LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI I GRADO DI NAPOLI Sezione 37 Riunita in udienza il 28 ottobre 2022 alle ore 09:30, con la seguente composizione collegiale: Rosato Gianfranco, Presidente; Del Sorbo Vincenzo, Relatore; Aschettino Lucio, Giudice; In data 28 ottobre 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 11494/2021, depositato il 6 dicembre 2021, proposto da L. T., difeso da Michele Madaio (MDA MHL 72C31 I278Y) ed elettivamente domiciliato presso massimomadaio@pec.giuffre.it Contro: il Comune di Quarto, difeso da Giulio Cacciapuoti (CCC GLI 74L19 F839V), Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it l'Agenzia entrate - Direzione provinciale I di Napoli, difeso da Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it l'Agenzia entrate - riscossione - Napoli, elettivamente domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: cartella di pagamento n. 07120160099639644000 IRPEF-altro 2013, proposto da L. T., difeso da Michele Madaio (MDA MHL 72C31 I278Y) ed elettivamente domiciliato presso massimomadaio@pec.giuffre.it Contro: il Comune di Quarto, difeso da Giulio Cacciapuoti (CCC GLI 74L19 F839V), Mario Perugini (PRG MRA 76A30 E388R) ed elettivamente domiciliato presso avvmarioperugini@puntopec.it l'Agenzia entrate - riscossione - Napoli, elettivamente domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: cartella di pagamento n. 07120120128652783000 TARSU/TIA 2011, a seguito di discussione in pubblica udienza. Elementi in fatto e diritto Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale per il giudizio di costituzionalita' incidentale - Svolgimento del processo. Con ricorso notificato il 28 luglio 2021 (e depositato in data 6 dicembre 2021) T. L. proponeva opposizione avverso due estratti di ruolo datati 26 luglio 2021, rilasciati dal concessionario del Servizio di riscossione (Agenzia delle entrate - riscossione, gia' Equitalia servizi di riscossione S.p.a.), relativi alle seguenti due cartelle: Parte di provvedimento in formato grafico Assumeva a sostegno: l'assenza della notifica delle cartelle; l'intervenuta prescrizione/decadenza. Si e' costituita in giudizio la resistente concessionaria (ADER) depositando fascicolo e controdeduzioni. E' intervenuta in giudizio anche l'Agenzia delle entrate, DP1 di Napoli. All'udienza del 25 marzo 2022 la CTP evidenziava che ADER aveva chiesto la chiamata in causa degli enti impositori ed autorizzava la richiesta nei confronti del Comune di Quarto che (a differenza di DP1) non era intervenuto. A seguito di cio' si costituiva anche il Comune di Quarto depositando controdeduzioni ed eccependo espressamente l'inammissibilita' dell'impugnativa dell'estratto ruolo, alla luce altresi' la piu' recente giurisprudenza delle SS.UU. Fissata l'udienza per la trattazione (di cui e' stato dato regolare avviso alle parti), sentita l'esposizione del relatore questa Commissione ritiene di dover sollevare questione di costituzionalita' incidentale della norma di cui all'art. 12, comma 4-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, cosi' come modificato dall'art. 3-bis, decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (convertito nella legge 17 dicembre 2021, n. 215) dal momento che esclude l'immediata impugnabilita' del ruolo/cartella di pagamento limitandola alle sole ipotesi in cui l'iscrizione a ruolo determini uno dei seguenti pregiudizi: ostacolo alla partecipazione a una procedura di appalto (per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50); impedimento alla riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'art. 48-bis del presente decreto; perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione. Si dubita altresi' della costituzionalita' della stessa norma nella parte in cui - per le limitate ipotesi di immediata impugnabilita' - richiede che il ricorrente/presunto debitore debba dimostrare l'attualita' dei pregiudizi di cui sopra. Premessa. Va innanzitutto evidenziato che nel caso in esame il ricorso non e' diretto contro l'estratto di ruolo tout court (che in se' altro non e' che una certificazione/rappresentazione del ruolo-titolo esecutivo) bensi' investe l'intera pretesa tributaria dell'Ente, che si chiede di annullare. Pertanto sussiste l'interesse ad agire dell'istante atteso che la domanda e' relativa al merito della pretesa (nella specie si chiede dichiararsi l'intervenuta prescrizione). Va ancora rilevato che la presente controversia risulta introdotta prima della novella di cui al decreto-legge n. 146/21. Tuttavia, come ormai affermato costantemente in giurisprudenza essa costituisce norma processuale di immediata applicazione e pertanto ne va fatta applicazione anche nel presente giudizio (sul punto si v. infra Cass. SS.UU. 26283/22). Infine va da subito evidenziato che la questione di legittimita' costituzionale e' rilevante solo per la cartella n. 071 2012 01286527 83 (TARSU del 2011 pretesa dal Comune di Quarto). Infatti per l'altra cartella (la n. 071/2016/00996396/44/000 avente ad oggetto IRPEF ed IVA per il 2013) l'Agenzia della riscossione, costituendosi in giudizio, ha esibito varie notifiche: sia la notifica della cartella (effettuata tramite deposito alla CCIA perche' la casella PEC obbligatoria non risultava attiva), sia quella di una successiva intimazione di pagamento (n. 071 2019 90267549 74 relativa anche a molte altre cartelle) che risulta avvenuta a mezzo posta a mani della madre convivente e con il successivo invio della debita CAN. Siccome avverso detti atti non risulta proposta nessuna impugnazione occorrera' valutare innanzitutto la sussistenza della giurisdizione del G.T. e successivamente la validita' di dette notifiche e l'ammissibilita' o meno della domanda. La questione di legittimita' costituzionale che si solleva quindi con la presente ordinanza non incide affatto sulla decisione che deve assumersi su tale parte della domanda. Viceversa per la cartella in tema di TARSU, ADER ha esibito una notifica che risulta effettuata il 20 ottobre 2012 a familiare convivente (D. R., che come si ricava dalle altre notifiche esibite e' la mamma del ricorrente). Tuttavia per tale notifica non risulta effettuata la debita CAN e comunque non risultano esibite notifiche di ulteriori atti che possano avere interrotto la prescrizione (e' vero che ADER ha esibito una congerie di notifiche, fra cui e' spesso difficile districarsi, ma le stesse sono in gran parte relative ad atti che non risultano qui impugnati ovvero sono relative ad avvisi di deposito/giacenza che non permettono di individuare l'atto a monte cui essi si riferiscono). Nemmeno il Comune di Quarto ha esibito alcunche' essendosi solo limitato a costituirsi e ad effettuare la generica impugnativa del ricorso, eccependo in particolare l'inammissibilita' dello stesso in quanto diretto avverso estratto di ruolo. Per tali motivi la notifica di tale cartella e' nulla (ed improduttiva di effetti) e rende pertanto rilevante la questione dell'ammissibilita' o meno dell'impugnativa immediata del ruolo come meglio argomentato infra. Sulla interpretazione della norma. Com'e' noto il processo tributario e' strutturato come processo di tipo «impugnatorio» (con esclusione di azioni di mero accertamento) e la tutela dei diritti si attua attraverso il ricorso contro gli atti ritenuti lesivi degli stessi. L'art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992 (sul processo tributario) e' espressione di tale principio ed al comma 3 prevede che gli atti non notificati possono essere impugnati unitamente all'atto successivo. Dottrina e giurisprudenza hanno discusso a lungo sulla possibilita' di impugnare il ruolo e di chiederne l'annullamento indipendentemente dalla notifica della cartella (atto tipico che lo conteneva, almeno fino alla riforma dei c.d. accertamenti impo-esattivi). In estrema sintesi: la Cassazione a SS.UU. (sent. 19704/2015) ebbe a sancire l'immediata impugnabilita' del ruolo in mancanza di notifica della cartella senza dover necessariamente attendere la notifica di un atto successivo, e cio' in base ad una lettura dell'art. 19 citato, orientata alla tutela del diritto di difesa previsto in Costituzione. Infatti (a parte il rilievo che il ruolo, sia pur dematerializzato e sia pure non notificato poteva essere sempre inteso come «atto» e quindi impugnabile) si metteva in luce che a causa dell'esecutivita' del ruolo non impugnato il contribuente rischierebbe di vedersi esposto ad una procedura esecutiva con tutela solo risarcitoria e quindi «postuma» dei suoi diritti (e la giurisprudenza ha opportunamente chiarito che la mancanza/nullita' della notifica non inficia di per se' il ruolo e/o la cartella, ma rende possibile l'esame del merito della pretesa, in funzione recuperatoria al fine di contestarne l'attualita' ad es. per l'intervenuta prescrizione). Dopo le SS.UU. del 2015 si e' assistito ad una serie di ricorsi avverso il ruolo (la cui esistenza viene documentata attraverso il rilascio di appositi «estratti ruolo») sul presupposto della mancanza di notifica della cartella, cioe' dell'atto impositivo che lo conteneva (ma ai fini del presente discorso e' indifferente che si tratti di ruolo/cartella ovvero di accertamento impo-esattivo). Per porre rimedio a tale proliferazione di ricorsi il legislatore ha adottato la norma sottoposta al vaglio della Corte costituzionale (art. 3-bis decreto-legge n. 146/21 come modificato dalla legge di conversione n. 215/21) del seguente tenore: 1. All'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente: «4-bis. L'estratto di ruolo non e' impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione». E la S.C. a SS.UU. (sent. 6 settembre 2022, n. 26283) con un ragionamento piuttosto complesso ed articolato ha sancito che tale norma si applica anche ai processi pendenti, qualificandola come una condizione dell'azione di natura «dinamica» e quindi con dimostrazione a carico della parte che deve cosi' dar prova dell'attualita' del suo interesse ad agire (e cioe' della sussistenza delle ipotesi previste dalla norma stessa). E sempre le SS.UU. hanno chiarito che i casi di impugnabilita' diretta del ruolo (previsti dalla norma qui in esame) sono tassativi e non suscettibili di allargamento da parte dell'interprete. Le SS.UU. del 2022 hanno ritenuto di dover mutare l'orientamento espresso dalle SS.UU. del 2015 (concludendo per la non impugnabilita' del c.d. estratto ruolo o meglio: per la non diretta impugnabilita' del ruolo - eccezion fatta per i casi tassativamente previsti dallo stesso comma 4-bis) evidenziando il mutato quadro normativo/giurisprudenziale, anche con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 114/2018 (e segnatamente alla possibilita' delle opposizioni ex art. 615 cpc - innanzi al GO - per tutte le questioni successive alla notifica della cartella). Infine le SS.UU. hanno valutato le varie questioni di legittimita' costituzionale della nuova norma, adombrate da piu' parti, ritenendole manifestamente infondate con articolati e dotti ragionamenti in cui hanno fatto spesso riferimento alla ratio della norma, tesa ad evitare giudizi pretestuosi. Sulla rilevanza della questione. Cosi' precisato il quadro normativo risultante dall'interpretazione delle SS.UU. di cui sopra (cui questa Corte tributaria deve necessariamente aderire) appare evidente la rilevanza della questione. Infatti, applicando la norma, il ricorso (in parte qua) e' destinato ad essere dichiarato inammissibile perche' si tratta di impugnativa del c.d. estratto di ruolo (rectius: impugnativa immediata del ruolo a prescindere dalla notifica di un atto) al di fuori delle ipotesi previste dal comma 4-bis. Viceversa, laddove la norma dovesse essere ritenuta contraria alla Carta costituzionale (nella parte in cui essa non consente l'impugnativa diretta al di fuori delle ipotesi da essa stessa previste) appare evidente che il ricorso dovrebbe essere accolto. Infatti e' pacifico che la prescrizione in tema di tributi locali e' di 5 anni (sul punto la giurisprudenza ritiene applicabile la norma di cui all'art. 2948 del codice civile per tutti quei tributi che devono «pagarsi periodicamente ad anno» e cio' senza valutare la decadenza del pari quinquennale a norma dell'art. 1, comma 161, legge finanziaria 2007). E poiche' la TARSU e' relativa all'anno 2012 e non vi sono atti validi notificati la relativa pretesa dovrebbe essere dichiarata prescritta. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' e sulle disposizioni che si ritengono violate. Questa Corte tributaria dubita della legittimita' della norma di cui sopra (sia come sospetto di illegittimita' totale che di illegittimita' parziale) in relazione alle disposizioni costituzionali e per i motivi appresso indicati. Art. 3 della Costituzione. Sussiste il dubbio che la norma violi il principio di uguaglianza sotto piu' profili (si precisa che i rilievi che seguono sono in parte comuni anche alla ritenuta violazione del diritto di difesa di cui infra). 1) Innanzitutto la tutela avverso la pretesa tributaria e' diversa (e deteriore) laddove sia competente il GT rispetto alla tutela accordata innanzi al G.O. per le medesime ipotesi e per le medesime ragioni. Con l'importante sentenza 114/2018 la Corte costituzionale ha sancito l'ammissibilita' delle opposizioni ex art. 615 cpc (innanzi al G.O.) laddove esse non riguardino «contestazioni del titolo» che invece sono riservate al G.T. Tale sentenza si inseriva nel solco delle SS.UU. del 2015 completando la tutela del contribuente. Il ruolo risultava sempre impugnabile: innanzi al G.T. in mancanza di notifica di un atto (funzione recuperatoria) ed innanzi al G.O. per le questioni successive che non riguardavano piu' il titolo (in mancanza di impugnazioni l'avvenuta notifica cristallizzava la pretesa tributaria). La riforma del 2021 e la successiva interpretazione delle SS.UU. del 2022 hanno cambiato notevolmente il quadro e reso oggettivamente piu' difficoltosa la possibilita' di tutela innanzi al G.T. Si pensi ad es. alla prescrizione: laddove essa venga fatta valere contro una cartella che si assume non notificata l'impugnativa va fatta al G.T. ma non e' piu' possibile in via immediata: occorrera' attendere la notifica di un atto successivo (magari esecutivo) per poter contestare la pretesa (con evidenti rischi di tutela meramente risarcitoria). Viceversa, laddove si discuta di prescrizione successiva alla notifica della cartella (e non vi sia contestazione di tale notifica) la giurisdizione - come da insegnamento della stessa S.C. - spetta al G.O. In tal caso sara' possibile l'opposizione ex art. 615 cpc e la tutela sara' esperibile immediatamente indipendentemente dalla notifica di un ulteriore atto e sine die (e con tutti i poteri riconosciuti dal codice di rito al G.O.). Cio' costituisce una disparita' di trattamento, ma aggrava anche le possibilita' di tutela effettiva (v. meglio infra). 2) Ma il dubbio di costituzionalita' sussiste anche perche' le ipotesi di cui al comma 4-bis non esauriscono tutti i possibili pregiudizi che si possono avere dal permanere di un'indebita iscrizione a ruolo. La norma ha il chiaro intento di salvaguardare il contribuente individuando i pregiudizi che potrebbero derivargli dall'impossibilita' di procedere ad impugnazione immediata del ruolo. Tuttavia limita tale impugnabilita' diretta a solo 3 ipotesi che sono relative ai seguenti pregiudizi: 1) mancata possibilita' di partecipare ad una procedura d'appalto (esclusa per chi non sia in regola con gli obblighi fiscali); 2) impossibilita' di riscuotere somme dovute da soggetti pubblici (che sono tenuti a bloccarle laddove vi sia un debito verso una P.A.); 3) perdita di un beneficio nei rapporti con la pubblica amministrazione (in dipendenza della debitoria portata dal ruolo). Orbene vi sono ulteriori pregiudizi derivanti dall'iscrizione a ruolo e che resterebbero fuori dalla tutela immediata: la stessa possibilita' di subire l'esecuzione senza poter preventivamente paralizzare la pretesa (ma dovendosi necessariamente ad affidare ad una tutela di urgenza, in presenza magari di un pignoramento di uno stipendio) costituisce un pregiudizio; una pubblica amministrazione che fosse tenuta ad effettuare un rimborso od un versamento al contribuente potrebbe (e cio' si verifica spesso nella pratica quotidiana) tentare una compensazione col debito iscritto a ruolo: cio' non costituisce una «impossibilita' di riscuotere somme» (che rientrerebbe nelle ipotesi di cui al comma 4-bis) bensi' una modalita' di rimborso diversa, che comunque penalizza il contribuente che pur ritenendo di non essere debitore non puo' agire immediatamente contro il ruolo; gli istituti di credito (pur non potendo accedere direttamente all'anagrafe tributaria) sono molto attenti ai debiti tributari ed un'impresa che esponesse debiti fiscali in bilancio (anche se risalenti e con indicazione della contestazione degli stessi) vedrebbe senza dubbio peggiorare il suo rating e avrebbe difficolta' per l'accesso al credito, almeno non a condizioni ottimali (senza contare che per concedere un finanziamento la banca puo' tranquillamente pretendere un estratto della posizione fiscale del soggetto). E tale pericolo sussiste per qualsiasi altro mutuo, anche in favore di soggetti non esercenti attivita' di impresa. Si pensi ancora alle segnalazioni che a norma del codice della crisi d'impresa le agenzie fiscali, l'INPS etc. sono obbligati ad inviare alle imprese in mora con i pagamenti all'erario (soprattutto al fine di valutare l'instaurazione di una procedura di composizione negoziata della crisi): anche questo costituisce un campanello d'allarme che condiziona pesantemente l'accesso al credito (v. art. 25-novies C. crisi impresa che obbliga i «creditori qualificati» a segnalare l'esistenza di debiti anche di importo non elevato con comunicazione da inviare anche agli organi di controllo). Tutti i casi di cui sopra evidenziano quindi l'esistenza di gravi pregiudizi per il contribuente che possono essere eliminati solamente con la definizione della posizione fiscale che pero' non e' possibile ottenere in via giudiziale a differenza della tutela dai (soli) pregiudizi previsti dal comma 4-bis: cosa che integra disparita' di trattamento (oltre a limitare il diritto di difesa). Art. 24 e 113 della Costituzione. Si dubita che la norma in esame possa comprimere in maniera ingiustificata il diritto di difesa giurisdizionale, costituzionalmente garantito (anche a livello Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e di diritto dell'Unione) e che la norma abbia in effetti fatto regredire la possibilita' di tutela che era stata sancita dalle SS.UU. del 2015 e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 114/2018. Cio' sotto diversi profili: valgono innanzitutto le motivazioni adottate dalla precedente sentenza delle SS.UU. (n. 19704/2015 poi superata dalle SS.UU. del 2022): nelle ipotesi non contemplate dal comma 4-bis per poter impugnare il ruolo il contribuente e' costretto ad attendere la notifica di un atto successivo che pero' spesso e' un atto esecutivo (ad es. il pignoramento o comunque la minaccia di un atto esecutivo-cautelare come il preavviso di fermo o di ipoteca). In tali casi il contribuente subisce un danno immediato (mancanza di disponibilita' del bene: ad es. blocco di parte del suo stipendio) che non puo' in alcun modo prevenire se non ricorrendo alla tutela cautelare dopo aver subito tale pregiudizio; si e' gia' visto supra che la tutela e' deteriore innanzi al GT rispetto quella innanzi al G.O. e cio' (oltre a disparita' di trattamento) costituisce una indubbia compressione del diritto di difesa nelle ipotesi in questione; analoga ed ingiustificata compressione del diritto di difesa si rinviene nelle ipotesi (sempre viste sopra per la sospettata violazione dell'art. 3 Cost. ed a cui si rimanda) in cui non si tutelano tutti i possibili pregiudizi derivanti dall'iscrizione a ruolo; ad aggravare il vulnus di cui sopra si aggiunge l'obbligo di dimostrazione del pregiudizio (previsto espressamente dal comma 4-bis) cui il contribuente e' tenuto per ottenere qualsiasi tipo di tutela. E' evidente (cosi' come risulta chiaramente dalla sentenza delle SS.UU. del 2022) che la dimostrazione deve riguardare la attualita' del pregiudizio: cioe' si deve dimostrare che la tutela immediata e' necessaria in relazione ad una situazione concretamente in atto e non solo potenziale. Cio' vale per le stesse ipotesi previste dal comma 4-bis (e il rilievo limitato a tali sole ipotesi integra sospetto di parziale illegittimita' costituzionale della norma), ma si tratta chiaramente di un principio generale da applicare in tutti i casi di tutela immediata (laddove essi dovessero essere ipotizzabili). Cosi' ad es. la tutela immediata prevista per evitare il pregiudizio per la partecipazione ad un appalto e' possibile solo laddove sia stata almeno bandita la gara ed il contribuente dimostri la seria possibilita' di parteciparvi (impedita pero' dalla sussistenza del debito fiscale). Orbene e' evidente che - anche per le ipotesi espressamente consentite dal comma 4-bis - una tutela effettiva puo' essere solo quella cautelare (se si attendesse il giudizio ordinario e' quasi certo che nelle more la gara verrebbe espletata ed aggiudicata). Ma anche la tutela cautelare penalizzerebbe pesantemente il diritto di difesa effettiva del contribuente: e cio' non solo e non tanto per la delibazione sommaria che la tutela cautelare prevede, ma soprattutto perche' e' verosimile che possa non giungere in tempo per i motivi piu' disparati. E' vero che il contribuente potrebbe anche presentare domanda di partecipazione e poi impugnare l'esclusione, ma cio' presuppone una proliferazione di giudizi - amministrativo e tributario - ed oltre a gravare e ritardare la stessa azione della pubblica amministrazione costituirebbe un modo davvero difficoltoso di esercizio del diritto di difesa. Ulteriori considerazioni sulla ratio della norma in esame. Si e' gia' visto che spesso il tema viene affrontato con riferimento alla necessita' di evitare giudizi pretestuosi e tale ratio viene invocata ad adiuvandum per escludere la manifesta fondatezza di questioni di legittimita' costituzionale della norma. Ed in effetti, dal punto di vista esclusivamente «pratico» vanno considerate le (evidenti) ragioni sottese alla norma sotto esame: a seguito delle SS.UU. del 2015 e' evidente che il legislatore si e' preoccupato di evitare un proliferare di ricorsi per carichi anche molto risalenti e che a fronte di esazione piuttosto improbabile avrebbero gravato in maniera eccessiva sugli uffici sottraendo risorse preziose e causando il danno economico della possibile condanna al pagamento delle spese di giudizio (e sul punto si v. la relazione finale della Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria - del 30.6.21 - che proprio per i ricorsi avverso gli estratti ruolo parla espressamente di impugnazioni pretestuose). Tuttavia desta perplessita' il fatto che per risolvere tale problema il legislatore sia intervenuto condizionando pesantemente la possibilita' di difendersi in giudizio. A parte il rilievo che per i giudizi pretestuosi esistono gia' rimedi (si pensi alla condanna alle spese - alla condanna per lite temeraria etc.) ed a parte la considerazione che se un ricorso viene accolto forse l'impugnazione non puo' essere qualificata pretestuosa, va evidenziato che l'azione del fisco gode gia' - giustamente - di particolari tutele e privilegi, sia sostanziali che processuali, e che gli stessi non possono giungere sino a condizionare la possibilita' stessa di far valutare l'operato della pubblica amministrazione da un giudice. Ed in concreto il Legislatore avrebbe potuto adottare soluzioni piu' snelle e con costi irrisori, che comunque sarebbero state rispettose del diritto di difesa. A parte il rilievo che fino ad euro 50.000 opera l'istituto del reclamo obbligatorio (art. 17-bis, decreto legislativo n. 546/1992 in base al quale l'ufficio ha ben 90 giorni per vagliare la fondatezza dell'impugnativa impedendo cosi' l'iscrizione a ruolo) si sarebbe ad es. potuto prevedere un obbligo di ricorso amministrativo imponendo quindi all'amministrazione di esprimersi sull'attualita' della pretesa (e magari prevedere un'ipotesi di silenzio-accoglimento) invece di comprimere ingiustificatamente il diritto di difesa, oppure si sarebbe potuto impedire per legge qualsiasi azione esecutiva o cautelare prima della notifica di un nuovo atto ricognitivo. Viceversa non sembra corretto (dal punto di vista costituzionale) tutelare l'esigenza di evitare azioni pretestuose con limitare fortemente la stessa possibilita' di adire la giustizia.