TRIBUNALE DI NAPOLI Ufficio G.I.P./G.U.P. Sezione 24 Ordinanza ai sensi degli articoli 134 della Costituzione, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Il giudice, dott. Antonino Santoro, sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 10 novembre 2022 nel procedimento penale a carico di: 1) D..... E..... nato a ..... il ....., alias G....., attualmente detenuto per questo procedimento penale presso la Casa circondariale di .....; difeso di fiducia dall'avv. Francesco Anelli del Foro di Roma, con studio in Roma alla piazza della Liberta, n. 20; 2) G..... G....., nato a ..... (..) il ....., alias pa....., attualmente agli arresti domiciliari presso il Servizio speciale di protezione in regime dei collaboratori di giustizia per altro; difeso di fiducia dall'avv. Valeria Maffei del Foro di Roma, con studio in Roma alla piazza Conca d'Oro, n. 25; 3) N..... C..... nato a ..... il ....., attualmente detenuto allo speciale regime dei collaboratori di giustizia per altro; difeso di fiducia dall'avv. Eleonora Appolloni del Foro di Roma, con studio in Roma alla via Pietro Sterbini, n. 4; 4) T..... E....., nato ad ..... il ....., alias pi....., libero, sottoposto allo speciale regime dei collaboratori di giustizia; difeso di fiducia dall'avv. Domenico Esposito del Foro di Torre Annunziata; Imputati (unitamente ai seguenti soggetti, per i quali si procede separatamente con rito abbreviato: A..... G....., A..... A....., B..... S....., C..... E....., C..... C....., C..... F....., D'A..... P....., D..... F..... L....., E..... M....., F..... E....., M..... A....., M..... G....., M..... M....., M..... C..... N..... A....., N..... P....., O..... S....., P..... P....., P..... M....., Q..... C....., R..... R....., R..... S....., S..... S....., V..... R....., V..... A..... J....., V..... P.....) 1) del delitto p. e p. dagli articoli 74, commi 1, 2 e 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, 61 n. 9) del codice penale, per essersi associati tra loro e con M..... S..... e R..... G....., per i quali si procede con giudizio ordinario, in numero superiore a dieci, alcuni dei quali dediti all'uso di sostanze stupefacenti, al fine di compiere attivita' di acquisto, detenzione ai fini di spaccio e spaccio di sostanza stupefacente, del tipo marijuana, hashish e cocaina, all'interno del Reparto ..... del Centro penitenziario di ....., con divisione di compiti e funzioni. In particolare: V..... A..... J....., in qualita' di promotore, capo e organizzatore del sodalizio criminoso, con la funzione di dirigere i partecipi e di organizzare l'attivita' di approvvigionamento e spaccio della sostanza stupefacente, nonche' con l'ulteriore ruolo della gestione organizzativa e direttiva dei compiti degli altri associati in relazione ai tempi, ai luoghi e alle modalita' dell'attivita' illecita e della ripartizione dei proventi dell'attivita' illecita; S..... S....., in qualita' di capo e organizzatore del sodalizio, come diretto collaboratore di V..... A..... J....., con la funzione di dirigere i partecipi, di organizzare l'attivita' di approvvigionamento e spaccio della sostanza stupefacente tra le varie sezioni del Reparto ..... e di raccogliere dai responsabili dei vari gruppi di spaccio il pagamento della droga loro consegnata; M..... A....., in qualita' di capo del gruppo di spaccio operante all'interno del Reparto ..... Sezione, e diretto collaboratore di V..... A..... J....., occupandosi in particolare della gestione e organizzazione dell'attivita' di approvvigionamento della droga e delle consegne di droga ai vari spacciatori, nonche' organizzando nell'ambito del proprio gruppo lo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; T..... E....., P..... M..... e G..... G....., in qualita' di capi del gruppo di spaccio operante all'interno del Reparto ..... Sezione, soprattutto dopo il trasferimento di V..... A..... J..... ad altro Reparto, occupandosi in particolare della gestione e organizzazione dell'attivita' di approvvigionamento della sostanza stupefacente e delle consegne di droga ai vari spacciatori, nonche' organizzando nell'ambito del proprio gruppo lo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; A..... A....., in qualita' di capo del gruppo di spaccio operante all'interno del Reparto ..... Sezione, alle dirette dipendenze di V..... A..... J....., organizzando nell'ambito del proprio gruppo le attivita' di approvvigionamento della droga e lo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; N..... C..... e N..... A....., in qualita' di capi del gruppo di spaccio operante all'interno del Reparto ..... Sezione, organizzando nell'ambito del proprio gruppo le attivita' di approvvigionamento della droga e lo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; R..... R....., in qualita' di capo del gruppo di spaccio operante all'interno del Reparto ..... Sezione, organizzando nell'ambito del proprio gruppo lo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; M..... S....., in qualita' di capo ed organizzatore, quale guardia penitenziaria che collaborava direttamente con V..... A..... J..... e M..... A....., con il compito di ricevere la droga da D..... F..... L..... che poi introduceva illecitamente all'interno dell'Istituto penitenziario e consegnava agli stessi V..... A..... J..... e M..... A.....; D..... F..... L....., in qualita' di capo ed organizzatrice, come diretta collaboratrice del compagno M..... A....., con il compito di ritirare a ....., la sostanza stupefacente ordinata dal carcere dallo stesso M..... ai propri fornitori e di consegnarla alla guardia penitenziaria M..... S....., che dopo averla introdotta illegalmente all'interno dell'Istituto penitenziario, la consegnava a V..... A..... j..... e allo stesso M.....; D'A..... P....., in qualita' di capo ed organizzatrice, come diretta collaboratrice del compagno T..... E....., con il compito di ritirare a ....., anche in compagnia di D..... F..... L....., la sostanza stupefacente ordinata dal carcere dallo stesso M....., e poi anche dal compagno T..... ai propri fornitori e di consegnarla alla guardia penitenziaria M..... S....., che dopo averla introdotta illegalmente all'interno dell'Istituto penitenziario, la consegnava a V..... A..... j..... e poi allo stesso T.....; e gli altri quali partecipi del sodalizio criminoso; in particolare: V..... P....., A..... G..... e B..... S....., quali diretti collaboratori di A..... A....., addetti all'interno del Reparto ..... Sezione, al taglio della sostanza stupefacente e allo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; C..... E....., E..... M....., O..... S..... e M..... G....., quali diretti collaboratori di A..... A....., addetti all'interno del Reparto ..... Sezione, alla custodia della droga e in qualche occasione anche allo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; R..... G..... e D'A..... E....., quali detenuti con compiti di spesini, addetti all'interno del Reparto ..... Sezione, al trasporto e alla consegna della droga ai vari detenuti, incaricati dello spaccio al dettaglio delle singole dosi; C..... C....., V..... R....., quali diretti collaboratori di N..... C..... e N..... A....., addetti all'interno del Reparto..... Sezione, alla custodia della droga e in qualche occasione anche allo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; F..... E....., quale detenuto con compito di spesino, addetto all'interno del Reparto ..... Sezione, al trasporto e alla consegna della droga ai vari detenuti, incaricati dello spaccio al dettaglio delle singole dosi; N..... P....., M..... M....., Q..... C....., M..... C....., R..... S.....; C..... F....., quali diretti collaboratori di M..... A....., addetti all'interno del Reparto ..... Sezione, al taglio della sostanza stupefacente e allo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; P..... P....., quale detenuto con compito di spesino, addetto all'interno del Reparto ..... Sezione, al trasporto e alla consegna della droga ai vari detenuti, incaricati dello spaccio al dettaglio delle singole dosi. Con l'ulteriore aggravante dell'aver commesso il fatto con l'abuso della qualita' di pubblico ufficiale rivestita da M..... S....., nota agli altri associati. In ..... all'interno del Centro penitenziario di ..... e in altri luoghi anche in comuni limitrofi con condotta perdurante almeno fino al dicembre 2019. T..... E..... (unitamente a M..... A....., D'A..... P....., V..... A..... J....., D..... F..... L....., per i quali si procede separatamente con rito abbreviato). 2) del reato di cui agli articoli 110, 81 cpv, 319 e 321 del codice penale, perche', in concorso e previo accordo tra loro e con M..... S....., per il quale si procede con giudizio ordinario, con piu' atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, M..... A....., V..... A..... J....., T..... E....., quali detenuti presso il Reparto ..... del Centro penitenziario di ....., in concorso con D'A..... P..... e D..... F..... L....., rispettivamente compagne di T..... E..... e M..... A....., davano a M..... S....., quale agente della polizia penitenziaria in servizio presso il suddetto Centro penitenziario di ....., denaro o altre utilita', in particolare la somma di denaro di 300/400 euro per ogni carico di droga, la somma di denaro di 300 euro per ogni pacchetto contenente telefoni cellulari e la somma di denaro di 200/250 euro per quelli contenenti profumi, per compiere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistiti nel far entrare all'interno del suddetto Istituto penitenziario sostanza stupefacente, telefoni cellulari e altri oggetti del genere non consentiti, soprattutto profumi. In ..... almeno fino al dicembre 2019, N..... C..... (unitamente a R..... S..... e F..... E....., per i quali si procede separatamente con rito abbreviato). 3) del reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v. e 321 del codice penale, perche', in concorso e previo accordo tra loro, con G..... F..... e F..... M....., per i quali si procede con giudizio ordinario, e con altri soggetti allo stato non identificati, con piu' atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, N..... C....., R..... S....., F..... E..... e altri soggetti allo stato non identificati, quali detenuti presso il Reparto ..... del Centro penitenziario di ....., davano a G..... F..... e F..... M....., quali agenti della polizia penitenziaria in servizio presso il suddetto Centro penitenziario di ....., denaro o altre utilita', tra cui la somma di denaro di 3000/4000 euro, per compiere atti contrari ai doveri del loro ufficio, consistiti nel disporre lo spostamento dei detenuti anche tra diversi Reparti dell'Istituto penitenziario, per consentire agli appartenenti allo stesso sodalizio criminale di essere allocati nelle stesse celle. In ..... almeno fino al dicembre 2019, Per R..... S....., fino al luglio 2017. (F..... E....., T..... G....., per i quali si procede separatamente con rito abbreviato). 4) del reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 319 e 321 del codice penale, omissis. D'A..... E..... 5) del reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 319 e 321 del codice penale, perche', in concorso e previo accordo con M..... S....., per il quale si procede con giudizio ordinario, con piu' atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, D'A..... E..... e altri soggetti non identificati, quali detenuti presso il Reparto ..... del Centro penitenziario di ....., davano a M..... S....., quale agente della polizia penitenziaria in servizio presso il suddetto Centro penitenziario di ....., denaro o altre utilita', in particolare la somma di denaro di 500 euro per ogni carico di droga, la somma di denaro di circa 1000 euro per i pacchetti contenenti telefoni cellulari, per compiere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistiti nel far entrare all'interno del suddetto Istituto penitenziario sostanza stupefacente, telefoni cellulari e altri oggetti del genere non consentiti, soprattutto profumi. In ..... nell'anno 2018 fino al gennaio 2019, Con la recidiva infraquinquennale per M..... C....., V..... A..... J....., V..... P..... Con la recidiva specifica F..... E..... Con recidiva specifica e infraquinquennale per A..... G..... Con recidiva reiterata e infraquinquennale per C..... E....., M..... A....., M..... G....., N..... A....., N..... C..... Q..... C....., S..... S..... Con recidiva reiterata per C..... F....., P..... M..... Con la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale per B..... S....., C..... C....., D'A..... E....., E..... M....., G..... G....., M..... M.....,N..... P....., O..... S....., P..... P....., R..... R....., R..... S.....,T..... E....., V..... R..... Osserva Il presente procedimento scaturisce dalla separazione delle posizioni di G..... G....., N..... C....., T..... E..... - collaboratori di giustizia - e D'A..... E..... dal piu' ampio procedimento recante n. RGNR 15664/22 e n. RG GIP 12653/22, avente ad oggetto una complessa attivita' investigativa posta in essere dai CC del Comando provinciale di ..... in relazione a un'associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti operante all'interno del carcere di ....., segnatamente nel Reparto ....., che vedeva la partecipazione non solo di detenuti ma anche appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, i quali facevano accedere lo stupefacente nel penitenziario dietro corrispettivo. Il materiale probatorio e' composto essenzialmente dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, dall'attivita' di riscontro (sequestri, accertamenti di PG), da intercettazioni telefoniche e ambientali. In particolare, di primaria importanza ai fini della prova dei fatti contestati risulta l'imponente apporto dichiarativo di natura auto ed etero accusatoria dei seguenti collaboratori di giustizia: oltre ai gia' citati G..... G....., N..... C..... e T..... E..... e a R..... S....., imputati nel p.p. RGNR 15664/22 e n. RG GIP 12653/22, hanno riferito sui fatti in esame anche P..... M....., P..... F....., P..... C....., A..... V....., S..... T....., D..... R..... A...... (1) Si tratta di soggetti che hanno dimostrato di essere pienamente a conoscenza dei fatti di spaccio, sia sotto il profilo delle condotte illecite poste in essere da vari detenuti del Carcere di ..... che con riguardo al ruolo svolto dagli appartenenti alla polizia penitenziaria corrotti. Lo spaccato emerso e' di evidente gravita' e, sia consentito, induce un senso di cieca desolazione, non solo per la ragione che nel traffico di stupefacenti (essenzialmente hashish, anche se alcuni sequestri hanno portato alla luce in qualche occasione anche cocaina, oppio e altro) erano coinvolti anche poliziotti penitenziari - cioe' servitori dello Stato che hanno la funzione delicatissima di sovraintendere alla fase della esecuzione della pena e della cautela penale, ove, come noto, si intrecciano esigenze di carattere rieducativo e retributivo con quelle generai e special preventive - ma anche e soprattutto perche' e' emerso che un carcere ove sono detenuti soggetti dalla elevatissima pericolosita' era sostanzialmente sotto il controllo dei detenuti stessi, i quali non solo avevano la possibilita' di far entrare droga, cellulari, cibo e altri oggetti non ammessi ma addirittura potevano chiedere e ottenere trattamenti di favore come i cambi reparto e i cambi cella, cosi' da essere in condizione di continuare a decidere le sorti del clan di appartenenza all'esterno. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla vicenda, narrata dal collaboratore N....., di A..... U....., figura di vertice del clan della V..... G....., gia' latitante per omicidio, che ha ottenuto, dietro compenso di 4000 euro, di essere spostato dall'isolamento (ove era stato allocato a seguito dell'arresto) alla 5° sezione, potendo in questo modo continuare a gestire gli affari del clan; o all'imprenditore A..... F....., proprietario di un grosso centro commerciale nell'..... (il .....) che, grazie all'ausilio dell'ispettore G..... F..... (che ha scelto di procedere con il rito ordinario), incontrava all'interno del carcere imprenditori ed altre persone non autorizzati ai colloqui e in cambio aveva assunto persone che gli erano state indicate direttamente dall'ispettore G..... Il fenomeno corruttivo era di disarmante portata, tanto che vi erano addirittura casi di agenti tenuti «a libro paga» dai clan, che pagavano la cd. mesata come a un qualsiasi detenuto. Insomma un Istituto penitenziario la cui funzione rieducativa era completamente trasfigurata, finendo per diventare simbolo del perpetuarsi del potere camorristico e del sostanziale svuotamento dell'azione di repressione posta in essere dallo Stato. Siamo di fronte, infatti, non gia' a un fenomeno occasionale o temporalmente limitato bensi' a una struttura ben rodata che ha operato almeno dal 2014 al 2021. Lo testimoniano i sequestri effettuati nel penitenziario, su cui si tornera' specificamente nel prosieguo della trattazione: ben quarantaquattro dal 2014 al 2019, arco temporale sul quale hanno riferito i collaboratori, cui si aggiungono ulteriori ventiquattro sequestri effettuati nel 2020 e fino a inizio 2021. Un vero e proprio sistema, una prassi reiterata nonostante i singoli interventi ablativi e venuta meno - almeno cosi' dovrebbe essere - solo con l'indagine in esame e l'applicazione delle misure cautelari. Le intercettazioni hanno confermato la permeabilita' dell'Istituto non solo alla droga ma anche ai cellulari e ad altri oggetti vietati. E' emerso non solo che era possibile «ordinare» droga e cellulari dall'interno del carcere ma addirittura che il detenuto M..... A..... soggetto vicino al clan V..... di ..... e figura centrale nel presente procedimento, curava, grazie ai contatti telefonici con la compagna D..... F..... L....., anche i suoi interessi all'esterno del carcere e, piu' precisamente, la gestione di una piazza di spaccio gestita dallo stesso M..... A..... prima del suo arresto, che verosimilmente era anche la fonte alla quale i due attingevano per procurarsi la droga che poi veniva immessa nell'Istituto penitenziario (cfr. informative n. 173/1-11 del 27 maggio 2019 e n. 173/1-1-11 del 9 luglio 2019 redatta dai CC Comando provinciale di .....). Gravissimo, quindi, il messaggio che ne risultava, vale a dire che la criminalita' organizzata era capace di controllare anche la fase della detenzione, orientando a piacimento le piu' importanti scelte dell'Istituto e garantendo ai reclusi un trattamento di favore che gli consentiva di continuare a gestire le attivita' illecite all'esterno. Sulla base del compendio indiziario cosi' sinteticamente descritto, il giudice per le indagini preliminari emetteva una corposa ordinanza applicativa di varie misure cautelari (o.c.c. 86/2022), sia a carico dei detenuti che di alcuni agenti penitenziari, che il Tribunale del riesame confermava per la gran parte degli allora indagati. Come detto, l'o.c.c. in questione si fondava essenzialmente sull'apporto dichiarativo dei collaboratori di giustizia, tra i quali di decisiva importanza risultavano le dichiarazioni degli odierni imputati G....., N..... C..... e T..... E..... (per i quali non veniva richiesta alcuna misura). Sempre per quanto qui di interesse, a seguito della notifica della o.c.c. n. 8612022, D'A..... E....., nel corso dell'interrogatorio del 20 aprile 2022, ammetteva gli addebiti e rendeva una serie di dichiarazioni etera accusatorie nei confronti di altri coimputati, arricchendo ulteriormente il materiale indiziario raccolto fino a quel momento. Con richiesta datata 13 giugno 2022, il pubblico ministero della DDA di ..... chiedeva il rinvio a giudizio per trentasei imputati, tra detenuti ritenuti capi o partecipi dell'associazione e agenti penitenziari asseritamente corrotti, di cui quattro chiedevano di procedere con rito ordinario e, all'esito dell'udienza preliminare del 18 luglio 2022, venivano rinviati a giudizio. Tutti gli altri trentadue imputati chiedevano procedersi con rito abbreviato. Alle udienze del 22 settembre 2022, 13 ottobre 2022, 26 ottobre 2022, 4 novembre 2022, le parti effettuavano le discussioni. All'udienza finale del 10 novembre 2022 (resasi necessaria per lo slittamento di alcune discussioni) lo scrivente, raccolte le ultime arringhe difensive, si ritirava in Camera di consiglio per la decisione. All'esito disponeva lo stralcio delle posizioni di D'A..... E....., N..... C....., G..... G..... e T..... E....., dovendosi valutare, in relazione a tali imputati, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 69, comma 4 del codice penale nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza dell'attenuante della dissociazione di cui all'art. 74, comma 7 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sulla recidiva reiterata. Indi dava la lettura del dispositivo per gli altri imputati. 1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Con la sentenza pronunciata in data 10 novembre 2022 nel procedimento «principale», lo scrivente condannava, all'esito del rito abbreviato, A..... G....., A..... A....., B..... S....., C..... E....., C..... C....., D'A..... P....., D..... F..... L....., E..... M....., F..... E....., M..... A....., M..... G....., M..... M....., M..... C....., N..... A....., O..... S....., P..... P....., P..... M....., Q..... C....., R..... S....., R..... S....., S..... S....., V..... R....., V..... A..... J....., V..... P....., a pene detentive fino a un massimo di anni 14 di reclusione (2) (si veda, nello specifico la sentenza depositata in data 7 dicembre 2022, in atti). Venivano ovviamente differenziate le singole posizioni, tenendo conto del ruolo (capo o partecipe dell'associazione ex art. 74 decreto Presidente della Repubblica n. 309/90) e dei singoli apporti. Per tutti - salvo alcune posizioni di soggetti ai quali era contestato il ruolo di partecipi e che avevano avuto un ruolo piu' pregnante nel contesto associativo, segnatamente A....., B....., M....., R....., V..... P..... e, tra gli spesini, F..... e P..... - si decideva di partire dalla pena minima, apparendo il (gia' elevato) minimo edittale adeguato alle singole condotte (come noto, per i capi la pena parte da un minimo di venti anni di reclusione; per i partecipi, da un minimo di dieci anni). A tutti - e' importante evidenziarlo - venivano concesse le attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con le contestate aggravanti, vale a dire con le rispettive recidive (sopra dettagliatamente riportate), con l'aggravante di cui all'art. 74, comma 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e con l'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 c.p. Alle sole imputate D..... F..... L..... e D'A..... P..... - le quali non annoveravano alcuna recidiva - le predette attenuanti generiche venivano concesse in rapporto di prevalenza in considerazione del fatto che esse erano le compagne rispettivamente di M..... A..... e T..... E..... e quindi sono state da costoro coinvolte nelle condotte illecite in questione con un ruolo subordinato ai compagni. La concessione delle attenuanti generiche si rendeva necessaria per adeguare la pena al caso concreto. (3) Sul punto, ferma restando la rilevante gravita' dei fatti di spaccio, sia in quanto commessi in carcere da soggetti detenuti corrompendo agenti penitenziari, sia per la valenza simbolica in termini di sostanziale controllo del Reparto ....., non si puo' non rilevare che, sebbene la contestazione di cui all'art. 74 contemplasse anche la cocaina tra gli stupefacenti oggetto dell'attivita' del sodalizio, in concreto si e' appurato che il traffico illecito aveva ad oggetto essenzialmente hashish. Il dato risulta dalle dichiarazioni dei collaboratori, che parlano esclusivamente del «fumo», ed e' confermato dai sequestri effettuati nel penitenziario, i' quali nella stragrande maggioranza dei casi avevano ad oggetto hashish o marijuana (si contano «solo» tre o quattro sequestri di piccole quantita' di cocaina, non collegata, pero', direttamente ai fatti in questione). Lo stesso D....., sentito dopo l'esecuzione dell'o.c.c. in data 20 aprile 2022, ha confermato che oggetto del traffico illecito tra i detenuti era essenzialmente l'hashish, mentre la cocaina che veniva a volte introdotta era destinata ai singoli detenuti per uso personale e, dunque, non investe direttamente i fatti in questione (ADR: nella I sezione entrava esclusivamente hashish, ma so che nella LI sezione qualche volta e' entrata cocaina, ma solo per uso personale; la vendita riguardava esclusivamente hashish). Ora, l'art. 74 non consente di distinguere, quoad poenam, a seconda che l'associazione traffichi in droghe pesanti o droghe leggere, ancorche' a mente dell'art. 73, comma 1 e comma 4 stesso decreto del Presidente della Repubblica e' evidente il differente disvalore ricollegato all'una o all'altra condotta. La Corte di cassazione ha, di recente, dichiarato manifestamente infondata, con riferimento agli arti. 3 e 27 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui non configura un distinto reato associativo, meno gravemente sanzionato, per il caso di gruppi finalizzati al traffico di sostanze riconducibili alla II ed alla IV delle tabelle previste dall'art. 14 del T.U., costituendo legittimo esercizio della discrezionalita' legislativa la scelta di non differenziare le pene per l'associazione, riguardata nella sua essenza unitaria di fenomeno organizzativo per scopi criminali, a seconda della natura dello stupefacente che ne costituisce l'oggetto, quanto alle specifiche condotte di narcotraffico (cfr. Cassazione n. 11526 del 16 febbraio 2022). Pertanto, onde tener conto della circostanza che oggetto di traffico era essenzialmente droga leggera, del limitato «mercato» di riferimento (i detenuti del reparto .....), dei quantitativi non elevatissimi (si parla di pacchettini introdotti con cadenza settimanale dalla guardia penitenziaria infedele, segnatamente, a dire del G....., in occasione del colloquio del giovedi' tra M..... e la compagna F..... L.....), di un «giro di affari» valutabile nell'ordine delle centinaia di euro (non quindi di un affare lucrosissimo, come invece accade per le piazze di spaccio gestite in ambito cittadino, in cui il profitto illecito arriva a molte migliaia di euro al giorno), si e' reputato di dover concedere le attenuanti generiche a tutti gli imputati condannati, nella estensione sopra descritta. Tale operazione ha consentito di elidere l'aumento per le contestate aggravanti, in particolare il grave aumento previsto per la recidiva reiterata contestata a vari imputati: si consideri, per fare un esempio, che per M..... A....., che indubbiamente aveva un ruolo apicale all'interno dell'organizzazione, doveva partirsi da una pena base di almeno venti anni di reclusione, sulla quale procedere a un aumento di 2/3 per la recidiva reiterata e infraquinquennale e per le altre aggravanti contestate, con il risultato che la pena finale, applicata la diminuente per il rito, sarebbe stata di venti anni di reclusione. Una pena, cioe', del tutto sproporzionata, ad avviso dello scrivente, in relazione ai pur gravi fatti contestati. Analoghe considerazioni per le posizioni di N..... A..... e S..... S....., anch'essi gravati da una recidiva reiterata e raggiunti dalla contestazione del ruolo di capo. Ma il problema della sproporzione della pena si sarebbe posto a cascata, anche per le altre posizioni degli imputati, i quali, pur avendo ruoli minori, avrebbero viste applicate pene eccessive qualora la concessione delle generiche non avesse eliso l'effetto della recidiva e delle altre aggravanti. Ad esempio, si prenda la posizione di M..... M..... che e' assimilabile a quella di altri imputati con il ruolo di partecipe: partendo dalla pena minima di anni 10 di reclusione, agli aumenti per l'aggravante di cui all'art. 74, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (valutabile in un anno) e per l'aggravante di cui all'art. 61, n. 9 del codice penale (valutabile in un anno) si sarebbe aggiunto l'ulteriore aumento di 2/3 per la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, col risultato che la pena sarebbe stata di anni venti di reclusione, ridotta ad oltre tredici anni (precisamente anni tredici e mesi quattro) per il rito. Un risultato che e' apparso ingiusto ed eccessivo, tanto vero che neppure il pubblico ministero ha chiesto tali pene per i partecipi (ne ha chiesto la condanna ad anni dodici di reclusione). La concessione delle generiche ha, in sostanza, consentito di ottenere un duplice risultato: tener conto della offensivita' delle condotte nell'ottica del necessario adeguamento della pena al caso concreto ed elidere l'aumento per le recidive e per le aggravanti di cui all'art. 74, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e per l'aggravante di cui all'art. 61, n. 9 del codice penale, consentendo di ottenere un risultato piu' «equo». D'altro canto, e' importante evidenziare che si e' ritenuto di non poter percorrere la strada alternativa della esclusione delle contestate recidive. In primis, i soggetti raggiunti da condanna erano gia' detenuti in carcere e annoverano tutti un «curriculum» criminale di elevato spessore, trattandosi in gran parte di soggetti affiliati a clan camorristici e comunque condannati per reati gravissimi. Nello specifico, solo per citare i reati di maggiore allarme sociale: A..... e' stato recentemente condannato per associazione mafiosa; B..... annovera precedenti in materia di droga, di armi aggravato dall'art. 7, legge n. 203/1991 e furto; C..... ha precedenti per rapina, estorsione con l'art. 7; C..... annovera i reati di rapina, spaccio e detenzione di armi; E.....: spaccio, violenza sessuale, tentato omicidio e armi con l'art. 7; F..... ha riportato una condanna per il reato di cui all'art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90; M..... annovera due precedenti per rapina e due precedenti per estorsione aggravata dall'art. 7; M..... e' stato condannato, tra gli altri, per rapina, furto, estorsione aggravata dall'art. 7; M....., come F....., ha riportato gia' una condanna per il reato di cui all'art. 74; M..... annovera una tentata estorsione con l'art. 7; N..... ha precedenti per armi e altro; O..... ha, tra gli altri reati, quelli di rapina, furto, estorsione, spaccio di stupefacenti ecc.; P....., oltre a reati predatori e in materia di armi e stupefacenti, e' stato condannato per il reato di cui all'art. 74 e per il reato di associazione mafiosa; P..... annovera rapine e una tentata estorsione; Q....., tra i numerosissimi precedenti, annovera quello di associazione mafiosa; R..... ha riportato plurime condanne per rapina e cessione di stupefacenti; S..... annovera, tra le altre, una condanna per violenza privata aggravata dall'art. 7; V....., oltre a reati predatori e in materia di stupefacenti, e' stato condannato per associazione a delinquere e per associazione mafiosa; V..... P..... ha riportato una condanna per estorsione continuata aggravata dall'art. 7. Dalla «carrellata» che precede - che, ripetesi, mette in rilievo solo i piu' gravi tra i vari precedenti che ciascuno annovera - risulta l'assoluta pericolosita' e spregiudicatezza degli imputati, molti dei quali gia' condannati per associazione mafiosa o per reati aggravati dall'art. 7 e comunque intranei alle dinamiche camorristiche o associative. In tale quadro e' evidente che la ricaduta in un reato cosi' grave come quello di cui all'art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, commesso per giunta in carcere, e' sintomo di una irriducibile tendenza a delinquere che neppure la detenzione definitiva e' riuscita a neutralizzare. E', in altri termini, chiaramente espressione di una maggiore pericolosita' e di una propensione a delinquere davvero incontenibile. Si consideri, ad esempio, che alcuni soggetti (F....., M....., P..... ma anche D'A..... e G....., come si vedra') sono stati gia' condannati recentemente proprio per il reato di cui all'art. 74, oltre che per altri gravissimi reati (omicidi, estorsioni ecc.). Sarebbe stato impossibile escludere la recidiva sostenendo che il nuovo reato (art. 74) non era espressione di una maggiore pericolosita' discendente dai precedenti reati, peraltro in molti casi della stessa indole. Si pensi a tutti gli imputati che annoveravano precedenti per spaccio o, come detto, addirittura per lo stesso art. 74 e che, pur detenuti, hanno continuato a porre in essere le medesime condotte, forti della loro pregressa esperienza criminale e dei loro contatti con le organizzazioni di provenienza, corrompendo agenti penitenziari e prendendo in tal modo il controllo del reparto. E' apparso evidente che quelle recidive sussistevano e andavano considerate. Cio' in linea con il consolidato orientamento della Suprema Corte (da ultimo espresso da Cassazione Sez. Un. 42414/2021), secondo cui la recidiva e' una circostanza pertinente al reato che richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra l'autore e il fatto che deve risultare sintomatico, in riferimento alla tipologia dei reati pregressi e all'epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosita' sociale (Sez. U, n. 35738 del 27 maggio 2010, Calibe'; Sez. U, n. 20798 del 24 febbraio 2011, Indelicato). Se e' vero che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 185/2015, l'applicazione della recidiva in caso di delitti (quale quello in esame) rientranti nell'elenco di cui all'art. 407, comma 2, lettera a del codice di procedura penale non e' obbligatoria, e' anche vero che nel caso di specie, per quanto sopra detto, le recidive erano sussistenti e avevano avuto concreta operativita' nei fatti in esame, che solo soggetti dalla elevata caratura criminale avrebbero potuto porre in essere in un carcere. 1.1. (segue) Le posizioni di D'A....., G....., T..... e N..... e la valorizzazione delle loro dichiarazioni nell'ottica della concessione dell'attenuante della dissociazione. Per le quattro posizioni qui in esame si pone un ulteriore problema, dal quale discende, ad avviso dello scrivente, la rilevanza della questione di costituzionalita': quello dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, trattandosi dei soggetti le cui dichiarazioni hanno consentito di ricostruire le condotte dei coimputati e di pervenire a sentenza di condanna nei loro confronti. Prima di affrontarlo, va descritta la situazione che, all'esito delle discussioni, si e' cristallizzata circa le loro posizioni. Va premesso che anche per tali imputati risulta provato il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Al riguardo va richiamato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui «l'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa ex art. 74 d.p.r. 309/1990 e quella del concorso ai sensi degli articoli 110 cod. pen. e 73 d.p.r. cit. risiede soprattutto nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non puo' ridursi ad un semplice accordo delle volonta', ma deve consistere in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione di delitti e in un contributo effettivo da parte dei singoli per il raggiungimento dello scopo illecito: la costituzione dell'associazione non coincide con l'accordo dei compartecipi, ma con quello della nascita di un'organizzazione permanente, frutto del concerto di intenti e di azione tra gli associati. Solo nel momento in cui diviene operativa e permanente la struttura organizzativa si realizza la situazione antigiuridica che caratterizza il reato associativo, in quanto e' proprio il dato organizzativo che rappresenta una minaccia grave per l'ordinamento, tanto da giustificare le singole incriminazioni con sanzioni penali piu' incisive. In altri termini, e' il particolare allarme sociale derivante dalla struttura organizzativa che giustifica la previsione di un'autonoma figura di reato contrassegnata, sul piano delle finalita' repressive perseguite dall'ordinamento, dal pericolo per l'ordine pubblico per il cui concretizzarsi la legge non richiede, a differenza di quanto accade per l'accordo, che i delitti per la commissione dei quali la societas sceleris e' stata costituita vengano effettivamente realizzati [...] Il riferimento alla possibilita' che l'associazione di cui all'art. 74 cit. possa avere anche un carattere "rudimentale", consegue ad una osservazione pratica su tali forme di sodalizi, in cui spesso l'elemento organizzativo di maggiore significato e' rappresentato dalle risorse umane, cioe' dalla rete dei piccoli spacciatori, anziche' dalle dotazioni materiali, ma cio' non puo' portare ad una totale dequotazione del momento organizzativo, che deve pur sempre qualificare questo tipo di associazione. E' cioe' necessario individuare il requisito della stabilita', da intendere come abituale e consolidata predisposizione di un insieme di persone e di mezzi per la realizzazione di uno specifico programma criminoso, nell'ambito di una struttura organizzativa che, per quanto snella, preveda quantomeno una ripartizione di ruoli tra gli associati. Insomma, l'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all'art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato non solo nel carattere dell'accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, e nella permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, che devono assicurare la propria disponibilita' duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso del sodalizio, ma anche nell'esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta dello stesso programma criminoso» (Cass., Sez. VI, 10 gennaio 2017, n. 27433). Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, puo' affermarsi che l'associazione di cui all'art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 richiede necessariamente ai fini della sua sussistenza un numero minimo di persone aderenti (tre o piu' individui) e l'esistenza di un vincolo associativo permanente (affectio societatis) per l'attuazione del comune programma criminoso (pactum sceleris) legato al traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, elemento indefettibile del reato e' l'accordo associativo che, ancorche' non abbisognevole di rituali o formalita' ovvero di manifestazioni espresse, ha in se' la cosiddetta affectio societatis e la stabilita' del vincolo, tale che tutti gli aderenti operano nella consapevolezza che le rispettive attivita' e la singola partecipazione ricevano vicendevole ausilio, contribuendo ciascuno alla realizzazione del programma criminale. Pertanto, cio' che rileva non e' tanto un accordo formalmente consacrato o una manifestazione di formale adesione ad esso, bensi' l'esistenza, in fatto, di una struttura permanente, ancorche' rudimentale, in cui si innesta il contributo apportato dal singolo nella prospettiva del perseguimento dello scopo comune illecito (cfr. Cassazione, Sez. I, 23 dicembre 1999, n. 14578; Cassazione, Sez. I, 12 marzo 1998, n. 3133). Quanto al profilo probatorio, pur sussistendo autonomia ontologica tra il reato-mezzo e i reati-fine, l'accordo associativo richiede il requisito della permanenza e della stabilita' di un'organizzazione, elementi desumibili anche dall'osservazione dei reati-fine, dalle modalita' esecutive degli stessi, dal loro numero e dalla loro reiterazione, nonche' dai comportamenti degli autori di detti reati (contatti costanti tra i vari aderenti, uniformita' ed identita' delle loro condotte, protrarsi nel tempo delle loro condotte), ovvero da altre circostanze fattuali indicative della sussistenza di una struttura associativa stabile, quali i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche consolidate, le forme di copertura e la predisposizione di beni necessari per le operazioni, infine la capacita' organizzativa del gruppo con sistemi di tipo gerarchico e mediante suddivisione di compiti e ruoli (cfr. Cassazione, Sez. VI, 16 marzo 2001, n. 10781). In altri termini, la prova dell'associazione richiede la dimostrazione della sussistenza di una organizzazione stabile - sia pur rudimentale - con apprestamento di mezzi e divisione di compiti tra piu' soggetti nella consapevolezza per ciascun associato di far parte del sodalizio criminoso. Ne discende che non necessariamente deve sussistere un'organizzazione complessa e ben articolata nelle sue componenti strutturali dotata di gerarchie interne e distribuzioni di specifiche cariche, ben potendo tali elementi mancare ed esservi ruoli e contributi individuali non ben definiti e scambievoli, purche' sia dimostrata l'esistenza di un vincolo permanente finalizzato alla commissione di una molteplicita' indefinita di condotte criminose attinenti alla distribuzione dello stupefacente. D'altro canto, «la commissione di ripetuti reati di "spaccio" ex art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, non puo' da sola costituire prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione» (Cass., Sez. VI, 4 febbraio 2015, n. 24379), ma al tempo stesso «a fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell'associazione, grava sul singolo la prova che il suo contributo non e' dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non puo' consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro» (Cass., Sez. III, 3 febbraio 2015, n. 42228). L'affectio societatis nel reato in esame e' dunque molto piu' sfumata rispetto ad altri reati associativi, non occorrendo comunanza di interessi fra i soggetti interessati al traffico di sostanze stupefacenti, e neppure che il traffico illecito procuri un profitto unitario che venga distribuito agli associati, giacche' quello che rileva e' che l'accordo associativo riguardi il rapporto stabile per l'approvvigionamento e la commercializzazione della droga. L'associazione di cui all'art 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 puo' articolarsi in piu' gruppi anche distinti, ed operanti in ambienti diversi e con distinta clientela, purche' tra i componenti dell'organizzazione vi sia un accordo complessivo, con assunzione di funzioni o di compiti in vista di un programma indeterminato di commissione di reati in materia di stupefacenti. Quanto, poi, ai diversi ruoli giuridicamente rilevanti all'interno di una compagine associativa, va evidenziato che «mentre per il delitto di partecipazione ad associazioni per delinquere, come reato a forma libera, si richiede una qualsiasi azione, con qualsiasi modalita' eseguita, purche' causale rispetto all'evento tipico, cioe' idonea a cagionarlo, la qualita' di promotore, organizzatore e finanziatore dell'associazione richiedono ben diverse azioni; infatti promotore e' colui che da solo con altri si faccia iniziatore della "societas sceleris"; organizzatore e' colui il quale coordina l'attivita' degli associati ed assicura la funzionalita' delle strutture; finanziatore e' colui il quale investa capitali nel sodalizio con la consapevolezza del fine criminoso» (Cass., Sez. VI, 16 gennaio 1991, n. 403). Ne consegue che, se promotore e' da intendersi non solo «colui che e' stato l'iniziatore dell'associazione, coagulando intorno a se' le prime adesioni e consensi partecipativi, ma anche colui che, rispetto ad un gruppo gia' costituito, provochi ulteriori adesioni, sovraintenda alla complessa attivita' di gestione di esso, assuma funzioni decisionali» (Cass., Sez. VI, 4 giugno 1996, n. 5301), organizzatore e' colui che «coordina l'attivita' degli associati ed assicura la funzionalita' delle strutture del sodalizio» (Cass., Sez. III, 28 settembre 2016, n. 40348), nonche' colui che «assume poteri di gestione, quand'anche non pienamente autonomi, in uno specifico e rilevante settore operativo del gruppo» (Cass., Sez. IV, 3 dicembre 2008, n. 45018). Tali coordinate ermeneutiche sono stati di recente ribadite dalla Suprema Corte (Cass. n. 3993 del 1° dicembre 2020), secondo cui ai fini della configurabilita' di un'associazione finalizzata al narcotraffico, e' necessario: a) che almeno tre persone siano tra loro vincolate da un patto associativo (sorto anche in modo informale e non contestuale) avente ad oggetto un programmi criminoso nel settore degli stupefacenti, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali; b) che il sodalizio abbia a disposizione, con sufficiente stabilita', risorse umane e materiali adeguate per una credibile attuazione del programma associativo; c) che ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest'ultimo (Sez. 6, n. 7387/2014 del 3 dicembre 2013, Pompei, Rv. 258796; Sez. 4, n. 44183 del 2 ottobre 2013, Alberghini, Rv. 257582). La commissione di ripetuti reati di spaccio di stupefacenti ex art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 non puo' da sola costituire prova dell'integrazione del reato associativo, rappresentando al piu' indice sintomatico dell'esistenza dell'associazione, che pero' va accertata con riferimento all'accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa ed all'affectio societatis (Sez. 6, n. 24379 del 4 febbraio 2015, Bilacaj e aa., Rv. 264177) e non e' necessaria l'esistenza di una struttura di tipo verticistico, ma e' sufficiente un minimo rostrato organizzativo, anche «orizzontale», purche' strumentale alla realizzazione di uno scopo che si proietta oltre la consumazione dei singoli reati-fine (Sez. 3, n. 9457/2016 del 6 novembre 2015 Rv. 266286). Non e' richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilita' economiche, ma e' sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n. 46301 del 30 ottobre 2013, Corso e aa., Rv. 258165). Piu' in particolare, l'elemento differenziale tra l'ipotesi associativa ex art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e quella del concorso ai sensi degli articoli 110 del codice penale e 73 del citato decreto del Presidente della Repubblica risiede principalmente nell'elemento organizzativo, in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non puo' ridursi ad un semplice accordo delle volonta', ma deve consistere in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 27433 del 10 gennaio 2017, Avelino e a., Rv. 270396). L'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all'art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere stabile dell'accordo criminoso, e, quindi nella presenza di un reciproco impegno alla commissione di una pluralita' di reati (Sez. 6, n. 28252 del 6 aprile 2017, Di Palma e aa., Rv. 270564). La prova del vincolo permanente, nascente dall'accordo associativo, puo' essere data anche per mezzo dell'accertamento di facta concludentia, quali i contatti continui tra i complici, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalita' esecutive (Sez. 5, n. 8033/2013 dei 15 novembre 2012, Barbetta; Sez. 6, n. 9061/2013 del 24 settembre 2012, Cecconi e aa., Rv. 255312). Per la configurabilita' della condotta di partecipazione, in questi casi, non e' richiesto un atto di investitura formale, ma e' necessario che il contributo dell'agente risulti funzionale per l'esistenza stessa dell'associazione in un dato momento storico (Sez. 3, n. 22124 del 29 aprile 2015, Borraccino, Rv. 263662; Sez. 4, n. 51716 del 16 ottobre 2013, Amodio e aa., Rv. 257905). Con particolare riguardo ai reati che costituiscono lo scopo del sodalizio, se l'accertamento della loro commissione non e' necessario ai fini della configurabilita' e nemmeno ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 3, n. 9459/2016 del 6 novembre 2015, Venere, Rv. 266710), anche il coinvolgimento in un solo reato-fine puo' integrare l'elemento oggettivo della partecipazione, laddove le connotazioni della condotta dell'agente, consapevolmente servitosi dell'organizzazione per commettere il fatto, ne riveli, secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico in funzione delle dinamiche operative e della crescita criminale dell'associazione (Sez. 6, n. 1343/2016 del 4 novembre 2015, Policastri, Rv. 265890) ovvero laddove si tratti di un episodio comunque sintomatico dell'appartenenza al sodalizio (Sez. 1, n. 43850 del 3 luglio 2013, Durand e aa., Rv. 257800, relativa al coinvolgimento in un unico episodio di programmato trasporto di un apprezzabile quantitativo di droga). A fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell'associazione - si e' affermato in altra occasione - grava sul singolo la prova che il suo contributo non e' dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non puo' consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 42228 del 3 febbraio 2015, Prota, Rv. 265346). Tanto premesso, tornando al caso di specie, le risultanze processuali hanno dimostrato l'operativita', nel periodo in contestazione, dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti all'interno del carcere di Secondigliano. Ed invero, come emerso dalle dichiarazioni dei collaboratori e dai riscontri raccolti dalla PG (in primis sequestri e intercettazioni), vi era un sistema consolidato (probabilmente piu' di uno) attraverso il quale lo stupefacente veniva introdotto in carcere: la droga veniva ordinata da M..... alla ex compagna D..... F..... L....., che la reperiva e la consegnava all'agente penitenziario infedele, il quale, tratteneva il suo compenso e la faceva arrivare alla Sezione; vi era inoltre una vera e propria «squadra» di detenuti addetta al taglio e allo smercio nonche' un nucleo di imputati addetti al cd «appoggio», ovvero all'occultamento del narcotico; vi era infine un rodato sistema di passaggio del «fumo» dalla ..... Sezione alle altre (il sistema del paniere). In sostanza, gli imputati avevano messo in piedi una vera e propria struttura organizzata, avente la sua base operativa principale nella ..... Sezione, in grado di far entrare, «lavorare» e smerciare droga in tutto il Reparto ..... Vi era una chiara ripartizione dei ruoli: V..... A..... j....., M..... A....., S..... S..... erano i capi e organizzatori del sodalizio nella ..... Sezione; a loro si affiancavano, con ruoli primari di organizzazione dell'attivita' di taglio e smercio o di occultamento, G..... G....., T..... E....., P..... M.....; vi erano poi soggetti con ruolo minore, quali M..... M....., Q..... C....., M..... C....., R..... S....., diretti collaboratori di M..... A....., addetti all'interno della stessa Sezione, al taglio della sostanza stupefacente e allo spaccio al dettaglio delle singole dosi tra i vari detenuti; all'esterno vi era la D..... F..... L..... (allora compagna di M..... A..... che doveva procurarsi lo stupefacente e consegnarlo alla guardia penitenziaria e riscuotere il corrispettivo dai parenti dei detenuti, a volte coadiuvata dalla D'A..... P..... (compagna di T..... E.....). Alla ..... Sezione vi era una organizzazione analoga, collegata alla precedente e guidata da A..... A..... con quale collaboravano vari detenuti addetti al taglio e allo spaccio, quali V..... P....., A..... G....., E..... S....., C..... E....., E..... M....., O..... S..... e M..... G..... Cosi' anche alla ..... Sezione, ove lo spaccio era capeggiato da N..... C..... e da N..... A..... (che faceva entrare lo stupefacente grazie alla intermediazione esterna di N..... D..... soggetto appartenente al suo stesso clan) con il supporto di C..... C..... e V..... R..... Un ruolo particolare avevano i detenuti con la funzione di «spesini», i quali avevano maggiore liberta' di movimento e fungevano da «cinghia di trasmissione» dello stupefacente all'interno del Reparto, provvedendo cioe' alla consegna della droga ai vari detenuti incaricati dello spaccio al dettaglio: vi erano D'A..... E..... per la Sezione, F..... E....., che e' stato spesino nel periodo nel quale e' stato detenuto alla Sezione, e P....., P....., detto P....., alla Sezione. I gruppi delle singole Sezioni erano collegati tra di loro, nel senso che il gruppo della ..... Sezione prendeva lo stupefacente dalla e tutte si avvalevano dello stesso sistema per far entrare lo stupefacente, vale a dire la corruzione delle guardie penitenziarie. Era chiaramente una struttura stabile non solo perche' lo smercio di stupefacenti all'interno del carcere e' andato avanti per vari anni ma anche perche' il sodalizio si e' protratto, senza alcuna fibrillazione, anche quando figure apicali come V..... A..... j..... e S..... S..... sono stati scarcerati. In quel frangente nulla e' cambiato ma semplicemente il «timone» e' passato nelle mani del solo M..... A..... Alcuni dei difensori hanno evidenziato tale aspetto per sostenere la instabilita' del vincolo e la impossibilita' di qualificare il gruppo come una vera e propria associazione. Per contro, reputa questo giudice che proprio questo aspetto, vale a dire la sostanziale autonomia della struttura dai singoli, contribuisce a indicarne la valenza di associazione ex art. 74, richiamando le classiche consorterie mafiose, che sopravvivono nella stragrande maggioranza dei casi anche alla morte dei capi. In tale quadro, risulta evidente come sussistano tutti gli elementi costitutivi dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Ne' la vicenda in questione puo' essere ridimensionata, come suggerito da molti difensori, alla piu' tenue fattispecie di cui all'art. 74, comma 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, ovvero l'associazione costituita per commettere i fatti di lieve entita' descritti dal comma 5 dell'art. 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. In merito, va premesso che, secondo la giurisprudenza di legittimita', per ritenere sussistente tale autonoma fattispecie di reato «occorre che l'associazione presenti connotazioni strutturali e/o operative tali per cui possa affermarsi che non sia stata presa in considerazione ed anzi sia staia concretamente esclusa dai sodali o da coloro che hanno concreta influenza sulle determinazioni operative del gruppo l'eventualita' di azioni destinate ad oltrepassare il limite della lieve entita' [...] In altre parole l'associazione minore postula che in positivo sia stata presa in considerazione sia sotto il profilo strutturale sia sotto quello quali/quantitativo solo la commissione di fatti di lieve entita', non potendosi invece ravvisare quell'ipotesi allorche' i profili strutturali siano di per se' ostativi o quando il sodalizio agisca comunque senza una previa presa di posizione di tipo progettuale e programmatico e dunque senza che sia stata esclusa la possibilita' di azioni eccedenti quella limitata soglia» (Cass., Sez. VI, 24 marzo 2016, n. 12537). In tal modo trova compiuta attuazione il principio secondo cui l'ipotesi associativa di cui all'art. 74, comma 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 va individuata in rapporto al momento genetico/costitutivo (cfr. Cassazione, Sez. IV, 2 luglio 2013, n. 38133) e presuppone, peraltro, che tutte le condotte commesse in attuazione del programma criminoso siano sussumibili nella fattispecie dei fatti di lieve entita' e di minima offensivita' di cui all'art. 73, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (cfr. Cassazione, Sez. V, 14 maggio 2014, n. 48676; Cassazione, Sez. I, 19 dicembre 2012, n. 4875), dovendosi fra l'altro aver riguardo anche alla capacita' di approvvigionarsi e alle quantita' anche solo offerte o trattate (cfr. Cassazione, Sez. IV, 2 luglio 2013, n. 38133; Cassazione, Sez. VI, 16 marzo 2004, n. 37983). Influiscono su tale giudizio le concrete articolazioni dell'attivita', in quanto essa non solo sia reiterata, ma assuma connotazioni di particolare intensita' e frequenza, o si rivolga ad un'indeterminata clientela relativa ad un ambito territoriale (cfr., Cassazione, Sez. VI, 18 novembre 2014, n. 50382) ovvero sia propiziata dalla disponibilita' di numerosi canali di approvvigionamento o da contatti con organismi criminali di elevato spessore (cfr. Cassazione, Sez. VI, 8 gennaio 2015, n. 3324) o dall'utilizzo di forme particolarmente insidiose ai fini della penetrazione nel mercato o al fine di sfuggire all'attivita' repressiva e di controllo oppure abbia ad oggetto quantitativi non modesti in entrata e/o in uscita oppure concerna sostanze di qualita' peculiare ovvero sostanze di diversa tipologia (cfr. Cassazione, Sez. III, 5 giugno 2015, n. 26205; Cassazione, Sez. III, 27 marzo 2015, n. 32695). Si tratta di elementi che, presi anche isolatamente, a prescindere dagli altri, rivelano una maggiore offensivita' in ordine al concreto pericolo di diffusione della sostanza e alla capacita' dell'attivita' illecita di svilupparsi con modalita' consolidate, contrassegnate da capillarita' e insidiosita'. «A ben guardare dunque puo' accadere che siano di volta in volta acquisite e cedute piccole quantita', peraltro sulla base di un assetto organizzativo di quell'attivita' che consente rapidi approvvigionamenti e dunque costanti e assai ravvicinate attivita' di cessione ovvero modalita' particolarmente accurate e insidiose di nascondimento e trasporto della sostanza, conosciute capillarmente dagli spacciatori e dalla clientela, ovvero sulla base di una struttura volta ad assicurare condizioni di massima sicurezza a chi svolge l'attivita' di spaccio. Al tempo stesso puo' accadere che, pur in assenza di peculiari strutture, siano movimentate rilevanti quantita' ovvero diverse tipologie di sostanze, volte ad assicurare il soddisfacimento di una piu' ampia clientela. In nessuno di tali casi sarebbe configurabile l'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990, per l'evidente maggiore offensivita' delle relative condotte» (Cass., Sez. VI, 24 marzo 2016, n. 12537). Corrispondentemente, qualora quelle attivita' si inquadrino nel programma associativo di uno stabile sodalizio, non sarebbe possibile ricondurre quest'ultimo all'ipotesi di cui all'art. 74, comma 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, e cio' non perche' l'attivita' sia reiterata o sia genericamente riferibile ad un sodalizio (atteso che la giurisprudenza ha chiarito che la reiterazione delle condotte di spaccio non e' incompatibile con l'attenuante del fatto di lieve entita' - Cassazione, Sez. VI, 17 novembre 2016, n. 48697), ma perche' la stessa non esprime una minima offensivita' e che correlativamente il sodalizio non puo' dirsi volto alla realizzazione di fatti di lieve entita'. In altri termini, se l'esistenza del sodalizio di per se' non assume rilievo pregiudiziale, cio' non toglie che le modalita' operative dello stesso o le strutture di cui si avvale possano di per se' riverberarsi sui reati-fine, precludendone la qualificazione in termini di lieve entita', quale risultato dell'utilizzo di strategie, mezzi, modalita' volti a favorire la diffusivita' dell'azione e dei connessi profitti o a scongiurare il rischio di controlli. Ed allora, si comprende che se i reati-fine sono qualificati da strategie e modalita' insidiose messe a punto dal sodalizio, per entrambi varra' l'esclusione del fatto di lieve entita', fermo restando che incidono i profili quantitativi e qualitativi allorche' nulla sia altrimenti desumibile da quelli strutturali e operativi. Cio' posto in punto di diritto, si osserva che, nel caso che ci occupa, i fatti di spaccio sono connotati da una rilevante gravita' non solo e non tanto per la loro sistematica reiterazione nel tempo da parte di soggetti dalla elevata caratura criminale quanto per la circostanza che si sono svolti in un Istituto penitenziario e nel corso dell'esecuzione della pena o della cautela. Nello specifico i singoli fatti di spaccio sono caratterizzati da un maggiore disvalore in quanto commessi da soggetti in gran parte dediti essi stessi all'uso di stupefacenti e soprattutto in quanto si sono svolti in carcere, circostanze ritenute dallo stesso legislatore aggravanti in relazione ai reati di cui all'art. 73 (cfr. art. 80, comma 1, lettera c) e g). Inoltre i sodali non avevano affatto concordato di limitarsi a condotte di spaccio occasionali o di lieve entita' ma avevano, al contrario, organizzato un vero e proprio sistema per il continuo approvvigionamento dello stupefacente che addirittura contemplava la corruzione di alcuni poliziotti penitenziari. Cio' aveva, come detto, non solo una marcata valenza di fatto, consentendo ai detenuti di avere il sostanziale controllo di un intero reparto del carcere, ma anche un significato simbolico, giacche' si comunicava all'esterno, ai clan di appartenenza, che si continuava ad operare senza problemi nonostante la detenzione. Si tratta di elementi che escludono radicalmente la possibilita' di ridurre la vicenda a un'associazione minore. Ebbene, per tornare ai quattro imputati che qui interessano, G..... G....., N..... C......, T..... E..... e D'A..... E..... erano, per loro stessa ammissione, pienamente coinvolti nell'associazione in questione e hanno reso dichiarazioni auto ed etero accusatorie in relazione ai fatti che avvenivano nel carcere di ..... per averli vissuti in prima persona. E il loro contributo si e' rivelato di fondamentale importanza. Appare, quindi, opportuno riportare in estrema sintesi le dichiarazioni al fine di evidenziarne la rilevanza nel processo (per evitare un eccessivo appesantimento della lettura, si rinvia alla sentenza emessa in data 10 novembre 2022 per i dettagli circa la valutazione della credibilita' e dell'attendibilita' dei collaboratori). G..... G..... e T..... E..... erano tra i gestori dello smercio dello stupefacente alla ..... Sezione, vale a dire la sezione alla quale il narcotico arrivava, veniva tagliato e distribuito ai detenuti o alle altre sezioni. Essi, quindi, hanno potuto raccontare nel dettaglio come la droga entrava in carcere e quali soggetti prendevano parte al sodalizio con i rispettivi ruoli. T..... E..... e' stato il primo ad inserirsi nel sistema all'interno della Sezione del Reparto ....., ove era allocato dal 24 gennaio 2018 al 23 febbraio 2019, come emerge dal verbale di interrogatorio del 20 settembre 2021, il suo compito era quello di provvedere al taglio dello stupefacente insieme a G..... G..... e P..... M..... (indicato per errore come M..... P..... ma riconosciuto correttamente in foto). Ad inserirlo nel sistema erano stati A..... M..... detto G....., A..... V..... J....., S..... S....., compagno di cella di V....., e S..... M....., compagno di cella di M..... In particolare, V....., M..... e M..... ordinavano ai loro affiliati che operavano nelle piazze di spaccio a ....., il «fumo» da spacciare all'interno del carcere. Il «fumo» veniva consegnato alla compagna di M....., di nome L..... (riconosciuta in foto in L..... D..... F.....), che lo avvisava chiamandolo sul cellulare in carcere. M..... ne dava notizia a V..... e M....., i quali a loro volta provvedevano ad avvisare S..... l'agente penitenziario con cui avevano stretto un accordo. L'agente incontrava L..... fuori al carcere di ..... e prendeva i pacchetti - ricevendo in cambio circa 3-400 euro per l'hashish, 300 euro per i telefonini e 200/250 euro per i profumi, introducendoli nel carcere e consegnandoli a V..... o a M..... Ogni settimana avvenivano generalmente due consegne, ciascuna di 3-4 panetti a volta. I proventi erano incassati da M..... e V....., i quali davano ai collaboratori lo stipendio settimanale di circa 2-300 euro. Il pagamento della droga avveniva o mediante la consegna di denaro alla compagna di M..... da parte dei familiari dei detenuti acquirenti, nel giorno del colloquio, o attraverso la spesa nel carcere, con la fornitura di stecche di sigarette o di altri generi che venivano venduti in carcere. T..... ha aggiunto che in qualche occasione anche la sua compagna si era recata a ..... a prendere la droga e l'aveva consegnata al M...... Cio' era accaduto quando era stata sequestrata per ragioni amministrative l'auto di L..... e M..... gli aveva chiesto di accompagnarla. Il sistema era rimasto operativo fino a maggio/giugno 2018, vale a dire sino a quando M..... era stato trasferito a ..... e V..... era stato spostato ad altro reparto. Da quel momento il traffico di droga e telefonini era stato gestito da lui, M..... e G...... Lui aveva investito propri soldi, per acquistare vari panetti di hashish dividendo con M..... i proventi dell'attivita'. Tutto era durato fino a ottobre-novembre 2018, quando a G..... erano stati sequestrati quattro telefonini. Poi G..... aveva iniziato a collaborare, M..... si era allontanato e quindi era diventato sempre piu' difficile far entrare la droga in carcere. A quel punto, con M....., T..... si era dedicato al traffico di telefonini che venivano introdotti in carcere mediante il sistema di droni gestito da E..... R..... del ... Insomma, T..... E..... ha raccontato nel dettaglio i fatti che avvenivano alla ..... Sezione, riferendo in primis che i detenuti M..... A..... (detto G.....), V..... A..... J....., S..... S..... (in stanza con V..... A.....) e P..... M..... (da lui chiamato P..... M..... detto o G.....) erano i principali gestori del traffico di hashish e cellulari (unitamente a tale M....., unico soggetto non imputato). La sua attendibilita' e' certa in quanto egli non solo si e' autoaccusato ma ha addirittura chiamato in correita' la compagna D'A..... P....., riferendo che in una occasione anche lui, per il tramite della compagna, aveva fatto entrare del «fumo», insieme con M..... Le sue dichiarazioni si sovrappongono, nel loro nucleo essenziale, a quelle di G..... G..... e di altri collaboratori e sono confermate dai sequestri e dalle intercettazioni. Ha inoltre riconosciuto o comunque ha saputo riferire circostanze rilevantissime molti degli imputati, in particolar modo (come e' naturale) coloro che erano in sezione con lui (V....., M....., S....., G....., Q....., M....., B.....) ed altri (N..... C....., R..... S....., V..... P..... ecc.). Alcuni mesi dopo l'ingresso di T....., anche G..... G..... veniva allocato nella ..... Sezione del Reparto ..... (dal 4 giugno 2018 al 1° novembre 2018, stanza ..... con P..... M.....). Secondo il racconto del G..... (cfr. verbali di interrogatorio del 23 novembre 2018 e del 10 gennaio 2019), V..... J..... raccoglieva gli ordinativi dei detenuti e comunicava le quantita' all'agente di polizia corrotto; questi concordava con M..... i tempi e le modalita'; M..... incaricava la compagna di contattare i familiari dei detenuti interessati affinche' preparassero pacchettini con droga e cellulari; con gli stessi la donna fissava appuntamento davanti al carcere e si faceva dare 400,00 euro per ogni pacchettino; la donna incontrava poi l'agente penitenziario per consegnare i pacchetti e gli dava la somma di 200 euro a pacchetto (in una occasione G..... aveva assistito a una discussione tra M..... e l'agente che lamentava di aver ricevuto solo 800 euro invece di 1000 euro per cinque pacchi); l'agente li consegnava al V..... che poi li passava al M..... per la distribuzione; droga e cellulari erano custoditi dai detenuti in particolari nascondigli e poi gli stessi detenuti procedevano al taglio che talvolta avveniva anche nella cella del G..... mentre lui faceva da palo; tramite i lavoranti e gli addetti alla cucina il fumo era distribuito alle altre sezioni. G..... ha riferito di episodi ai quali aveva personalmente assistito e, quindi, sebbene avesse inizialmente appreso dei traffici di droga parlando con M..... P..... detto o G....., e con i principali organizzatori - M....., S..... e V..... -, poi ne era divenuto egli stesso partecipe assistendo agli scambi di droga, alle discussioni con l'agente penitenziario corrotto, alle operazioni di occultamento e al taglio (precisava che la droga era nascosta dentro un buco della parete della Barberia della ..... sezione, o nel freezer della cucina). Dopo la scarcerazione di V..... e S....., il sistema era stato gestito dal M...... La droga e i telefoni erano forniti anche i detenuti delle altre sezioni attraverso i detenuti lavoranti (S..... detto C..... li portava in cucina dove si incontrava con i lavoranti delle altre sezioni del reparto, a cui gli oggetti erano consegnati per essere recapitati al destinatario, secondo le indicazioni ricevute dagli organizzatori). Per le sezioni dispari la droga era consegnata al lavorante P..... (poi identificato in P..... P.....), che la consegnava in cambio di regali. Per quelle pari si ricorreva anche al sistema del paniere calato dalla finestra delle celle (a volte anche dalla sua). Tra i detenuti della ..... Sezione cui era consegnata la droga ricordava A..... A....., cui venne consegnata una palla di fumo al prezzo di 600 euro, e L..... di S...... Insomma, anche G..... risulta assolutamente attendibile, avendo reso dichiarazioni precise e dettagliate su fatti che di cui egli e' stato protagonista in prima persona e di cui si autoaccusato. Le sue dichiarazioni si sovrappongono, nel loro nucleo essenziale, a quelle di T..... E..... e di altri collaboratori e sono confermate dai sequestri e dalle intercettazioni. Infine egli ha riconosciuto in foto gran parte degli imputati. Il collaboratore N..... C..... ha riferito sui fatti di spaccio avvenuti nella ..... Sezione, ove e' stato allocato dopo due mesi dal suo arresto, avvenuto nel giugno 2014 fino al marzo 2017. Quindi egli ha avuto approfondita contezza di cio' che avveniva, essendo stato recluso in quella sezione per un arco temporale di quasi tre anni. Dei tre chiamanti in correita', egli e' stato il primo ad accedere al reparto ...... Le sue dichiarazioni sono riportate nei verbali di interrogatorio del 1° ottobre 2019 e del 12 giugno 2020, cui si rinvia per i dettagli. In questa sede e' sufficiente ricordare quanto riferito dal N..... sull'esistenza, gia' al momento del suo ingresso nella sezione, di un sistema per fare entrare oggetti proibiti tramite un accordo tra C..... D'A....., spesino della sezione, ed una guardia addetta al controllo della spesa, O..... D..... S....., che riceveva 500 euro, oltre che sul suo personale coinvolgimento in tale traffico di orologi insieme allo spesino E..... F....., subentrato al D'A...... Dal traffico di orologi, alla fine del 2015, grazie all'amicizia di A..... N..... detto N....., con un «appuntato della sezione, di nome L.....» e con l'arrivo in sezione di C..... C....., nipote di E....., si passo' al traffico di stupefacenti, con lo stesso sistema gia' sperimentato per gli orologi e gli altri oggetti proibiti: la sostanza stupefacente (panetti di hashish da 250 grammi, gia' suddivisi in dosi) veniva acquistata da un familiare di A..... N....., occultata in confezioni di bagnoschiuma Vidal dello stesso tipo di quello acquistato allo spaccio del carcere, e consegnata all'appuntato L..... che la faceva entrare in carcere nascondendola nella divisa; la droga veniva custodita nella cella dei detenuti piu' anziani, e quindi meno soggetti a perquisizioni, ed era poi distribuita tra gli altri detenuti. La guardia penitenziaria riceveva regali di 500-1000 euro per il tramite di C..... C...... Dopo un periodo di assenza, l'appuntato era rientrato in servizio e aveva cominciato a ricevere da F..... F..... (in realta' S..... F....., individuato correttamente in foto) 300 euro al mese «come vera e propria mesata». Quando, nel marzo 2017, N..... aveva deciso di collaborare, il traffico di stupefacenti era ancora in corso. Ha poi riferito che nel carcere era possibile ottenere, corrompendo agenti penitenziari (e' il caso di D..... S..... O..... e dell'ispettore G..... F..... e F..... M.....), cambi celle o addirittura di reparto (come avvenuto per U..... A....., esponente apicale del clan V..... G....., spostato dall'isolamento alla ..... sezione dietro il pagamento di 4000 euro) o trattamenti di favore (come per l'imprenditore A..... F....., al quale l'ispettore G..... consegnava cibo non consentito e «soprattutto lo faceva incontrare con imprenditori ed altre persone non autorizzati ai colloqui»). E' importante evidenziare che nel corso dell'interrogatorio del 12 giugno 2020 N..... C..... ha effettuato la individuazione dei detenuti che erano con lui alla ...... Anche N....., come T..... e G....., e' stato ritenuto pienamente attendibile in quanto si e' autoaccusato, ha offerto un contributo dettagliato e preciso e confermato dal narrato degli altri collaboratori, oltre che dai sequestri effettuati. Peraltro, al pari degli altri collaboratori sentiti nel procedimento principale, si tratta di soggetti intranei a sodalizi camorristici: ha avuto una lunga militanza dapprima nel clan B..... e dal 2014 del clan P...../L....., occupandosi di droga ed estorsioni (lo conferma il suo certificato penale); N..... ha avuto un ruolo apicale nel clan A..... V..... operante in ..... e, in virtu' di tale posizione verticistica, ha potuto riferire di fatti gravissimi, anche di omicidi (egli, non a caso, risulta condannato per omicidi consumati e tentati in ambito camorristico); T..... ha fatto parte del clan di A..... G..... operante nella zona di ....., per il quale si e' occupato soprattutto di traffico di stupefacenti (come del resto dimostra anche il suo certificato penale). Cosi' per gli altri collaboratori: A..... e' considerato uno dei capi della cd. P..... M....., P..... C..... e il figlio, P..... F....., hanno fatto parte, con ruoli di primo piano, del clan dei M.....; R..... ha fatto parte del clan L..... (dal 2008) e del clan M..... (dal 2012); S..... ha rivestito un ruolo di spicco nel clan S...../D..... L..... B...../M..... operante a ....., alleato al clan R..... e, in tale veste, ha potuto riferire episodi gravissimi, quali quelli riguardanti gli attentati nella guerra contro il clan M....., e descrivere la organizzazione delle attivita' illecite sul territorio controllato dal clan. Essi hanno riferito in merito a reati di assoluta gravita' e, piu' in generale, alle attivita' illecite poste in essere dalle organizzazioni criminali di rispettiva appartenenza, vedendo, in alcuni casi, riconosciuta in sentenza l'attenuante della collaborazione di cui all'art. 416-bis.1, comma 3, c.p. (gia' art. 8 legge n. 203/1991) (e' il caso, tra i tre chiamanti in correita' in esame, di G..... G.....; ma cio' vale anche per P..... M....., P..... C....., P..... F....., R..... S..... e S..... T..... a conferma della loro credibilita'). Il loro indiscusso spessore criminale ha consentito agli stessi di inserirsi nelle dinamiche dello spaccio in carcere e, comunque, di venirne a conoscenza, come del resto risulta dalla quantita' e dalla qualita' delle informazioni rese nei verbali illustrativi. Non si vede, quindi, la ragione per la quale avrebbero dovuto raccontare il falso in relazione ai fatti di spaccio in esame, mettendo a rischio il programma di protezione. Ancora, ad ulteriore conferma della loro credibilita' soggettiva, G....., T..... N..... (e poi anche D'A....., che, occorre ribadirlo, non e' tecnicamente un collaboratore di giustizia) hanno ammesso il loro coinvolgimento nei fatti di spaccio e di corruzione che avvenivano nel carcere di riferendo di essere stati tra i principali protagonisti. R..... pur negando di aver partecipato al traffico di stupefacenti, ha ammesso di essersi attivato per acquistare un cellulare in carcere e, per tale motivo, e' credibile quanto alla ricostruzione del sistema di corruzione. Tutti sono stati detenuti, ovviamente, al carcere di ..... nel periodo in contestazione (si veda lo specchietto sopra riportato). Peraltro la positiva valutazione della loro credibilita' soggettiva discende anche dal dato numerico: il nucleo essenziale relativo alla esistenza di una organizzazione capace di far entrare droga all'interno del carcere di ..... e di gestirne alcune attivita' fondamentali, come l'allocazione dei detenuti nelle celle e nei reparti, attraverso la corruzione di agenti penitenziari, i quali erano sostanzialmente «a libro paga» dei clan, viene riferito sostanzialmente da ben dieci collaboratori diversi. Non puo' quindi ipotizzarsi alcun accordo diretto a «calunniare» qualcuno. Positiva anche la valutazione della attendibilita' intrinseca delle loro dichiarazioni, che, al netto di alcune naturali lacune o imprecisioni dovute al tempo trascorso (la cui assenza, invero, avrebbe fatto dubitare della spontaneita' e genuinita' del narrato), sono apparse sostanzialmente precise e, nel loro nucleo essenziale, sovrapponibili tra loro. In particolare, quelle rese da T..... e G..... hanno, come piu' volte detto, disvelato nei dettagli il sistema messo in atto alla ..... Sezione per ordinare, far entrare, lavorare e distribuire lo stupefacente nel carcere. N..... ha raccontato con precisione quello che accadeva alla ..... Sezione, ivi compresi anche i trattamenti di favore riservati ad alcuni detenuti dietro compenso agli agenti penitenziari. E' innegabile che anche a costoro, come ad altri collaboratori, sia capitato di incorrere in imprecisioni nel ricordo di nomi o nel riconoscimento in foto. E' quello che e' successo a G....., che, pur avendo riconosciuto il M....., lo chiama M....., o a T..... con P..... M....., da lui chiamato P...... Tuttavia, cio' e' apparso naturale in ragione del fatto che, negli ambienti criminali, ci si conosce soprattutto o addirittura esclusivamente con soprannomi, ragion per cui e' a questi che occorre fare riferimento, quasi piu' che ai nomi. E i soprannomi sono stati da loro indicati con precisione (G..... per M..... e o' g..... per P.....). E' capitato, inoltre, che i riconoscimenti fossero non semplici in ragione delle mutate fattezze fisiche dei soggetti ritratti. Peraltro le loro dichiarazioni hanno trovato plurimi riscontri nei sequestri di droga e cellulari avvenuti in carcere, nelle conversazioni intercettate tra la D..... F..... e M....., negli accertamenti effettuati dalla PG in ordine, ad esempio, ai periodi di detenzione o alle celle ove venivano indicati i chiamati in correita', nella vicenda che aveva gia' coinvolto un altro agente penitenziario di O..... D..... S....., arrestato e condannato perche' «a disposizione» dei detenuti. Da ultimo, le dichiarazioni dei chiamanti in correita' hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni degli altri collaboratori. In definitiva, nel rinviare per i dettagli circa la valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori alla lettura della sentenza emessa nel procedimento principale in data 10 novembre 2022, preme in questa sede rimarcare l'assoluta credibilita' riconosciuta ai collaboratori G..... G....., T..... E..... e N..... C....., le cui dichiarazioni (unitamente a quelle rese in fase di indagini dagli altri collaboratori (4) ) hanno consentito non solo di porre fine al fenomeno in esame merce' l'emissione di una corposa ordinanza applicativa di misure cautelari (la piu' volte richiamata o.c.c. 86/2022 ma anche di pervenire a una sentenza di condanna per ben ventiquattro dei ventotto coimputati che hanno scelto il rito abbreviato. Vi e' poi D'A..... E....., detto G....., esponente di spicco della criminalita' organizzata ....., il quale, dopo la notifica dell' o.c.c. n. 86/2022, ha deciso di rendere dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie in data 20 aprile 2022. Pur non rivestendo la qualifica formale di collaboratore, le sue dichiarazioni (per le quali si rinvia al relativo verbale di interrogatorio, onde evitare di tediare il lettore) hanno non solo confermato quanto gia' emerso dalle propalazioni dei collaboratori ma hanno anche consentito di superare alcune lacune che avevano imposto al giudice per le indagini preliminari e al Tribunale del Riesame di escludere il presidio cautelare nei confronti di alcuni degli odierni imputati. In particolare, il giudice per le indagini preliminari rigettava, per quel che qui interessa, la richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti di A..... G....., C..... E....., C..... C....., P..... P...... Il Tribunale del riesame, se da un lato confermava, per la gran parte degli allora indagati, le misure applicate, dall'altro annullava l'ordinanza genetica anche nei confronti di C..... F....., N..... A....., N..... P....., R..... R..... e T..... G...... Ebbene, e' sufficiente evidenziare in questa sede come le dichiarazioni del D'A..... hanno consentito allo scrivente di pervenire a condanna (anche) per gli imputati A..... G....., C..... E....., C..... C....., P..... P..... e N..... A....., integrando il narrato dei collaboratori e superando le lacune evidenziate in fase cautelare. Alla luce delle superiori considerazioni non vi e' dubbio che debba essere concessa a G.....T..... N....., e D'A..... l'attenuate di cui all'art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. (5) Le loro dichiarazioni sono, peraltro, le piu' complete e precise in quanto essi sono stati tra i principali protagonisti dei fatti di spaccio (G..... e T..... alla ..... Sezione; N..... alla ..... Sezione; D'A..... faceva lo spesino e ha raccontato quello che sapeva in relazione a tutte le Sezioni del Reparto .....). Lo stesso pubblico ministero ha chiesto di applicare la diminuente della dissociazione, chiedendo pene di gran lunga piu' contenute per loro. Ad essi, al pari degli altri imputati, vanno concesse, inoltre, le attenuanti generiche, per adeguare la pena al fatto, come sopra ampiamente visto. Questo il quadro delle attenuanti. Quanto alle aggravanti, va considerato che si tratta di soggetti gravati da pesantissime recidive reiterate (segnatamente la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale per D'A..... E....., G..... G..... e T..... E..... e la recidiva reiterata e infraquinquennale per N..... C.....), risultando, dai certificati penali aggiornati in atti, condannati per reati gravissimi (omicidi, estorsioni, spaccio di stupefacenti, associazione mafiosa e altri). Nello specifico, solo per considerare i reati di maggior allarme sociale e premesso che tutti e quattro hanno iniziato a delinquere fin da giovani: D'A..... annovera vari precedenti gravissimi, tra i quali una condanna per rapina (commessa nel 2005, irrevocabile nel 2006), una condanna per detenzione e vendita di stupefacenti (commesso nel 2007, irrevocabile nel 2010), una evasione (commessa il 20 marzo 2009, irrevocabile nel 2010), una estorsione aggravata (commessa «in epoca anteriore e prossima al 9 luglio 2015», irrevocabile nel 2019), una condanna recente per un duplice omicidio continuato ed estorsione, aggravati dall'art. 7 (commessi rispettivamente il 10 febbraio 2016 e il 17 dicembre 2015, reati per i quali e' stato condannato alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno per anni due), una condanna per vendita di stupefacenti continuata in concorso (accertato da «meta' 2015 a inizio febbraio 2016») e, infine, una condanna (irrevocabile nel 2022) per il reato di cui all'art. 74, «accertato fino al 2015» (si veda il certificato penale aggiornato al 2022); T..... ha anch'egli una storia criminale lunghissima, essendo stato condannato piu' volte per detenzione e cessione di stupefacenti (la prima volta, per un fatto commesso quando aveva solo 19 anni; in tutto ben quattro condanne, di cui l'ultima passata in giudicato nel 2013, quindi prima dei fatti in esame) e due volte per tentata estorsione aggravata dall'art. 7, per fatti rispettivamente commessi nel 2001 e nel dicembre 2017 (quest'ultimo con sentenza passata in giudicato il 29 maggio 2021); G..... ha precedenti in materia di armi, incendio e violenza privata (fatti del 10 settembre 2008, sentenza irrevocabile il 28 giugno 2011), rapina aggravata e lesioni personali (commesso il 26 maggio 2012, irrevocabile il 7 aprile 2016), di turbata liberta' degli incanti (commesso nel 2012 e irrevocabile il 20 luglio 2016) ed e' stato condannato per il reato di cui all'art. 74, aggravato dall'art. 7, per fatti commessi tra ottobre 2014 e maggio 2015, con sentenza divenuta irrevocabile il 27 febbraio 2021; infine ha una condanna per altri fatti di spaccio accertati tra il 2012 e il 2013 (irrevocabile il 29 gennaio 2022); N..... C..... i annovera plurimi precedenti per rapina aggravata (commesse tra il 2004 e il 2006), una condanna per associazione mafiosa, omicidio continuato, estorsione aggravati dall'art. 7 e altro passata in giudicato nel 2017 (fatti commessi a partire dal 2013 con condotta permanente) e una ulteriore condanna per tentato omicidio aggravato dall'art. 416-bis 1 c.p. (accertato il 10 giugno 2014) passata in giudicato nel 2021. Come emerge con nettezza, anche costoro, cosi' come i coimputati gia' giudicati, sono soggetti dall'elevatissimo spessore criminale, esponenti di primo piano di sodalizi mafiosi che, in anni di militanza, hanno commesso i piu' efferati delitti, venendo raggiunti da sentenze di condanna fino all'attualita'. Anzi, a ben vedere, sotto il profilo dei precedenti, se si raffrontano ai certificati penali degli altri coimputati, le posizioni dei quattro imputati stralciati qui in esame appaiono tra le piu' gravate. E' poi importante sottolineare che, avendo iniziato a commettere reati fin da giovani, quando essi hanno posto in essere il reato associativo di cui al capo 1 erano gia' stati raggiunti da varie sentenze di condanna, alcune delle quali passate in giudicato in epoca vicina temporalmente alla vicenda in esame. Inoltre, avevano gia' posto in essere molti altri reati, tanto vero che l'irrevocabilita' delle relative sentenze e' arrivata nel corso o successivamente ai fatti di Secondigliano. Nessuna di queste condanne li ha fermati. Neppure la detenzione in regime di alta sicurezza: entrati in carcere, si sono subito cimentati in un altro reato di elevatissimo allarme sociale, compreso nella speciale lista di cui all'art. 407, comma 2, c.p.p., cosi' dimostrandosi del tutto insensibili ai plurimi richiami alla legalita' contenuti nelle sentenze di condanna subite, totalmente disinteressati al percorso rieducativo rappresentato dalla detenzione ed anzi intenzionati a trasformare la permanenza in carcere in una nuova occasione per delinquere e far soldi illecitamente. Non vi e' dubbio, quindi, che i gravi fatti di spaccio e di corruzione da loro commessi nel carcere di ....., peraltro con ruoli organizzativi (a G....., T..... e N..... e' contestato il ruolo di capo/organizzatore; a D'A..... quello di partecipe ma con la funzione di spesino, che gli consentiva una maggiore liberta' di movimento nell'ambito del sistema di smercio dello stupefacente), erano il portato di anni di devianza e di una tendenza a delinquere davvero incontenibile. (6) Pertanto, essendo, per quanto detto, le loro condotte connotate da maggiore colpevolezza, sussistono e vanno applicate le recidive contestate, segnatamente la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale per D'A..... E....., G..... G..... e T..... E..... e la recidiva reiterata e infraquinquennale per N..... C...... Cio' in linea con il consolidato orientamento della Suprema Corte (da ultimo espresso da Cassazione Sez, Un. 42414/2021), secondo cui la recidiva e' una circostanza pertinente al reato che richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra l'autore e il fatto che deve risultare sintomatico, in riferimento alla tipologia dei reati pregressi e all'epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosita' sociale (Sez. U, n. 35738 del 27 maggio 2010, Calibe'; Sez. U, n. 20798 del 24 febbraio 2011, Indelicato). (7) Se e' vero che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 185/2015, l'applicazione della recidiva in caso di delitti (quale quello in esame) rientranti nell'elenco di cui all'art. 407, comma 2, lettera a c.p.p. non e' obbligatoria, e' anche vero che nel caso di specie, per quanto sopra detto, non si puo' non applicare la recidiva in parola. E' sufficiente riflettere, ad esempio, sul fatto - che appare insuperabile sotto il profilo dell'applicazione della recidiva che tutti e quattro avevano gia' numerose sentenze di condanna, molte per fatti analoghi o aggravati dall'art. 7. E poi il dato, invero emblematico, che D'A..... e G..... avevano gia' commesso il reato di cui all'art. 74 allorche' erano in liberta' e, raggiunti da ordine di carcerazione, non hanno esitato a ripetere la stessa condotta anche in carcere. Non molto diversamente dal pluricondannato per fatti di droga T..... e dal N....., rapinatore seriale poi condannato in ambito camorristico per omicidio continuato e altri efferati reati. Anche per loro, quindi, la recidiva non puo' certo essere esclusa, essendo evidente come la ricaduta in un delitto cosi' grave come l'associazione ex art. 74 sia chiaro sintomo di una elevatissima pericolosita' gia' attestata dai gravissimi precedenti e il fatto che essi abbiano commesso il nuovo reato in carcere indica plasticamente la loro irriducibile tendenza a delinquere. Quasi superfluo rimarcare come si tratti di soggetti tutti intranei a sodalizi camorristici e quindi dediti per scelta di vita a commettere gravissimi reati. La loro storia criminale induce, quindi, a valorizzare il loro apporto dichiarativo non gia' escludendo la recidiva (non potendosi sostenere che i fatti a loro contestati non siano connotati, come e piu' che per gli altri imputati, da maggiore riprovevolezza) bensi', piu' correttamente, sul versante dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/1990, che si intende concedere in rapporto di prevalenza su tutte le aggravanti contestate, ivi compresa la recidiva reiterata. Del resto, la recidiva attiene al fatto e alla sua relazione con l'autore e, secondo la giurisprudenza costituzionale, la sua applicazione in tanto si giustifica in quanto il nuovo delitto, commesso da chi sia gia' stato condannato per precedenti delitti non colposi, sia in concreto espressivo non solo di una maggiore pericolosita' criminale, ma anche di un maggior grado di colpevolezza, legato alla maggiore rimproverabilita' della decisione di violare la legge penale nonostante l'ammonimento individuale scaturente dalle precedenti condanne. (8) E' esattamente quello che e' avvenuto nel caso di specie, come sopra ampiamente argomentato. La dissociazione, costituendo un comportamento post-delictum, non attiene, invece, a tale profilo ma va valorizzata con la concessione dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7. Anche perche' la scelta di dissociarsi potrebbe in concreto discendere da un mero calcolo utilitaristico, come verosimilmente avviene nel caso in esame, e quindi, non essendo richiesta alcuna forma di intimo pentimento, non e' necessariamente indicativa di una minor pericolosita'. Sarebbe, quindi, improprio escludere la recidiva - che come detto indica una maggiore pericolosita' dell'agente e una piu' accentuata colpevolezza in relazione al fatto - in ragione della dissociazione post-delictum, profilo che, come detto, va valutato, piu' correttamente, ai fini della concessione dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7. (9) La valenza prevalente dell'attenuante della dissociazione consente (rectius, consentirebbe) non solo di tenere nel giusto conto l'importanza dei contributi dichiarativi ma anche di evitare un risultato incongruo in termini di pena. Si deve, invece, constatare che l'attenuante della dissociazione di cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/1990 non risulta esclusa dal bilanciamento con le circostanze aggravanti, ricadendo in pieno nel disposto di cui all'art. 69 del codice penale e quindi nel divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata di cui al comma 4. Ed invero, per la citata attenuante non e' prevista alcuna disciplina specifica che la esenti dal bilanciamento, come invece avviene per l'attenuante della dissociazione prevista dall'art. 416-bis, 1 comma, 3 c.p.p. (il vecchio art. 8, legge n. 203/1991). Quest'ultima, infatti, secondo la giurisprudenza, non e' soggetta al bilanciamento (Cass. Sez. Un. Sez. U, n. 10713 del 25 febbraio 2010; da ultimo Cassazione n. 8740 del 1° dicembre 2016; Cassazione n. 31983 del 13 aprile 2017, secondo cui qualora sia riconosciuta la circostanza attenuante ad effetto speciale della cosiddetta «dissociazione attuosa», prevista dall'art. 8, decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attivita' amministrativa) e ricorrano altre circostanze attenuanti in concorso con circostanze aggravanti, soggette al giudizio di comparazione, va dapprima determinata la pena effettuando tale giudizio e successivamente, sul risultato che ne consegue, va applicata l'attenuante ad effetto speciale). Inoltre, la Corte ha evidenziato che quello previsto dall'art. 8, decreto-legge n. 152 cit. e' un regime derogatorio della disciplina ordinaria in tema di bilanciamento delle circostanze e come tale e' da considerarsi di stretta interpretazione. (10) Ne deriva che il particolare regime previsto per l'art. 8 (ora art. 416-bis 1, comma 3, c.p.) non e' estensibile all'attenuante di cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/90. (11) Quindi, diversamente dalla dissociazione «mafiosa», quella di cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/1990 soggiace al bilanciamento di cui all'art. 69, comma 4, c.p. e - ed e' qui il fulcro del dubbio di legittimita' costituzionale - al divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata. E cio' nonostante la prima preveda una diminuzione «fino alla meta'» mentre la seconda prevede una diminuzione «dalla meta' a due terzi», il che evidentemente sottende l'ancora maggiore interesse del legislatore a favorire la dissociazione dall'associazione di cui all'art. 74 in quanto reato avente ad oggetto il bene rilevantissimo della salute pubblica. Tornando al caso di specie, la diretta conseguenza di quanto sopra evidenziato e', ad avviso dello scrivente, inaccettabile: siccome l'attenuante di cui all'art. 74, comma 7, non puo' prevalere sulle recidive dei quattro imputati in questione, il suo effetto sulla pena e' di fatto nullo. Ed infatti, dovendosi concedere le attenuanti generiche come per tutti gli altri imputati, le stesse avrebbero gia' valenza equivalente alle contestate aggravanti, compresa la recidiva, sicche' ove pure le predette attenuanti fossero affiancate da quella della dissociazione, nulla cambierebbe in termini di pena finale in ragione del divieto di prevalenza qui contestato. (12) Il risultato finale sarebbe che i quattro «collaboratori» avrebbero pene corrispondenti a quelle dei coimputati da loro accusati, il che chiaramente si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita' oltre che con la finalita' rieducativa della pena. Si pensi a G......, T...... e N......, che avevano il ruolo di capo: partendo dalla pena minima di anni venti di reclusione (come si e' gia' fatto per gli altri «capi»), ritenute le attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art. 74, comma 7, d.p.r. n. 309/1990 equivalenti alla recidiva reiterata a loro rispettivamente contestata e alle altre aggravanti (quella di cui all'art. 74, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quella di cui all'art. 61, n. 9, c.p.), applicata la diminuente per il rito, si arriverebbe alla pena di anni 13 e mesi 4 di reclusione, vale a dire alla stessa pena applicata agli altri coimputati cui e' contestato il ruolo di capo. Ma a T...... e N...... sono contestati anche i' reati di cui ai capi 2 e 3 (da loro confessati) che, per effetto della continuazione, addirittura ne aggraverebbero ulteriormente le pene. In altri termini, costoro avrebbero pene analoghe a coimputati di primo piano come N...... A......, A...... A......, P...... M...... e S...... S...... (tutti condannati, per il solo reato associativo, a tredici anni e quattro mesi) o V...... A...... j...... e M...... A...... (condannati, per il reato associativo e per il reato di corruzione di cui al capo 2, a quattordici anni di reclusione), da loro accusati e fatti condannare. Cosi' anche per il D'A......, cui e' contestato il ruolo di partecipe e che deve rispondere, per sua stessa ammissione, anche del reato di cui al capo 5. Partendo, anche qui, dalla pena minima di anni dieci di reclusione prevista dal comma 2 dell'art. 74, ove si ritenesse l'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 unitamente alle attenuanti generiche, a tutti concesse, equivalenti alla recidiva reiterata a lui contestata e alle altre aggravanti (quella di cui all'art. 74, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quella di cui all'art. 61, n. 9 c.p.), applicata la diminuente per il rito, si arriverebbe alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione, vale a dire alla stessa pena applicata ad altri coimputati con il ruolo di partecipe come C...... E...... e C...... C...... (soggetti che egli stesso ha contribuito in maniera decisiva a far condannare, superando le lacune evidenziate dai giudici della cautela) o E......, M......, M......, O......, Q...... e V...... Anzi, dovendosi, come detto, applicare al D'A......, anche un aumento per il capo 5 (valutabile, onde non anticipare del tutto la decisione, in alcuni mesi di reclusione trattandosi di reato da lui stesso ammesso), la sua pena finirebbe per essere addirittura superiore a quella di costoro. E cio' avverrebbe, a ben vedere, in totale spregio del suo apporto dichiarativo; anzi addirittura «a causa» di esso, atteso che il reato di cui al capo 5 (di cui risponde solo il D'A......) altro non e' che conseguenza delle sue dichiarazioni autoaccusatorie (tanto vero che non era contestato in fase cautelare). In altri termini, la posizione del D'A...... appare paradigmatica della irragionevolezza del sistema: gli viene applicata la custodia cautelare per il reato di associazione ex art. 74; poi decide di rivelare importanti dettagli circa il traffico di droga in carcere e confessa anche il reato di corruzione di cui al capo 5; poi va a giudizio e la pena finale, anziche' ridursi in virtu' della sua proficua dissociazione (stante il divieto di prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 sulla sua recidiva reiterata), ne risulta ampliata rispetto alle contestazioni cautelari, giacche' egli dovra' subire anche l'aumento per la continuazione col capo 5 (che da quella scelta dissociativa deriva). Il risultato finale e' che, se egli non si fosse dissociato e autoaccusato, avrebbe risposto del solo reato di cui all'art. 74 e, nel quadro sopra descritto (cioe' avendo, come gli altri coimputati, le attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con le contestate aggravanti, tra cui anche la recidiva), avrebbe avuto una pena piu' lieve (pena base anni dieci, ridotta di un terzo ad anni sei e mesi otto) di quella che si prospetta in ragione (e, ripetesi, a causa) della sua collaborazione, dovendosi a tale pena applicare anche l'aumento per la continuazione. Siamo, ad avviso dello scrivente, di fronte a un paradosso. Ad analoghe conclusioni circa la sostanziale non convenienza della collaborazione si perviene - mutatis mutandis - per T......, G...... e N......), sempre a cagione del rigido automatismo sotteso al divieto di prevalenza in esame. In questo quadro, avendo i propalanti in esame reso dichiarazioni amplissime, precise e sovrapponibili, reputa lo scrivente che tale fondamentale contributo debba essere valorizzato con la concessione dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 in rapporto di prevalenza su tutte le aggravanti, compresa la recidiva reiterata a loro contestata. Come detto, in assenza di una declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7, sulla recidiva reiterata, i quattro imputati in questione subirebbero un trattamento sanzionatorio pari o addirittura peggiore rispetto ai coimputati che essi hanno contribuito in maniera decisiva a far arrestare e a far condannare. E' evidente che si tratta di un risultato inaccettabile che ha reso necessario lo stralcio e la remissione della presente questione di legittimita' costituzionale. Del resto, non e' ravvisabile una strada alternativa in termini interpretativi: si e' visto che non e' possibile ricondurre l'associazione in questione alla fattispecie lieve di cui all'art. 74, comma 6; non e' possibile escludere le recidive; non risulta applicabile, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, il regime previsto per l'attenuante di cui all'art. 8, legge n. 201/1993, qualificata come norma di stretta interpretazione; ne' vi e' un regime speciale (da applicare eventualmente in via analogica) per l'analoga norma di cui all'art. 73, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in relazione alla quale, infatti, e' gia' intervenuta declaratoria di incostituzionalita' del divieto di prevalenza, come ampiamente si dira' nel prosieguo. 2. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Lo scrivente reputa che la questione qui posta sia non solo rilevante ma anche non manifestamente infondata. La norma censurata (art. 69, comma 4 del codice penale) appare, anzitutto, in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, giacche', come plasticamente dimostrato da quanto si e' illustrato sopra, l'astratto e assoluto automatismo insito nel divieto di prevalenza dell'attenuante della collaborazione ex art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 rispetto alla recidiva reiterata produce risultati che appaiono disarmonici rispetto alla ratio della norma stessa. Ed invero, non occorre spendere molte parole per rimarcare l'assoluta gravita' del reato di cui all'art. 74, reato che investe il bene supremo della salute pubblica e il cui disvalore e' testimoniato dalle pene previste (per i capi, non meno di venti anni di reclusione; per i partecipi, non meno di dieci anni di reclusione) e dalla sua inclusione nelle speciali «liste» di cui agli art. 407, comma 2, lettera a del codice di procedura penale e 51 comma 3-bis del codice di procedura penale. Ebbene, la ratio dell'attenuante di cui al comma 7 e' all'evidenza quella di favorire il piu' possibile la dissociazione da un contesto associativo di simile pericolosita'. Tanto vero che, come detto, e' previsto un fortissimo «sconto» di pena (dalla meta' a due terzi) come «ricompensa» per chi, allontanandosi dal sodalizio e mettendo, spesso, anche a rischio l'incolumita' propria e dei familiari, «si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti». La logica e' quella del «ponte d'oro» mutuata da altre analoghe previsioni, come ad esempio la dissociazione in materia di terrorismo, e trasfusa anche nell'ambito dei reati di matrice mafiosa. Il beneficio costituisce un importante tassello nella lotta al narcotraffico e si giustifica, nel caso concreto, in considerazione dell'impellente necessita' di por fine all'attivita' dell'associazione. Come accade per altre ipotesi di dissociazione, l'attenuante in esame costituisce uno strumento per tentare di scardinare quel patto di collaborazione e di omerta', spesso impenetrabile, che e' alla base delle organizzazioni criminali, anche di quelle finalizzate allo spaccio di stupefacenti. Ebbene, in questo quadro, non si puo' non considerare che e' piu' che verosimile che i soggetti che hanno uno spessore criminale che gli consente di far parte, magari addirittura in qualita' di capi o promotori, di un'associazione dedita allo spaccio di stupefacenti siano anche recidivi reiterati. Il caso in esame ne e' un plastico esempio: come detto T......, D'A...... e G......) hanno vari precedenti per reati in materia di stupefacenti; G...... e D'A...... risultano addirittura gia' condannati in via definitiva per il reato di cui all'art. 74; N......, oltre a varie rapine aggravate, ha riportato condanne per il reato di associazione camorristica e per omicidio continuato e altri reati connessi. Tutti sono stati condannati per numerosi altri gravissimi reati. Sono tutti esponenti di primo piano di sodalizi camorristici. La loro propensione a delinquere e' stata tale da manifestarsi anche in carcere e ha consentito loro di inserirsi immediatamente nel traffico di droga durante la detenzione. Analoghe considerazioni per quasi tutti gli altri coimputati gia' giudicati dallo scrivente. E' assolutamente pacifico che, proprio in forza di una esperienza criminale di rilievo, si riesca a organizzare, a dirigere e a essere riconosciuti come capi di un'associazione ex art. 74. A fronte di cio', l'art, 69, comma 4, c.p, non consente di ritenere prevalente l'attenuante della dissociazione proprio per i recidivi reiterati. Ma se l'attenuante in questione non puo' spiegare tutta la sua valenza per i recidivi reiterati, essa perde gran parte della sua ragion d'essere, dal momento che tali soggetti non avrebbero alcun beneficio a dissociarsi, vedendo al massimo eliso l'aumento per la recidiva, sempre che cio' non avvenga gia' per effetto di altre attenuati. Anche su questo punto, il caso in esame risulta emblematico: la concessione delle attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con la recidiva reiterata e le altre aggravanti rende di fatto nullo l'effetto premiale della dissociazione, con il risultato, sopra stigmatizzato, che il collaboratore si troverebbe a subire una pena identica (o addirittura piu' grave) del coimputato che egli ha chiamato in correita' e che neppure ha ammesso gli addebiti. Di fatto si arriverebbe alla totale neutralizzazione della valenza positiva del contributo dichiarativo e a un sostanziale «tradimento» del patto che lo Stato intende instaurare con chi si dissocia onde pervenire alla disarticolazione del sodalizio. A posteriori, insomma, i propalanti non avrebbero alcun beneficio e, quindi, non sarebbe da biasimare in futuro chi, in contesti analoghi, non seguisse la medesima scelta collaborativa. Anzi, a ben vedere, il sistema attuale - equiparando, sotto il profilo della «capacita'» espansiva rispetto alla recidiva reiterata, circostanze del tutto diverse sia sotto il profilo della ratio che in termini di ampiezza del beneficio come, per restare al caso in esame, le attenuanti generiche e la dissociazione ex art. 74, comma 7 - spinge il recidivo reiterato non gia' a dissociarsi ma a tentare di ottenere semplicemente le attenuanti generiche, magari limitandosi a confermare il suo coinvolgimento nel sodalizio a fronte di emergenze che gia' andavano in tal senso. In tal modo, con uno «sforzo» dichiarativo davvero ridotto, egli potrebbe sperare nella concessione delle attenuanti generiche in rapporto di equivalenza con la recidiva reiterata e, di fatto, ottenere lo stesso risultato che avrebbe facendo la scelta - ben piu' rischiosa - di dissociarsi. Vi e' da sottolineare che la Corte costituzionale ha gia' avuto modo di affermare la irragionevolezza del divieto di prevalenza in relazione a un'altra simile fattispecie di dissociazione, vale a dire quella prevista dall'art. 73, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (cfr. sentenza 24 febbraio - 7 aprile 2016, n. 74). Le due previsioni sono simili sotto il profilo letterale, prevedono lo stesso beneficio in termini di pena (dalla meta' a due terzi) e mirano entrambe a contrastare il dilagante fenomeno del narcotraffico, l'una in relazione ai singoli fatti di spaccio, l'altra con riguardo al reato associativo. Nel dichiarare contrario all'art. 3 della Costituzione il divieto di prevalenza previsto dall'art. 69, comma 4 del codice di procedura penale dell'attenuante della dissociazione prevista dall'art. 73, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sulla recidiva reiterata, la Corte ha affermato che «l'attuale formulazione dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., costituisce il punto di arrivo di un'evoluzione legislativa dei criteri di bilanciamento iniziata con l'art. 6 del decreto-legge 11 aprile 1974, n. 99 (Provvedimenti urgenti sulla giustizia penale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 giugno 1974, n. 220, che ha esteso il giudizio di comparazione alle circostanze autonome o indipendenti e a quelle inerenti alla persona del colpevole. «L'effetto e' stato quello di consentire il riequilibrio di alcuni eccessi di penalizzazione, ma anche quello di rendere modificabili, attraverso il giudizio di comparazione, le cornici edittali di alcune ipotesi circostanziali, di aggravamento o di attenuazione, sostanzialmente diverse dai reati base; ipotesi che solitamente vengono individuate dal legislatore attraverso la previsione di pene di specie diversa o di pene della stessa specie, ma con limiti edittali indipendenti da quelli stabiliti per il reato base» (sentenza n. 251 del 2012; in seguito, sentenze n. 106 e n. 105 del 2014). Rispetto a questo tipo di circostanze «il criterio generalizzato, introdotto con la modificazione dell'art. 69, quarto comma, cod pen., ha mostrato delle incongruenze, inducendo il legislatore a intervenire con regole derogatorie, come e' avvenuto con l'aggravante della "finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico" (art. 1, decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, recante "Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica", convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15), e, in seguito, con varie altre disposizioni, generalmente adottate per impedire il bilanciamento della circostanza c.d. privilegiata, di regola un'aggravante, o per limitarlo, in modo da escludere la soccombenza di tale circostanza nella comparazione con le attenuanti; ed e' appunto questo il risultato che si e' voluto perseguire con la norma impugnata» (sentenza n. 251 del 2012; in seguito, sentenze n. 106 e n. 105 del 2014). Si tratta di deroghe rientranti nell'ambito delle scelte riservate al legislatore, che la Corte ha ritenuto sindacabili «soltanto ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio» (sentenza n. 68 del 2012), ed e' sotto questo aspetto che va considerata la questione in esame". Ed infatti, sulla base di tali coordinate ermeneutiche la Corte costituzionale, con la citata sentenza 24 febbraio - 7 aprile 2016, n. 74, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del divieto di prevalenza in relazione alla circostanza attenuante della dissociazione prevista dall'art. 73, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, circostanza del tutto analoga a quella prevista, del pari in tema di stupefacenti, dall'art. 74, comma 7. Il giudice delle leggi ha chiarito come l'attenuante della dissociazione «e' espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale, volta a incentivare, mediante una sensibile diminuzione di pena, il ravvedimento post-delittuoso del reo, rispondendo, sia all'esigenza di tutela del bene giuridico, sia a quella di prevenzione e repressione dei reati in materia di stupefacenti. Quando nei confronti dell'imputato viene riconosciuta la recidiva reiterata pero' la norma censurata impedisce alla disposizione premiale di produrre pienamente i suoi effetti e cosi' ne frustra in modo manifestamente irragionevole la ratio, perche' fa venire meno quell'incentivo sul quale lo stesso legislatore aveva fatto affidamento per stimolare l'attivita' collaborativa. Va inoltre considerato che tra i criteri da cui in genere puo' desumersi la capacita' a delinquere del reo, e dei quali il giudice deve tener conto, oltre che nella determinazione della pena, anche nella comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti, vi e' la condotta del reo contemporanea o susseguente al reato (art. 133, secondo comma, numero 2, cod, pen.), la cui rilevanza nel caso in oggetto verrebbe totalmente disconosciuta dalla norma impugnata. E' anche sotto questo aspetto che la scelta normativa di escludere, nell'ipotesi prevista dall'art. 99, quarto comma, codice penale, il potere del giudice di diminuire la pena «per chi [dopo aver commesso un reato in materia di sostanze stupefacenti] si adopera per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori» si pone in manifesto contrasto con il principio di ragionevolezza. Si attribuisce, infatti, una rilevanza insuperabile alla precedente attivita' delittuosa del reo - quale sintomo della sua maggiore capacita' a delinquere - rispetto alla condotta di collaborazione successiva alla commissione del reato, benche' quest'ultima possa essere in concreto ugualmente, o addirittura prevalentemente, indicativa dell'attuale capacita' criminale del reo e della sua complessiva personalita'. E' vero che l'attenuante di cui all'art. 73, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 non richiede la spontaneita' della condotta collaborativa e non comporta necessariamente una resipiscenza, perche' puo' essere il frutto di un mero calcolo, ma e' altrettanto vero che si tratta in ogni caso di una condotta significativa, anche perche' comporta il distacco dell'autore del reato dall'ambiente criminale nel quale la sua attivita' in materia di stupefacenti era inserita e trovava alimento, e lo espone non di rado a pericolose ritorsioni, determinando cosi' una situazione di fatto tale da indurre in molti casi un cambiamento di vita. Come questa Corte ha gia' avuto occasione di rilevare nella sentenza n. 183 del 2011 - che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 62-bis, secondo comma, cod. pen, nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell'applicazione del primo comma dello stesso articolo, non si possa tenere conto della condotta del reo susseguente al reato - la rigida presunzione di capacita' a delinquere desunta dall'esistenza di una recidiva reiterata "e' inadeguata ad assorbire e neutralizzare gli indici contrari, che possono desumersi, a favore del reo, dalla condotta susseguente, con la quale la recidiva reiterata non ha alcun necessario collegamento. Mentre la recidiva rinviene nel fatto di reato il suo termine di riferimento, la condotta susseguente si proietta nel futuro e puo' segnare una radicale discontinuita' negli atteggiamenti della persona e nei suoi rapporti sociali", rendendo privo di ogni razionale giustificazione l'effetto preclusivo riconosciuto alla recidiva reiterata». Come detto, le superiori argomentazioni possono essere, mutatis mutandis, spese, ad avviso dello scrivente, anche per l'aggravante di cui all'art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Ed anzi, stante la maggior gravita' del reato associativo rispetto a quello di cui all'art. 73 e quindi la maggior incidenza in termini di disvalore su un bene giuridico di valenza costituzionale come la salute collettiva, ancora piu' impellente risulta essere l'esigenza di favorire la dissociazione di chi fa parte del sodalizio. Inoltre, diversamente da quanto avviene per il reato ex art. 73, il reato associativo comporta l'adesione a un pactum sceleris dal quale non ci si libera in alcuni ambienti se non a prezzo della vita e quindi il «premio» non puo' che essere quantomeno della stessa portata. Diversamente, ne uscirebbe del tutto frustrata la ratio dell'attenuante, il che sarebbe gia' sufficiente a determinare la illegittimita' costituzionale del divieto. Peraltro, l'attuale «assetto» dell'art. 69, comma 4 del codice penale alla luce delle pronunce di incostituzionalita' consente al giudice di ritenere prevalente sulla recidiva reiterata la dissociazione di cui all'art. 73, comma 7 ma non quella, in tutto analoga, di cui all'art. 74, comma 7. Ne deriva un ulteriore profilo di irragionevolezza della norma, oltre al dato sopra ampiamente evidenziato secondo il quale il divieto di prevalenza conduce a una sostanziale elisione dell'efficacia della ratio della norma di cui all'art. 74, comma 7, sia in astratto sia nel caso di specie. L'irragionevolezza risulta tanto piu' evidente se si esaminano i rapporti con la dissociazione «attuosa» di cui all'art. 416-bis 1, comma 3 del codice penale (il vecchio art. 8, legge 12 luglio 1991, n. 203). Si tratta di una disposizione che ha esteso al settore antimafia la circostanza attenuante gia' in precedenza elaborata per i fenomeni terroristici (decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, art. 4, convertito dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, ripreso dalla legge 18 febbraio 1987, n. 34, art. 2) e sottende la medesima ratio di politica criminale delle altre ipotesi premiali dello stesso tipo, vale a dire incentivare la dissociazione dall'associazione mafiosa e la collaborazione con la giustizia attraverso la promessa di un importante sconto di pena. E tanto rilevante, in termini di lotta alla criminalita' organizzata, e' il mantenere tale patto che la Corte di cassazione ha piu' volte affermato che la circostanza attenuante speciale per la dissociazione di cui all'art. 8, legge 12 luglio 1991, n. 203 - fondandosi sul mero presupposto dell'utilita' obiettiva della collaborazione prestata dal partecipe all'associazione di tipo mafioso - non puo' pertanto essere disconosciuta, o, se riconosciuta, la sua incidenza nel calcolo della pena non puo' essere ridimensionata, in ragione di valutazioni inerenti alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere dell'imputato, ovvero alle motivazioni che hanno determinato l'imputato alla collaborazione (cfr. da ultimo Cassazione n. 18875 del 30 aprile 2021). Ebbene, la Corte di cassazione ha da tempo escluso tale circostanza dal giudizio di bilanciamento di cui all'art. 69 del codice penale stante il carattere obbligatorio dell'attenuazione della sanzione, allorche' ricorrano le condizioni per la sua applicazione, e tenuto conto dell'intento primario perseguito dal legislatore, che e' quello di offrire un incentivo concreto e non meramente eventuale al «pentito» (cfr., per tutte, Cassazione, Sez. Un. Pen., 25 febbraio 2010, n. 10713). Dall'altro lato, pero', la giurisprudenza di legittimita' ha negato l'applicabilita' del regime previsto dall'art. 8 alla piu' volte citata attenuante della dissociazione di cui all'art. 73, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, affermando che «si tratta di un principio che, riconoscendo una deroga all'ordinaria comparazione disciplinata dall'art. 69 cod. pen., deve essere ritenuto di stretta interpretazione». (13) E ha, per quel che qui piu' interessa, chiarito che "tra la circostanza attenuante di cui all'art. 8 del decreto-legge n. 152 del 1991 e quella di cui al richiamato art. 73, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sussiste, del resto, una significativa differenza, essendo la prima inserita nel particolarissimo contesto sistematico della disciplina del contrasto alla criminalita' di tipo mafioso; contesto nel quale la dissociazione e la collaborazione attiva acquistano peculiare rilevanza». Ora, osserva lo scrivente, se e' vero che il beneficio di cui all'art. 8 merita una considerazione a parte per la peculiarita' del contesto mafioso e che tale regime deve intendersi come di stretta interpretazione, se ne deduce che esso regime non e' estensibile (non solo alla dissociazione di cui all'art. 73 ma anche) all'attenuante della dissociazione di cui all'art. 74, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, che, quindi, resta assoggettata al bilanciamento e al divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata di cui all'art. 69, comma 4 del codice penale. Ma cio', come detto, oltre a frustrare irreparabilmente la ratio sottesa alla norma, produce l'ulteriore distonia sistemica per la quale, a seguito della sentenza n. 74/2016 della Corte costituzionale (che, giova ribadirlo, ha dichiarato illegittimo il divieto di prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 73, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990), il recidivo reiterato che si dissoci da meri fatti di spaccio ex art. 73 puo' contare sulla possibilita' che l'attenuante della dissociazione prevalga sulla recidiva mentre il recidivo reiterato che si dissoci addirittura dall'associazione non ha la medesima prospettiva. Quindi l'irragionevolezza della norma censurata si rileva anche nell'ottica di sistema. Sotto tale profilo, peraltro, la Corte costituzionale ha piu' volte dichiarato illegittimo il divieto di prevalenza di circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata. Oltre alla gia' esaminata sentenza 24 febbraio - 7 aprile 2016, n. 74, la Corte e' intervenuta con riguardo alle seguenti circostanze attenuanti, le quali quindi, ad oggi, possono essere ritenute prevalenti sulla recidiva reiterata: circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (sentenza 5 novembre 2012, n. 251); circostanza attenuante di cui all'art. 648, comma 2 (sentenza 14-18 aprile 2014, n. 105); circostanza attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, (sentenza 14-18 aprile 2014, n. 106); circostanza attenuante di cui all'art. 219, terzo comma, del regio-decreto 16 marzo 1942, n. 267 (sentenza 21 giugno - 17 luglio 2017, n. 205); circostanza attenuante di cui all'art. 89 del codice penale (sentenza 7 - 24 aprile 2020, n. 73); (14) circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma, del codice penale (sentenza 25 febbraio - 31 marzo 2021, n. 55); (15) circostanza attenuante del fatto di lieve entita' - introdotta con sentenza n. 68 del 2012 della stessa Corte, in relazione al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, di cui all'art. 630 del codice penale (sentenza 26 maggio - 8 luglio 2021, n. 143). In linea di massima, si tratta di circostanze attenuanti connesse a ipotesi delittuose di lieve entita' o comunque di minor rimproverabilita' sotto il profilo dell'elemento soggettivo, in relazione alle quali il divieto di prevalenza si tradurrebbe nell'imposizione di una pena sproporzionata al recidivo reiterato. Anche qui emerge un ulteriore profilo di irragionevolezza. L'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 risulta essere una delle piu' incisive sotto il profilo dell'abbattimento della pena, prevedendo una riduzione dalla meta' a due terzi, sicche' la pena per i capi si riduce (stando al minimo) da venti anni di reclusione a meno di sette anni di reclusione e quella per i partecipi a poco piu' di tre anni. Si tratta di un'attenuante a effetto speciale che prevede una riduzione della pena di gran lunga piu' ampia rispetto ad attenuanti comuni (come ad esempio quelle di cui agli articoli 116, comma 2 del codice penale e 89 del codice penale) in relazione alle quali e' stato gia' ritenuto incostituzionale il divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata. In altri termini, se l'interesse al contrasto al narcotraffico e' tale da indurre il legislatore a prevedere una riduzione della pena fino a 2/3 per chi si dissocia, e' illogico che costui, se recidivo reiterato, non possa godere in pieno di tale beneficio mentre cio' avviene per attenuanti di minore portata e, quindi, di minore importanza sul piano della politica criminale (quelle, appunto, di cui agli articoli 116, comma 2 del codice penale e 89 del codice penale). (16) Per esemplificare: il recidivo reiterato che venga riconosciuto seminfermo potra' contare sulla riduzione di 1/3 della pena in virtu' della possibile prevalenza dell'attenuante; il recidivo reiterato che si dissocia dall'associazione ex art. 74 non avra' la medesima prospettiva e, nonostante gli sia riconosciuto in astratto un beneficio molto piu' ampio in ossequio alla importanza della sua collaborazione (riduzione dalla meta' a due terzi), potra' solo sperare in un giudizio di equivalenza della dissociazione con la recidiva. Non sfugge allo scrivente che si tratta di disposizioni dalla diversa ratio; tuttavia non si puo' ignorare che la rilevanza della attenuante - e quindi la sua attitudine a prevalere sulla recidiva reiterata - non puo' non discendere e dipendere anche dall'ampiezza del beneficio garantito: e quindi, se un'attenuante che prevede una riduzione di pena di 1/3 puo' prevalere sulla recidiva reiterata, non si vede la ragione per la quale non possa prevalere un'attenuante - la dissociazione - che prevede una riduzione dalla meta' a 2/3 e che, in virtu' della ratio sopra richiamata e dell'ampiezza di tale beneficio, deve ritenersi di importanza sovraordinata in ottica di politica criminale. Peraltro, mentre nel caso della seminfermita' si e' di fronte a un fattore esterno (vizio di mente) indipendente dalla volonta' dell'agente, la dissociazione costituisce una condotta da cui traspare una scelta di vita improntata in qualche modo a un percorso riabilitativo ed e' comunque determinata da una volonta' forte, tale da spezzare il vincolo con i sodali nonostante le possibili ritorsioni ai danni del collaboratore e dei familiari. Infine, come gia' accennato, l'attenuante in esame non puo' essere paragonata, sotto il profilo della ratio e della valenza in termini di riduzione della pena, con le attenuanti generiche. Come noto, la Corte di cassazione (Cass. n. 16487 del 23 marzo 2017) ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione, dell'art. 69, comma quarto del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto del codice penale, in quanto tale deroga alla ordinaria disciplina del bilanciamento si riferisce ad una circostanza attenuante comune e la sua applicazione, quindi, non determina una manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati. In sostanza, secondo il condivisibile avviso del giudice di legittimita', le attenuanti generiche costituiscono circostanza comune di valenza «contenuta» in relazione alla quale il divieto di prevalenza non risulta irragionevole. Nel caso in esame, pero', siamo di fronte a una circostanza attenuate (la dissociazione ex art. 74, comma 7) ad effetto speciale, che prevede un riduzione di gran lunga superiore a un terzo, anche nel minimo (dalla meta' a due terzi), e che ha una finalita' del tutto diversa e peculiare rispetto alle attenuanti generiche. Peraltro la stessa Corte costituzionale ha valorizzato tali aspetti allorche' ha ritenuto incostituzionale il divieto di prevalenza di attenuanti comuni come quella di cui all'art. 116, comma 2 del codice penale o di cui all'art. 89 del codice penale. E' chiaro, quindi, che nessun parallelismo, sia in termini di ratio che di valenza sotto il profilo della diminuzione della pena, puo' essere fatto tra le due tipologie di attenuante (attenuanti generiche e dissociazione ex art. 74, comma 7). E' ravvisabile, inoltre, la violazione del principio di proporzionalita' della pena di cui all'art. 27, comma 3 della Costituzione, sia sotto il profilo della sua funzione rieducativa che di quella retributiva, in quanto una pena che non tenga in debito conto della proficua collaborazione prestata per effetto di una dissociazione post-delictum, spesso sofferta, e che puo' esporre a gravissimi rischi personali e familiari, da un lato non puo' correttamente assolvere alla funzione di ristabilimento della legalita' violata, dall'altro - soprattutto - non potra' mai essere sentita dal condannato come rieducatrice. Sul punto e' sufficiente richiamare in questa sede le considerazioni sopra estese in relazione al fatto che, in assenza di una declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4 del codice penale nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza dell'attenuante di cui all'art. 74, comma 7 sulla recidiva reiterata, D'A....., G....., N..... e T..... subirebbero un trattamento sanzionatorio pari o addirittura peggiore rispetto ai coimputati che essi hanno contribuito in maniera decisiva a far arrestare e a far condannare e, altresi', peggiore rispetto all'ipotesi in cui non avessero «collaborato». (1) Diversamente dagli altri collaboratori, G....., N....., T..... e R..... erano anche imputati nel p.p. «principale» RGNR n. 15664/22 - RG GIP 12653/22; come detto, i primi tre sono stati «stralciati» e le loro posizioni sono confluite nel presente procedimento; per R..... S..... non vi e' stata necessita' di separazione in quanto al R..... non era contestato il reato di associazione ex art. 74 di cui al capo I (ragion per cui non si poneva il problema dell'applicazione dell'attenuante della dissociazione) bensi' solo il reato di corruzione di cui al capo 3. (2) Segnatamente: anni quattordici di reclusione per M..... A..... e V..... A..... J.....; anni tredici e mesi quattro per A..... N....., P..... e S.....; anni otto per A..... B....., F....., M..... P....., R....., V..... P....., anni sei e mesi otto per C....., C....., E....., M....., M....., O..... Q....., e V.....; anni nove e mesi quattro per D..... L....., anni quattro e mesi otto per D..... P....., anni due e mesi otto per R..... S..... Venivano assolti C..... F....., N..... P....., R..... R..... e T..... G..... (3) Cfr. ex multis Cassazione n. 5247 del 15 ottobre 2020: Le circostanze attenuanti generiche hanno anche la funzione di adeguare la sanzione finale all'effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio, nella globalita' degli elementi oggettivi e soggettivi, atteso che la specificita' della vicenda puo' richiedere un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza, ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, e della finalita' rieducativa, di cui all'art. 27, comma terzo della Costituzione, di cui la congruita' costituisce elemento essenziale. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che il giudice di merito ha l'onere di ben evidenziare gli elementi del caso concreto che giustificano il riconoscimento delle attenuanti e di spiegare la scelta in ordine all'eventuale giudizio di comparazione con le circostanze aggravanti). (4) Si ricorda che gli altri collaboratori sulle cui dichiarazioni si fonda il compendio probatorio sono P..... M....., P..... F....., P..... C....., R..... S....., A..... V....., S..... T....., D..... R..... A...... (5) Tale disposizione prevede che «le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla meta' a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti».Quindi per i soggetti responsabili del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, sia come capi che come meri partecipi, e' garantito un rilevantissimo «sconto» di pena (dalla meta' a due terzi) nel caso in cui si dissocino dall'organizzazione e consentano di assicurare prove del reato o sottrarre alla stessa risorse decisive. Ora, e' pacifico che a D'A....., G....., N..... e T..... andra' concessa la predetta attenuante, avendo consentito, con il loro apporto dichiarativo ritenuto attendibile, di applicare le misure cautelari a carico dei correi, di elidere il fenomeno in questione e di pervenire a condanna di ben ventiquattro dei loro coimputati. (6) Sotto tale profilo si reputa emblematico l'episodio raccontato da N..... C....., il quale, avendo appreso che l'imprenditore F..... A....., in quel frangente detenuto, aveva ottenuto un trattamento di favore (cibo, incontri non autorizzati ecc) in cambio dell'assunzione presso il centro commerciale di sua proprieta' di persone indicate da uno degli agenti corrotti, ha immediatamente pensato, ricorrendo al suo spessore criminale, di imporre anch'egli al F l'assunzione di soggetti a lui vicini. Insomma, egli era in carcere per reati efferati ma nulla era cambiato sotto il profilo della sua propensione a delinquere. (7) Cfr. sul punto anche Corte costituzionale, sentenze n. 73 del 2020 e n. 192 del 2007; piu' di recente, ex plurimis, sentenza n. 185 del 2015. (8) Corte costituzionale, sentenza n. 73/2020, in cui si e' precisato che la «maggiore rimproverabilita' (che) non puo' essere presunta in via generale sulla base del solo fatto delle precedenti condanne, dovendo - ad esempio - essere esclusa allorche' il nuovo delitto sia stato commesso dopo un lungo lasso di tempo dal precedente, o allorche' abbia caratteristiche affatto diverse». (9) Lo stesso PM, pur a fronte della emissione della o.c.c. n. 86/2022, fondata in gran parte sulle loro dichiarazioni, ha ritenuto, in sede di richiesta di rinvio a giudizio, di contestare comunque la recidiva a D'A....., G....., T..... e N...... (10) Cfr. Cass, n. 38015 del 12 giugno 2013: In tema di stupefacenti, la circostanza attenuante ad effetto speciale della collaborazione prevista dall'art. 73, comma settimo, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e' soggetta all'ordinario giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee di cui all'art. 69 c.p., non potendo essere ad essa applicato lo speciale regime previsto dall'art. 8, decreto-legge n. 152 del 1991 (conv. in legge n. 203 del 1991) per i reati di stampo mafioso che esclude l'applicazione del giudizio di bilanciamento. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che quello previsto dall'art. 8 decreto-legge n. 152 cit. e' un regime derogatorio della disciplina ordinaria in tema di bilanciamento delle circostanze e come tale e' da considerarsi di stretta interpretazione). Occorre precisare che detta pronuncia non aveva ad oggetto rapporto tra l'attenuante di cui all'art. 73, comma 7 e la recidiva reiterata (tematica che e' stata «affrontata» funditus da Corte costituzionale n. 74/2016 (che in seguito di esaminera') con la declaratoria di incostituzionalita' del divieto di prevalenza dell'attenuante) bensi' il diverso problema - risolto negativamente - dell'applicabilita' alla citata attenuante del regime previsto per l'art. 8, decreto-legge n. 152/1991. (11) Sui rapporti tra le due attenuanti si tornera' anche allorche' si trattera' della non manifesta infondatezza della questione al fine di rimarcare come l'attuale assetto appaia illogico in rapporto alle pene previste dalle rispettive norme incriminatrici. (12) Che le attenuanti generiche non possano prevalere sulla recidiva reiterata e' dato pacifico nella giurisprudenza di legittimita', la quale ha affermato che «e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione, dell'art. 69, comma quarto, c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto, c.p., in quanto tale deroga alla ordinaria disciplina del bilanciamento si riferisce ad una circostanza attenuante comune e la sua applicazione, quindi, non determina una manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati (Cass. n. 16487 del 23 marzo 2017). (13) Cfr. Cass. n. 38015 del 12 giugno 2013: «la norma e' strutturata con previsione di pena autonoma (in particolare, la pena della reclusione da dodici a venti anni sostituisce quella dell'ergastolo e le altre pene sono ridotte da un terzo alla meta'), in relazione al delitto di cui all'art. 416-bis del codice penale e ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti di chi, dissociandosi dagli altri, si adoperi per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorita' di polizia o quella giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati. In particolare, le sezioni unite hanno precisato, sul punto, che qualora sia riconosciuta la circostanza attenuante ad effetto speciale della cosiddetta «dissociazione attuosa», prevista dal richiamato art. 8 del decreto-legge n. 152 del 1991, convertito dalla n. 203 del 1991 e ricorrano altre circostanze attenuanti in concorso con circostanze aggravanti, soggette al giudizio di comparazione, va dapprima determinata la pena effettuando tale giudizio e successivamente, sul risultato che ne consegue, va applicata l'attenuante ad effetto speciale. Si tratta, pero', di un principio che, riconoscendo una deroga all'ordinaria comparazione disciplinata dall'art. 69 del codice penale, deve essere ritenuto di stretta interpretazione». (14) La norma e' stata dichiarata incostituzionale per violazione degli articoli 2 e 27, terzo comma della Costituzione, sul rilievo che l'imposizione di un divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante della seminfermita' di mente e' incompatibile con l'esigenza, di rango costituzionale, di determinazione di una pena proporzionata e calibrata sull'effettiva personalita' del reo, non consentendo «al giudice di stabilire, nei confronti del semi-infermo di mente, una pena inferiore a quella che dovrebbe essere inflitta per un reato di pari gravita' oggettiva, ma commesso da una persona che abbia agito in condizioni di normalita' psichica»; e cio' anche laddove giudice ritenga che «le patologie o i disturbi riscontrati nel reo abbiano inciso a tal punto sulla sua personalita', da rendergli assai piu' difficile la decisione di astenersi dalla commissione di nuovi reati, nonostante l'ammonimento lanciatogli con le precedenti condanne» (Corte costituzionale, 24 aprile 2020, n. 73; la questione era stata dichiarata inammissibile da Corte costituzionale, 22 maggio 2017, n. 120). (15) L'art. 69, quarto comma, e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, in quanto lesivo sia della funzione rieducativa della pena ex art. 27 della Costituzione, poiche' determina una sproporzione della pena rispetto alla rimproverabilita' del fatto posto in essere, globalmente considerato, sia del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione, poiche' vanifica la funzione propria della diminuente di cui all'art. 116, secondo comma, volta a sanzionare in modo diverso situazioni profondamente distinte sul piano dell'elemento soggettivo (Corte costituzionale 31 marzo 2021, n. 55; la questione era stata dichiarata manifestamente infondata da C., Sez. I, 13 maggio 2015, n. 24710). Nello specifico, la Corte, valorizzando la «finalita' di necessario riequilibrio del trattamento sanzionatorio nella fattispecie del concorso anomalo di cui all'art. 116 del codice penale», ha evidenziato che «la scelta del legislatore di sanzionare con la pena prevista per un delitto doloso il reo, al quale viene mosso un rimprovero di colpa, trova un bilanciamento proprio nella previsione di cui all'art. 116, secondo comma, del codice penale, secondo cui la pena e' diminuita. Invece la norma censurata impedisce, in modo assoluto, al giudice di ritenere prevalente la diminuente in questione, in presenza della circostanza aggravante della recidiva reiterata, con cio' frustrando, irragionevolmente, gli effetti che l'attenuante mira ad attuare e compromettendone la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio», concludendo che «il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non risulta, quindi, compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata» ex art. 27 della Costituzione. «Inoltre, il contrasto dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, con l'art. 3 della Costituzione viene in rilievo sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, in quanto il divieto censurato finisce per vanificare la funzione che la diminuente di cui all'art. 116, secondo comma del codice penale, tende ad assicurare, ossia sanzionare in modo diverso situazioni profondamente distinte sul piano dell'elemento soggettivo (quello del correo che pone in essere l'evento diverso e piu' grave e quello di chi vuole il reato meno grave senza prevedere, colpevolmente, che questo possa degenerare nel fatto piu' grave)». (16) La Corte costituzionale, con la sentenza n. 25 febbraio - 31 marzo 2021, n. 55, nel ritenere illegittimo il divieto di prevalenza di cui all'art. 69, comma 4 del codice penale sulla recidiva reiterata anche in relazione a un'attenuante comune come quella di cui all'art. 116, comma 2 del codice di procedura penale. Ebbene, la Corte, valorizzando la «finalita' di necessario riequilibrio del trattamento sanzionatorio nella fattispecie del concorso anomalo di cui all'art. 116 del codice penale», ha evidenziato che «la scelta del legislatore di sanzionare con la pena prevista per un delitto doloso il reo, al quale viene mosso un rimprovero di colpa, trova un bilanciamento proprio nella previsione di cui all'art. 116, secondo comma del codice penale, secondo cui la pena e' diminuita. Invece la norma censurata impedisce, in modo assoluto, al giudice di ritenere prevalente la diminuente in questione, in presenza della circostanza aggravante della recidiva reiterata, con cio' frustrando, irragionevolmente, gli effetti che l'attenuante mira ad attuare e compromettendone la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio», concludendo che «il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non risulta, quindi, compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata». Se ne deduce che non e' la natura di attenuante comune a impedire di ritenerla prevalente sulla recidiva reiterata, dovendosi garantire il principio di proporzionalita' della pena rispetto alla gravita' del reato, che «esige in via generale che la pena sia adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensivita' del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo (sentenza n. 222 del 2018)». Ebbene, il problema neppure si pone per l'attenuante della dissociazione ex art. 74, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in quanto trattasi pacificamente di attenuante a effetto speciale che, al pari della piu' volte citata analoga attenuante prevista dall'art. 73 e in considerazione della rilevanza della finalita' di contrasto al narcotraffico, ha un effetto largamente piu' favorevole rispetto alle attenuanti comuni di cui agli articoli 116, comma 2 e 89 del codice penale, per le quali si e' gia' affermata la incostituzionalita' del divieto di prevalenza.