LA CORTE DEI CONTI 
            Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio 
 
    In composizione monocratica nella  persona  del  cons.  Benedetta
Cossu, in funzione di giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la
seguente ordinanza; 
    Nel giudizio iscritto al n.  79212  del  registro  di  segreteria
proposto   da   Ernesto   Stajano,   nato   il   7   settembre   1953
(STJRST53P07F839C), rappresentato e difeso,  sia  congiuntamente  che
disgiuntamente, giusta procura rilasciata su foglio separato allegato
al    ricorso,     dagli     avvocati     Maria     Paola     Gentili
(mariapaola.gentili@pec-ordineavvocatiancona.it) e Davide Losi  (pec:
davidelosi@pec.ordineavvocatisiena.it),   elettivamente   domiciliato
presso lo studio di questi ultimi, in Roma, via Boncompagni n. 16; 
    Contro INPS, in persona del legale rappresentante p.t., con  sede
in Roma via Ciro il Grande n. 21, rappresentato  e  difeso,  come  da
procura   generale   alle   liti,    dall'avvocato    Andrea    Botta
(avv.andrea.botta@postacert.gov.inps.it),  elettivamente  domiciliato
in Roma, via C. Beccaria n. 29; 
    Visto l'atto introduttivo del giudizio; 
    Visti gli altri atti e documenti di causa; 
    Uditi,  all'udienza  del  15   dicembre   2022,   celebrata   con
l'assistenza  del  segretario  d'udienza,  Federica  Sperapani,   gli
avvocati Maria Paola Gentili per il ricorrente (presente in  aula)  e
Andrea Botta per l'INPS. 
 
                                Fatto 
 
    Con ricorso depositato l'11 novembre 2021 il ricorrente, titolare
di pensione di anzianita' liquidata  con  il  sistema  retributivo  a
decorrere dal 31 dicembre 2016, ha convenuto in  giudizio  l'INPS  al
fine di sentir accogliere le seguenti conclusioni: 
        1) in via principale, accertare e dichiarare il  diritto  del
ricorrente  al  ricalcolo  ed  alla  riliquidazione  del  trattamento
pensionistico  in  godimento  liquidatogli  con  decorrenza  dal   31
dicembre 2016, neutralizzando, ai  fini  della  determinazione  della
retribuzione  pensionabile  da  prendere  in  considerazione  per  il
calcolo  della  quota   retributiva   della   pensione,   le   minori
retribuzioni percepite dallo stesso nel  corso  dell'ultimo  anno  di
lavoro subordinato (quello dal 1° gennaio 2016 al 30 dicembre  2016),
ovvero quelle relativi al periodo, maggiore  o  minore,  che  dovesse
essere ritenuto di giustizia; 
        2) sempre in via principale, accertare e dichiarare, in  ogni
caso, che l'INPS e' tenuto a rideterminare le voci di  calcolo  della
pensione  di  cui  e'  titolare   l'odierno   ricorrente,   ad   oggi
erroneamente considerate in misura inferiore rispetto al dovuto, ed a
ricalcolare integralmente il trattamento pensionistico spettante; 
        3) per l'effetto, condannare l'INPS a  dette  riliquidazioni,
corrispondendo al ricorrente tutte le relative differenze  sui  ratei
di pensione,  a  partire  dalla  data  di  decorrenza  della  stessa,
maggiorati da interessi legali; 
        4) in via subordinata, pronunciare ordinanza  di  sospensione
del procedimento e di remissione degli atti alla Corte costituzionale
ex art. 23 della legge n. 87/1953 con cui,  previo  accertamento  dei
requisiti di rilevanza e non manifesta infondatezza  della  questione
di  legittimita'  costituzionale  in  questa  sede  sollevata,  venga
sottoposta  alla  Corte  costituzionale  la  suddetta  questione   di
legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli 2,  3,  comma
1, e 38, commi 1 e 2 della Costituzione, dell'art. 21,  decreto-legge
n. 90/2014, convertito in legge n. 114/2014, nella parte in  cui  non
ha previsto che la rideterminazione  del  trattamento  economico  dei
docenti ordinari a esaurimento della SNA  non  avesse  effetti  sulle
modalita' di calcolo della  media  pensionabile  utile  ai  fini  del
calcolo della quota retributiva della pensione degli interessati; 
        5) con vittoria di spese, competenze ed onorari del  presente
giudizio. 
    A fondamento della domanda il ricorrente ha dedotto: 
        di  aver  maturato  i  periodi  di  anzianita'  contributiva,
accreditati  nella  Gestione  dipendenti  pubblici   dell'INPS,   per
l'attivita' di magistrato ordinario svolta dal 1° giugno 1979 al 2001
e di professore ordinario, svolta dal 2001 al 2014, presso la  Scuola
superiore dell'economia e delle finanze (Scuola o SEEF), e  dal  2014
al 2016, presso la Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA); 
        di aver maturato periodi di anzianita' contributiva anche  in
dipendenza del riscatto del corso di laurea e del servizio  militare,
risultando,  pertanto,  iscritto  all'INPS  -   Gestione   dipendenti
pubblici dal 1° novembre 1971; 
        di essersi avvalso, all'atto di assunzione in servizio presso
la SSEF,  dell'opzione  di  cui  all'art.  3,  comma  3  del  decreto
ministeriale 28 settembre 2000, n. 301, che consente la conservazione
del diritto alla percezione del trattamento economico  relativo  alla
qualifica di magistrato; 
        di essere stato trasferito ex lege  nei  ruoli  della  Scuola
nazionale dell'amministrazione (SNA), come docente stabile e di ruolo
con impegno a tempo definito, a seguito della soppressione della SSEF
disposta con l'art. 21 del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  90,
convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114; 
        di aver ingiustamente subito, in applicazione  dell'art.  21,
comma 4 del  decreto-legge  citato  (che  ha  attribuito  ai  docenti
ordinari e ricercatori dei ruoli ad esaurimento della SSEF  lo  stato
giuridico dei professori o dei ricercatori universitari) e  dell'art.
2 del decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  25
novembre 2015, n. 202 (recante il trattamento economico dei docenti a
tempo pieno e a tempo indeterminato della SNA), la decurtazione della
retribuzione, passata da euro 263.131,06 lordi annui nel 2015 ad euro
130.090,43 lordi annui nel 2016; 
        di  aver  maturato  il  requisito   contributivo   ventennale
previsto ratione temporis (decreto legislativo n. 503/1992 e legge n.
335/1995) ai fini dell'accesso a pensione gia' al 31 dicembre 1994; 
        di aver presentato il 19 giugno 2014 domanda di  collocamento
in quiescenza, avvalendosi della  disposizione  di  cui  all'art.  2,
comma 11, lettera a), decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito,
con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135,  che  prevede,  in
favore  del  personale  in  soprannumero  rispetto   alle   riduzioni
organiche  previste   dal   citato   decreto-legge,   la   perdurante
applicazione  della  disciplina  pensionistica  previgente   rispetto
all'art. 24 del decreto-legge n. 201/2011 (cd. Riforma Fornero); 
        di aver presentato  una  nuova  domanda  di  collocamento  in
quiescenza il 30 ottobre 2015, ottenendo un riscontro negativo il  26
novembre 2015 da parte del presidente della SNA; 
        di aver ottenuto il riconoscimento del diritto al trattamento
di quiescenza, ai sensi dell'art. 2, comma 11  del  decreto-legge  n.
95/2012, con sentenza del TAR Lazio n. 301/2017 che ha  accertato  la
maturazione del requisito dell'anzianita' contributiva al 31 dicembre
2015, mentre l'INPS ha fatto decorrere il  trattamento  pensionistico
solo dal 31 dicembre 2016; 
        di aver riscontrato nel provvedimento di  liquidazione  della
pensione, conosciuto solo il  20  luglio  2021,  oltre  alla  mancata
neutralizzazione ai  fini  pensionistici  delle  minori  retribuzioni
percepite  nel  2016,  errori  di   calcolo   negli   importi   della
«retribuzione pensionabile alla  cessazione»  e  della  «retribuzione
media» indicati a pagina 4  del  provvedimento  di  liquidazione  che
appaiono riferiti ad un'altra persona; 
        di aver presentato all'INPS un  formale  atto  di  diffida  a
provvedere volto alla riliquidazione ed al ricalcolo del  trattamento
pensionistico; 
        con memoria del 7 dicembre 2022 si e' costituito in  giudizio
l'INPS, rilevando l'inapplicabilita'  del  principio  espresso  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 264/1994 in quanto riferito ad
una  norma   (art.   3,   legge   n.   297/1982)   applicabile   solo
nell'assicurazione generale obbligatoria e richiamando la  disciplina
prevista dall'art. 1, comma 13, legge n. 335/1995, oltre  che  quella
transitoria di cui al decreto legislativo n. 503/1992; 
        all'odierna udienza la difesa del ricorrente ha  eccepito  la
tardivita'   della   costituzione   dell'INPS   ed    ha    insistito
nell'accoglimento del ricorso. In  relazione  al  profilo  della  cd.
neutralizzazione della retribuzione  percepita  nell'ultimo  anno  di
lavoro  (2016),  ha  evidenziato  che  il  principio  espresso  nella
sentenza della Corte costituzionale n. 264/1994 e'  un  principio  di
carattere generale applicabile anche  alle  pensioni  dei  dipendenti
pubblici.  La  difesa  dell'INPS  ha   evidenziato   di   non   avere
informazioni dalla  sede  territoriale  sugli  errori  lamentati  dal
ricorrente nel provvedimento di liquidazione  della  pensione  ed  ha
ribadito l'inapplicabilita' del  principio  espresso  dalla  sentenza
della Corte costituzionale a gestioni diverse dall'AGO. 
 
                               Diritto 
 
    1. Preliminarmente questo giudice unico evidenzia che il  petitum
oggetto del presente giudizio e' costituito dalla riliquidazione  del
trattamento pensionistico del ricorrente (ex magistrato  ordinario  e
professore a tempo indeterminato della SNA), mentre la causa  petendi
riguarda sia la  richiesta  di  neutralizzazione  della  retribuzione
percepita nell'ultimo anno di lavoro (2016) presso  la  SNA,  sia  la
correzione di errori (valorizzazione di periodi contributivi riferiti
ad un altro assicurato) contenuti nel provvedimento  di  liquidazione
della pensione. 
    2. In particolare, la pretesa di escludere dal computo della base
pensionabile la retribuzione percepita nel 2016  presso  la  SNA,  in
quanto inferiore a quella percepita negli anni precedenti,  si  fonda
sull'applicazione analogica del principio della cd.  neutralizzazione
dei periodi contributivi successivi alla soglia minima di  anzianita'
contributiva prevista  per  legge,  ove  comportanti  un  trattamento
pensionistico deteriore. La neutralizzazione,  ai  fini  del  calcolo
della pensione, di minori  retribuzioni  percepite  durante  l'ultimo
quinquennio lavorativo, precedente la data di maturazione del diritto
a pensione costituisce, secondo le prospettazioni del ricorrente,  un
principio  affermato  piu'  volte  dalla  Corte  costituzionale,   in
particolare nella sentenza n. 264/1994 in relazione all'art. 3, comma
8, legge  n.  297/1982,  che  l'INPS  avrebbe  dovuto  applicare  nel
liquidare il  suo  trattamento  pensionistico.  Nel  caso  di  specie
sussisterebbero   tutti   i   requisiti   richiesti    dalla    Corte
costituzionale per l'applicazione del predetto principio,  costituiti
dalla percezione della minore retribuzione nell'ultimo quinquennio di
contribuzione, dall'effetto deflattivo sul trattamento pensionistico,
dalla non necessarieta' del periodo di retribuzione di cui si  chiede
la   neutralizzazione   ai   fini   del   requisito   dell'anzianita'
contributiva minima. 
    3. Dagli atti di causa si ricava che la pensione  anticipata  (ex
anzianita')  del  ricorrente  e'  stata  liquidata  con  il   sistema
interamente retributivo a decorrere  dal  31  dicembre  2016  e  che,
avendo  maturato  al  31  dicembre  1995  un'anzianita'  contributiva
maggiore di 18 anni di servizio (ai periodi  di  servizio  presso  il
Ministero della giustizia vanno aggiunti il riscatto della  laurea  e
il servizio militare come risulta dal quadro  I-  Servizio  utile  ai
fini del diritto del provvedimento  di  liquidazione  della  pensione
depositato in atti), l'importo della pensione e' la risultante  della
quota «A» e della quota «B». Viceversa, nessuna quota di pensione  e'
stata computata secondo il sistema di  calcolo  contributivo  per  le
anzianita' successive al 1° dicembre 2012,  essendosi  il  ricorrente
avvalso della clausola di salvaguardia prevista dall'art.  21,  comma
3, decreto-legge n. 201/2011. 
    La quota «A» e' stata computata, in applicazione  degli  articoli
13, lettera a), decreto legislativo 30 dicembre 1992,  n.  503  e  43
decreto del Presidente della Repubblica n.  1092/1973,  in  relazione
alla retribuzione spettante all'atto del  collocamento  a  riposo  ed
all'anzianita' maturata al 31 dicembre 1992. 
    La quota «B», relativa all'anzianita' di  servizio  maturata  dal
1993 sino alla cessazione, e' stata calcolata, in applicazione  degli
articoli 7, comma  2,  e  13,  lettera  b),  decreto  legislativo  n.
503/1992, sulla base della retribuzione riferita  agli  ultimi  dieci
anni di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione. 
    Dagli atti di causa, come gia' indicato nelle premesse in  fatto,
si  ricava,  altresi',   che   il   ricorrente,   avvalendosi   della
disposizione  contenuta   nell'art.   2,   comma   11,   lettera   a)
decreto-legge n. 95/2012, ha presentato due domande  di  collocamento
in quiescenza (la prima il 19 giugno 2014, la seconda il 26  novembre
2015), entrambe respinte dalla SNA, per poi  ottenere  dal  Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   con   sentenza   n.    301/2017
l'annullamento dei provvedimenti di rigetto delle predette domande  e
l'accertamento del diritto al prepensionamento. 
    4. Cio' premesso,  questo  Giudice  unico  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale, per  violazione  degli  articoli  2,  3,
comma 1, 36, comma 1 e 38, comma 2, Cost.,  dell'art.  21,  comma  4,
decreto-legge n. 90/2014  nella  parte  in  cui,  nell'attribuire  al
personale trasferito ex lege dalla SSEF alla SNA lo  stato  giuridico
di professore universitario e nel demandare alla fonte  regolamentare
la determinazione del  trattamento  economico,  non  ha  previsto  la
neutralizzazione, ai fini del trattamento previdenziale, della minore
retribuzione spettante al personale trasferito o un altro  meccanismo
di  tutela  del  trattamento  pensionistico  spettanti  al   predetto
personale. 
    4.1. La disposizione sopra  richiamata  prevede  che  «I  docenti
ordinari e i  ricercatori  dei  ruoli  ad  esaurimento  della  Scuola
Superiore dell'economia e delle finanze, di cui  all'art.  4-septies,
comma 4, del decreto-legge 3 giugno  2008,  n.  97,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008,  n.  129,  sono  trasferiti
alla Scuola nazionale dell'amministrazione e agli stessi e' applicato
lo stato giuridico dei professori o dei ricercatori universitari.  Il
trattamento economico e' rideterminato con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, al fine di renderlo omogeneo a  quello  degli
altri docenti della Scuola nazionale dell'Amministrazione, che  viene
determinato dallo stesso decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri   sulla   base   del   trattamento   economico    spettante,
rispettivamente ai professori o ai ricercatori universitari  a  tempo
pieno con corrispondente anzianita'. [....]». 
    In  attuazione  della  predetta  disposizione,  il  decreto   del
Presidente del Consiglio dei  ministri  25  novembre  2015,  n.  202,
all'art. 2, ha stabilito che «ai docenti a  tempo  pieno  scelti  tra
dirigenti  di   amministrazioni   pubbliche,   magistrati   ordinari,
amministrativi  e  contabili,  avvocati  dello  Stato  e  consiglieri
parlamentari, nonche' ai docenti a tempo indeterminato, si applica il
trattamento economico annuo  lordo  dei  professori  universitari  di
prima fascia a tempo pieno, come fissato dall'art. 3,  comma  2,  del
decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n.  232,  e
successive modificazioni.» 
    4.2.  Con  sentenza  21  novembre   2019,   n.   241   la   Corte
costituzionale  si  e'  gia'  pronunciata  su  diverse  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 4, decreto-legge cit.
sollevate dal Consiglio di Stato, giudicandole in parte inammissibili
ed in parte infondate. 
    In   particolare,   la   Corte   costituzionale   ha   dichiarato
inammissibile le censure prospettate dal giudice a quo rispetto  agli
articoli 3, 36 e 38 Cost. in relazione al  trattamento  previdenziale
spettante ai docenti della SNA, evidenziando che «tutte le  ordinanze
di rimessione  si  limitano  a  sostenere  che  la  disposizione  non
prevederebbe,  in  riferimento  a  "docenti   aventi   qualifiche   e
provenienze diverse nell'ambito del piu' generale rapporto di  lavoro
con  le  pubbliche  amministrazioni",  che  sia  loro  conservato  il
trattamento previdenziale  attualmente  previsto  [...],  consentendo
invece, attraverso il richiamo allo status giuridico ed economico del
professore universitario l'applicazione "agli stessi" del trattamento
previdenziale di quest'ultimo». Ha, altresi' aggiunto che «[ ... ] le
ordinanze di rimessione non ricostruiscono in alcun  modo  il  quadro
normativo che, nell'ambito  del  sistema  previdenziale,  condurrebbe
alla produzione degli effetti lamentati i  quali  risultano,  in  tal
modo, apoditticamente ipotizzati ma  non  dimostrati.  Sarebbe  stato
anche necessario, al fine di prospettare correttamente la  violazione
dei  parametri  costituzionali  evocati,  operare   una   valutazione
specifica delle singole posizioni delle parti in giudizio, in ipotesi
diverse l'una dall'altra e  tra  loro  potenzialmente  variabili,  ad
esempio, quanto al regime di riferimento - contributivo,  retributivo
o misto - per il calcolo del trattamento previdenziale, o quanto alla
decorrenza del relativo  diritto,  oppure,  ancora,  in  ordine  alla
natura delle somme  spettanti  al  termine  del  rapporto  di  lavoro
(trattamento di fine  servizio  o  trattamento  di  fine  rapporto).»
(parte in diritto, punto, n. 10). 
    La pronuncia di inammissibilita' per  le  ragioni  soprariportate
consente, pertanto, di poter sottoporre alle valutazioni della  Corte
costituzionale   la    prospettata    questione    di    legittimita'
costituzionale. 
    5. Non ritiene questo Giudice unico che il dubbio di legittimita'
costituzionale  possa  essere  superato  mediante  un'interpretazione
adeguatrice o secundum constitutionem per le seguenti considerazioni. 
    In primo luogo i principi espressi  nelle  sentenze  della  Corte
costituzionale (n. 264/1994 per i lavoratori subordinati; n. 173/2018
per i lavoratori autonomi; n. 224/2022 per  i  lavoratori  marittimi)
che hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale di  norme  nella
parte  in  cui  non  prevedevano  la  neutralizzazione  delle  ultime
retribuzioni  di  minor  importo  si   riferiscono   a   disposizioni
applicabili in un sistema pensionistico (AGO) diverso da  quello  nel
quale  e'  accreditata  la  contribuzione  del  ricorrente  (Gestione
Stato). 
    Ne  deriva,  pertanto,  che  non  e'  consentita   l'applicazione
analogica dei principi espressi dalla Corte costituzionale in tema di
neutralizzazione di periodi di anzianita' contributiva in un  sistema
previdenziale diverso da quello nel quale i  predetti  principi  sono
stati espressi. 
    In secondo luogo, il sistema di  calcolo  da  utilizzare  per  la
liquidazione e, l'eventuale riliquidazione in  caso  di  accoglimento
del ricorso, della pensione del  ricorrente  e'  quello  retributivo,
avendo  maturato  al  31  dicembre  1992  un'anzianita'  contributiva
maggiore di 18 anni. Nel predetto  sistema  di  calcolo,  secondo  la
disciplina contenuta negli articoli 7 e  13  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 503, 1, comma  13  legge  n.  335/1995  e  art.  43
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  1092/1973,  sia  nella
determinazione della quota A e B di pensione si prende come  base  di
calcolo l'ultima retribuzione percepita; non  e'  pertanto  possibile
prendere come base di calcolo una retribuzione pensionabile  riferita
ad un  anno  precedente  (2015)  rispetto  alla  data  di  cessazione
dell'attivita' lavorativa, avvenuta, nel caso di specie, nel 2016. 
    6. In ordine ai presupposti previsti dall'art. 23, secondo comma,
della legge 11  marzo  1953,  n.  87  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  che  viene  sollevata  e'  rilevante  in  quanto   il
giudizio,  seppur  limitatamente  alla  prima  causa  petendi   sopra
indicata,  non  puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla  sua
risoluzione. 
    La questione di legittimita' costituzionale, oltre che rilevante,
e' anche non manifestamente infondata. Ritiene questo  Giudice  unico
che,  pur  essendo  rimessa  alla  discrezionalita'  del  legislatore
l'individuazione  del  periodo  di   riferimento   da   prendere   in
considerazione per  la  retribuzione  pensionabile,  la  disposizione
contenuta  nell'art.  21,  comma  4,  decreto-legge  n.  90/2014  sia
contraria  ai  principi   di   legittimo   affidamento   in   materia
previdenziale di  cui  all'art.  2  Cost.,  di  razionalita'  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, oltre che  degli  articoli  36,  comma
primo e 38, secondo comma, Cost, che, rispettivamente,  prevedono  il
principio  di  proporzionalita'  tra  trattamento   pensionistico   e
quantita' e qualita' di lavoro prestato durante  il  servizio  attivo
(art.  36,  comma  primo)  e  il  principio  di   adeguatezza   delle
prestazioni previdenziali (art. 38, secondo comma Cost). 
    Il legislatore, con la predetta disposizione,  nell'estendere  lo
stato  giuridico  ed   economico   dei   professori   e   ricercatori
universitari  ai  docenti  ordinari  ad   esaurimento   della   SSFE,
trasferiti ex lege alla SNA, e nel demandare alla fonte regolamentare
la rideterminazione del trattamento economico, non  ha  valutato  gli
effetti della predetta modifica sul  trattamento  di  quiescenza  del
personale che, in quanto proveniente da altri  settori  del  pubblico
impiego, aveva un diverso e piu' elevato trattamento economico.