il perseguimento  del  fine  comune,  create  in  modo  da
concretare un supporto stabile e duraturo alle singole  deliberazioni
criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n.  46301
del 30 ottobre 2013, Corso e aa., Rv. 258165). 
    Piu'  in  particolare,  l'elemento  differenziale  tra  l'ipotesi
associativa ex art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n.
309 del 1990 e quella del concorso ai sensi degli  articoli  110  del
codice penale e 73 del citato decreto del Presidente della Repubblica
risiede principalmente  nell'elemento  organizzativo,  in  quanto  la
condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di
stupefacenti non puo' ridursi ad un semplice accordo delle  volonta',
ma deve  consistere  in  un  quid  pluris,  che  si  sostanzia  nella
predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta  la
realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 27433  del
10 gennaio 2017, Avelino e a., Rv. 270396). 
    L'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all'art. 74
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990  rispetto
alla fattispecie del concorso di  persone  nel  reato  continuato  di
detenzione e spaccio di stupefacenti  va  individuato  nel  carattere
stabile dell'accordo  criminoso,  e,  quindi  nella  presenza  di  un
reciproco impegno alla commissione di una pluralita' di  reati  (Sez.
6, n. 28252 del 6 aprile 2017, Di Palma e aa., Rv. 270564). 
    La  prova   del   vincolo   permanente,   nascente   dall'accordo
associativo, puo' essere data anche per  mezzo  dell'accertamento  di
facta concludentia, quali i contatti continui tra i complici, i  beni
necessari  per  le  operazioni  delittuose,  le  forme  organizzative
utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti
tra gli associati, la commissione di reati rientranti  nel  programma
criminoso e le  loro  specifiche  modalita'  esecutive  (Sez.  5,  n.
8033/2013 dei 15 novembre 2012, Barbetta; Sez. 6, n. 9061/2013 del 24
settembre 2012, Cecconi e aa., Rv. 255312). 
    Per la configurabilita'  della  condotta  di  partecipazione,  in
questi casi, non e' richiesto un atto di investitura formale,  ma  e'
necessario che  il  contributo  dell'agente  risulti  funzionale  per
l'esistenza stessa dell'associazione in un dato momento storico (Sez.
3, n. 22124 del 29 aprile 2015, Borraccino, Rv. 263662;  Sez.  4,  n.
51716 del 16 ottobre 2013, Amodio e aa., Rv. 257905). 
    Con particolare riguardo ai reati che costituiscono lo scopo  del
sodalizio, se l'accertamento della loro commissione non e' necessario
ai fini della configurabilita' e nemmeno ai fini  della  prova  della
sussistenza della condotta di partecipazione (Sez.  3,  n.  9459/2016
del 6 novembre 2015, Venere, Rv. 266710), anche il coinvolgimento  in
un  solo  reato-fine  puo'  integrare  l'elemento   oggettivo   della
partecipazione, laddove le connotazioni della  condotta  dell'agente,
consapevolmente  servitosi  dell'organizzazione  per  commettere   il
fatto, ne riveli, secondo massime  di  comune  esperienza,  un  ruolo
specifico in funzione delle  dinamiche  operative  e  della  crescita
criminale dell'associazione (Sez. 6,  n.  1343/2016  del  4  novembre
2015, Policastri, Rv. 265890) ovvero laddove si tratti di un episodio
comunque sintomatico dell'appartenenza al sodalizio (Sez. 1, n. 43850
del  3  luglio  2013,  Durand  e  aa.,  Rv.   257800,   relativa   al
coinvolgimento in un unico episodio di programmato  trasporto  di  un
apprezzabile quantitativo di droga). 
    A fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi,
di fatti integranti i reati-fine dell'associazione - si e'  affermato
in altra occasione - grava sul singolo la prova che il suo contributo
non e' dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando
che, a motivo della natura permanente del  reato  associativo,  detta
prova non puo' consistere nella  limitata  durata  dei  rapporti  con
costoro (Sez. 3, n. 42228 del 3 febbraio 2015, Prota, Rv. 265346). 
    Tanto  premesso,  tornando  al  caso  di  specie,  le  risultanze
processuali  hanno  dimostrato   l'operativita',   nel   periodo   in
contestazione,   dell'associazione   finalizzata   al   traffico   di
stupefacenti all'interno del carcere di Secondigliano. 
    Ed invero, come emerso dalle dichiarazioni  dei  collaboratori  e
dai  riscontri   raccolti   dalla   PG   (in   primis   sequestri   e
intercettazioni), vi era un sistema consolidato  (probabilmente  piu'
di uno) attraverso il quale  lo  stupefacente  veniva  introdotto  in
carcere: la droga veniva ordinata da M..... alla ex  compagna  D.....
F.....  L.....,  che  la  reperiva   e   la   consegnava   all'agente
penitenziario infedele, il quale, tratteneva il  suo  compenso  e  la
faceva arrivare alla Sezione; vi  era  inoltre  una  vera  e  propria
«squadra» di detenuti addetta al taglio e  allo  smercio  nonche'  un
nucleo di imputati addetti al cd «appoggio», ovvero  all'occultamento
del narcotico; vi era infine  un  rodato  sistema  di  passaggio  del
«fumo» dalla ..... Sezione alle altre (il sistema del paniere). 
    In sostanza, gli imputati avevano  messo  in  piedi  una  vera  e
propria  struttura  organizzata,  avente  la   sua   base   operativa
principale nella ..... Sezione, in grado di far entrare, «lavorare» e
smerciare droga in tutto il Reparto ..... 
    Vi era una chiara ripartizione dei ruoli: V.....  A.....  j.....,
M..... A.....,  S.....  S.....  erano  i  capi  e  organizzatori  del
sodalizio nella ..... Sezione; a  loro  si  affiancavano,  con  ruoli
primari di organizzazione dell'attivita' di taglio  e  smercio  o  di
occultamento, G..... G....., T..... E....., P..... M.....;  vi  erano
poi soggetti con ruolo minore, quali M.....  M.....,  Q.....  C.....,
M..... C....., R..... S....., diretti collaboratori di M..... A.....,
addetti all'interno della stessa Sezione, al  taglio  della  sostanza
stupefacente e allo spaccio al dettaglio delle  singole  dosi  tra  i
vari detenuti; all'esterno vi era la  D.....  F.....  L.....  (allora
compagna di M..... A..... che doveva  procurarsi  lo  stupefacente  e
consegnarlo alla guardia penitenziaria e riscuotere il  corrispettivo
dai parenti dei detenuti, a volte coadiuvata  dalla  D'A.....  P.....
(compagna di T..... E.....). 
    Alla ..... Sezione vi era una organizzazione  analoga,  collegata
alla precedente e guidata da A..... A.....  con  quale  collaboravano
vari detenuti addetti al taglio e allo spaccio, quali V.....  P.....,
A..... G....., E..... S....., C..... E.....,  E.....  M.....,  O.....
S..... e M..... G..... 
    Cosi' anche alla ..... Sezione, ove lo spaccio era capeggiato  da
N..... C..... e da N..... A..... (che faceva entrare lo  stupefacente
grazie  alla  intermediazione  esterna  di  N.....  D.....   soggetto
appartenente al suo stesso clan) con il supporto di C.....  C.....  e
V..... R..... 
    Un ruolo particolare  avevano  i  detenuti  con  la  funzione  di
«spesini», i quali avevano maggiore liberta' di movimento e fungevano
da «cinghia  di  trasmissione»  dello  stupefacente  all'interno  del
Reparto, provvedendo cioe' alla consegna della droga ai vari detenuti
incaricati dello spaccio al dettaglio: vi erano D'A.....  E.....  per
la Sezione, F..... E....., che e' stato spesino nel periodo nel quale
e' stato detenuto alla Sezione, e P....., P....., detto P.....,  alla
Sezione. 
    I gruppi delle singole Sezioni erano collegati tra di  loro,  nel
senso che il gruppo della  .....  Sezione  prendeva  lo  stupefacente
dalla e tutte si avvalevano dello stesso sistema per far  entrare  lo
stupefacente, vale a dire la corruzione delle guardie penitenziarie. 
    Era chiaramente una struttura stabile non solo perche' lo smercio
di stupefacenti all'interno del carcere e'  andato  avanti  per  vari
anni ma anche perche' il sodalizio  si  e'  protratto,  senza  alcuna
fibrillazione, anche quando figure apicali come V..... A.....  j.....
e S..... S..... sono stati scarcerati. 
    In quel frangente nulla e' cambiato ma semplicemente il  «timone»
e' passato nelle mani del solo M..... A..... 
    Alcuni dei difensori hanno evidenziato tale aspetto per sostenere
la instabilita' del vincolo e la  impossibilita'  di  qualificare  il
gruppo come una vera e propria associazione. 
    Per contro, reputa questo giudice  che  proprio  questo  aspetto,
vale a dire la sostanziale autonomia  della  struttura  dai  singoli,
contribuisce a indicarne la  valenza  di  associazione  ex  art.  74,
richiamando le classiche consorterie mafiose, che sopravvivono  nella
stragrande maggioranza dei casi anche alla morte dei capi. 
    In tale  quadro,  risulta  evidente  come  sussistano  tutti  gli
elementi costitutivi dell'associazione  finalizzata  al  traffico  di
stupefacenti. 
    Ne' la vicenda in  questione  puo'  essere  ridimensionata,  come
suggerito da molti difensori, alla  piu'  tenue  fattispecie  di  cui
all'art. 74, comma 6 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.
309/90, ovvero l'associazione costituita per commettere  i  fatti  di
lieve  entita'  descritti  dal  comma  5  dell'art.  73  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    In  merito,  va  premesso  che,  secondo  la  giurisprudenza   di
legittimita', per ritenere sussistente tale autonoma  fattispecie  di
reato «occorre che l'associazione presenti  connotazioni  strutturali
e/o operative tali per cui possa affermarsi che non sia  stata  presa
in considerazione ed anzi sia staia concretamente esclusa dai  sodali
o  da  coloro  che  hanno  concreta  influenza  sulle  determinazioni
operative  del  gruppo  l'eventualita'   di   azioni   destinate   ad
oltrepassare il limite della lieve  entita'  [...]  In  altre  parole
l'associazione minore postula che in  positivo  sia  stata  presa  in
considerazione sia sotto il  profilo  strutturale  sia  sotto  quello
quali/quantitativo solo la commissione di fatti di lieve entita', non
potendosi  invece  ravvisare  quell'ipotesi   allorche'   i   profili
strutturali siano di per se' ostativi o quando  il  sodalizio  agisca
comunque senza una previa presa di posizione di  tipo  progettuale  e
programmatico e dunque senza che sia stata esclusa la possibilita' di
azioni eccedenti quella limitata soglia» (Cass., Sez.  VI,  24  marzo
2016, n. 12537). 
    In tal modo trova compiuta attuazione il  principio  secondo  cui
l'ipotesi associativa di cui all'art. 74, comma  6  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 va individuata in rapporto al
momento genetico/costitutivo (cfr.  Cassazione,  Sez.  IV,  2  luglio
2013, n.  38133)  e  presuppone,  peraltro,  che  tutte  le  condotte
commesse in attuazione  del  programma  criminoso  siano  sussumibili
nella fattispecie dei fatti di lieve entita' e di minima offensivita'
di cui  all'art.  73,  comma  5  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 (cfr. Cassazione, Sez. V, 14 maggio  2014,  n.
48676; Cassazione, Sez. I, 19 dicembre 2012, n. 4875), dovendosi  fra
l'altro aver riguardo anche alla capacita' di approvvigionarsi e alle
quantita' anche solo offerte o trattate (cfr. Cassazione, Sez. IV,  2
luglio 2013, n. 38133; Cassazione, Sez. VI, 16 marzo 2004, n. 37983). 
    Influiscono  su   tale   giudizio   le   concrete   articolazioni
dell'attivita', in quanto essa non  solo  sia  reiterata,  ma  assuma
connotazioni di particolare intensita' e frequenza, o si  rivolga  ad
un'indeterminata clientela relativa ad un ambito territoriale  (cfr.,
Cassazione,  Sez.  VI,  18  novembre  2014,  n.  50382)  ovvero   sia
propiziata   dalla   disponibilita'    di    numerosi    canali    di
approvvigionamento o da contatti con organismi criminali  di  elevato
spessore (cfr. Cassazione, Sez.  VI,  8  gennaio  2015,  n.  3324)  o
dall'utilizzo  di  forme  particolarmente  insidiose  ai  fini  della
penetrazione  nel  mercato  o  al  fine  di  sfuggire   all'attivita'
repressiva e di controllo oppure abbia ad  oggetto  quantitativi  non
modesti in entrata e/o in uscita oppure concerna sostanze di qualita'
peculiare ovvero sostanze di diversa tipologia (cfr. Cassazione, Sez.
III, 5 giugno 2015, n. 26205; Cassazione, Sez. III, 27 marzo 2015, n.
32695). 
    Si  tratta  di  elementi  che,  presi   anche   isolatamente,   a
prescindere dagli altri, rivelano una maggiore offensivita' in ordine
al concreto pericolo di diffusione della sostanza  e  alla  capacita'
dell'attivita' illecita di  svilupparsi  con  modalita'  consolidate,
contrassegnate da capillarita' e insidiosita'. 
    «A ben guardare dunque puo' accadere che siano di volta in  volta
acquisite e cedute piccole  quantita',  peraltro  sulla  base  di  un
assetto  organizzativo  di  quell'attivita'   che   consente   rapidi
approvvigionamenti e dunque costanti e assai ravvicinate attivita' di
cessione ovvero modalita' particolarmente  accurate  e  insidiose  di
nascondimento e trasporto della  sostanza,  conosciute  capillarmente
dagli spacciatori  e  dalla  clientela,  ovvero  sulla  base  di  una
struttura volta ad assicurare condizioni di massima sicurezza  a  chi
svolge l'attivita' di spaccio. Al tempo stesso puo' accadere che, pur
in  assenza  di  peculiari  strutture,  siano  movimentate  rilevanti
quantita' ovvero diverse tipologie di sostanze, volte  ad  assicurare
il soddisfacimento di una piu' ampia clientela. In  nessuno  di  tali
casi sarebbe configurabile l'ipotesi di cui  all'art.  73,  comma  5,
d.p.r. n. 309 del 1990, per l'evidente  maggiore  offensivita'  delle
relative condotte» (Cass., Sez. VI, 24 marzo 2016, n. 12537). 
    Corrispondentemente, qualora quelle attivita' si  inquadrino  nel
programma associativo di uno stabile sodalizio, non sarebbe possibile
ricondurre quest'ultimo all'ipotesi di cui all'art. 74, comma  6  del
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  309/1990,  e  cio'  non
perche' l'attivita' sia reiterata o sia genericamente  riferibile  ad
un sodalizio  (atteso  che  la  giurisprudenza  ha  chiarito  che  la
reiterazione delle condotte  di  spaccio  non  e'  incompatibile  con
l'attenuante del fatto di lieve entita' -  Cassazione,  Sez.  VI,  17
novembre 2016, n. 48697), ma perche' la stessa non esprime una minima
offensivita' e che correlativamente il sodalizio non puo' dirsi volto
alla realizzazione di fatti di lieve entita'. 
    In altri termini, se l'esistenza del sodalizio  di  per  se'  non
assume rilievo  pregiudiziale,  cio'  non  toglie  che  le  modalita'
operative dello stesso o le strutture di cui si avvale possano di per
se' riverberarsi sui reati-fine, precludendone la  qualificazione  in
termini di lieve entita', quale risultato dell'utilizzo di strategie,
mezzi, modalita' volti a favorire la diffusivita' dell'azione  e  dei
connessi profitti o a scongiurare il rischio di controlli. 
    Ed allora, si comprende che se i reati-fine sono  qualificati  da
strategie e modalita' insidiose messe  a  punto  dal  sodalizio,  per
entrambi varra'  l'esclusione  del  fatto  di  lieve  entita',  fermo
restando che incidono i profili quantitativi e qualitativi  allorche'
nulla sia altrimenti desumibile da quelli strutturali e operativi. 
    Cio' posto in punto di diritto, si osserva che, nel caso  che  ci
occupa, i fatti di spaccio sono connotati da una  rilevante  gravita'
non solo e non tanto per la loro sistematica reiterazione  nel  tempo
da parte di soggetti dalla elevata caratura criminale quanto  per  la
circostanza che si sono svolti in un  Istituto  penitenziario  e  nel
corso dell'esecuzione della pena o della cautela. 
    Nello specifico i singoli fatti di spaccio sono caratterizzati da
un maggiore disvalore in quanto commessi da soggetti  in  gran  parte
dediti essi stessi all'uso di stupefacenti e soprattutto in quanto si
sono svolti in carcere, circostanze ritenute dallo stesso legislatore
aggravanti in relazione ai reati di cui all'art. 73  (cfr.  art.  80,
comma 1, lettera c) e g). 
    Inoltre i sodali non avevano affatto concordato  di  limitarsi  a
condotte di spaccio occasionali o di lieve  entita'  ma  avevano,  al
contrario, organizzato un vero e  proprio  sistema  per  il  continuo
approvvigionamento dello stupefacente che addirittura contemplava  la
corruzione di alcuni poliziotti penitenziari. 
    Cio' aveva, come detto, non solo una marcata  valenza  di  fatto,
consentendo ai detenuti di  avere  il  sostanziale  controllo  di  un
intero reparto  del  carcere,  ma  anche  un  significato  simbolico,
giacche' si comunicava all'esterno, ai clan di appartenenza,  che  si
continuava ad operare senza problemi nonostante la detenzione. 
    Si tratta di elementi che escludono radicalmente la  possibilita'
di ridurre la vicenda a un'associazione minore. 
    Ebbene, per tornare ai  quattro  imputati  che  qui  interessano,
G..... G....., N..... C......, T..... E..... e D'A..... E..... erano,
per loro stessa ammissione, pienamente coinvolti nell'associazione in
questione e hanno reso dichiarazioni auto  ed  etero  accusatorie  in
relazione ai fatti che avvenivano nel carcere  di  .....  per  averli
vissuti in prima persona. 
    E il loro contributo si e' rivelato di fondamentale importanza. 
    Appare,  quindi,  opportuno  riportare  in  estrema  sintesi   le
dichiarazioni al fine di evidenziarne la rilevanza nel processo  (per
evitare un eccessivo appesantimento della  lettura,  si  rinvia  alla
sentenza emessa in data 10 novembre 2022  per  i  dettagli  circa  la
valutazione   della   credibilita'    e    dell'attendibilita'    dei
collaboratori). 
    G..... G..... e T..... E..... erano tra i gestori  dello  smercio
dello stupefacente alla ..... Sezione, vale a dire  la  sezione  alla
quale  il  narcotico  arrivava,  veniva  tagliato  e  distribuito  ai
detenuti o alle altre sezioni. 
    Essi, quindi, hanno potuto raccontare nel dettaglio come la droga
entrava in carcere e quali soggetti prendevano parte al sodalizio con
i rispettivi ruoli. 
    T.....  E.....  e'  stato  il  primo  ad  inserirsi  nel  sistema
all'interno della Sezione del Reparto ....., ove era allocato dal  24
gennaio 2018  al  23  febbraio  2019,  come  emerge  dal  verbale  di
interrogatorio del 20 settembre 2021, il suo compito  era  quello  di
provvedere al taglio dello stupefacente insieme  a  G.....  G.....  e
P..... M..... (indicato per errore come M..... P..... ma riconosciuto
correttamente in foto). Ad inserirlo nel sistema erano  stati  A.....
M..... detto G....., A..... V..... J....., S..... S....., compagno di
cella di V....., e S..... M....., compagno di cella di M..... 
    In particolare,  V.....,  M.....  e  M.....  ordinavano  ai  loro
affiliati che operavano nelle piazze di spaccio a ....., il «fumo» da
spacciare all'interno del carcere. Il «fumo» veniva  consegnato  alla
compagna di M....., di nome L..... (riconosciuta in  foto  in  L.....
D..... F.....), che lo avvisava chiamandolo sul cellulare in carcere.
M..... ne dava notizia a V.....  e  M.....,  i  quali  a  loro  volta
provvedevano  ad  avvisare  S.....  l'agente  penitenziario  con  cui
avevano stretto un  accordo.  L'agente  incontrava  L.....  fuori  al
carcere di ..... e prendeva i pacchetti - ricevendo in  cambio  circa
3-400 euro per l'hashish, 300 euro per i telefonini  e  200/250  euro
per i profumi, introducendoli nel carcere e consegnandoli a V.....  o
a  M.....  Ogni  settimana  avvenivano  generalmente  due   consegne,
ciascuna di 3-4 panetti a volta. I proventi erano incassati da M.....
e V....., i quali davano ai collaboratori lo stipendio settimanale di
circa 2-300 euro. Il pagamento della droga  avveniva  o  mediante  la
consegna di denaro alla compagna di M..... da parte dei familiari dei
detenuti acquirenti, nel giorno del colloquio, o attraverso la  spesa
nel carcere, con la fornitura di stecche  di  sigarette  o  di  altri
generi che venivano venduti in carcere. 
    T..... ha aggiunto che in qualche occasione anche la sua compagna
si era recata a ..... a prendere la droga  e  l'aveva  consegnata  al
M...... Cio' era accaduto quando era stata  sequestrata  per  ragioni
amministrative l'auto  di  L.....  e  M.....  gli  aveva  chiesto  di
accompagnarla. Il sistema era rimasto operativo fino a  maggio/giugno
2018, vale a dire sino a quando M..... era stato trasferito a ..... e
V..... era stato spostato  ad  altro  reparto.  Da  quel  momento  il
traffico di droga e telefonini era stato gestito  da  lui,  M.....  e
G...... Lui aveva investito propri soldi, per acquistare vari panetti
di hashish dividendo con M..... i proventi dell'attivita'. Tutto  era
durato fino a ottobre-novembre 2018,  quando  a  G.....  erano  stati
sequestrati  quattro  telefonini.  Poi  G.....   aveva   iniziato   a
collaborare, M..... si era allontanato e quindi era diventato  sempre
piu' difficile far entrare la droga in carcere.  A  quel  punto,  con
M....., T..... si era dedicato al traffico di telefonini che venivano
introdotti in carcere mediante il sistema di droni gestito da  E.....
R..... del ... 
    Insomma, T..... E..... ha raccontato nel dettaglio  i  fatti  che
avvenivano alla ..... Sezione, riferendo in  primis  che  i  detenuti
M..... A..... (detto G.....), V..... A..... J....., S..... S..... (in
stanza con V..... A.....) e P..... M.....  (da  lui  chiamato  P.....
M..... detto o G.....) erano i principali  gestori  del  traffico  di
hashish e cellulari (unitamente a tale  M.....,  unico  soggetto  non
imputato). 
    La sua attendibilita' e' certa in quanto  egli  non  solo  si  e'
autoaccusato ma ha addirittura  chiamato  in  correita'  la  compagna
D'A..... P....., riferendo che in una occasione  anche  lui,  per  il
tramite della compagna, aveva fatto entrare del «fumo»,  insieme  con
M..... 
    Le  sue  dichiarazioni  si   sovrappongono,   nel   loro   nucleo
essenziale, a quelle di G..... G..... e di altri collaboratori e sono
confermate dai sequestri e dalle intercettazioni. 
    Ha inoltre riconosciuto o comunque ha saputo riferire circostanze
rilevantissime molti degli imputati,  in  particolar  modo  (come  e'
naturale) coloro che  erano  in  sezione  con  lui  (V.....,  M.....,
S....., G....., Q....., M.....,  B.....)  ed  altri  (N.....  C.....,
R..... S....., V..... P..... ecc.). 
    Alcuni mesi dopo l'ingresso di T....., anche G..... G..... veniva
allocato nella ..... Sezione del Reparto ..... (dal 4 giugno 2018  al
1° novembre 2018, stanza ..... con P..... M.....). 
    Secondo il racconto del G..... (cfr.  verbali  di  interrogatorio
del  23  novembre  2018  e  del  10  gennaio  2019),  V.....   J.....
raccoglieva gli ordinativi dei detenuti  e  comunicava  le  quantita'
all'agente di polizia corrotto; questi concordava con M..... i  tempi
e le  modalita';  M.....  incaricava  la  compagna  di  contattare  i
familiari dei detenuti interessati affinche' preparassero pacchettini
con droga e cellulari; con gli stessi la donna  fissava  appuntamento
davanti al carcere e si faceva dare 400,00 euro per ogni pacchettino;
la donna incontrava  poi  l'agente  penitenziario  per  consegnare  i
pacchetti e gli dava la  somma  di  200  euro  a  pacchetto  (in  una
occasione G..... aveva assistito  a  una  discussione  tra  M.....  e
l'agente che lamentava di aver ricevuto solo 800 euro invece di  1000
euro per cinque pacchi); l'agente li consegnava al V..... che poi  li
passava al M..... per  la  distribuzione;  droga  e  cellulari  erano
custoditi dai detenuti in particolari nascondigli e  poi  gli  stessi
detenuti procedevano al taglio  che  talvolta  avveniva  anche  nella
cella del G..... mentre lui faceva da palo; tramite i lavoranti e gli
addetti alla cucina il fumo era distribuito alle altre sezioni. 
    G..... ha  riferito  di  episodi  ai  quali  aveva  personalmente
assistito e, quindi, sebbene avesse inizialmente appreso dei traffici
di droga  parlando  con  M.....  P.....  detto  o  G.....,  e  con  i
principali organizzatori - M....., S..... e  V.....  -,  poi  ne  era
divenuto egli stesso partecipe assistendo agli scambi di droga,  alle
discussioni con l'agente penitenziario corrotto, alle  operazioni  di
occultamento e al taglio (precisava che la droga era nascosta  dentro
un buco della parete  della  Barberia  della  .....  sezione,  o  nel
freezer della cucina). 
    Dopo la scarcerazione di V..... e S....., il  sistema  era  stato
gestito dal M...... La droga e  i  telefoni  erano  forniti  anche  i
detenuti delle altre sezioni attraverso i detenuti lavoranti  (S.....
detto C..... li portava in cucina dove si incontrava con i  lavoranti
delle altre sezioni del reparto, a cui gli oggetti  erano  consegnati
per  essere  recapitati  al  destinatario,  secondo  le   indicazioni
ricevute dagli organizzatori). Per le sezioni dispari  la  droga  era
consegnata al lavorante P..... (poi identificato in  P.....  P.....),
che la consegnava in cambio di regali. Per quelle pari  si  ricorreva
anche al sistema del paniere calato dalla  finestra  delle  celle  (a
volte anche dalla sua). Tra i detenuti della .....  Sezione  cui  era
consegnata la droga ricordava A..... A....., cui venne consegnata una
palla di fumo al prezzo di 600 euro, e L..... di S...... 
    Insomma, anche G..... risulta assolutamente  attendibile,  avendo
reso dichiarazioni precise e dettagliate su fatti che di cui egli  e'
stato protagonista in prima persona e di cui si autoaccusato. 
    Le  sue  dichiarazioni  si   sovrappongono,   nel   loro   nucleo
essenziale, a quelle di T..... E..... e di altri collaboratori e sono
confermate dai sequestri e dalle intercettazioni. 
    Infine egli ha riconosciuto in foto gran parte degli imputati. 
    Il collaboratore N..... C..... ha riferito sui fatti  di  spaccio
avvenuti nella ..... Sezione, ove e' stato allocato dopo due mesi dal
suo arresto, avvenuto nel giugno 2014 fino al marzo 2017. 
    Quindi egli ha avuto approfondita contezza di cio' che  avveniva,
essendo stato recluso in quella sezione  per  un  arco  temporale  di
quasi tre anni. 
    Dei tre chiamanti  in  correita',  egli  e'  stato  il  primo  ad
accedere al reparto ...... 
    Le sue dichiarazioni sono riportate nei verbali di interrogatorio
del 1° ottobre 2019 e del  12  giugno  2020,  cui  si  rinvia  per  i
dettagli. 
    In questa sede  e'  sufficiente  ricordare  quanto  riferito  dal
N.....  sull'esistenza,  gia'  al  momento  del  suo  ingresso  nella
sezione, di un sistema per fare entrare oggetti proibiti  tramite  un
accordo tra C..... D'A....., spesino della sezione,  ed  una  guardia
addetta al controllo della spesa, O..... D..... S....., che  riceveva
500 euro, oltre che sul suo personale coinvolgimento in tale traffico
di  orologi  insieme  allo  spesino  E.....  F.....,  subentrato   al
D'A...... Dal  traffico  di  orologi,  alla  fine  del  2015,  grazie
all'amicizia di A..... N..... detto N....., con un  «appuntato  della
sezione, di nome L.....» e con l'arrivo in sezione di C.....  C.....,
nipote di E....., si passo'  al  traffico  di  stupefacenti,  con  lo
stesso sistema gia' sperimentato per gli orologi e gli altri  oggetti
proibiti: la sostanza stupefacente (panetti di hashish da 250 grammi,
gia' suddivisi in dosi) veniva acquistata da un familiare  di  A.....
N....., occultata in confezioni di bagnoschiuma  Vidal  dello  stesso
tipo di quello acquistato allo  spaccio  del  carcere,  e  consegnata
all'appuntato L..... che la faceva entrare in  carcere  nascondendola
nella divisa; la droga veniva custodita nella cella dei detenuti piu'
anziani,  e  quindi  meno  soggetti  a  perquisizioni,  ed  era   poi
distribuita tra gli altri detenuti. La guardia penitenziaria riceveva
regali di 500-1000 euro per il tramite  di  C.....  C......  Dopo  un
periodo di assenza, l'appuntato era rientrato  in  servizio  e  aveva
cominciato a ricevere da F..... F.....  (in  realta'  S.....  F.....,
individuato correttamente in foto) 300 euro  al  mese  «come  vera  e
propria mesata». Quando, nel  marzo  2017,  N.....  aveva  deciso  di
collaborare, il traffico di stupefacenti era ancora in corso. 
    Ha  poi  riferito  che  nel  carcere  era   possibile   ottenere,
corrompendo agenti penitenziari (e' il caso di D..... S..... O..... e
dell'ispettore  G.....  F.....  e  F.....  M.....),  cambi  celle   o
addirittura di reparto (come avvenuto per  U.....  A.....,  esponente
apicale del clan V..... G....., spostato dall'isolamento  alla  .....
sezione dietro il pagamento di 4000 euro)  o  trattamenti  di  favore
(come per l'imprenditore A..... F....., al quale  l'ispettore  G.....
consegnava cibo non consentito e «soprattutto  lo  faceva  incontrare
con imprenditori ed altre persone non autorizzati ai colloqui»). 
    E' importante evidenziare che nel corso  dell'interrogatorio  del
12 giugno 2020 N..... C.....  ha  effettuato  la  individuazione  dei
detenuti che erano con lui alla ...... 
    Anche N....., come T..... e G....., e' stato ritenuto  pienamente
attendibile in quanto si e' autoaccusato, ha  offerto  un  contributo
dettagliato  e  preciso  e  confermato  dal   narrato   degli   altri
collaboratori, oltre che dai sequestri effettuati. 
    Peraltro,  al  pari  degli  altri   collaboratori   sentiti   nel
procedimento principale, si tratta di soggetti  intranei  a  sodalizi
camorristici: ha avuto una lunga militanza dapprima nel clan B..... e
dal 2014 del clan P...../L....., occupandosi di droga  ed  estorsioni
(lo conferma il suo certificato penale); N.....  ha  avuto  un  ruolo
apicale nel clan A..... V..... operante in ..... e, in virtu' di tale
posizione verticistica, ha potuto riferire di fatti gravissimi, anche
di  omicidi  (egli,  non  a  caso,  risulta  condannato  per  omicidi
consumati e tentati in ambito camorristico); T.....  ha  fatto  parte
del clan di A..... G..... operante nella zona di ....., per il  quale
si e' occupato soprattutto di  traffico  di  stupefacenti  (come  del
resto dimostra anche il suo certificato penale). 
    Cosi' per gli altri collaboratori: A..... e' considerato uno  dei
capi della cd. 
    P..... M....., P..... C..... e il figlio,  P.....  F.....,  hanno
fatto parte, con ruoli di primo piano, del clan dei M.....; R..... ha
fatto parte del clan L..... (dal 2008) e del clan M..... (dal  2012);
S..... ha rivestito un ruolo di spicco nel clan S...../D.....  L.....
B...../M..... operante a ....., alleato al clan  R.....  e,  in  tale
veste,  ha  potuto  riferire   episodi   gravissimi,   quali   quelli
riguardanti gli attentati nella  guerra  contro  il  clan  M.....,  e
descrivere la organizzazione delle attivita' illecite sul  territorio
controllato dal clan. 
    Essi hanno riferito in merito a reati  di  assoluta  gravita'  e,
piu' in generale, alle  attivita'  illecite  poste  in  essere  dalle
organizzazioni criminali  di  rispettiva  appartenenza,  vedendo,  in
alcuni   casi,   riconosciuta   in   sentenza   l'attenuante    della
collaborazione di cui all'art. 416-bis.1, comma 3, c.p. (gia' art.  8
legge n. 203/1991) (e' il caso, tra i tre chiamanti in  correita'  in
esame, di G..... G.....; ma cio' vale anche per P..... M....., P.....
C....., P..... F....., R..... S..... e S..... T..... a conferma della
loro credibilita'). 
    Il loro indiscusso spessore criminale ha consentito  agli  stessi
di inserirsi nelle dinamiche dello spaccio in carcere e, comunque, di
venirne a conoscenza, come del resto risulta dalla quantita' e  dalla
qualita' delle informazioni rese nei verbali illustrativi. 
    Non si vede, quindi, la ragione per  la  quale  avrebbero  dovuto
raccontare il falso in  relazione  ai  fatti  di  spaccio  in  esame,
mettendo a rischio il programma di protezione. 
    Ancora, ad ulteriore conferma della loro credibilita' soggettiva,
G....., T..... N..... (e poi anche D'A....., che, occorre  ribadirlo,
non e' tecnicamente un collaboratore di giustizia) hanno  ammesso  il
loro  coinvolgimento  nei  fatti  di  spaccio  e  di  corruzione  che
avvenivano nel carcere di riferendo di essere stati tra i  principali
protagonisti. 
    R.....  pur  negando  di  aver   partecipato   al   traffico   di
stupefacenti, ha  ammesso  di  essersi  attivato  per  acquistare  un
cellulare in carcere e, per tale motivo,  e'  credibile  quanto  alla
ricostruzione del sistema di corruzione. 
    Tutti sono stati detenuti, ovviamente, al carcere  di  .....  nel
periodo in contestazione (si veda lo specchietto sopra riportato). 
    Peraltro  la  positiva  valutazione   della   loro   credibilita'
soggettiva discende anche dal dato  numerico:  il  nucleo  essenziale
relativo alla esistenza di una organizzazione capace di  far  entrare
droga all'interno del carcere di ..... e di gestirne alcune attivita'
fondamentali, come l'allocazione  dei  detenuti  nelle  celle  e  nei
reparti, attraverso la corruzione di  agenti  penitenziari,  i  quali
erano  sostanzialmente  «a  libro  paga»  dei  clan,  viene  riferito
sostanzialmente da ben dieci collaboratori diversi. 
    Non puo' quindi ipotizzarsi alcun accordo diretto a  «calunniare»
qualcuno. 
    Positiva anche la  valutazione  della  attendibilita'  intrinseca
delle loro dichiarazioni, che, al netto di alcune naturali  lacune  o
imprecisioni dovute al  tempo  trascorso  (la  cui  assenza,  invero,
avrebbe fatto dubitare della spontaneita' e genuinita' del  narrato),
sono apparse sostanzialmente precise e, nel loro  nucleo  essenziale,
sovrapponibili tra loro. 
    In particolare, quelle rese da T..... e G..... hanno,  come  piu'
volte detto, disvelato nei dettagli il sistema  messo  in  atto  alla
..... Sezione per ordinare, far entrare, lavorare  e  distribuire  lo
stupefacente nel carcere. 
    N..... ha raccontato con  precisione  quello  che  accadeva  alla
..... Sezione, ivi compresi anche i trattamenti di  favore  riservati
ad alcuni detenuti  dietro  compenso  agli  agenti  penitenziari.  E'
innegabile che anche a costoro,  come  ad  altri  collaboratori,  sia
capitato di incorrere in imprecisioni  nel  ricordo  di  nomi  o  nel
riconoscimento in foto. 
    E' quello che e' successo a G....., che, pur avendo  riconosciuto
il M....., lo chiama M....., o a T..... con  P.....  M.....,  da  lui
chiamato P...... 
    Tuttavia, cio' e' apparso naturale  in  ragione  del  fatto  che,
negli ambienti criminali, ci si  conosce  soprattutto  o  addirittura
esclusivamente con soprannomi, ragion per cui e' a questi che occorre
fare riferimento, quasi piu' che ai nomi. 
    E i soprannomi sono stati da loro indicati con precisione (G.....
per M..... e o' g..... per P.....). 
    E' capitato, inoltre, che i riconoscimenti fossero  non  semplici
in ragione delle mutate fattezze fisiche dei soggetti ritratti. 
    Peraltro le loro dichiarazioni hanno  trovato  plurimi  riscontri
nei sequestri  di  droga  e  cellulari  avvenuti  in  carcere,  nelle
conversazioni intercettate tra  la  D.....  F.....  e  M.....,  negli
accertamenti effettuati dalla PG in ordine, ad esempio, ai periodi di
detenzione  o  alle  celle  ove  venivano  indicati  i  chiamati   in
correita', nella vicenda che aveva gia'  coinvolto  un  altro  agente
penitenziario di O..... D..... S....., arrestato e condannato perche'
«a disposizione» dei detenuti. 
    Da ultimo, le dichiarazioni  dei  chiamanti  in  correita'  hanno
trovato riscontro nelle dichiarazioni degli altri collaboratori. 
    In definitiva, nel rinviare per i dettagli circa  la  valutazione
delle dichiarazioni dei collaboratori  alla  lettura  della  sentenza
emessa nel procedimento principale in data 10 novembre 2022, preme in
questa  sede  rimarcare  l'assoluta  credibilita'   riconosciuta   ai
collaboratori G..... G....., T..... E..... e N.....  C.....,  le  cui
dichiarazioni (unitamente a quelle rese in  fase  di  indagini  dagli
altri collaboratori (4) ) hanno consentito non solo di porre fine  al
fenomeno  in  esame  merce'  l'emissione  di  una  corposa  ordinanza
applicativa di misure cautelari  (la  piu'  volte  richiamata  o.c.c.
86/2022 ma anche di pervenire a una  sentenza  di  condanna  per  ben
ventiquattro  dei  ventotto  coimputati  che  hanno  scelto  il  rito
abbreviato. 
    Vi e' poi D'A..... E.....,  detto  G.....,  esponente  di  spicco
della criminalita' organizzata .....,  il  quale,  dopo  la  notifica
dell' o.c.c. n. 86/2022, ha deciso di rendere dichiarazioni  auto  ed
eteroaccusatorie in data 20 aprile 2022. 
    Pur non rivestendo la qualifica formale di collaboratore, le  sue
dichiarazioni  (per  le  quali  si  rinvia  al  relativo  verbale  di
interrogatorio, onde evitare di tediare il lettore)  hanno  non  solo
confermato quanto gia' emerso dalle propalazioni dei collaboratori ma
hanno anche consentito di superare alcune lacune che avevano  imposto
al giudice per le indagini preliminari e al Tribunale del Riesame  di
escludere il presidio cautelare nei confronti di alcuni degli odierni
imputati. 
    In particolare, il giudice per le indagini preliminari rigettava,
per quel che qui interessa, la richiesta di applicazione della misura
cautelare nei confronti  di  A.....  G.....,  C.....  E.....,  C.....
C....., P..... P...... 
    Il Tribunale del riesame, se da un lato confermava, per  la  gran
parte  degli  allora  indagati,  le  misure   applicate,   dall'altro
annullava l'ordinanza genetica anche nei confronti di C.....  F.....,
N..... A....., N..... P....., R..... R..... e T..... G...... 
    Ebbene,  e'  sufficiente  evidenziare  in  questa  sede  come  le
dichiarazioni  del  D'A.....  hanno  consentito  allo  scrivente   di
pervenire a condanna (anche) per gli imputati A.....  G.....,  C.....
E....., C..... C....., P..... P..... e N..... A.....,  integrando  il
narrato dei collaboratori e superando le lacune evidenziate  in  fase
cautelare. 
    Alla luce delle superiori considerazioni non  vi  e'  dubbio  che
debba essere concessa a G.....T..... N....., e  D'A.....  l'attenuate
di cui  all'art.  74,  comma  7  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990. (5) 
    Le loro dichiarazioni sono, peraltro, le piu' complete e  precise
in quanto essi sono stati tra i principali protagonisti dei fatti  di
spaccio (G..... e  T.....  alla  .....  Sezione;  N.....  alla  .....
Sezione; D'A..... faceva lo spesino e ha raccontato quello che sapeva
in relazione a tutte le Sezioni del Reparto .....). 
    Lo  stesso  pubblico  ministero  ha  chiesto  di   applicare   la
diminuente della dissociazione, chiedendo pene  di  gran  lunga  piu'
contenute per loro. 
    Ad essi, al pari degli altri imputati, vanno  concesse,  inoltre,
le attenuanti generiche, per adeguare la pena al  fatto,  come  sopra
ampiamente visto. 
    Questo il quadro delle attenuanti. 
    Quanto alle aggravanti, va considerato che si tratta di  soggetti
gravati da pesantissime recidive reiterate (segnatamente la  recidiva
reiterata, specifica e infraquinquennale per D'A..... E.....,  G.....
G..... e T..... E..... e la recidiva  reiterata  e  infraquinquennale
per N..... C.....), risultando, dai certificati penali aggiornati  in
atti, condannati per reati gravissimi (omicidi,  estorsioni,  spaccio
di stupefacenti, associazione mafiosa e altri). 
    Nello specifico, solo per considerare i reati di maggior  allarme
sociale e premesso che tutti e quattro hanno  iniziato  a  delinquere
fin da giovani: 
        D'A..... annovera vari precedenti gravissimi, tra i quali una
condanna per rapina (commessa nel 2005, irrevocabile nel  2006),  una
condanna per detenzione e vendita di stupefacenti (commesso nel 2007,
irrevocabile nel 2010), una evasione  (commessa  il  20  marzo  2009,
irrevocabile nel 2010), una estorsione aggravata (commessa «in  epoca
anteriore e prossima al 9 luglio 2015», irrevocabile nel  2019),  una
condanna recente per un duplice omicidio  continuato  ed  estorsione,
aggravati dall'art. 7 (commessi rispettivamente il 10 febbraio 2016 e
il 17 dicembre 2015, reati per i quali e' stato condannato alla  pena
dell'ergastolo con isolamento diurno per anni due), una condanna  per
vendita di stupefacenti continuata in concorso (accertato  da  «meta'
2015 a inizio febbraio 2016») e, infine, una  condanna  (irrevocabile
nel 2022) per il reato di cui all'art. 74, «accertato fino  al  2015»
(si veda il certificato penale aggiornato al 2022); 
        T..... ha anch'egli una storia criminale lunghissima, essendo
stato condannato piu' volte per detenzione e cessione di stupefacenti
(la prima volta, per un fatto commesso quando aveva solo 19 anni;  in
tutto ben quattro condanne, di cui l'ultima passata in giudicato  nel
2013, quindi prima dei fatti  in  esame)  e  due  volte  per  tentata
estorsione aggravata dall'art. 7, per fatti rispettivamente  commessi
nel 2001 e nel dicembre 2017 (quest'ultimo con  sentenza  passata  in
giudicato il 29 maggio 2021); 
        G..... ha precedenti in materia di armi, incendio e  violenza
privata (fatti del 10 settembre 2008,  sentenza  irrevocabile  il  28
giugno 2011), rapina aggravata e lesioni personali  (commesso  il  26
maggio 2012, irrevocabile il 7  aprile  2016),  di  turbata  liberta'
degli incanti (commesso nel 2012 e irrevocabile il 20 luglio 2016) ed
e' stato condannato per  il  reato  di  cui  all'art.  74,  aggravato
dall'art. 7, per fatti commessi tra ottobre 2014 e maggio  2015,  con
sentenza divenuta irrevocabile il 27 febbraio  2021;  infine  ha  una
condanna per altri fatti di spaccio accertati tra il 2012 e  il  2013
(irrevocabile il 29 gennaio 2022); 
        N.....  C.....  i  annovera  plurimi  precedenti  per  rapina
aggravata (commesse  tra  il  2004  e  il  2006),  una  condanna  per
associazione  mafiosa,  omicidio  continuato,  estorsione   aggravati
dall'art. 7 e altro passata in giudicato nel 2017 (fatti  commessi  a
partire dal 2013 con condotta permanente) e  una  ulteriore  condanna
per tentato omicidio aggravato dall'art. 416-bis 1 c.p. (accertato il
10 giugno 2014) passata in giudicato nel 2021. 
    Come emerge con nettezza, anche costoro, cosi' come i  coimputati
gia' giudicati, sono soggetti dall'elevatissimo  spessore  criminale,
esponenti di  primo  piano  di  sodalizi  mafiosi  che,  in  anni  di
militanza, hanno commesso i piu' efferati delitti, venendo  raggiunti
da sentenze di condanna fino all'attualita'. 
    Anzi, a ben vedere,  sotto  il  profilo  dei  precedenti,  se  si
raffrontano  ai  certificati  penali  degli  altri   coimputati,   le
posizioni dei quattro imputati stralciati qui in esame  appaiono  tra
le piu' gravate. 
    E' poi importante sottolineare che, avendo iniziato a  commettere
reati fin da giovani, quando essi hanno  posto  in  essere  il  reato
associativo di cui al capo 1 erano  gia'  stati  raggiunti  da  varie
sentenze di condanna, alcune delle  quali  passate  in  giudicato  in
epoca vicina temporalmente alla vicenda in esame. 
    Inoltre, avevano gia' posto in essere molti  altri  reati,  tanto
vero che l'irrevocabilita' delle relative sentenze  e'  arrivata  nel
corso o successivamente ai fatti di Secondigliano. 
    Nessuna di queste condanne li ha fermati. 
    Neppure la detenzione in regime di  alta  sicurezza:  entrati  in
carcere, si sono subito cimentati in un altro reato  di  elevatissimo
allarme sociale, compreso nella speciale lista di cui  all'art.  407,
comma 2, c.p.p., cosi' dimostrandosi del tutto insensibili ai plurimi
richiami alla legalita' contenuti nelle sentenze di condanna  subite,
totalmente disinteressati al percorso rieducativo rappresentato dalla
detenzione ed  anzi  intenzionati  a  trasformare  la  permanenza  in
carcere  in  una  nuova  occasione  per  delinquere   e   far   soldi
illecitamente. 
    Non vi e' dubbio, quindi, che i  gravi  fatti  di  spaccio  e  di
corruzione da loro commessi nel carcere di ....., peraltro con  ruoli
organizzativi (a G....., T..... e N..... e' contestato  il  ruolo  di
capo/organizzatore; a D'A..... quello di partecipe ma con la funzione
di spesino, che gli consentiva una  maggiore  liberta'  di  movimento
nell'ambito del sistema di  smercio  dello  stupefacente),  erano  il
portato di anni di devianza e di una tendenza  a  delinquere  davvero
incontenibile. (6) 
    Pertanto, essendo, per quanto detto, le loro  condotte  connotate
da maggiore colpevolezza, sussistono e vanno  applicate  le  recidive
contestate,  segnatamente  la   recidiva   reiterata,   specifica   e
infraquinquennale per D'A..... E....., G..... G..... e T.....  E.....
e la recidiva reiterata e infraquinquennale per N..... C...... 
    Cio' in linea con il consolidato orientamento della Suprema Corte
(da ultimo espresso da Cassazione Sez, Un. 42414/2021),  secondo  cui
la recidiva e' una circostanza pertinente al reato  che  richiede  un
accertamento, nel caso  concreto,  della  relazione  qualificata  tra
l'autore e il fatto che deve risultare  sintomatico,  in  riferimento
alla  tipologia  dei  reati  pregressi   e   all'epoca   della   loro
consumazione, sia sul piano della colpevolezza che  su  quello  della
pericolosita' sociale (Sez. U, n. 35738 del 27 maggio 2010,  Calibe';
Sez. U, n. 20798 del 24 febbraio 2011, Indelicato). (7) 
    Se  e'  vero  che,  alla  luce   della   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 185/2015, l'applicazione della recidiva in caso  di
delitti  (quale  quello  in  esame)  rientranti  nell'elenco  di  cui
all'art. 407, comma 2, lettera a c.p.p. non e' obbligatoria, e' anche
vero che nel caso di specie, per quanto sopra detto, non si puo'  non
applicare la recidiva in parola. 
    E' sufficiente riflettere, ad esempio, sul  fatto  -  che  appare
insuperabile sotto il profilo dell'applicazione  della  recidiva  che
tutti e quattro avevano gia' numerose sentenze di condanna, molte per
fatti analoghi o aggravati dall'art. 7. 
    E poi il dato, invero emblematico, che D'A..... e G.....  avevano
gia' commesso il reato di cui all'art. 74 allorche' erano in liberta'
e, raggiunti da ordine di carcerazione, non hanno esitato a  ripetere
la stessa condotta anche in carcere. 
    Non molto diversamente dal pluricondannato  per  fatti  di  droga
T..... e dal N....., rapinatore  seriale  poi  condannato  in  ambito
camorristico per omicidio continuato e altri efferati reati. 
    Anche per  loro,  quindi,  la  recidiva  non  puo'  certo  essere
esclusa, essendo evidente come la ricaduta in un delitto cosi'  grave
come l'associazione ex art. 74 sia chiaro sintomo di una elevatissima
pericolosita' gia' attestata dai gravissimi precedenti e il fatto che
essi abbiano commesso il nuovo reato in carcere indica  plasticamente
la loro irriducibile tendenza a delinquere. 
    Quasi superfluo  rimarcare  come  si  tratti  di  soggetti  tutti
intranei a sodalizi camorristici e quindi dediti per scelta di vita a
commettere gravissimi reati. 
    La loro storia criminale induce, quindi, a  valorizzare  il  loro
apporto dichiarativo non gia' escludendo la recidiva  (non  potendosi
sostenere che i fatti a loro contestati non siano connotati,  come  e
piu' che per gli altri imputati, da maggiore riprovevolezza)  bensi',
piu' correttamente, sul versante dell'attenuante di cui all'art.  74,
comma 7, d.p.r. n. 309/1990, che si intende concedere in rapporto  di
prevalenza  su  tutte  le  aggravanti  contestate,  ivi  compresa  la
recidiva reiterata. 
    Del resto, la recidiva attiene al fatto e alla sua relazione  con
l'autore  e,  secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,   la   sua
applicazione in tanto si  giustifica  in  quanto  il  nuovo  delitto,
commesso da chi sia gia' stato condannato per precedenti delitti  non
colposi,  sia  in  concreto  espressivo  non  solo  di  una  maggiore
pericolosita'  criminale,  ma  anche   di   un   maggior   grado   di
colpevolezza, legato alla maggiore rimproverabilita' della  decisione
di violare  la  legge  penale  nonostante  l'ammonimento  individuale
scaturente dalle precedenti condanne. (8) 
    E' esattamente quello che e' avvenuto nel caso  di  specie,  come
sopra ampiamente argomentato. 
    La dissociazione, costituendo un comportamento post-delictum, non
attiene, invece, a tale profilo ma va valorizzata con la  concessione
dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7. 
    Anche perche' la  scelta  di  dissociarsi  potrebbe  in  concreto
discendere da un mero  calcolo  utilitaristico,  come  verosimilmente
avviene nel caso in esame, e quindi,  non  essendo  richiesta  alcuna
forma di intimo pentimento, non e' necessariamente indicativa di  una
minor pericolosita'. 
    Sarebbe, quindi, improprio escludere la recidiva - che come detto
indica una maggiore pericolosita' dell'agente e una  piu'  accentuata
colpevolezza in relazione al fatto - in ragione  della  dissociazione
post-delictum,  profilo  che,   come   detto,   va   valutato,   piu'
correttamente, ai  fini  della  concessione  dell'attenuante  di  cui
all'art. 74, comma 7. (9) 
    La  valenza  prevalente   dell'attenuante   della   dissociazione
consente (rectius, consentirebbe) non solo di tenere nel giusto conto
l'importanza dei contributi  dichiarativi  ma  anche  di  evitare  un
risultato incongruo in termini di pena. 
    Si deve, invece, constatare che l'attenuante della  dissociazione
di cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/1990 non  risulta  esclusa
dal bilanciamento con le circostanze aggravanti, ricadendo  in  pieno
nel disposto di cui all'art.  69  del  codice  penale  e  quindi  nel
divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata di cui al comma 4. 
    Ed invero, per  la  citata  attenuante  non  e'  prevista  alcuna
disciplina specifica che la esenti  dal  bilanciamento,  come  invece
avviene  per  l'attenuante  della  dissociazione  prevista  dall'art.
416-bis, 1 comma, 3 c.p.p. (il vecchio art. 8, legge n. 203/1991). 
    Quest'ultima, infatti, secondo la giurisprudenza, non e' soggetta
al bilanciamento (Cass. Sez. Un. Sez. U, n.  10713  del  25  febbraio
2010; da ultimo Cassazione n. 8740 del 1° dicembre  2016;  Cassazione
n. 31983 del 13 aprile 2017, secondo cui qualora sia riconosciuta  la
circostanza  attenuante  ad   effetto   speciale   della   cosiddetta
«dissociazione  attuosa»,  prevista  dall'art.  8,  decreto-legge  13
maggio 1991, n. 152, convertito  in  legge  12  luglio  1991  n.  203
(Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata
e di trasparenza e buon andamento  dell'attivita'  amministrativa)  e
ricorrano altre circostanze attenuanti in  concorso  con  circostanze
aggravanti,  soggette  al  giudizio  di  comparazione,  va   dapprima
determinata la pena effettuando tale giudizio e successivamente,  sul
risultato che ne  consegue,  va  applicata  l'attenuante  ad  effetto
speciale). 
    Inoltre, la Corte ha evidenziato che quello previsto dall'art. 8,
decreto-legge n. 152 cit. e' un regime derogatorio  della  disciplina
ordinaria in tema di bilanciamento delle circostanze e come  tale  e'
da considerarsi di stretta interpretazione. (10) 
    Ne deriva che il particolare regime previsto per  l'art.  8  (ora
art. 416-bis 1, comma 3, c.p.) non e' estensibile  all'attenuante  di
cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/90. (11) 
    Quindi, diversamente dalla dissociazione «mafiosa», quella di cui
all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/1990 soggiace al bilanciamento di
cui all'art. 69, comma 4, c.p. e - ed e' qui il fulcro del dubbio  di
legittimita' costituzionale - al divieto di prevalenza sulla recidiva
reiterata. 
    E cio' nonostante la prima preveda  una  diminuzione  «fino  alla
meta'» mentre la seconda prevede una diminuzione «dalla meta'  a  due
terzi», il che evidentemente sottende l'ancora maggiore interesse del
legislatore a favorire  la  dissociazione  dall'associazione  di  cui
all'art. 74 in quanto reato avente ad oggetto il bene  rilevantissimo
della salute pubblica. 
    Tornando al caso di specie,  la  diretta  conseguenza  di  quanto
sopra evidenziato  e',  ad  avviso  dello  scrivente,  inaccettabile:
siccome l'attenuante di cui all'art. 74, comma 7, non puo'  prevalere
sulle recidive dei quattro imputati  in  questione,  il  suo  effetto
sulla pena e' di fatto nullo. 
    Ed infatti, dovendosi concedere le attenuanti generiche come  per
tutti  gli  altri  imputati,  le  stesse   avrebbero   gia'   valenza
equivalente alle contestate aggravanti, compresa la recidiva, sicche'
ove pure le predette attenuanti fossero affiancate  da  quella  della
dissociazione, nulla cambierebbe in termini di pena finale in ragione
del divieto di prevalenza qui contestato. (12) 
    Il  risultato  finale  sarebbe  che  i  quattro   «collaboratori»
avrebbero  pene  corrispondenti  a  quelle  dei  coimputati  da  loro
accusati, il che chiaramente si pone in contrasto con i  principi  di
ragionevolezza e di  proporzionalita'  oltre  che  con  la  finalita'
rieducativa della pena. 
    Si pensi a G......, T...... e N......, che avevano  il  ruolo  di
capo: partendo dalla pena minima di anni venti di reclusione (come si
e' gia' fatto per gli altri «capi»), ritenute le attenuanti generiche
e l'attenuante di cui  all'art.  74,  comma  7,  d.p.r.  n.  309/1990
equivalenti alla recidiva reiterata a loro rispettivamente contestata
e alle altre aggravanti (quella di  cui  all'art.  74,  comma  3  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quella  di  cui
all'art. 61, n. 9, c.p.), applicata la diminuente  per  il  rito,  si
arriverebbe alla pena di anni 13 e mesi 4 di reclusione, vale a  dire
alla stessa pena applicata agli altri coimputati cui e' contestato il
ruolo di capo. 
    Ma a T...... e N...... sono contestati anche i' reati di  cui  ai
capi 2 e 3 (da loro confessati) che, per effetto della continuazione,
addirittura ne aggraverebbero ulteriormente le pene. 
    In altri termini, costoro avrebbero pene analoghe a coimputati di
primo piano come N...... A......, A...... A......, P...... M......  e
S...... S...... (tutti condannati, per il solo reato  associativo,  a
tredici anni e quattro mesi) o  V......  A......  j......  e  M......
A...... (condannati, per il reato  associativo  e  per  il  reato  di
corruzione di cui al capo 2, a quattordici anni  di  reclusione),  da
loro accusati e fatti condannare. 
    Cosi' anche per il D'A......,  cui  e'  contestato  il  ruolo  di
partecipe e che deve rispondere, per sua stessa ammissione, anche del
reato di cui al capo 5. 
    Partendo,  anche  qui,  dalla  pena  minima  di  anni  dieci   di
reclusione prevista dal  comma  2  dell'art.  74,  ove  si  ritenesse
l'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 del decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 unitamente alle attenuanti generiche,  a
tutti concesse, equivalenti alla recidiva reiterata a lui  contestata
e alle altre aggravanti (quella di  cui  all'art.  74,  comma  3  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quella  di  cui
all'art. 61, n. 9 c.p.), applicata la  diminuente  per  il  rito,  si
arriverebbe alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione,  vale  a
dire alla stessa pena applicata ad altri coimputati con il  ruolo  di
partecipe come C...... E...... e C...... C...... (soggetti  che  egli
stesso ha contribuito in maniera decisiva a far condannare, superando
le lacune evidenziate dai giudici della cautela) o E......,  M......,
M......, O......, Q...... e V...... 
    Anzi, dovendosi, come detto, applicare  al  D'A......,  anche  un
aumento per il capo 5 (valutabile, onde non anticipare del  tutto  la
decisione, in alcuni mesi di reclusione trattandosi di reato  da  lui
stesso  ammesso),  la  sua  pena  finirebbe  per  essere  addirittura
superiore a quella di costoro. 
    E cio' avverrebbe, a  ben  vedere,  in  totale  spregio  del  suo
apporto dichiarativo; anzi addirittura «a causa» di esso, atteso  che
il reato di cui al capo 5 (di cui risponde solo il  D'A......)  altro
non e' che conseguenza delle sue dichiarazioni autoaccusatorie (tanto
vero che non era contestato in fase cautelare). 
    In altri termini, la posizione del D'A...... appare paradigmatica
della irragionevolezza del sistema: gli viene applicata  la  custodia
cautelare per il reato di associazione ex  art.  74;  poi  decide  di
rivelare importanti dettagli circa il traffico di droga in carcere  e
confessa anche il reato di corruzione di cui al  capo  5;  poi  va  a
giudizio e la pena finale,  anziche'  ridursi  in  virtu'  della  sua
proficua   dissociazione   (stante   il   divieto    di    prevalenza
dell'attenuante di cui  all'art.  74,  comma  7  sulla  sua  recidiva
reiterata),  ne  risulta   ampliata   rispetto   alle   contestazioni
cautelari,  giacche'  egli  dovra'  subire  anche  l'aumento  per  la
continuazione col capo 5 (che da quella scelta dissociativa deriva). 
    Il risultato finale e' che, se egli non  si  fosse  dissociato  e
autoaccusato, avrebbe risposto del solo reato di cui all'art.  74  e,
nel quadro sopra descritto (cioe' avendo, come gli altri  coimputati,
le attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con le  contestate
aggravanti, tra cui anche la recidiva), avrebbe avuto una  pena  piu'
lieve (pena base anni dieci, ridotta di un terzo ad anni sei  e  mesi
otto) di quella che si prospetta in ragione (e,  ripetesi,  a  causa)
della sua collaborazione,  dovendosi  a  tale  pena  applicare  anche
l'aumento per la continuazione. 
    Siamo, ad avviso dello scrivente, di fronte a un paradosso. 
    Ad analoghe conclusioni  circa  la  sostanziale  non  convenienza
della collaborazione si perviene - mutatis mutandis  -  per  T......,
G...... e N......), sempre a cagione del rigido  automatismo  sotteso
al divieto di prevalenza in esame. 
    In questo quadro, avendo i propalanti in esame reso dichiarazioni
amplissime, precise e sovrapponibili, reputa lo  scrivente  che  tale
fondamentale contributo debba essere valorizzato con  la  concessione
dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 in rapporto di prevalenza
su tutte  le  aggravanti,  compresa  la  recidiva  reiterata  a  loro
contestata. 
    Come detto, in assenza  di  una  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p. nella parte in cui prevede
il divieto di prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7,
sulla recidiva reiterata, i quattro imputati in questione subirebbero
un trattamento sanzionatorio pari o addirittura peggiore rispetto  ai
coimputati che essi hanno  contribuito  in  maniera  decisiva  a  far
arrestare e a far condannare. 
    E' evidente che si tratta di un risultato  inaccettabile  che  ha
reso necessario lo stralcio e la remissione della presente  questione
di legittimita' costituzionale. 
    Del resto, non e' ravvisabile una strada alternativa  in  termini
interpretativi:  si  e'  visto  che  non  e'   possibile   ricondurre
l'associazione in questione alla fattispecie lieve  di  cui  all'art.
74, comma 6; non e' possibile  escludere  le  recidive;  non  risulta
applicabile, per consolidato indirizzo giurisprudenziale,  il  regime
previsto per l'attenuante di  cui  all'art.  8,  legge  n.  201/1993,
qualificata come norma di  stretta  interpretazione;  ne'  vi  e'  un
regime speciale (da applicare eventualmente  in  via  analogica)  per
l'analoga  norma  di  cui  all'art.  73,  comma  7  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990,  in  relazione  alla  quale,
infatti, e' gia' intervenuta declaratoria di incostituzionalita'  del
divieto di prevalenza, come ampiamente si dira' nel prosieguo. 
2. Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Lo scrivente reputa che la  questione  qui  posta  sia  non  solo
rilevante ma anche non manifestamente infondata. 
    La norma censurata (art. 69, comma 4 del codice  penale)  appare,
anzitutto, in contrasto con il principio  di  ragionevolezza  di  cui
all'art.  3  della   Costituzione,   giacche',   come   plasticamente
dimostrato da quanto si e' illustrato sopra,  l'astratto  e  assoluto
automatismo insito nel divieto di  prevalenza  dell'attenuante  della
collaborazione ex art. 74, comma 7 del decreto del  Presidente  della
Repubblica n.  309/1990  rispetto  alla  recidiva  reiterata  produce
risultati che appaiono disarmonici rispetto alla  ratio  della  norma
stessa. 
    Ed invero,  non  occorre  spendere  molte  parole  per  rimarcare
l'assoluta gravita' del reato di cui all'art. 74, reato  che  investe
il  bene  supremo  della  salute  pubblica  e  il  cui  disvalore  e'
testimoniato dalle pene previste (per i capi, non meno di venti  anni
di reclusione; per i partecipi, non meno di dieci anni di reclusione)
e dalla sua inclusione nelle speciali «liste» di cui agli  art.  407,
comma 2, lettera a del codice di procedura penale e  51  comma  3-bis
del codice di procedura penale. 
    Ebbene,  la  ratio  dell'attenuante  di  cui  al   comma   7   e'
all'evidenza quella di favorire il piu' possibile la dissociazione da
un contesto associativo di simile pericolosita'. 
    Tanto vero che, come detto, e' previsto un fortissimo «sconto» di
pena  (dalla  meta'  a  due  terzi)  come   «ricompensa»   per   chi,
allontanandosi dal sodalizio e  mettendo,  spesso,  anche  a  rischio
l'incolumita'  propria  e  dei  familiari,  «si   sia   efficacemente
adoperato  per  assicurare  le  prove  del  reato  o  per   sottrarre
all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti». 
    La logica e' quella del «ponte d'oro» mutuata da  altre  analoghe
previsioni,  come  ad  esempio  la  dissociazione   in   materia   di
terrorismo,  e  trasfusa  anche  nell'ambito  dei  reati  di  matrice
mafiosa. 
    Il beneficio costituisce un importante tassello  nella  lotta  al
narcotraffico e si giustifica, nel caso concreto,  in  considerazione
dell'impellente    necessita'    di    por     fine     all'attivita'
dell'associazione. 
    Come accade per altre ipotesi di dissociazione,  l'attenuante  in
esame costituisce uno strumento per tentare di scardinare quel  patto
di collaborazione e di omerta', spesso  impenetrabile,  che  e'  alla
base delle organizzazioni criminali, anche di quelle finalizzate allo
spaccio di stupefacenti. 
    Ebbene, in questo quadro, non si puo' non considerare che e' piu'
che verosimile che i soggetti che hanno uno  spessore  criminale  che
gli consente di far parte, magari addirittura in qualita' di  capi  o
promotori, di un'associazione dedita  allo  spaccio  di  stupefacenti
siano anche recidivi reiterati. 
    Il caso in esame ne e' un plastico esempio: come  detto  T......,
D'A...... e G......) hanno vari precedenti per reati  in  materia  di
stupefacenti;  G......  e  D'A......   risultano   addirittura   gia'
condannati in via  definitiva  per  il  reato  di  cui  all'art.  74;
N......, oltre a varie rapine aggravate, ha riportato condanne per il
reato di associazione camorristica e per omicidio continuato e  altri
reati connessi. 
    Tutti sono stati condannati per numerosi altri gravissimi reati. 
    Sono tutti esponenti di primo piano di sodalizi camorristici. 
    La loro propensione a delinquere e' stata  tale  da  manifestarsi
anche in carcere e ha consentito loro di inserirsi immediatamente nel
traffico di droga durante la detenzione. 
    Analoghe considerazioni per quasi tutti gli altri coimputati gia'
giudicati dallo scrivente. 
    E' assolutamente pacifico che, proprio in forza di una esperienza
criminale di rilievo, si riesca a organizzare, a dirigere e a  essere
riconosciuti come capi di un'associazione ex art. 74. 
    A fronte di cio', l'art,  69,  comma  4,  c.p,  non  consente  di
ritenere prevalente l'attenuante della dissociazione  proprio  per  i
recidivi reiterati. 
    Ma se l'attenuante in questione non puo' spiegare  tutta  la  sua
valenza per i recidivi reiterati, essa perde  gran  parte  della  sua
ragion d'essere, dal momento che tali soggetti  non  avrebbero  alcun
beneficio a dissociarsi, vedendo al massimo eliso  l'aumento  per  la
recidiva, sempre che cio' non  avvenga  gia'  per  effetto  di  altre
attenuati. 
    Anche su questo punto, il caso in esame risulta  emblematico:  la
concessione delle attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con
la recidiva reiterata e le altre  aggravanti  rende  di  fatto  nullo
l'effetto premiale  della  dissociazione,  con  il  risultato,  sopra
stigmatizzato, che il collaboratore si troverebbe a subire  una  pena
identica (o addirittura  piu'  grave)  del  coimputato  che  egli  ha
chiamato in correita' e che neppure ha ammesso gli addebiti. 
    Di  fatto  si  arriverebbe  alla  totale  neutralizzazione  della
valenza positiva del  contributo  dichiarativo  e  a  un  sostanziale
«tradimento» del patto che lo Stato intende  instaurare  con  chi  si
dissocia onde pervenire alla disarticolazione del sodalizio. 
    A posteriori, insomma, i propalanti non avrebbero alcun beneficio
e, quindi, non sarebbe  da  biasimare  in  futuro  chi,  in  contesti
analoghi, non seguisse la medesima scelta collaborativa. 
    Anzi, a ben vedere, il sistema attuale -  equiparando,  sotto  il
profilo della «capacita'» espansiva rispetto alla recidiva reiterata,
circostanze del tutto diverse sia sotto il profilo della ratio che in
termini di ampiezza del beneficio come, per restare al caso in esame,
le attenuanti generiche e la dissociazione ex  art.  74,  comma  7  -
spinge il recidivo reiterato non gia' a dissociarsi ma a  tentare  di
ottenere semplicemente le attenuanti generiche, magari limitandosi  a
confermare il suo coinvolgimento nel sodalizio a fronte di  emergenze
che gia' andavano in tal senso. 
    In tal modo, con uno «sforzo» dichiarativo davvero ridotto,  egli
potrebbe sperare nella  concessione  delle  attenuanti  generiche  in
rapporto di equivalenza  con  la  recidiva  reiterata  e,  di  fatto,
ottenere lo stesso risultato che avrebbe facendo la scelta - ben piu'
rischiosa - di dissociarsi. 
    Vi e' da sottolineare che la Corte costituzionale ha  gia'  avuto
modo di affermare la irragionevolezza del divieto  di  prevalenza  in
relazione a un'altra simile fattispecie di dissociazione, vale a dire
quella prevista dall'art. 73, comma  7  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 (cfr. sentenza 24 febbraio  -  7  aprile
2016, n. 74). 
    Le  due  previsioni  sono  simili  sotto  il  profilo  letterale,
prevedono lo stesso beneficio in termini di pena (dalla meta'  a  due
terzi) e mirano entrambe a  contrastare  il  dilagante  fenomeno  del
narcotraffico, l'una  in  relazione  ai  singoli  fatti  di  spaccio,
l'altra con riguardo al reato associativo. 
    Nel dichiarare contrario all'art. 3 della Costituzione il divieto
di prevalenza previsto dall'art. 69, comma 4 del codice di  procedura
penale dell'attenuante della  dissociazione  prevista  dall'art.  73,
comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sulla
recidiva reiterata, la Corte ha affermato che «l'attuale formulazione
dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., costituisce il punto di arrivo
di un'evoluzione legislativa dei criteri  di  bilanciamento  iniziata
con l'art. 6 del decreto-legge 11 aprile 1974, n.  99  (Provvedimenti
urgenti  sulla  giustizia  penale),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 7  giugno  1974,  n.  220,  che  ha
esteso il  giudizio  di  comparazione  alle  circostanze  autonome  o
indipendenti e a quelle inerenti alla persona del colpevole. 
    «L'effetto e' stato  quello  di  consentire  il  riequilibrio  di
alcuni  eccessi  di  penalizzazione,  ma  anche  quello  di   rendere
modificabili, attraverso il  giudizio  di  comparazione,  le  cornici
edittali di alcune  ipotesi  circostanziali,  di  aggravamento  o  di
attenuazione, sostanzialmente diverse dai  reati  base;  ipotesi  che
solitamente  vengono  individuate  dal  legislatore   attraverso   la
previsione di pene di specie diversa o di pene della  stessa  specie,
ma con limiti edittali indipendenti da quelli stabiliti per il  reato
base» (sentenza n. 251 del 2012; in seguito, sentenze n. 106 e n. 105
del 2014).  Rispetto  a  questo  tipo  di  circostanze  «il  criterio
generalizzato, introdotto con la modificazione dell'art.  69,  quarto
comma,  cod  pen.,  ha  mostrato  delle  incongruenze,  inducendo  il
legislatore a intervenire con regole derogatorie,  come  e'  avvenuto
con l'aggravante  della  "finalita'  di  terrorismo  o  di  eversione
dell'ordine democratico" (art. 1, decreto-legge 15 dicembre 1979,  n.
625, recante "Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico  e
della sicurezza pubblica", convertito, con modificazioni, nella legge
6 febbraio 1980, n. 15), e, in seguito, con varie altre disposizioni,
generalmente adottate per impedire il bilanciamento della circostanza
c.d. privilegiata, di regola un'aggravante, o per limitarlo, in  modo
da escludere la soccombenza di tale  circostanza  nella  comparazione
con le attenuanti; ed e' appunto questo il risultato che si e' voluto
perseguire con la norma impugnata» (sentenza  n.  251  del  2012;  in
seguito, sentenze n. 106 e n. 105 del 2014). 
    Si  tratta  di  deroghe  rientranti  nell'ambito   delle   scelte
riservate al  legislatore,  che  la  Corte  ha  ritenuto  sindacabili
«soltanto  ove  trasmodino   nella   manifesta   irragionevolezza   o
nell'arbitrio» (sentenza n. 68 del 2012), ed e' sotto questo  aspetto
che va considerata la questione in esame". 
    Ed infatti, sulla base di tali coordinate ermeneutiche  la  Corte
costituzionale, con la citata sentenza 24 febbraio - 7  aprile  2016,
n. 74, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del  divieto  di
prevalenza   in   relazione   alla   circostanza   attenuante   della
dissociazione  prevista  dall'art.  73,  comma  7  del  decreto   del
Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,  circostanza  del  tutto
analoga  a  quella  prevista,  del  pari  in  tema  di  stupefacenti,
dall'art. 74, comma 7. 
    Il giudice  delle  leggi  ha  chiarito  come  l'attenuante  della
dissociazione «e' espressione di una scelta di politica criminale  di
tipo  premiale,  volta  a   incentivare,   mediante   una   sensibile
diminuzione  di  pena,  il  ravvedimento  post-delittuoso  del   reo,
rispondendo, sia all'esigenza di tutela del  bene  giuridico,  sia  a
quella  di  prevenzione  e  repressione  dei  reati  in  materia   di
stupefacenti. Quando nei confronti dell'imputato  viene  riconosciuta
la  recidiva  reiterata  pero'  la  norma  censurata  impedisce  alla
disposizione premiale di produrre pienamente i suoi effetti  e  cosi'
ne frustra in modo manifestamente irragionevole la ratio, perche'  fa
venire meno quell'incentivo sul quale  lo  stesso  legislatore  aveva
fatto affidamento per stimolare l'attivita' collaborativa. Va inoltre
considerato che tra i criteri da cui  in  genere  puo'  desumersi  la
capacita' a delinquere del reo, e dei quali  il  giudice  deve  tener
conto,  oltre  che  nella  determinazione  della  pena,  anche  nella
comparazione  tra  circostanze  eterogenee  concorrenti,  vi  e'   la
condotta del reo contemporanea o  susseguente  al  reato  (art.  133,
secondo comma, numero 2, cod, pen.), la cui  rilevanza  nel  caso  in
oggetto verrebbe totalmente disconosciuta dalla norma  impugnata.  E'
anche sotto questo aspetto che  la  scelta  normativa  di  escludere,
nell'ipotesi prevista dall'art. 99, quarto comma, codice  penale,  il
potere del giudice di diminuire la pena «per chi [dopo aver  commesso
un reato in materia di sostanze stupefacenti] si adopera per  evitare
che l'attivita' delittuosa sia portata a  conseguenze  ulteriori»  si
pone in manifesto contrasto con il principio  di  ragionevolezza.  Si
attribuisce, infatti,  una  rilevanza  insuperabile  alla  precedente
attivita' delittuosa del reo  -  quale  sintomo  della  sua  maggiore
capacita' a delinquere - rispetto  alla  condotta  di  collaborazione
successiva alla commissione del  reato,  benche'  quest'ultima  possa
essere  in  concreto  ugualmente,  o   addirittura   prevalentemente,
indicativa dell'attuale capacita'  criminale  del  reo  e  della  sua
complessiva personalita'. E' vero che l'attenuante  di  cui  all'art.
73, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n.  309  del
1990 non richiede la spontaneita' della condotta collaborativa e  non
comporta necessariamente una resipiscenza,  perche'  puo'  essere  il
frutto di un mero calcolo, ma e' altrettanto vero che  si  tratta  in
ogni caso di una condotta significativa, anche  perche'  comporta  il
distacco dell'autore del reato dall'ambiente criminale nel  quale  la
sua attivita' in materia  di  stupefacenti  era  inserita  e  trovava
alimento,  e  lo  espone  non  di  rado  a   pericolose   ritorsioni,
determinando cosi' una situazione di fatto tale da indurre  in  molti
casi un  cambiamento  di  vita.  Come  questa  Corte  ha  gia'  avuto
occasione di rilevare nella  sentenza  n.  183  del  2011  -  che  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 62-bis,  secondo
comma,  cod.  pen,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che,  ai  fini
dell'applicazione del primo comma dello stesso articolo, non si possa
tenere conto della condotta del reo susseguente al reato - la  rigida
presunzione di capacita' a delinquere desunta dall'esistenza  di  una
recidiva reiterata "e' inadeguata ad assorbire  e  neutralizzare  gli
indici contrari, che possono  desumersi,  a  favore  del  reo,  dalla
condotta susseguente, con la quale la recidiva reiterata non ha alcun
necessario collegamento. Mentre la recidiva  rinviene  nel  fatto  di
reato il suo termine  di  riferimento,  la  condotta  susseguente  si
proietta nel futuro e puo' segnare una radicale discontinuita'  negli
atteggiamenti della persona e nei suoi  rapporti  sociali",  rendendo
privo  di  ogni  razionale   giustificazione   l'effetto   preclusivo
riconosciuto alla recidiva reiterata». 
    Come detto, le superiori argomentazioni possono  essere,  mutatis
mutandis, spese, ad avviso dello scrivente, anche per l'aggravante di
cui all'art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 309/1990. 
    Ed  anzi,  stante  la  maggior  gravita'  del  reato  associativo
rispetto a quello di cui all'art. 73 e quindi la maggior incidenza in
termini di disvalore su un bene giuridico di  valenza  costituzionale
come la salute collettiva,  ancora  piu'  impellente  risulta  essere
l'esigenza  di  favorire  la  dissociazione  di  chi  fa  parte   del
sodalizio. 
    Inoltre, diversamente da quanto avviene per il reato ex art.  73,
il reato associativo comporta l'adesione a  un  pactum  sceleris  dal
quale non ci si libera in alcuni ambienti se non a prezzo della  vita
e quindi il «premio» non puo'  che  essere  quantomeno  della  stessa
portata. 
    Diversamente,  ne  uscirebbe  del  tutto   frustrata   la   ratio
dell'attenuante, il che sarebbe gia'  sufficiente  a  determinare  la
illegittimita' costituzionale del divieto. 
    Peraltro, l'attuale «assetto» dell'art. 69, comma  4  del  codice
penale alla luce delle pronunce di  incostituzionalita'  consente  al
giudice  di  ritenere  prevalente   sulla   recidiva   reiterata   la
dissociazione di cui all'art. 73, comma 7 ma  non  quella,  in  tutto
analoga, di cui all'art. 74, comma 7. 
    Ne deriva un ulteriore profilo di irragionevolezza  della  norma,
oltre al dato  sopra  ampiamente  evidenziato  secondo  il  quale  il
divieto  di   prevalenza   conduce   a   una   sostanziale   elisione
dell'efficacia della ratio della norma di cui all'art. 74,  comma  7,
sia in astratto sia nel caso di specie. 
    L'irragionevolezza risulta tanto piu' evidente se si esaminano  i
rapporti con la dissociazione «attuosa» di cui  all'art.  416-bis  1,
comma 3 del codice penale (il vecchio art. 8, legge 12  luglio  1991,
n. 203). 
    Si tratta di una disposizione che ha esteso al settore  antimafia
la circostanza attenuante gia' in precedenza elaborata per i fenomeni
terroristici  (decreto-legge  15  dicembre  1979,  n.  625,  art.  4,
convertito dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, ripreso dalla legge 18
febbraio 1987, n. 34,  art.  2)  e  sottende  la  medesima  ratio  di
politica criminale delle altre ipotesi premiali  dello  stesso  tipo,
vale a dire incentivare la dissociazione dall'associazione mafiosa  e
la collaborazione con la  giustizia  attraverso  la  promessa  di  un
importante sconto di pena. 
    E  tanto  rilevante,  in  termini  di  lotta  alla   criminalita'
organizzata, e' il mantenere tale patto che la Corte di cassazione ha
piu' volte affermato che la circostanza attenuante  speciale  per  la
dissociazione di cui all'art. 8, legge  12  luglio  1991,  n.  203  -
fondandosi  sul  mero  presupposto  dell'utilita'   obiettiva   della
collaborazione  prestata  dal  partecipe  all'associazione  di   tipo
mafioso - non puo' pertanto essere disconosciuta, o, se riconosciuta,
la  sua  incidenza  nel  calcolo   della   pena   non   puo'   essere
ridimensionata, in ragione di valutazioni inerenti alla gravita'  del
reato o  alla  capacita'  a  delinquere  dell'imputato,  ovvero  alle
motivazioni che  hanno  determinato  l'imputato  alla  collaborazione
(cfr. da ultimo Cassazione n. 18875 del 30 aprile 2021). 
    Ebbene,  la  Corte  di  cassazione  ha  da  tempo  escluso   tale
circostanza dal giudizio di bilanciamento  di  cui  all'art.  69  del
codice penale  stante  il  carattere  obbligatorio  dell'attenuazione
della  sanzione,  allorche'  ricorrano  le  condizioni  per  la   sua
applicazione, e tenuto conto  dell'intento  primario  perseguito  dal
legislatore, che e' quello di offrire un  incentivo  concreto  e  non
meramente eventuale al «pentito» (cfr., per tutte,  Cassazione,  Sez.
Un. Pen., 25 febbraio 2010, n. 10713). 
    Dall'altro lato, pero',  la  giurisprudenza  di  legittimita'  ha
negato l'applicabilita' del regime previsto  dall'art.  8  alla  piu'
volte citata attenuante della dissociazione di cui all'art. 73, comma
7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, affermando
che  «si  tratta  di  un  principio  che,  riconoscendo  una   deroga
all'ordinaria comparazione disciplinata dall'art. 69 cod. pen.,  deve
essere ritenuto di stretta interpretazione». (13) 
    E ha, per quel che qui  piu'  interessa,  chiarito  che  "tra  la
circostanza attenuante di cui all'art. 8 del decreto-legge n. 152 del
1991 e quella di cui al richiamato art. 73, comma 7, del decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sussiste, del resto,  una
significativa   differenza,   essendo   la   prima    inserita    nel
particolarissimo contesto sistematico della disciplina del  contrasto
alla  criminalita'  di  tipo   mafioso;   contesto   nel   quale   la
dissociazione  e  la  collaborazione  attiva   acquistano   peculiare
rilevanza». 
    Ora, osserva lo scrivente, se e' vero che  il  beneficio  di  cui
all'art. 8 merita una considerazione a parte per la peculiarita'  del
contesto mafioso e che tale regime deve intendersi  come  di  stretta
interpretazione, se ne deduce che esso regime non e' estensibile (non
solo alla dissociazione di cui all'art. 73 ma  anche)  all'attenuante
della  dissociazione  di  cui  all'art.  74,  comma  7,  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,   che,   quindi,   resta
assoggettata al  bilanciamento  e  al  divieto  di  prevalenza  sulla
recidiva reiterata di cui all'art. 69, comma 4 del codice penale. 
    Ma cio', come detto, oltre a frustrare irreparabilmente la  ratio
sottesa alla norma, produce l'ulteriore  distonia  sistemica  per  la
quale, a seguito della sentenza n. 74/2016 della Corte costituzionale
(che, giova  ribadirlo,  ha  dichiarato  illegittimo  il  divieto  di
prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 73, comma  7  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990), il  recidivo  reiterato
che si dissoci da meri fatti di spaccio ex art. 73 puo' contare sulla
possibilita' che  l'attenuante  della  dissociazione  prevalga  sulla
recidiva mentre il recidivo  reiterato  che  si  dissoci  addirittura
dall'associazione non ha la medesima prospettiva. 
    Quindi l'irragionevolezza della norma censurata si  rileva  anche
nell'ottica di sistema. 
    Sotto tale profilo, peraltro, la  Corte  costituzionale  ha  piu'
volte dichiarato illegittimo il divieto di prevalenza di  circostanze
attenuanti sulla recidiva reiterata. 
    Oltre alla gia' esaminata sentenza 24 febbraio - 7  aprile  2016,
n. 74, la Corte e' intervenuta con riguardo alle seguenti circostanze
attenuanti,  le  quali  quindi,  ad  oggi,  possono  essere  ritenute
prevalenti sulla recidiva reiterata: 
        circostanza attenuante di  cui  all'art.  73,  comma  5,  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
(sentenza 5 novembre 2012, n. 251); 
        circostanza attenuante di cui all'art. 648, comma 2 (sentenza
14-18 aprile 2014, n. 105); 
        circostanza attenuante di  cui  all'art.  609-bis,  comma  3,
(sentenza 14-18 aprile 2014, n. 106); 
        circostanza attenuante di cui all'art. 219, terzo comma,  del
regio-decreto 16 marzo 1942, n. 267 (sentenza 21 giugno -  17  luglio
2017, n. 205); 
        circostanza attenuante di cui all'art. 89 del  codice  penale
(sentenza 7 - 24 aprile 2020, n. 73); (14) 
        circostanza attenuante di cui all'art.  116,  secondo  comma,
del codice penale (sentenza 25 febbraio - 31 marzo 2021, n. 55); (15) 
        circostanza  attenuante  del  fatto  di   lieve   entita'   -
introdotta con sentenza  n.  68  del  2012  della  stessa  Corte,  in
relazione al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione,  di
cui all'art. 630 del codice penale (sentenza 26  maggio  -  8  luglio
2021, n. 143). 
    In linea di massima, si tratta di circostanze attenuanti connesse
a  ipotesi  delittuose  di  lieve  entita'  o   comunque   di   minor
rimproverabilita'  sotto  il  profilo  dell'elemento  soggettivo,  in
relazione  alle  quali  il  divieto  di  prevalenza  si   tradurrebbe
nell'imposizione di una pena sproporzionata al recidivo reiterato. 
    Anche qui emerge un ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    L'attenuante  di  cui  all'art.  74,  comma  7  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 risulta essere una delle piu'
incisive sotto il profilo dell'abbattimento  della  pena,  prevedendo
una riduzione dalla meta' a due terzi, sicche' la pena per i capi  si
riduce (stando al minimo) da venti anni di reclusione a meno di sette
anni di reclusione e quella per i partecipi a poco piu' di tre anni. 
    Si tratta di un'attenuante a effetto  speciale  che  prevede  una
riduzione della pena di gran lunga piu' ampia rispetto ad  attenuanti
comuni (come ad esempio quelle di cui agli articoli 116, comma 2  del
codice penale e 89 del codice penale)  in  relazione  alle  quali  e'
stato gia' ritenuto incostituzionale il divieto di  prevalenza  sulla
recidiva reiterata. 
    In altri termini, se l'interesse al contrasto al narcotraffico e'
tale da indurre il legislatore a prevedere una riduzione  della  pena
fino a 2/3 per chi si dissocia, e' illogico che costui,  se  recidivo
reiterato, non possa godere in pieno di tale  beneficio  mentre  cio'
avviene per  attenuanti  di  minore  portata  e,  quindi,  di  minore
importanza sul piano della politica criminale  (quelle,  appunto,  di
cui agli articoli 116, comma 2 del codice  penale  e  89  del  codice
penale). (16) 
    Per esemplificare: il recidivo reiterato che  venga  riconosciuto
seminfermo potra' contare sulla riduzione di 1/3 della pena in virtu'
della possibile prevalenza dell'attenuante; il recidivo reiterato che
si dissocia dall'associazione  ex  art.  74  non  avra'  la  medesima
prospettiva  e,  nonostante  gli  sia  riconosciuto  in  astratto  un
beneficio molto piu' ampio in  ossequio  alla  importanza  della  sua
collaborazione (riduzione dalla  meta'  a  due  terzi),  potra'  solo
sperare in un giudizio di  equivalenza  della  dissociazione  con  la
recidiva. 
    Non sfugge allo scrivente che si  tratta  di  disposizioni  dalla
diversa ratio; tuttavia non si puo' ignorare che la  rilevanza  della
attenuante - e quindi la sua attitudine a  prevalere  sulla  recidiva
reiterata - non puo' non discendere e dipendere  anche  dall'ampiezza
del beneficio garantito: e quindi, se un'attenuante che  prevede  una
riduzione di pena di 1/3 puo' prevalere sulla recidiva reiterata, non
si vede la ragione per la quale non possa prevalere  un'attenuante  -
la dissociazione - che prevede una riduzione dalla meta' a 2/3 e che,
in virtu' della  ratio  sopra  richiamata  e  dell'ampiezza  di  tale
beneficio, deve ritenersi di importanza sovraordinata  in  ottica  di
politica criminale. 
    Peraltro, mentre nel caso della seminfermita' si e' di  fronte  a
un fattore esterno  (vizio  di  mente)  indipendente  dalla  volonta'
dell'agente,  la  dissociazione  costituisce  una  condotta  da   cui
traspare una scelta di vita improntata in qualche modo a un  percorso
riabilitativo ed e' comunque determinata da una volonta' forte,  tale
da  spezzare  il  vincolo  con  i  sodali  nonostante  le   possibili
ritorsioni ai danni del collaboratore e dei familiari. 
    Infine, come gia'  accennato,  l'attenuante  in  esame  non  puo'
essere paragonata, sotto il profilo della ratio e  della  valenza  in
termini di riduzione della pena, con le attenuanti generiche. 
    Come noto, la Corte di cassazione (Cass. n. 16487  del  23  marzo
2017)  ha  ritenuto  manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 3, 25 e 27
della Costituzione, dell'art. 69, comma  quarto  del  codice  penale,
nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche rispetto alla recidiva  reiterata  ex  art.  99,
comma quarto del codice penale, in quanto tale deroga alla  ordinaria
disciplina  del  bilanciamento  si  riferisce  ad   una   circostanza
attenuante comune e la sua applicazione, quindi,  non  determina  una
manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma si limita  a
valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato,
qualificata dalla plurima ricaduta del reo in  condotte  trasgressive
di precetti penalmente sanzionati. 
    In sostanza, secondo  il  condivisibile  avviso  del  giudice  di
legittimita',  le  attenuanti  generiche  costituiscono   circostanza
comune di valenza «contenuta» in relazione alla quale il  divieto  di
prevalenza non risulta irragionevole. 
    Nel caso in esame, pero',  siamo  di  fronte  a  una  circostanza
attenuate (la dissociazione ex art. 74, comma 7) ad effetto speciale,
che prevede un riduzione di gran lunga superiore a  un  terzo,  anche
nel minimo (dalla meta' a due terzi), e  che  ha  una  finalita'  del
tutto diversa e peculiare rispetto alle attenuanti generiche. 
    Peraltro la  stessa  Corte  costituzionale  ha  valorizzato  tali
aspetti  allorche'  ha  ritenuto  incostituzionale  il   divieto   di
prevalenza di attenuanti comuni come  quella  di  cui  all'art.  116,
comma 2 del codice penale o di cui all'art. 89 del codice penale. 
    E' chiaro, quindi, che nessun parallelismo,  sia  in  termini  di
ratio che di valenza sotto il profilo della diminuzione  della  pena,
puo' essere fatto tra le  due  tipologie  di  attenuante  (attenuanti
generiche e dissociazione ex art. 74, comma 7). 
    E'  ravvisabile,  inoltre,  la  violazione   del   principio   di
proporzionalita' della  pena  di  cui  all'art.  27,  comma  3  della
Costituzione, sia sotto il profilo della sua funzione rieducativa che
di quella retributiva, in quanto una pena che  non  tenga  in  debito
conto della proficua  collaborazione  prestata  per  effetto  di  una
dissociazione post-delictum, spesso sofferta, e che  puo'  esporre  a
gravissimi  rischi  personali  e  familiari,  da  un  lato  non  puo'
correttamente  assolvere  alla  funzione  di   ristabilimento   della
legalita' violata, dall'altro - soprattutto - non potra'  mai  essere
sentita dal condannato come rieducatrice. 
    Sul  punto  e'  sufficiente  richiamare   in   questa   sede   le
considerazioni sopra estese in relazione al fatto che, in assenza  di
una declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma
4 del codice  penale  nella  parte  in  cui  prevede  il  divieto  di
prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 sulla recidiva
reiterata,  D'A.....,  G.....,  N.....  e   T.....   subirebbero   un
trattamento sanzionatorio pari o  addirittura  peggiore  rispetto  ai
coimputati che essi hanno  contribuito  in  maniera  decisiva  a  far
arrestare  e  a  far  condannare  e,  altresi',   peggiore   rispetto
all'ipotesi in cui non avessero «collaborato». 

(1) Diversamente dagli altri collaboratori, G....., N....., T.....  e
    R.....  erano  anche  imputati  nel  p.p.  «principale»  RGNR  n.
    15664/22 - RG GIP 12653/22; come detto, i primi  tre  sono  stati
    «stralciati» e le loro  posizioni  sono  confluite  nel  presente
    procedimento; per R..... S..... non vi  e'  stata  necessita'  di
    separazione in quanto al R..... non era contestato  il  reato  di
    associazione ex art. 74 di cui al capo I (ragion per cui  non  si
    poneva  il  problema  dell'applicazione   dell'attenuante   della
    dissociazione) bensi' solo il reato di corruzione di cui al  capo
    3. 

(2) Segnatamente: anni quattordici di reclusione per M..... A.....  e
    V..... A..... J.....; anni tredici  e  mesi  quattro  per  A.....
    N....., P..... e S.....; anni otto  per  A.....  B.....,  F.....,
    M..... P....., R....., V..... P....., anni sei e  mesi  otto  per
    C....., C....., E....., M....., M....., O..... Q....., e  V.....;
    anni nove e mesi quattro per D..... L....., anni quattro  e  mesi
    otto per D..... P....., anni due e mesi otto  per  R.....  S.....
    Venivano assolti C..... F....., N..... P.....,  R.....  R.....  e
    T..... G..... 

(3) Cfr. ex multis  Cassazione  n.  5247  del  15  ottobre  2020:  Le
    circostanze attenuanti  generiche  hanno  anche  la  funzione  di
    adeguare la sanzione finale  all'effettivo  disvalore  del  fatto
    oggetto di giudizio, nella globalita' degli elementi oggettivi  e
    soggettivi,  atteso  che  la  specificita'  della  vicenda   puo'
    richiedere un intervento correttivo del  giudice  che  renda,  di
    fatto, la pena rispettosa del  principio  di  ragionevolezza,  ai
    sensi  dell'art.  3  della  Costituzione,   e   della   finalita'
    rieducativa, di cui all'art. 27, comma terzo della  Costituzione,
    di  cui  la  congruita'  costituisce  elemento  essenziale.   (In
    motivazione, la Corte ha sottolineato che il giudice di merito ha
    l'onere di ben evidenziare gli elementi  del  caso  concreto  che
    giustificano il riconoscimento delle attenuanti e di spiegare  la
    scelta in ordine all'eventuale giudizio di  comparazione  con  le
    circostanze aggravanti). 

(4) Si ricorda che gli altri collaboratori sulle cui dichiarazioni si
    fonda il compendio probatorio sono P..... M....., P.....  F.....,
    P..... C.....,  R.....  S.....,  A.....  V.....,  S.....  T.....,
    D..... R..... A...... 

(5) Tale disposizione prevede che «le pene previste dai commi da 1  a
    6 sono  diminuite  dalla  meta'  a  due  terzi  per  chi  si  sia
    efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato  o  per
    sottrarre all'associazione risorse decisive  per  la  commissione
    dei delitti».Quindi per i  soggetti  responsabili  del  reato  di
    associazione finalizzata al traffico di  stupefacenti,  sia  come
    capi che come meri  partecipi,  e'  garantito  un  rilevantissimo
    «sconto» di pena (dalla meta' a due terzi) nel  caso  in  cui  si
    dissocino dall'organizzazione e consentano  di  assicurare  prove
    del reato o sottrarre  alla  stessa  risorse  decisive.  Ora,  e'
    pacifico che a D'A....., G....., N..... e T..... andra'  concessa
    la predetta attenuante, avendo consentito, con  il  loro  apporto
    dichiarativo  ritenuto  attendibile,  di  applicare   le   misure
    cautelari  a  carico  dei  correi,  di  elidere  il  fenomeno  in
    questione e di pervenire a condanna di ben ventiquattro dei  loro
    coimputati. 

(6) Sotto tale profilo si reputa emblematico l'episodio raccontato da
    N..... C....., il quale, avendo appreso che l'imprenditore F.....
    A....., in quel frangente detenuto, aveva ottenuto un trattamento
    di  favore  (cibo,  incontri  non  autorizzati  ecc)  in   cambio
    dell'assunzione presso il centro commerciale di sua proprieta' di
    persone indicate da uno degli agenti corrotti, ha  immediatamente
    pensato,  ricorrendo  al  suo  spessore  criminale,  di   imporre
    anch'egli al F l'assunzione di soggetti a  lui  vicini.  Insomma,
    egli era in carcere per reati  efferati  ma  nulla  era  cambiato
    sotto il profilo della sua propensione a delinquere. 

(7) Cfr. sul punto anche Corte costituzionale,  sentenze  n.  73  del
    2020 e n. 192 del 2007; piu' di recente, ex plurimis, sentenza n.
    185 del 2015. 

(8) Corte costituzionale, sentenza n. 73/2020, in cui si e' precisato
    che la «maggiore rimproverabilita' (che) non puo' essere presunta
    in via generale  sulla  base  del  solo  fatto  delle  precedenti
    condanne, dovendo - ad esempio  -  essere  esclusa  allorche'  il
    nuovo delitto sia stato commesso dopo un lungo lasso di tempo dal
    precedente, o allorche' abbia caratteristiche affatto diverse». 

(9) Lo stesso PM, pur  a  fronte  della  emissione  della  o.c.c.  n.
    86/2022, fondata in  gran  parte  sulle  loro  dichiarazioni,  ha
    ritenuto,  in  sede  di  richiesta  di  rinvio  a  giudizio,   di
    contestare comunque la recidiva  a  D'A.....,  G.....,  T.....  e
    N...... 

(10) Cfr. Cass, n. 38015 del 12 giugno 2013: In tema di stupefacenti,
     la   circostanza   attenuante   ad   effetto   speciale    della
     collaborazione prevista dall'art. 73, comma settimo, decreto del
     Presidente  della  Repubblica  n.  309  del  1990  e'   soggetta
     all'ordinario   giudizio   di   comparazione   tra   circostanze
     eterogenee di cui all'art. 69 c.p., non potendo essere  ad  essa
     applicato lo speciale regime previsto dall'art. 8, decreto-legge
     n. 152 del 1991 (conv. in legge n. 203 del 1991) per i reati  di
     stampo  mafioso  che  esclude  l'applicazione  del  giudizio  di
     bilanciamento. (In motivazione,  la  Corte  ha  evidenziato  che
     quello previsto dall'art. 8 decreto-legge  n.  152  cit.  e'  un
     regime  derogatorio  della  disciplina  ordinaria  in  tema   di
     bilanciamento delle circostanze e come tale e'  da  considerarsi
     di  stretta  interpretazione).  Occorre  precisare   che   detta
     pronuncia non aveva ad oggetto rapporto tra l'attenuante di  cui
     all'art. 73, comma 7 e la recidiva reiterata  (tematica  che  e'
     stata «affrontata» funditus da Corte costituzionale  n.  74/2016
     (che  in  seguito  di  esaminera')  con   la   declaratoria   di
     incostituzionalita' del divieto di  prevalenza  dell'attenuante)
     bensi'  il  diverso   problema   -   risolto   negativamente   -
     dell'applicabilita' alla citata attenuante del  regime  previsto
     per l'art. 8, decreto-legge n. 152/1991. 

(11) Sui rapporti tra le due attenuanti si tornera'  anche  allorche'
     si trattera' della non manifesta infondatezza della questione al
     fine di rimarcare come  l'attuale  assetto  appaia  illogico  in
     rapporto   alle   pene   previste   dalle    rispettive    norme
     incriminatrici. 

(12) Che le attenuanti generiche non possano prevalere sulla recidiva
     reiterata e' dato pacifico nella giurisprudenza di legittimita',
     la quale  ha  affermato  che  «e'  manifestamente  infondata  la
     questione di legittimita' costituzionale, per  violazione  degli
     articoli 3, 25 e 27  della  Costituzione,  dell'art.  69,  comma
     quarto,  c.p.,  nella  parte  in  cui  prevede  il  divieto   di
     prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto  alla
     recidiva reiterata ex art. 99, comma  quarto,  c.p.,  in  quanto
     tale deroga  alla  ordinaria  disciplina  del  bilanciamento  si
     riferisce  ad  una  circostanza  attenuante  comune  e  la   sua
     applicazione, quindi, non determina una  manifesta  sproporzione
     del trattamento sanzionatorio, ma si limita  a  valorizzare,  in
     misura  contenuta,   la   componente   soggettiva   del   reato,
     qualificata  dalla  plurima  ricaduta  del   reo   in   condotte
     trasgressive di precetti penalmente sanzionati (Cass.  n.  16487
     del 23 marzo 2017). 

(13) Cfr. Cass. n. 38015 del 12 giugno 2013: «la norma e' strutturata
     con previsione di pena autonoma (in particolare, la  pena  della
     reclusione  da  dodici   a   venti   anni   sostituisce   quella
     dell'ergastolo e le altre pene sono ridotte  da  un  terzo  alla
     meta'), in relazione al delitto  di  cui  all'art.  416-bis  del
     codice penale e ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni
     previste dal predetto  articolo  ovvero  al  fine  di  agevolare
     l'attivita' delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti di
     chi, dissociandosi dagli  altri,  si  adoperi  per  evitare  che
     l'attivita' delittuosa  sia  portata  a  conseguenze  ulteriori,
     anche aiutando concretamente l'autorita'  di  polizia  o  quella
     giudiziaria  nella  raccolta  di  elementi   decisivi   per   la
     ricostruzione dei fatti e  per  l'individuazione  o  la  cattura
     degli autori dei reati. In particolare, le sezioni  unite  hanno
     precisato,  sul  punto,  che   qualora   sia   riconosciuta   la
     circostanza attenuante  ad  effetto  speciale  della  cosiddetta
     «dissociazione attuosa», prevista  dal  richiamato  art.  8  del
     decreto-legge n. 152 del 1991, convertito dalla n. 203 del  1991
     e  ricorrano  altre  circostanze  attenuanti  in  concorso   con
     circostanze aggravanti, soggette al giudizio di comparazione, va
     dapprima  determinata  la  pena  effettuando  tale  giudizio   e
     successivamente, sul risultato che  ne  consegue,  va  applicata
     l'attenuante ad  effetto  speciale.  Si  tratta,  pero',  di  un
     principio   che,   riconoscendo   una    deroga    all'ordinaria
     comparazione disciplinata dall'art. 69 del codice  penale,  deve
     essere ritenuto di stretta interpretazione». 

(14) La norma e' stata  dichiarata  incostituzionale  per  violazione
     degli articoli 2  e  27, terzo  comma  della  Costituzione,  sul
     rilievo  che  l'imposizione  di  un  divieto   inderogabile   di
     prevalenza  dell'attenuante  della  seminfermita'  di  mente  e'
     incompatibile  con  l'esigenza,  di  rango  costituzionale,   di
     determinazione   di   una   pena   proporzionata   e   calibrata
     sull'effettiva personalita' del reo, non consentendo «al giudice
     di stabilire, nei confronti del semi-infermo di mente, una  pena
     inferiore a quella che dovrebbe essere inflitta per un reato  di
     pari gravita' oggettiva, ma commesso da una  persona  che  abbia
     agito in  condizioni  di  normalita'  psichica»;  e  cio'  anche
     laddove  giudice  ritenga  che  «le  patologie  o   i   disturbi
     riscontrati nel  reo  abbiano  inciso  a  tal  punto  sulla  sua
     personalita', da rendergli assai piu' difficile la decisione  di
     astenersi  dalla  commissione   di   nuovi   reati,   nonostante
     l'ammonimento lanciatogli con  le  precedenti  condanne»  (Corte
     costituzionale, 24 aprile 2020, n. 73; la  questione  era  stata
     dichiarata inammissibile  da  Corte  costituzionale,  22  maggio
     2017, n. 120). 

(15) L'art. 69, quarto comma, e' stato dichiarato  costituzionalmente
     illegittimo  nella  parte  in  cui  stabilisce  il  divieto   di
     prevalenza  della  circostanza  attenuante   di   cui   all'art.
     116, secondo comma sulla recidiva  di  cui  all'art.  99, quarto
     comma, in quanto lesivo sia  della  funzione  rieducativa  della
     pena ex  art.  27  della  Costituzione,  poiche'  determina  una
     sproporzione della  pena  rispetto  alla  rimproverabilita'  del
     fatto  posto  in  essere,  globalmente  considerato,   sia   del
     principio di uguaglianza ex art. 3 della  Costituzione,  poiche'
     vanifica la funzione propria della diminuente  di  cui  all'art.
     116, secondo  comma,  volta  a  sanzionare   in   modo   diverso
     situazioni  profondamente  distinte  sul   piano   dell'elemento
     soggettivo (Corte  costituzionale  31  marzo  2021,  n.  55;  la
     questione era stata dichiarata manifestamente infondata  da  C.,
     Sez. I, 13 maggio 2015, n. 24710). Nello  specifico,  la  Corte,
     valorizzando  la  «finalita'  di  necessario  riequilibrio   del
     trattamento sanzionatorio nella fattispecie del concorso anomalo
     di cui all'art. 116 del codice penale», ha evidenziato  che  «la
     scelta del legislatore di sanzionare con la pena prevista per un
     delitto doloso il reo, al quale viene  mosso  un  rimprovero  di
     colpa, trova un bilanciamento proprio nella  previsione  di  cui
     all'art. 116, secondo comma, del codice penale, secondo  cui  la
     pena e' diminuita. Invece la norma censurata impedisce, in  modo
     assoluto, al giudice di ritenere  prevalente  la  diminuente  in
     questione,  in  presenza  della  circostanza  aggravante   della
     recidiva reiterata, con cio' frustrando, irragionevolmente,  gli
     effetti che l'attenuante mira ad attuare e  compromettendone  la
     necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio»,  concludendo
     che «il divieto inderogabile di  prevalenza  dell'attenuante  in
     esame  non  risulta,  quindi,  compatibile  con   il   principio
     costituzionale di determinazione di una pena  proporzionata»  ex
     art. 27 della Costituzione. «Inoltre, il contrasto dell'art. 69,
     quarto comma, del codice penale, con l'art. 3 della Costituzione
     viene in rilievo sotto il profilo della violazione del principio
     di uguaglianza, in  quanto  il  divieto  censurato  finisce  per
     vanificare la funzione che la diminuente di  cui  all'art.  116,
     secondo comma del codice  penale,  tende  ad  assicurare,  ossia
     sanzionare in modo diverso situazioni profondamente distinte sul
     piano dell'elemento soggettivo (quello del correo  che  pone  in
     essere l'evento diverso e piu' grave e quello di  chi  vuole  il
     reato meno grave  senza  prevedere,  colpevolmente,  che  questo
     possa degenerare nel fatto piu' grave)». 

(16) La Corte costituzionale, con la sentenza n.  25  febbraio  -  31
     marzo 2021, n.  55,  nel  ritenere  illegittimo  il  divieto  di
     prevalenza di cui all'art. 69, comma 4 del codice  penale  sulla
     recidiva reiterata anche in  relazione  a  un'attenuante  comune
     come quella di cui all'art. 116, comma 2 del codice di procedura
     penale.  Ebbene,  la  Corte,  valorizzando  la   «finalita'   di
     necessario  riequilibrio  del  trattamento  sanzionatorio  nella
     fattispecie del concorso anomalo di cui all'art. 116  del codice
     penale», ha  evidenziato  che  «la  scelta  del  legislatore  di
     sanzionare con la pena prevista per un delitto doloso il reo, al
     quale viene mosso un rimprovero di colpa, trova un bilanciamento
     proprio nella previsione di  cui  all'art.  116,  secondo  comma
     del codice penale, secondo cui la pena e' diminuita.  Invece  la
     norma censurata impedisce,  in  modo  assoluto,  al  giudice  di
     ritenere prevalente la  diminuente  in  questione,  in  presenza
     della circostanza aggravante della recidiva reiterata, con  cio'
     frustrando, irragionevolmente, gli effetti che l'attenuante mira
     ad  attuare  e  compromettendone  la  necessaria   funzione   di
     riequilibrio  sanzionatorio»,  concludendo   che   «il   divieto
     inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non risulta,
     quindi,  compatibile  con   il   principio   costituzionale   di
     determinazione di una pena proporzionata». Se ne deduce che  non
     e' la natura  di  attenuante  comune  a  impedire  di  ritenerla
     prevalente sulla  recidiva  reiterata,  dovendosi  garantire  il
     principio di proporzionalita' della pena rispetto alla  gravita'
     del  reato,  che  «esige  in  via  generale  che  la  pena   sia
     adeguatamente  calibrata  non  solo  al  concreto  contenuto  di
     offensivita' del fatto di reato per gli interessi  protetti,  ma
     anche  al  disvalore  soggettivo  espresso  dal  fatto  medesimo
     (sentenza n. 222 del 2018)». Ebbene, il problema neppure si pone
     per l'attenuante della dissociazione ex art.  74,  comma  7  del
     decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990  in  quanto
     trattasi pacificamente di attenuante a effetto speciale che,  al
     pari  della  piu'  volte  citata  analoga  attenuante   prevista
     dall'art. 73 e in considerazione della rilevanza della finalita'
     di contrasto al narcotraffico, ha  un  effetto  largamente  piu'
     favorevole rispetto alle attenuanti comuni di cui agli  articoli
     116, comma 2 e 89 del codice penale, per le  quali  si  e'  gia'
     affermata la incostituzionalita' del divieto di prevalenza.