LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI I GRADO DI NAPOLI 
                             Sezione 37 
 
    Riunita in udienza il 28 ottobre 2022  alle  ore  09:30,  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Rosato Gianfranco, Presidente; 
        Del Sorbo Vincenzo, Relatore; 
        Aschettino Lucio, Giudice; 
    In data 28 ottobre 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza  sul
ricorso n. 11494/2021, depositato il 6 dicembre 2021, proposto da  L.
T., difeso da Michele Madaio (MDA MHL 72C31 I278Y)  ed  elettivamente
domiciliato presso massimomadaio@pec.giuffre.it 
    Contro: 
        il Comune di Quarto, difeso da Giulio  Cacciapuoti  (CCC  GLI
74L19 F839V), Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R)  ed  elettivamente
domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it 
        l'Agenzia entrate - Direzione provinciale I di Napoli, difeso
da Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente  domiciliato
presso avvmarioperugini@puntopec.it 
        l'Agenzia  entrate  -  riscossione  -  Napoli,  elettivamente
domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di:  cartella  di  pagamento  n.
07120160099639644000 IRPEF-altro 2013, proposto da L. T.,  difeso  da
Michele Madaio (MDA MHL 72C31  I278Y)  ed  elettivamente  domiciliato
presso massimomadaio@pec.giuffre.it 
    Contro: 
        il Comune di Quarto, difeso da Giulio  Cacciapuoti  (CCC  GLI
74L19 F839V), Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R)  ed  elettivamente
domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it 
        l'Agenzia  entrate  -  riscossione  -  Napoli,  elettivamente
domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di:  cartella  di  pagamento  n.
07120120128652783000 TARSU/TIA 2011,  a  seguito  di  discussione  in
pubblica udienza. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale per il giudizio  di
costituzionalita' incidentale - Svolgimento del processo. 
    Con ricorso notificato il 28 luglio 2021 (e depositato in data  6
dicembre 2021) T. L. proponeva opposizione avverso  due  estratti  di
ruolo datati  26  luglio  2021,  rilasciati  dal  concessionario  del
Servizio di riscossione (Agenzia delle entrate  -  riscossione,  gia'
Equitalia servizi di riscossione S.p.a.), relativi alle seguenti  due
cartelle: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Assumeva a sostegno: 
        l'assenza della notifica delle cartelle; 
        l'intervenuta prescrizione/decadenza. 
    Si e' costituita in giudizio la resistente concessionaria  (ADER)
depositando fascicolo e controdeduzioni. 
    E' intervenuta in giudizio anche l'Agenzia delle entrate, DP1  di
Napoli. 
    All'udienza del 25 marzo 2022 la CTP evidenziava che  ADER  aveva
chiesto la chiamata in causa degli enti impositori ed autorizzava  la
richiesta nei confronti del Comune di Quarto  che  (a  differenza  di
DP1) non era intervenuto. 
    A seguito di  cio'  si  costituiva  anche  il  Comune  di  Quarto
depositando    controdeduzioni     ed     eccependo     espressamente
l'inammissibilita' dell'impugnativa dell'estratto  ruolo,  alla  luce
altresi' la piu' recente giurisprudenza delle SS.UU. 
    Fissata l'udienza per  la  trattazione  (di  cui  e'  stato  dato
regolare avviso  alle  parti),  sentita  l'esposizione  del  relatore
questa  Commissione  ritiene  di   dover   sollevare   questione   di
costituzionalita' incidentale della norma di cui all'art.  12,  comma
4-bis, decreto del Presidente della  Repubblica  n.  602/1973,  cosi'
come modificato dall'art. 3-bis, decreto-legge 21  ottobre  2021,  n.
146 (convertito nella legge 17 dicembre 2021, n. 215) dal momento che
esclude l'immediata impugnabilita' del  ruolo/cartella  di  pagamento
limitandola alle sole ipotesi in cui l'iscrizione a  ruolo  determini
uno dei seguenti pregiudizi: 
        ostacolo alla partecipazione a una procedura di appalto  (per
effetto di quanto previsto nell'art. 80,  comma  4,  del  codice  dei
contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.
50); 
        impedimento alla riscossione di somme allo stesso dovute  dai
soggetti pubblici di  cui  all'art.  1,  comma  1,  lettera  a),  del
regolamento di cui al decreto  del  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle  verifiche  di  cui
all'art. 48-bis del presente decreto; 
        perdita  di  un  beneficio  nei  rapporti  con  una  pubblica
amministrazione. 
    Si dubita altresi' della  costituzionalita'  della  stessa  norma
nella  parte  in  cui  -  per  le  limitate  ipotesi   di   immediata
impugnabilita' - richiede che il ricorrente/presunto  debitore  debba
dimostrare l'attualita' dei pregiudizi di cui sopra. 
Premessa. 
    Va innanzitutto evidenziato che nel caso in esame il ricorso  non
e' diretto contro l'estratto di ruolo tout court (che  in  se'  altro
non  e'  che  una  certificazione/rappresentazione  del  ruolo-titolo
esecutivo) bensi' investe l'intera pretesa tributaria dell'Ente,  che
si chiede  di  annullare.  Pertanto  sussiste  l'interesse  ad  agire
dell'istante atteso che  la  domanda  e'  relativa  al  merito  della
pretesa   (nella   specie   si   chiede   dichiararsi   l'intervenuta
prescrizione). 
    Va  ancora  rilevato  che  la   presente   controversia   risulta
introdotta prima della novella di cui  al  decreto-legge  n.  146/21.
Tuttavia, come ormai affermato costantemente in  giurisprudenza  essa
costituisce norma processuale di immediata applicazione e pertanto ne
va fatta applicazione anche nel presente giudizio (sul  punto  si  v.
infra Cass. SS.UU. 26283/22). 
    Infine va da subito evidenziato che la questione di  legittimita'
costituzionale e' rilevante solo per la cartella n. 071 2012 01286527
83 (TARSU del 2011 pretesa dal Comune di Quarto). 
    Infatti per  l'altra  cartella  (la  n.  071/2016/00996396/44/000
avente  ad  oggetto  IRPEF  ed  IVA  per  il  2013)  l'Agenzia  della
riscossione, costituendosi in giudizio, ha esibito  varie  notifiche:
sia la notifica della cartella (effettuata tramite deposito alla CCIA
perche' la casella PEC obbligatoria non risultava attiva), sia quella
di una successiva intimazione di pagamento (n. 071 2019  90267549  74
relativa anche a molte altre cartelle) che risulta avvenuta  a  mezzo
posta a mani della madre convivente e con il successivo  invio  della
debita CAN. 
    Siccome  avverso  detti  atti  non   risulta   proposta   nessuna
impugnazione occorrera' valutare innanzitutto  la  sussistenza  della
giurisdizione del  G.T.  e  successivamente  la  validita'  di  dette
notifiche e l'ammissibilita' o meno della domanda.  La  questione  di
legittimita' costituzionale che si solleva  quindi  con  la  presente
ordinanza non incide affatto sulla decisione che  deve  assumersi  su
tale parte della domanda. 
    Viceversa per la cartella in tema di TARSU, ADER ha  esibito  una
notifica che risulta  effettuata  il  20  ottobre  2012  a  familiare
convivente (D. R., che come si ricava dalle altre  notifiche  esibite
e' la mamma del ricorrente). 
    Tuttavia per tale notifica non risulta effettuata la debita CAN e
comunque non  risultano  esibite  notifiche  di  ulteriori  atti  che
possano avere interrotto la prescrizione (e' vero che ADER ha esibito
una congerie di notifiche, fra cui e' spesso  difficile  districarsi,
ma le stesse sono in gran parte relative ad atti  che  non  risultano
qui impugnati ovvero sono relative ad avvisi di deposito/giacenza che
non  permettono  di  individuare  l'atto  a   monte   cui   essi   si
riferiscono). 
    Nemmeno il Comune di Quarto ha esibito alcunche'  essendosi  solo
limitato a costituirsi e ad effettuare la  generica  impugnativa  del
ricorso, eccependo in particolare l'inammissibilita' dello stesso  in
quanto diretto avverso estratto di ruolo. 
    Per tali motivi  la  notifica  di  tale  cartella  e'  nulla  (ed
improduttiva di effetti) e  rende  pertanto  rilevante  la  questione
dell'ammissibilita' o meno dell'impugnativa immediata del ruolo  come
meglio argomentato infra. 
Sulla interpretazione della norma. 
    Com'e' noto il processo tributario e' strutturato  come  processo
di  tipo  «impugnatorio»  (con   esclusione   di   azioni   di   mero
accertamento) e la tutela dei diritti si attua attraverso il  ricorso
contro gli atti ritenuti lesivi degli stessi. 
    L'art. 19 del  decreto  legislativo  n.  546/1992  (sul  processo
tributario) e' espressione di tale principio ed al  comma  3  prevede
che gli atti  non  notificati  possono  essere  impugnati  unitamente
all'atto successivo. 
    Dottrina  e  giurisprudenza  hanno   discusso   a   lungo   sulla
possibilita' di impugnare il  ruolo  e  di  chiederne  l'annullamento
indipendentemente dalla notifica della cartella (atto tipico  che  lo
conteneva,  almeno  fino   alla   riforma   dei   c.d.   accertamenti
impo-esattivi). 
    In estrema sintesi: la Cassazione  a  SS.UU.  (sent.  19704/2015)
ebbe a sancire l'immediata impugnabilita' del ruolo  in  mancanza  di
notifica della cartella  senza  dover  necessariamente  attendere  la
notifica di un atto  successivo,  e  cio'  in  base  ad  una  lettura
dell'art. 19 citato, orientata alla  tutela  del  diritto  di  difesa
previsto in Costituzione. 
    Infatti  (a  parte   il   rilievo   che   il   ruolo,   sia   pur
dematerializzato e sia  pure  non  notificato  poteva  essere  sempre
inteso come «atto» e quindi impugnabile) si metteva  in  luce  che  a
causa dell'esecutivita'  del  ruolo  non  impugnato  il  contribuente
rischierebbe di vedersi esposto ad una procedura esecutiva con tutela
solo  risarcitoria  e  quindi  «postuma»  dei  suoi  diritti  (e   la
giurisprudenza ha opportunamente chiarito  che  la  mancanza/nullita'
della notifica non inficia di per se' il ruolo e/o  la  cartella,  ma
rende  possibile  l'esame  del  merito  della  pretesa,  in  funzione
recuperatoria  al  fine  di  contestarne  l'attualita'  ad  es.   per
l'intervenuta prescrizione). 
    Dopo le SS.UU. del 2015 si e' assistito ad una serie  di  ricorsi
avverso il ruolo (la cui esistenza viene  documentata  attraverso  il
rilascio di appositi «estratti ruolo») sul presupposto della mancanza
di  notifica  della  cartella,  cioe'  dell'atto  impositivo  che  lo
conteneva (ma ai fini del presente discorso e'  indifferente  che  si
tratti di ruolo/cartella ovvero di accertamento impo-esattivo). 
    Per porre rimedio a tale proliferazione di ricorsi il legislatore
ha adottato la norma sottoposta al vaglio della Corte  costituzionale
(art. 3-bis decreto-legge n. 146/21 come modificato  dalla  legge  di
conversione n. 215/21) del seguente tenore: 
        1. All'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente: 
          «4-bis. L'estratto di ruolo non e' impugnabile. Il ruolo  e
la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata  sono
suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore
che agisce in giudizio dimostri che  dall'iscrizione  a  ruolo  possa
derivargli un pregiudizio per la partecipazione a  una  procedura  di
appalto, per effetto di quanto previsto nell'art. 80,  comma  4,  del
codice dei contratti pubblici,  di  cui  al  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di  somme  allo  stesso
dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera  a),
del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e  delle
finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle  verifiche  di  cui
all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la  perdita  di  un
beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione». 
    E la S.C. a SS.UU. (sent. 6 settembre  2022,  n.  26283)  con  un
ragionamento piuttosto complesso ed articolato ha  sancito  che  tale
norma si applica anche ai processi pendenti, qualificandola come  una
condizione  dell'azione   di   natura   «dinamica»   e   quindi   con
dimostrazione  a  carico  della  parte  che  deve  cosi'  dar   prova
dell'attualita' del suo interesse ad agire (e cioe' della sussistenza
delle ipotesi previste dalla norma stessa). 
    E sempre le SS.UU. hanno chiarito che i  casi  di  impugnabilita'
diretta del ruolo (previsti dalla norma qui in esame) sono  tassativi
e non suscettibili di allargamento da parte dell'interprete. 
    Le SS.UU. del 2022 hanno ritenuto di dover mutare  l'orientamento
espresso dalle SS.UU. del 2015 (concludendo per la non impugnabilita'
del c.d. estratto ruolo o meglio: per la non  diretta  impugnabilita'
del ruolo - eccezion fatta per i casi tassativamente  previsti  dallo
stesso    comma    4-bis)    evidenziando    il     mutato     quadro
normativo/giurisprudenziale,  anche  con  riferimento  alla  sentenza
della  Corte  costituzionale  n.  114/2018   (e   segnatamente   alla
possibilita' delle opposizioni ex art. 615 cpc - innanzi al GO -  per
tutte le questioni successive alla notifica della cartella). 
    Infine  le  SS.UU.  hanno  valutato   le   varie   questioni   di
legittimita' costituzionale della  nuova  norma,  adombrate  da  piu'
parti, ritenendole manifestamente infondate con  articolati  e  dotti
ragionamenti in cui hanno fatto spesso riferimento alla  ratio  della
norma, tesa ad evitare giudizi pretestuosi. 
Sulla rilevanza della questione. 
    Cosi'    precisato     il     quadro     normativo     risultante
dall'interpretazione delle SS.UU. di  cui  sopra  (cui  questa  Corte
tributaria deve necessariamente aderire) appare evidente la rilevanza
della questione. 
    Infatti, applicando la  norma,  il  ricorso  (in  parte  qua)  e'
destinato ad essere dichiarato inammissibile  perche'  si  tratta  di
impugnativa  del  c.d.  estratto  di  ruolo   (rectius:   impugnativa
immediata del ruolo a prescindere dalla notifica di un  atto)  al  di
fuori delle ipotesi previste dal comma 4-bis. 
    Viceversa, laddove la norma  dovesse  essere  ritenuta  contraria
alla Carta costituzionale (nella  parte  in  cui  essa  non  consente
l'impugnativa diretta al  di  fuori  delle  ipotesi  da  essa  stessa
previste) appare evidente che il ricorso dovrebbe essere accolto. 
    Infatti e' pacifico che la prescrizione in tema di tributi locali
e' di 5 anni (sul punto  la  giurisprudenza  ritiene  applicabile  la
norma di cui all'art. 2948 del codice civile per tutti  quei  tributi
che devono «pagarsi periodicamente ad anno» e cio' senza valutare  la
decadenza del pari quinquennale a norma dell'art. 1, comma 161, legge
finanziaria 2007). 
    E poiche' la TARSU e' relativa all'anno 2012 e non vi  sono  atti
validi notificati la  relativa  pretesa  dovrebbe  essere  dichiarata
prescritta. 
Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'  e
sulle disposizioni che si ritengono violate. 
    Questa Corte tributaria dubita della legittimita' della norma  di
cui  sopra  (sia  come  sospetto  di  illegittimita'  totale  che  di
illegittimita'   parziale)    in    relazione    alle    disposizioni
costituzionali e per i motivi appresso indicati. 
Art. 3 della Costituzione. 
    Sussiste il dubbio che la norma violi il principio di uguaglianza
sotto piu' profili (si precisa che i  rilievi  che  seguono  sono  in
parte comuni anche alla ritenuta violazione del diritto di difesa  di
cui infra). 
    1) Innanzitutto  la  tutela  avverso  la  pretesa  tributaria  e'
diversa (e deteriore) laddove sia  competente  il  GT  rispetto  alla
tutela accordata innanzi al G.O. per le medesime  ipotesi  e  per  le
medesime ragioni. 
    Con l'importante sentenza 114/2018  la  Corte  costituzionale  ha
sancito l'ammissibilita' delle opposizioni ex art. 615  cpc  (innanzi
al G.O.) laddove esse non riguardino «contestazioni del  titolo»  che
invece sono riservate al G.T. 
    Tale sentenza  si  inseriva  nel  solco  delle  SS.UU.  del  2015
completando la tutela del contribuente.  Il  ruolo  risultava  sempre
impugnabile: innanzi al G.T. in  mancanza  di  notifica  di  un  atto
(funzione  recuperatoria)  ed  innanzi  al  G.O.  per  le   questioni
successive che non  riguardavano  piu'  il  titolo  (in  mancanza  di
impugnazioni   l'avvenuta   notifica   cristallizzava   la    pretesa
tributaria). 
    La riforma del 2021 e la successiva interpretazione delle  SS.UU.
del 2022 hanno cambiato notevolmente il quadro e reso  oggettivamente
piu' difficoltosa la possibilita' di tutela innanzi al G.T. 
    Si pensi ad es.  alla  prescrizione:  laddove  essa  venga  fatta
valere contro una cartella che si assume non notificata l'impugnativa
va fatta  al  G.T.  ma  non  e'  piu'  possibile  in  via  immediata:
occorrera' attendere  la  notifica  di  un  atto  successivo  (magari
esecutivo) per poter contestare la pretesa (con  evidenti  rischi  di
tutela meramente risarcitoria). 
    Viceversa, laddove si discuta  di  prescrizione  successiva  alla
notifica della cartella (e non vi sia contestazione di tale notifica)
la giurisdizione - come da insegnamento della stessa S.C. - spetta al
G.O. 
    In tal caso sara' possibile l'opposizione ex art. 615  cpc  e  la
tutela  sara'  esperibile  immediatamente   indipendentemente   dalla
notifica di un ulteriore atto e  sine  die  (e  con  tutti  i  poteri
riconosciuti dal codice di rito al G.O.). 
    Cio' costituisce una disparita' di trattamento, ma aggrava  anche
le possibilita' di tutela effettiva (v. meglio infra). 
    2) Ma il dubbio di costituzionalita' sussiste  anche  perche'  le
ipotesi di cui al comma  4-bis  non  esauriscono  tutti  i  possibili
pregiudizi  che  si  possono  avere  dal  permanere  di   un'indebita
iscrizione a ruolo. 
    La norma ha il chiaro intento di  salvaguardare  il  contribuente
individuando    i    pregiudizi     che     potrebbero     derivargli
dall'impossibilita' di procedere ad impugnazione immediata del ruolo. 
    Tuttavia limita tale impugnabilita' diretta a solo 3 ipotesi  che
sono relative ai seguenti  pregiudizi:  1)  mancata  possibilita'  di
partecipare ad una procedura d'appalto (esclusa per chi  non  sia  in
regola con gli obblighi fiscali);  2)  impossibilita'  di  riscuotere
somme dovute da  soggetti  pubblici  (che  sono  tenuti  a  bloccarle
laddove vi sia un debito verso una P.A.); 3) perdita di un  beneficio
nei rapporti con la pubblica  amministrazione  (in  dipendenza  della
debitoria portata dal ruolo). 
    Orbene vi sono ulteriori pregiudizi derivanti  dall'iscrizione  a
ruolo e che resterebbero fuori dalla tutela immediata: 
        la stessa possibilita' di  subire  l'esecuzione  senza  poter
preventivamente paralizzare la pretesa (ma dovendosi  necessariamente
ad affidare ad una tutela  di  urgenza,  in  presenza  magari  di  un
pignoramento di uno stipendio) costituisce un pregiudizio; 
        una pubblica amministrazione che fosse tenuta  ad  effettuare
un rimborso od un versamento al  contribuente  potrebbe  (e  cio'  si
verifica spesso nella pratica quotidiana) tentare  una  compensazione
col debito iscritto a ruolo: cio' non costituisce una «impossibilita'
di riscuotere somme» (che rientrerebbe nelle ipotesi di cui al  comma
4-bis)  bensi'  una  modalita'  di  rimborso  diversa,  che  comunque
penalizza il contribuente che pur ritenendo di  non  essere  debitore
non puo' agire immediatamente contro il ruolo; 
        gli  istituti  di   credito   (pur   non   potendo   accedere
direttamente all'anagrafe tributaria) sono molto  attenti  ai  debiti
tributari ed un'impresa che  esponesse  debiti  fiscali  in  bilancio
(anche se risalenti  e  con  indicazione  della  contestazione  degli
stessi) vedrebbe senza dubbio peggiorare  il  suo  rating  e  avrebbe
difficolta'  per  l'accesso  al  credito,  almeno  non  a  condizioni
ottimali (senza contare che per concedere un finanziamento  la  banca
puo' tranquillamente pretendere un estratto della  posizione  fiscale
del soggetto). 
    E tale pericolo sussiste per  qualsiasi  altro  mutuo,  anche  in
favore di soggetti non esercenti attivita' di impresa. 
    Si pensi ancora alle segnalazioni che a norma  del  codice  della
crisi d'impresa le agenzie fiscali, l'INPS  etc.  sono  obbligati  ad
inviare alle imprese in mora con i pagamenti all'erario  (soprattutto
al fine di valutare l'instaurazione di una procedura di  composizione
negoziata  della  crisi):  anche  questo  costituisce  un  campanello
d'allarme che condiziona pesantemente l'accesso al credito  (v.  art.
25-novies C. crisi impresa che obbliga i  «creditori  qualificati»  a
segnalare l'esistenza di debiti anche  di  importo  non  elevato  con
comunicazione da inviare anche agli organi di controllo). 
    Tutti i casi di cui sopra evidenziano quindi l'esistenza di gravi
pregiudizi per il contribuente che possono essere eliminati solamente
con la definizione della posizione fiscale che pero' non e' possibile
ottenere in via giudiziale  a  differenza  della  tutela  dai  (soli)
pregiudizi previsti dal comma 4-bis: cosa che integra  disparita'  di
trattamento (oltre a limitare il diritto di difesa). 
Art. 24 e 113 della Costituzione. 
    Si dubita che la norma  in  esame  possa  comprimere  in  maniera
ingiustificata    il    diritto    di     difesa     giurisdizionale,
costituzionalmente garantito (anche a livello Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e
di diritto dell'Unione)  e  che  la  norma  abbia  in  effetti  fatto
regredire la possibilita' di  tutela  che  era  stata  sancita  dalle
SS.UU. del 2015  e  dalla  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
114/2018. 
    Cio' sotto diversi profili: 
        valgono innanzitutto le motivazioni adottate dalla precedente
sentenza delle SS.UU. (n. 19704/2015 poi superata  dalle  SS.UU.  del
2022): nelle ipotesi  non  contemplate  dal  comma  4-bis  per  poter
impugnare il ruolo il  contribuente  e'  costretto  ad  attendere  la
notifica di un atto successivo che pero' spesso e' un atto  esecutivo
(ad  es.  il  pignoramento  o  comunque  la  minaccia  di   un   atto
esecutivo-cautelare come il preavviso di fermo o di ipoteca). In tali
casi  il  contribuente  subisce  un  danno  immediato  (mancanza   di
disponibilita' del bene: ad es. blocco di parte  del  suo  stipendio)
che non puo' in alcun modo prevenire se non  ricorrendo  alla  tutela
cautelare dopo aver subito tale pregiudizio; 
        si e' gia' visto supra che la tutela e' deteriore innanzi  al
GT rispetto quella innanzi al G.O. e  cio'  (oltre  a  disparita'  di
trattamento) costituisce una indubbia  compressione  del  diritto  di
difesa nelle ipotesi in questione; 
        analoga ed ingiustificata compressione del diritto di  difesa
si rinviene nelle ipotesi  (sempre  viste  sopra  per  la  sospettata
violazione dell'art. 3 Cost. ed a cui  si  rimanda)  in  cui  non  si
tutelano tutti i possibili  pregiudizi  derivanti  dall'iscrizione  a
ruolo; 
        ad aggravare il vulnus di cui sopra si aggiunge l'obbligo  di
dimostrazione  del  pregiudizio  (previsto  espressamente  dal  comma
4-bis) cui il contribuente e' tenuto per ottenere qualsiasi  tipo  di
tutela. 
    E' evidente (cosi' come risulta chiaramente dalla sentenza  delle
SS.UU. del 2022) che la dimostrazione deve riguardare  la  attualita'
del pregiudizio: cioe' si deve dimostrare che la tutela immediata  e'
necessaria in relazione ad una situazione concretamente in atto e non
solo potenziale. 
    Cio' vale per le stesse ipotesi previste dal comma  4-bis  (e  il
rilievo limitato a tali sole ipotesi  integra  sospetto  di  parziale
illegittimita' costituzionale della norma), ma si tratta  chiaramente
di un principio generale da applicare  in  tutti  i  casi  di  tutela
immediata (laddove essi dovessero essere ipotizzabili). 
    Cosi'  ad  es.  la  tutela  immediata  prevista  per  evitare  il
pregiudizio per la partecipazione ad un  appalto  e'  possibile  solo
laddove sia stata almeno bandita la gara ed il contribuente  dimostri
la  seria  possibilita'  di  parteciparvi   (impedita   pero'   dalla
sussistenza del debito fiscale). 
    Orbene e' evidente che  -  anche  per  le  ipotesi  espressamente
consentite dal comma 4-bis - una tutela effettiva  puo'  essere  solo
quella cautelare (se si attendesse il  giudizio  ordinario  e'  quasi
certo che nelle more la gara verrebbe espletata ed aggiudicata). 
    Ma anche  la  tutela  cautelare  penalizzerebbe  pesantemente  il
diritto di difesa effettiva del contribuente: e cio' non solo  e  non
tanto per la delibazione sommaria che la tutela cautelare prevede, ma
soprattutto perche' e' verosimile che possa non giungere in tempo per
i motivi piu' disparati. 
    E' vero che il contribuente potrebbe anche presentare domanda  di
partecipazione e poi impugnare l'esclusione, ma cio'  presuppone  una
proliferazione di giudizi - amministrativo e tributario - ed oltre  a
gravare e ritardare la stessa azione della  pubblica  amministrazione
costituirebbe un modo davvero difficoltoso di esercizio  del  diritto
di difesa. 
Ulteriori considerazioni sulla ratio della norma in esame. 
    Si e'  gia'  visto  che  spesso  il  tema  viene  affrontato  con
riferimento alla necessita' di evitare  giudizi  pretestuosi  e  tale
ratio  viene  invocata  ad  adiuvandum  per  escludere  la  manifesta
fondatezza di questioni di legittimita' costituzionale della norma. 
    Ed in effetti, dal punto di vista esclusivamente «pratico»  vanno
considerate le (evidenti) ragioni sottese alla norma sotto  esame:  a
seguito delle SS.UU. del 2015 e' evidente che il  legislatore  si  e'
preoccupato di evitare un proliferare di ricorsi  per  carichi  anche
molto risalenti e che a  fronte  di  esazione  piuttosto  improbabile
avrebbero  gravato  in  maniera  eccessiva  sugli  uffici  sottraendo
risorse preziose  e  causando  il  danno  economico  della  possibile
condanna al pagamento delle spese di giudizio (e sul punto si  v.  la
relazione finale della Commissione interministeriale per  la  riforma
della giustizia tributaria - del 30.6.21 - che proprio per i  ricorsi
avverso  gli  estratti  ruolo  parla  espressamente  di  impugnazioni
pretestuose). 
    Tuttavia desta perplessita'  il  fatto  che  per  risolvere  tale
problema il legislatore sia intervenuto condizionando pesantemente la
possibilita' di difendersi in giudizio. 
    A parte il rilievo che per i giudizi  pretestuosi  esistono  gia'
rimedi (si pensi alla condanna alle spese - alla  condanna  per  lite
temeraria etc.) ed a parte la considerazione che se un ricorso  viene
accolto forse l'impugnazione non puo' essere qualificata pretestuosa,
va evidenziato che l'azione del fisco gode gia' -  giustamente  -  di
particolari tutele e privilegi, sia sostanziali  che  processuali,  e
che  gli  stessi  non  possono  giungere  sino  a   condizionare   la
possibilita'  stessa  di  far  valutare  l'operato   della   pubblica
amministrazione da un giudice. 
    Ed in concreto il Legislatore avrebbe potuto  adottare  soluzioni
piu' snelle e  con  costi  irrisori,  che  comunque  sarebbero  state
rispettose del diritto di difesa. 
    A parte il rilievo che fino ad euro 50.000 opera  l'istituto  del
reclamo obbligatorio (art. 17-bis, decreto legislativo n. 546/1992 in
base al quale l'ufficio ha ben 90 giorni per vagliare  la  fondatezza
dell'impugnativa impedendo cosi' l'iscrizione a ruolo) si sarebbe  ad
es. potuto prevedere un obbligo di ricorso  amministrativo  imponendo
quindi  all'amministrazione  di  esprimersi   sull'attualita'   della
pretesa (e  magari  prevedere  un'ipotesi  di  silenzio-accoglimento)
invece di comprimere ingiustificatamente il diritto di difesa, oppure
si sarebbe potuto impedire per legge  qualsiasi  azione  esecutiva  o
cautelare prima della notifica di un nuovo atto ricognitivo. 
    Viceversa non sembra corretto (dal punto di vista costituzionale)
tutelare  l'esigenza  di  evitare  azioni  pretestuose  con  limitare
fortemente la stessa possibilita' di adire la giustizia.